La costellazione di Perseo Perseo in latino Perseus è una

La costellazione di Perseo
Perseo in latino Perseus è una classica costellazione boreale situata fra Andromeda, Cassiopea e
l’Auriga; presenta varie stelle brillanti, Mirfak, Algol, Menkib e Adid; 4 stelle che hanno
magnitudine compresa fra 2 e 3: la più interessante è la “stella del diavolo”, Algol, β Persei,
magnitudine 2,2-3,5, la cui variabilità fu scoperta da Geminiano Montanari nel 1669, ma non era
forse ignota agli arabi. Perseo contiene molti altri oggetti interessanti, come alcune stelle doppie
risolvibili con un modesto telescopio, vari ammassi aperti facilmente visibili (fra cui M34, fra la β
Persei e la γ Andromedae) e la Nebulosa California (NGC1499).
Perseo è una costellazione di 615 gradi quadrati che trovandosi a cavallo del 45° parallelo celeste
culmina allo zenit durante il suo peregrinare attorno al Polo. Se non è sicuramente agevole
osservare oggetti molto alti sull’orizzonte, si può però scegliere il momento più opportuno per
individuare Perseo durante l’autunno e l’inverno. Culmina al meridiano intorno alle ore 22 del 10
dicembre.
Le stelle più brillanti della costellazione ricordano — molto vagamente — una K, ma non
certamente un uomo con in mano una testa mozzata, come vorrebbe la sua origine leggendaria. La
storia dell’infanzia del mitico Perseo ricorda in qualche modo quella di Mosè: se quest’ultimo, alla
nascita, fu mandato alla deriva sul Nilo in un canestro di giunchi, Perseo, a causa di una sinistra
profezia, fu invece rinchiuso con sua madre Danae in una cassa e gettato in mare. Approdati
all’isola di Serifo, una delle Cicladi, il tiranno Polidette fece schiava Danae e allevò Perseo che, una
volta adulto, fu inviato a prendere la testa di Medusa; ma non era un’impresa facile. Il terribile
sguardo della gorgone aveva infatti il potere di pietrificare gli uomini, per cui il nostro eroe dovette
ricorrere a un espediente, facendosi consegnare da Ermes un elmo magico che l’avrebbe reso
invisibile e da Minerva uno specchio. Con quest’insolito equipaggiamento si recò quindi nella
dimora delle gorgoni. Vanitosa com’era, nonostante il capo coperto di serpenti, Medusa non
resistette al desiderio di specchiarsi e in quel preciso istante Perseo, osservandone l’immagine
riflessa, trasse la spada e la decapitò.
Beta Persei (β Per / β Persei)
Fu proprio la testa di Medusa a ispirare il nome della stella variabile a eclissi più famosa che si
conosca: Beta Persei è infatti nota col nome di Algol, derivato dall’arabo Ras al-Ghul, che
letteralmente significa ”la testa del demonio”. Venne ufficialmente scoperta da C. Montanari,
astronomo bolognese, nel 1668, ma non è escluso che fosse nota già da parecchio tempo, perché le
sue fluttuazioni di luminosità sono facilmente visibili a occhio nudo, specialmente per osservatori
scrupolosi ed esperti quali potevano essere, per esempio, gli antichi Babilonesi. Il periodo di Algol,
determinato per la prima volta del giovane J. Goodricke nel 1782, è di 2,87 giorni e durante questo
tempo la stella cala dalla magnitudo 2.1 sino alla 3.4; dopo essere risalita al massimo in una decina
di ore, la luminosità si mantiene pressoché costante, finché, trascorso mezzo periodo, scende al
minimo secondario, molto meno profondo e rilevabile soltanto tramite un fotometro; dopodiché
torna al massimo e in questo modo il ciclo si chiude.
Ma come apparirebbe Algol a un ipotetico osservatore che potesse vederla da una di stanza
ravvicinata? In base alle osservazioni fotometriche e spettroscopiche ottenute a partire dalla fine del
secolo scorso, gli astronomi hanno potuto stabilire che le eclissi sono causate da due astri molto
diversi; il primo, denominato Algol A, è un oggetto di classe spettrale B, di colore azzurro, con
temperatura superficiale di 11.000 gradi e un raggio di 2 milioni di chilometri; il secondo Algol B è
invece una stella arancione (e quindi decisamente più fredda), ma più grande della primaria, con un
raggio di 2 milioni e mezzo di chilometri. Le 2 stelle, certamente deformate da marcate interazioni
mareali, sono separate da una distanza di poco superiore alla somma dei 2 raggi, ma il sistema è
talmente lontano, circa 100 anni luce, che nemmeno con i più potenti telescopi è possibile separarle;
per riuscirvi, si dovrebbe infatti disporre di un obiettivo del diametro di oltre 60 metri posizionato al
di fuori dell’atmosfera!
