LA SICILIA GRECA LE FONTI FONTI ARCHEOLOGICHE FONTI LETTERARIE • Riguardano tutto quello che l’archeologia riesce a portare alla luce dal passato • Gli scritti che uomini di scienza ci hanno lasciato su fatti e personaggi del loro tempo LE FONTI LETTERARIE Storici sicelioti • • • • Antioco Filisto Timeo Diodoro Siculo Storici greci • • • • • Erodoto Tucidide Ellanico Ecateo Plutarco Diodoro(90-27 aC.) Scrisse Biblioteca Historica, una monumentale storia universale in 40 libri Erodoto(484-425 a.C.) Le Storie Tucidide (460-399 a.C.) La guerra del Peloponneso Plutarco (46125d.C) Vite parallele: Dione Nicia Timoleonte LA SICILIA DELL’VIII SECOLO LA SICILIA DELL’VIII SECOLO • La Sicilia dell’VIII secolo non era in attesa di essere scoperta da una di quelle magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, delle quali per venticinque secoli almeno, come diceva don Fabrizio Salina nel Gattopardo, i siciliani dovettero portare il peso sulle spalle. • L’isola viveva la sua usuale vita preistorica: i Siculi ad est del Platani, i Sicani a ovest, gli Elimi sulla estrema punta d’occidente. Qualche stazione fenicia nasceva qua e là su un isolotto vicino alla costa, alla foce di un fiume o su un promontorio isolato, senza però lasciare tracce rilevanti, se non nell’estremo occidente dell’isola. • Gente venuta dall’Egeo aveva visitato le coste sicule più di mezzo millennio prima e vi aveva lasciato un’impronta. Nessuno però poteva immaginare che quell’antico contatto, quasi dimenticato, dovesse ora ricominciare. • La colonizzazione greca arrivò all’improvviso, inaspettata, penetrante e trasformò la Sicilia, nel giro di due secoli, in uno dei centri più fiorenti e dinamici del mondo antico. I COLONIZZATORI • Chi erano i colonizzatori? Non basta dire che erano Greci, ma bisogna aggiungere che erano Greci dell’VIII secolo, appena usciti da quel periodo oscuro successivo alla scomparsa della civiltà micenea e in cui avvenne la rovinosa invasione dei Dori, periodo che gli storici moderni hanno chiamato medioevo ellenico, quindi molto lontani dai Greci del V secolo che è il secolo d’oro di Pericle, il periodo più fulgido della storia greca. • Ciò non impedì che questi Greci portassero in Sicilia il loro più caratteristico istituto politico sociale che fu la polis. • A emigrare in Sicilia furono i Greci di alcune città: gli Eubei provenienti dalle città di Calcide ed Eretria, i Corinzi, i Rodii, i Cretesi, i Megaresi e gli Cnidi. Sono tutti popoli provenienti da località di mare, che conoscevano la tecnica della navigazione, il che facilitò loro l’emigrazione. • Per quanto riguarda la stirpe, i coloni erano tutti Dori, con l’eccezione degli Eubei, che erano Ioni. I COLONI GRECI Eubei di Calcide I COLONI GRECI Corinzi I COLONI GRECI Rodii I COLONI GRECI Cretesi COLONI GRECI Megaresi COLONI GRECI Cnidi LA COLONIZZAZIONE GRECA NEL MEDITERRANEO OCCIDENTALE LA DIASPORA GRECA • La diaspora dei Greci in tutto il bacino del Mediterraneo si svolse in due fasi: la prima fu quella disordinata della fuga pura e semplice sotto l’incalzare dell’invasione dorica, per cui non obbediva ad alcun programma. La gente non partiva per fondare colonie, scappava per salvare la pelle e cercò rifugio nelle isole dello Ionio e dell’Egeo perché erano le più vicine alla terraferma. • Nell’ottavo secolo cominciò il flusso migratorio organizzato a cui gli storici moderni hanno dato il nome di colonizzazione. LE COLONIE DELLA MAGNA GRECIA E DELLA SICILIA LE COLONIE DELLA MAGNA GRECIA • Nell’Italia meridionale i Greci fondarono varie colonie che formarono quella che nei secoli successivi fu chiamata Magna Grecia. • In Campania fondarono Pitecusa nell’isola d’Ischia, Cuma, Napoli, Paestum e Velia; in Basilicata Metaponto e Siri; in Puglia Taranto e in Calabria Reggio, Locri, Crotone, Caulonia e Sibari. LE COLONIE DELLA CAMPANIA PITECUSA LE COLONIE DELLA CAMPANIA CUMA LE COLONIE DELLA CAMPANIA NAPOLI LE COLONIE DELLA CAMPANIA PAESTUM LE COLONIE DELLA CAMPANIA VELIA LE COLONIE DELLA BASILICATA METAPONTO LE COLONIE DELLA PUGLIA TARANTO LE COLONIE DELLA CALABRIA REGGIO LE COLONIE DELLA CALABRIA LOCRI LE COLONIE DELLA CALABRIA CROTONE LE COLONIE DELLA CALABRIA CAULONIA LE COLONIE DELLA CALABRIA SIBARI LE ALTRE COLONIE • I coloni Greci si spinsero fino alle coste della Francia, dove fondarono Massalia, l’attuale Marsiglia e in Corsica dove fondarono Alalia. Sulla costa della Libia fondarono Cirene e sul bosforo Bisanzio. LE COLONIE DELLA FRANCIA MASSALIA LE COLONIE DELLA LIBIA CIRENE BISANZIO LE COLONIE DELLA SICILIA NAXOS (734 a.C.) KATANE (729 a.C.) LEONTINI (728 aC.) MEGARA IBLEA (728 a.C.) SELINUNTE (627 a.C.) ZANCLE (730-720 a.C.) MILAY (717 a.C.) IMERA (648 a.C.) SIRACUSA (733 a.C.) AKRAI (663 a.C.) CASMENE (643 a.C.) CAMARINA (598 a.C.) ELORO GHELAS (688 a.C.) AKRAGAS (580 a.C.) LIPARI (580-576 a.C.) LE COLONIE GRECHE IN ITALIA LA SICILIA ALL’INIZIO DEL VI SECOLO LA SICILIA NELL’VIII SECOLO LA SICILIA ALL’INIZIO DEL VI SEC. ASPETTI DELLA COLONIZZAZIONE GRECA • Natura; • Cause; • Caratteristiche e modalità di svolgimento dell’impresa coloniale. LA NATURA DELLA COLONIZZAZIONE • La colonizzazione greca fu diversa dal colonialismo moderno e da quello dell’antica Roma. • La colonia non era una dipendenza o un dominio,né un protettorato della città madre. • Non c’erano servitù politiche. • Né servitù economiche. • C’erano solo vincoli sentimentali. LE CAUSE DELLA COLONIZZAZIONE Tesi mercantilista Tesi demografica agraria • Considerava le colonie greche mercati per l’esportazione del surplus delle metropoli e per l’acquisto delle materie prime. • Questa politica mercantilistica in Grecia sarebbe stata fomentata dalla classe dei mercanti. • La colonizzazione non creò mercati monopolizzati. • Il commercio non fu la causa della colonizzazione, ma ne fu l’effetto. • Cause della colonizzazione furono: la sovrapopolazione la ristrettezza della terra, le epidemie,la siccità, le lotte intestine. LE MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELL’IMPRESA COLONIALE • I coloni venivano scelti fra gli uomini giovani e scapoli e dovevano provenire da famiglie indigenti. L’identikit del colono era questo: maschio, giovane, scapolo, povero o emarginato. • I coloni che partecipavano a una singola spedizione coloniale non dovevano superare le cinquecento unità. • Chi prendeva l’iniziativa? Secondo alcuni, i governi delle poleis. Ma altri ritengono che l’iniziativa partisse dai privati, anche in considerazione del fatto che più di una impresa coloniale ha visto la partecipazione di cittadini di poleis diverse; e nella Grecia delle poleis in perenne conflitto fra di loro, era più facile che si mettessero d’accordo privati cittadini di città diverse che le poleis stesse. I PREPARATIVI PER LA PARTENZA • Venivano armate le navi, che erano navi da guerra (le cosiddette pentecontere), preferite alle navi da trasporto in quanto più agili e più facilmente manovrabili. PENTECONTERA NAVE DA GUERRA PENTECONTERA I PREPARATIVI PER LA PARTENZA • Venivano imbarcate le armi e le sementi. • Fra i coloni ci dovevano essere un maestro d’ascia e un velaio. LA PARTENZA • La partenza della spedizione avveniva durante la bella stagione. • I coloni venivano salutati con una cerimonia religiosa. • Partiti i coloni, la città aveva esaurito il suo compito. LA ROTTA DEL VIAGGIO • La rotta si svolgeva quasi tutta sotto costa.. LA ROTTA LA ROTTA LA ROTTA IL VIAGGIO • In una giornata di navigazione la spedizione copriva un centinaio di Km. • A sera le navi si fermavano e si ancoravano o presso un isolotto o vicino alla costa. • I coloni sbarcavano e, se non c’erano pericoli, cenavano e dormivano sulla spiaggia. L’ARRIVO • A causa dei tanti pericoli, non tutte le spedizioni giunsero a destinazione. • Le navi che riuscivano a raggiungere la meta sostavano al largo. • L’ecista scrutava la costa per individuare una località idonea, possibilmente disabitata. • Il paesaggio che si presentò agli occhi dell’ecista Teocle, comandante della prima spedizione greca in Sicilia, fu questo .