Gli acarnesi - il testo adattato

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Gli Acarnesi
di Aristofane traduzione di B. Marzullo/G. Paduano
Adattamento di Filippo Bedeschi per l’I.I.S. Formiggini di Sassuolo (v1.3)
Personaggi della commedia
Coro degli Acarnesi
Diceopoli A B C
Araldo
Anfìteo
Ambasciatore
Pseudartaba
Teoro
La figlia di Diceopoli
La moglie di Diceopoli
Euripide
Lamaco
Il Megarese
Le due figlie del Megarese
Beota A B C
Nicarco
Un contadino
Il paraninfo
La paraninfa
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DICEOPOLI A
(entra da destra, con una bisaccia piena d’agli) Quanti morsi, proprio dentro al cuore! Gioie
ne ho avute poche, pochissime: tre o quattro. Dolori invece, neanche la sabbia del mare.
Da quando mi lavo però, nemmeno il sapone mi brucia negli occhi come adesso: doveva
esserci assemblea ordinaria, stamattina, e la Pnice è vuota, vedete! Stanno a
chiacchierare in piazza. Neanche i Pritani sono arrivati: faranno tardi, poi spintoni per
sedersi in prima fila. Una valanga, vedrete. Della pace se ne infischiano, loro. Povera Città!
All’assemblea invece io sbarco sempre primo: e aspetto. Poi, a furia di star solo, mi lagno,
sbadiglio, sbuffo, mi stiro, spetezzo, mi scoccio, disegno per terra, mi strappo i peli, mi
storco, sempre fissando la campagna: è la pace che io desidero, odio la città, ho nostalgia
del mio paese. In campagna non si è mai sentito: «Compra il carbone», o l’aceto, e
neppure l’olio. Non si sa che significa «comprare»: era lei stessa che mi procurava
tutto, altro che comprare! Ma adesso sono venuto qui, più che deciso: strillo, interrompo,
insulto gli oratori, se parlano di altro che la pace. Eccoli qua, i Pritani: a mezzogiorno! Lo
stavo dicendo. Proprio come previsto: a spintoni, tutti sulla prima fila.
Una folla di cittadini e di funzionari invade la scena.
ARALDO
ANFITEO
Avanti, venite avanti: dentro al recinto consacrato, dovete stare.
Ha già parlato nessuno?
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ARALDO
ANFITEO
ARALDO
ANFITEO
ARALDO
ANFITEO
DICEOPOLI A
ARALDO
DICEOPOLI A
ARALDO
DICEOPOLI A
ARALDO
Chi vuole parlare?
Io!
Chi saresti?
Anfiteo, un immortale. Fu un tempo Anfiteo, figlio di Demetra e Trittolemo, poi, figlio di
questi, Celeo. Celeo sposò mia nonna Fenarete e ne ebbe un figlio, mio padre Licino.
Sono immortale, e a me soltanto gli dei affidarono il compito di fare la tregua con Sparta. E
però, immortale come sono, non ho provviste per il viaggio, perché i pritani non me le
danno.
Guardie! (Intervengono, lo espellono)
Triptolemo, Celeo! Mi abbandonate?
Signori Prìtani, è una offesa all’assemblea: buttate fuori un uomo che voleva concludere la
tregua, riappendere gli scudi…
Silenzio, seduto!
Neanche per sogno: se non mettete la pace all’ordine del giorno, come dico io!
Gli ambasciatori che tornano dal Re!
Quale Re? Che nervi, gli ambasciatori: razza di pavoni impennacchiati.
Silenzio!
Arriva l’Ambasceria, esoticamente addobbata.
DICEOPOLI A
AMBASCIATORE
DICEOPOLI A
AMBASCIATORE
DICEOPOLI A
AMBASCIATORE
DICEOPOLI A
AMBASCIATORE
DICEOPOLI A
AMBASCIATORE
Accidenti, per Ecbàtana: come sono conciati!
Ci inviaste dal Gran Re, paga due dracme al giorno: ai tempi di Eutìmene arconte…
Povere dracme!
Ci rompemmo le ossa, battendo le pianure del Caìstrio: scomodamente buttati nelle
carrette, magari con le tende. Un tormento!
Stavo bene io: buttato nella melma, in trincea!
Ai ricevimenti, ci costringevano a bere a più non posso: bicchieri di cristallo e coppe d’oro,
vino puro, dolce.
Città di Crànao, non vedi che gli ambasciatori ti prendono per i fondelli?
Il fatto è che i Barbari ti credono uomo, solo se capace di bere e mangiare una montagna.
Dopo tre anni arriviamo alla reggia. Il Gran Re comincia subito a metterci alla prova con i
banchetti: ci faceva servire buoi interi, al forno. E perdio, perfino un uccello tre volte
Cleònimo, ci ha fatto servire: lo chiamano “l’Imbroglia”.
Tu, imbrogliavi: e per due dracme al giorno, per giunta!
Ed eccoci tornati: ci portiamo dietro Pseudàrtaba, l’Occhio del Re!
Entra il nuovo personaggio, munito di un enorme occhio: come quelli, apotropaici, dipinti sulla prua delle
navi.
ARALDO
DICEOPOLI A
AMBASCIATORE
PSEUDARTABA
AMBASCIATORE
PSEUDARTABA
DICEOPOLI A
AMBASCIATORE
DICEOPOLI A
AMBASCIATORE
L’Occhio del Re!
Signore, aiutami!
Spicciati, Pseudartaba: racconta che ti ha mandato a dire agli Ateniesi, il Re.
Iartàmane Xarxas apiàona satra!
Capito che dice? Dice che il Re vi manda l’oro. Dillo più forte, oro: ma chiaro!
