La Finanza Islamica Intervento di Stefano Morri Avvocato – Dottore Commercialista 1 INDICE 1. Premessa…………………………………………………………………………………………… p. 03 2. Principi fondamentali……………………………………………………………………………… p. 04 3. I comitati per l’applicazione della legge coranica…………………………………………………. p. 06 4. Le principali tecniche di finanza islamica…………………………………………………………. p. 06 5. Un primo bilancio………………………………………………………………………………….. p. 17 2 1. Premessa Secondo una ricerca dell’International Financial Services London (IFSL), nel 2006 il mercato globale dei servizi di finanza islamica misurato in termini di asset conformi ai precetti coranici era di 531 miliardi di dollari. Si tratta di una cifra ancora modesta se comparata con il volume totale degli asset finanziari detenuti da banche convenzionali. Una ricerca1 stimava che nel 2005 il totale degli asset convenzionali detenuti dalle prime 1000 banche del mondo fosse di 74,1 triliardi di dollari. Dunque siamo ancora in presenza di una nicchia del mercato finanziario, ma una nicchia il cui tasso di crescita medio nel decennio 1997-2006 è stato superiore al 10%2. Il potenziale della finanza islamica viene: - - dalla ricchezza finanziaria cumulata da alcuni paesi a prevalente confessione islamica, ricchezza che è pronta ad essere investita anche in paesi a diversa confessione prevalente purché con tecniche conformi alle credenze religiose degli investitori; dalla presenza in molti paesi occidentali di numerose comunità musulmane; dal basso livello di diffusione dei servizi bancari e finanziari nei paesi musulmani. Londra, anche profittando di un clima di generale ostilità tra Stati Uniti e mondo musulmano che è seguito all’attentato delle Torri Gemelle e alla reazione statunitense, sta diventando una delle prime piazze finanziarie mondiali per la diffusione di finanza islamica. Seguendo il principio “no obstacles, no special favors”, la Gran Bretagna ha emendato il proprio sistema fiscale (ad esempio eliminando, già nel 2003, la doppia imposta di registro sui finanziamenti immobiliari) e ha stabilito standard specifici in materia di coperture di capitale e di gestione del rischio per creare un ambiente favorevole alla diffusione del comparto. La prima banca islamica su territorio europeo, la Islamic Bank of Britain – di cui il nostro ospite, Ahmad Salam è stato tra i fondatori-, ha ottenuto la sua licenza in Gran Bretagna nel settembre 2004 e da allora molte grandi banche convenzionali offrono prodotti Shari’a compliant ai loro clienti di fede musulmana. Le emissioni di sukuk (singolare sakk), i titoli partecipativi di finanza islamica, sono ormai negoziate alla borsa di Londra, dove il primo sakk è stato quotato nel giugno 2006 e il volume attuale dei sukuk quotati ha raggiunto la cifra di 11 miliardi di dollari. Tali emissioni interessano non solo emittenti residenti in territori a prevalente fede musulmana ma anche emittenti “occidentali” che intendono esplorare questa area di mercato per raccogliere risorse per i loro progetti. Nel 2004 lo stato tedesco della Sassonia-Anhalt ha emesso 100 milioni di euro di sukuk. Lo stesso governo inglese, nell’aprile del 2007, ha dichiarato il suo intendimento a finanziare il proprio deficit con emissioni di sukuk. Il recente credit crunch non ha fatto che accentuare l’interesse per il comparto di finanza islamica, i suoi principi e le sue regole. La rarefazione dei capitali disponibili sui circuiti di finanza 1 2 Top 500 Islamic Financial Institutions - How Fast Is The Islamic Finance Industry Growing? The Banker (Nov., 2005) Fonte IFSL 3 convenzionale ha condotto infatti alla ricerca di fonti alternative sia per i finanziamenti corporate che per quelli destinati al settore pubblico. L’ampia discussione che vi è stata e vi è nel mondo occidentale sulla natura stessa della finanza e sul suo ancoraggio alle ragioni dell’etica ha spinto ad esaminare la finanza islamica come modello legato al rispetto di rigorosi precetti morali e avulso dai fenomeni speculativi che sono stati parte rilevante della crisi in corso. Un segnale di vitalità e sviluppo è anche riscontrabile nel deciso movimento verso la standardizzazione degli strumenti. L’International Islamic Financial Market, l’associazione creata dalle banche centrali dell’Arabia Saudita, il Bahrain, il Brunei, l’Indonesia, la Malesia e l’Indonesia, sta lavorando in questa direzione e nel 2008 ha definito uno standard di Master Murabaha and Agency (Wakeel) Agreement. In Italia, nonostante la presenza di 1,2 milioni di residenti di fede musulmana