I.S.S.M. “V. Bellini”
Note Musicali
I
n.1
Istituto Superiore di Studi Musicali
“V. Bellini”
CALTANISSETTA
Note Musicali
Trimestrale di studi e cultura musicale
Anno I - n. 1
Luglio-Settembre 2011
Istituto Superiore di Studi Musicali
“V. Bellini”
CALTANISSETTA
Note Musicali
Trimestrale di studi e cultura musicale
Note musicali
Trimestrale di studi e cultura musicale
dell’Istituto Superiore
di Studi Musicali “V. Bellini”
Presidente Consiglio di Amministrazione
Avv. Giuseppe Gaetano Iacona
Direttore dell’ Istituto
M° Angelo Licalsi
Direttore Amministrativo
Dr. Alberto Nicolosi
Direttore Responsabile
Rosa Maria Li Vecchi
Comitato di Redazione
Lea Maria Teresa Cumbo
Salvatore Ivan Emma
Giuseppe Fagone
Francesco Gallo
Angelo Licalsi
Angelo Palmeri
Raffaello Pilato
Autorizzazione Tribunale di Caltanissetta
n. 227 del 27/09/2011
Sommario
9. La formazione artistica come risorsa
Giuseppe Furlanis
19. Dal ritmo della terra al desiderio d’infinito
Mons. Mario Russotto
27. Il mondo della banda musicale nell’Italia di oggi
Fulvio Creux
45. Ritmica della variazione continua
Marcello Faletra
51. Alla ricerca della musica?
Antonio Iacono
57. Le polifonie di Montedoro
Ignazio Macchiarella
67. L’armonia che temperi e discerni...
Sergio Mangiavillano
83. Minuetto in Sol minore di J. S. Bach
Fabrizio Puglisi
87. Le tesi – Aurelio Arcidiacono
Luigi Amico
122. Novità in biblioteca
“Risonanze”
di Stefania Como
La realizzazione del pannello prende l’idea da una soggettiva ed intima ricerca
spirituale, assegnando alla musica e a quello che essa rappresenta, una chiave di lettura ad ampio respiro.
L’ispirazione prende forma dalle origini del suono e dall’ipotesi che attraverso il
suono e il suo riverberarsi nello spazio, inteso come spazio cosmico , sia potuto nascere l’universo.
Lo sfasamento può essere percepito dall’osservazione del numero sette, le sette
note musicali, la musica che dalle origini arriva sino a noi, esprimendosi in una
dimensione “terrena”attraverso l’intuizione e la sensibilità di grandi artisti e di un
pubblico ricettivo pronto per ascoltarli.
Sullo sfondo del pannello in plexiglass il Corale della cantata n. 147 di J. S. Bach
nella trascrizione per pianoforte; l’artista prediligeva una musica ispirata a momenti
di “elevazione spirituale”, dove per spirituale si intende quell’aspetto insito nell’uomo che va oltre la religione intesa in senso stretto, ma anzi attraverso una visione più
laica ci spinge ad osservare la vita anche nei suoi aspetti trascendenti.
Il rame usato riconduce alle origini attraverso l’effetto del magma primordiale,
delle sue alterazioni, della chimica, della trasformazione degli elementi e dei passaggi evolutivi che si sono susseguiti dall’origine del suono sino a noi. L’uso del rame
evoca anche i materiali usati per fabbricare gli strumenti musical. L’esplosione dirompente della musica e del suono vengono ulteriormente enfatizzati attraverso lo spaccarsi del numero che come un’onda di vibrazioni e risonanze riconduce al movimento e alla spazialità.
Stefania Como nasce a Torino nel 1968 dove attualmente vive e lavora, la sua formazione e la sua attuale ricerca si configurano sia in campo artistico che educativo, dopo aver conseguito la laurea all’Accademia delle Belle Arti di Torino e l’abilitazione in Counseling educativo e Arte terapia sviluppa progetti con l’arte moderna e contemporanea a carattere relazionale in contesti pedagogici, educativi e riabilitativi, oltre che a portare avanti la sua personale ricerca artistica orientata all’approfondimento della pluralità dei linguaggi con l’intento
di far dialogare l’arte con la collettività al fine di costruire una relazione ed uno scambio utile
ad entrambi.
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L’Istituto superiore di studi musicali
“Vincenzo Bellini”
È con vivo piacere che presentiamo questo primo numero della rivista di studi ed approfondimento musicale “Note Musicali”, espressione
dell’Istituto superiore di studi musicali “Vincenzo Bellini” di Caltanissetta, che da oltre trent’anni è punto di riferimento per il territorio non
solo della provincia nissena ma delle province del centro-Sicilia per la
formazione musicale di stampo accademico e che oggi, con l’attivazione
dei corsi di specializzazione universitaria in ambito delle discipline
musicali previsti dall’Afam, si pone come ulteriore polo di specializzazione per l’eccellenza in campo musicale ed artistico.
Quindici i corsi attivati all’istituto musicale Vicenzo Bellini, che oggi
ha 35 anni ed è nato nel 1975 su iniziativa del maestro Pietro Costanza
(già maestro della banda municipale del capoluogo nisseno), dei presidenti della Provincia Regionale Giuseppe Taglialavore e Giuseppe
Bufalino e dei funzionari dello stesso ente Calogero Granata e Raffaele
Vinci.
Pareggiato nel 1975 ai Conservatori di Stato, l’istituto Bellini (di cui
Costanza è stato direttore fino al 1982) contava cinque classi di strumento (pianoforte, violino, canto, violoncello, flauto). La direzione è poi passata al maestro Raffaele Vinci, già dirigente di Settore della Provincia (da
cui dipendeva l’istituto musicale Bellini), pianista, che portò le originarie
5 cattedre a 35, tutte pareggiate, con un incremento del numero dei
docenti e degli allievi (che passarono dai circa 50 dei primi anni a 300).
Dal 2003 l’istituto è diretto dal maestro Angelo Licalsi, già vicedirettore di Vinci, che ha portato avanti il processo di riforma all’interno del
sistema Afam, con l’adozione dei decreti necessari e l’avvio delle procedure, per l’ampliamento dell’offerta formativa di livello accademico.
Oggi il Bellini registra ancora un aumento delle iscrizioni, che fanno
registrare 612 iscritti in totale per l’a.a. 2010-2011, di cui 284 donne e uno
straniero, con una percentuale di aumento del 28,3% rispetto all’anno
precedente mentre gli iscritti nei corsi superiori – secondo le statistiche
elaborate dal Miur nell’ambito delle rilevazioni nel settore dell’Alta formazione artistica e musicale – sono 217 (106 donne), con un incremento
del 31,5%. Il totale dei diplomati del 2010 è invece di 72, di cui 26 donne,
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con una diminuzione di oltre il 40% (dato legato al fatto che non sono più
ammessi a sostenere esami i privatisti, cioé gli esterni che non frequentano i corsi ordinamentali). I docenti in servizio sono 41 (di cui 8 donne) e
13 le unità di personale non docente, tutti dipendenti della Provincia
Regionale di Caltanissetta.
L’istituto musicale Bellini ha sede fin dalla sua fondazione in corso
Umberto, in una parte dell’edificio gesuitico già occupato nella seconda
metà dell’Ottocento dall’Ospizio di beneficenza “Umberto I”, adiacente
alla biblioteca comunale Scarabelli che invece occupa gran parte dell’ex
convento secentesco dei Gesuiti annesso alla chiesa di Sant’Agata.
Pietro Milano
Assessore all’Istituto musicale Bellini
Vicepresidente della Provincia Regionale
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Per un ulteriore contributo
allo sviluppo della cultura musicale
Fondare una nuova rivista di studi e cultura musicale è un’ impresa
coraggiosa, quasi controcorrente in tempi difficili come questi, in cui
certo gli studi non sembrano fiorire e la società appare come stordita ed
inebetita.
Il decadimento culturale ed etico che tutti percepiamo allontana le
nuove generazioni dalla voglia di conoscenza della propria storia delle
proprie arti.
