La Finanza Islamica - Ordine dei Dottori Commercialisti e degli

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La Finanza Islamica
Intervento di Stefano Morri
Avvocato – Dottore Commercialista
1
INDICE
1. Premessa……………………………………………………………………………………………
p. 03
2. Principi fondamentali………………………………………………………………………………
p. 04
3. I comitati per l’applicazione della legge coranica………………………………………………….
p. 06
4. Le principali tecniche di finanza islamica………………………………………………………….
p. 06
5. Un primo bilancio…………………………………………………………………………………..
p. 17
2
1.
Premessa
Secondo una ricerca dell’International Financial Services London (IFSL), nel 2006 il mercato globale
dei servizi di finanza islamica misurato in termini di asset conformi ai precetti coranici era di 531
miliardi di dollari. Si tratta di una cifra ancora modesta se comparata con il volume totale degli asset
finanziari detenuti da banche convenzionali. Una ricerca1 stimava che nel 2005 il totale degli asset
convenzionali detenuti dalle prime 1000 banche del mondo fosse di 74,1 triliardi di dollari.
Dunque siamo ancora in presenza di una nicchia del mercato finanziario, ma una nicchia il cui tasso di
crescita medio nel decennio 1997-2006 è stato superiore al 10%2.
Il potenziale della finanza islamica viene:
-
-
dalla ricchezza finanziaria cumulata da alcuni paesi a prevalente confessione islamica,
ricchezza che è pronta ad essere investita anche in paesi a diversa confessione prevalente
purché con tecniche conformi alle credenze religiose degli investitori;
dalla presenza in molti paesi occidentali di numerose comunità musulmane;
dal basso livello di diffusione dei servizi bancari e finanziari nei paesi musulmani.
Londra, anche profittando di un clima di generale ostilità tra Stati Uniti e mondo musulmano che è
seguito all’attentato delle Torri Gemelle e alla reazione statunitense, sta diventando una delle prime
piazze finanziarie mondiali per la diffusione di finanza islamica. Seguendo il principio “no obstacles,
no special favors”, la Gran Bretagna ha emendato il proprio sistema fiscale (ad esempio eliminando,
già nel 2003, la doppia imposta di registro sui finanziamenti immobiliari) e ha stabilito standard
specifici in materia di coperture di capitale e di gestione del rischio per creare un ambiente favorevole
alla diffusione del comparto.
La prima banca islamica su territorio europeo, la Islamic Bank of Britain – di cui il nostro ospite,
Ahmad Salam è stato tra i fondatori-, ha ottenuto la sua licenza in Gran Bretagna nel settembre 2004 e
da allora molte grandi banche convenzionali offrono prodotti Shari’a compliant ai loro clienti di fede
musulmana.
Le emissioni di sukuk (singolare sakk), i titoli partecipativi di finanza islamica, sono ormai negoziate
alla borsa di Londra, dove il primo sakk è stato quotato nel giugno 2006 e il volume attuale dei sukuk
quotati ha raggiunto la cifra di 11 miliardi di dollari. Tali emissioni interessano non solo emittenti
residenti in territori a prevalente fede musulmana ma anche emittenti “occidentali” che intendono
esplorare questa area di mercato per raccogliere risorse per i loro progetti. Nel 2004 lo stato tedesco
della Sassonia-Anhalt ha emesso 100 milioni di euro di sukuk. Lo stesso governo inglese, nell’aprile
del 2007, ha dichiarato il suo intendimento a finanziare il proprio deficit con emissioni di sukuk.
Il recente credit crunch non ha fatto che accentuare l’interesse per il comparto di finanza islamica, i
suoi principi e le sue regole. La rarefazione dei capitali disponibili sui circuiti di finanza
1
2
Top 500 Islamic Financial Institutions - How Fast Is The Islamic Finance Industry Growing? The Banker (Nov., 2005)
Fonte IFSL
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convenzionale ha condotto infatti alla ricerca di fonti alternative sia per i finanziamenti corporate che
per quelli destinati al settore pubblico. L’ampia discussione che vi è stata e vi è nel mondo occidentale
sulla natura stessa della finanza e sul suo ancoraggio alle ragioni dell’etica ha spinto ad esaminare la
finanza islamica come modello legato al rispetto di rigorosi precetti morali e avulso dai fenomeni
speculativi che sono stati parte rilevante della crisi in corso.
Un segnale di vitalità e sviluppo è anche riscontrabile nel deciso movimento verso la
standardizzazione degli strumenti. L’International Islamic Financial Market, l’associazione creata
dalle banche centrali dell’Arabia Saudita, il Bahrain, il Brunei, l’Indonesia, la Malesia e l’Indonesia,
sta lavorando in questa direzione e nel 2008 ha definito uno standard di Master Murabaha and Agency
(Wakeel) Agreement.
