LA SICILIA GRECA
LE FONTI
FONTI ARCHEOLOGICHE
FONTI LETTERARIE
• Riguardano tutto quello che
l’archeologia riesce a
portare alla luce dal passato
• Gli scritti che uomini di
scienza ci hanno lasciato su
fatti e personaggi del loro
tempo
LE FONTI LETTERARIE
Storici sicelioti
•
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Antioco
Filisto
Timeo
Diodoro Siculo
Storici greci
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Erodoto
Tucidide
Ellanico
Ecateo
Plutarco
Diodoro(90-27 aC.)
Scrisse Biblioteca
Historica, una
monumentale storia
universale in 40 libri
Erodoto(484-425
a.C.)
Le Storie
Tucidide (460-399
a.C.)
La guerra del
Peloponneso
Plutarco (46125d.C)
Vite parallele:
Dione
Nicia
Timoleonte
LA SICILIA DELL’VIII SECOLO
LA SICILIA DELL’VIII SECOLO
• La Sicilia dell’VIII secolo non era in attesa di essere scoperta da una di
quelle magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, delle quali per
venticinque secoli almeno, come diceva don Fabrizio Salina nel
Gattopardo, i siciliani dovettero portare il peso sulle spalle.
• L’isola viveva la sua usuale vita preistorica: i Siculi ad est del Platani, i
Sicani a ovest, gli Elimi sulla estrema punta d’occidente. Qualche stazione
fenicia nasceva qua e là su un isolotto vicino alla costa, alla foce di un
fiume o su un promontorio isolato, senza però lasciare tracce rilevanti, se
non nell’estremo occidente dell’isola.
• Gente venuta dall’Egeo aveva visitato le coste sicule più di mezzo millennio
prima e vi aveva lasciato un’impronta. Nessuno però poteva immaginare
che quell’antico contatto, quasi dimenticato, dovesse ora ricominciare.
• La colonizzazione greca arrivò all’improvviso, inaspettata, penetrante e
trasformò la Sicilia, nel giro di due secoli, in uno dei centri più fiorenti e
dinamici del mondo antico.
I COLONIZZATORI
• Chi erano i colonizzatori? Non basta dire che erano Greci, ma bisogna
aggiungere che erano Greci dell’VIII secolo, appena usciti da quel periodo
oscuro successivo alla scomparsa della civiltà micenea e in cui avvenne la
rovinosa invasione dei Dori, periodo che gli storici moderni hanno
chiamato medioevo ellenico, quindi molto lontani dai Greci del V secolo
che è il secolo d’oro di Pericle, il periodo più fulgido della storia greca.
• Ciò non impedì che questi Greci portassero in Sicilia il loro più
caratteristico istituto politico sociale che fu la polis.
• A emigrare in Sicilia furono i Greci di alcune città: gli Eubei provenienti
dalle città di Calcide ed Eretria, i Corinzi, i Rodii, i Cretesi, i Megaresi e gli
Cnidi. Sono tutti popoli provenienti da località di mare, che conoscevano la
tecnica della navigazione, il che facilitò loro l’emigrazione.
• Per quanto riguarda la stirpe, i coloni erano tutti Dori, con l’eccezione degli
Eubei, che erano Ioni.
I COLONI GRECI
Eubei di Calcide
I COLONI GRECI
Corinzi
I COLONI GRECI
Rodii
I COLONI GRECI
Cretesi
COLONI GRECI
Megaresi
COLONI GRECI
Cnidi
LA COLONIZZAZIONE GRECA NEL
MEDITERRANEO OCCIDENTALE
LA DIASPORA GRECA
• La diaspora dei Greci in tutto il bacino del
Mediterraneo si svolse in due fasi: la prima fu quella
disordinata della fuga pura e semplice sotto l’incalzare
dell’invasione dorica, per cui non obbediva ad alcun
programma. La gente non partiva per fondare colonie,
scappava per salvare la pelle e cercò rifugio nelle isole
dello Ionio e dell’Egeo perché erano le più vicine alla
terraferma.
• Nell’ottavo secolo cominciò il flusso migratorio
organizzato a cui gli storici moderni hanno dato il nome
di colonizzazione.
LE COLONIE DELLA MAGNA GRECIA
E DELLA SICILIA
LE COLONIE DELLA MAGNA GRECIA
• Nell’Italia meridionale i Greci fondarono varie
colonie che formarono quella che nei secoli
successivi fu chiamata Magna Grecia.
• In Campania fondarono Pitecusa nell’isola
d’Ischia, Cuma, Napoli, Paestum e Velia; in
Basilicata Metaponto e Siri; in Puglia Taranto e
in Calabria Reggio, Locri, Crotone, Caulonia e
Sibari.
LE COLONIE DELLA CAMPANIA
PITECUSA
LE COLONIE DELLA CAMPANIA
CUMA
LE COLONIE DELLA CAMPANIA
NAPOLI
LE COLONIE DELLA CAMPANIA
PAESTUM
LE COLONIE DELLA CAMPANIA
VELIA
LE COLONIE DELLA BASILICATA
METAPONTO
LE COLONIE DELLA PUGLIA
TARANTO
LE COLONIE DELLA CALABRIA
REGGIO
LE COLONIE DELLA CALABRIA
LOCRI
LE COLONIE DELLA CALABRIA
CROTONE
LE COLONIE DELLA CALABRIA
CAULONIA
LE COLONIE DELLA CALABRIA
SIBARI
LE ALTRE COLONIE
• I coloni Greci si spinsero fino alle coste della
Francia, dove fondarono Massalia, l’attuale
Marsiglia e in Corsica dove fondarono Alalia.
Sulla costa della Libia fondarono Cirene e sul
bosforo Bisanzio.
LE COLONIE DELLA FRANCIA
MASSALIA
LE COLONIE DELLA LIBIA
CIRENE
BISANZIO
LE COLONIE DELLA SICILIA
NAXOS (734 a.C.)
KATANE (729 a.C.)
LEONTINI (728 aC.)
MEGARA IBLEA (728 a.C.)
SELINUNTE (627 a.C.)
ZANCLE (730-720 a.C.)
MILAY (717 a.C.)
IMERA (648 a.C.)
SIRACUSA (733 a.C.)
AKRAI (663 a.C.)
CASMENE (643 a.C.)
CAMARINA (598 a.C.)
ELORO
GHELAS (688 a.C.)
AKRAGAS (580 a.C.)
LIPARI (580-576 a.C.)
LE COLONIE GRECHE IN ITALIA
LA SICILIA ALL’INIZIO DEL VI SECOLO
LA SICILIA NELL’VIII SECOLO
LA SICILIA ALL’INIZIO DEL VI SEC.
ASPETTI DELLA COLONIZZAZIONE
GRECA
• Natura;
• Cause;
• Caratteristiche e modalità di svolgimento
dell’impresa coloniale.
LA NATURA DELLA COLONIZZAZIONE
• La colonizzazione greca fu diversa dal
colonialismo moderno e da quello dell’antica
Roma.
• La colonia non era una dipendenza o un
dominio,né un protettorato della città madre.
• Non c’erano servitù politiche.
• Né servitù economiche.
• C’erano solo vincoli sentimentali.
LE CAUSE DELLA COLONIZZAZIONE
Tesi mercantilista
Tesi demografica agraria
• Considerava le colonie
greche mercati per
l’esportazione del surplus
delle metropoli e per
l’acquisto delle materie
prime.
• Questa politica
mercantilistica in Grecia
sarebbe stata fomentata
dalla classe dei mercanti.
• La colonizzazione non creò
mercati monopolizzati.
• Il commercio non fu la
causa della colonizzazione,
ma ne fu l’effetto.
• Cause della colonizzazione
furono: la sovrapopolazione
la ristrettezza della terra, le
epidemie,la siccità, le lotte
intestine.
LE MODALITA’ DI SVOLGIMENTO
DELL’IMPRESA COLONIALE
• I coloni venivano scelti fra gli uomini giovani e scapoli e
dovevano provenire da famiglie indigenti. L’identikit del
colono era questo: maschio, giovane, scapolo, povero o
emarginato.
• I coloni che partecipavano a una singola spedizione
coloniale non dovevano superare le cinquecento unità.
• Chi prendeva l’iniziativa? Secondo alcuni, i governi delle
poleis. Ma altri ritengono che l’iniziativa partisse dai privati,
anche in considerazione del fatto che più di una impresa
coloniale ha visto la partecipazione di cittadini di poleis
diverse; e nella Grecia delle poleis in perenne conflitto fra
di loro, era più facile che si mettessero d’accordo privati
cittadini di città diverse che le poleis stesse.
I PREPARATIVI PER LA PARTENZA
• Venivano armate le navi, che erano navi da
guerra (le cosiddette pentecontere), preferite
alle navi da trasporto in quanto più agili e più
facilmente manovrabili.
PENTECONTERA
NAVE DA GUERRA PENTECONTERA
I PREPARATIVI PER LA PARTENZA
• Venivano imbarcate le armi e le sementi.