Sembra che nulla valga la pena di fare se non abbia come fine un guadagno meramente economico.
Per le arti, le tradizioni e la musica, per restare nell’ ambiente che ci
interessa, l’interesse è marginale , di pochi, e non ci rendiamo conto che,
invece, la rinascita parte proprio da qui, da quello che ha reso il Nostro
Paese unico al mondo, il suo patrimonio artistico culturale.
È allora fondamentale, ed infonde speranza, che l’Istituto Bellini, esso
stesso parte integrante di questo patrimonio, si proponga con la sua rivista “Note Musicali” di contribuire ad invertire la tendenza al declino.
La rivista nasce sotto i migliori auspici e si avvarrà di insigni collaboratori ed accrescerà il prestigio dell’Istituto. Sono perciò orgoglioso che
l’iniziativa nasca dall’Istituto “Bellini” che intende sempre più proporsi
come promotore del rinnovo culturale di Caltanissetta, città nel cuore
della Sicilia già nel passato indicata come la piccola Atene.
La nuova rivista, pertanto, dovrà provare, per non restare in confini
troppo angusti, magari attraverso sezioni dedicate, a coniugare il necessario pregio e rigore scientifico con il giusto tono divulgativo.
Sono certo che le competenze e le capacità non mancano.
Avv. Giuseppe Iacona
Presidente Consiglio di Amministrazione
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“Note musicali”, nuovi percorsi
per la ricerca musicale
L’istituto Bellini avvia il proprio percorso nel campo della Ricerca
musicale attraverso la pubblicazione della Rivista trimestrale “Note Musicali”.
Siamo consapevoli delle perplessità e degli inevitabili dubbi che ogni
nuova rivista suscita non appena muove i primi passi e si affaccia sulla
scena.
Certamente non vogliamo togliere spazio a nessuna delle Riviste specializzate di più lunga tradizione ed esperienza, ma vogliamo esserci
anche noi con il nostro impegnato contributo.
“Note Musicali” vuole essere uno strumento utile a Docenti, Studenti
dell’ Istituto, nonchè a musicologi, musicisti e studiosi italiani e stranieri
per veicolare, attraverso articoli e studi di particolare interesse, le proprie
osservazioni, ricerche, analisi…
Non a caso, quindi, il titolo “Note Musicali” interpreta la duplice
accezione sia dell’ insieme dei segni che rappresentano graficamente il
pensiero musicale e ne permettono la decodifica sia, nello stesso
tempo, la natura di appunto che mette in evidenza, rileva, osserva o
richiama l’attenzione su determinati aspetti sia del linguaggio che
della vita musicale.
“La musica esprime ciò che non può essere detto e su cui è impossibile
rimanere in silenzio”
V. Hugo, Canti del Crepuscolo
La qualità dei contributi proposti in questo primo numero e la funzione scientifico-culturale che si vuol dare a questa pubblicazione ci stimolano a raggiungere obiettivi sempre più alti.
Abbiamo cercato di iniziare al meglio e ci proiettiamo verso il futuro
nell’ intento di riscuotere l’interesse dei lettori.
M° Angelo Licalsi
Direttore I.S.S.M. “V. Bellini”
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Prof. Giuseppe Furlanis
Presidente del Consiglio Nazionale
per l’ Alta Formazione Artistico Musicale
Direttore Istituto Superiore Industrie Artistica Firenze
La formazione artistica
come risorsa
Progetti e prospettive dopo la riforma
Per lo sviluppo di una cultura estetica
Per il suo prezioso patrimonio storico-monumentale e per il suo ricco
tessuto di tradizioni artistiche, l’Italia è percepita nel mondo come il
«paese dell’arte». È, infatti, l’arte che, più di ogni altra cosa, rende visibile la storia del nostro paese e ne rafforza l’identità culturale, ed è sempre
l’arte che è alla base del successo internazionale del «made in Italy».
Non meno significativo il contributo che questa offre all’industria
turistica e a quella culturale in cui un ruolo di rilievo è assunto dal settore dello spettacolo.
La creatività italiana è intesa come un ricco e variegato intreccio di
esperienze artistiche in cui sono messe in relazione arte, musica, moda,
design, cinema, nonché un articolato artigianato artistico che rappresenta, per diversi territori del nostro paese, una risorsa culturale ancor prima
che economica; così è la lavorazione della ceramica per Faenza, del vetro
per Murano, del mobile in Brianza e così via. Un elenco, questo, che
potrebbe continuare all’infinito perché non c’è «luogo» nel nostro paese
che non presenti un suo ricco e specifico artigianato artistico.
Eloquente testimonianza di questa immagine della creatività italiana
è stato il «Padiglione Italia» alla recente Expo di Shanghai, il più apprezzato e visitato tra tutti i padiglioni nazionali.
Nella sua grande sala d’ingresso, per presentare le eccellenze italiane,
erano associati: abiti di noti stilisti, oggetti di design, le immancabili citazioni dell’arte e dell’architettura rinascimentale; il tutto con il sottofondo
del «bel canto italiano».
Ma l’immagine più efficace era il palco della Scala di Milano, con
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Giuseppe Furlanis
tanto di sedie, leggii e strumenti musicali, posto curiosamente in verticale; adiacente a questo un laboratorio in cui erano presenti i maestri liutai
di Cremona, eredi di una ricca tradizione artigianale conosciuta in tutto
il mondo.
Il padiglione nel voler mostrare la varietà e, al tempo stesso, l’unicità
dei prodotti italiani, ha presentato ambiti produttivi in cui è sempre
essenziale la qualità estetica.
Oggetti in cui è riscontrabile il primato della bellezza.
Condizione, questa, necessaria perché per rendere competitivi i prodotti italiani, in un mercato «globale», è indispensabile che questi abbiano una forte identità e siano in grado offrire emozioni.
Pertanto, rovesciando il contenuto di un’affermazione fatta con eccessiva disinvoltura da un nostro ministro, per il quale «la cultura non si
mangia», possiamo affermare con piena certezza che non solo l’arte e la
cultura danno da mangiare, ma queste sono una risorsa indispensabile
per sostenere il nostro paese anche nell’attuale fase di congiuntura economica.
Purtroppo la consapevolezza di tale importanza non è sufficientemente diffusa e, di riflesso, la formazione artistica nel nostro paese non
ha mai ricevuto un adeguato riconoscimento.
Proprio per effetto di questo disinteresse, la formazione artistica è
stata mantenuta per quasi un secolo ancorata ad una riforma del 1923;
più nello specifico al Regio Decreto n. 3123, emanato dall’allora Ministro
Gentile, in un contesto culturale,sociale ed economico ben diverso da
quello che ha caratterizzato l’Italia dal dopoguerra ai giorni nostri.
Non va nemmeno scordato che la stessa Legge di Riforma 508 è stata
emanata con l’assurda pretesa di voler riformare l’intero comparto
dell’Alta Formazione Artistica a «costo zero». Si è fatto di più e di meglio
per l’educazione fisica quando è stato riformato l’ISEF; e questo la dice
lunga su quanto sia elevata la sensibilità nei confronti dell’arte e della
musica nel nostro paese!
Ernst Gombrich, intervistato alcuni anni fa sulla sua attività di storico
di rilevanza internazionale, mise in evidenza come l’insegnamento dell’arte e della storia dell’arte - e noi possiamo aggiungere della musica e
della storia della musica- fondamentali in ogni paese, assumano particolare rilevanza in Italia per la presenza di un patrimonio artistico di inestimabile valore che richiede una adeguata tutela e che, se opportunamente
valorizzato, si configura come una significativa risorsa economica.
Per valorizzare questo immenso giacimento di opere e di saperi arti-
La formazione artistica come risorsa
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stici è indispensabile, sempre secondo Gombrich, favorire lo sviluppo di
una cultura estetica come parte essenziale della didattica in ogni tipo di
scuola. Un auspicio, il suo, che purtroppo non trova riscontro negli attuali processi di riforma in cui ancora una volta l’importanza dell’arte è
ampiamente sottovalutata.