… NAXOS E L’ETNA LO SBARCO • Scelto il posto dall’ecista, i coloni indossavano l’armatura e scendevano a terra. • Sbarcavano le sementi e i pochi viveri rimasti. • Per prima cosa perlustravano il territorio. • Se non c’erano pericoli, si sistemavano in provvisori rifugi di fortuna. I RAPPORTI CON GLI INDIGENI I RAPPORTI CON GLI INDIGENI SICULI CALCIDESI • Cercarono la convivenza e l’integrazione con gli indigeni. CORINZI • Cercarono la sottomissione degli indigeni, ridotti spesso in schiavitù. I RAPPORTI DEI CALCIDESI CON I SICULI • Il primo incontro dei coloni calcidesi non è stato accompagnato da conflitti cruenti. • C’è stato addirittura l’episodio dei megaresi e del re siculo Hiblon, che cedette ai coloni greci una parte del suo territorio perché potessero fondare la loro colonia, che si chiamò Megara Iblea. • A Naxos e a Leontini abbiamo le prove che i primi coloni e i siculi vissero gli uni accanto agli altri. I RAPPORTI DEI CALCIDESI CON I SICULI • Le relazioni con i siculi dell’interno furono pacifiche e proficue. • I prodotti greci, soprattutto la ceramica, venivano portati all’interno attraverso le vie naturali dei fiumi. • L’architettura e le sepolture sicule si uniformarono alle usanze greche. • In cambio, i sicelioti importavano legname dalle pendici dell’Etna e i prodotti della pastorizia dalle regioni montuose. • Talvolta qualche greco, spesso un artigiano, si trasferiva all’interno. Nei centri siculi di Morgantina e Grammichele si formò un insediamento greco all’interno della comunità sicula. • Come risultato di questa continua attività di penetrazione,intorno al 500 si arrivò all’ellenizzazione dell’intera area sicula fino a Enna. • L’ellenizzazione però non distrusse la loro coscienza di Siculi e il desiderio di rimanere liberi. L’APPORTO INDIGENO • Nella cultura greca l’apporto indigeno siculo è presente. • Lo si avverte: • Nel linguaggio; • Nella toponomastica; • In certi fenomeni di sincretismo religioso. I RAPPORTI DEI COLONI CORINZI CON I SICULI • A Siracusa il quadro dei rapporti dei coloni Corinzi con i Siculi è completamente diverso. • Fin dal primo momento del loro insediamento i Corinzi sottomisero i Siculi del posto riducendoli allo stato servile. • Erodoto chiama col termine kyllirioi queste persone vinte. • Per combattere i siculi che vivevano in aree vicine, Siracusa fondò tre insediamenti strategico militari: Akrai, Casmene,Camarina. • Da queste zone i Siculi che non erano stati ridotti allo stato di kyllirioi furono respinti verso Ragusa, Modica e Ispica. • Anche i coloni di Ghelas ebbero lo stesso comportamento dei siracusani nei confronti dei siculi. I RAPPORTI CON I SICANI E GLI ELIMI • La fondazione di Imera, Selinunte e Akragas portò i Greci ai confini con i Sicani e gli Elimi. • La fondazione di Selinunte colpì gli interessi di Sicani, Elimi e Fenici che si unirono in una continua ostilità contro la città greca. • Sicani ed Elimi erano resistenti alla ellenizzazione, con l’eccezione di Segesta. • Segesta subì talmente l’ellenizzazione che adottò la scrittura greca e costruì il tempio dorico e il teatro. IL TEMPIO DORICO DI SEGESTA IL TEATRO DI SEGESTA LA SPARTIZIONE DELLA TERRA • I coloni divisero il territorio occupato in due aree: una destinata agli insediamenti abitativi e l’altra destinata all’agricoltura. • Divisero le due aree in lotti e li assegnarono a ogni colono. • È probabile che l’assegnazione sia avvenuta per sorteggio. • Comunque sia, tutti i primi coloni divennero proprietari terrieri, ma non contadini, in quanto la terra la fecero coltivare ai siculi e successivamente ai prigionieri di guerra, ridotti in schiavitù. • Questa aristocrazia fondiaria si chiamò Gamoroi a Siracusa e Hippeis a Leontini. LA VITA POLITICA E SOCIALE DEL PERIODO ARCAICO • Le comunità siceliote si trovarono presto a ricalcare il vecchio schema della madrepatria. Il potere era concentrato in mano a un gruppo di famiglie aristocratiche, formate dai discendenti dei primi coloni fondatori, organizzate come clan, che possedeva una parte preponderante della ricchezza, cioè la terra, nonché il controllo delle funzioni del culto e dell’amministrazione della giustizia. • Egualmente familiare era il male endemico che i Greci chiamavano stasis, termine che può significare tante cose: da una disputa fra fazioni a disordini civili e addirittura a una vera e propria guerra civile. Pochi esempi ne conosciamo per il periodo arcaico e hanno tutti le stesse caratteristiche, quelle cioè di un conflitto all’interno dell’oligarchia. • Nel sesto secolo l’aumento di popolazione e di ricchezza fu accompagnato da un crescendo di conflitti: tra le plebi e le oligarchie dirigenti, tra le diverse fazioni oligarchiche, tra una polis e l’altra e, in alcune zone, tra popolazioni indigene e greci. I PRIMI TIRANNI (VI-V SEC.a.C.) I PRIMI TIRANNI (VI-V SEC. a.C.) • Alcuni individui particolarmente spregiudicati, demagoghi e avventurieri, approfittarono dei disordini per impadronirsi del potere illegalmente, imbarcandosi in imprese di espansione territoriale, facendo e disfacendo governanti vassalli di altre città, massacrando e deportando intere popolazioni e dando diritto di cittadinanza a un gran numero di mercenari e immigranti. • Iniziò così il periodo che chiameremo dei primi tiranni per distinguerlo da quello dei grandi tiranni del quarto secolo. Aristotele “ E c’è una trasformazione della oligarchia nella tirannide, com’è successo in Sicilia alla maggior parte delle antiche oligarchie; così a Leontini si passò nella tirannide di Panezio, a Gela in quella di Leandro e allo stesso modo in molte altre città”. (La Politica) LE CAUSE DELLA TIRANNIDE IN SICILIA • Il fenomeno della tirannide non fu solo siciliano, ma anche greco. Solo che in Grecia il fenomeno fu transitorio e già nel V secolo era scomparso; in Sicilia, invece, esso perdurò in pratica dal VI al III secolo con brevi intervalli durante i quali si affermarono governi democratici. La tirannide pertanto si configura come un tratto caratteristico della Sicilia greca. • In Sicilia la tirannide sostanzialmente ebbe due origini: le lotte politico sociali fra una vecchia oligarchia dominante, legata alla proprietà della terra, e una nascente borghesia aperta al commercio e all’artigianato; e la lotta patriottica delle poleis siceliote contro lo straniero, identificato nel nostro caso in Cartagine. LA SICILIA DEI PRIMI TIRANNI AKRAGAS • Falaride • Alcandro • Alcamene • Terone • Trasideo GHELAS Cleandro Ippocrate Gelone Ierone SIRACUSA • • • Gelone • Ierone • Trasibulo SELINUNTE Terone Pitagora Eurileonte FALARIDE, IL PRIMO TIRANNO DI AKRAGAS • Del primo tiranno siceliota, Panezio di Leontini, conosciamo soltanto il nome. • Qualcosa di più, invece, sappiamo di Falaride, giunto al potere ad Akragas nel 572, dopo nemmeno dieci anni dalla fondazione della città. Questo dato è importante perché ci aiuta a capire l’origine della tirannide di Falaride. Questi non fu un tiranno demagogo, come altri suoi colleghi di altre città siceliote, impostosi sulla scena politica a seguito di lotte fra il popolo e le oligarchie. Perché non ci potevano essere conflitti sociali in una colonia fondata da meno di dieci anni. Le differenze sociali si creano solo nel corso di varie generazioni. Falaride non fu neppure un tiranno nato sull’onda