e malgrado la sua posizione geografica che ne fa un naturale punto di congiunzione tra Europa e mondo arabo, il settore è agli albori del suo sviluppo. Si moltiplicano tuttavia i segnali di interesse ed attenzione di operatori del mondo finanziario italiano e esponenti di organismi pubblici verso il vicino Medio Oriente, allo scopo di favorire forme di collaborazione ed integrazione economica. Se si vorrà favorire la nascita di un vero comparto di finanza islamica nel nostro Paese, i passi che dovranno essere compiuti dovranno essere nella direzione della modifica ed adattamento del sistema fiscale e di quello regolatorio bancario, sulla scia di quanto fatto dalla Gran Bretagna e dalla Francia. Questo convegno vuol dare un piccolo contributo in questo grande processo. 2. I principi fondamentali La finanza islamica si basa sui principi dell’islamismo e della giurisprudenza che ne deriva (Shari’a). La Shari’a è tratta dal Corano, che nella fede islamica è la parola di Dio, e dalla Sunnah, che è la raccolta degli atti e dei detti del profeta Maometto. La Shari’a non è un sistema giuridico codificato e la sua interpretazione ed applicazione variano in relazione alle diverse scuole di pensiero dominanti nel mondo islamico. Attualmente nella confessione sunnita (che riguarda tra l’85 e il 90% della popolazione musulmana mondiale) sono quattro le scuole prevalenti: la Shafi, diffusa nel Far East (ad esempio in Malesia), l’Hanbali, che prevale in Medio Oriente (ad esempio in Arabia Saudita), l’Hanafi, dominante nell’Asia del sud est (ad esempio in Pakistan) e la Maliki, prevalente in Africa. La Shari’a si nutre delle regole sulle quali vi è generale consenso (ijma) tra gli studiosi di diritto coranico, ma avanza e si adegua all’evoluzione della tecnologia e delle strutture sociali grazie all’analogia (qiyas). E’ grazie al ragionamento analogico, ad esempio, che il divieto dell’alcol è stato esteso alle droghe. Le regole di base, condivise con diverse sfumature da tutte le scuole coraniche, sono le seguenti. 4 (a) Speculazione (maisir) I contratti che implicano attività puramente speculative sono proibiti (haram). Questo non significa che la legge coranica sia in principio contraria alla speculazione commerciale. Operazioni che conducano a profitto sulla base di effettive azioni commerciali e produttive sono lecite (halal), mentre non lo sono quelle in cui il risultato dipende dal caso, e si avvicinano alla scommessa o al gioco. Il confine tra atti leciti ed illeciti, sotto questo profilo, è sottile e la sostanza economica delle transazioni deve essere analizzata per capirne la natura. (b) Ingiusto arricchimento e sfruttamento indebito La legge coranica considera illecite le clausole contrattuali che conducano ad un ingiusto guadagno da parte di un contraente a spese di terzi. Così, nei contratti di finanziamento, è clausola illecita quella che prevede a carico del debitore inadempiente interessi di mora o penali. La giurisprudenza islamica, conscia della funzione di simili previsioni, volte ad ottenere l’adempimento, ha concesso efficacia alle clausole che da un lato onerino il debitore non adempiente di qualche sorta di penale e dall’altro obblighino il creditore a destinare la stessa a istituzioni caritatevoli islamiche. (c) Interesse (riba) La moneta, nella cultura islamica, non ha un valore intrinseco e non può dunque produrre ricchezza in sé. E’solo un mezzo di scambio e tale deve rimanere. Ne segue che non sono leciti i contratti di finanziamento che assegnino al creditore un guadagno in ragione del tempo durante il quale la moneta è resa disponibile al debitore. Unico modo per far fruttare la moneta è impiegarla in operazioni commerciali o produttive. La finanza islamica trova in questo vincolo il suo principale fattore connotante, che fa sì che le operazioni finanziarie siano strutturate come transazioni commerciali o come forme di partecipazione a un rischio d’impresa, nelle quali il creditore guadagna un profitto da transazione o da condivisione del rischio e non un interesse. (d) Incertezza (gharrar) I contratti che sono connotati da elementi incerti o aleatori, in relazione all’oggetto (prestazione e prezzo) o al momento dell’esecuzione, sono nulli. Di qui il divieto dei contratti assicurativi essendo la prestazione dell’assicuratore legata all’evento incerto del sinistro. Ma di qui anche la nullità dei contratti sottoposti a condizione, questione che la giurisprudenza islamica ha parzialmente risolto trasformando la condizione in un impegno delle parti. (e) Attività immorali L’economia non può prescindere dalla religione e dalla morale. Così i contratti che abbiano ad oggetto o favoriscano attività considerate immorali dal Corano e dalla giurisprudenza islamica sono da considerare nulli. Ne segue che la finanza islamica non può essere impiegata per finanziare attività (quali la vendita di alcolici, il gioco d’azzardo, la produzione di tabacco, o la pornografia) che siano giudicate non etiche. 