Se si attivano i licei musicali, ma contestualmente si esclude lo studio
della musica dagli altri tipi di scuola, non si fa un buon servizio alla
musica e si mette a rischio il nostro patrimonio musicale, perché questo
per svilupparsi, come ha sottolineato Gombrich, necessita di una diffusa
cultura estetica e di una maggior sensibilità musicale. Le orchestre e i teatri chiudono non per la carenza di validi musicisti, ma perché si riducono pubblico e finanziamenti. Già ora sono troppi i giovani di talento che,
diplomati con pieno merito nei Conservatori, sono costretti a rinunciare
alla carriera musicale mortificando le loro qualità e passioni e vanificando i tanti sacrifici sostenuti dalle loro famiglie.
Il tortuoso percorso di una legge di riforma
«Per un italiano la linea più breve che unisce due punti nello spazio
non è mai una linea retta bensì un arabesco».
Ho utilizzato più volte questo aforisma di Ennio Flaiano per descrivere le tormentate vicende della legge 508.
Legge di riforma che partita zoppa, senza le necessarie risorse economiche, ha avuto un percorso assai accidentato, reso ancor più tortuoso da
una vivace attività del TAR del Lazio che ne ha più volte interrotto il
cammino.
Per la verità anziché l’immagine dell’arabesco, che esprime sempre
una compiuta composizione estetica, per la 508 sarebbe più appropriata
l’immagine del labirinto, perché più volte ci si è illusi di essere giunti alla
meta per poi scoprire di essere di nuovo al punto di partenza, costretti a
riprendere il cammino senza alcuna certezza sul tragitto da fare e del
tempo necessario per giungere all’agognato traguardo.
Tuttora non si evince chi «da dietro le quinte» impedisca che si giunga in porto.
Certo è che le lentezze estenuanti, che ne hanno caratterizzato il percorso, hanno accresciuto un sentimento di disillusione anche in coloro
che questa legge hanno sostenuto con forza e passione.
Sono trascorsi ormai dodici anni dalla sua emanazione - era il fred-
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Giuseppe Furlanis
do Dicembre del 99 - un tempo troppo lungo perché non diventi fertile il terreno delle critiche e delle lamentele, e perché in esso non si radichino vecchi e nuovi corporativismi.
Così è aumentato il numero di quelli per cui «si stava meglio prima!»,
di chi propenso al pessimismo vede orizzonti catastrofici per la musica
italiana, e non sono pochi quelli che auspicano di essere assorbiti dall’università che di certo non naviga in acque più tranquille.
La 508, come si è detto, ha sicuramente molte lacune, e presto si
dovrà procedere ad una sua revisione, ma le va riconosciuto il merito
di aver sottratto Accademie, Conservatori e ISIA dall’area d’influenza
della scuola secondaria per posizionarle, come avviene nel resto
d’Europa, nell’Alta Formazione.
Pertanto, nonostante le tante riserve, deve essere considerata una
legge necessaria e si deve auspicare che possa concludere presto il suo
interminabile percorso anche per apportare alla stessa i necessari correttivi.
È sicuramente vero che il suo percorso è stato rallentato da alcune
problematiche specifiche della formazione musicale e coreutica.
Problematiche non certo inaspettate!
Si sapeva già, infatti, quando la legge fu emanata, che nell’apprendimento della pratica musicale e della danza la formazione di base
assume un particolare rilievo; di riflesso è molto elevato il numero
degli studenti iscritti nei corsi di base nei Conservatori di Musica e
negli Istituti musicali pareggiati.
Il venir meno, per effetto della legge, di questi iscritti, non solo
modifica il modello formativo di queste istituzioni musicali, così come
si è sviluppato nella tradizione della musica italiana, ma interviene
pesantemente sul loro funzionamento e nel rapporto numerico che in
esse è presente tra docente e studenti.
Inoltre i nuovi Licei Musicali, anch’essi istituiti con grande ritardo,
non sono in grado, almeno in questa fase, di assorbire interamente la
formazione di base presente nei Conservatori e Istituti Musicali.
Questo sia per l’elevato numero degli studenti, sia per la varietà
degli strumenti musicali nei quali deve essere garantito l’apprendimento, se si vuol evitare alle orchestre di trovarsi presto prive di alcune competenze strumentali.
Dopo interminabili discussioni si è giunti al compromesso - con il
D.P.R. 89 del 15/3/2010 art.7 e 13 comma 8 - di autorizzare la stipula
di convenzioni tra istituzioni AFAM e licei musicali e coreutici per atti-
La formazione artistica come risorsa
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vare percorsi integrati di istruzione e formazione musicale e coreutica
anche ai fini della prosecuzione a livello superiore.
Un provvedimento che non è passato indenne da critiche, così come
molte sono le perplessità nei confronti della scelta di autorizzare,
mediante convenzioni con le università, la doppia frequenza.
In molti, soprattutto nelle Accademie di Belle Arti, hanno espresso
il timore che questi provvedimenti rischino da un lato di riavvicinare
l’AFAM alla scuola secondaria, dall’altro di rafforzare un’immagine
della formazione artistica come «attività amatoriale».
Sebbene queste critiche siano per alcuni aspetti fondate, non va trascurata la necessità di governare questa fase di transizione evitando il
rischio, non trascurabile, che si disperda la ricca tradizione maturata
con anni di esperienza didattica. L’esercizio critico è particolarmente
utile per far emergere errori e, quindi, correggerli ma, citando
Gramsci, è indispensabile che al «pessimismo della ragione» si associ
sempre «l’ottimismo della volontà» e della passione.
Pertanto evitando ogni forma di amarezza e disincanto, che come è
noto sono poco utili alla soluzione dei problemi, è bene focalizzare l’attenzione sui prossimi impegni che permetteranno di portare a termine
la riforma. A seguito del DPR 132/2003 che ha indicato i criteri per
l’autonomia statutaria, e del DPR 212/2005 che ha definito la cornice
normativa entro cui definire l’organizzazione della didattica, le istituzioni hanno predisposto, sulla base del D.M. 123/2009 per le Accademie e D.M. 124/2009 per i Conservatori, i propri ordinamenti e regolamenti didattici.
Questi hanno permesso di trasformare in ordinamentali i corsi
triennali di quasi tutte le istituzioni e aggiornare i loro piani degli studi
attraverso l’inserimento dei nuovi settori artistico/disciplinari.
Rimangono sperimentali i bienni specialistici che dovranno assumere
sempre più il compito di valorizzare le vocazioni delle singole istituzioni e le peculiarità del territorio; in tal modo si potrà differenziare gli
indirizzi formativi per offrire agli studenti maggiori opportunità di
specializzazione e quindi di lavoro.
L’offerta di corsi si completerà con l’attivazione dei Master e dei
Corsi di formazione alla ricerca per i quali il CNAM ha già predisposto le linee guida. Ulteriori opportunità per migliorare l’offerta formativa sono contenute nel Decreto in itinere che regola l’avanzamento del
sistema AFAM; questo permette l’istituzione di fondazioni, consorzi,
poli artistici, politecnici delle arti, con l’obiettivo di favorire una più
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Giuseppe Furlanis
efficace programmazione territoriale dell’offerta formativa, e favorire
molteplici forme di cooperazione in ragione dell’appartenenza ad uno
stesso territorio, con le sue tradizioni culturali e prospettive di sviluppo economico, oppure rispetto a comuni obiettivi di ricerca.
Lo stesso regolamento affronta la delicata e spinosa questione del
«reclutamento», prevedendo idoneità nazionali e concorsi di sede.
Una scelta che favorirà l’assegnazione di incarichi di insegnamento
su specifiche esigenze didattiche, culturali e di indirizzo professionale
delle singole istituzioni. Rimane, però, tuttora poco chiara la problematica dell’inquadramento, visto che la legge 508 fa riferimento ad
incarichi a tempo determinato e considera i ruoli in esaurimento.