Oro niente incassi, Ioni culirotti!
Più chiaro di così, maledizione!
Che diavolo dice?
Dice che se gli Ioni si aspettano oro dai Barbari, allora sono dei gran…
Nooh: dice che saranno ricchi sfondati!
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DICEOPOLI A
ARALDO
Che sfondati, razza di sbruffone! Penso io a sentirlo: vattene. (A Pseudartaba,
minacciandolo col bastone) Cerca di rispondermi bene, e attento a questo Il Gran Re li
vuole mandare, i soldi? (Pseudartaba nega) Allora ci imbrogliano, gli ambasciatori!
(Pseudartaba annuisce, imitato dal seguito) Dicono sì con la testa, come facciamo noi:
sono greci sputati! (li Esamina) Ma questo lo conosco: è Clistene, figlio di Sibirtio! E
quest’altro chi è? Non sarà Stratone, per caso?
Silenzio, seduto! Il senato invita l’Occhio del Re a pranzo!
Escono Ambasciatore e seguito.
DICEOPOLI A
ANFITEO
DICEOPOLI A
ARALDO
Io qua a struggermi, per loro invece ricevimenti, a porte spalancate. Perdio, ne devo
combinare una grossa. Dove s’è cacciato, Anfiteo?
Eccomi!
Prendi queste otto dracme: fammi una tregua con gli Spartani, solo per me, per i miei figli e
la mia signora. Voi continuate pure a mandare ambasciatori e ad ascoltarli a bocca aperta!
Entri Teoro: di ritorno dagli alleati di Re Sitalce!
Entra Teoro
TEORO
DICEOPOLI A
TEORO
DICEOPOLI A
TEORO
TEORO
ARALDO
Eccomi!
Altro fanfarone.
Non si sarebbe rimasti tanto tempo in Tracia…
No perdio, se no non beccavi la paga.
…se tutta la Tracia non fosse stata sepolta dalla neve, non fossero gelati i fiumi. In attesa,
me la bevevo con Sitalce. Senza dubbio, lui è straordinariamente amico degli Ateniesi:
innamorato di voi, anzi. Scrive sul muri: «Viva gli Ateniesi». Suo figlio, lo abbiamo persino
insignito della cittadinanza: va pazzo per la salsiccia delle Apaturie e scongiurava il
padre di correre in aiuto della nostra patria. Lui alza il calice e giura che partirà con un tale
esercito, da far gridare agli Ateniesi: «Che torma di cavallette, arriva!».
E intanto vi ha mandato i suoi soldati più valorosi.
Entrino i Traci, che ha portato Teoro!
Entrano gli Odomanti.
DICEOPOLI A
TEORO
DICEOPOLI A
TEORO
Che accidenti sono?
Guerrieri Odomanti!
(Un guerriero lo deruba) Sono fritto: tutto l’aglio mi hanno fregato, gli Odomanti!
(Contrattaccando) Giù l’aglio!
Disgraziato, non ti accostare: hanno mangiato aglio!
Gli Odomanti fuggono
DICEOPOLI A
ARALDO
Mi oppongo, niente assemblea per assoldare i Traci!
Fuori i Traci, tornino dopodomani. L’assemblea è sciolta!
Escono tutti tranne Diceopoli. Entra Anfiteo.
DICEOPOLI A
ANFITEO
DICEOPOLI A
Povero me! Ecco Anfiteo, torna da Sparta. Salute, Anfiteo!
Aspetta almeno che mi fermi: correvo per scampare agli Acarnesi…
Che succede?
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ANFITEO
DICEOPOLI A
ANFITEO
Correvo a portarti la tregua, ma certi vecchi ceramisti Acarnesi ne hanno sentito l’odore.
Veterani di Maratona, annosi, duri come querce! Subito a strillare, tutti: «Delinquente, porti
la tregua, quando ci hanno tagliato le viti!». Cominciano a raccogliere pietre nei mantelli. Io
scappavo, e loro dietro, urlando.
Lasciali urlare! Ma la tregua, la porti?
Sì che la porto. Tre gusti diversi: eccoli. Questa è di cinque anni. Tieni: assaggia!
Gli porge delle boccette di varia grandezza, colme di vino.
Uhu!
ANFITEO
Che è?
DICEOPOLI A
Non mi piace. Puzza di pece, navi in cantiere…
ANFITEO
Allora prendi questa, dieci anni: assaggia!
DICEOPOLI A
Puzza pure questa, già acida: sa di ambasciatori mandati per le Città e scocciature con gli
alleati.
ANFITEO
Allora questa, di trent’anni, per mare e per terra: eccola!
DICEOPOLI A
Ah, questa sì, per Dioniso, profuma d’ambrosia e di nettare.(L’assaggia) Piglio questa. Alla
faccia degli Acarnesi! Io torno nella mia campagna. Le Dionisie le festeggio a casa: libero
finalmente, dalla guerra e dai guai.
ANFITEO
Io me la squaglio: gli Acarnesi!
Escono. Arriva il Coro di vecchi carbonai di Acarne.
DICEOPOLI A
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORO
CORISTA
CORISTA
CORO
CORISTA
CORISTA
CORO
DICEOPOLI B
CORO
CORISTA
CORISTA
CORISTA
Inseguitelo tutti, di qua!
Corretegli dietro, chiedetelo a chiunque passa.
Per il bene della Città, lo dobbiamo acchiappare.
(Agli spettatori) Fateci segno voi: chi sa dov’è finito, quello che porta la tregua?
È fuggito, è scappato. Povero me, la vecchiaia!
Quand’ero giovane tenevo dietro ai cervi anche carico di piastrelle.
Allora il portatore di tregua non se la sarebbe cavata così facilmente, con me alle
calcagna.