In Italia, nonostante la presenza di 1,2 milioni di residenti di fede musulmana e malgrado la sua
posizione geografica che ne fa un naturale punto di congiunzione tra Europa e mondo arabo, il settore
è agli albori del suo sviluppo. Si moltiplicano tuttavia i segnali di interesse ed attenzione di operatori
del mondo finanziario italiano e esponenti di organismi pubblici verso il vicino Medio Oriente, allo
scopo di favorire forme di collaborazione ed integrazione economica.
Se si vorrà favorire la nascita di un vero comparto di finanza islamica nel nostro Paese, i passi che
dovranno essere compiuti dovranno essere nella direzione della modifica ed adattamento del sistema
fiscale e di quello regolatorio bancario, sulla scia di quanto fatto dalla Gran Bretagna e dalla Francia.
Questo convegno vuol dare un piccolo contributo in questo grande processo.
2.
I principi fondamentali
La finanza islamica si basa sui principi dell’islamismo e della giurisprudenza che ne deriva (Shari’a).
La Shari’a è tratta dal Corano, che nella fede islamica è la parola di Dio, e dalla Sunnah, che è la
raccolta degli atti e dei detti del profeta Maometto.
La Shari’a non è un sistema giuridico codificato e la sua interpretazione ed applicazione variano in
relazione alle diverse scuole di pensiero dominanti nel mondo islamico. Attualmente nella confessione
sunnita (che riguarda tra l’85 e il 90% della popolazione musulmana mondiale) sono quattro le scuole
prevalenti: la Shafi, diffusa nel Far East (ad esempio in Malesia), l’Hanbali, che prevale in Medio
Oriente (ad esempio in Arabia Saudita), l’Hanafi, dominante nell’Asia del sud est (ad esempio in
Pakistan) e la Maliki, prevalente in Africa.
La Shari’a si nutre delle regole sulle quali vi è generale consenso (ijma) tra gli studiosi di diritto
coranico, ma avanza e si adegua all’evoluzione della tecnologia e delle strutture sociali grazie
all’analogia (qiyas). E’ grazie al ragionamento analogico, ad esempio, che il divieto dell’alcol è stato
esteso alle droghe.
Le regole di base, condivise con diverse sfumature da tutte le scuole coraniche, sono le seguenti.
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(a)
Speculazione (maisir)
I contratti che implicano attività puramente speculative sono proibiti (haram). Questo non significa
che la legge coranica sia in principio contraria alla speculazione commerciale. Operazioni che
conducano a profitto sulla base di effettive azioni commerciali e produttive sono lecite (halal), mentre
non lo sono quelle in cui il risultato dipende dal caso, e si avvicinano alla scommessa o al gioco. Il
confine tra atti leciti ed illeciti, sotto questo profilo, è sottile e la sostanza economica delle transazioni
deve essere analizzata per capirne la natura.
(b)
Ingiusto arricchimento e sfruttamento indebito
La legge coranica considera illecite le clausole contrattuali che conducano ad un ingiusto guadagno da
parte di un contraente a spese di terzi. Così, nei contratti di finanziamento, è clausola illecita quella
che prevede a carico del debitore inadempiente interessi di mora o penali. La giurisprudenza islamica,
conscia della funzione di simili previsioni, volte ad ottenere l’adempimento, ha concesso efficacia alle
clausole che da un lato onerino il debitore non adempiente di qualche sorta di penale e dall’altro
obblighino il creditore a destinare la stessa a istituzioni caritatevoli islamiche.
(c)
Interesse (riba)
La moneta, nella cultura islamica, non ha un valore intrinseco e non può dunque produrre ricchezza in
sé. E’solo un mezzo di scambio e tale deve rimanere. Ne segue che non sono leciti i contratti di
finanziamento che assegnino al creditore un guadagno in ragione del tempo durante il quale la moneta
è resa disponibile al debitore. Unico modo per far fruttare la moneta è impiegarla in operazioni
commerciali o produttive. La finanza islamica trova in questo vincolo il suo principale fattore
connotante, che fa sì che le operazioni finanziarie siano strutturate come transazioni commerciali o
come forme di partecipazione a un rischio d’impresa, nelle quali il creditore guadagna un profitto da
transazione o da condivisione del rischio e non un interesse.
(d)
Incertezza (gharrar)
I contratti che sono connotati da elementi incerti o aleatori, in relazione all’oggetto (prestazione e
prezzo) o al momento dell’esecuzione, sono nulli. Di qui il divieto dei contratti assicurativi essendo la
prestazione dell’assicuratore legata all’evento incerto del sinistro. Ma di qui anche la nullità dei
contratti sottoposti a condizione, questione che la giurisprudenza islamica ha parzialmente risolto
trasformando la condizione in un impegno delle parti.
