Estate 2015
� 7,90
ROMA
Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR
CONTRO I
BARBARI
i galli di vercingetorige • i celti • i pitti, terrore della
scozia • le legioni perdute a teutoburgo • arrivano
i vandali • la sconfitta di attila • adrianopoli: l’inizio
della fine • i goti si prendono l’italia • dalla lingua ai
pantaloni: quello che ci hanno lasciato gli invasori
ROMA
CONTRO I
BARBARI
P
er Roma i barbari erano il Nemico: da soggiogare
prima (Celti, Galli, Daci), da tenere alla larga
poi (Unni, Goti, Germani). Fra battaglie e
compromessi, assedi e saccheggi, la storia
dell’impero è scivolata lungo i secoli fino ad arrivare al
fatidico 476, il capolinea per Roma. Una fine causata,
anche, dall’arrivo dei barbari entro i confini. Eppure è
sulle strade costruite dai Romani, sulle rovine delle loro
città, sull’impianto giuridico degli antichi legislatori e nel
neonato credo cristiano che i nuovi padroni del mondo
crearono l’Europa moderna. Goti, Longobardi, Franchi,
e poi perfino i Vichinghi... tutte popolazioni venute dal
nord, guerriere e primitive, in fuga dal freddo e dalla fame.
Volevano “un posto al sole” e la ricchezza dei Romani. Se
li presero. Ciò che è accaduto è passato alla Storia come
invasioni barbariche, definizione forse obsoleta ma efficace
nell’evocare l’orrore in cui devono essere vissuti gli europei
all’alba del Medioevo. In questo numero di Focus Storia
Collection ve lo raccontiamo, insieme alle gesta dei grandi
generali romani e dei condottieri barbari che li sfidarono.
Emanuela Cruciano
6I
dei Celti. Dominarono l’Europa
prima di Roma, ma non furono
solo guerrieri spietati.
32 I
GALLI DI
VERCINGETORIGE
FA PRESTO
A DIRE BARBARI
pag. 18
Non furono loro a provocare la caduta
di Roma. Ma seppero approfittare
della grave crisi politica ed economica
dell’impero.
38 AIUTO, ARRIVANO
I PREDONI
Dai Marcomanni ai Lanzichenecchi,
dai Saraceni agli Ùngari, come
agivano i popoli che fecero dell’Italia
una terra di razzìe.
BISNONNI DI ASTERIX
Origini, credenze e vita quotidiana
In Francia è un eroe nazionale, per
i Romani (e per Cesare in particolare)
era il nemico pubblico numero uno.
La storia del capo carismatico che riuscì
a unire le bellicose tribù galliche.
pag. 10
10 SI
24 I
©LEEMAGE
BARBARI E L’IMPERO
Sulle invasioni barbariche che
secoli fa ridisegnarono l’Europa,
girano molti luoghi comuni.
Colpa anche di fonti scarse e incerte:
i documenti scritti sono pochi e...
di parte.
18 Un romano e un
barbaro in un
bassorilievo del II
secolo d.C.
ESTREMO OCCIDENTE
Fiere e ribelli, le popolazioni iberiche
diedero filo da torcere ai Romani, che
entrarono in Hispania attratti dalle
ricche risorse minerarie. Solo Augusto
riuscì ad assoggettarle.
42 LA
pag. 38
TRAPPOLA DI ARMINIO
Due millenni fa nella foresta
di Teutoburgo i Germani fermarono
l’espansionismo di Roma. Spaccando
l’Europa.
COPERTINA: VERCINGETORIGE SI ARRENDE A GIULIO CESARE. FOTO: CORBIS.
3
ROMA
48 LA
CONTRO I
MURAGLIA ROMANA
98 INVASORI
Voluto nel 122 d.C. dall’imperatore,
il Vallo di Adriano avrebbe dovuto
fermare i barbari di Britannia.
Ci riuscì solo in parte.
56 LADY
DI FERRO
Il suo nome voleva dire “vittoria”,
e dalla Britannia lanciò la sfida
a Roma. Budicca finì sconfitta,
ma per gli inglesi è un’eroina.
62 ATTENTI
106 ULTIMA
pag. 48
pag. 56
AI PITTI
DI GERMANIA
DELLA FINE
pag. 70
SOTTO ATTACCO
Roma è stata una delle città più assediate
della Storia. E durante le guerre gotiche
se la vide davvero brutta.