della lotta patriottica contro Cartagine, come Dionisio nel IV secolo, perché allora non c’era nessuna minaccia cartaginese. Per cui è molto probabile che la tirannide di Falaride si impose in conseguenza di profonde lotte intestine di carattere etnico. Infatti, Akragas fu fondata da coloni di due diverse etnie: i rodii e i cretesi. Per cui è credibile che fra questi due gruppi etnici siano sorti profondi contrasti di cui seppe approfittare Falaride. FALARIDE, IL PRIMO TIRANNO DI AKRAGAS • La tradizione storiografica ci racconta che Falaride, dopo aver consolidato all’interno il suo potere, abbia esteso a oriente il territorio agrigentino oltre il corso del fiume Imera, l’attuale Salso. Ne consegue che la prima espansione territoriale di Akragas si compì ai danni di Ghelas, la sua madre patria. • Falaride cercò poi di espandersi verso occidente oltre il suo confine naturale segnato dal fiume Halicos, l’attuale Platani, e ciò fece a danno dei Sicani ai quali riuscì a strappare la media valle del fiume. AKRAGAS-LA TIRANNIDE DI FALARIDE Il confine occidentale Il confine orientale FALARIDE, IL PRIMO TIRANNO DI AKRAGAS • • • Dopo sedici anni di potere assoluto, Falaride cadde vittima di una congiura. La tradizione racconta che egli fece la stessa fine che aveva riservato ai suoi avversari, cioè arrostito, insieme alla madre, all’interno del celebre toro di bronzo, che ruggiva con la voce straziante delle vittime che vi erano rinchiuse. Questo aneddoto sul toro di bronzo viene tramandato da tutta una tradizione storiografica ostile alla tirannide. Questa tradizione narra che un artista ateniese, un certo Perilao, aveva inventato una infernale macchina di tortura: un toro di bronzo in cui venivano rinchiusi i condannati. Bastava accendere il fuoco sotto il ventre del finto animale e la vittima, urlando per il dolore, avrebbe creato l’impressione di un vero e proprio muggito. Perilao propose questo marchingegno a Falaride per usarlo contro i suoi avversari politici. L’idea entusiasmò a tal punto il tiranno che volle subito fare una prova e utilizzò come cavia lo stesso artista, facendolo arrostire dentro il suo capolavoro. Sulla figura di questo tiranno è impossibile conoscere la verità. La tradizione lo dipinge come un mostro, raccontando aneddoti simili ad altri che si raccontavano per altri tiranni siciliani, per cui viene il sospetto che fossero un clichè buono per screditare l’istituto della tirannide. LA TIRANNIDE DI FALARIDE Il toro di bronzo IPPOCRATE, TIRANNO DI GHELAS • Ad Akragas a Falaride succedettero prima Alcandro e poi Alcmene, di cui conosciamo solo i nomi. • La stessa cosa possiamo dire di Cleandro, divenuto tiranno di Ghelas. Fu assassinato dopo sette anni e sostituito dal fratello Ippocrate. • Ippocrate è la prima grande figura di tiranno che iniziò una politica di espansione nei riguardi delle altre città siceliote. E così il tiranno di Ghelas conquistò una dopo l’altra le città di Zancle, Naxos e Leontini e mise a capo di queste città tiranni a lui fedeli. • Ippocrate morì in battaglia nel 491 durante una campagna militare contro i siculi, sulle pendici dell’Etna. GELONE – TIRANNO DI GHELAS E SIRACUSA (491-478 a.C.) GELONE • A Ippocrate successe Gelone, anche lui esponente dell’oligarchia gelese. • Intanto nel panorama politico siciliano si era inserita Cartagine, la città fenicia del nord Africa diventata la città più grande e più potente dei Fenici d’occidente. Cartagine in Sicilia si ritagliò il ruolo di protettrice e garante delle città fenicie e con questa scusa riuscì a esercitare un ruolo egemone nei riguardi di tutto il mondo punico e un ruolo di avversario del mondo greco siciliano. • Gelone seppe approfittare della presenza cartaginese in Sicilia per unire le diverse forze interne ed esterne dietro la bandiera della difesa e della liberazione dal barbaro, ingigantendo un pericolo che, se non era destituito del tutto di fondamento, non era certo così imminente e immanente come egli tendeva a presentarlo. I dittatori di ogni epoca e di ogni luogo, per accrescere il consenso interno, hanno bisogno di nemici esterni e, quando questi non ci sono, se li inventano. GELONE • • • • Intanto nel 488 era diventato tiranno di Akragas Terone col quale Gelone stipulò un’alleanza, sancita da uno scambio di matrimoni: Gelone sposò la figlia di Terone, Damareta, e Terone una nipote di Gelone. A Siracusa il popolo insieme agli schiavi siculi insorse e riuscì a cacciare dalla città i Gamorai che, rifugiatisi a Kasmene, chiesero l’aiuto di Gelone, il quale colse la palla al balzo per intervenire con l’esercito. Erodoto narra che Gelone fece rientrare i Gamorai a Siracusa e il popolo siracusano, conclude lo storico greco, gli consegnò la città e se stesso. Gelone affidò Ghelas al fratello Ierone e si trasferì a Siracusa. Questa in pochi anni fu trasformata. Gelone voleva offrire un’immagine della città corrispondente alla sua potenza. Fu così iniziata un’imponente attività monumentale con la quale il tiranno volle appagare gli orgogli campanilistici dei siracusani. In solo dieci anni Gelone era diventato l’uomo più potente del mondo greco, forse di tutta l’Europa. I Greci della madre patria lo sapevano e nel 481 mandarono un’ambasceria a Siracusa per chiedere aiuto contro i Persiani che stavano per invadere la Grecia. Gelone si offrì di rifornire di grano l’esercito greco per tutta la durata della guerra e di mandare in Grecia 200 navi con 25.000 uomini, a condizione di essere nominato comandante in capo della coalizione greca. La condizione era inaccettabile, per cui l’offerta fu rifiutata. LA BATTAGLIA DI IMERA (480 a.C.) • Nel 483 il tiranno di Akragas Terone attaccò Imera, governata dal tiranno filopunico Terillo, che si rifugiò nell’area di influenza fenicia e chiese l’aiuto di Cartagine. Questa, che vedeva minacciati i suoi interessi dalla politica espansionistica di Gelone e Terone, preparò una grande spedizione reclutando mercenari in tutto il Mediterraneo. • La tradizione storica presenta lo scontro fra Greci e Cartaginesi sullo stesso piano di quello che si delinea nello stesso tempo in Grecia con la discesa dei Persiani. Se, accanto alla contemporaneità, si debba riconoscere anche una deliberata concertazione di piani tra Cartagine e la Persia, è tutt’ora materia di discussione, originata da Eforo. Secondo questo storico, Serse avrebbe inviato un’ambasceria a Cartagine per concordare un’azione congiunta contro i Greci, in base alla quale egli avrebbe attaccato i Greci del continente, Cartagine quelli della Sicilia. LA BATTAGLIA DI IMERA (480 a.C.) • Nell’estate del 480, l’immensa flotta di Amilcare sbarcò a Panormos l’esercito cartaginese che subito mosse verso Imera, dove erano accampati gli eserciti siracusani e agrigentini. La battaglia fu violenta e sanguinosa, ma la morte di Amilcare ne decise le sorti in favore dei Greci. • Erodoto dice che la battaglia di Imera fu disputata lo stesso giorno di quella di Salamina, dove i Greci sconfissero i Persiani. Comunque siano andate le cose, il fatto è che l’elemento greco ad oriente fermò definitivamente il pericolo persiano, mentre ad occidente riuscì a fermare Cartagine, pur senza riuscire ad eliminarne la presenza dall’isola, cosa questa che non riuscirà neanche ai successori di Gelone, ma soltanto ai Romani. LE DUE GRANDI BATTAGLIE COMBATTUTE LO STESSO GIORNO? Battaglia di Imera Battaglia di Salamina LE CONSEGUENZE DELLA VITTORIA DI IMERA • • • • • Il vero vincitore di Imera fu Gelone; la scommessa che aveva fato con i suoi sudditi siracusani allorchè, in vista della guerra, aveva contratto ingenti debiti per le spese militari, era splendidamente vinta. Tutte