5 3. I comitati per l’applicazione della legge coranica Data questa messe di divieti, il cui contenuto e limite è spesso sfuggente, le istituzioni finanziarie islamiche hanno sviluppato la prassi di richiedere ad un organo consultivo interno un parere preventivo sulla liceità delle operazioni proposte. Si tratta dei comitati per l’applicazione della Shari’a in cui siedono esperti di diritto islamico. Questi comitati, che ora sono inseriti anche in istituzioni finanziarie occidentali che abbiano creato divisioni di finanza islamica, hanno e stanno elaborando una prassi abbastanza uniforme, pur essendo condizionati dalle diverse provenienze, in termini di scuola coranica, dei loro membri. In più, spesso gli stessi soggetti siedono in più di un comitato, il che contribuisce all’uniformità delle decisioni. I comitati emettono un ordine religioso (fatwa) che autorizza o proibisce l’operazione proposta. Una volta che un’operazione sia stata approvata dal comitato deve considerarsi lecita. 4. Le principali tecniche di finanza islamica Le operazioni offerte dalle istituzioni finanziarie islamiche si raggruppano intorno ad alcuni tipi fondamentali, pur potendo raggiungere notevoli livelli di complessità grazie alla loro combinazione. Caratteristiche di fondo di queste tipizzazioni sono (i) di basarsi sulla relazione diretta tra il finanziere e il bene la cui acquisizione o la cui disponibilità da parte del cliente costituisce scopo ultimo del contratto (assed backed transactions) o (ii) di comportare la condivisione da parte del finanziere del rischio di impresa corso dal cliente (risk sharing transactions). Vedremo, nell’esame dei diversi tipi, come queste modalità fondamentali vengano declinate. (a) Murabaha (o finanza del costo più un margine) Il murabaha è il più diffuso dei contratti di finanza islamica. Viene impiegato ogni volta che il cliente della banca ha bisogno che gli sia finanziata l’acquisizione di un bene. E’ il contratto che è stato impiegato per l’acquisto, nel 2007, del capitale della Aston Martin, in una operazione dal 1,2 miliardi di dollari, portata a termine dal fondo kuwaitiano Investment Dar di cui il signor Salam è senior partner. Se nelle tecniche di finanza convenzionali questo bisogno è soddisfatto dal banchiere mettendo a disposizione del cliente i fondi necessari, se del caso dietro rilascio di garanzie, contro il pagamento di un interesse, nella finanza islamica la banca si interpone tra il cliente e il suo fornitore acquistando lei stessa il bene e rivendendolo immediatamente al cliente con un margine che è funzione del valore del denaro per il tempo concesso a dilazione del pagamento. Il margine appare come di origine commerciale – il profitto di una compravendita – ma viene immancabilmente commisurato al costo del denaro sui mercati del credito (ad esempio al LIBOR o all’ERIBOR) più un ulteriore spread che è legato al rischio di credito della controparte. Nella pagina seguente è illustrato lo schema base di un contratto murabaha. 6 Bene (consegna immediata) Banca Fornitore Pagamento immediato prezzo Pagamento differito prezzo (mark up) Bene (consegna immediata) Cliente I passaggi principali di un’operazione murabaha sono i seguenti: (i) (ii) (iii) Il cliente manifesta l’interesse di comprare un certo bene (può trattarsi di un bene fisico, ma anche di azioni ed altri prodotti finanziari) dalla banca ad un certo prezzo (che sarà la somma del prezzo di mercato di quel bene più il margine finanziario) e con consegna a certa data. La banca acquista il bene da un fornitore e lo offre in vendita al cliente. Il cliente accetta l’offerta e acquista la proprietà del bene, contro pagamento del prezzo alla data convenuta. Si noti come non sia infrequente che la banca nomini il cliente come proprio mandatario (spesso senza rappresentanza) per l’acquisto del bene (Wakeel), così da evitare di essere direttamente coinvolta nell’operazione di acquisto e da soddisfare l’interesse del cliente a non avere la banca che si interpone nelle sue relazioni con i propri fornitori. Il contratto di murabaha può