4
MONDO A PEZZI
DAI GHIACCI
126 COME
pag. 98
DEMONI URLANTI
Quando i Vichinghi, che dominavano
i mari, decisero di impadronirsi delle
coste, gli inglesi scoprirono la loro
ferocia.
132 IL
POSTO AL SOLE
92 L’URBE
116 UN
Il destino dei Vichinghi fu
inesorabilmente legato ai capricci
della calotta polare: quando arretrò
prosperarono, ma quando avanzò...
Nell’ultimo secolo Roma si affidò
sempre più a comandanti “stranieri”.
La loro autorità era talmente estesa
da essere tollerati a corte solo in forza
dell’ascendente che avevano sui soldati.
Partiti dalla Svezia, dopo un viaggio
lungo 6 secoli i Goti giunsero da noi.
E il loro capo Teodorico fondò il primo
regno italiano.
CAUSE PER UNA FINE
120 FUGA
GENERALI ALLA RIBALTA
84 UN
112 210
Dopo la caduta dell’Impero
d’Occidente, invasioni, carestie e guerre
resero l’Europa una terra desolata.
La Battaglia di Adrianopoli segna
una svolta cruciale nei rapporti fra
l’impero e i barbari. E niente fu più
come prima.
80 VITTORIA
Dopo quella dei Campi Catalaunici,
ottenuta nel 451 contro gli Unni di
Attila, per Roma non ci furono più
grandi successi in battaglia.
Tante sono le ipotesi formulate per
spiegare la caduta dell’Impero romano.
Ma forse neanche di caduta si trattò,
solo di trasformazione.
Dal Reno all’Elba, dai monti della
Germania al Danubio correva il confine
più caldo dell’impero.
76 L’INIZIO
VANDALI
Non erano più violenti dei soldati
romani. E fecero rifiorire Cartagine.
Eppure i Vandali divennero
sinonimo di barbarie.
Gli highlander di 2mila anni fa che i
Romani non sottomisero mai. Erano
signori della Scozia, ma la loro storia
resta ancora un enigma.
70 LATINI
BARBARI
VERO EREDE DI ROMA
Mentre l’impero e il mondo pagano
tramontavano, un nuovo potere
lentamente si affermava: il cristianesimo.
pag. 116
pag. 132
140 I
REGALI DEI BARBARI
Le grandi invasioni ci hanno lasciato più
cose di quante ne hanno distrutte: dalla
lingua al cibo, all’arte.
144 LETTURE
INTERVISTA
I BARBARI
E L’IMPERO
Sulle invasioni BARBARICHE
che secoli fa ridisegnarono l’Europa,
girano molti LUOGHI COMUNI.
Colpa anche di fonti scarse e incerte
I
n quale momento l’espansionismo romano
si trasformò in difesa dei confini? E perché i
popoli che premevano lungo i limes venivano definiti “barbari”? Quale furono le conseguenze del loro arrivo? A rispondere a questi e ad
altri interrogativi, lo storico medievalista Claudio
Azzara (autore di vari saggi sull’argomento tra cui
Le invasioni barbariche e Le civiltà del Medioevo,
ambedue per Il Mulino), con il quale cercheremo
di comprendere meglio i secoli che portarono alla
caduta dell’Impero romano.
Quando si verificò il passaggio dalla fase di
espansione di Roma a quella delle guerre per proteggere i propri confini? E cosa spinse i popoli
barbari verso il limes romano?
Il secolare processo di espansione territoriale
di Roma si concluse nel corso del II secolo d.C.,
quando le risorse economiche, politiche e militari dell’impero giunsero al massimo grado di sfruttamento non consentendo nuovi sviluppi ma solo
la difesa di quanto già conquistato. A quel punto
si fecero sempre più frequenti le incursioni di stirpi barbare attraverso il limes, in particolare lungo i
confini definiti dai corsi del Reno e del Danubio.
Fino a che, nel IV secolo, si innescò una colossale
ondata migratoria che, dalle steppe asiatiche, travolse l’intera frontiera renano-danubiana. Sul suolo
imperiale si stanziarono così numerose etnie pronte a dar vita a nuovi regni che si sostituiranno gradualmente alla pars Occidentis dell’impero (divisasi nel 395 dalla pars Orientis, l’impero bizantino).