quelle città che, direttamente o indirettamente, avevano militato dalla parte di Cartagine, si affrettarono a salire sul carro del vincitore, stipulando alleanze con Siracusa che, in tal modo, potè allargare la sua sfera di influenza. Gelone si mostrò generoso con Cartagine. Le clausole del trattato di pace furono assai miti per la potenza africana, prevedendo soltanto una indennità di guerra di duemila talenti d’argento e la costruzione di due templi. Una certa tradizione narra che nel trattato c’era una clausola con la quale Cartagine si impegnava a non praticare più il rito del sacrificio dei bambini. La clausola, se vera, rientrava tra le misure propagandistiche intraprese da Gelone nei confronti dei sicelioti, cui si voleva presentare nel ruolo di tutore dei diritti umani. In effetti, la mitezza del trattato di pace era stata ispirata al tiranno di Siracusa da un realistico esame del quadro politico creatosi con la vittoria di Imera, in seguito alla quale l’alleato Terone aveva consolidato la propria posizione ad Akragas e rappresentava un potenziale concorrente al controllo della Sicilia. Un’eccesiva mortificazione punica sarebbe tornata a vantaggio anzitutto del tiranno di Agrigento, il cui territorio era il più vicino al territorio controllato da Cartagine. DAMARATEION • A ricordo della vittoria di Imera, Siracusa coniò una splendida moneta d’argento, il Damarateion, che costituì il primo esempio, storicamente accertato, di medaglia commemorativa. • Questa bellissima moneta oltre a essere memoria di un importante evento è pure una grande opera d’arte. Sul diritto c’è raffigurata la quadriga dopo l’arrivo vittorioso. Il cocchio, visto di profilo, mostra tre dei quattro cavalli con le sottili zampe ancora scalpitanti e con le teste che si muovono con impazienza. Nell’altra faccia c’è un bellissimo volto femminile, il viso di Aretusa, con il capo ornato da una corona di ulivo, circondato dal rincorrersi dei delfini. DAMARATEION LE CONSEGUENZE DELLA VITTORIA DI IMERA • La vittoria di Imera procurò alle poleis siceliote una grande massa di prigionieri di guerra, che costituì forza lavoro a basso costo nelle mani dei tiranni. Se ne avvalsero, in particolare, gli agrigentini che li usarono per abbellire la città e coltivare la terra. Le campagne agrigentine divennero le più prospere dell’intero bacino del Mediterraneo. Producevano una quantità enorme di vino e olio d’oliva della migliore qualità, che gli agrigentini esportavano fino a Cartagine che fu il loro più ricco mercato. • La ricchezza di Akragas assunse proporzioni sbalorditive con manifestazioni di lusso smodato. La cantina privata di un certo Tellias aveva una capacità di 13.000 litri, uno sproposito per quel tempo. • A proposito del gusto degli agrigentini per lo strabiliante e lo spettacolare, si narra che, in occasione di un matrimonio, il padre della sposa avesse distribuito a ogni negoziante legna da ardere e fiaccole con l’ordine di accendere i fuochi contemporaneamente quando avessero visto il fuoco accendersi sull’acropoli. Così, nel momento in cui la sposa varcava la soglia della nuova casa, l’intera Akragas si illuminò improvvisamente con un effetto che sbalordì gli abitanti e gli stranieri presenti in città. LE CONSETGUENZE DELLA VITTORIA DI IMERA • Se le manifestazioni private di ricchezza erano tanto fastose, non lo erano meno quelle pubbliche. • Nella valle che oggi chiamiamo dei templi sorgeva il complesso sacro più grandioso di tutta la grecità. C’era il più grande tempio dell’antichità, l’Olympeion, lungo 112 metri e largo 56 metri (le dimensioni di un campo di calcio regolamentare); c’erano ancora i templi di Demetra e Kore, di Giunone Lacinia, di Castore e Polluce e il tempio della Concordia, tutti iniziati dopo il 480. L’OLIMPEION DI AKRAGAS Rovine Ricostruzione Il Tempio di Demetra e Kore Il tempio di Giunone Lacinia Il tempio di Castore e Polluce Il tempio della Concordia Aristotele “Il tiranno deve mostrarsi sempre assai zelante del culto divino, chè i sudditi hanno meno timore di subire ingiustizie da parte di gente di tal sorta se sono convinti che il loro signore è religioso e si preoccupa degli dei, e meno lo contrastano sapendo che gli dei sono suoi alleati”. LA FINE DELLE TIRANNIDI • • • • • • Gelone stava raccogliendo i frutti della sua politica, ristabilendo ordine e benessere nelle poleis di quello che era ormai il più ampio e potente Stato d’occidente, quando una improvvisa malattia lo portò alla morte, lasciandogli appena il tempo di designare il suo successore nel fratello Ierone, che già gli era subentrato a Ghelas. Ierone viene ricordato dallo storico Timeo come avido e violento e non godette dello stesso favore del fratello Gelone presso i sudditi siracusani. Nel 472 ad Akragas morì anche Terone a cui successe Trasideo. I successori di Gelone e Terone non furono alla loro altezza, per cui i cittadini si ribellarono e scacciarono i tiranni da tutte le città siceliote. Si concluse così quella fase della storia siciliana incentrata sulle grandi tirannidi di Ghelas, Akragas e Siracusa. Nella caduta delle tirannidi giocarono un ruolo importante i contrasti personali tra e nelle famiglie regnanti, come annotava Aristotele, ma fu detrminante l’inferiorità di statura umana e politica dei successori di Gelone e Terone, mentre uno Stato costruito con la forza e con l’oppressione avrebbe richiesto più vigore e più capacità di governo da parte di chi ereditava il potere. La tirannide per sua natura poggiava sulla personalità del singolo tiranno. La monarchia tradizionale può sopravvivere a un re debole, la tirannide no. Per concludere, a parte le considerazioni di ordine morale, c’è da riconoscere che la Sicilia dei tiranni visse un lungo periodo di prosperità e per i sicelioti l’esperienza tirannica fu tutto sommato positiva. Voltaire In un passo sprezzante sui siciliani “quasi sempre odianti i suoi padroni stranieri in rivolta contro di loro, senza peraltro compiere veri sforzi degni della libertà”, aggiunse che sotto i suoi tiranni la Sicilia “per lo meno contava qualche cosa nel mondo”. INTERLUDIO DEMOCRATICO 466-405 a.C. INTERLUDIO DEMOCRATICO • • • • • Con il crollo delle tirannidi, in tutte le città siceliote si instaurarono regimi democratici. Fu un breve interludio democratico durato 60 anni, dal 466 al 405, quando tornarono le tirannidi. In questo periodo, narra Diodoro, la Sicilia godette di grande prosperità, grazie anche ai vantaggi della pace. In realtà, la pace all’interno delle singole città era tutt’altro che stabile. Uno degli ostacoli maggiori per la pace era rappresentato dai mercenari stranieri. Gelone a Siracusa ne aveva assoldati più di 10.000, concedendo loro anche la cittadinanza. Di questi mercenari ne restavano più di 7.000, che reclamavano parità di diritti con gli altri cittadini. Da qui la rivolta dei mercenari, a stento domata dai vecchi cittadini. C’era poi il problema degli esuli e dei fuoriusciti che, con la caduta delle tirannidi, rientrarono nelle loro città. Questi spostamenti di popolazione crearono una grande confusione nei rapporti di proprietà, in quanto le case e le terre venivano confiscate e redistribuite ogni volta che si verificava un nuovo spostamento. Ne seguirono molte cause legali. Cicerone scrive che fu in questo periodo che in Sicilia si sviluppò l’oratoria forense e furono scritti i primi manuali di retorica da Corace di Siracusa e dal suo discepolo Tisia. IL REGIME DEMOCRATICO A SIRACUSA • A Siracusa, la sola città per cui disponiamo di notizie certe, il governo era molto simile a quello di Atene. • La massima autorità politica risiedeva nell’Assemblea Popolare formata da tutti i cittadini