• Fra i coloni ci dovevano essere un maestro
d’ascia e un velaio.
LA PARTENZA
• La partenza della spedizione avveniva durante
la bella stagione.
• I coloni venivano salutati con una cerimonia
religiosa.
• Partiti i coloni, la città aveva esaurito il suo
compito.
LA ROTTA DEL VIAGGIO
• La rotta si svolgeva quasi tutta sotto costa..
LA ROTTA
LA ROTTA
LA ROTTA
IL VIAGGIO
• In una giornata di navigazione la spedizione
copriva un centinaio di Km.
• A sera le navi si fermavano e si ancoravano o
presso un isolotto o vicino alla costa.
• I coloni sbarcavano e, se non c’erano pericoli,
cenavano e dormivano sulla spiaggia.
L’ARRIVO
• A causa dei tanti pericoli, non tutte le
spedizioni giunsero a destinazione.
• Le navi che riuscivano a raggiungere la meta
sostavano al largo.
• L’ecista scrutava la costa per individuare una
località idonea, possibilmente disabitata.
• Il paesaggio che si presentò agli occhi
dell’ecista Teocle, comandante della prima
spedizione greca in Sicilia, fu questo .…
NAXOS E L’ETNA
LO SBARCO
• Scelto il posto dall’ecista, i coloni indossavano
l’armatura e scendevano a terra.
• Sbarcavano le sementi e i pochi viveri rimasti.
• Per prima cosa perlustravano il territorio.
• Se non c’erano pericoli, si sistemavano in
provvisori rifugi di fortuna.
I RAPPORTI CON GLI INDIGENI
I RAPPORTI CON GLI INDIGENI SICULI
CALCIDESI
• Cercarono la
convivenza e
l’integrazione con gli
indigeni.
CORINZI
• Cercarono la
sottomissione degli
indigeni, ridotti
spesso in schiavitù.
I RAPPORTI DEI CALCIDESI CON I SICULI
• Il primo incontro dei coloni calcidesi non è stato
accompagnato da conflitti cruenti.
• C’è stato addirittura l’episodio dei megaresi e del
re siculo Hiblon, che cedette ai coloni greci una
parte del suo territorio perché potessero fondare
la loro colonia, che si chiamò Megara Iblea.
• A Naxos e a Leontini abbiamo le prove che i primi
coloni e i siculi vissero gli uni accanto agli altri.
I RAPPORTI DEI CALCIDESI CON I SICULI
• Le relazioni con i siculi dell’interno furono pacifiche e proficue.
• I prodotti greci, soprattutto la ceramica, venivano portati all’interno
attraverso le vie naturali dei fiumi.
• L’architettura e le sepolture sicule si uniformarono alle usanze
greche.
• In cambio, i sicelioti importavano legname dalle pendici dell’Etna e i
prodotti della pastorizia dalle regioni montuose.
• Talvolta qualche greco, spesso un artigiano, si trasferiva all’interno.
Nei centri siculi di Morgantina e Grammichele si formò un
insediamento greco all’interno della comunità sicula.
• Come risultato di questa continua attività di penetrazione,intorno al
500 si arrivò all’ellenizzazione dell’intera area sicula fino a Enna.
• L’ellenizzazione però non distrusse la loro coscienza di Siculi e il
desiderio di rimanere liberi.
L’APPORTO INDIGENO
• Nella cultura greca l’apporto indigeno siculo è
presente.
• Lo si avverte:
• Nel linguaggio;
• Nella toponomastica;
• In certi fenomeni di sincretismo religioso.
I RAPPORTI DEI COLONI CORINZI CON I
SICULI
• A Siracusa il quadro dei rapporti dei coloni Corinzi con i
Siculi è completamente diverso.
• Fin dal primo momento del loro insediamento i Corinzi
sottomisero i Siculi del posto riducendoli allo stato servile.
• Erodoto chiama col termine kyllirioi queste persone vinte.
• Per combattere i siculi che vivevano in aree vicine, Siracusa
fondò tre insediamenti strategico militari: Akrai,
Casmene,Camarina.
• Da queste zone i Siculi che non erano stati ridotti allo stato
di kyllirioi furono respinti verso Ragusa, Modica e Ispica.
• Anche i coloni di Ghelas ebbero lo stesso comportamento
dei siracusani nei confronti dei siculi.
I RAPPORTI CON I SICANI E GLI ELIMI
• La fondazione di Imera, Selinunte e Akragas portò
i Greci ai confini con i Sicani e gli Elimi.
• La fondazione di Selinunte colpì gli interessi di
Sicani, Elimi e Fenici che si unirono in una
continua ostilità contro la città greca.
• Sicani ed Elimi erano resistenti alla ellenizzazione,
con l’eccezione di Segesta.
• Segesta subì talmente l’ellenizzazione che adottò
la scrittura greca e costruì il tempio dorico e il
teatro.
IL TEMPIO DORICO DI SEGESTA
IL TEATRO DI SEGESTA
LA SPARTIZIONE DELLA TERRA
• I coloni divisero il territorio occupato in due aree: una
destinata agli insediamenti abitativi e l’altra destinata
all’agricoltura.
• Divisero le due aree in lotti e li assegnarono a ogni colono.
• È probabile che l’assegnazione sia avvenuta per sorteggio.
• Comunque sia, tutti i primi coloni divennero proprietari
terrieri, ma non contadini, in quanto la terra la fecero
coltivare ai siculi e successivamente ai prigionieri di guerra,
ridotti in schiavitù.
• Questa aristocrazia fondiaria si chiamò Gamoroi a Siracusa
e Hippeis a Leontini.
LA VITA POLITICA E SOCIALE DEL
PERIODO ARCAICO
• Le comunità siceliote si trovarono presto a ricalcare il vecchio
schema della madrepatria. Il potere era concentrato in mano a un
gruppo di famiglie aristocratiche, formate dai discendenti dei primi
coloni fondatori, organizzate come clan, che possedeva una parte
preponderante della ricchezza, cioè la terra, nonché il controllo
delle funzioni del culto e dell’amministrazione della giustizia.
• Egualmente familiare era il male endemico che i Greci chiamavano
stasis, termine che può significare tante cose: da una disputa fra
fazioni a disordini civili e addirittura a una vera e propria guerra
civile. Pochi esempi ne conosciamo per il periodo arcaico e hanno
tutti le stesse caratteristiche, quelle cioè di un conflitto all’interno
dell’oligarchia.
• Nel sesto secolo l’aumento di popolazione e di ricchezza fu
accompagnato da un crescendo di conflitti: tra le plebi e le
oligarchie dirigenti, tra le diverse fazioni oligarchiche, tra una polis e
l’altra e, in alcune zone, tra popolazioni indigene e greci.
I PRIMI TIRANNI (VI-V SEC.a.C.)
I PRIMI TIRANNI (VI-V SEC. a.C.)
• Alcuni individui particolarmente spregiudicati,
demagoghi e avventurieri, approfittarono dei disordini
per impadronirsi del potere illegalmente, imbarcandosi
in imprese di espansione territoriale, facendo e
disfacendo governanti vassalli di altre città,
massacrando e deportando intere popolazioni e dando
diritto di cittadinanza a un gran numero di mercenari e
immigranti.
• Iniziò così il periodo che chiameremo dei primi tiranni
per distinguerlo da quello dei grandi tiranni del quarto
secolo.
Aristotele
“ E c’è una
trasformazione della
oligarchia nella
tirannide, com’è
successo in Sicilia alla
maggior parte delle
antiche oligarchie; così a
Leontini si passò nella
tirannide di Panezio, a
Gela in quella di Leandro
e allo stesso modo in
molte altre città”.
(La Politica)
LE CAUSE DELLA TIRANNIDE IN SICILIA
• Il fenomeno della tirannide non fu solo siciliano, ma anche
greco. Solo che in Grecia il fenomeno fu transitorio e già nel
V secolo era scomparso; in Sicilia, invece, esso perdurò in
pratica dal VI al III secolo con brevi intervalli durante i quali
si affermarono governi democratici. La tirannide pertanto si
configura come un tratto caratteristico della Sicilia greca.
• In Sicilia la tirannide sostanzialmente ebbe due origini: le
lotte politico sociali fra una vecchia oligarchia dominante,
legata alla proprietà della terra, e una nascente borghesia
aperta al commercio e all’artigianato; e la lotta patriottica
delle poleis siceliote contro lo straniero, identificato nel
nostro caso in Cartagine.
LA SICILIA DEI PRIMI TIRANNI
AKRAGAS
• Falaride
• Alcandro
• Alcamene
• Terone
• Trasideo
GHELAS
Cleandro
Ippocrate
Gelone
Ierone
SIRACUSA
•
•
• Gelone
• Ierone
• Trasibulo
SELINUNTE
Terone
Pitagora
Eurileonte
FALARIDE, IL PRIMO TIRANNO DI
AKRAGAS
• Del primo tiranno siceliota, Panezio di Leontini, conosciamo soltanto il
nome.