Ma ormai sono induriti i polpacci: gli pesano le gambe al vecchio Lacratìde, e quello se la
squaglia.
Eppure bisogna inseguirlo.
Mai sarà, che qualcuno scappi agli Acarnesi e gli rida in faccia, anche vecchi che siano!
Soprattutto lui che ha fatto la pace con i nemici (o Zeus, o dei tutti!)
Con quelli che hanno con noi guerra mortale, e sempre più dura, per il possesso della
nostra terra.
Della nostra argilla!
E non molleremo prima di penetrare dentro le loro città,
come frecce acute e dolorose,
Fino all’impugnatura.
La smetteranno di calpestare e tagliare le nostre viti.
Lo dobbiamo inseguire per mare e per terra, finché non lo troviamo.
Mai stancarsi di tirargli pietre!
(dall’interno) Silenzio!
Tutti zitti!
Sentito, amici: ordina silenzio! È proprio lui.
Via di qua, tutti.
Sta uscendo!
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CORISTA
DICEOPOLI B
FIGLIA
DICEOPOLI B
MOGLIE
DICEOPOLI B
CORO
Sembra che voglia fare un sacrificio.
(entra, ordinando la processione) Silenzio, silenzio! (alla moglie) Un poco più avanti, tu.
Per terra il cesto, figlia: offriamo le primizie!
Mamma, passami il cucchiaio: verso la crema sulla torta.
Benissimo: Dioniso, signore, accetta questa processione e questo sacrificio che ti dedico,
assieme ai miei famigliari, celebrando felicemente le Dionisie agresti, libero finalmente
dagli impicci della guerra, e mi sia propizia la tregua di trent’anni. Su, figliola, reggi il
canestro e assumi un’aria grave. Beato chi ti sposerà e ti farà fare dei cuccioli, che
scoreggeranno all’alba, proprio come tua madre.
Ehi!
Devo cantare l’inno fallico: Fallo, compagno di bacco, compagno di bagordi e vagabondo
notturno, ti saluto con gioia, tornando dopo cinque anni al mio villaggio: ho fatto la tregua
per conto mio e mi sono liberato di battaglie, di lamachi e di guai.
Eccolo è proprio lui: eccolo! Le pietre, le pietre, le pietre! Dagliele dài al farabutto: tira
tiragliele.
Escono Moglie e Figlia
DICEOPOLI B
CORISTA
DICEOPOLI B
CORISTA
CORISTA
CORISTA
DICEOPOLI B
CORO
CORISTA
DICEOPOLI B
CORISTA
CORISTA
DICEOPOLI B
CORO
CORISTA
CORISTA
CORISTA
DICEOPOLI B
CORISTA
CORISTA
CORISTA
DICEOPOLI B
CORISTA
DICEOPOLI B
CORISTA
CORISTA
CORISTA
DICEOPOLI B
CORO
(colpito da un sasso) Dio, che succede? Volete rompermi le ceste?
Te, vogliamo fracassare, delinquente!
Per che mai, reverendissimi Acarnesi?
Stai a chiederlo?
Svergognato sei, uno schifoso: traditore della patria!
Non guardarmi: hai fatto la tregua, l’unico di noi!
Ma non sapete a che patto: state a sentire.
Starti a sentire? [Crepa, ti seppelliamo]
Sotto con le pietre
Almeno, prima sentite. Fermatevi un momento, buoni!
Tutte chiacchiere, non le voglio sentire.
Sei sceso a patti con gli Spartani: voglio vendetta!
In verità io penso che ce la prendiamo troppo con gli Spartani. Non sono loro la causa di
tutti i nostri guai.
Non sono loro?
Non sono la causa di tutti i nostri guai?
E osi dirlo apertamente?
E noi dovremmo risparmiarti?
Non di tutti, non di tutti. Anzi, il sottoscritto potrebbe dimostrare che molte volte sono loro a
ricevere torti.
Senti che frase, mi stravolge (ha un mancamento)
Avere il coraggio di difendere i nemici, con noi!
Ma perché risparmiamo le pietre? Facciamogli una divisa… rossa: come gli Spartani!
No, Acarnesi miei!
È finita per te, sappilo.
Allora avrete a che fare con me. Ho degli ostaggi, vostri cari, e ora li sgozzerò. (Esce)
Che vorrà dire questa minaccia, cittadini acarnesi?
Forse ha prigioniero il figlio di uno qui presente?
Perché farebbe l’arrogante?
(ritorna, con una piastrella) E ora colpite quanto volete, ma io farò fuori questa. Ora si
vedrà subito chi ama veramente le sue piastrelle.
Non lo fare, ti prego!
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CORISTA
DICEOPOLI B
CORISTA
DICEOPOLI B
CORISTA
DICEOPOLI B
CORISTA
DICEOPOLI B
CORISTA
CORISTA
DICEOPOLI B
Quella è di Acarne!
L’ucciderò. Gridate pure, non vi sto a sentire.
Vuoi davvero ammazzare questa amica dei ceramisti?
Poco fa, quando parlavo, non mi davate retta, però.
Allora parla, quello che vuoi: come fanno gli Spartani a essere tuoi amici,
improvvisamente?
Pietre a terra, per cominciare: d’accordo?
Eccole a terra: tu, a posto il coltello.
Senza nascondermi dietro uno scudo, perdio, voglio dire tutto quello che penso a favore
degli Spartani. E paura ne ho, più di una! So come sono fatti i contadini: felicissimi quando
uno sbruffone gli fa complimenti, e grulli davanti agli imbrogli. Conosco pure l’animo dei
vecchi: non pensano altro che a castigare, coi voti o coi bastoni.
Trucchi, pretesti!
Cerca di pigliare tempo!