Tra i provvedimenti richiesti con maggior vigore, da studenti e
docenti, il primato spetta al decreto che dovrebbe sancire la piena
uguaglianza tra titoli di studio rilasciati dalle istituzioni AFAM e lauree universitarie. Considerata la confusione che è presente su quest’
argomento è bene chiarire che un conto è dichiarare una equivalenza,
cioè una generale corrispondenza del valore del titolo di studio, altra
cosa è stabilire le equipollenze, perché queste definiscono sempre la
corrispondenza tra titoli di studio e tra i relativi percorsi formativi, per
specifici utilizzi.
Interessante è quanto avvenuto per la formazione nel settore del
restauro che ora può essere offerta, sulla base di un modello didattico
condiviso, dalle Accademie di Belle Arti, dalle Università e dalle
Scuole Specialistiche in Restauro del MIBAC.
Indipendentemente dall’istituzione scelta, lo studente al termine
del corso, a ciclo unico quinquennale, consegue il Diploma accademico di secondo livello abilitante alla professione di restauratore dei beni
culturali.
Fare un bilancio per programmare lo sviluppo
Nell’attesa che sia emanato come DPR il «Regolamento recante le
procedure, i tempi e le modalità per la programmazione, il riequilibrio
e lo sviluppo del sistema AFAM, nonché per il reclutamento del personale docente, amministrativo e tecnico», è possibile fare un primo
bilancio sui risultati raggiunti con l’applicazione della Legge di
Riforma 508 e dei relativi decreti. Sicuramente positiva è la valutazione sulla didattica, perché la legge ha permesso un ampio aggiorna-
La formazione artistica come risorsa
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mento dell’offerta formativa e ha prodotto, in tutte le istituzioni, un
sensibile aumento del numero degli iscritti.
Si è però avvertita l’assenza di una programmazione nazionale che
poteva trovare nelle Conferenze dei Direttori un
efficace strumento di coordinamento. Bisogna evitare quanto avvenuto nelle università, dove l’attivazione di un numero eccessivo di
nuovi corsi di Laurea ha avuto gravi conseguenze sia sul piano didattico che amministrativo.
È quindi opportuna un’attenta valutazione e razionalizzazione dei
corsi attivati. In particolare per i Bienni Specialistici sarebbe utile una
programmazione nazionale che permetta di razionalizzare e differenziare l’offerta formativa in base alle vocazioni delle singole istituzioni.
Per garantire un’effettiva qualità nella programmazione del sistema
è indispensabile adottare modalità di valutazione efficaci. Per i Nuclei
di valutazione devono essere definite linee guida chiare e omogenee
che permettano di comparare i risultati delle loro valutazioni ed avere
un quadro complessivo della qualità del sistema.
Deve essere garantita la presenza di esperti AFAM all’interno
dell’Agenzia di Valutazione del Sistema Universitario ANVUR al fine
di garantire, nelle valutazioni, il rispetto delle peculiarità delle istituzioni AFAM. Sarebbe altrettanto importante, in una logica di efficienza e trasparenza, che i finanziamenti per la Ricerca e per la Produzione
Artistica fossero assegnati sulla base di progetti, da valutare anche in
relazione ai risultati raggiunti e alla ricaduta di questi sull’intero sistema.
Tra i risultati positivi ottenuti in questi anni, deve essere inserito
anche il formarsi di una «identità del sistema AFAM»; risultato, questo, non facile da raggiungere per la presenza, in tutte le istituzioni, di
una accentuata autoreferenzialità e, nel comparto, per il mantenersi di
una tradizionale separazione tra l’indirizzo musicale e quello artistico/visivo.
Tra le attività che hanno favorito il formarsi di questa identità,
devono essere ricordate alcune iniziative promosse dalla Direzione
Generale; tra le più significative:
• il Premio Nazionale delle Arti;
• l’Orchestra Nazionale dei Conservatori;
• la pubblicazione della rivista Hi-Art e del sito www.hi-art.it.
Attività che son servite a dare visibilità alla produzione artistica delle
istituzioni e favorire, tra queste, interessanti forme di collaborazione.
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Giuseppe Furlanis
Quest’anno inoltre, voluto da Vittorio Sgarbi, un padiglione delle
Accademie di Belle Arti è presente alla Biennale di Venezia.
Una partecipazione prestigiosa, voluta e sostenuta dalla Direzione
Generale, che ha ricevuto molti apprezzamenti e che ha permesso di
riportare le Accademie di Belle Arti all’interno dell’avvenimento più
importante dell’arte italiana.
Per valorizzare la produzione artistica delle Accademie, dei
Conservatori e Istituti musicali e degli ISIA, un prezioso contributo è
offerto da pubblicazioni che, prodotte da singole istituzioni, sono in
grado di avere una diffusione nazionale.
Tra queste, ora, questa nuova rivista trimestrale che si presenta
come un’importante opportunità per favorire un confronto sulla formazione musicale e sullo sviluppo della musica nel nostro paese.
Nel fare il bilancio sui risultati raggiunti in questi anni, non si può
non rilevare alcune problematicità sul «governo» delle istituzioni.
Più in particolare sono state registrate alcune sovrapposizioni tra le
competenze attribuite ai diversi organi di governo, in primo luogo tra
quelle assegnate ai direttori e quelle dei presidenti. Inoltre è emersa
l’esigenza di elevare le conoscenze e le competenze nella gestione
didattica e amministrativa; questo al fine di raggiungere una qualità
più elevata nella gestione dell’autonomia.
Su questo argomento i conservatori hanno già organizzato un convegno nazionale e si auspica che questo stesso argomento, così come
quello della valutazione, possa essere presto ripreso all’interno di un
progetto generale di sviluppo del sistema AFAM.
Un progetto di sviluppo che dovrà considerare anche la necessità di
utilizzare strumenti più evoluti nella gestione delle istituzioni, per
migliorare i servizi agli studenti, e per avere una quadro obiettivo
sulla qualità del sistema.
Proprio con questo fine la Direzione Generale ha sostenuto il progetto AFAM-SIS, promosso dall’Accademia di Catania, con il quale si
intende sperimentare un servizio informatico specifico per le istituzioni AFAM.
Un servizio, tecnologicamente evoluto, capace di supportare le istituzioni nella gestione didattica e amministrativa e, al tempo stesso, di
offrire all’amministrazione centrale un quadro costantemente aggiornato dell’intero comparto.
Favorire le relazioni e le collaborazioni tra le Accademie (Belle Arti,
Arte Drammatica, Danza), i Conservatori e Istituti musicali, e gli ISIA,
La formazione artistica come risorsa
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è importante anche al fine di sperimentare quelle forme artistiche che
molto spesso si sviluppano nei territori di confine dei linguaggi tradizionali delle arti.
Sebbene sia indispensabile non disperdere la ricca tradizione storica nell’arte e nella musica, è importante che le istituzioni sappiano
sperimentare nuove forme e nuovi linguaggi espressivi, anche in funzione dei nuovi profili professionali che si vengono a determinare nell’ambito artistico.
L’arte come dimensione etica
Condividendo il contenuto della citazione di Ernst Gombrich,
ovvero la necessità di favorire una maggiore e più diffusa sensibilità
estetica, le istituzioni dell’Alta Formazione Artistica e Musicale devono essere in grado, da protagoniste, di sostenere nel nostro paese la
crescita di un dibattito culturale sull’arte e sulla musica. Un dibattito
che sappia sempre coniugare la dimensione estetica alla sensibilità
etica.
Questo perché la «scuola», oltre a garantire saperi e competenze,
deve saper offrire ai giovani ampi orizzonti culturali e la prospettiva
di un futuro che contenga la speranza di un mondo migliore; un
mondo nel quale siano sostenuti quei valori che sono di effettiva
importanza per l’umanità.
In questo senso l’arte, nelle sue molteplici forme, diviene uno prezioso strumento per opporsi ad un declino culturale che è cosa ancor
più grave e pericolosa di quel declino economico che in questi giorni
si tenta di scongiurare, nel nostro paese e non solo nel nostro paese!
«Mi torna in mente un concerto di musiche di Johann Sebastian
Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine
dell’ultimo brano, una delle «Cantate», sentii, non per ragionamento,
ma nel profondo del mio intimo, che ciò che avevo ascoltato mi aveva
trasmesso la verità ...