essere estremamente sofisticato - ne vedremo un esempio più avanti -, e contenere clausole di covenants a carico del cliente, rappresentazioni e garanzie sul suo stato economico e finanziario, obblighi di indennizzo in caso di default. La banca può anche sindacare l’operazione. Le sindacazioni in finanza islamica avvengono tipicamente con due strumenti negoziali: (i) (ii) Il mudaraba, che è un contratto che vede quali parti il mudareb o agente di sindacazione e gli investitori (Rab al Maal); il mandato di investimento (Investment agency agreement), con il quale la banca controparte diretta del cliente è investita del potere di concludere l’operazione per conto proprio e dei suoi mandanti. 7 Nella finanza convenzionale, per esempio in un prestito sindacato, viene normalmente stabilita una relazione diretta tra le banche finanziatrici e il cliente. Nella finanza islamica, sia che si ricorra allo strumento del mudaraba che a quello più in linea con i canoni convenzionali del mandato di investimento, è la banca agente che tiene il rapporto con il cliente e i patti di sindacato di credito vengono stipulati in separati documenti negoziali. Questo fa sì che i diritti che il contratto con il cliente attribuisca alla banca controparte debbano essere assegnati, quali terzi beneficiari, agli istituti che partecipano alla sindacazione. Del mudaraba e delle sue differenze con il mandato di investimento tratteremo più oltre. Per il momento, ogni volta che faremo cenno alla sindacazione di operazioni di finanza islamica, intenderemo riferirci ad entrambi gli strumenti su detti. (b) Tavarruq o Murabaha inverso In questo schema negoziale, il bisogno che viene soddisfatto è mettere a disposizione del cliente una somma di denaro, specie su base revolving, per un certo periodo. Il tavarruq usa spesso come sottostante commodities come i metalli (rame, platino, non oro e argento, perché ciò è proibito dal Corano, essendo assimilati al denaro). La banca acquista spot una partita di merci pagandola a pronti a prezzo di mercato e la rivende al cliente con pagamento differito al prezzo di acquisto più un margine che, de facto, è l’interesse dell’operazione. Il cliente rivende immediatamente la partita di merci a un terzo a prezzo di mercato (realizzando una perdita che è pari al margine del banchiere). Il risultato per il cliente è la disponibilità di una somma di denaro per il tempo della dilazione di pagamento del prezzo al banchiere. Si noti che, onde evitare che lo schema venga qualificato come meramente finanziario, il contratto di vendita dal cliente al terzo è documentato separatamente rispetto al contratto di tavarruq. 8 Broker B Broker A Bene (consegna immediata) Pagamento immediato prezzo Pagamento Immediato prezzo Bene (consegna immediata) Bene (consegna immediata) Cliente Banca Pagamento differito prezzo (mark up) Come nel contratto di murabaha, nel tavarruq la banca può agire come capofila di un sindacato di banche. Anche qui verrà usato lo schema del mudaraba o quello dell’Investment Agency. Poiché il tavarruq tende a soddisfare una pura esigenza di finanziamento del cliente e non è inteso, come il murabaha, a dotarlo di un bene che questi usi nella propria attività commerciale, la prassi di finanza islamica, se pure con le perplessità di qualche scuola, ha sviluppato, recentemente, alcuni metodi di rinnovazione dell’operazione (revolving tavarruq). In pratica, alla scadenza del termine di pagamento del prezzo di fornitura per il cliente, la banca accorda una nuova operazione di tavarruq, spostando in avanti la scadenza. Onde evitare movimenti inutili di denaro, - si tratta infatti di confermare la linea di credito già accordata -, i soggetti coinvolti, il primo fornitore, la banca, il cliente e l’acquirente finale, stipulano un accordo di compensazione delle partite in forza del quale le posizioni a debito e a credito vengono nettate senza movimento di contante. (c) Ijara (o leasing operativo e finanziario) Questo contratto soddisfa le funzioni che nel nostro ordinamento sono fatte proprie dal leasing operativo. La sua variante ijara wa-iktina, che assegna al cliente il diritto di riscattare il bene al termine della locazione, è invece molto simile, sul piano funzionale, al leasing finanziario. Detto questo, i principi di finanza islamica, che ancorano le operazioni ad aspetti reali, e vogliono che le istituzioni finanziarie partecipino ai rischi delle attività sottostanti, caratterizzano in modo peculiare questi contratti rispetto agli omologhi convenzionali. In