Coraggio e sangue freddo! Mi tocca andare da Euripide.
Diceopoli bussa alla porta di Euripide
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
EURIPIDE
Giovane, giovanotto!
Chi è?
In casa, Euripide? Vieni un po’ fuori!
(dall’interno) Non ho tempo.
Lo stesso! Euripide! Euripide!
Che sbraiti?
Per le tue ginocchia, ti supplico, Euripide: dammi qualche straccio, da una vecchia tragedia
magari. Devo fare al Coro un lungo discorso: morte mi aspetta se non parlo bene.
Quali stracci? Quelli con cui recitava Eneo?
Niente Èneo: uno ancora più infelice!
Quelli del cieco Fenice?
Niente Fenice, no: ce n’era un altro, più infelice.
Quali brandelli di vesti chiede mai quest’uomo? Dici quelli di Filottete, il pezzente?
Macché, uno molto molto più pezzente.
Forse le vesti sordide dello zoppo Bellerofonte?
Che Bellerofonte: era un altro, sciancato pure lui, pezzente, chiacchierone, tutto lingua!
Capito: dici Tèlefo di Misia!
Ecco, Telefo! Dammi i suoi stracci, ti prego.
Le pezze di Telefo… (le cerca) Devono essere sopra quelli di Medea, in mezzo a quelli di
Ino. (a Diceopoli) Tieni!
Ora fammi travestire come il massimo degli infelici. Euripide, siccome gli stracci me li hai
regalati, dammi pure gli accessori: il berrettuccio misio, per la testa. Auguro ogni felicità a
te. (Indossa il berretto misio) Caspita, mi sento già pieno di discorsi! Ah, pure un bastone
mi serve, da pezzente.
Piglialo e levati dai… marmorei stipiti!
Anima mia, vedi, mi sbatte fuori! Ti scongiuro, Euripide, me lo dai un cestino
sbruciacchiato?
Ma che te ne fai?
Niente, mi piace!
Lèvati di torno!
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DICEOPOLI B
EURIPIDE
DICEOPOLI B
Me ne vado, me ne vado. Sono proprio uno scocciatore: non mi accorgo mai di essere in
odio alla gente. Euripiduccio, amorino dolcissimo: mi venga un colpo se ti faccio altre
richieste, tranne questa: gli ortaggi ereditati da tua madre.
Offende, l’imbecille! Addio!
Anima mia, avventurarti senza… prezzemolo!
Escono, poi entra Diceopoli
CORISTA
CORISTA
DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
DICEOPOLI A
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DICEOPOLI A
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DICEOPOLI A
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DICEOPOLI A
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DICEOPOLI A
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DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
Che farai che dirai?
Sappi che hai una faccia di bronzo, svergognato.
Non ve la prendete, spettatori, se pezzente quale sono vengo a parlare, in faccia agli
Ateniesi, della loro Città!
Buffonate? Anche le buffonate sanno la verità. Dirò cose amare, ma giuste.
Gli Spartani, per cominciare, li odio tremendamente.
Posidone, che protegge il Tènaro, gli deve sradicare tutte le case, con una botta di
terremoto: anche a me hanno sradicato le vigne!
Però che colpe ne hanno gli Spartani?
La storia è questa: certe persone, nostri compaesani, ubriachi di vino e di gioco, rapiscono
a Megara una baldracca di nome Simeta.
I megaresi, fuori di sé dalla rabbia, rapiscono allora due baldracche Ateniesi.
Pericle, l’Olimpio, si infuria, fulmini e tuoni, e sconvolge l’Èllade.
Detta leggi che sembrano barzellette: i Megaresi non si dovrebbero far vedere né sulla
nostra terra, né al mercato, né per mare, né trattenersi sul continente.
Ecco perché i Megaresi, che stavano per morire di fame, chiedono agli Spartani di aiutarli
a cancellare la legge, quella delle tre baldracche. Noi a dire no, loro a scongiurare.
Da qui scoppia la guerra che sconvolge tutti i greci: per tre zoccole.
Subito, senza pensarci, a mare trecento navi, un vero casino:
rumore di trierarchi,
di paghe distribuite
di Palladii dorati
di portici rumoreggianti
di cibi razionati
di otri
di stroppi
di vendite d’orci
d’agli
di olive
di cipolle
di corone
di sardine
di flautiste
di occhi pesti.
Abbiamo perso la testa, noi.
Il Coro si divide in due parti
CORISTA
CORISTA
CORISTA
Così, pezzo di farabutto! Hai il coraggio di parlare di noi in questo modo? Pezzente!
È tutto giusto, perdio, quello che dice: non c’è la minima bugia!
Fosse anche giusto, c’era proprio bisogno di dirlo? Che faccia tosta: ora la paga!
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CORISTA
CORISTA
(rivolto al primo) Fermi, dove correte? Se toccate quest’uomo l’avrete a che fare con noi, e
subito.
Làmaco, che hai il fulmine negli occhi e la Gorgone sullo scudo, vieni in mio aiuto!
Entra Lamaco
LAMACO
CORO
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI C
(arriva in alta e rossa uniforme) Chi ha risvegliato la Gorgone dal fodero?
Lamaco, questo cretino ingiuria tutta la Città.
E tu, pezzente, osi dire queste cose?
Lamaco, mio eroe, cerca di perdonare: pezzente come sono, ho parlato.
Che hai detto di noi, ripeti!
Che ne so: mi gira la testa, ho paura delle armi! Ti scongiuro, leva quello spauracchio!
Ecco!
Posamelo qua: rovesciato!
Ecco!
Tienimi la testa, adesso: ho da vomitare. A me, i pennacchi mi danno il voltastomaco.