(e)
Attività immorali
L’economia non può prescindere dalla religione e dalla morale. Così i contratti che abbiano ad oggetto
o favoriscano attività considerate immorali dal Corano e dalla giurisprudenza islamica sono da
considerare nulli. Ne segue che la finanza islamica non può essere impiegata per finanziare attività
(quali la vendita di alcolici, il gioco d’azzardo, la produzione di tabacco, o la pornografia) che siano
giudicate non etiche.
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3.
I comitati per l’applicazione della legge coranica
Data questa messe di divieti, il cui contenuto e limite è spesso sfuggente, le istituzioni finanziarie
islamiche hanno sviluppato la prassi di richiedere ad un organo consultivo interno un parere
preventivo sulla liceità delle operazioni proposte. Si tratta dei comitati per l’applicazione della Shari’a
in cui siedono esperti di diritto islamico. Questi comitati, che ora sono inseriti anche in istituzioni
finanziarie occidentali che abbiano creato divisioni di finanza islamica, hanno e stanno elaborando una
prassi abbastanza uniforme, pur essendo condizionati dalle diverse provenienze, in termini di scuola
coranica, dei loro membri. In più, spesso gli stessi soggetti siedono in più di un comitato, il che
contribuisce all’uniformità delle decisioni.
I comitati emettono un ordine religioso (fatwa) che autorizza o proibisce l’operazione proposta. Una
volta che un’operazione sia stata approvata dal comitato deve considerarsi lecita.
4.
Le principali tecniche di finanza islamica
Le operazioni offerte dalle istituzioni finanziarie islamiche si raggruppano intorno ad alcuni tipi
fondamentali, pur potendo raggiungere notevoli livelli di complessità grazie alla loro combinazione.
Caratteristiche di fondo di queste tipizzazioni sono (i) di basarsi sulla relazione diretta tra il finanziere
e il bene la cui acquisizione o la cui disponibilità da parte del cliente costituisce scopo ultimo del
contratto (assed backed transactions) o (ii) di comportare la condivisione da parte del finanziere del
rischio di impresa corso dal cliente (risk sharing transactions). Vedremo, nell’esame dei diversi tipi,
come queste modalità fondamentali vengano declinate.
(a)
Murabaha (o finanza del costo più un margine)
Il murabaha è il più diffuso dei contratti di finanza islamica. Viene impiegato ogni volta che il cliente
della banca ha bisogno che gli sia finanziata l’acquisizione di un bene. E’ il contratto che è stato
impiegato per l’acquisto, nel 2007, del capitale della Aston Martin, in una operazione dal 1,2 miliardi
di dollari, portata a termine dal fondo kuwaitiano Investment Dar di cui il signor Salam è senior
partner.
Se nelle tecniche di finanza convenzionali questo bisogno è soddisfatto dal banchiere mettendo a
disposizione del cliente i fondi necessari, se del caso dietro rilascio di garanzie, contro il pagamento di
un interesse, nella finanza islamica la banca si interpone tra il cliente e il suo fornitore acquistando lei
stessa il bene e rivendendolo immediatamente al cliente con un margine che è funzione del valore del
denaro per il tempo concesso a dilazione del pagamento. Il margine appare come di origine
commerciale – il profitto di una compravendita – ma viene immancabilmente commisurato al costo
del denaro sui mercati del credito (ad esempio al LIBOR o all’ERIBOR) più un ulteriore spread che è
legato al rischio di credito della controparte.
Nella pagina seguente è illustrato lo schema base di un contratto murabaha.
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Bene (consegna immediata)
Banca
Fornitore
Pagamento immediato prezzo
Pagamento differito prezzo
(mark up)
Bene (consegna
immediata)
Cliente
I passaggi principali di un’operazione murabaha sono i seguenti:
(i)
(ii)
(iii)
Il cliente manifesta l’interesse di comprare un certo bene (può trattarsi di un bene fisico, ma
anche di azioni ed altri prodotti finanziari) dalla banca ad un certo prezzo (che sarà la somma
del prezzo di mercato di quel bene più il margine finanziario) e con consegna a certa data.
La banca acquista il bene da un fornitore e lo offre in vendita al cliente.
Il cliente accetta l’offerta e acquista la proprietà del bene, contro pagamento del prezzo alla
data convenuta.
Si noti come non sia infrequente che la banca nomini il cliente come proprio mandatario (spesso senza
rappresentanza) per l’acquisto del bene (Wakeel), così da evitare di essere direttamente coinvolta
nell’operazione di acquisto e da soddisfare l’interesse del cliente a non avere la banca che si interpone
nelle sue relazioni con i propri fornitori.