Beta Persei non è comunque soltanto una doppia, perché già all’inizio del secolo scorso gli
astronomi si erano accorti di ritardi e anticipi delle variazioni di luminosità, dell’ordine di alcuni
minuti, che si alternavano regolarmente secondo un ciclo di 1,82 anni e che si potevano spiegare
solo ammettendo che una terza compagna, avente questo periodo, orbitasse attorno a un comune
baricentro. L’esistenza di quest’ultima stella poté però essere confermata solo alcuni anni fa
mediante spettri ottenuti al telescopio di 100 pollici di Monte Wilson durante i minimi principali;
quando infatti l’intensa luce di Algol A si affievolisce, appaiono alcune debolissime righe dovute al
ferro, al sodio e al calcio che mostrano, per effetto Doppler, spostamenti in perfetto accordo con
l’ipotizzata velocità orbitale di questo terzo astro, Algol C, che si è stimato orbiti a una distanza
media di 420 milioni di chilometri dalle altre due.
Alfa Persei (ά Per / ά Persei)
Se tale è l’interesse, nonché il fascino esercitati da Algol, non bisogna tuttavia dimenticare che la
stella più brillante della costellazione è in realtà Alfa Persei o Mirfak, vale a dire “gomito”, un
termine molto curioso il cui significato non è, però, chiaro; altri la chiamano Al-genib, ossia ”il
lato”, altra parola per la verità non meno enigmatica; Algenib è però anche il nome di Gamma
Pegasi. È una stella bianco-gialla di classe spettrale F5 e con una temperatura superficiale di poco
superiore a 6000 gradi e quindi poco più calda del Sole, la cui temperatura, com’è noto, è di 5500
gradi. La luminosità è, però, ben 6600 volte maggiore a quella della nostra stella. Per quanto invece
concerne la massa, la possiamo determinare facilmente se teniamo presente che per le stelle giganti
la luminosità totale è approssimativamente proporzionale al cubo della massa; per Mirfak il valore
ammonta a una ventina di masse solari. Se un astro cosi massiccio e intrinsecamente luminoso
appare come una stella di seconda grandezza, ciò è dovuto ovviamente al fatto che è molto distante;
tenuto in debito conto l’assorbimento operato dal piano galattico, si è potuto determinare per Alfa
Persei, ricorrendo al metodo della parallasse spettroscopica, un valore prossimo a 600 anni luce; a
una tale distanza il Sole non sarebbe forse visibile neppure in un 10×50! A volte viene considerata
una stella doppia; in realtà si trova in mezzo ad un ammasso aperto costituito da un centinaio di
stelle disposte in un diametro di 3°. Si tratta di stelle giovani che hanno l’età di 50 milioni di anni.
In parte sono visibili anche ad occhio nudo, ma diventano interessanti con un binocolo.
M34 (NGC 1039)
M34 si individua con facilità praticamente a metà strada fra le due stelle Alamak e Algol, entrambe
ben note e di seconda magnitudine; è visibile persino ad occhio nudo nelle nottate più buie e
limpide. Un binocolo 10x50 è sufficiente per iniziare la sua risoluzione in stelle, le quali sono di
settima e ottava grandezza; un telescopio da 114 mm lo risolve appieno, mostrando decine di stelle
spesso disposte in sequenza; uno strumento con ingrandimenti eccessivi fa perdere la visione
d'insieme. M34 può essere osservato da entrambi gli emisferi terrestri, sebbene la sua declinazione
settentrionale favorisca notevolmente gli osservatori dell'emisfero nord; dalle regioni boreali si
presenta estremamente alto nel cielo nelle notti d'estate, mentre dall'emisfero australe resta sempre
molto basso, ad eccezione delle aree prossime all'equatore. È comunque visibile da quasi tutte le
aree abitate della Terra. Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello
compreso fra giugno e novembre. E’ un ammasso aperto di età intermedia di 190 milioni di anni
composto da circa 100 stelle che si trova a circa 1.400 anni luce ed è disperso in una regione di oltre
35 minuti d'arco, oltre il diametro della Luna piena. Questo diametro angolare corrisponde ad una
dimensione lineare di 14 anni luce.