• Qualcosa di più, invece, sappiamo di Falaride, giunto al potere ad Akragas
nel 572, dopo nemmeno dieci anni dalla fondazione della città. Questo
dato è importante perché ci aiuta a capire l’origine della tirannide di
Falaride. Questi non fu un tiranno demagogo, come altri suoi colleghi di
altre città siceliote, impostosi sulla scena politica a seguito di lotte fra il
popolo e le oligarchie. Perché non ci potevano essere conflitti sociali in
una colonia fondata da meno di dieci anni. Le differenze sociali si creano
solo nel corso di varie generazioni. Falaride non fu neppure un tiranno
nato sull’onda della lotta patriottica contro Cartagine, come Dionisio nel IV
secolo, perché allora non c’era nessuna minaccia cartaginese. Per cui è
molto probabile che la tirannide di Falaride si impose in conseguenza di
profonde lotte intestine di carattere etnico. Infatti, Akragas fu fondata da
coloni di due diverse etnie: i rodii e i cretesi. Per cui è credibile che fra
questi due gruppi etnici siano sorti profondi contrasti di cui seppe
approfittare Falaride.
FALARIDE, IL PRIMO TIRANNO DI
AKRAGAS
• La tradizione storiografica ci racconta che Falaride,
dopo aver consolidato all’interno il suo potere, abbia
esteso a oriente il territorio agrigentino oltre il corso
del fiume Imera, l’attuale Salso. Ne consegue che la
prima espansione territoriale di Akragas si compì ai
danni di Ghelas, la sua madre patria.
• Falaride cercò poi di espandersi verso occidente oltre il
suo confine naturale segnato dal fiume Halicos,
l’attuale Platani, e ciò fece a danno dei Sicani ai quali
riuscì a strappare la media valle del fiume.
AKRAGAS-LA TIRANNIDE DI FALARIDE
Il confine occidentale
Il confine orientale
FALARIDE, IL PRIMO TIRANNO DI
AKRAGAS
•
•
•
Dopo sedici anni di potere assoluto, Falaride cadde vittima di una congiura. La
tradizione racconta che egli fece la stessa fine che aveva riservato ai suoi avversari,
cioè arrostito, insieme alla madre, all’interno del celebre toro di bronzo, che
ruggiva con la voce straziante delle vittime che vi erano rinchiuse.
Questo aneddoto sul toro di bronzo viene tramandato da tutta una tradizione
storiografica ostile alla tirannide. Questa tradizione narra che un artista ateniese,
un certo Perilao, aveva inventato una infernale macchina di tortura: un toro di
bronzo in cui venivano rinchiusi i condannati. Bastava accendere il fuoco sotto il
ventre del finto animale e la vittima, urlando per il dolore, avrebbe creato
l’impressione di un vero e proprio muggito. Perilao propose questo marchingegno
a Falaride per usarlo contro i suoi avversari politici. L’idea entusiasmò a tal punto il
tiranno che volle subito fare una prova e utilizzò come cavia lo stesso artista,
facendolo arrostire dentro il suo capolavoro.
Sulla figura di questo tiranno è impossibile conoscere la verità. La tradizione lo
dipinge come un mostro, raccontando aneddoti simili ad altri che si raccontavano
per altri tiranni siciliani, per cui viene il sospetto che fossero un clichè buono per
screditare l’istituto della tirannide.
LA TIRANNIDE DI FALARIDE
Il toro di bronzo
IPPOCRATE, TIRANNO DI GHELAS
• Ad Akragas a Falaride succedettero prima Alcandro e poi
Alcmene, di cui conosciamo solo i nomi.
• La stessa cosa possiamo dire di Cleandro, divenuto tiranno
di Ghelas. Fu assassinato dopo sette anni e sostituito dal
fratello Ippocrate.
• Ippocrate è la prima grande figura di tiranno che iniziò una
politica di espansione nei riguardi delle altre città siceliote.
E così il tiranno di Ghelas conquistò una dopo l’altra le città
di Zancle, Naxos e Leontini e mise a capo di queste città
tiranni a lui fedeli.
• Ippocrate morì in battaglia nel 491 durante una campagna
militare contro i siculi, sulle pendici dell’Etna.
GELONE – TIRANNO DI GHELAS E
SIRACUSA (491-478 a.C.)
GELONE
• A Ippocrate successe Gelone, anche lui esponente dell’oligarchia
gelese.
• Intanto nel panorama politico siciliano si era inserita Cartagine, la
città fenicia del nord Africa diventata la città più grande e più
potente dei Fenici d’occidente. Cartagine in Sicilia si ritagliò il ruolo
di protettrice e garante delle città fenicie e con questa scusa riuscì a
esercitare un ruolo egemone nei riguardi di tutto il mondo punico e
un ruolo di avversario del mondo greco siciliano.
• Gelone seppe approfittare della presenza cartaginese in Sicilia per
unire le diverse forze interne ed esterne dietro la bandiera della
difesa e della liberazione dal barbaro, ingigantendo un pericolo che,
se non era destituito del tutto di fondamento, non era certo così
imminente e immanente come egli tendeva a presentarlo. I dittatori
di ogni epoca e di ogni luogo, per accrescere il consenso interno,
hanno bisogno di nemici esterni e, quando questi non ci sono, se li
inventano.
GELONE
•
•
•
•
Intanto nel 488 era diventato tiranno di Akragas Terone col quale Gelone stipulò
un’alleanza, sancita da uno scambio di matrimoni: Gelone sposò la figlia di Terone,
Damareta, e Terone una nipote di Gelone.
A Siracusa il popolo insieme agli schiavi siculi insorse e riuscì a cacciare dalla città i
Gamorai che, rifugiatisi a Kasmene, chiesero l’aiuto di Gelone, il quale colse la palla
al balzo per intervenire con l’esercito. Erodoto narra che Gelone fece rientrare i
Gamorai a Siracusa e il popolo siracusano, conclude lo storico greco, gli consegnò
la città e se stesso.
Gelone affidò Ghelas al fratello Ierone e si trasferì a Siracusa. Questa in pochi anni
fu trasformata. Gelone voleva offrire un’immagine della città corrispondente alla
sua potenza. Fu così iniziata un’imponente attività monumentale con la quale il
tiranno volle appagare gli orgogli campanilistici dei siracusani.
In solo dieci anni Gelone era diventato l’uomo più potente del mondo greco, forse
di tutta l’Europa. I Greci della madre patria lo sapevano e nel 481 mandarono
un’ambasceria a Siracusa per chiedere aiuto contro i Persiani che stavano per
invadere la Grecia. Gelone si offrì di rifornire di grano l’esercito greco per tutta la
durata della guerra e di mandare in Grecia 200 navi con 25.000 uomini, a
condizione di essere nominato comandante in capo della coalizione greca. La
condizione era inaccettabile, per cui l’offerta fu rifiutata.
LA BATTAGLIA DI IMERA (480 a.C.)
• Nel 483 il tiranno di Akragas Terone attaccò Imera, governata dal
tiranno filopunico Terillo, che si rifugiò nell’area di influenza fenicia
e chiese l’aiuto di Cartagine. Questa, che vedeva minacciati i suoi
interessi dalla politica espansionistica di Gelone e Terone, preparò
una grande spedizione reclutando mercenari in tutto il
Mediterraneo.
• La tradizione storica presenta lo scontro fra Greci e Cartaginesi sullo
stesso piano di quello che si delinea nello stesso tempo in Grecia
con la discesa dei Persiani. Se, accanto alla contemporaneità, si
debba riconoscere anche una deliberata concertazione di piani tra
Cartagine e la Persia, è tutt’ora materia di discussione, originata da
Eforo. Secondo questo storico, Serse avrebbe inviato un’ambasceria
a Cartagine per concordare un’azione congiunta contro i Greci, in
base alla quale egli avrebbe attaccato i Greci del continente,
Cartagine quelli della Sicilia.
LA BATTAGLIA DI IMERA (480 a.C.)
• Nell’estate del 480, l’immensa flotta di Amilcare sbarcò a
Panormos l’esercito cartaginese che subito mosse verso
Imera, dove erano accampati gli eserciti siracusani e
agrigentini. La battaglia fu violenta e sanguinosa, ma la
morte di Amilcare ne decise le sorti in favore dei Greci.
• Erodoto dice che la battaglia di Imera fu disputata lo stesso
giorno di quella di Salamina, dove i Greci sconfissero i
Persiani. Comunque siano andate le cose, il fatto è che
l’elemento greco ad oriente fermò definitivamente il
pericolo persiano, mentre ad occidente riuscì a fermare
Cartagine, pur senza riuscire ad eliminarne la presenza
dall’isola, cosa questa che non riuscirà neanche ai
successori di Gelone, ma soltanto ai Romani.
LE DUE GRANDI BATTAGLIE
COMBATTUTE LO STESSO GIORNO?