Razza di pezzente, parli così al tuo comandante?
Io? Pezzente?
E chi sei, allora?
Un buon cittadino che non cerca cariche! Da quando c’è la guerra, faccio il soldato e
basta: tu, da quando c’è la guerra, becchi diaria e basta!
Mi hanno eletto!
Tre imbecilli! Io, per lo schifo, ho fatto la tregua: vedere sotto le armi gente coi capelli
bianchi, mentre giovinastri come te la scansano! Una presa in giro!
Ma li hanno eletti!
Già, ma perché voi prendete sempre indennità da tutte le parti e loro nessuna? Marilade!
Tu hai i capelli bianchi, sei mai stato ambasciatore? Dice di no, pure è uomo savio e
laborioso. E tu, Antracillo? Tu, Eufòride, e tu, Prìnide? Chi di voi ha mai visto Ecbàtana o i
Càoni? Nessuno. Ma Lamaco, figlio di Cesira, sì!
Democrazia, democrazia… Bisogna sopportare tutto questo?
No certo! Se Lamaco non fosse lautamente pagato.
Io voglio fare la guerra, ai Peloponnesiaci tutti: saprò sbaragliarli dovunque, per mare e per
terra, con tutte le forze.
Io invece annunzio a tutto il Peloponneso e ai Megaresi e ai Beoti, di venire a vendere e a
comprare da me: a Lamaco niente!
Escono tutti tranne il Coro
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORO
Con questi discorsi, l’amico sta vincendo.
Il Popolo già pensa di fare la pace.
Roba da matti.
Beh, attacchiamo con gli anapesti.
Vieni qui Musa di Acarne,
favilla ardente e impetuosa!
Infiamma i nostri forni,
guida le nostre presse.
L’argilla ti porge il capo
e levigata, planare,
mostri il tuo volto a noi,
tuoi concittadini.
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CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORO
Noi, vecchi e stravecchi, ce la prendiamo con questa Città: non ci curate come dovreste.
Siamo combattenti eroici: è per merito nostro che ve ne state lì seduti comodi.
Ce la passiamo male, incastrate nei processi gente anziana, permettete che ci sfottano
degli sbarbatelli di avvocati.
Dicono che non contiamo più nulla, ruderi muti che si appoggiano al bastone come a un
Dio.
E noi di fronte al tribunale balbettiamo e della giustizia non si vede nemmeno l’ombra.
Alla fine coi soldi con cui dovevo comprare la bara, finisco col pagarci la causa!
Quando eravamo a Maratona inseguivamo noi i nemici: ora siamo noi inseguiti dai
mascalzoni e per giunta…
…perdiamo.
Entra Diceopoli, poi Megarese e Figlie
DICEOPOLI C
MEGARESE
FIGLIA
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
FIGLIA
MEGARESE
DICEOPOLI C
Questi sono i confini del mio mercato. Qua dentro possono trafficare tutti i Peloponnesi e i
Megaresi e i Beoti: a patto che vendano solo a me, niente a Lamaco! Qua dentro è vietato
l’ingresso a spioni e compagnia.
Salve, mercato di Atene, caro ai Megaresi. Come ti voglio bene: che nostalgia, neanche
mia madre! (Alle due figliolette) Povere figlie di un padre disgraziato, ascoltate più con lo
stomaco che con le orecchie: preferite essere vendute o morire di fame?
Vèndici, vèndici!
Dico pure io: ma dove lo trovi un pazzo che vi compri, grattacapi sicuri come siete! Però,
ho pensato un imbroglio megarese: vi travesto da porcelline, e vi porto a vendere.
Mettetevi pure questi musi, poi entrate nel sacco, così. Grugnite, fate coì, con una voce da
porcellini condotti al sacrificio… Io intanto do una voce a Diceopoli: Diceopoli! Porcelline,
ne vuoi comprare?
(riconoscendolo dall’accento) Come, un Megarese?
Siamo venuti al mercato.
Come ve la passate?
Vicini al fuoco senza niente da mangiare. Quando sono partito, però, il governo si stava
dando da fare. A mandarci in malora prima possibile.
Meglio: liberarsi di tutti i guai in una volta!
Come no!
Allora, che porti?
Porcelline, per il sacrificio…
Buona pensata: fa’ vedere.
Sono belle: senti questa com’è grassa e tenera!
Ma che roba è?
Una porcellina, perdio.
Che vai dicendo? Di che razza?
Megarese!
Mi pare di no.
(agli spettatori) È pazzo, non ci crede: guardate voi! Dice che non è una porcella, questa.
Ti dico che appartiene alla razza degli uomini.
Si capisce: a me appartiene. Di chi vuoi che sia? Vuoi sentire come strilla?
Sentiamo, perdio.
Coì coì.
È una porcellina, o no? Appena cresciuta, vedrai che troione! Cinque anni, credimi: viene
tale e quale sua madre, questa qui.
Ma per i sacrifici, non è buona.
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MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
FIGLIA
DICEOPOLI C
FIGLIA
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
Come non è buona? Una porcellina più bella non la trovi, per sacrificarla… ad Afrodite!
Come: ad Afrodite si sacrificano troie?
Come no? Di questa razza a lei sola si possono sacrificare.
Senza mamma, sanno già mangiare?
Sì perdio: anche senza padre.
Che gli piace mangiare?
Tutto quello che gli dai: chiedilo tu stesso.
Sentite porcelline…
Coì
Vorreste un po’ di fichi?
Coì coì.
Che strilli, a parlare di… fichi. Ecco un po’ di fichi, per queste porcelline. Chi sa se li
mangiano? (Offre i fichi) Accidenti, come rosicano!
E non li hanno mangiati tutti: uno me lo prendo io.