Perché l’opera d’arte esprime il bisogno dell’uomo di andare oltre
ciò che vede, la ricerca del senso profondo dell’apparire, ed è come
una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e verità che vanno
al di là del quotidiano».
Queste parole così attente al contributo che l’arte offre a noi tutti
non sono di un’artista, né di un musicista, né di un critico d’arte, e
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Giuseppe Furlanis
neppure di un Ministro della Cultura, ma sono di Benedetto XVI,
espresse in occasione della catechesi tenuta a Castel Sant’Angelo il 31
Agosto di quest’anno.
Vorremmo sentire queste stesse parole da chi, con responsabilità
politica, può decidere sul futuro dell’arte e della musica nel nostro
Paese.
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S.E. Mons. Mario Russotto
Vescovo di Caltanissetta
Dal ritmo della terra
al desiderio d’infinito
1. I giovani e la musica oggi
1.1. La musica come ritmo del cuore
I giovani hanno sempre sentito un fascino particolare per la musica. Il
ritmo musicale di cui oggi essi avvertono forte il bisogno è battere e levare,
battere e levare, uno/due, uno/due. È il ritmo del nostro respiro, il ritmo
del battito del nostro cuore, il ritmo sonno e veglia, il ritmo sazietà e fame,
il ritmo che nella vita intrauterina scandisce la prima figura del tempo.
L’incanto del ritmo nella sua eterna ripetizione è una sfida a vivere
fuori dal disegno tracciato dall’idea di progresso all’infinito, da cui i giovani spesso si sentono esclusi per le difficoltà a prendervi parte. E quando lo sguardo rivolto al futuro si riduce, forte nasce da un lato l’insistenza sul presente – ben rappresentato dal battito ritmato dei piedi su questa
terra, quando un’altra non è promessa –, dall’altro il bisogno di tornare
indietro, a quel primitivo ritmo del corpo che, custodendo la prima origine del tempo, apre la speranza di un altro futuro. E perciò nella cadenza
del ritmo più primitivo si rivive, nel ventre della folla, quella prima esperienza nel ventre della madre, dove il battito del proprio cuore non si
distingueva dal battito del cuore materno.
1.2. La musica come grido primordiale
Si raggiunge così quella condizione dove le domande si pongono non
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Mario Russotto
in modo teorico, ma corporeo, e con il corpo si chiede qual è l’origine per
sapere chi siamo noi e che cos’è il mondo, per sapere che cosa ci facciamo qui e chi è Dio. Sono queste alcune delle domande che i giovani non
sanno rivolgere se non con una musica che ubriaca; sono domande che i
giovani vivono come tensione del corpo scaricata nel ritmo incessante,
ripetuto fino allo sfinimento... perché tutte le domande che non cercano
risposta alla fine sfiniscono.
Eppure in quest’ esperienza del nulla, che solo il rumore fragoroso
della musica e degli effetti speciali riesce momentaneamente a non far
percepire, in questa assenza del proprio nome perso nella folla, che nel
suo anonimato inghiotte tutti i nomi, c’è l’urlo primordiale. È l’urlo come
grido di guerra, di terrore, di gioia, d’amore, di dolore, di morte. Anche
gli animali gridano, anche il vento grida quando minaccia tempesta,
anche il mare grida quando perde la sua calma trasognata. Ma solo l’uomo si raccoglie intorno al proprio grido, e quando non ci sono gli eventi
che l’hanno provocato, li costruisce artificialmente per rintracciare le
trame profonde che hanno fatto dell’uomo un animale in comunità.
Interprete di questa trama profonda del grido primordiale è la musica
che, nel suo ritmo originario, precede e annulla la parola.
1.3. La musica come successione di istanti
Se i nostri giovani per esistere devono ricorrere alla musica-grido,
questo significa che nella società non trovano più accoglienza e indica la
profonda solitudine di massa che si aggira nelle nostre città. Significa che
i giovani – per dirla con Nietzsche – si sentono sperduti in una sorta di
«menzogna della civiltà», nella quale stentano sempre più a trovare la
loro abituale dimora. E così esprimono la loro inquietudine e la loro
emarginazione con quel linguaggio originario che è la musica nel suo
tratto più primitivo: quello ritmato, quello del corpo, quello del battito
del cuore. Tra tutte le arti, infatti, la musica è l’unica arte che non si vede
come invece la pittura o la scultura, che non perviene a un senso finale al
di là delle parole in cui si articola, come invece accade nel linguaggio. La
musica si sente, come si sentono i gesti d’amore...
“In questo regno- scrive Kierkegaard – non abita il linguaggio, né la ponderatezza del pensiero, né il travagliato acquisire della riflessione, ivi risuona soltanto la voce elementare della passione, il gioco dei desideri, il chiasso selvaggio
dell’ebbrezza, ivi si gode soltanto in eterno tumulto ”. Ne scaturisce un’eterni-
Dal ritmo della terra al desiderio d’infinito
21
tà che si nutre di tempo, una sensualità che lascia alle spalle come bassa
pianura tutto ciò che viene indicato come vetta dello spirito. Il punto di
fusione è l’immediatezza, per cui anche la musica vive l’istante, la successione degli istanti che sorgono l’uno nell’estinzione dell’altro.
Questi istanti non si danno tutti dispiegati con un logico e armonioso
sviluppo, ma ognuno vive la morte dell’altro, perdendo convulsamente
la loro successione e affidando la loro memoria ai sensi. E così si entra
ancora una volta nel grembo della madre, si scende sempre più nell’abisso della solitudine che, dopo l’ubriacatura del ritmo sfrenato, lascia
l’amaro in bocca. Ma nell’abisso non si può stare per sempre... E l’uomo
è fatto per respirare l’aria dell’infinita musica della libertà e della vita. Per
questo nella Bibbia (Esodo 14-15) si racconta che Israele, dopo essere
sfuggito alla schiavitù dell’Egitto e aver attraversato il Mar Rosso, innalza al Dio della vita il canto di libertà, grazie a Miriam, sorella di Mosè,
che organizza il coro e le danze delle donne con timpani e cetre.La musica, proprio per la sua natura e per questo infinito desiderio, dovrebbe
favorire lo sviluppo della coscienza dei giovani.
E perché tale sviluppo sia positivo è importante instaurare un «rapporto maturo» con la musica e i suoi contenuti, in quanto questa può
facilmente diventare veicolo di non-valori, esperienza estraniante, occasione di presa di distanza dalla storia personale, quasi un «nirvana» a
portata di mano.
Per instaurare un rapporto maturo con la musica è importante educarsi alla musica, cioè educarsi all’ascolto... fino a saper ascoltare la voce
del silenzio.
Seguendo il racconto biblico del primo capitolo della Genesi, possiamo dire che «In principio era il suono». Nell’infinito nulla del caos primordiale, Dio emette il suono della parola e la bellezza della sua musica – ritmata dalla scansione dei sette giorni – crea l’universo ordinato, segnando il passaggio dal caos al cosmos, dal nulla disordinato al creato armonioso, riflesso della bellezza del Creatore.
2. Educazione alla musica
Educarsi alla musica significa compiere un cammino di coscientizzazione che conduca a porsi di fronte agli eventi musicali con «coscienza», cioè con
consapevolezza e non con superficialità.
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Mario Russotto
2.1. Educare “ alla ” musica
La musica è una realtà polivalente, essa infatti può essere considerata
da diversi punti di vista:
- musica come linguaggio: cioè come comunicazione di sé agli altri
- musica come sorgente di messaggi: cioè come fonte inesauribile di
comunicazione a più livelli;
- musica come gioco: cioè la musica nel suo aspetto ludico e ricreativo;
- musica come celebrazione: cioè la capacità della musica di realizzare
situazioni umane che lancino comunitariamente verso la trascendenza;
- musica come stimolo ad acquisire atteggiamenti personali e collettivi.