Battaglia di Imera
Battaglia di Salamina
LE CONSEGUENZE DELLA VITTORIA DI
IMERA
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Il vero vincitore di Imera fu Gelone; la scommessa che aveva fato con i suoi sudditi
siracusani allorchè, in vista della guerra, aveva contratto ingenti debiti per le spese
militari, era splendidamente vinta.
Tutte quelle città che, direttamente o indirettamente, avevano militato dalla parte
di Cartagine, si affrettarono a salire sul carro del vincitore, stipulando alleanze con
Siracusa che, in tal modo, potè allargare la sua sfera di influenza.
Gelone si mostrò generoso con Cartagine. Le clausole del trattato di pace furono
assai miti per la potenza africana, prevedendo soltanto una indennità di guerra di
duemila talenti d’argento e la costruzione di due templi.
Una certa tradizione narra che nel trattato c’era una clausola con la quale
Cartagine si impegnava a non praticare più il rito del sacrificio dei bambini. La
clausola, se vera, rientrava tra le misure propagandistiche intraprese da Gelone nei
confronti dei sicelioti, cui si voleva presentare nel ruolo di tutore dei diritti umani.
In effetti, la mitezza del trattato di pace era stata ispirata al tiranno di Siracusa da
un realistico esame del quadro politico creatosi con la vittoria di Imera, in seguito
alla quale l’alleato Terone aveva consolidato la propria posizione ad Akragas e
rappresentava un potenziale concorrente al controllo della Sicilia. Un’eccesiva
mortificazione punica sarebbe tornata a vantaggio anzitutto del tiranno di
Agrigento, il cui territorio era il più vicino al territorio controllato da Cartagine.
DAMARATEION
• A ricordo della vittoria di Imera, Siracusa coniò una
splendida moneta d’argento, il Damarateion, che
costituì il primo esempio, storicamente accertato, di
medaglia commemorativa.
• Questa bellissima moneta oltre a essere memoria di un
importante evento è pure una grande opera d’arte. Sul
diritto c’è raffigurata la quadriga dopo l’arrivo
vittorioso. Il cocchio, visto di profilo, mostra tre dei
quattro cavalli con le sottili zampe ancora scalpitanti e
con le teste che si muovono con impazienza. Nell’altra
faccia c’è un bellissimo volto femminile, il viso di
Aretusa, con il capo ornato da una corona di ulivo,
circondato dal rincorrersi dei delfini.
DAMARATEION
LE CONSEGUENZE DELLA VITTORIA DI
IMERA
• La vittoria di Imera procurò alle poleis siceliote una grande massa di
prigionieri di guerra, che costituì forza lavoro a basso costo nelle mani dei
tiranni. Se ne avvalsero, in particolare, gli agrigentini che li usarono per
abbellire la città e coltivare la terra. Le campagne agrigentine divennero le
più prospere dell’intero bacino del Mediterraneo. Producevano una
quantità enorme di vino e olio d’oliva della migliore qualità, che gli
agrigentini esportavano fino a Cartagine che fu il loro più ricco mercato.
• La ricchezza di Akragas assunse proporzioni sbalorditive con
manifestazioni di lusso smodato. La cantina privata di un certo Tellias
aveva una capacità di 13.000 litri, uno sproposito per quel tempo.
• A proposito del gusto degli agrigentini per lo strabiliante e lo spettacolare,
si narra che, in occasione di un matrimonio, il padre della sposa avesse
distribuito a ogni negoziante legna da ardere e fiaccole con l’ordine di
accendere i fuochi contemporaneamente quando avessero visto il fuoco
accendersi sull’acropoli. Così, nel momento in cui la sposa varcava la soglia
della nuova casa, l’intera Akragas si illuminò improvvisamente con un
effetto che sbalordì gli abitanti e gli stranieri presenti in città.
LE CONSETGUENZE DELLA VITTORIA DI
IMERA
• Se le manifestazioni private di ricchezza erano
tanto fastose, non lo erano meno quelle
pubbliche.
• Nella valle che oggi chiamiamo dei templi sorgeva
il complesso sacro più grandioso di tutta la
grecità. C’era il più grande tempio dell’antichità,
l’Olympeion, lungo 112 metri e largo 56 metri (le
dimensioni di un campo di calcio regolamentare);
c’erano ancora i templi di Demetra e Kore, di
Giunone Lacinia, di Castore e Polluce e il tempio
della Concordia, tutti iniziati dopo il 480.
L’OLIMPEION DI AKRAGAS
Rovine
Ricostruzione
Il Tempio di Demetra e Kore
Il tempio di Giunone Lacinia
Il tempio di Castore e Polluce
Il tempio della Concordia
Aristotele
“Il tiranno deve
mostrarsi sempre assai
zelante del culto divino,
chè i sudditi hanno
meno timore di subire
ingiustizie da parte di
gente di tal sorta se
sono convinti che il loro
signore è religioso e si
preoccupa degli dei, e
meno lo contrastano
sapendo che gli dei sono
suoi alleati”.
LA FINE DELLE TIRANNIDI
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Gelone stava raccogliendo i frutti della sua politica, ristabilendo ordine e benessere nelle poleis di
quello che era ormai il più ampio e potente Stato d’occidente, quando una improvvisa malattia lo
portò alla morte, lasciandogli appena il tempo di designare il suo successore nel fratello Ierone, che
già gli era subentrato a Ghelas. Ierone viene ricordato dallo storico Timeo come avido e violento e
non godette dello stesso favore del fratello Gelone presso i sudditi siracusani.
Nel 472 ad Akragas morì anche Terone a cui successe Trasideo.
I successori di Gelone e Terone non furono alla loro altezza, per cui i cittadini si ribellarono e
scacciarono i tiranni da tutte le città siceliote.
Si concluse così quella fase della storia siciliana incentrata sulle grandi tirannidi di Ghelas, Akragas e
Siracusa.
Nella caduta delle tirannidi giocarono un ruolo importante i contrasti personali tra e nelle famiglie
regnanti, come annotava Aristotele, ma fu detrminante l’inferiorità di statura umana e politica dei
successori di Gelone e Terone, mentre uno Stato costruito con la forza e con l’oppressione avrebbe
richiesto più vigore e più capacità di governo da parte di chi ereditava il potere. La tirannide per sua
natura poggiava sulla personalità del singolo tiranno. La monarchia tradizionale può sopravvivere a
un re debole, la tirannide no.
Per concludere, a parte le considerazioni di ordine morale, c’è da riconoscere che la Sicilia dei
tiranni visse un lungo periodo di prosperità e per i sicelioti l’esperienza tirannica fu tutto sommato
positiva.
Voltaire
In un passo sprezzante
sui siciliani “quasi
sempre odianti i suoi
padroni stranieri in
rivolta contro di loro,
senza peraltro
compiere veri sforzi
degni della libertà”,
aggiunse che sotto i
suoi tiranni la Sicilia
“per lo meno contava
qualche cosa nel
mondo”.
INTERLUDIO DEMOCRATICO
466-405 a.C.
INTERLUDIO DEMOCRATICO
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Con il crollo delle tirannidi, in tutte le città siceliote si instaurarono regimi
democratici. Fu un breve interludio democratico durato 60 anni, dal 466 al 405,
quando tornarono le tirannidi.
In questo periodo, narra Diodoro, la Sicilia godette di grande prosperità, grazie
anche ai vantaggi della pace. In realtà, la pace all’interno delle singole città era
tutt’altro che stabile.
Uno degli ostacoli maggiori per la pace era rappresentato dai mercenari stranieri.
Gelone a Siracusa ne aveva assoldati più di 10.000, concedendo loro anche la
cittadinanza. Di questi mercenari ne restavano più di 7.000, che reclamavano
parità di diritti con gli altri cittadini. Da qui la rivolta dei mercenari, a stento
domata dai vecchi cittadini.
C’era poi il problema degli esuli e dei fuoriusciti che, con la caduta delle tirannidi,
rientrarono nelle loro città.
Questi spostamenti di popolazione crearono una grande confusione nei rapporti di
proprietà, in quanto le case e le terre venivano confiscate e redistribuite ogni volta
che si verificava un nuovo spostamento. Ne seguirono molte cause legali. Cicerone
scrive che fu in questo periodo che in Sicilia si sviluppò l’oratoria forense e furono
scritti i primi manuali di retorica da Corace di Siracusa e dal suo discepolo Tisia.
IL REGIME DEMOCRATICO A SIRACUSA
• A Siracusa, la sola città per cui disponiamo di notizie certe, il
governo era molto simile a quello di Atene.
• La massima autorità politica risiedeva nell’Assemblea Popolare
formata da tutti i cittadini maschi adulti. Qui, in seguito a libero
dibattito, erano approvate le leggi, si decideva la politica estera e
militare e ogni anno si sceglievano i magistrati dello Stato, quindici
generali, investiti di autorità politica e militare. C’era inoltre un
Consiglio (la bulè) che faceva il lavoro preparatorio per l’Assemblea.
