Sulle navi romane “frigoriferi” per pesci

Pianeta scienza
MERCOLEDÌ 29 GIUGNO 2011 IL PICCOLO
Superconduttività a prova di dispersioni
Trasportare corrente in fili e circuiti senza dissipare energia e
produrre campi magnetici molto elevati senza dover raffreddare il materiale. Questi sono due
degli ambiti applicativi che potrebbero trarre beneficio da
una recente scoperta che ha
coinvolto anche il Dipartimento di Fisica dell’Università di
Trieste e il Sincrotrone, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista online “Nature”.
Grazie al lavoro effettuato è
La sede della Sincrotrone Scpa
stato possibile dimostrare, per
la prima volta, che la formazione della superconduttività ad alta temperatura è associata ad
un cambiamento di “colore”
del materiale per un intervallo
di tempo brevissimo (circa 10
picosecondi). Questo fenomeno è completamente assente
nei superconduttori tradizionali (detti a bassa temperatura).
La ricerca internazionale, coordinata da Claudio Giannetti e
Gabriele Ferrini (Università Cat-
tolica di Brescia) e da Fulvio
Parmigiani (Università di Trieste e Sincrotrone Trieste Scpa) e
svolta in collaborazione con le
Università della British Columbia (Vancouver, Canada), di Ginevra, del Minnesota, il
“National Institute of Advanced Industrial Science and Technology” di Tsukuba (Giappone), cerca di capire l’origine della superconduttività ad alta
temperatura critica. Vengono
chiamati superconduttori ad al-
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ta temperatura critica tutti i materiali che diventano superconduttori, quelli cioè la cui resistenza al passaggio di corrente
diventa nulla, a una temperatura superiore a 30 K (-243 ˚C). La
comprensione della superconduttività ad alta temperatura
potrebbe aprire la strada all’ingegnerizzazione di materiali superconduttori a temperatura
ambiente, che possano, per
esempio, trasportare corrente
senza dissipazione, con un impatto notevole sia sul trasporto
di energia elettrica che avverrebbe senza spreco, sia sullo sviluppo di elettronica che non si
scalda mentre lavora.
Sulle navi romane “frigoriferi” per pesci
Una scoperta rivoluziona gli studi sui mercati dell’antichità: la Iulia Felix aveva un sistema per trasportare il pescato vivo
di Pietro Spirito
Gli antichi romani utilizzavano
a bordo delle loro navi un sistema idraulico collegato a vasche
riempite d’acqua di mare per
trasportare il pesce vivo dai vivai ai mercati. Un impianto che
permetteva di far arrivare sulle
tavole di quelli che oggi chiameremmo i consumatori il pescato fresco, in tempi in cui la
navigazione era lenta e i frigoriferi ancora da inventare. E di
un impianto di questo tipo era
fornita la Iulia Felix, la nave romana del II secolo d. C. scoperta nel 1986 al largo di Grado
con un carico di 600 anfore e
merci che andavano dalla salsa
di pesce al vino, al vetro da riciclare, e che oggi giace a pezzi in
qualche magazzino in attesa di
essere rimontata ed esposta - a
dieci anni dal suo recupero nel mai terminato Museo archeologico del mare di Grado.
Il ritrovamento sul relitto, a
suo tempo, di un misterioso tubo di piombo lungo poco più di
un metro aveva sollevato molti
interrogativi fra gli archeologi.
A cosa serviva quel manufatto,
che per forma e caratteristiche
di certo non apparteneva a una
pompa di sentina? Dopo anni
di studi, analisi, ricostruzioni al
computer e con modelli virtuali Carlo Beltrame, docente di Archeologia marittima all’Università Ca’ Foscari di Venezia, as-
archeologia subacquea
AL MICROSCOPIO
❙❙ Riprende a metà luglio la campagna
di scavi sul relitto del brigantino del
Regno Italico “Mercurio”, affondato al
largo di Grado e Lignano nel 1812
durante uno scontro navale con una
flottiglia inglese. Diretta da Carlo
Beltrame, la campagna anche
quest’anno si avvale della
collaborazione dell’Istituto di Studi
marittimi dell’Università di Haifa, con
l’apporto della ditta di lavori subacquei
di Stefano Caressa e la collaborazione
di alcuni studenti archeologi subacquei
della Ca’ Foscari, sponsor la Regione
Veneto e il Comune di Lignano (si
attende una risposta dalla Regione
Friuli Venezia Giulia). Finora dal relitto
sono stati recuperati oltre novecento
reperti fra armi, dotazioni di bordo e
oggetti personali dell’equipaggio.