L’educazione alla musica deve passare per la comprensione di queste
dimensioni così che sia possibile «entrare» in essa, sentendosi coinvolti in
una pratica che è di tutti e coinvolge tutta la persona nelle sue diverse
componenti.
2.2. Educare “con” la musica
Soltanto dopo aver fatto una cammino di educazione alla musica si
può proporre un itinerario di educazione attraverso la musica, per raggiungere alcuni obiettivi. Ne indico quattro:
- maturazione intellettuale: la musica coinvolge l’affettività, il sentimento e la fantasia; tuttavia sarebbe riduttivo limitarne la funzione a
questi ambiti. La musica infatti viene vagliata, ordinata e compresa
dall’attività dell’intelligenza.
- maturazione espressivo-comunicativa: la musica è linguaggio, in quanto tale permette la comunicazione di valori. Quanto più un linguaggio è compreso e decodificabile, tanto più esso crea comunicazione
profonda;
- maturazione emotivo-affettiva: la musica produce emozioni più o
meno intense: permette di placare gli animi, di creare il clima emotivo necessario per una data attività, di stimolare l’entusiasmo, di
sollecitare all’attività psicomotoria, di superare conflitti;
- maturazione spirituale-morale: la musica, in quanto arte, è linguaggio
simbolico e come tale «parla all’anima». È senz’altro inutile richiamare il fatto che la musica ha sempre avuto, in tutte le religioni, una funzione determinante per elevare ed accomunare gli animi, per prega-
Dal ritmo della terra al desiderio d’infinito
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re, contemplare, esprimere la fede. Èinnegabile quindi la dimensione
spirituale della musica e la sua potenzialità nell’educare, arricchire
ed esprimere la dimensione spirituale e morale della persona.
3. Comunicare la fede con la musica
La musica coinvolge l’uomo in tutte le sue dimensioni, creando in lui
una gamma di sentimenti più o meno profondi ed espliciti che coinvolgono la persona in un dinamismo di comunicazione che con altri segni e
linguaggi raramente può essere realizzato. Ciò pone la musica in una
posizione favorevole al fine d’essere utilizzata per la comunicazione
della fede, in quanto essa contribuisce a coinvolgere in profondità i destinatari del messaggio evangelico veicolato e supportato dal linguaggio
musicale. Si potrebbe dire che l’annuncio di fede realizzato attraverso la
musica, oltre a penetrare nell’intelletto del destinatario, si manifesta
ancor più in profondità nella sua coscienza coinvolgendone l’affettività e
le emozioni.
Nella fusione vangelo – musica, quest’ ultima nulla aggiunge alla parola rivelata ma ne facilita la comunicazione, la riflessione e anche la
memorizzazione. Il messaggio di fede quindi diventa più significativo e
incisivo anche attraverso la musica.
“Quante composizioni sacre sono state elaborate nel corso dei secoli da persone profondamente imbevute del senso del mistero! Innumerevoli credenti hanno
alimentato la loro fede alle melodie sbocciate dal cuore di altri credenti e divenute parte della liturgia o almeno aiuto validissimo al suo decoroso svolgimento.
Nel canto la fede si sperimenta come esuberanza di gioia, di amore, di fiduciosa
attesa dell’intervento salvifico di Dio” (Giovanni Paolo 11, Lettera agli Artisti,
n. 12)
4. Tre stadi d’ascolto musicale
Dicevo prima che per una buona educazione musicale è necessaria
una adeguata educazione all’ascolto. Ma non basta consentire che le onde
sonore provochino la vibrazione del timpano e questo, attraverso il
nervo acustico, trasmetta il messaggio sonoro nel cervello, per poter
affermare che si è realizzato l’ascolto.
Lo psicomusicologo Edgar Willems (1890-1978), nelle sue considera-
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Mario Russotto
zioni circa l’educazione della sensibilità auditiva, distingue tre stadi nell’ascolto musicale:
- La sensorialità uditiva. Si tratta della percezione sensoriale fisiologica
che ha come unico risultato l’udire. È questa la «base materiale» che
apre la porta ad un ascolto più profondo. Per poter ascoltare correttamente un evento musicale è importantissimo saper ricevere le
impressioni sonore. Si pensi a questo proposito all’importanza del
luogo in cui si ascolta la musica, del silenzio, della possibilità di concentrazione e della disponibilità di un tempo congruo per l’attività
di ascolto.
- La sensibilità affettiva uditiva. È quello stato psicologico che l’uomo
sperimenta all’impatto con eventi musicali esterni che spesso si concretizza con reazioni emotive di infinite sfumature. Si passa così dall’udire all’ascoltare. Uscendo dalla passività dell’udire, colui che
ascolta è coinvolto più in profondità sia a livello emotivo che a livello affettivo. Siamo in quello stadio in cui si reagisce all’evento sonoro attraverso stati d’animo diversi e non voluti o procurati dalla
volontà di colui che ascolta (tristezza, angoscia, allegria, pianto, stimolo al movimento ritmico, ecc.).
- L’intelligenza uditiva. È con l’intelligenza uditiva che si ha l’opportunità di comprendere, analizzare e decodificare l’esperienza musicale. È
solo a questo livello che si realizza una vera appropriazione dell’evento sonoro che diventa «significativo» per la mia vita.
5. Conclusione: perché cantare
La poesia, il canto, la musica sono opera di Dio Creatore nella Sua
creatura, sono la nobiltà dello spirito che ci accompagna nellevie scoscese della vita terrena. Quando, nell’ intensità delle aspirazioni dello spirito, la parola tace, esplode il canto: espressione di quel silenzio che non è
indice di vuoto, di aridità, né di mutismo, ma pienezza di amore, di gaudio, dì esultanza o di dolore accolto, avvalorato, circonfuso dì speranza.
Quando la Parola di Dio ci assorbe e ci tocca nell’ intimo, esigendo il confronto con essa e rispondenza, sincera, autentica; quando questa Parola
viva, è accolta e sussulta nel nostro animo, allora sgorga l’orazione, ci
avvolge la contemplazione e, questa, trova il suo culmine nel canto.
Ed il canto è «sempre nuovo», perché sempre nuove sono le emozio-
Dal ritmo della terra al desiderio d’infinito
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ni dello Spirito che lo hanno suscitato. Non sono le note che fanno il
canto, è l’amore il conduttore del canto, frutto della musica di Dio in noi.
Le note, le regole, la tecnica sono il mezzo per riunire in unità, in una sola
armonia, una sola melodia, un’unica espressione, fatta dì molteplici voci,
ognuna con i propri irripetibili moti.
E questa melodiosa musica diviene immagine della nostra ricerca di
unità: nelle svariate ricerche, si manifesta un unico desiderio, quello di
incontrare Dio, poter esprimere la bellezza e l’infinito amore di Dio,
lasciandocicatturare nelle infinite maglie della sua musica.
MASTERCLASSESS 2010/11
DOCENTI OSPITI
Giovanni Puddu - Chitarrista Concertista e Didatta. Docente presso l’Accademia Pianistica Internazionale “ Incontri col Maestro “ di Imola.
15, 16, 17 e 18 Marzo - 30, 31 Maggio e 1 Giugno
Cristiano Rossi - Concertista e Didatta – Già Docente di Violino al Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze.
28, 29 e 30 Marzo - 30, 31 Maggio e 1 Giugno 2011
Salvatore Vella - Concertista 1° Flauto Solista dell’ Orchestra Teatro Massimo Bellini – Catania.
11 e 25 Maggio e 7 Giugno
Giuseppe Andaloro – Pianista Concertista – Vincitore del Concorso Internazionale “Ferruccio Busoni” di Bolzano Ed. 2005
7 e 8 Giugno
Immanuel Richter - Concertista e Didatta – Già 1° Tromba del Teatro alla
Scala di Milano in atto Prima Tromba dell’ Orchestra Sinfonica di Basilea
(CH) e docente presso la “Musikhochschule” di Lucerna.
7, 8 e 9 Giugno
Vincenzo Balzani – Concertista e Didatta – Docente presso il Conservatorio
di Musica “G. Verdi” di Milano.