primo luogo, le obbligazioni di assicurazione e manutenzione straordinaria dei beni oggetto di ijara vanno tenute in capo al lessor. La prassi ha elaborato l’uso del lessor di incaricare il lessee della 9 stipula di una assicurazione sul bene e della manutenzione dello stesso, sulla base di un contratto di servizio, rendendolo così responsabile delle conseguenze del mancato adempimento di questi obblighi. In secondo luogo, l’obbligo di pagamento del canone di locazione in tanto può sussistere in quanto il bene esista e sia idoneo all’uso; se il bene va perduto, distrutto o perde ogni idoneità funzionale, tale obbligo cade. Anche qui la prassi ha elaborato l’uso di onerare il conduttore del rischio del perimento del bene avendolo costituito custode dello stesso, sempre nell’ambito del contratto di servizi di cui si è fatto cenno, e avendogli attribuito l’obbligo di adeguatamente assicurare il bene contro il rischio di perimento o danneggiamento. Il problema è che il mercato delle assicurazioni coranicamente accettabili (takaful, una sorta di assicurazione mutua) è molto limitato nei paesi di fede musulmana. Ne segue la necessità di ricorrere alle assicurazioni convenzionali, con il rischio che il contratto venga considerato illecito, dato che i premi possono essere considerati riba. Anche la ijara si presta ad operazioni di sindacazione: l’istituzione finanziaria che agisce come lessor può farsi finanziare da altre istituzioni finanziarie agendo come mudareb o come banca agente a seconda del tipo contrattuale impiegato. Accordo di sindacazione Istituzione finanziaria/Lessor Pagamento rate Locazione operativa/finanziaria (d) Contratto di servizio Lessee Musharaka Il contratto di musharaka ha la funzione di regolare operazioni di venture capital. E’ stato utilizzato per sostenere grandi progetti a medio lungo termine, come la realizzazione di autostrade in Turchia, i pozzi di perforazione in Malesia o per finanziare il budget del governo iraniano. Nel suo contenuto più semplice, parti del musharaka sono un’istituzione finanziaria (tipicamente un fondo di private equity) e un imprenditore o un manager (di seguito il cliente) che intendono condurre un’operazione commerciale o produttiva. Caratteristica tipica del contratto in esame è che è richiesto 10 ad entrambi i soggetti, lo sponsor finanziario e il cliente, di apportare mezzi all’iniziativa, siano essi in danaro o in natura, divenendo così entrambi partners. Normalmente il cliente conferisce mezzi in natura in una misura che deve essere almeno il 30% del totale dei mezzi apportati. Le clausole del contratto che regolano i vari aspetti dell’affare, stabiliscono normalmente che: (i) (ii) (iii) (iv) la gestione del musharaka, con la responsabilità di investire e condurre gli asset , sia affidata al cliente; i profitti possano essere suddivisi secondo liberi accordi tra i partners, ma le perdite vadano sempre divise in proporzione agli apporti effettuati. Spesso allo sponsor sono attribuiti diritti preferenziali nella ripartizione dei profitti, cosicché questi possa recuperare dall’operazione il capitale investito più una certa remunerazione prestabilita, il resto rimanendo nella disponibilità del cliente/manager; il cliente/manager possa addebitare a carico degli asset oggetto di investimento un compenso di gestione, anche se spesso si tratta di valori minimali; il cliente/manager si sottometta a una serie di impegni (covenants) la cui violazione possa fare scattare il diritto dello sponsor a vedersi restituire il capitale e un certo profitto. Nel diminishing musharaka lo sponsor finanziario ha il diritto di cedere gradatamente il proprio interesse nel musharaka al cliente per un corrispettivo prestabilito. Questa figura è molto usata nel finanziamento di acquisti di abitazioni, e costituisce il modo attraverso il quale la banca viene ripagata su base rateale. Anche le operazioni di musharaka possono vedere la partecipazione di più di un investitore, ma anche qui il rapporto con il cliente è tenuto da un solo operatore finanziario che stipula a monte il contratto di investimento. 