Perdio, che bestioline educate! Quanto vuoi?
Per questa una treccia d’agli, per l’altra almeno una misura di sale.
Te le compro: aspettami qua. (Esce)
Affare fatto! Ermes, dio del commercio, fa che possa vendere alla stessa maniera pure
moglie e suocera!
Entra Nicarco, sicofante
NICARCO
MEGARESE
NICARCO
MEGARESE
NICARCO
MEGARESE
DICEOPOLI C
NICARCO
DICEOPOLI C
MEGARESE
DICEOPOLI C
MEGARESE
FIGLIA
(viene a spiare) Tu, di dove sei?
Megarese, vendo maiali.
Ti denuncio subito, te e i maiali: è merce di contrabbando.
Ci risiamo: ecco la causa di tutti i nostri guai.
Molla subito il sacco.
Diceopoli, Diceopoli: mi denunciano!
(accorrendo) Chi? Chi ti denuncia?
Non si denunciano, i nemici?
Peggio per te, se le denuncie non vai a farle da un’altra parte. Marsch! (Insegue
minaccioso il sicofante che fugge)
Bel guaio, avete ad Atene.
Coraggio, Megarese. Ecco il prezzo che volevi, per le porcelle: agli e sale, tieni. Buona
fortuna!
Fortuna? Ce la siamo scordata! Porcelline care, addio.
Coì
Escono tutti, entra il Beota con due persone al seguito.
BEOTA A
DICEOPOLI C
BEOTA A
BEOTA B
BEOTA C
BEOTA A
BEOTA B
BEOTA C
BEOTA A
Salve a te, ateniese! Porto mercanzia da Tebe, ti interessa comprare qualcosa? Dai
pollastri alle cavallette!
Salute a te, Beota. Che porti?
Tutto quello che c’è di buono da noi: origano
Menta
Stuoie
Stoppini
Anatre
Gracchi
Francolini
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BEOTA B
BEOTA C
BEOTA A
DICEOPOLI C
BEOTA A
BEOTA B
BEOTA C
BEOTA A
BEOTA B
BEOTA C
BEOTA A
BEOTA B
BEOTA ABC
DICEOPOLI C
BEOTA A
DICEOPOLI C
BEOTA A
DICEOPOLI C
BEOTA A
DICEOPOLI C
BEOTA A
DICEOPOLI C
BEOTA A
DICEOPOLI C
BEOTA A
DICEOPOLI C
Folaghe
Scriccioli
Tuffetti…
Tutto lì dentro?
Porto pure oche
Lepri
Volpi
Talpe
Ricci
Gatte
Faine
Lontre e…
…anguille della palude Copaide.
O tu che porti il pesce più gradito agli uomini, lasciami salutare le anguille, se davvero le
hai con te.
(ad una delle anguille) Tu, primigenita di cinquanta vergini del copaide, vieni fuori e sii
gentile con lo straniero.
O Carissima, giungi diletta ai cori comici ed a Cleonimo, Guardate, guardate la nobile
anguilla che giunge infine dopo cinque anni, tanto desiderata. Salutatela, figli! Il carbone lo
offro io, per festeggiare l’ospite. Portatela dentro: neanche morto, mi staccherei da te. Con
un contorno di verdura!
E il prezzo?
Questa me la dai come tassa di mercato. Vuoi vendere altro?
Io, tutto!
A quanto? O vorresti barattare?
Certo, quello che c’è ad Atene e in Beozia no.
Acciughe del Falero o cocci: cash and carry!
Acciughe o cocci? Di quelli ne abbiamo. Roba che ci manca, piuttosto!
Ho capito: portati un sicofante, allora. Te lo imballo, come fosse un coccio!
Sì perdio: bel guadagno, portarmi via un macaco, sporco e cattivo.
Appunto: sta arrivando Nicarco: farà denunzie.
Entra Nicarco
NICARCO
BEOTA A
NICARCO
BEOTA A
NICARCO
BEOTA A
NICARCO
DICEOPOLI C
NICARCO
DICEOPOLI C
NICARCO
DICEOPOLI C
NICARCO
DICEOPOLI C
Questa merce, di chi è?
Mia, viene da Tebe.
Denuncio subito: contrabbando!
Ma che ti hanno fatto questi uccelli, che tu gli muovi guerra?
Anche voi vi denuncio.
Che ti abbiamo fatto?
Te lo dico: importi stoppini, proprio da un paese nemico.
E tu per uno stoppino vuoi fare denuncia?
Potrebbe mandare a fuoco l’arsenale!
L’arsenale, uno stoppino?
Si capisce.
Come fa?
Questi Beoti, potrebbero infilarlo dentro una canna, accenderlo e spedirlo nell’arsenale
attraverso la grondaia, approfittando di una tramontana di quelle buone. Appena il fuoco
tocca le navi, scoppia il falò.
Accidenti a te, un falò per uno stoppino e una canna! (Lo batte)
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NICARCO
DICEOPOLI C
DICEOPOLI C
CORO
BEOTA A
CORISTA
CORISTA
DICEOPOLI C
Testimoni!
(al Beota) Afferralo per il becco! Dammi un po’ di paglia: lo imballo come un coccio, così
non lo rompi a portarlo.
(lo batte) Fa un suono fesso, di cocci crepati nel forno.
(al Beota) Bell’affare, hai fatto!
I frutti che ci colgo!
Fa come ti pare, amico. Buttalo dove vuoi.
È un sicofante tuttofare.
Prendilo e portatelo via, Beota! Se con questa merce ci guadagni, sarai il primo che ci
riesce.
Esce il Beota con Nicarco, entra l’Araldo
ARALDO
DICEOPOLI C
ARALDO
DICEOPOLI C
ARALDO
DICEOPOLI C
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORO
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
ARALDO
Diceopoli!