Seminario su “ Le grandi Scuole Pianistiche”
21, 22 e 23 Giugno
Francesco Manara - Concertista 1° Violino di Spalla dell’ Orchestra Teatro
alla Scala di Milano.
24 e 25 Giugno
Matteo Mela - Chitarrista Concertista e Didatta.
28, 29 e 30 Luglio - 31 Agosto 1 e 2 Settembre
Silvio Relandini - Laureato in ingegneria, musicista, si dedica alle tecnologie musicali. Dal 1995 tiene regolarmente corsi e seminari in tutta Italia
presso Istituzioni pubbliche.
Seminario su “ L’ orchestrazione Virtuale”
7, 8, 9 Novembre
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M° Fulvio Creux
Maestro Banda Nazionale dell’Esercito
Il mondo della banda musicale
nell’Italia di oggi
Realtà, contraddizioni, proposte
È una bella giornata di primavera; nel borgo tutti sono vestiti a pennello per festeggiare il Santo Patrono… da lontano si sente un suono
che si avvicina a poco a poco: è la Banda, giunta sino al paese dalla lontana terra di Puglia.
L’anziano afferma: “questa musica è Vita pugliese”!
Il bimbo non sa perché ma ha il cuore pieno di gioia; forse solo il
giovane studente, avvezzo a frequentare discoteche e ad ascoltare in
cuffia il rapper del momento, è forse indifferente al fascino di questo
suono ed alla voce del “flicornino” che la sera manderà in estasi un
pubblico ahimè non numeroso ma fortemente appassionato.
Da dove trae origine questo strano organismo musicale, troppo
“serio” per essere “popolare”, troppo “popolare” per essere “serio”,
che prima cammina con fatica precedendo il Santo in una processione
poi siede in “cassa armonica” dando vita alla cosiddetta “lirica dei
poveri”?
Da dove trae origine questo strano organismo musicale di cui si
suole dire che “ovunque va porta la Festa” (sempre che non lo troviamo a lanciare al cielo strazianti melodie durante un funerale!)?
Da dove trae origine questo strano organismo musicale che, con
sgargianti divise tirate a lucido sfila in via dei Fori imperiali” e che
magari vediamo per televisione, tutto serio e impettoruto, fare un concerto in un importante auditorium?
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Le origini della Banda Musicale
Fulvio Creux
È noto che molti attribuiscono particolare valore a tutto ciò che ha
un’antica origine; forse è per questo motivo che molti studiosi (almeno in
Italia) parlano delle antiche origini delle Bande, già tenute in alta considerazione presso le antiche civiltà!
A noi questa impostazione del discorso, a dire il vero, non interessa
più di tanto, per un motivo molto semplice: di queste antiche glorie non
esistono testimonianze e, se pur qualche fonte letteraria o iconografica fa
cenno a esse, purtroppo definitivamente spento è il loro suono, ignoto il
loro repertorio.
È per questo che gli studiosi collocano le origini della Banda nell’epoca della Rivoluzione francese: le nuove idee dovevano essere diffuse al
più presto e la maniera più propizia era quella di organizzare delle
grosse feste, con tanto di rappresentazioni visive e musicali; la musica
si portava dai palazzi dorati ai grandi spazi aperti ed ecco che gli strumenti a fiato – gli strumenti sacrali per eccellenza – diventavano il
mezzo sonoro più idoneo per proporle.
Singolare sarà il notare questo legame tra “festa” e “banda”, legame
che nasce sin dalle origini di questo complesso e che, diffusosi da Parigi
sul finire del ‘700, rivive ancora oggi fin nei paesini del nostro Abruzzo:
a Parigi avevamo ricorrenze “civili” e una sorta di “religiosità laica”, in
Abruzzo abbiamo la devozione verso il Santo Patrono.
Per comprendere tutto ciò nel pieno significato del suo valore dovremo però attribuire alla “festa” un significato molto più profondo di quello che banalmente le viene attribuito nel momento in cui la si vede unicamente come momento di svago, di riposo e di evasione.
Queste dunque sono le origini della Banda ed una cosa va evidenziata: questa nuova formazione strumentale (che si chiamava “orchestre
militaire”) fu onorata da subito della attenzione dei massimi compositori francesi dell’epoca: Gossec, Catel, Duvernois, Méhul, Cherubini, scrivevano le musiche per la Banda della Guardia Nazionale; lo stesso
Conservatorio di Parigi fu fondato per le esigenze educative di questo
gruppo.
Ma non basta….
1. Beethoven nelle sue sinfonie (nella 3° e nella 6° per esempio, per
non parlare 9°, nella quale compare – nell’ultimo tempo – un intero passo eseguito con l’organico di una Banda dell’epoca) si è ispirato spesso e volentieri alla musica per Banda della Rivoluzione
Il mondo della banda musicale nell’Italia di oggi
29
francese ed ha scritto diversi brani per Banda;
2. la forma per eccellenza del periodo Classico/Romantico, la cosiddetta “Forma Sonata”, trova proprio in alcune pagine per Banda
(per esempio l’Ouverture per Banda op. 24 di Mendelssohn) gli
esempi più rappresentativi del genere.
Come siamo lontani dalla banalizzazione e dal declassamento a musica di serie b che oggi troppo sovente si attribuisce alle bande musicali.
È proprio per questo che, dopo aver visto quando è nata, conviene
approfondire il significato del termine Banda.
Definizione di Banda
Per capire cos’è la Banda Musicale non si può purtroppo ricorrere alle
enciclopedie musicali italiane, che sono esse stesse primaria fonte d’inesattezze e di errore, enciclopedie che liquidano l’argomento con minor
spazio di quello dato, per esempio, alla “Banduras” o a Baltazarini di
Belgioioso!
Diversamente avviene all’estero, dove (per esempio in America) esistono intere enciclopedie in più volumi dedicate a questa materia e dove
presso ogni scuola pubblica è attiva come materia di studio paritetica alle
altre quella “del suonare in banda”.
Per essere da principio precisi nella definizione diremo che la
Banda Musicale “è un complesso orchestrale formato da strumenti a
fiato e a percussione (cui si aggiungono talvolta i contrabbassi a corda
e, nella tradizione di alcuni paesi come per esempio la Spagna, i violoncelli)”.
A ulteriore precisazione di questa definizione va detto che gli strumenti a fiato in Banda non suonano “a parti singole” ma “raddoppiandosi”
(con analoga differenza a quella che intercorre tra il quartetto d’archi e
l’orchestra d’archi).
Quest’organico strumentale ha avuto ed ha a tutt’oggi varie maniere
di essere definito:
- Orchestre militaire, Orchestre d’harmonie - Area francese;
- Harmoniemusik, Blaser orchestra - Area germanica;
- Band (nelle varie differenziazioni di Marching, Concert, Symphonic - Area
anglo-americana;
30
Fulvio Creux
- Banda, Orchestra di fiati - Area italiana.
Tutti questi termini sono sinonimi e si riferiscono allo stesso organico
strumentale; il voler vedere tra di essi differenze non è musicalmente e
storicamente corretto; ciò non di meno non si può però negare che, nella
realtà pratica (dettata più dall’incompetenza che dalla verità), esistano
differenze tra il significato loro attribuito (per esempio si usa il termine
“orchestra di fiati” come se fosse più nobile di “banda”).
La banda, in conclusione, va considerata che come un “organico strumentale”, o meglio come uno “strumento” vero e proprio, quale per
esempio il pianoforte: il fatto che questo strumento sia formato da esseri
umani anziché da tasti e martelletti, non riguarda gli aspetti “musicali”
ma quelli “costruttivi” e, se mai – ma solo in un secondo tempo – quelli
psicologici e sociali.
Tanti i luoghi comuni e le banalità da sfatare, a partire da alcuni
assunti dati per scontati persino negli ambienti musicali in cui si svolge
costante attività di studio e ricerca.
“Questa non è una banda, è una orchestra”: molti usano questa espressione quando una banda suona particolarmente bene, dando per scontato
che le orchestre suonino bene e le bande male ma non è senz’altro così!