• Il Consiglio e i funzionari civili non erano estratti a sorte come ad
Atene, bensì eletti, e questo sistema costituiva nel concetto greco
una limitazione alla piena democrazia. Perciò Aristotele definì la
costituzione siracusana una politeia piuttosto che una democrazia,
distinzione non traducibile nella lingua e nel pensiero moderno. Gli
storici usano i termini convenzionali di democrazia moderata e di
democrazia radicale.
IL PETALISMO
• La paura della tirannide indusse i siracusani ad imitare
gli ateniesi e ad introdurre nel loro ordinamento un
procedimento inteso ad espellere, per la durata di un
quinquennio, coloro che, per aver conseguito troppa
forza politica, destassero il sospetto di mirare alla
tirannide.
• Il petalismo (così si chiamò a Siracusa l’equivalente
dell’ostracismo ateniese, perché i nomi dei candidati
all’esilio erano scritti su foglie di ulivo) ebbe vita breve,
perché si rivelò dannoso per la città. Infatti, i siracusani
migliori, per timore di essere petalizzati, si astenevano
dalla vita pubblica, lasciando il campo libero ai cittadini
peggiori.
ESILIO COMMINATO AI CITTADINI
RITENUTI PERICOLOSI PER LO STATO
Ostracismo ad Atene
Petalismo a Siracusa
DUCEZIO
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Durante i regimi democratici i Greci cessarono la loro politica di aggressione e di controllo del
mondo indigeno.
La sorte volle che, in questo contesto, si affermasse un abile e intraprendente capo siculo, Ducezio,
esponente di una eminente famiglia sicula, originario di Noto o di Novara di Sicilia.
Nulla sappiamo sulle ragioni per cui la famiglia di Ducezio godeva di particolare autorità fra le genti
sicule, né di che cosa si avvalse il capo indigeno per riuscire a riunire le numerose tribù dei siculi
sparse sui monti Erei e Iblei, dando ad essi compattezza etnica, politica e militare.
I modelli di vita e di cultura delle poleis greche dovettero esercitare una profonda influenza su
questo capo siculo, che cercò di organizzare alla maniera greca il suo popolo a cominciare dalla
fondazione di nuovi insediamenti. Così Ducezio nel 459 fondò la città di Menai con lo scopo di
passare dalla realtà del villaggio alla costituzione di una polis. Nel 453 nella vallata del fiume
Caltagirone fondò Palikè e quindi conquistò Morgantina e Inessa. A questo punto lo scontro con gli
eserciti di Siracusa e di Akragas era inevitabile. I greci dopo aver subito una prima sconfitta, alla fine
riuscirono ad aver la meglio sull’esercito siculo di Ducezio.
Abbandonato dai suoi, Ducezio si rifugiò a Siracusa dove chiese asilo politico. I siracusani lo
mandarono in esilio a Corinto, da dove scappò per rientrare in Sicilia dove, sulla costa
settentrionale vicino all’attuale Caronia, fondò la città di Kalè Aktè (bella spiaggia), dove visse gli
ultimi anni della sua vita.
Con la morte di Ducezio si concludeva la più importante esperienza politica dei siculi. Il tentativo di
Ducezio di dare unità e autonomia politica al suo popolo era fallito perché i Siculi, con le loro
strutture tribali, non erano ancora in grado di recepire le nuove idee del loro capo.
DUCEZIO FONDA MENAI
MENAI, L’ANTICA MINEO
DUCEZIO FONDA PALIKE’
DUCEZIO CONQUISTA MORGANTINA
INESSA, L’ANTICA PATERNO’?
INESSA,L’ANTICA SANTA MARIA DI
LICODIA?
DUCEZIO FONDA KALE’ AKTE’
Caronia
ATENE
I PRIMI INTERVENTI DI ATENE IN
SICILIA
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Durante il periodo delle democrazie siceliote, Cartagine non si mosse, anche
perché aveva motivi di preoccupazione in Africa. Inoltre i rapporti con i Greci di
Sicilia erano tanto amichevoli da permettere l’insediamento di un nucleo di
commercianti cartaginesi a Siracusa e in altre città. E ciò sta a dimostrare che non
c’era quell’odio razziale fra i due popoli, che diverse fonti storiche antiche e
moderne enfatizzano.
Ma se Cartagine era tranquilla, un’altra potenza stava per affacciarsi sullo scenario
siciliano e questa volta non si trattava di un barbaro, ma di una potenza greca,
Atene.
Questa città, dopo aver sconfitto i Persiani, era diventata la potenza egemone
dell’Egeo. Era inevitabile che si volgesse a perseguire obiettivi politico commerciali
anche in occidente e particolarmente in Sicilia, dove la città greca aveva molti
amici.
La Sicilia era essenziale all’economia ateniese, in quanto riserva inesauribile di
grano ed era naturale che una presenza commerciale comportasse anche una
presenza politica, a tutela e garanzia della prima.
In tale ottica si spiega l’intervento ateniese nel 433 in soccorso di Katane con una
piccola flotta comandata da Lampone. L’impresa, che doveva avere un carattere
esplorativo in vista di più ampi interventi, ebbe esito positivo.
I PRIMI INTERVENTI DI ATENE IN
SICILIA
• La seconda fase dell’attenzione di Atene verso la Sicilia
risale all’epoca della guerra del Peloponneso, durante la
quale l’isola venne indirettamente coinvolta nel conflitto tra
le due maggiori potenze, Atene e Sparta, che entrambi
miravano all’isola come a una fonte di risorse necessarie ai
rispettivi imperi.
• All’inizio della guerra del Peloponneso, nel 431, da parte
degli Spartani, scrive Tucidide, fu chiesto ai popoli dell’Italia
e della Sicilia, che si erano schierati con loro, di costruire un
numero di navi proporzionato alla grandezza di ciascuna
città. Siracusa allestì cento navi triremi, ma nessuna città
intervenne con soldati. L’aiuto che Siracusa dette a Sparta
consistette soprattutto nell’invio di grano.
I PRIMI INTERVENTI DI ATENE IN
SICILIA
• Nel 427 scoppiò in Sicilia un conflitto fra Siracusa e Leontini, che
coinvolse quasi tutte le città siceliote: Imera, Ghelas e Selinunte
dalla parte di Siracusa; Camarina, Katane e Naxos dalla parte di
Leontini. Akragas rimase neutrale.
• I leontini chiesero aiuto ad Atene, che inviò in Sicilia una flotta di
quaranta navi sotto il comando di Eurimedonte e di Sofocle. La
conseguenza inattesa fu che le poleis siceliote si rammentarono che
la propria indipendenza veniva prima di tutto.
• Venne convocata a Ghelas una conferenza di pace di tutte le città
siceliote, durante la quale il siracusano Ermocrate, l’unica vera
personalità che emerge dai documenti storici della Sicilia di questo
periodo, pronunciò un appassionato discorso per perorare la pace
fra tutti i siciliani, perché altrimenti sarebbero stati sopraffatti dagli
ateniesi, il cui unico scopo era quello di assoggettare tutta la Sicilia.
E così la pace fu firmata con lo slogan “la Sicilia ai Siciliani”.
ERMOCRATE DI SIRACUSA
LEONTINI E SEGESTA INVOCANO
L’INTERVENTO DI ATENE
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Ad Eurimedonte e a Sofocle non restò che prendere atto della nuova situazione e far ritorno in
patria. Ad Atene non restava che attendere una nuova occasione per potere intervenire ancora in
Sicilia e l’occasione si concretizzò molto presto.
A Leontini i democratici favorirono un allargamento del diritto di cittadinanza, con conseguente
redistribuzione delle terre, la qual cosa non fu gradita ai vecchi proprietari, che, con l’aiuto di
Siracusa, espulsero dalla città la parte popolare, che chiese l’aiuto di Atene.
Nello stesso tempo anche Segesta che, tanto per cambiare, era in guerra con Selinunte, chiese
l’intervento di Atene. Segesta assicurò gli ateniesi di potersi fare carico dei costi della guerra,
facendo presente di possedere grandi ricchezze. Atene inviò ambasciatori per rendersi conto della
situazione e dell’attendibilità delle offerte finanziarie di Segesta. I messi ateniesi rimasero
impressionati dal grande tempio e dagli oggetti preziosi che i segestani spostavano da una parte
all’altra, inseguendo gli spostamenti degli ambasciatori.
Atene decise di intervenire in Sicilia con una grande flotta i cui comandanti erano Alcibiade, Nicia e
Lamaco, perché, dice Tucidide, “aiutassero i segestani contro i selinuntini, ristabilissero in patria i
leontini se l’andamento della guerra lo consentisse, e, per il resto,sistemassero le cose in Sicilia nei
modi che ravvisassero più vantaggiosi per Atene”. In realtà l’obiettivo non dichiarato di Atene era
Siracusa.