Le ragioni che scatenarono l’ondata migratoria dei
popoli barbari sono molteplici, ma senza dubbio
giocarono un ruolo fondamentale la pressione di
altre popolazioni da Est (Unni su tutti) e la ricerca di territori più opulenti di quelli nativi. Le tribù penetrate in territorio romano non intendevano
d’altronde far crollare l’impero, ma miravano più
semplicemente a sfruttarne le ricchezze.
GROVIGLIO
DI CORPI
GETTY IMAGES
Il sarcofago
romano Ludovisi
del III sec.
d.C. con una
grandiosa scena
di battaglia fra
Romani e barbari
(forse Goti).
CLAUDIO AZZARA
Insegna Storia
medioevale
all’Università di
Salerno e Venezia.
È esperto di regni
barbarici e autore
di diversi saggi.
Nel complesso, i barbari riconoscevano se stessi
come un unicum culturale e sociale oppure ogni
tribù si percepiva come distinta dalle altre?
Il mondo di quelli che i Romani chiamarono
“barbari” era costituito da una pluralità di tribù
ben distinte tra loro in termini di identità e costumi e spesso in conflitto per il controllo delle scarse risorse dei territori in cui vivevano. Ciò non toglie che talvolta alcune tribù si miscelassero modificando in parte la propria cultura originaria. Tali
unioni erano frequenti soprattutto alla vigilia delle grandi migrazioni, quando era necessario formare gruppi numerosi e militarmente forti per affrontare la sfida del trasferimento in terre ignote. Potevano inoltre nascere alleanze fra gruppi tribali discendenti da una comune matrice (come accadde
per la vasta famiglia dei Goti).
Perché “barbari”?
Il termine fu ereditato dai Greci, i quali chiamavano barbaroi – balbuzienti – tutte le genti che
non parlassero la loro lingua e ignorassero la loro
cultura, di fatto reputando ogni straniero inferiore
a sé. Allo stesso modo, i Romani utilizzarono l’espressione “barbari” per definire le stirpi che consideravano arretrate ed estranee ai valori della loro
civiltà. Pur ricorrendo spesso a questo nome collettivo, usavano in ogni caso distinguere le singole etnie con nomi specifici, generando a volte degli
equivoci... Il caso più celebre è quello dei cosiddetti
Germani, chiamati così impropriamente sulla scia
di un’opera di Tacito (Germania) e identificati nelle tribù stanziate in territorio tedesco-polacco. Ma
non è mai esistita un’unica popolazione individuabile con tale nome, come si è largamente creduto.
Vi sono stati tentativi di assimilazione con i barbari? E che esito hanno avuto?
A lungo si è pensato che i rapporti tra impero e
barbari fossero di puro conflitto militare, ma oggi
la ricerca storica è ben consapevole di come Roma
7
EUROPA PREROMANA
I BISNONNI
Origini, CREDENZE
e vita quotidiana dei
CELTI. Dominarono
l’Europa prima di Roma,
ma non furono solo
GUERRIERI spietati
DI ASTERIX
Ricostruzione digitale
di uno scontro tra
Celti e Romani nel
Nord della Francia. Per
terrorizzare i nemici,
i Celti usavano anche
il frastuono dei corni
da guerra.
25
ILLUSTRAZIONI L. TARLAZZI
SCONTRO DI
CIVILTÀ
CONFINI
Voluto nel 122 d.C.
dall’imperatore, il
VALLO DI ADRIANO
avrebbe dovuto fermare i
BARBARI di Britannia.
Ci riuscì solo in PARTE
“
F
iglio di tutti gli imperatori deificati,
l’imperatore Cesare Traiano Adriano
Augusto, dopo che la necessità di mantenere l’impero entro i suoi confini gli era
stata imposta per ordine divino […] una volta che
i barbari erano stati sbaragliati e la provincia della Britannia recuperata, aggiunse una frontiera di
80 miglia tra le due coste dell’oceano. L’esercito della provincia costruì il vallo sotto la direzione di Aulo Platorio Nepote, legato propretoriano di Augusto”.
LA MURAGLIA
48
ca meraviglia. A maggior ragione se pensiamo che
il “mostro”, passato alla Storia col nome di Vallo di
Adriano, fu realizzato in soli cinque anni.