Il contratto di murabaha può essere estremamente sofisticato - ne vedremo un esempio più avanti -, e
contenere clausole di covenants a carico del cliente, rappresentazioni e garanzie sul suo stato
economico e finanziario, obblighi di indennizzo in caso di default.
La banca può anche sindacare l’operazione. Le sindacazioni in finanza islamica avvengono
tipicamente con due strumenti negoziali:
(i)
(ii)
Il mudaraba, che è un contratto che vede quali parti il mudareb o agente di sindacazione e gli
investitori (Rab al Maal);
il mandato di investimento (Investment agency agreement), con il quale la banca controparte
diretta del cliente è investita del potere di concludere l’operazione per conto proprio e dei suoi
mandanti.
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Nella finanza convenzionale, per esempio in un prestito sindacato, viene normalmente stabilita una
relazione diretta tra le banche finanziatrici e il cliente. Nella finanza islamica, sia che si ricorra allo
strumento del mudaraba che a quello più in linea con i canoni convenzionali del mandato di
investimento, è la banca agente che tiene il rapporto con il cliente e i patti di sindacato di credito
vengono stipulati in separati documenti negoziali. Questo fa sì che i diritti che il contratto con il
cliente attribuisca alla banca controparte debbano essere assegnati, quali terzi beneficiari, agli istituti
che partecipano alla sindacazione.
Del mudaraba e delle sue differenze con il mandato di investimento tratteremo più oltre. Per il
momento, ogni volta che faremo cenno alla sindacazione di operazioni di finanza islamica,
intenderemo riferirci ad entrambi gli strumenti su detti.
(b)
Tavarruq o Murabaha inverso
In questo schema negoziale, il bisogno che viene soddisfatto è mettere a disposizione del cliente una
somma di denaro, specie su base revolving, per un certo periodo. Il tavarruq usa spesso come
sottostante commodities come i metalli (rame, platino, non oro e argento, perché ciò è proibito dal
Corano, essendo assimilati al denaro).
La banca acquista spot una partita di merci pagandola a pronti a prezzo di mercato e la rivende al
cliente con pagamento differito al prezzo di acquisto più un margine che, de facto, è l’interesse
dell’operazione. Il cliente rivende immediatamente la partita di merci a un terzo a prezzo di mercato
(realizzando una perdita che è pari al margine del banchiere). Il risultato per il cliente è la disponibilità
di una somma di denaro per il tempo della dilazione di pagamento del prezzo al banchiere. Si noti che,
onde evitare che lo schema venga qualificato come meramente finanziario, il contratto di vendita dal
cliente al terzo è documentato separatamente rispetto al contratto di tavarruq.
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Broker B
Broker A
Bene (consegna immediata)
Pagamento immediato
prezzo
Pagamento Immediato
prezzo
Bene (consegna
immediata)
Bene (consegna immediata)
Cliente
Banca
Pagamento differito prezzo (mark up)
Come nel contratto di murabaha, nel tavarruq la banca può agire come capofila di un sindacato di
banche. Anche qui verrà usato lo schema del mudaraba o quello dell’Investment Agency.
Poiché il tavarruq tende a soddisfare una pura esigenza di finanziamento del cliente e non è inteso,
come il murabaha, a dotarlo di un bene che questi usi nella propria attività commerciale, la prassi di
finanza islamica, se pure con le perplessità di qualche scuola, ha sviluppato, recentemente, alcuni
metodi di rinnovazione dell’operazione (revolving tavarruq). In pratica, alla scadenza del termine di
pagamento del prezzo di fornitura per il cliente, la banca accorda una nuova operazione di tavarruq,
spostando in avanti la scadenza. Onde evitare movimenti inutili di denaro, - si tratta infatti di
confermare la linea di credito già accordata -, i soggetti coinvolti, il primo fornitore, la banca, il cliente
e l’acquirente finale, stipulano un accordo di compensazione delle partite in forza del quale le
posizioni a debito e a credito vengono nettate senza movimento di contante.
(c)
Ijara (o leasing operativo e finanziario)
Questo contratto soddisfa le funzioni che nel nostro ordinamento sono fatte proprie dal leasing
operativo. La sua variante ijara wa-iktina, che assegna al cliente il diritto di riscattare il bene al
termine della locazione, è invece molto simile, sul piano funzionale, al leasing finanziario.
Detto questo, i principi di finanza islamica, che ancorano le operazioni ad aspetti reali, e vogliono che
le istituzioni finanziarie partecipino ai rischi delle attività sottostanti, caratterizzano in modo peculiare
questi contratti rispetto agli omologhi convenzionali.