La scoperta di M34 viene attribuita a Messier, nel 1764. Ecco la descrizione di Messier:
"Ammasso di piccole stelle tra la testa della Medusa e il piede sinistro di Andromeda,
quasi sotto il parallelo di b Andromedae: con un ordinario telescopio di 3 piedi si
distinguono le stelle. La sua posizione é stata determinata in base a quella di b della
testa della Medusa".
NGC 1499
La Nebulosa California (anche nota come NGC 1499) è una nebulosa ad emissione visibile nella
costellazione di Perseo. Fu scoperta da Edward Emerson Barnard nel 1884 ed è stata battezzata così
perché la sua forma, ritratta nelle fotografie a lunga esposizione, ricorda lo Stato statunitense della
California. Nei testi antichi veniva chiamata nebulosa del dragone. Le sue dimensioni sono notevoli
infatti è lunga circa 2,5°, ma si può osservare solo con dei potenti binocoli o un telescopio
amatoriale (sempre a bassi ingrandimenti) per apprezzarne i dettagli; si osserva nella parte
meridionale della costellazione e la sua distanza è stimata sui circa 1.000 anni luce dalla Terra.
NGC 869 e NGC 884
Uno degli oggetti più amati e popolari del cielo è il Doppio Ammasso di Perseo. Si tratta di una
coppia di ammassi aperti che in cielo appaiono così vicini tra di loro che le stelle sembrano
mischiarsi.
Secondo gli storici dell’astronomia il Doppio Ammasso, insieme ad altri oggetti del cielo profondo,
era stato osservato già nell’antichità. L’astronomo greco Ipparco, celebre per il suo catalogo di
stelle, nel II secolo a.C. descrisse il Doppio Ammasso come un punto luminoso. Anche Tolomeo in
epoca alessandrina ne fece una descrizione simile nella sua monumentale opera astronomica
Almagesto. Nel corso del Rinascimento il Doppio Ammasso fu osservato dall’astronomo danese
Tycho Brahe, che dalla sua isola-osservatorio di Hven misurò la posizione di questa “stella
nebulosa”. Anche Johann Bayer agli inizi del Seicento, citò il Doppio Ammasso nel suo famoso
atlante celeste Uranometria. Bayer introdusse l’utilizzo delle lettere greche per identificare le stelle
di una costellazione in base alla loro brillantezza.
La stella più brillante della costellazione veniva indicata con la lettera Alfa seguita dal genitivo
latino della costellazione, proseguendo con la lettera Beta per la seconda stella più brillante e così
via.
Nel caso di costellazioni ricche di stelle brillanti per le quali l’alfabeto greco non era sufficiente,
Bayer adottò le lettere dell’alfabeto latino. Così identificò l’ammasso con la lettera greca Chi
mentre assegnò – forse ad una stella vicina – la lettera latina h. Per questo motivo, il Doppio
Ammasso è anche noto come ammasso h e Chi Persei, mentre secondo la nomenclatura moderna si
identifica con le sigle NGC 869 e NGC 884.
Nonostante la luminosità del Doppio Ammasso, non si capisce perché Messier non lo citò mai nei
suoi lavori. Messier era un famoso cacciatore di comete e durante le sue osservazioni si
preoccupava di annotare la posizione degli oggetti che avrebbero potuto essere scambiati per
comete. Tra questi oggetti che furono poi inclusi nel suo famoso catalogo di oggetti non stellari
nella seconda metà del Settecento, Messier evitava di inserire quelli che chiaramente non potevano
essere scambiati per una cometa. Secondo alcuni è per questo motivo che il Doppio Ammasso non
fa parte del Catalogo Messier. Tuttavia, come obiettano altri, perché allora troviamo oggetti come le
Pleiadi o il Presepe che di certo non potevano essere scambiati per comete? La risposta non è chiara
e non c’è ancora un consenso, dal momento che le uniche testimonianze scritte sono i registri delle
osservazioni di Messier.