maschi adulti. Qui, in seguito a libero dibattito, erano approvate le leggi, si decideva la politica estera e militare e ogni anno si sceglievano i magistrati dello Stato, quindici generali, investiti di autorità politica e militare. C’era inoltre un Consiglio (la bulè) che faceva il lavoro preparatorio per l’Assemblea. • Il Consiglio e i funzionari civili non erano estratti a sorte come ad Atene, bensì eletti, e questo sistema costituiva nel concetto greco una limitazione alla piena democrazia. Perciò Aristotele definì la costituzione siracusana una politeia piuttosto che una democrazia, distinzione non traducibile nella lingua e nel pensiero moderno. Gli storici usano i termini convenzionali di democrazia moderata e di democrazia radicale. IL PETALISMO • La paura della tirannide indusse i siracusani ad imitare gli ateniesi e ad introdurre nel loro ordinamento un procedimento inteso ad espellere, per la durata di un quinquennio, coloro che, per aver conseguito troppa forza politica, destassero il sospetto di mirare alla tirannide. • Il petalismo (così si chiamò a Siracusa l’equivalente dell’ostracismo ateniese, perché i nomi dei candidati all’esilio erano scritti su foglie di ulivo) ebbe vita breve, perché si rivelò dannoso per la città. Infatti, i siracusani migliori, per timore di essere petalizzati, si astenevano dalla vita pubblica, lasciando il campo libero ai cittadini peggiori. ESILIO COMMINATO AI CITTADINI RITENUTI PERICOLOSI PER LO STATO Ostracismo ad Atene Petalismo a Siracusa DUCEZIO • • • • • • Durante i regimi democratici i Greci cessarono la loro politica di aggressione e di controllo del mondo indigeno. La sorte volle che, in questo contesto, si affermasse un abile e intraprendente capo siculo, Ducezio, esponente di una eminente famiglia sicula, originario di Noto o di Novara di Sicilia. Nulla sappiamo sulle ragioni per cui la famiglia di Ducezio godeva di particolare autorità fra le genti sicule, né di che cosa si avvalse il capo indigeno per riuscire a riunire le numerose tribù dei siculi sparse sui monti Erei e Iblei, dando ad essi compattezza etnica, politica e militare. I modelli di vita e di cultura delle poleis greche dovettero esercitare una profonda influenza su questo capo siculo, che cercò di organizzare alla maniera greca il suo popolo a cominciare dalla fondazione di nuovi insediamenti. Così Ducezio nel 459 fondò la città di Menai con lo scopo di passare dalla realtà del villaggio alla costituzione di una polis. Nel 453 nella vallata del fiume Caltagirone fondò Palikè e quindi conquistò Morgantina e Inessa. A questo punto lo scontro con gli eserciti di Siracusa e di Akragas era inevitabile. I greci dopo aver subito una prima sconfitta, alla fine riuscirono ad aver la meglio sull’esercito siculo di Ducezio. Abbandonato dai suoi, Ducezio si rifugiò a Siracusa dove chiese asilo politico. I siracusani lo mandarono in esilio a Corinto, da dove scappò per rientrare in Sicilia dove, sulla costa settentrionale vicino all’attuale Caronia, fondò la città di Kalè Aktè (bella spiaggia), dove visse gli ultimi anni della sua vita. Con la morte di Ducezio si concludeva la più importante esperienza politica dei siculi. Il tentativo di Ducezio di dare unità e autonomia politica al suo popolo era fallito perché i Siculi, con le loro strutture tribali, non erano ancora in grado di recepire le nuove idee del loro capo. DUCEZIO FONDA MENAI MENAI, L’ANTICA MINEO DUCEZIO FONDA PALIKE’ DUCEZIO CONQUISTA MORGANTINA INESSA, L’ANTICA PATERNO’? INESSA,L’ANTICA SANTA MARIA DI LICODIA? DUCEZIO FONDA KALE’ AKTE’ Caronia ATENE I PRIMI INTERVENTI DI ATENE IN SICILIA • • • • • Durante il periodo delle democrazie siceliote, Cartagine non si mosse, anche perché aveva motivi di preoccupazione in Africa. Inoltre i rapporti con i Greci di Sicilia erano tanto amichevoli da permettere l’insediamento di un nucleo di commercianti cartaginesi a Siracusa e in altre città. E ciò sta a dimostrare che non c’era quell’odio razziale fra i due popoli, che diverse fonti storiche antiche e moderne enfatizzano. Ma se Cartagine era tranquilla, un’altra potenza stava per affacciarsi sullo scenario siciliano e questa volta non si trattava di un barbaro, ma di una potenza greca, Atene. Questa città, dopo aver sconfitto i Persiani, era diventata la potenza egemone dell’Egeo. Era inevitabile che si volgesse a perseguire obiettivi politico commerciali anche in occidente e particolarmente in Sicilia, dove la città greca aveva molti amici. La Sicilia era essenziale all’economia ateniese, in quanto riserva inesauribile di grano ed era naturale che una presenza commerciale comportasse anche una presenza politica, a tutela e garanzia della prima. In tale ottica si spiega l’intervento ateniese nel 433 in soccorso di Katane con una piccola flotta comandata da Lampone. L’impresa, che doveva avere un carattere esplorativo in vista di più ampi interventi, ebbe esito positivo. I PRIMI INTERVENTI DI ATENE IN SICILIA • La seconda fase dell’attenzione di Atene verso la Sicilia risale all’epoca della guerra del Peloponneso, durante la quale l’isola venne indirettamente coinvolta nel conflitto tra le due maggiori potenze, Atene e Sparta, che entrambi miravano all’isola come a una fonte di risorse necessarie ai rispettivi imperi. • All’inizio della guerra del Peloponneso, nel 431, da parte degli Spartani, scrive Tucidide, fu chiesto ai popoli dell’Italia e della Sicilia, che si erano schierati con loro, di costruire un numero di navi proporzionato alla grandezza di ciascuna città. Siracusa allestì cento navi triremi, ma nessuna città intervenne con soldati. L’aiuto che Siracusa dette a Sparta consistette soprattutto nell’invio di grano. I PRIMI INTERVENTI DI ATENE IN SICILIA • Nel 427 scoppiò in Sicilia un conflitto fra Siracusa e Leontini, che coinvolse quasi tutte le città siceliote: Imera, Ghelas e Selinunte dalla parte di Siracusa; Camarina, Katane e Naxos dalla parte di Leontini. Akragas rimase neutrale. • I leontini chiesero aiuto ad Atene, che inviò in Sicilia una flotta di quaranta navi sotto il comando di Eurimedonte e di Sofocle. La conseguenza inattesa fu che le poleis siceliote si rammentarono che la propria indipendenza veniva prima di tutto. • Venne convocata a Ghelas una conferenza di pace di tutte le città siceliote, durante la quale il siracusano Ermocrate, l’unica vera personalità che emerge dai documenti storici della Sicilia di questo periodo, pronunciò un appassionato discorso per perorare la pace fra tutti i siciliani, perché altrimenti sarebbero stati sopraffatti dagli ateniesi, il cui unico scopo era quello di assoggettare tutta la Sicilia. E così la pace fu firmata con lo slogan “la Sicilia ai Siciliani”. ERMOCRATE DI SIRACUSA LEONTINI E SEGESTA INVOCANO L’INTERVENTO DI ATENE • • • • Ad Eurimedonte e a Sofocle non restò che prendere atto della nuova situazione e far ritorno in patria. Ad Atene non restava che attendere una nuova occasione per potere intervenire ancora in Sicilia e l’occasione si concretizzò molto presto. A Leontini i democratici favorirono un allargamento del diritto di cittadinanza, con conseguente redistribuzione delle terre, la qual cosa non fu gradita ai vecchi proprietari, che, con l’aiuto di Siracusa, espulsero dalla città la parte popolare, che chiese l’aiuto di Atene. Nello stesso tempo anche Segesta che, tanto per cambiare, era in guerra con Selinunte, chiese l’intervento di Atene. Segesta assicurò gli ateniesi di potersi fare carico dei costi della guerra, facendo presente di possedere grandi ricchezze. Atene inviò ambasciatori per rendersi conto della situazione e dell’attendibilità delle offerte finanziarie di Segesta. I