In primo luogo, le obbligazioni di assicurazione e manutenzione straordinaria dei beni oggetto di ijara
vanno tenute in capo al lessor. La prassi ha elaborato l’uso del lessor di incaricare il lessee della
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stipula di una assicurazione sul bene e della manutenzione dello stesso, sulla base di un contratto di
servizio, rendendolo così responsabile delle conseguenze del mancato adempimento di questi obblighi.
In secondo luogo, l’obbligo di pagamento del canone di locazione in tanto può sussistere in quanto il
bene esista e sia idoneo all’uso; se il bene va perduto, distrutto o perde ogni idoneità funzionale, tale
obbligo cade. Anche qui la prassi ha elaborato l’uso di onerare il conduttore del rischio del perimento
del bene avendolo costituito custode dello stesso, sempre nell’ambito del contratto di servizi di cui si è
fatto cenno, e avendogli attribuito l’obbligo di adeguatamente assicurare il bene contro il rischio di
perimento o danneggiamento. Il problema è che il mercato delle assicurazioni coranicamente
accettabili (takaful, una sorta di assicurazione mutua) è molto limitato nei paesi di fede musulmana.
Ne segue la necessità di ricorrere alle assicurazioni convenzionali, con il rischio che il contratto venga
considerato illecito, dato che i premi possono essere considerati riba.
Anche la ijara si presta ad operazioni di sindacazione: l’istituzione finanziaria che agisce come lessor
può farsi finanziare da altre istituzioni finanziarie agendo come mudareb o come banca agente a
seconda del tipo contrattuale impiegato.
Accordo di
sindacazione
Istituzione finanziaria/Lessor
Pagamento rate
Locazione operativa/finanziaria
(d)
Contratto
di
servizio
Lessee
Musharaka
Il contratto di musharaka ha la funzione di regolare operazioni di venture capital. E’ stato utilizzato
per sostenere grandi progetti a medio lungo termine, come la realizzazione di autostrade in Turchia, i
pozzi di perforazione in Malesia o per finanziare il budget del governo iraniano.
Nel suo contenuto più semplice, parti del musharaka sono un’istituzione finanziaria (tipicamente un
fondo di private equity) e un imprenditore o un manager (di seguito il cliente) che intendono condurre
un’operazione commerciale o produttiva. Caratteristica tipica del contratto in esame è che è richiesto
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ad entrambi i soggetti, lo sponsor finanziario e il cliente, di apportare mezzi all’iniziativa, siano essi in
danaro o in natura, divenendo così entrambi partners. Normalmente il cliente conferisce mezzi in
natura in una misura che deve essere almeno il 30% del totale dei mezzi apportati.
Le clausole del contratto che regolano i vari aspetti dell’affare, stabiliscono normalmente che:
(i)
(ii)
(iii)
(iv)
la gestione del musharaka, con la responsabilità di investire e condurre gli asset , sia affidata al
cliente;
i profitti possano essere suddivisi secondo liberi accordi tra i partners, ma le perdite vadano
sempre divise in proporzione agli apporti effettuati. Spesso allo sponsor sono attribuiti diritti
preferenziali nella ripartizione dei profitti, cosicché questi possa recuperare dall’operazione il
capitale investito più una certa remunerazione prestabilita, il resto rimanendo nella
disponibilità del cliente/manager;
il cliente/manager possa addebitare a carico degli asset oggetto di investimento un compenso di
gestione, anche se spesso si tratta di valori minimali;
il cliente/manager si sottometta a una serie di impegni (covenants) la cui violazione possa fare
scattare il diritto dello sponsor a vedersi restituire il capitale e un certo profitto.
Nel diminishing musharaka lo sponsor finanziario ha il diritto di cedere gradatamente il proprio
interesse nel musharaka al cliente per un corrispettivo prestabilito. Questa figura è molto usata nel
finanziamento di acquisti di abitazioni, e costituisce il modo attraverso il quale la banca viene ripagata
su base rateale.
Anche le operazioni di musharaka possono vedere la partecipazione di più di un investitore, ma anche
qui il rapporto con il cliente è tenuto da un solo operatore finanziario che stipula a monte il contratto di
investimento.
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Apporto in
natura (almeno
il 30%)
Partner
1/Cliente
Manager
Musharaka
Apporto in
denaro
Partner
2/Sponsor
Sindacazione
(e)
Mudaraba
Il mudaraba è un contratto associativo (in lingua anglosassone si traduce con participation financing)
stipulato tra un gruppo di investitori (Rab al Maal) e un gestore (Mudareb). Gli investitori apportano
capitale e il gestore lo investe. Questo schema negoziale viene usato, fondamentalmente:
(i)
(ii)
come strumento di sindacazione tra più operatori finanziari a supporto di operazioni di finanza
islamica quali murabaha, tawarruq e ijara. Come si è avuto modo di dire è caratteristica di tali
operazioni che la controparte finanziaria sia sempre un solo soggetto, in questo caso il
Mudareb, e che i suoi accordi con i cofinanziatori siano stipulati in atti separati rispetto al
contratto oggetto di finanziamento;
allo scopo di istituire un fondo di investimento nel quale il Mudareb agisca come gestore
professionale.