LA SPEDIZIONE ATENIESE IN SICILIA
• Sulla grande spedizione ateniese in Sicilia è andata perduta
la storiografia siceliota, per cui la sua conoscenza è per noi
affidata essenzialmente alla versione di Tucidide, e dunque
a un’ottica pur sempre ateniese, anche se condotta con
profondo rigore intellettuale, com’è nel costume del grande
storico greco.
• Tucidide per prima cosa ci informa del grande e
appassionato dibattito avvenuto nell’Assemblea Popolare di
Atene sull’opportunità della spedizione. Ne sono
testimonianza gli opposti discorsi tenuti da Nicia che,
contro la sua volontà, era stato scelto a guidare la
spedizione e riteneva che Atene non avesse preso una
saggia decisione, e da Alcibiade smanioso di esercitare il
comando e speranzoso di riuscire a conquistare la Sicilia.
Nicia (Atene 470 a.C.Siracusa 413 a.C)
Era il rampollo
d’una nobile
dinastia ateniese,
uno degli uomini
più ricchi di Atene.
Era molto pio e
superstizioso.
Alcibiade (450-404
a.C.)
Giovane squattrinato, in
compenso possedeva la
bellezza, lo spirito, il
coraggio e l’insolenza
che lo rendevano bene
accetto nei salotti
culturali di Atene.
Figlio di una cugina di
Pericle era cresciuto in
casa di costui.
Faceva parte del gruppo
di giovani intellettuali
che Socrate esercitava
all’arte del
ragionamento.
Era un guerrafondaio.
DAL DISCORSO DI ALCIBIADE SULLA
SICILIA ALL’ASSEMBLEA POPOLARE
• “In Sicilia le città vi brulicano di uomini di razze diverse,
per la facilità con cui cambiano e accolgono i cittadini.
Nessuno per questo motivo si provvede di armi, come
farebbe invece in difesa della propria patria, né per la
sicurezza personale, né per la tutela del territorio;
ognuno si preoccupa solo di procurarsi o con l’efficacia
della parola o con la rivolta, prendendolo dal
patrimonio comune, quanto ritiene necessario per
potere, in caso d’insuccesso, trasferirsi altrove. E non è
verisimile che un’accozzaglia di tal fatta possa
intraprendere una qualsiasi azione con unità ‘intenti”.
DAL DISCORSO DI NICIA SULLA SICILIA
ALL’ASSEMBLEA POPOLARE DI ATENE
• “La Sicilia è fatta di grandi città, non soggette le une alle altre e che
non sentono il bisogno di cambiare regime, come accade quando da
una forzata schiavitù si è disposti di buon grado a passare a una
condizione migliore, né son disposte a barattare la libertà con il
nostro dominio, tanto più che sono molte, in rapporto al fatto di
trovarsi tutte in un’unica isola, le poleis greche. Senza contare infatti
Naxos e Catania, che spero si uniranno a noi per il vincolo di stirpe
con Leontini, ve ne sono altre sette, in tutto organizzate al pari di
noi, e in specie quelle contro cui ci muoviamo, Selinunte e
Siracusa.Hanno opliti, arcieri e lanciatori di giavellotto in gran
numero, molte triremi e abbondanti equipaggi; hanno denaro
privato e i Selinuntini ne hanno anche nei templi. Siracusa può
contare sui tributi che le versano alcuni popoli barbari, e,
soprattutto, sono avvantaggiati su di noi per il fatto che possiedono
molti cavalli e dispongono di grano senza doverlo importare”.
LO SCANDALO DELLE MUTILAZIONI
DELLE ERME
• La spedizione ateniese non nacque sotto i
migliori auspici. Infatti, la notte prima della
partenza furono mutilate tutte le Erme poste
nelle strade di Atene. Erano dei cippi
sormontati dal busto del dio Ermes e forniti di
un vistoso attributo fallico.
• Di questo atto sacrilego fu accusato Alcibiade
che, si diceva, non era nuovo ad atti del
genere.
LO SCANDALO DELLA MUTILAZIONE
DELLE ERME AD ATENE
LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA
• Estate del 415: partenza per la Sicilia della flotta
ateniese, comprendente 250 navi e 25.000 uomini.
• In Italia incontra l’ostilità delle città greche.
• In Sicilia il reclutamento di alleati non ebbe il successo
sperato.
• Naxos, Camarina, Segesta e la maggior parte dei siculi
appoggiarono Atene; Zancle e Akragas rimasero
neutrali.
• Alcibiade fu richiamato ad Atene per essere giudicato
sull’affare delle Erme e nel viaggio di ritorno scappò a
Sparta.
LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA
• L’esercito ateniese, accampato a Catania,
sprecò molti mesi alla ricerca di alleati, dando
a Siracusa il tempo di potenziare le sue difese.
• All’inizio dell’inverno del 415 gli ateniesi
attaccarono Siracusa, riuscendo a sbarcare nei
pressi del tempio di Zeus.
IL TEMPIO DI ZEUS A SIRACUSA
LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA
• Con l’arrivo dell’inverno, i contendenti pattuirono una
tregua e l’esercito ateniese fece ritorno al quartier
generale di Catania.
• A Siracusa furono affidati i pieni poteri a tre strateghi,
di cui uno era Ermocrate.
• Vennero inviati messi a Corinto e Sparta per sollecitare
aiuti e la ripresa sul continente della guerra contro
Atene per distoglierla dall’impegno in Sicilia.
• A Sparta anche l’esule Alcibiade incitò gli spartani a
riprendere la guerra contro Atene.
• Sparta inviò rinforzi a Siracusa sotto la guida di Gilippo.
LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA
• All’inizio della primavera del 414 gli ateniesi
ripresero le ostilità e riuscirono ad occupare la
collina delle Epipole.
• In uno dei tanti scontri morì Lamaco, per cui
unico capo rimase Nicia.
• I siracusani stavano per soccombere quando
giunsero gli aiuti spartani,che si unirono agli
assediati.
• Ora la situazione cambiò a favore dei siracusani.
LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA
• Nicia, vedendo che la situazione si faceva critica,
mandò un drammatico messaggio ad Atene,
chiedendo cospicui soccorsi o l’autorizzazione ad
abbandonare l’impresa.
• Atene inviò in Sicilia due nuovi strateghi,
Demostene ed Eurimedonte; quest’ultimo partì
subito con 10 navi, mentre Demostene con il
grosso degli aiuti partì nella successiva primavera.
• Quando Demostene giunse in Sicilia, gli ateniesi
avevano subito una dura sconfitta navale.
LA GUERRA FRA ATENE E SIRACUSA
• Demostene voleva abbandonare Siracusa finchè
la flotta aveva la possibilità di allontanarsi. Nicia,
timoroso della reazione di Atene, si oppose.
• Il dissidio fra i due strateghi fu causa di indugi e
ritardi che furono fatali per gli ateniesi.
• Quando anche Nicia si convinse che era
opportuno partire, una eclissi lunare bloccò la
partenza.
• Allora i siracusani sferrarono un decisivo attacco
per mare e per terra, che portò alla distruzione di
quasi tutta la flotta ateniese.
La guerra fra Atene e Siracusa
• Inseguiti dai siracusani e dagli spartani di Gilippo, gli ateniesi furono
massacrati sulle rive del fiume Assinaro
• Molti superstiti furono catturati da privati cittadini che li fecero loro
schiavi. Altri 7.000 furono rinchiusi nelle latomie a tagliare pietra
per i palazzi di Siracusa
• Nicia e Demostene furono torturati e giustiziati contro il parere di
Gilippo e di Ermocrate.
• Solo un piccolo gruppo riuscì a tornare in patria, perché, racconta
Strabone, sapevano recitare a memoria alcuni cori di Euripide.
• Siracusa aveva umiliato la più grande potenza navale e mercantile,
acquisendo grande prestigio, mentre Atene non si risollevò mai più
da quel disastro .
• La vittoria però non portò la pace né a Siracusa, né alla Sicilia.
LATOMIE
CARTAGINE CONTRO SELINUNTE E
IMERA
• A Siracusa il partito popolare, guidato dal generale
Diocle, si impadronì del potere.
• In Sicilia esplose l’ennesimo conflitto fra Selinunte e
Segesta; quest’ultima chiese aiuto a Cartagine.
• Cartagine inviò un esercito al comando di Annibale.
• Selinunte cadde nel 409 in nove giorni.