Che c’è, perché sbraiti?
Manda a dire Lamaco se per questa dracma gli cedi qualche tordo, e per tre dracme,
un’anguilla della Copaide: è per la festa dei Boccali.
Chi sarebbe questo Lamaco?
Il terribile, l’intrepido: colui che agita la Gorgone.
Perdio no, lo scudo lo sbatta sulla salamoia. Io mi piglio la sporta e rientro, sulle ali dei miei
tordi e dei miei merli.
Hai veduto, Città intera, la pensata furba di quest’uomo
Fa la pace e può commerciare tutto.
Quante cose utili per la casa…
…e quante vivande tiepide!
I beni gli arrivano da sé, senza muovere un dito.
Io mai più accoglierò la guerra in casa mia: non canterà sdraiata alla mia tavola la
canzone di Armodio.
È un’ubriacona, che si da alla baldoria in mezzo a gente felice e combina ogni sorta di
guai.
Sconvolge, distrugge, viene alle mani.
Quante volte la si è invitata:
“Vieni qui, vieni a bere una coppa d’amicizia”.
E lei continua a bruciare i pali delle viti
E a buttar via il nostro vino.
Tu, Pace, compagna della bella Afrodite e delle Grazie, quanto è bello il tuo viso che non
vedevamo!
Vorrei che ci unisse un Eros come quello dipinto, incoronato di fiori.
Tre cose, se ti prendo, voglio fare: dapprima un lungo filare di viti
poi giovani polloni di fico
e infine il vecchio vuole piantare un tralcio di vite domestica
e tutt’intorno agli ulivi.
Così ci ungeremo io e te, Pace, alla luna nuova.
Ascolta, o Popolo! Secondo l’uso degli antichi bisogna bere per la festa delle libagioni al
suono delle trombe. Chi finisce per primo avrà in premio un otre: Cleonimo.
Esce l’araldo
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DICEOPOLI
CORISTA
DICEOPOLI
CORISTA
DICEOPOLI
CORISTA
Avete sentito? Che fate, siete sordi? Arrostite, bollite, poi rivoltate, levate subito la lepre,
intrecciate le corone! Porta gli spiedi, ci infilzo i tordi.
Invidio il tuo senno e più ancora, amico, la festa che organizzi.
Ah sì? E quando vedrete i tordi arrosto!
Hai ragione.
Attizza un po’ il fuoco.
Hai sentito: come un cuoco perfetto e da perfetto convitato si comporta.
Entra il Contadino
CONTADINO
DICEOPOLI
CONTADINO
DICEOPOLI
CONTADINO
DICEOPOLI
CONTADINO
DICEOPOLI
CONTADINO
DICEOPOLI
CONTADINO
DICEOPOLI
CONTADINO
DICEOPOLI
CONTADINO
DICEOPOLI
CONTADINO
Povero me…
Chi sei?
Un disgraziato.
Peggio per te!
Amico caro, la tregua è solo tua: dammene un po’, almeno cinque anni.
Che ti è successo?
Un guaio immenso: ho perso tutti e due i buoi.
E come?
Sotto File: me li hanno presi i Beoti.
Disgraziato: e non porti il lutto?
Ho perso gli occhi, a piangere i buoi. Ma se vuoi bene a Dèrceta di File, ungimi gli occhi
con la pace, subito.
Non svolgo servizi pubblici.
Dài, ti scongiuro: magari riesco a trovare i buoi.
Impossibile, va’ a piangere da quel mediconzolo di Pìttalo.43
Allora mi spremi una goccia di pace, qui nella cannuccia.
Neanche una lacrima: va’ a piangere da un’altra parte.
Povero me, i miei buoi!
Esce il Contadino
DICEOPOLI
CORISTA
DICEOPOLI
CORISTA
DICEOPOLI
Tu versa il miele sulle frattaglie, friggi le seppie.
Senti che gorgheggi!
Arrostite le anguille.
Ci farai morire dalla voglia me e i vicini col fumo e con la voce.
Fatele arrosto: ben rosolate!
Entra il Paraninfo, seguito dalla Paraninfa
PARANINFO
DICEOPOLI
PARANINFO
DICEOPOLI
PARANINFO
DICEOPOLI
PARANINFO
DICEOPOLI
Diceopoli, Diceopoli!
Chi è?
Uno sposo ti manda una bistecca, dal ricevimento.
Buona pensata, chiunque è.
In cambio della carne, una preghiera: versagli un po’ di tregua se no finisce al fronte e
addio prima notte di nozze!
Ripigliati, ripigliati la carne: non me la dare. Nemmeno per mille dracme, gliela verso.
(Vedendo la Paraninfa) Ma quest’altra, chi è?
La damigella: deve dirti una cosa, da parte della sposa, solo a te.
(alla Paraninfa) Sentiamo: che devi dire? (La Paraninfa gli parla all’orecchio) Che ridere,
dio mio, il favore che mi chiede la sposa: accudire… l’affare del marito! Porta qui la tregua,
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gliela do, solo a lei: è una donna, che colpa ne ha della guerra! Tieni qua: porgi l’ampolla,
amica. Via con la tregua! (Escono i Paraninfi. Al servo) Portami la brocca: mi verso il vino,
per la festa dei Boccali.
CORISTA
CORISTA
ARALDO
LAMACO
ARALDO
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
Arriva uno, tutto accigliato.
Se corre, sono brutte notizie.
(bussa alla porta di Lamaco) Lamaco! Affanni, battaglie!
Chi strepita intorno alle case di bronzo ornate?