messi ateniesi rimasero impressionati dal grande tempio e dagli oggetti preziosi che i segestani spostavano da una parte all’altra, inseguendo gli spostamenti degli ambasciatori. Atene decise di intervenire in Sicilia con una grande flotta i cui comandanti erano Alcibiade, Nicia e Lamaco, perché, dice Tucidide, “aiutassero i segestani contro i selinuntini, ristabilissero in patria i leontini se l’andamento della guerra lo consentisse, e, per il resto,sistemassero le cose in Sicilia nei modi che ravvisassero più vantaggiosi per Atene”. In realtà l’obiettivo non dichiarato di Atene era Siracusa. LA SPEDIZIONE ATENIESE IN SICILIA • Sulla grande spedizione ateniese in Sicilia è andata perduta la storiografia siceliota, per cui la sua conoscenza è per noi affidata essenzialmente alla versione di Tucidide, e dunque a un’ottica pur sempre ateniese, anche se condotta con profondo rigore intellettuale, com’è nel costume del grande storico greco. • Tucidide per prima cosa ci informa del grande e appassionato dibattito avvenuto nell’Assemblea Popolare di Atene sull’opportunità della spedizione. Ne sono testimonianza gli opposti discorsi tenuti da Nicia che, contro la sua volontà, era stato scelto a guidare la spedizione e riteneva che Atene non avesse preso una saggia decisione, e da Alcibiade smanioso di esercitare il comando e speranzoso di riuscire a conquistare la Sicilia. Nicia (Atene 470 a.C.Siracusa 413 a.C) Era il rampollo d’una nobile dinastia ateniese, uno degli uomini più ricchi di Atene. Era molto pio e superstizioso. Alcibiade (450-404 a.C.) Giovane squattrinato, in compenso possedeva la bellezza, lo spirito, il coraggio e l’insolenza che lo rendevano bene accetto nei salotti culturali di Atene. Figlio di una cugina di Pericle era cresciuto in casa di costui. Faceva parte del gruppo di giovani intellettuali che Socrate esercitava all’arte del ragionamento. Era un guerrafondaio. DAL DISCORSO DI ALCIBIADE SULLA SICILIA ALL’ASSEMBLEA POPOLARE • “In Sicilia le città vi brulicano di uomini di razze diverse, per la facilità con cui cambiano e accolgono i cittadini. Nessuno per questo motivo si provvede di armi, come farebbe invece in difesa della propria patria, né per la sicurezza personale, né per la tutela del territorio; ognuno si preoccupa solo di procurarsi o con l’efficacia della parola o con la rivolta, prendendolo dal patrimonio comune, quanto ritiene necessario per potere, in caso d’insuccesso, trasferirsi altrove. E non è verisimile che un’accozzaglia di tal fatta possa intraprendere una qualsiasi azione con unità ‘intenti”. DAL DISCORSO DI NICIA SULLA SICILIA ALL’ASSEMBLEA POPOLARE DI ATENE • “La Sicilia è fatta di grandi città, non soggette le une alle altre e che non sentono il bisogno di cambiare regime, come accade quando da una forzata schiavitù si è disposti di buon grado a passare a una condizione migliore, né son disposte a barattare la libertà con il nostro dominio, tanto più che sono molte, in rapporto al fatto di trovarsi tutte in un’unica isola, le poleis greche. Senza contare infatti Naxos e Catania, che spero si uniranno a noi per il vincolo di stirpe con Leontini, ve ne sono altre sette, in tutto organizzate al pari di noi, e in specie quelle contro cui ci muoviamo, Selinunte e Siracusa.Hanno opliti, arcieri e lanciatori di giavellotto in gran numero, molte triremi e abbondanti equipaggi; hanno denaro privato e i Selinuntini ne hanno anche nei templi. Siracusa può contare sui tributi che le versano alcuni popoli barbari, e, soprattutto, sono avvantaggiati su di noi per il fatto che possiedono molti cavalli e dispongono di grano senza doverlo importare”. LO SCANDALO DELLE MUTILAZIONI DELLE ERME • La spedizione ateniese non nacque sotto i migliori auspici. Infatti, la notte prima della partenza furono mutilate tutte le Erme poste nelle strade di Atene. Erano dei cippi sormontati dal busto del dio Ermes e forniti di un vistoso attributo fallico. • Di questo atto sacrilego fu accusato Alcibiade che, si diceva, non era nuovo ad atti del genere. LO SCANDALO DELLA MUTILAZIONE DELLE ERME AD ATENE LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA • Estate del 415: partenza per la Sicilia della flotta ateniese, comprendente 250 navi e 25.000 uomini. • In Italia incontra l’ostilità delle città greche. • In Sicilia il reclutamento di alleati non ebbe il successo sperato. • Naxos, Camarina, Segesta e la maggior parte dei siculi appoggiarono Atene; Zancle e Akragas rimasero neutrali. • Alcibiade fu richiamato ad Atene per essere giudicato sull’affare delle Erme e nel viaggio di ritorno scappò a Sparta. LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA • L’esercito ateniese, accampato a Catania, sprecò molti mesi alla ricerca di alleati, dando a Siracusa il tempo di potenziare le sue difese. • All’inizio dell’inverno del 415 gli ateniesi attaccarono Siracusa, riuscendo a sbarcare nei pressi del tempio di Zeus. IL TEMPIO DI ZEUS A SIRACUSA LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA • Con l’arrivo dell’inverno, i contendenti pattuirono una tregua e l’esercito ateniese fece ritorno al quartier generale di Catania. • A Siracusa furono affidati i pieni poteri a tre strateghi, di cui uno era Ermocrate. • Vennero inviati messi a Corinto e Sparta per sollecitare aiuti e la ripresa sul continente della guerra contro Atene per distoglierla dall’impegno in Sicilia. • A Sparta anche l’esule Alcibiade incitò gli spartani a riprendere la guerra contro Atene. • Sparta inviò rinforzi a Siracusa sotto la guida di Gilippo. LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA • All’inizio della primavera del 414 gli ateniesi ripresero le ostilità e riuscirono ad occupare la collina delle Epipole. • In uno dei tanti scontri morì Lamaco, per cui unico capo rimase Nicia. • I siracusani stavano per soccombere quando giunsero gli aiuti spartani,che si unirono agli assediati. • Ora la situazione cambiò a favore dei siracusani. LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA • Nicia, vedendo che la situazione si faceva critica, mandò un drammatico messaggio ad Atene, chiedendo cospicui soccorsi o l’autorizzazione ad abbandonare l’impresa. • Atene inviò in Sicilia due nuovi strateghi, Demostene ed Eurimedonte; quest’ultimo partì subito con 10 navi, mentre Demostene con il grosso degli aiuti partì nella successiva primavera. • Quando Demostene giunse in Sicilia, gli ateniesi avevano subito una dura sconfitta navale. LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA • Demostene voleva abbandonare Siracusa finchè la flotta aveva la possibilità di allontanarsi. Nicia, timoroso della reazione di Atene, si oppose. • Il dissidio fra i due strateghi fu causa di indugi e ritardi che furono fatali per gli ateniesi. • Quando anche Nicia si convinse che era opportuno partire, una eclissi lunare bloccò la partenza. • Allora i siracusani sferrarono un decisivo attacco per mare e per terra, che portò alla distruzione di quasi tutta la flotta ateniese. La guerra fra Atene e Siracusa • Inseguiti dai siracusani e dagli spartani di Gilippo, gli ateniesi furono massacrati sulle rive del fiume Assinaro • Molti superstiti furono catturati da privati cittadini che li fecero loro schiavi. Altri 7.000 furono rinchiusi nelle latomie a tagliare pietra per i palazzi di Siracusa • Nicia e Demostene furono torturati e giustiziati contro il parere di Gilippo e di Ermocrate. • Solo un piccolo gruppo riuscì a tornare in patria, perché, racconta Strabone, sapevano recitare a memoria alcuni cori di Euripide. • Siracusa aveva umiliato la più grande potenza navale e mercantile, acquisendo grande prestigio, mentre Atene non si risollevò