Le mani sul Nord. Gli interessi romani sulla
Britannia risalivano ai tempi di Giulio Cesare (I
secolo a.C.) che condusse ben due spedizioni oltre
la Manica. Dopo di lui una lunga lista di imperatori, con più o meno successo, pose piede sull’isola. «Ma, per quanto costruito sui successi dei suoi
energici predecessori, il merito della conquista fi-
AISA/ALINARI
In queste parole incise su due frammenti ritrovati in una chiesa di Jarrow (Inghilterra) a sud del
fiume Tyne, zona immediatamente prospiciente
il vallo, si riassume la storia della straordinaria costruzione voluta da Adriano nella prima metà del
II secolo d.C. Agli occhi dei Britanni, abituati a
ben più innocue fortificazioni di palizzate e terrapieni, quel serpentone di pietra che attraversava la
loro isola da est a ovest snodandosi sui verdi altopiani dell’attuale Scozia dovette suscitare non po-
ROMANA
AKG/MONDADORI PORTFOLIO
SERPENTONE DIFENSIVO
Un tratto del vallo fatto edificare da
Adriano nel 122 d.C. per arginare
i popoli della Caledonia (attuale
Scozia). Lungo 120 km e alto in
origine poco più di 4 metri, divise in
due l’isola britannica. A destra, un
busto dell’imperatore Adriano, sul
trono dal 117 al 138.
THE QUEEN
Lady di
FERRO
Il suo nome voleva dire
“ VITTORIA”, e dalla
Britannia lanciò
la SFIDA a Roma.
BUDICCA finì sconfitta,
ma per gli inglesi è
un’ EROINA
SOGNI DI GLORIA
Vedova del re
degli Iceni, Budicca
condusse nel
I secolo d.C. una
rivolta dei Britanni
contro gli occupanti
romani.
attuali Gran Bretagna e Irlanda. Inoltre fu sì una
regina, ma spodestata e umiliata, che non si caratterizzò come detentrice bensì come antagonista
del potere. Infine, di vincente ebbe solo il nome
(tuttora in gallese buddug vuol dire “vittoria”); ma
la sua, in realtà, fu una romantica ed emblematica
epopea da perdente, stile Che Guevara.
Dipinti di blu. Per capire chi fu davvero Budicca prendete due-tre libri antichi, fra cui la Historia romana di Dione Cassio, da cui è tratta la descrizione della “regina” che abbiamo fatto all’inizio. Poi raggiungete le coste paludose del Norfolk,
predilette da gabbiani e anatre selvatiche. Gli Iceni vivevano lassù: come tutti i Britanni, coltivavano grano, allevavano bestiame, parlavano una
lingua simile al gallese odierno e come monete
usavano barrette di metallo. Si depilavano tutto
il corpo, salvo baffi e capelli; poi sulla pelle glabra
spalmavano una tintura blu.
A tramandarci queste notizie è Giulio Cesare, che in Britannia sbarcò, anche se non rimase.
Degli indigeni, due cose colpirono il condottiero venuto dal Sud: la dieta e gli usi sessuali. Dieta: “La loro religione”, si legge nel De bello gallico, “vieta di mangiare lepri, galline e oche, animali che essi comunque allevano per proprio piacere”.
Usi sessuali: “Hanno le donne in comune e vivono in gruppi di 10-12, soprattutto fratelli con fratelli e genitori con figli; se nascono bambini sono
considerati figli dell’uomo che si è unito alla donna per primo”.
Romani invasori. L’incontro fra i Britanni e
Giulio Cesare nel 55-54 a.C. fu burrascoso ma
effimero. Una tempesta di portata ben più profonda fu quella che si scatenò nel 43 d.C., quando l’imperatore Claudio diede il via alla conquista sistematica dell’isola. I Britanni furono mazziati e sottomessi: solo ai capitribù che deponevano spontaneamente le armi fu concesso di restare
57
ILLUSTRAZIONI L. TARLAZZI
A
ltezza: esagerata. Corporatura: massiccia, diciamo pure taglia XXL. Voce: aspra. Capelli: rossastri, poco curati, lunghi fino ai fianchi. Occhi: chiari,
di colore indefinito, con sguardo durissimo. Look abituale: una tunica, coperta da un mantello
di stoffa scozzese. Accessori preferiti: un collare
d’oro, una spilla ferma-abiti e una truce lancia da
guerra. Nazionalità: britannica. Residenza: contea del Norfolk. Classe sociale: nobile, all’occorrenza anche militare. Carattere: vendicativo. Dote principale: virilità.