Gli investimenti che il gestore può effettuare devono seguire i canoni etici islamici, secondo quanto
già visto.
Il mudaraba è usato anche per la raccolta del risparmio bancario. I Rab al Maal sono i risparmiatori e
il Mudareb la banca. La banca investe i risparmi in operazioni finanziarie lecite e cerca di ottenere da
queste un rendimento tale da potere assicurare ai propri clienti il rendimento di un deposito di
risparmio convenzionale. Tuttavia, a differenza di quanto accade in contesti bancari convenzionali, il
rendimento del deposito non è garantito al cliente, ma dipende dall’esito degli investimenti del
Mudareb.
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Il tratto caratteristico del Mudareb è la sua autonomia di scelta. Questo è il motivo per il quale nelle
sindacazioni tra banche o istituzioni finanziarie lo schema più utilizzato non è quello del mudaraba ma
quello dell’Investment Agency Agreement, che pure può essere costruito in maniera conforme alla
Shari’a. Questa forma negoziale è preferita perché la banca agente viene maggiormente vincolata alle
volontà degli altri investitori di quanto non si possa fare con un Mudareb.
Investitori/Cofinanziatori
(Rab al Maal)
Investimento
di fondi
Gestore
(Mudareb)
Partecipa
zione ai
profitti e
alle
perdite
Compensi di
gestione
(basati sui
profitti)
Servizi di
investimento
e gestione
Fondo
Progetto/Impresa
(f)
Istisna’a
Questo contratto è usato per finanziare grossi progetti industriali o la costruzione di beni di grande
valore, come aerei o navi. La banca finanzia il costruttore ai vari stadi di avanzamento dei lavori,
acquista al completamento delle opere la loro proprietà al prezzo pattuito dal cliente ed
immediatamente rivende le stesse al cliente finale ad un prezzo incrementato dell’interesse,
concedendogli una dilazione di pagamento. In alternativa, la banca può concedere il bene in leasing
finanziario a mezzo di un ijara-wa-iktina.
Si tratta insomma di una operazione asset backed che vede coinvolto non solo il cliente finale ma
anche il produttore. Anche qui come nel murabaha la remunerazione della banca è costituita dal
margine positivo sul prezzo di acquisto.
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Prezzo di acquisto con
premio a pagamento
differito
Prezzo di acquisto
Costruttore/Produttore
Vendita del bene in
costruzione
(g)
Banca
Cliente
Vendita del bene in
costruzione
Bai salam
Il bai salam è altra tecnica simile al murabaha utilizzata per finanziare il capitale circolante di una
impresa. La differenza con questa è che qui la banca paga un bene o una partita di beni in anticipo
rispetto alla loro consegna, per un prezzo che è pari al loro valore di mercato scontato un margine pari
all’interesse. E’ normale che la banca si copra dal rischio di invenduto chiudendo immediatamente un
altro contratto di bai salam con un terzo che intenda acquistare quelle stesse merci ad un prezzo pari a
quello pagato al produttore, senza considerare il margine di interesse, incrementato di un ulteriore
margine per tenere conto dell’eventuale dilazione di pagamento. In altri casi la banca si tiene il rischio
dell’invenduto e colloca sul mercato le merci con vendita a pronti o con un ulteriore contratto di
finanziamento.
Le diverse scuole coraniche hanno opinioni differenti sulla circostanza che la merce acquistata nel bai
salam debba essere già disponibile alla conclusione del contratto o possa anche essere da ancora
produrre e divenga disponibile alla data fissata per la consegna. Ciò su cui tutti concordano è che il
prezzo sia pagato dalla banca alla stipula del contratto e la data di consegna sia prestabilita.
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Prezzo di acquisto con
sconto
Costruttore/Produttore
Vendita del bene con
consegna differita
(h)
Prezzo di acquisto con
premio
Banca
Cliente
Vendita del bene con
consegna differita
Sukuk
I sukuk sono strumenti finanziari, ad esempio dei certificati, che rappresentano la partecipazione nella
proprietà di un asset sottostante. La differenza rispetto (i) alle obbligazioni consiste nel fatto che
queste costituiscono un debito per l’emittente e (ii) rispetto alle azioni nel fatto che queste ultime
incorporano la partecipazione nel capitale dell’emittente stesso. Invece il sakk incorpora direttamente
una quota della proprietà dell’asset detenuto dall’emittente.