11 Apporto in natura (almeno il 30%) Partner 1/Cliente Manager Musharaka Apporto in denaro Partner 2/Sponsor Sindacazione (e) Mudaraba Il mudaraba è un contratto associativo (in lingua anglosassone si traduce con participation financing) stipulato tra un gruppo di investitori (Rab al Maal) e un gestore (Mudareb). Gli investitori apportano capitale e il gestore lo investe. Questo schema negoziale viene usato, fondamentalmente: (i) (ii) come strumento di sindacazione tra più operatori finanziari a supporto di operazioni di finanza islamica quali murabaha, tawarruq e ijara. Come si è avuto modo di dire è caratteristica di tali operazioni che la controparte finanziaria sia sempre un solo soggetto, in questo caso il Mudareb, e che i suoi accordi con i cofinanziatori siano stipulati in atti separati rispetto al contratto oggetto di finanziamento; allo scopo di istituire un fondo di investimento nel quale il Mudareb agisca come gestore professionale. Gli investimenti che il gestore può effettuare devono seguire i canoni etici islamici, secondo quanto già visto. Il mudaraba è usato anche per la raccolta del risparmio bancario. I Rab al Maal sono i risparmiatori e il Mudareb la banca. La banca investe i risparmi in operazioni finanziarie lecite e cerca di ottenere da queste un rendimento tale da potere assicurare ai propri clienti il rendimento di un deposito di risparmio convenzionale. Tuttavia, a differenza di quanto accade in contesti bancari convenzionali, il rendimento del deposito non è garantito al cliente, ma dipende dall’esito degli investimenti del Mudareb. 12 Il tratto caratteristico del Mudareb è la sua autonomia di scelta. Questo è il motivo per il quale nelle sindacazioni tra banche o istituzioni finanziarie lo schema più utilizzato non è quello del mudaraba ma quello dell’Investment Agency Agreement, che pure può essere costruito in maniera conforme alla Shari’a. Questa forma negoziale è preferita perché la banca agente viene maggiormente vincolata alle volontà degli altri investitori di quanto non si possa fare con un Mudareb. Investitori/Cofinanziatori (Rab al Maal) Investimento di fondi Gestore (Mudareb) Partecipa zione ai profitti e alle perdite Compensi di gestione (basati sui profitti) Servizi di investimento e gestione Fondo Progetto/Impresa (f) Istisna’a Questo contratto è usato per finanziare grossi progetti industriali o la costruzione di beni di grande valore, come aerei o navi. La banca finanzia il costruttore ai vari stadi di avanzamento dei lavori, acquista al completamento delle opere la loro proprietà al prezzo pattuito dal cliente ed immediatamente rivende le stesse al cliente finale ad un prezzo incrementato dell’interesse, concedendogli una dilazione di pagamento. In alternativa, la banca può concedere il bene in leasing finanziario a mezzo di un ijara-wa-iktina. Si tratta insomma di una operazione asset backed che vede coinvolto non solo il cliente finale ma anche il produttore. Anche qui come nel murabaha la remunerazione della banca è costituita dal margine positivo sul prezzo di acquisto. 13 Prezzo di acquisto con premio a pagamento differito Prezzo di acquisto Costruttore/Produttore Vendita del bene in costruzione (g) Banca Cliente Vendita del bene in costruzione Bai salam Il bai salam è altra tecnica simile al murabaha utilizzata per finanziare il capitale circolante di una impresa. La differenza con questa è che qui la banca paga un bene o una partita di beni in anticipo rispetto alla loro consegna, per un prezzo che è pari al loro valore di mercato scontato un margine pari all’interesse. E’ normale che la banca si copra dal rischio di invenduto chiudendo immediatamente un altro contratto di bai salam con un terzo che intenda acquistare quelle stesse merci ad un prezzo pari a quello pagato al produttore, senza considerare il margine di interesse, incrementato di un ulteriore margine per tenere conto dell’eventuale dilazione di pagamento. In altri casi la banca si tiene il rischio dell’invenduto e colloca sul mercato le merci con vendita a pronti o con un ulteriore contratto di finanziamento. Le diverse scuole coraniche hanno opinioni differenti sulla circostanza che la merce acquistata nel bai salam debba essere già disponibile alla conclusione del contratto o possa anche essere da ancora produrre e divenga disponibile alla data fissata per la consegna. Ciò su cui tutti concordano è che il prezzo sia pagato dalla banca alla stipula del contratto e la data di consegna sia prestabilita. 