Il Doppio Ammasso è abbastanza semplice da individuare: collocato fra Cassiopea e Perseo si trova
in corrispondenza dell’impugnatura della spada di Perseo. La costellazione di Perseo è visibile sul
finire dell’estate a tarda notte, per diventare visibile in serata durante l’autunno. Tuttavia per
individuare il Doppio Ammasso è più semplice prendere come riferimento la costellazione di
Cassiopea, ben nota grazie alla caratteristica disposizione a forma di W delle sue stelle principali.
Il Doppio Ammasso si trova lungo la linea che unisce le stelle Gamma e Delta Cassiopeae in
direzione sud – est: basta riportare due volte la distanza fra le due stelle per individuare l’ammasso,
che possiamo scorgere come una macchia lattiginosa.
Separati da circa mezzo grado, i due ammassi NGC 869 e NGC 884 si estendono per circa 1°.
Nonostante sia visibile ad occhio nudo, il Doppio Ammasso si mostra in tutta la sua maestosità
quando lo osserviamo con un binocolo: l’immagine è decisamente mozzafiato ed è impossibile non
essere rapiti dall’incredibile ricchezza dei due ammassi le cui stelle si mischiano e si confondono.
NGC 869, catalogato anche come Collinder 24 o Melotte 13, appare più concentrato e le stelli
centrali sembrano formare un Y al centro dell’ammasso con due stelle più brillanti. Al contrario
NGC 884 (Collinder 25, Melotte 14) appare più esteso e vi si possono distinguere molte figure
formate dalle stelle più brillanti.
NGC 869 e NGC 884 sono due fra i moltissimi ammassi aperti che si trovano nella Via Lattea. Gli
ammassi aperti sono formati generalmente da stelle giovani e contano un numero di stelle che può
andare da alcune decine ad alcune migliaia. Al contrario gli ammassi globulari sono formati da
stelle prevalentemente vecchie e sono costituiti da centinaia di migliaia di stelle. Gli ammassi aperti
si trovano prevalentemente nel disco della nostra Galassia a differenza degli ammassi globulari che
sono invece distribuiti nell’alone galattico. NGC 869 e NGC 884 sono collocati nel disco della Via
Lattea, nel Braccio di Perseo, ovvero uno dei bracci spirali della nostra Galassia che ci appare
proiettato in cielo nella costellazione del Perseo. Il Braccio di Perseo è una delle molte strutture che
gli astronomi hanno identificato nella Via Lattea, come il Braccio del Sagittario che vediamo in
direzione del centro galattico. Il Sole, che si trova a circa 25.000 anni luce dal centro della Galassia
appartiene a una di queste strutture denominata Braccio di Orione. Nel Braccio di Perseo troviamo
altri famosi ammassi stellari, come M 36, M 37 e M 38, situati nella costellazione dell’Auriga.
Il Doppio Ammasso si trova a circa 7000 anni luce da noi. Più precisamente, NGC 869 è il più
vicino (circa 6800 anni luce), mentre NGC 884 si trova a una distanza maggiore, circa 7600 anni
luce. Entrambi si stanno avvicinando a noi a una velocità di quasi 40 Km/s. Per farci un’idea di
quanto sia maestoso il Doppio Ammasso, consideriamo che se si trovasse alla distanza delle Pleiadi,
cioè a poco più di 400 anni luce, sarebbe grande come cinque volte la Luna Piena.
Dallo studio delle stelle dei due ammassi gli astronomi hanno ricavato che NGC 884 è il più
giovane della coppia, con poco più di 12 milioni di anni, mentre NGC 884 ha circa 19 milioni di
anni. La giovane età dei due ammassi è testimoniata dalla ricca presenza di “supergiganti blu” di
classe spettrale O e B, ovvero stelle giovani e caldissime, con temperature superficiali che possono
superare i 20 mila gradi. In entrambe gli ammassi sono visibili anche giganti rosse ovvero stelle di
grande massa che hanno già compiuto gran parte della loro evoluzione.
Infine, nei pressi del Doppio Ammasso si trova il radiante dello sciame meteorico delle Perseidi, le
Lacrime di San Lorenzo. Il radiante di uno sciame è il punto nel cielo da cui sembrano provenire
tutte le meteore appartenenti allo sciame.