La remunerazione del sakk non è un dividendo, né un interesse ma una quota del reddito che l’asset
produce.
I sukuk sono impiegati nell’ambito di operazioni di finanza islamica per permettere la partecipazione
del pubblico dei risparmiatori ad affari altrimenti ristretti alla sola banca finanziatrice o ai suoi
cofinanziatori.
Le emissioni di sukuk sono fortemente cresciute nel corso degli ultimi anni, dando luogo ad un
mercato secondario molto interessante e in notevole sviluppo.
L’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions, un ente non-profit del
settore, ha individuato 14 strutture fondamentali di sukuk. Tuttavia, le forme più comuni di tali
strumenti sono quelle poste al servizio di operazioni di ijara e di musharaka.
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Ecco lo schema tipo di un sukuk al ijara.
Sottoscrittori/detentori di sukuk
Mezzi
finanziari
apportati
Rendimenti
Emissione di
sukuk
Leasing del bene
Vendita bene
Produttore
SPV emittente
Prezzo del bene
(pari all’apporto dei
sottoscrittori di
sukuk)
Lessee
Canoni
Ecco lo schema tipo di un sukuk al musharaka.
Sottoscrittori/detentori di sukuk
Mezzi
finanziari
apportati
Rendimenti
Emissione di
sukuk
Originator/Manager
SPV emittente
Apporto di
mezzi
finanziari
pari alla
raccolta in
sukuk
Partecipazio
ne ai profitti
e alle perdite
Partecipazio
ne ai profitti
e alle perdite
Apporto di
mezzi in
natura
Musharaka
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L’uso di Special Purpose Vehicle (SPV) è molto frequente. Serve a segregare il rischio di ogni singola
operazione finanziata e ad ottimizzarne gli aspetti fiscali. L’SPV normalmente è costituito trustee a
favore dei titolari di sukuk, che così vengono ad avere un interesse diretto nell’asset sottostante
all’operazione.
Nelle strutture sukuk al musharaka è normale riscontrare l’obbligo da parte del manager/originator
dell’operazione a riacquistare i sukuk sul mercato al termine dell’operazione (maturity) o alla data
nella quale venga constatato un inadempimento (event of default). Questo fa si che il rating di credito
dei sukuk, accertato da agenzie internazionali quali Fitch, Moody’s e Standard & Poor dipenda in gran
parte dalla solvibilità del manager/originator nell’adempimento di questa sua obbligazione di
riacquisto.
I sukuk sono ovviamente strumenti negoziabili. Vi sono segnali della nascita di un mercato secondario
di questi titoli. Il punto di svolta è stata l’emissione di 3,62 miliardi di dollari di sukuk fatta nel
novembre 2006 da Nakheel Group, la conglomerata che ha in carico, ad esempio, i maggiori progetti
di sviluppo a Dubai. Londra, come si è detto, si è ormai stabilmente candidata, anche grazie all’attiva
politica inglese di adattamento del sistema fiscale, a diventare la piazza occidentale per elezione di
questo tipo di strumenti.
I sukuk vengono normalmente assoggettati alle leggi inglesi o dello stato di New York e alla
giurisdizione delle corti di quegli stati: ciò allo scopo di offrire agli investitori un terreno giuridico ben
noto su cui appoggiarsi in caso di dispute. In realtà, ciò non toglie incertezza sulla giustiziabilità delle
disposizioni contrattuali, specie se le decisioni vanno eseguite negli stati di residenza del
manager/originator delle iniziative. Si tratta in effetti, insieme ad altri di cui diremo in seguito, di uno
degli aspetti che frenano lo sviluppo della finanza islamica.
5.
Un primo bilancio
(a)
Le principali differenze tra finanza islamica e finanza convenzionale
Come si è visto caratteristica strutturale della finanza islamica è di essere ancorata ad un asset reale
e/o di condividere il rischio operativo del cliente (risk sharing). Abbiamo così prodotti asset backed,
come il muraraha, il tawarruq, l’ijara, il bai salam e l’istina’a e prodotti nei quali il finanziatore
assume il rischio dell’operazione gestita dal cliente, come il mudaraba e il musharaka. La banca
islamica corre non solo il rischio del credito, ma anche quello insito nella detenzione dell’asset
sottostante (ad esempio il rischio del suo perimento o danneggiamento o malfunzionamento) o nella
conduzione del progetto o dell’impresa finanziata.