mai più da quel disastro . • La vittoria però non portò la pace né a Siracusa, né alla Sicilia. LATOMIE CARTAGINE CONTRO SELINUNTE E IMERA • A Siracusa il partito popolare, guidato dal generale Diocle, si impadronì del potere. • In Sicilia esplose l’ennesimo conflitto fra Selinunte e Segesta; quest’ultima chiese aiuto a Cartagine. • Cartagine inviò un esercito al comando di Annibale. • Selinunte cadde nel 409 in nove giorni. • Questa splendida polis greca la vogliamo ricordare con le seguenti immagini…… SELINUNTE SELINUNTE COM’ERA LA COLLINA ORIENTALE CON I TEMPLI E–F-G IL TEMPIO E DEDICATO A ERA IL TEMPIO F DEDICATO AD ATENA O A DIONISIO IL TEMPIO G DEDICATO A ZEUS SELINUNTE COM’ERA L’ACROPOLI L’ACROPOLI VISTA DAL MARE CON I TEMPLI A – B – C- D - O IL TEMPIO A DEDICATO A CASTORE E POLLUCE IL TEMPIO B NOTO COME TEMPIO DI EMPEDOCLE IL TEMPIO C DEDICATO AD APOLLO IL TEMPIO D DEDICATO AD ATENA IL TEMPIO O SELINUNTE COM’ERA L’AREA OCCIDENTALE SANTUARIO DI DEMETRA MALOPHOROS LE NECROPOLI SELINUNTE COM’E’ OGGI LA COLLINA ORIENTALE IL TEMPIO E DEDICATO A ERA Dopo l’anastilosi del 1959 IL TEMPIO E IL TEMPIO E IL TEMPIO E IL TEMPIO E IL TEMPIO G DEDICATO A ZEUS IL TEMPIO G DEDICATO A ZEUS SELINUNTE COM’E’ OGGI L’ACROPOLI IL TEMPIO C DEDICATO AD APOLLO IL TEMPIO C IL TEMPIO C IL TEMPIO C PRIMA DELL’ANASTILOSI DEL 1925 IL TEMPIO C DOPO L’ANASTILOSI DEL 1925 SELINUNTE COM’E’ OGGI L’AREA OCCIDENTALE IL SANTUARIO DI DEMETRA MALOPHOROS IL SANTUARIO DI DEMETRA MALOPHOROS LE CAVE DI CUSA da cui provenivano i rocchi per i templi L’ESTRAZIONE DEI BLOCCHI IL TRASPORTO DEI BLOCCHI LA FASE FINALE LA PIU’ GRANDE FORNACE DELL’ANTICHITA’ LA PIU’ GRANDE FORNACE DELL’ANTICHITA’ CARTAGINE CONTRO IMERA • Distrutta Selinunte, Annibale mosse contro Imera, a difesa della quale accorsero i siracusani di Diocle. • A distanza di 80 anni si ripropose, sullo stesso teatro di guerra, il medesimo schieramento, ma l’esito fu capovolto. LA GRANDE NECROPOLI DI IMERA CARTAGINE CONTRO SELINUNTE E IMERA • Annibale sciolse l’esercito e fece ritorno a Cartagine. • Frattanto il siracusano Ermocrate tornò dall’esilio per riconquistare il potere con l’appoggio del partito oligarchico. • Seguirono tafferugli con i sostenitori del partito democratico che ebbero la meglio. • Ermocrate fu ucciso e i suoi seguaci furono esiliati. • Riuscì a salvarsi, perché si finse morto, Dionisio. Platone “Come si profilò l’estremo pericolo per la Sicilia greca di essere completamente assoggettata e resa barbara dai Cartaginesi, allora si scelsero come capi Dionisio, un giovane e valente guerriero, e il più anziano Ipparino come consigliere; ad essi, per la salvezza della Sicilia, conferirono titolo e potere di tiranno”. DIONISIO DIONISIO • Nella primavera del 406 i Cartaginesi tornarono in Sicilia. • Il primo bersaglio fu la ricca Akragas, assediata per otto mesi. • A dicembre Akragas fu conquistata e saccheggiata e la popolazione si trasferì a Leontini. • Quindi Cartagine attaccò Ghelas. DIONISIO • A Siracusa, in una infuocata seduta dell’assemblea popolare, il giovane Dionisio mise sotto accusa tutti i generali per come avevano condotto la guerra ad Akragas. • L’Assemblea destituì gli strateghi ed elesse un nuovo Consiglio, di cui fece parte lo stesso Dionisio. • Durante la guerra di Gela, Dionisio accusò di nuovo i generali suoi colleghi di corruzione e tradimento. L’Assembea popolare li destituì e nominò Dionisio strategòs autocrator. DIONISIO • Per rafforzare il suo potere, Dionisio simulò un attentato contro la sua persona, per cui si fece autorizzare dall’Assemblea Popolare una guardia del corpo. • Ormai padrone di Siracusa, affidò i comandi militari a persone di sua fiducia, richiamò gli esuli e, per allearsi l’aristocrazia, sposò la figlia di Ermocrate. DIONISIO • Intanto i cartaginesi, sconfitte Akragas e Ghelas, se ne tornarono in Africa, a causa, dice Diodoro, della peste che era scoppiata nelle loro fila. • Dionisio firmò il trattato di pace con Cartagine. DIONISIO • Il trattato prevedeva che: • Gli insediamenti punici, elimi e sicani sarebbero appartenuti a Cartagine; • Le popolazioni di Selinunte, Akragas, Imera, Gela e Camarina furono autorizzate a tornare nelle loro città a condizione di non erigere fortificazioni e di pagare un tributo a Cartagine; • Leontini, Messene e i siculi dovevano essere liberi e autonomi; • Dionisio doveva governare a Siracusa. DIONISIO • Fortificò l’Ortigia; • Rafforzò l’esercito; • Continuò una politica matrimoniale tendente a nuove alleanze; • Lasciò in vita l’Assemblea Popolare, poiché era ormai addomesticata; • Il governo di Dionisio fu molto popolare. Lo stesso Timeo, a lui ostile, narra episodi favorevoli al tiranno, come quello della spada di Damocle. DIONISIO La spada di Damocle DIONISIO • Il regno di Dionisio durò 38 anni dal 406 al 368 anno della sua morte e fu tutto un susseguirsi di guerre. LE GUERRE DI DIONISIO • • • • Prima guerra contro Cartagine nel 406/405; Seconda guerra contro Cartagine 398/392; Guerra contro gli italioti; Intervento in Adriatico dove fondò Lissos, Pharos, Ancona e Adria; • Terza guerra contro Cartagine; • Interventi in Magna Grecia dal 383 al 374; • Quarta guerra contro Cartagine del 368. LO STATO DI DIONISIO • In questo modo Dionisio costruì il più grande Stato territoriale della grecità che comprendeva: • Tutta la Sicilia,ad eccezione dell’estremità ocidentale dalla foce del fiume Alico; • La punta dello stivale fino al golfo di Taranto. SIRACUSA CAPITALE DELLO STATO DI DIONISIO • Capitale di questo grande Stato territoriale fu Siracusa, la città sempre al centro della vita politica e culturale del mediterraneo. • A Siracusa si erano rivolte le città greche al momento dell’invasione persiana. • A Siracusa si era recato Eschilo ed aveva dato rappresentazioni memorabili. • Su Siracusa aveva puntato Alcibiade, persuaso che lì fosse, per Atene, la base di un nuovo impero. • A Siracusa Platone cercherà di realizzare il suo Stato ideale. SPESE E RISORSE DELLO STATO DI DIONISIO Spese • Per l’esercito; • Per la guardia del corpo; • Per gli operai impegnati nelle fortificazioni, nella costruzione di navi e armi e in tutte le opere pubbliche della città; • Per premi, doni, feste. Risorse • Fondi sacri; • Imposte straordinarie; • Coniazione di monete; • Razzie e prigionieri di guerra. DIONISIO PIU’CHE FONDATORE DI CITTA’ NE FU SPESSO DISTRUTTORE Fondatore Distruttore • In Sicilia l’unica città che fondò fu Tindari. • Bruciò Camarina e Gela; • Spopolò Leontini; • Distrusse Naxos, Reggio Mothia e Solunto. TINDARI, LA SOLA CITTA’FONDATA IN SICILIA DA DIONISIO LO STILE DI VITA DELLO STATO DI DIONISIO • Tendenza al lusso. Platone “Ecco quello che pensavo quando venni in Italia e in Sicilia per la prima volta. Come giunsi non mi piacque affatto la vita che qui si diceva felice,tutta impegnata nei famosi banchetti siracusani, nel riempirsi il ventre di cibo due volte al giorno e la notte non dormire mai da soli” (settima lettera). Empedocle “gli agrigentini mangiano e si danno alla bella vita come se dovessero morire domani e costruiscono dimore come se dovessero vivere in eterno”. • DIONISIO II DIONISIO II • Ereditò dal padre con la tirannide anche la guerra contro Cartagine, alla quale pose fine perché, secondo Diodoro, “era un ignavo e voleva far passare per amore della pace e per mitezza la sua inerzia”. DIONISIO II • Riprese la politica espansionistica del padre nell’adriatico con la guerra contro i Lucani e la fondazione di due colonie in Puglia. • In questa politica italica ebbe un valido alleato in Taranto, allora governata dal pitagorico Archita. • Fu quest’ultimo che convinse Platone ad accogliere l’invito del tiranno