Eppure era una donna. Anzi, una madre protettiva, sia verso il suo popolo che verso le sue figlie, pronta a sacrificarsi per entrambi. Visse quasi 20 secoli fa, dal 33 al 61 d.C., quando in Italia
si battezzavano (e si ammazzavano) i primi cristiani; poi passò alla Storia come eroina nazionale inglese, per aver guidato una rivolta contro i Romani invasori. Di norma gli storici moderni la chiamano Budicca, ma il nome ci è stato tramandato
in molte varianti: da Bunduica a Boadicea, passando per Boudiga, Boudicca, Bodica e Buddug.
Celebrata. Se volete vedere Budicca come non
era, andate a Londra: all’imbocco del ponte di
Westminster, davanti al Big Ben, c’è un monumento del 1902, opera di Thomas Thornycroft,
che la ritrae come un’Atena vincente, con tanto di
peplo greco e di figlie-ancelle nude al seguito. Però non ne vale la pena: Thornycroft, scultore ufficiale della corte vittoriana, farcito di neoclassicismo, non celebrò la vera Budicca ma un’idea di
regime, che puntava a riciclare l’antica ribelle in
“prima regina d’Inghilterra”, orgoglio di un Paese diventato imperiale.
Niente di più falso. Anzitutto, Budicca non regnò mai sull’Inghilterra, ma al massimo sugli Iceni, una delle tante tribù in cui si dividevano i Britanni, il popolo celtico che anticamente abitava le
210 CAUSE
IL DECLINO
Tante sono le IPOTESI formulate per spiegare la caduta dell’Impero
romano. Ma forse neanche di CADUTA si trattò, solo di trasformazione
L’
impero non era ancora nato e già uno
storico greco romanizzato, Polibio, si interrogava sul futuro di quella repubblica che si stava estendendo una conquista
dopo l’altra: “Due sono i modi in cui ogni tipo di Stato suole perire: un modo è la rovina che viene dall’esterno; l’altro, viceversa, è la crisi interna. Difficile prevedere il primo, determinato dall’interno il secondo”. Sostanzialmente è proprio questo lo schema su cui ancora si discute per capire perché quella straordinaria
costruzione che fu la romanità sia crollata.
Teorie contrastanti. Un grande storico francese, André Piganiol, nel 1947 scriveva: “La civiltà romana non è morta di una morte naturale. È stata assassinata”. Ma da chi? Dai temibili e truci barbari che
l’hanno assalita per secoli fino a sfinirne le capacità
di resistenza? O dai nemici interni, dalla burocrazia,
dalla corruzione, dall’incapacità di imperatori pavidi e stupidi, dalla crisi economica, dalle rivolte e dalle
guerre civili, dalla rivincita della campagna sulla città
come ipotizzava Rostovcev nel secolo scorso, dal pacifismo dei cristiani come sosteneva lo storico inglese Gibbon nel Settecento, dal lusso e dall’estensione
112
eccessivi come scriveva nello stesso periodo Montesquieu? C’è solo l’imbarazzo della scelta: sommando
le tesi degli storici nelle varie epoche si arriva a ben
210 cause della caduta dell’Impero romano, alcune
perfino in contraddizione tra loro.
Ma è lo stesso concetto di caduta che la moderna storiografia ha rivisto e sostituito col termine più
consono di “trasformazione”. Alla crisi politica, sociale ed economica del III secolo, che produsse 22
imperatori in cinquant’anni, a partire da Massimino
il Trace nel 235, fecero infatti seguito le brillanti riorganizzazioni di Diocleziano e Costantino, che permisero all’Impero d’Occidente di sopravvivere ancora per quasi due secoli. Quei secoli fatali sono stati definiti in vari modi: “basso impero”, “tarda antichità”, “tardo impero”. In ogni caso, un periodo con
caratteristiche sue peculiari, né migliore né peggiore di quelli che l’avevano preceduto: solo differente.
Linea di confine. Per convenzione la linea di demarcazione tra l’Antichità e il Medioevo ha una data
precisa: il 476, anno in cui un ragazzo dal nome altisonante, Romolo Augusto, fu pacificamente deposto da un capo barbarico (ma al servizio dell’impero).
ESAGERATI
Orde di barbari
saccheggiano Roma,
in un dipinto di
Thomas Cole del 1836.
È la visione più
classica (e inesatta)
della fine dell’impero.
BRIDGEMAN/ALINARI
PER UNA FINE
EREDITÀ
Le grandi invasioni ci hanno LASCIATO più cose di
quante ne hanno DISTRUTTE: dalla lingua al cibo, all’arte
I REGALI
COSTA/LEEMAGE
DEI BARBARI