Per quanto la prassi abbia sviluppato tecniche di minimizzazione di questi rischi, essi permangono e
costituiscono un fattore di penalizzazione della finanza islamica rispetto a quella convenzionale, che
deve preoccuparsi solo del rischio controparte. D’altro lato, proprio questo ancoraggio a beni e attività
reali fa della finanza islamica un porto relativamente più sicuro per gli investitori di quanto non sia la
finanza convenzionale, in cui l’astrazione dai sottostanti ha finito per diventare un fattore di
moltiplicazione sistemica del rischio.
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(b)
Il futuro della finanza islamica
La stretta osservanza ai precetti coranici e la struttura asset backed o risk sharing dei prodotti di
finanza islamica creano ostacoli allo sviluppo di questi strumenti. Ecco i principali.
(i)
Mancanza di expertise. Il fatto che le operazioni debbano essere sottoposte al vaglio di comitati
di esperti di Shari’a, una disciplina molto complessa, che richiede almeno 30 anni di studi e di
esperienze, riduce il numero dei professionisti impiegabili in questa attività che, come si è
visto, è fondamentale nel giudizio di prefattibilità di un prodotto o di un progetto
(ii)
Mancanza di consenso uniforme. La Shari’a non è un corpo codificato di leggi. La sua
interpretazione varia in funzione delle osservanze coraniche e delle scuole di pensiero
dominanti. Ciò costituisce un freno allo sviluppo.
(iii) Mancanza di veri standard operativi. Il fatto che ogni operazione di rilievo debba essere
sottoposta al vaglio dei comitati di esperti in shari’a fa si che si fatichi ad elaborare standard
universalmente condivisi che accelerino i tempi di negoziazione e ne riducano i costi. In tal
senso, comunque, opera l’allargamento dei mercati che sta inducendo associazioni
rappresentative di operatori a elaborare modelli negoziali condivisi che possano fare da guida
nella contrattualizzazione delle transazioni.
(iv)
Limitatezza del mercato secondario. Nonostante l’indubbia crescita del comparto, il mercato
secondario dei prodotti di finanza islamica è ancora troppo ristretto rispetto alle dimensioni di
quelli della finanza convenzionale. I tassi di crescita della nicchia, tuttavia, fanno intravedere il
superamento di questo limite.
(v)
Bisogno di asset reali. Il pregio, specie di questi tempi di finanza creativa, della finanza
islamica di essere legata a sottostanti reali costituisce anche un freno al suo sviluppo. La
finanza convenzionale si è fortemente sviluppata anche perché si è staccata dai sottostanti. La
limitatezza degli asset finanziabili può costituire un limite significativo all’evoluzione del
mercato.
(vi)
Restrizioni alla creazione di strumenti derivati. La repulsione della giurisprudenza islamica
verso i contratti che assicurino il rischio (sui cambi, sugli interessi, sui valori e sui prezzi) da
un lato mette al riparo il comparto dagli eccessi che hanno portato al credit crunch ma d’altro
lato pone un limite allo sviluppo del settore. La finanza derivata, infatti, è stata pensata come
supporto alla sicurezza delle transazioni e se rettamente usata migliora le performance globali
dei prodotti e facilita l’accesso al credito. La giurisprudenza islamica comunque si sta ponendo
il problema e sta sviluppando alternative alla finanza derivata convenzionale.
(vii) Illiceità del contratto di assicurazione. Come si è visto, il contratto di assicurazione
convenzionale è considerato illecito dalla giurisprudenza islamica. Una alternativa a questo
strumento è il takaful una sorta di mutua assicurazione. Ma, specie nei contratti asset backed,
in cui la banca assume il rischio della detenzione del bene, la mancanza di un vero mercato
assicurativo shari’a compliant costituisce un indubbio limite.
(viii) Svantaggi fiscali. Se alcuni stati, come la Gran Bretagna e la Francia, si stanno muovendo nella
direzione di creare un ambiente fiscalmente favorevole per la diffusione della finanza islamica,
gran parte delle nazioni ad economia evoluta hanno sistemi tributari non pronti ad accogliere
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questi istituti. L’Italia, per esempio, che pure come si è detto ha 1,2 milioni di fedeli
musulmani residenti sul suo territorio, non ha ancora assunto alcuna decisione in tal senso. Ciò
costituisce un ostacolo importante sulla strada dello sviluppo di tale comparto al di fuori dei
confini dei paesi a predominante fede islamica.
Pur considerando questi limiti, il futuro della finanza islamica resta luminoso. La ricchezza
finanziaria dei paesi a prevalente fede musulmana, la loro importanza geo-politica, il numero
enorme di fedeli musulmani nel mondo, ora presenti anche nelle società a diversa confessione
dominante, e il loro bisogno di essere assistiti finanziariamente con prodotti che rispettino le loro
credenze religiose, lascia intravedere uno sviluppo notevole nei prossimi anni.
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