14 Prezzo di acquisto con sconto Costruttore/Produttore Vendita del bene con consegna differita (h) Prezzo di acquisto con premio Banca Cliente Vendita del bene con consegna differita Sukuk I sukuk sono strumenti finanziari, ad esempio dei certificati, che rappresentano la partecipazione nella proprietà di un asset sottostante. La differenza rispetto (i) alle obbligazioni consiste nel fatto che queste costituiscono un debito per l’emittente e (ii) rispetto alle azioni nel fatto che queste ultime incorporano la partecipazione nel capitale dell’emittente stesso. Invece il sakk incorpora direttamente una quota della proprietà dell’asset detenuto dall’emittente. La remunerazione del sakk non è un dividendo, né un interesse ma una quota del reddito che l’asset produce. I sukuk sono impiegati nell’ambito di operazioni di finanza islamica per permettere la partecipazione del pubblico dei risparmiatori ad affari altrimenti ristretti alla sola banca finanziatrice o ai suoi cofinanziatori. Le emissioni di sukuk sono fortemente cresciute nel corso degli ultimi anni, dando luogo ad un mercato secondario molto interessante e in notevole sviluppo. L’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions, un ente non-profit del settore, ha individuato 14 strutture fondamentali di sukuk. Tuttavia, le forme più comuni di tali strumenti sono quelle poste al servizio di operazioni di ijara e di musharaka. 15 Ecco lo schema tipo di un sukuk al ijara. Sottoscrittori/detentori di sukuk Mezzi finanziari apportati Rendimenti Emissione di sukuk Leasing del bene Vendita bene Produttore SPV emittente Prezzo del bene (pari all’apporto dei sottoscrittori di sukuk) Lessee Canoni Ecco lo schema tipo di un sukuk al musharaka. Sottoscrittori/detentori di sukuk Mezzi finanziari apportati Rendimenti Emissione di sukuk Originator/Manager SPV emittente Apporto di mezzi finanziari pari alla raccolta in sukuk Partecipazio ne ai profitti e alle perdite Partecipazio ne ai profitti e alle perdite Apporto di mezzi in natura Musharaka 16 L’uso di Special Purpose Vehicle (SPV) è molto frequente. Serve a segregare il rischio di ogni singola operazione finanziata e ad ottimizzarne gli aspetti fiscali. L’SPV normalmente è costituito trustee a favore dei titolari di sukuk, che così vengono ad avere un interesse diretto nell’asset sottostante all’operazione. Nelle strutture sukuk al musharaka è normale riscontrare l’obbligo da parte del manager/originator dell’operazione a riacquistare i sukuk sul mercato al termine dell’operazione (maturity) o alla data nella quale venga constatato un inadempimento (event of default). Questo fa si che il rating di credito dei sukuk, accertato da agenzie internazionali quali Fitch, Moody’s e Standard & Poor dipenda in gran parte dalla solvibilità del manager/originator nell’adempimento di questa sua obbligazione di riacquisto. I sukuk sono ovviamente strumenti negoziabili. Vi sono segnali della nascita di un mercato secondario di questi titoli. Il punto di svolta è stata l’emissione di 3,62 miliardi di dollari di sukuk fatta nel novembre 2006 da Nakheel Group, la conglomerata che ha in carico, ad esempio, i maggiori progetti di sviluppo a Dubai. Londra, come si è detto, si è ormai stabilmente candidata, anche grazie all’attiva politica inglese di adattamento del sistema fiscale, a diventare la piazza occidentale per elezione di questo tipo di strumenti. I sukuk vengono normalmente assoggettati alle leggi inglesi o dello stato di New York e alla giurisdizione delle corti di quegli stati: ciò allo scopo di offrire agli investitori un terreno giuridico ben noto su cui appoggiarsi in caso di dispute. In realtà, ciò non toglie incertezza sulla giustiziabilità delle disposizioni contrattuali, specie se le decisioni vanno eseguite negli stati di residenza del manager/originator delle iniziative. Si tratta in effetti, insieme ad altri di cui diremo in seguito, di uno degli aspetti che frenano lo sviluppo della finanza islamica. 5. Un primo bilancio (a) Le principali differenze tra finanza islamica e finanza convenzionale Come si è visto caratteristica strutturale della finanza islamica è di essere ancorata ad un asset reale e/o di condividere il rischio operativo del cliente (risk sharing). Abbiamo così prodotti asset backed, come il muraraha, il tawarruq, l’ijara, il bai salam e l’istina’a e prodotti nei quali il finanziatore assume il rischio dell’operazione gestita dal cliente, come il mudaraba e il musharaka. La banca islamica corre non solo il rischio del credito, ma anche quello insito nella detenzione dell’asset sottostante (ad esempio il rischio del suo perimento o danneggiamento o malfunzionamento) o nella conduzione del progetto o dell’impresa finanziata. Per quanto la prassi abbia sviluppato tecniche di minimizzazione di questi rischi, essi permangono e costituiscono un fattore di penalizzazione della finanza islamica rispetto a quella convenzionale, che deve preoccuparsi solo del rischio controparte. D’altro lato, proprio questo ancoraggio a beni e attività reali fa della finanza islamica un porto relativamente più sicuro per gli investitori di quanto non sia la finanza convenzionale, in cui l’astrazione dai sottostanti ha finito per diventare un fattore di moltiplicazione sistemica del rischio. 