• Questa splendida polis greca la vogliamo ricordare con
le seguenti immagini……
SELINUNTE
SELINUNTE COM’ERA
LA COLLINA ORIENTALE CON I TEMPLI
E–F-G
IL TEMPIO E DEDICATO A ERA
IL TEMPIO F DEDICATO AD ATENA O A
DIONISIO
IL TEMPIO G DEDICATO A ZEUS
SELINUNTE COM’ERA
L’ACROPOLI
L’ACROPOLI VISTA DAL MARE CON I
TEMPLI A – B – C- D - O
IL TEMPIO A DEDICATO A CASTORE E
POLLUCE
IL TEMPIO B NOTO COME TEMPIO DI
EMPEDOCLE
IL TEMPIO C DEDICATO AD APOLLO
IL TEMPIO D DEDICATO AD ATENA
IL TEMPIO O
SELINUNTE COM’ERA
L’AREA OCCIDENTALE
SANTUARIO DI DEMETRA
MALOPHOROS
LE NECROPOLI
SELINUNTE COM’E’ OGGI
LA COLLINA ORIENTALE
IL TEMPIO E DEDICATO A ERA
Dopo l’anastilosi del 1959
IL TEMPIO E
IL TEMPIO E
IL TEMPIO E
IL TEMPIO E
IL TEMPIO G DEDICATO A ZEUS
IL TEMPIO G DEDICATO A ZEUS
SELINUNTE COM’E’ OGGI
L’ACROPOLI
IL TEMPIO C DEDICATO AD APOLLO
IL TEMPIO C
IL TEMPIO C
IL TEMPIO C PRIMA DELL’ANASTILOSI
DEL 1925
IL TEMPIO C DOPO L’ANASTILOSI DEL
1925
SELINUNTE COM’E’ OGGI
L’AREA OCCIDENTALE
IL SANTUARIO DI DEMETRA
MALOPHOROS
IL SANTUARIO DI DEMETRA
MALOPHOROS
LE CAVE DI CUSA
da cui provenivano i rocchi per i templi
L’ESTRAZIONE DEI BLOCCHI
IL TRASPORTO DEI BLOCCHI
LA FASE FINALE
LA PIU’ GRANDE FORNACE
DELL’ANTICHITA’
LA PIU’ GRANDE FORNACE
DELL’ANTICHITA’
CARTAGINE CONTRO IMERA
• Distrutta Selinunte, Annibale mosse contro
Imera, a difesa della quale accorsero i
siracusani di Diocle.
• A distanza di 80 anni si ripropose, sullo stesso
teatro di guerra, il medesimo schieramento,
ma l’esito fu capovolto.
LA GRANDE NECROPOLI DI IMERA
CARTAGINE CONTRO SELINUNTE E
IMERA
• Annibale sciolse l’esercito e fece ritorno a
Cartagine.
• Frattanto il siracusano Ermocrate tornò dall’esilio
per riconquistare il potere con l’appoggio del
partito oligarchico.
• Seguirono tafferugli con i sostenitori del partito
democratico che ebbero la meglio.
• Ermocrate fu ucciso e i suoi seguaci furono
esiliati.
• Riuscì a salvarsi, perché si finse morto, Dionisio.
Platone
“Come si profilò
l’estremo pericolo per la
Sicilia greca di essere
completamente
assoggettata e resa
barbara dai Cartaginesi,
allora si scelsero come
capi Dionisio, un giovane
e valente guerriero, e il
più anziano Ipparino
come consigliere; ad
essi, per la salvezza della
Sicilia, conferirono titolo
e potere di tiranno”.
DIONISIO
DIONISIO
• Nella primavera del 406 i Cartaginesi
tornarono in Sicilia.
• Il primo bersaglio fu la ricca Akragas, assediata
per otto mesi.
• A dicembre Akragas fu conquistata e
saccheggiata e la popolazione si trasferì a
Leontini.
• Quindi Cartagine attaccò Ghelas.
DIONISIO
• A Siracusa, in una infuocata seduta
dell’assemblea popolare, il giovane Dionisio mise
sotto accusa tutti i generali per come avevano
condotto la guerra ad Akragas.
• L’Assemblea destituì gli strateghi ed elesse un
nuovo Consiglio, di cui fece parte lo stesso
Dionisio.
• Durante la guerra di Gela, Dionisio accusò di
nuovo i generali suoi colleghi di corruzione e
tradimento. L’Assembea popolare li destituì e
nominò Dionisio strategòs autocrator.
DIONISIO
• Per rafforzare il suo potere, Dionisio simulò un
attentato contro la sua persona, per cui si fece
autorizzare dall’Assemblea Popolare una
guardia del corpo.
• Ormai padrone di Siracusa, affidò i comandi
militari a persone di sua fiducia, richiamò gli
esuli e, per allearsi l’aristocrazia, sposò la figlia
di Ermocrate.
DIONISIO
• Intanto i cartaginesi, sconfitte Akragas e
Ghelas, se ne tornarono in Africa, a causa, dice
Diodoro, della peste che era scoppiata nelle
loro fila.
• Dionisio firmò il trattato di pace con Cartagine.
DIONISIO
• Il trattato prevedeva che:
• Gli insediamenti punici, elimi e sicani sarebbero
appartenuti a Cartagine;
• Le popolazioni di Selinunte, Akragas, Imera, Gela
e Camarina furono autorizzate a tornare nelle
loro città a condizione di non erigere fortificazioni
e di pagare un tributo a Cartagine;
• Leontini, Messene e i siculi dovevano essere liberi
e autonomi;
• Dionisio doveva governare a Siracusa.
DIONISIO
• Fortificò l’Ortigia;
• Rafforzò l’esercito;
• Continuò una politica matrimoniale tendente a
nuove alleanze;
• Lasciò in vita l’Assemblea Popolare, poiché era
ormai addomesticata;
• Il governo di Dionisio fu molto popolare. Lo
stesso Timeo, a lui ostile, narra episodi favorevoli
al tiranno, come quello della spada di Damocle.
DIONISIO
La spada di Damocle
DIONISIO
• Il regno di Dionisio durò 38 anni dal 406 al 368
anno della sua morte e fu tutto un susseguirsi
di guerre.
LE GUERRE DI DIONISIO
•
•
•
•
Prima guerra contro Cartagine nel 406/405;
Seconda guerra contro Cartagine 398/392;
Guerra contro gli italioti;
Intervento in Adriatico dove fondò Lissos,
Pharos, Ancona e Adria;
• Terza guerra contro Cartagine;
• Interventi in Magna Grecia dal 383 al 374;
• Quarta guerra contro Cartagine del 368.
LO STATO DI DIONISIO
• In questo modo Dionisio costruì il più grande
Stato territoriale della grecità che
comprendeva:
• Tutta la Sicilia,ad eccezione dell’estremità
ocidentale dalla foce del fiume Alico;
• La punta dello stivale fino al golfo di Taranto.
SIRACUSA CAPITALE DELLO STATO DI
DIONISIO
• Capitale di questo grande Stato territoriale fu Siracusa,
la città sempre al centro della vita politica e culturale
del mediterraneo.
• A Siracusa si erano rivolte le città greche al momento
dell’invasione persiana.
• A Siracusa si era recato Eschilo ed aveva dato
rappresentazioni memorabili.
• Su Siracusa aveva puntato Alcibiade, persuaso che lì
fosse, per Atene, la base di un nuovo impero.
• A Siracusa Platone cercherà di realizzare il suo Stato
ideale.
SPESE E RISORSE DELLO STATO DI
DIONISIO
Spese
• Per l’esercito;
• Per la guardia del corpo;
• Per gli operai impegnati
nelle fortificazioni, nella
costruzione di navi e
armi e in tutte le opere
pubbliche della città;
• Per premi, doni, feste.
Risorse
• Fondi sacri;
• Imposte straordinarie;
• Coniazione di monete;
• Razzie e prigionieri di
guerra.
DIONISIO PIU’CHE FONDATORE DI
CITTA’ NE FU SPESSO DISTRUTTORE
Fondatore
Distruttore
• In Sicilia l’unica città che
fondò fu Tindari.
• Bruciò Camarina e Gela;
• Spopolò Leontini;
• Distrusse Naxos, Reggio
Mothia e Solunto.
TINDARI, LA SOLA CITTA’FONDATA IN
SICILIA DA DIONISIO
LO STILE DI VITA DELLO STATO DI
DIONISIO
• Tendenza al lusso.
Platone
“Ecco quello che
pensavo quando venni in
Italia e in Sicilia per la
prima volta. Come giunsi
non mi piacque affatto la
vita che qui si diceva
felice,tutta impegnata
nei famosi banchetti
siracusani, nel riempirsi
il ventre di cibo due
volte al giorno e la notte
non dormire mai da soli”
(settima lettera).
Empedocle
“gli agrigentini
mangiano e si
danno alla bella
vita come se
dovessero morire
domani e
costruiscono
dimore come se
dovessero vivere in
eterno”.
•
DIONISIO II
DIONISIO II
• Ereditò dal padre con la tirannide
anche la guerra contro Cartagine, alla
quale pose fine perché, secondo
Diodoro, “era un ignavo e voleva far
passare per amore della pace e per
mitezza la sua inerzia”.
DIONISIO II
• Riprese la politica espansionistica del padre
nell’adriatico con la guerra contro i Lucani e la
fondazione di due colonie in Puglia.
• In questa politica italica ebbe un valido alleato
in Taranto, allora governata dal pitagorico
Archita.