Ordine dei generali: partire oggi stesso, drappelli ed orpelli. Devi fare la guardia ai valichi,
in mezzo alla neve. Sono venuti a sapere che, proprio sotto le feste dei Boccali e delle
Pignatte, ci sarà un assalto dei guerriglieri beoti.
Non posso partire dopo la festa?
No: partire oggi stesso. La Gorgone non si agita mica da sola.
Mi deridi? Ahimè, che notizia mi ha portata l’araldo.
Pure a me: eccone un altro, mi corre incontro.
Entra Anfiteo
ANFITEO
DICEOPOLI
ANFITEO
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
LAMACO
DICEOPOLI
Diceopoli!
Anfiteo, che c’è?
Va’ subito al banchetto, cesta e boccale: il prete di Dioniso ti manda a chiamare. E
spìcciati: aspettiamo te, per mangiare. Il resto è tutto pronto: divani, tavole, cuscini, tappeti,
ghirlande, profumi, biscotti, baldracche, pasticcini, focacce, sesamelle, paste, ballerine,
canzonette: da un pezzo! Muoviti, sbrigati!
Povero me! (al servo) Giovane, giovanotto: portami fuori lo zaino.
(al servo) Giovane, giovanotto: portami fuori la cesta.
Portami le due penne, quelle dell’elmo.
E a me il piccione, portami, e i tordi.
Bella e bianca è la piuma di struzzo!
Bella e rosea è la carne di piccione!
Animale, finisci di sfottermi le armi!
Animale, finisci di guardarmi i tordi!
Portami l’astuccio coi tre pennacchi.
E a me, dammi il piatto con la lepre.
La smetti di rivolgermi parola?
Io? Sto parlando al mio servo, già da un po’.
Giovane, giovanotto, tira giù la lancia e portala qua.
Giovane, giovanotto, tira giù la salsiccia e portala qua.
Versa l’olio sullo scudo, ragazzo. (Il servo lucida lo scudo) Vedo un vecchio condannato
per diserzione!
Versa il miele sulla torta. Qui si vede un vecchio: manda Lamaco e le sue Gòrgoni a farsi
fottere!
Ragazzo, portami la corazza di bronzo!
Anche a me la sbevazza: mi sbronzo!
Con questa io ci affronto i nemici!
Con questa io ci affronto gli amici!
Piglia lo scudo, ragazzo: avanti marsch. Nevica, brrr…: aria di burrasca!
Piglia il pranzo: aria di banchetto!
Escono
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CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
CORISTA
Addio.
Andate alle vostre battaglie, per strade molto diverse.
Per l’uno, bere circondato dai fiori…
…per l’altro montare la guardia al gelo, insonne.
Mentre l’altro dorme con una splendida ragazza.
Scusate, vorrei approfittare per fare un annuncio: Antimaco, figlio di Psacade, scrittore e
poeta lirico, lo fulmini Zeus che una volta, facendo il corego alle Lenee, ci ha mandato via
senza cena. Vorrei vederlo un giorno desiderare una seppia, e quella gli arrivi in tavola,
arrostita e sfrigolante: ma quando sta per prenderla, gliela soffi una cagna e scappi via.
Grazie.
Entra l’Araldo
ARALDO
Servi, quanti siete nella casa di Lamaco: acqua, scaldate una pentola d’acqua. Fasce e
cerotto preparate, ovatta soffice e bende per la caviglia. Saltando un fosso, l’eroe ha
sbattuto contro un palo, si è slogato la caviglia e cadendo ha battuto la testa: roba da
svegliare la gorgone sullo scudo.
Poi cade in un canale, si alza, e mentre insegue i predoni e infuria con la lancia, si scontra
con dei disertori. Ma eccolo in persona. (Al servo) Apri la porta.
Entra Lamaco
LAMACO
Ahi ahi ahi! Tremendi, agghiaccianti dolori: povero me! Sono colpito da lancia nemica.
Muoio, ma in cuor mio spero solo che non mi veda Diceopoli e non si faccia beffe di me.
Entra Diceopoli con due ballerine al braccio.
DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
DICEOPOLI C
DICEOPOLI ABC
LAMACO
DICEOPOLI A
LAMACO
DICEOPOLI B
LAMACO
DICEOPOLI C
LAMACO
DICEOPOLI A
LAMACO
DICEOPOLI B
LAMACO
DICEOPOLI C
DICEOPOLI A
DICEOPOLI B
CORO
CORISTA
DICEOPOLI A
Baciatemi più piano, mie care, con dolcezza.
Ce n’è per tutte!
Sono stato io a finire per primo il boccale.
(indicando il boccale) Lo vedete: è vuoto.
Che sfortuna: una sfilza di guai! Ahi ahi: che dolore queste ferite.
Oh, salute! Lamaco cavaliere!
Una persecuzione…
Ahi quanti baci…
Una scalogna…
Ahi quanti morsi…
Che disgrazia: l’ho pagata cara.
Alla festa chi ha pagato?
Guariscimi Apollo!
Non è la festa di Apollo oggi?
Mi gira la testa ho battuto sulla pietra: non ci vedo per il dolore. Portatemi fuori: affidatemi
alle mani di Pìttalo fanno miracoli.
E a me portatemi dai giudici.
Dov’è il Re?
Consegnatemi l’otre.
Evviva
Ma inviti anche noi, vecchio?
Certo!
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DICEOPOLI B
Seguitemi anche voi: ma cantate evviva!
Escono tutti, in corteo.
LAMACO
Ehi, ehi! Non mi lasciate! Ehi!
Vieni qui Musa di Acarne,
favilla ardente e impetuosa!
Scalda i nostri forni,
guida le nostre presse.
L’argilla ti porge il capo
e lucente, squadrata, planare,
ti mostri a noi, tuoi concittadini.
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