17 (b) Il futuro della finanza islamica La stretta osservanza ai precetti coranici e la struttura asset backed o risk sharing dei prodotti di finanza islamica creano ostacoli allo sviluppo di questi strumenti. Ecco i principali. (i) Mancanza di expertise. Il fatto che le operazioni debbano essere sottoposte al vaglio di comitati di esperti di Shari’a, una disciplina molto complessa, che richiede almeno 30 anni di studi e di esperienze, riduce il numero dei professionisti impiegabili in questa attività che, come si è visto, è fondamentale nel giudizio di prefattibilità di un prodotto o di un progetto (ii) Mancanza di consenso uniforme. La Shari’a non è un corpo codificato di leggi. La sua interpretazione varia in funzione delle osservanze coraniche e delle scuole di pensiero dominanti. Ciò costituisce un freno allo sviluppo. (iii) Mancanza di veri standard operativi. Il fatto che ogni operazione di rilievo debba essere sottoposta al vaglio dei comitati di esperti in shari’a fa si che si fatichi ad elaborare standard universalmente condivisi che accelerino i tempi di negoziazione e ne riducano i costi. In tal senso, comunque, opera l’allargamento dei mercati che sta inducendo associazioni rappresentative di operatori a elaborare modelli negoziali condivisi che possano fare da guida nella contrattualizzazione delle transazioni. (iv) Limitatezza del mercato secondario. Nonostante l’indubbia crescita del comparto, il mercato secondario dei prodotti di finanza islamica è ancora troppo ristretto rispetto alle dimensioni di quelli della finanza convenzionale. I tassi di crescita della nicchia, tuttavia, fanno intravedere il superamento di questo limite. (v) Bisogno di asset reali. Il pregio, specie di questi tempi di finanza creativa, della finanza islamica di essere legata a sottostanti reali costituisce anche un freno al suo sviluppo. La finanza convenzionale si è fortemente sviluppata anche perché si è staccata dai sottostanti. La limitatezza degli asset finanziabili può costituire un limite significativo all’evoluzione del mercato. (vi) Restrizioni alla creazione di strumenti derivati. La repulsione della giurisprudenza islamica verso i contratti che assicurino il rischio (sui cambi, sugli interessi, sui valori e sui prezzi) da un lato mette al riparo il comparto dagli eccessi che hanno portato al credit crunch ma d’altro lato pone un limite allo sviluppo del settore. La finanza derivata, infatti, è stata pensata come supporto alla sicurezza delle transazioni e se rettamente usata migliora le performance globali dei prodotti e facilita l’accesso al credito. La giurisprudenza islamica comunque si sta ponendo il problema e sta sviluppando alternative alla finanza derivata convenzionale. (vii) Illiceità del contratto di assicurazione. Come si è visto, il contratto di assicurazione convenzionale è considerato illecito dalla giurisprudenza islamica. Una alternativa a questo strumento è il takaful una sorta di mutua assicurazione. Ma, specie nei contratti asset backed, in cui la banca assume il rischio della detenzione del bene, la mancanza di un vero mercato assicurativo shari’a compliant costituisce un indubbio limite. (viii) Svantaggi fiscali. Se alcuni stati, come la Gran Bretagna e la Francia, si stanno muovendo nella direzione di creare un ambiente fiscalmente favorevole per la diffusione della finanza islamica, gran parte delle nazioni ad economia evoluta hanno sistemi tributari non pronti ad accogliere 18 questi istituti. L’Italia, per esempio, che pure come si è detto ha 1,2 milioni di fedeli musulmani residenti sul suo territorio, non ha ancora assunto alcuna decisione in tal senso. Ciò costituisce un ostacolo importante sulla strada dello sviluppo di tale comparto al di fuori dei confini dei paesi a predominante fede islamica. Pur considerando questi limiti, il futuro della finanza islamica resta luminoso. La ricchezza finanziaria dei paesi a prevalente fede musulmana, la loro importanza geo-politica, il numero enorme di fedeli musulmani nel mondo, ora presenti anche nelle società a diversa confessione dominante, e il loro bisogno di essere assistiti finanziariamente con prodotti che rispettino le loro credenze religiose, lascia intravedere uno sviluppo notevole nei prossimi anni. 19