• Fu quest’ultimo che convinse Platone ad
accogliere l’invito del tiranno a recarsi in Sicilia
Ma cosa venne
a fare Platone
in Sicilia?
A tentare
l’attuazione
del suo Stato
ideale.
La Repubblica di
Platone
“Fino a quando i filosofi
non governeranno essi
stessi lo Stato o i re non
si dedicheranno alla vera
filosofia gli Stati non
saranno guariti dai loro
mali”.
La riforma politica
suggerita da Platone per
Siracusa era l’abbandono
della tirannide e la
fondazione di una
monarchia
costituzionale, in cui il re
fosse obbligato a
rispettare le leggi.
DIONE
• Ma fra Dionisio II e Platone si intromise Dione,
cognato di Dionisio il Vecchio e quindi zio del
secondo Dionisio.
• Dione era l’uomo più ricco di Siracusa e
aspirava a sostituire Dionisio e per questo fu
accusato di tradimento e costretto a lasciare la
Sicilia per la Grecia.
DIONE
• In Grecia continuò nei suoi maneggi.
Frequentò l’Accademia e alcuni suoi
membri l’aiutarono a preparare il suo
ritorno a Siracusa.
• Platone, la cui posizione era diventata
insostenibile,fece ritorno in Grecia,
abbandonando per sempre il suo
progetto.
DIONE
• Tornato in Sicilia, conquistò Siracusa
senza colpo ferire e fu nominato
dall’Assemblea popolare strategòs
autocrator.
• Lasciò che Dionisio si rifugiasse in
Calabria e per questo i siracusani
cominciarono a sospettare di lui.
DIONE
• Abbandonato dal popolo che vedeva
in lui un nuovo tiranno, fu ucciso in
una congiura ordita da un suo
vecchio amico, Callippo.
IL RITORNO DI DIONISIO
• Callippo governò per tredici anni fino al 353,
quando fu estromesso da Ipparino, a cui
subentrò il fratello Niseo.
• Nel 346 si rifece vivo Dionisio che con dei
mercenari riconquistò Siracusa.
• Contro Dionisio gli oligarchi siracusani chiesero
aiuto a Corinto, che inviò una spedizione agli
ordini di Timoleonte, che costrinse Dionisio a
lasciare per sempre Siracusa per andare a vivere
a Corinto, dove chiuse la sua parabola di vita
come maestro di scuola.
•
TIMOLEONTE
TIMOLEONTE
• Promosse un’alleanza con tutte le città
siceliote, a cui aderirono anche città sicule e
sicane,in funzione anti cartaginese.
• Cartagine reagì e inviò in Sicilia un esercito
di 80.000 uomini al comando di Amilcare e
Asdrubale.
• Timoleonte mise insieme un esercito di
appena 12.000 uomini e,nonostante il
grande divario di forze, riuscì a sconfiggere i
cartaginesi presso il fiume Crimiso.
TIMOLEONTE
• In soli otto anni di regno divenne padrone di tutta
la Sicilia greca, ripopolando vaste zone
dell’interno con migliaia di nuovi coloni fatti
venire dalla Grecia e dalla Magna Grecia.
• Nel 337, ormai vecchio e quasi cieco, lasciò il suo
incarico e assunse il ruolo di padre nobile della
patria.
• Egli fu il solo tiranno cui venne concesso ritirarsi a
vita privata con una cospicua rendita, che gli
consentì di concludere nell’agiatezza il restante
della sua vita nella stessa Siracusa.
AGATOCLE
AGATOCLE
• Con l’uscita di scena di Timoleonte, tutta la sua
costruzione politica crollò e Siracusa tornò a essere una
terra in preda all’anarchia.
• Di questa situazione approfittò Agatocle, il capo del
partito radicale, che conquistò il potere con un violento
colpo di Stato, durante il quale furono uccisi più di
4.000 cittadini e altri 6.000 si salvarono riparando ad
Akragas.
• A detta dello storico Timeo, Agatocle fu più crudele ed
efferato di Dionisio e Diodoro rincara la dose scrivendo
che nessuno dei tiranni prima di Agatocle ostentò verso
i propri sudditi una crudeltà pari alla sua.
AGATOCLE
• Come governante, Agatocle, volendo estendere il suo potere a tutta
la Sicilia, si scontrò contro i cartaginesi, contro i quali non gli fu dato
di presentarsi come campione della grecità. Quel motivo patriottico
della civiltà minacciata dalla barbarie punica, valido al tempo di
Gelone, di Dionisio e di Timoleonte, al tempo di Agatocle non era
più sentito, anzi era talmente logorato che i cartaginesi
intervennero come alleati delle città siceliote perseguitate da
Agatocle.
• La guerra contro Cartagine Agatocle dovette perciò combatterla
solo col sostegno dei suoi mercenari e grazie alla potenza navale di
Siracusa la portò pure nel nord Africa in casa di Cartagine;
• Questa impresa temeraria, che riempì di stupore gli stessi romani,
fu lunga e costosa e si concluse nel 305 quando Agatocle fu
costretto a chiedere la pace.
AGATOCLE
• La pace fu utile ad entrambi i contendenti: i cartaginesi
conservarono le posizioni che da tempo facevano parte
della epikrateia punica e Agatocle potè estendere il suo
potere su tutta la Sicilia non soggetta a Cartagine e nel 307
assunse il titolo regale di basileus, titolo che i predecessori
avevano evitato.
• Sostanzialmente non cambiò però nulla. Come Dionisio,
Agatocle non era re né di un territorio definito né di un
popolo. Il suo dominio era solo esercizio di un potere
personale, fondato esclusivamente sul suo arbitrio e sulle
sue violenze, e alla sua morte tutto si dissolse.
• Agatocle morì a 72 anni dopo 28 anni di regno e il decennio
successivo a Siracusa vide l’abituale succedersi di lotte e
anarchia.
PIRRO IN SICILIA
• Per mettere ordine a Siracusa si ricorse a Pirro,
che si trovava nell’Italia meridionale per
difendere Taranto dai romani.
• Plutarco racconta che egli abbia detto: “la
Sicilia è vicina e ci tende la mano; è un’isola
prospera e popolosa, facile da conquistare.
Infatti in ogni città c’è disordine e anarchia e lo
strapotere dei demagoghi dopo la morte di
Agatocle”.
PIRRO IN SICILIA
• Nell’autunno del 278 Pirro attraversò lo stretto
con 10.000 uomini ed entrò a Siracusa accolto
come un liberatore.
• Anche le altre città siceliote si consegnarono a
lui.
• Quindi si volse alla conquista delle città
puniche: Eraclea, Selinunte, Segesta, Erice,
Panormos. Solo Lilibeo gli resistette.
PIRRO IN SICILIA
• Concepì l’idea di portare la guerra ai cartaginesi
in terra d’Africa, come aveva fatto Agatocle, ma la
sua idea non potè realizzarsi perché i sicelioti gli
negarono i mezzi necessari per l’impresa.
• Nell’autunno del 276, lasciò la Sicilia,
abbandonandola al suo destino.
• I Cartaginesi ripresero il controllo delle terre
prima perdute e le città greche ripiombarono nel
loro particolarismo.
IERONE
• A Siracusa si impose il capo dei democratici Ierone. A
differenza dei suoi predecessori, egli non arrivò al
potere con la violenza, ma accettato da tutte le parti.
• Ierone fu un sovrano per molti aspetti diverso dai suoi
predecessori. In primo luogo, rinunciò a ogni avventura
militare e al desiderio di estendere il suo regno. Ciò
probabilmente fu la conseguenza della comparsa di
Roma sulla scena politica siciliana. Un Dionisio o un
Agatocle avevano potuto svolgere un ruolo nella
politica di potere nel Mediterraneo anche di fronte a
Cartagine, ma nessun governante siciliano potè fare lo
stesso contro Cartagine e Roma insieme.
IERONE
• Fu sul piano economico che la politica di Ierone diede
risultati più importanti. Egli dedicò molta attenzione alla
principale fonte di ricchezza della Sicilia, cioè la produzione
di cereali. Sembra che fosse esperto di agronomia e che
abbia introdotto una serie di innovazioni che contribuirono
all’aumento della produzione.
• Ierone traeva vantaggi dalla produzione cerealicola con un
sistema di tassazione che Cicerone ci ha descritto
dettagliatamente: Ierone incamerava la decima parte del
raccolto, che poi vendeva ai vari paesi del Mediterraneo.
• Con queste entrate, potè finanziare la costruzione di grandi
edifici pubblici, come il grande teatro, l’ara di Zeus, il più
grande altare dell’antichità e la più grande e fastosa nave
del mondo antico.
IL TEATRO DI SIRACUSA
L’ARA DI ZEUS
L’ARA DI ZEUS
SYRACUSIA
La nave di Ierone
MONETE DI IERONE
MONETA DI IERONE
Raffigurante la moglie Filistide
MONETA DI IERONE
FINE
Parte Prima