a recarsi in Sicilia Ma cosa venne a fare Platone in Sicilia? A tentare l’attuazione del suo Stato ideale. La Repubblica di Platone “Fino a quando i filosofi non governeranno essi stessi lo Stato o i re non si dedicheranno alla vera filosofia gli Stati non saranno guariti dai loro mali”. La riforma politica suggerita da Platone per Siracusa era l’abbandono della tirannide e la fondazione di una monarchia costituzionale, in cui il re fosse obbligato a rispettare le leggi. DIONE • Ma fra Dionisio II e Platone si intromise Dione, cognato di Dionisio il Vecchio e quindi zio del secondo Dionisio. • Dione era l’uomo più ricco di Siracusa e aspirava a sostituire Dionisio e per questo fu accusato di tradimento e costretto a lasciare la Sicilia per la Grecia. DIONE • In Grecia continuò nei suoi maneggi. Frequentò l’Accademia e alcuni suoi membri l’aiutarono a preparare il suo ritorno a Siracusa. • Platone, la cui posizione era diventata insostenibile,fece ritorno in Grecia, abbandonando per sempre il suo progetto. DIONE • Tornato in Sicilia, conquistò Siracusa senza colpo ferire e fu nominato dall’Assemblea popolare strategòs autocrator. • Lasciò che Dionisio si rifugiasse in Calabria e per questo i siracusani cominciarono a sospettare di lui. DIONE • Abbandonato dal popolo che vedeva in lui un nuovo tiranno, fu ucciso in una congiura ordita da un suo vecchio amico, Callippo. IL RITORNO DI DIONISIO • Callippo governò per tredici anni fino al 353, quando fu estromesso da Ipparino, a cui subentrò il fratello Niseo. • Nel 346 si rifece vivo Dionisio che con dei mercenari riconquistò Siracusa. • Contro Dionisio gli oligarchi siracusani chiesero aiuto a Corinto, che inviò una spedizione agli ordini di Timoleonte, che costrinse Dionisio a lasciare per sempre Siracusa per andare a vivere a Corinto, dove chiuse la sua parabola di vita come maestro di scuola. • TIMOLEONTE TIMOLEONTE • Promosse un’alleanza con tutte le città siceliote, a cui aderirono anche città sicule e sicane,in funzione anti cartaginese. • Cartagine reagì e inviò in Sicilia un esercito di 80.000 uomini al comando di Amilcare e Asdrubale. • Timoleonte mise insieme un esercito di appena 12.000 uomini e,nonostante il grande divario di forze, riuscì a sconfiggere i cartaginesi presso il fiume Crimiso. TIMOLEONTE • In soli otto anni di regno divenne padrone di tutta la Sicilia greca, ripopolando vaste zone dell’interno con migliaia di nuovi coloni fatti venire dalla Grecia e dalla Magna Grecia. • Nel 337, ormai vecchio e quasi cieco, lasciò il suo incarico e assunse il ruolo di padre nobile della patria. • Egli fu il solo tiranno cui venne concesso ritirarsi a vita privata con una cospicua rendita, che gli consentì di concludere nell’agiatezza il restante della sua vita nella stessa Siracusa. AGATOCLE AGATOCLE • Con l’uscita di scena di Timoleonte, tutta la sua costruzione politica crollò e Siracusa tornò a essere una terra in preda all’anarchia. • Di questa situazione approfittò Agatocle, il capo del partito radicale, che conquistò il potere con un violento colpo di Stato, durante il quale furono uccisi più di 4.000 cittadini e altri 6.000 si salvarono riparando ad Akragas. • A detta dello storico Timeo, Agatocle fu più crudele ed efferato di Dionisio e Diodoro rincara la dose scrivendo che nessuno dei tiranni prima di Agatocle ostentò verso i propri sudditi una crudeltà pari alla sua. AGATOCLE • Come governante, Agatocle, volendo estendere il suo potere a tutta la Sicilia, si scontrò contro i cartaginesi, contro i quali non gli fu dato di presentarsi come campione della grecità. Quel motivo patriottico della civiltà minacciata dalla barbarie punica, valido al tempo di Gelone, di Dionisio e di Timoleonte, al tempo di Agatocle non era più sentito, anzi era talmente logorato che i cartaginesi intervennero come alleati delle città siceliote perseguitate da Agatocle. • La guerra contro Cartagine Agatocle dovette perciò combatterla solo col sostegno dei suoi mercenari e grazie alla potenza navale di Siracusa la portò pure nel nord Africa in casa di Cartagine; • Questa impresa temeraria, che riempì di stupore gli stessi romani, fu lunga e costosa e si concluse nel 305 quando Agatocle fu costretto a chiedere la pace. AGATOCLE • La pace fu utile ad entrambi i contendenti: i cartaginesi conservarono le posizioni che da tempo facevano parte della epikrateia punica e Agatocle potè estendere il suo potere su tutta la Sicilia non soggetta a Cartagine e nel 307 assunse il titolo regale di basileus, titolo che i predecessori avevano evitato. • Sostanzialmente non cambiò però nulla. Come Dionisio, Agatocle non era re né di un territorio definito né di un popolo. Il suo dominio era solo esercizio di un potere personale, fondato esclusivamente sul suo arbitrio e sulle sue violenze, e alla sua morte tutto si dissolse. • Agatocle morì a 72 anni dopo 28 anni di regno e il decennio successivo a Siracusa vide l’abituale succedersi di lotte e anarchia. PIRRO IN SICILIA • Per mettere ordine a Siracusa si ricorse a Pirro, che si trovava nell’Italia meridionale per difendere Taranto dai romani. • Plutarco racconta che egli abbia detto: “la Sicilia è vicina e ci tende la mano; è un’isola prospera e popolosa, facile da conquistare. Infatti in ogni città c’è disordine e anarchia e lo strapotere dei demagoghi dopo la morte di Agatocle”. PIRRO IN SICILIA • Nell’autunno del 278 Pirro attraversò lo stretto con 10.000 uomini ed entrò a Siracusa accolto come un liberatore. • Anche le altre città siceliote si consegnarono a lui. • Quindi si volse alla conquista delle città puniche: Eraclea, Selinunte, Segesta, Erice, Panormos. Solo Lilibeo gli resistette. PIRRO IN SICILIA • Concepì l’idea di portare la guerra ai cartaginesi in terra d’Africa, come aveva fatto Agatocle, ma la sua idea non potè realizzarsi perché i sicelioti gli negarono i mezzi necessari per l’impresa. • Nell’autunno del 276, lasciò la Sicilia, abbandonandola al suo destino. • I Cartaginesi ripresero il controllo delle terre prima perdute e le città greche ripiombarono nel loro particolarismo. IERONE • A Siracusa si impose il capo dei democratici Ierone. A differenza dei suoi predecessori, egli non arrivò al potere con la violenza, ma accettato da tutte le parti. • Ierone fu un sovrano per molti aspetti diverso dai suoi predecessori. In primo luogo, rinunciò a ogni avventura militare e al desiderio di estendere il suo regno. Ciò probabilmente fu la conseguenza della comparsa di Roma sulla scena politica siciliana. Un Dionisio o un Agatocle avevano potuto svolgere un ruolo nella politica di potere nel Mediterraneo anche di fronte a Cartagine, ma nessun governante siciliano potè fare lo stesso contro Cartagine e Roma insieme. IERONE • Fu sul piano economico che la politica di Ierone diede risultati più importanti. Egli dedicò molta attenzione alla principale fonte di ricchezza della Sicilia, cioè la produzione di cereali. Sembra che fosse esperto di agronomia e che abbia introdotto una serie di innovazioni che contribuirono all’aumento della produzione. • Ierone traeva vantaggi dalla produzione cerealicola con un sistema di tassazione che Cicerone ci ha descritto dettagliatamente: Ierone incamerava la decima parte del raccolto, che poi vendeva ai vari paesi del Mediterraneo. • Con queste entrate, potè finanziare la costruzione di grandi edifici pubblici, come il grande teatro, l’ara di Zeus, il più grande altare dell’antichità e la più grande e fastosa nave del mondo antico. IL TEATRO DI SIRACUSA L’ARA DI ZEUS L’ARA DI ZEUS SYRACUSIA La nave di Ierone MONETE DI IERONE MONETA DI IERONE Raffigurante la moglie Filistide MONETA DI IERONE FINE Parte Prima