sieme all’archeologo Dario
Gaddi e all’ingegnere navale Simone Parizzi, ha pubblicato
sulla prestigiosa rivista “The International Journal of Nautical
Archeology” la suggestiva ipotesi - ripresa anche dalla rivista
“Nature” -, che a bordo della Iulia Felix vi fosse un ingegnoso
sistema di pompaggio, progettato per alimentare delle vasche di pesce a bordo con un
approvvigionamento continuo
di acqua. È una scoperta che rivoluziona l’idea finora accreditata dagli storici per cui nei
tempi antichi il pesce fresco venisse consumato vicino a
Come lo stress
di vivere in città
incide sul cervello
di Mauro Giacca
L
Gli scavi sulla Iulia Felix, prima del recupero del relitto (dal libro “Operazione Iulia Felix - Dal mare al museo”)
dov’era stato catturato, visto
che senza refrigerazione il pescato sarebbe marcito durante
il trasporto. Ma se la nuova teoria è corretta, le navi romane
potrebbero aver trasportato pesci vivi ai mercati di tutto il Mediterraneo. Secondo Beltrame
e i suoi colleghi a bordo della
Iulia Felix doveva esserci una
vasca della capacità di circa 4
metri cubi d’acqua, in grado di
mantenere in vita 200 chili di
pesce, in particolare branzini e
orate, che dai vivai dell’Istria finivano freschissimi sulle tavole
e nelle cucine di Aquileia nonostante le dieci ore di navigazione. Secondo i calcoli dei ricercatori il sistema idraulico con
la pompa a pistoni permetteva
il ricambio dell’acqua ogni
mezz’ora, con un flusso di 252
litri al minuto, riuscendo così a
sostituire completamente l’acqua in appena 16 minuti.
È la prima volta che sul relitto di una nave romana viene
scoperto un sistema del genere, tale da far ripensare completamente metodi e sistemi del
commercio del pesce nell’antichità. Un altro regalo alla conoscenza della dimenticata Iulia
Felix.
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Le galassie più grandi fanno “prigionieri”
Approfondimenti sulla materia oscura di Salucci, astrofisico della Sissa, e Irina Yegorova dell’Eso
Una galassia (Stocktrek/Corbis)
Forse non tutti sanno che le galassie più grandi dell’Universo si
comportano come i vincitori di
una battaglia: fanno prigionieri.
La nostra Via Lattea, per esempio, tiene imprigionate nel suo
campo gravitazionale almeno
una decina di altre galassie, da
10 a 100 volte più piccole. Studiando il moto di queste galassie
gli astrofisici cercano di chiarire
la natura della materia oscura,
che c’è ma non si vede, e la cui
esistenza si spiega solo presupponendo l’esistenza di una particella ignota.
Nuovi risultati su questo fronte vengono da Paolo Salucci,
astrofisico della Sissa, che ha appena portato a termine una ricerca con Irina Yegorova dell’European southern observatory,
principale organizzazione intergovernativa di Astronomia in Europa e osservatorio astronomico
più produttivo al mondo. «La
materia oscura – spiega Salucci è l’unico caso noto di fenomeno
macroscopico e frequentissimo,
che non riusciamo a spiegare
con le attuali conoscenze di fisica. Gli effetti che la materia oscu-
Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming...
Precursori dell’odierna schiera di ricercatori
che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro)
profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica
imprimendo svolte decisive al vivere civile.
Incoraggiare la ricerca significa
optare in concreto per il progresso del benessere sociale.
La Fondazione lo crede da sempre.
ra produce – cioè l’esistenza di
un qualcosa di invisibile che,
nelle galassie, riesce ad attrarre
gravitazionalmente la materia
visibile – suggeriscono che potrebbe esistere una particella
mai descritta prima, o che la legge di gravità di Newton-Einstein
non valga su distanze infinite come quelle cosmologiche».
Esaminando sette galassie
“madri” praticamente identiche, Salucci e Yegorova hanno
scoperto 77 galassie minori prigioniere attorno a quelle più
grandi. E ne hanno studiato il
moto, scoprendo che risente della materia oscura presente nelle
galassie madri. Spiega Salucci:
«Grazie a osservazioni compiute
con il telescopio Vlt nel deserto
di Atacama in Cile, abbiamo dimostrato che gli aloni di materia
oscura che circondano le galassie principali possono essere
molto estesi e fondersi con quelli di galassie vicine. E abbiamo
constatato che la densità della
materia oscura non cambia tra il
centro della galassia e la periferia».
Cristina Serra
QUESTA PAGINA È REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON
a rivista scientifica Nature pubblica sul suo ultimo numero gli intriganti
risultati di uno studio condotto
da un gruppo di neuroscienziati dell’Istituto per la Salute mentale di Mannheim in Germania.
Lo studio ha cercato di dare una
risposta alla ben nota osservazione che gli individui che vivono nelle grandi città hanno una
probabilità più elevata di andare incontro a malattie mentali
quali la depressione, l’ansia e la
schizofrenia. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale,
che permette di visualizzare le
regioni del cervello che si attivano durante una specifica attività intellettuale, lo studio ha dimostrato che lo stress sociale
causato dalla vita urbana determina dei veri e propri cambiamenti funzionali nel cervello. I
ricercatori tedeschi hanno valutato le risposte di una cinquantina di volontari che, mentre
eseguivano dei test matematici,
contemporaneamente ricevevano una serie di messaggi, trasmessi attraverso degli auricolari, che mettevano in dubbio la
loro capacità e li incitavano a
far presto. In questa condizione
di stress, negli individui che vivevano in città si attivavano
una serie di regioni cerebrali
che non entravano invece in
funzione in quelli provenienti
dalla campagna. Queste differenze funzionali del cervello
nella capacità di rispondere allo stress appaiono di particolare importanza, anche considerando che ormai più del 50%
dell’umanità vive in città, comparato con il 30% negli anni ’50
e una stima del 70% nel 2050.
Che vivere in maniera rilassata
e rifuggire l’ambiente urbano
sia un agognato desiderio di
molti di noi è assodato, ma che
questo desiderio possa riflettersi in un cambiamento funzionale del cervello è un concetto del
tutto nuovo e affascinante.
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