Ma quante altre volte abbiamo sentito dire: “Questa banda è buona, però
non ha suonato l’Aida!” oppure “Questa banda ha suonato solo musichette”
oppure ancora “Le bande non dovrebbero suonare questo genere di musica”.
Mi chiedo allora se qualcuno sentendo suonare un concertista in un recital solistico di pianoforte abbia mai osato dirgli: “Bravo, però non ha suonato la Polacca di Chopin!”; nessuno poi si sognerà di dire che cosa dovrebbe suonare il clarinetto, il trombone o la chitarra. Nella banda, invece,
troppi vanno a sindacare su cosa si dovrebbe o non si dovrebbe suonare,
basando il loro giudizio solo sulle loro limitate conoscenze! “Le bande suonano male”: anche questa l’abbiamo sentita tante volte e in moltissimi casi
è vero: ma si è mai pensato quanti sono i pianisti che suonano male? E
non per questo si mette sotto accusa il pianoforte!
Le tipologie di Banda musicale in Italia
Nel campo della banda esistono almeno tre Italie: quella del nord, del
centro e del sud; a queste è poi da aggiungere la situazione delle isole.
Il mondo della banda musicale nell’Italia di oggi
31
Il successivo prospetto indica (senza nessuna volontà di contrapposizione socio/politica) la situazione, divisa in varie “tipologie prevalenti”,
relativa alle principali caratteristiche delle bande stesse.
NORD - Abbiamo soprattutto Bande amatoriali, dalla qualità musicale assai variabile, che va dalle bande che continuano ad avere una connotazione da sagra paesana a quelle che, sensibili alla volontà di miglioramento diffusasi negli ultimi venti anni, hanno dato luogo a un notevole
progresso.
Il loro repertorio è prevalentemente costituito da musica originale per
banda; le trascrizioni (che frequentemente sono ancora presenti) non
sono più tratte unicamente dal repertorio lirico – sinfonico, ma sovente
anche dalla musica da film o dalla musica leggera.
Nella maggioranza dei casi le musiche scelte tengono conto delle reali
possibilità tecniche del complesso e sono scritte per organico strumentale di tipologia internazionale, comunemente definito di “Symphonic
band” 1.
Le bande del nord, anche perché più vicine all’Europa, sono quelle
che, globalmente, hanno avuto una maggior evoluzione positiva.
CENTRO - Abbiamo due tipi di bande; quelle “militari” (o meglio
“ministeriali”) e quelle “amatoriali”.
Le prime, formate da professionisti assunti con Concorsi nazionali,
sono (in ordine alfabetico) quelle dell’Aeronautica, dei Carabinieri,
dell’Esercito, della Guardia di Finanza, della Marina e della Polizia.
Il loro organico è basato sul modello lasciatoci da Alessandro Vessella2
ed il loro repertorio prevalente è costituito da trascrizioni di brani sinfo1 La “Symphonic band” -ovvero Banda sinfonica - è il nome che viene comunemente attribuito alla nuova tipologia di organico strumentale utilizzata si può dire
in tutto il mondo; in questo organico non sono solitamente presenti i flicorni contralti, soprani e sopranini; in Italia questo organico è contrapposto a quello “tradizionale”, derivante da Vessella (definito “vesselliano”).
2 Alessandro Vessella (Alife, Ce, 1860 – Roma, 1929) fu una grande figura del
mondo culturale – prima che bandistico – italiano. Con la Banda Comunale di Roma
introdusse un nuovo tipo di repertorio, basato su “trascrizioni di brani sinfonici”
(specie tedeschi e francesi) che si contrapponeva alla consuetudine di eseguire fantasie liriche o banali musiche di danze all’epoca in voga. Scrisse anche un trattato di
Strumentazione per Banda nel quale codificò un organico che fu molto usato in
Italia, ma che oggi (per dire in poche parole quello che richiederebbe un maggior
approfondimento) è superato.
32
Fulvio Creux
nici e lirici, in particolare da pagine sinfoniche tratte da opere liriche 3.
Negli anni più recenti cominciamo a vedere, non sempre però realizzato
con piena coscienza di causa, un adeguamento dei repertori a quelli
internazionali, con un aumento della musica originale per banda e il graduale trasformarsi dell’organico da quello vesselliano a quello internazionale (ciò avviene nella pratica quotidiana, perché la legislazione è
ferma a 80 anni fa)
La qualità di queste bande ministeriali, garantita dal fatto che chi vi
suona ha vinto un concorso nazionale, è ancora troppo spesso affidata a
questa sola illusione: che tante persone brave facciano un insieme valido.
Si sa, però, che non è assolutamente così!
Pertanto le loro prestazioni, se per i motivi citati non scendono mai
sotto un certo livello, per gli stessi motivi raramente vanno sopra un
certo livello; ho seri dubbi che una banda ministeriale (professionale)
avrebbe potuto vincere in categoria “”Superiore o Eccellenza” un concorso come quello di Riva del Garda, dove pur si presentano bande di derivazione “amatoriale”: se paragonate a certe esecuzioni che ho sentito in
Roma, per esempio, della Prima Suite di Holst 4, alcune bande ministeriali avrebbero sfigurato anche in Prima categoria!
Le bande amatoriali dell’ Italia centrale sono sicuramente meno sviluppate nella mentalità e nella qualità rispetto a quelle del nord. Questo
per due motivi molto semplici:
- il loro punto di riferimento è stato ciò che conoscevano, ovvero le
bande militari e le bande da giro;
- i maestri di queste bande sovente sono stati scelti non perché musicalmente e pedagogicamente preparati, ma perché componenti delle
bande militari; ne consegue che questi “maestri” hanno mirato a
riprodurre nelle loro bande di paese le bande militari, senza averne
le possibilità (qualità degli esecutori ed organico strumentale).
Si è così diffusa una mentalità del “volemose bene” che ancora oggi
colloca – globalmente parlando – le Bande del Lazio, agli ultimi posti
della realtà nazionale.
3 Per esempio l’Intermezzo della Manon, la Sinfonia dalla Forza del destino, ecc.
4 Gustav Holst è stato uno tra i principali compositori inglesi del ‘900; a differen-
za dei compositori “blasonati” italiani (che non hanno mai scritto per banda) ha
lasciato numerosi lavori per questo complesso. Le sue Suites op. 28 n° 1 e n° 2 sono
in assoluto tra i brani più eseguiti al mondo.
Il mondo della banda musicale nell’Italia di oggi
33
Il repertorio di queste bande, quando non simile a quello tradizionale delle bande militari, ha nel recente passato assunto a modello quanto
di meno buono proveniva dal nord: trascrizioni di brani di musica leggera e/o da film.
Oggi per fortuna la situazione sta migliorando, ed anche in queste
regioni comincia ad affacciarsi una più corretta impostazione della materia: dopo la storica presenza della “Orchestra di Fiati dell’Unione
Musicale Ciociara” (oggi non più operativa), che ha gettato il seme della
corretta concezione di Banda, troviamo oggi complessi quali quelli di
Ferentino (Fr), per esempio, che nel 2009 è arrivato al secondo posto (in
Seconda Categoria) al Concorso Mondiale di Kerkrade (Olanda) 5
SUD - Nel sud operano, totalmente estranee a ogni forma di rinnovamento, le cosiddette “bande da giro”, che sono diventate sempre più la
brutta copia di quei complessi che, in tempi, luoghi e circostanze di cui si
è perduta la memoria, hanno avuto un passato glorioso animato da personaggi di “mitico ricordo”… mitico ricordo, ovviamente, per quei soli
ambienti!
Questi complessi sono formati da persone che vi suonano per professione (il che non significa che siano professionisti) e che vi conducono
una vita veramente faticosa: viaggio di parecchie ore, sfilata, matiné, processione, concerto serale; lo stesso si ripete per giorni e giorni, dormendo
nelle scuole ed operando sotto il cocente sole estivo!
È per questo, per la dura vita che conducono, che i componenti di
questi complessi vanno rispettati, ed è per questo che in quest’ambiente
si è creata una mentalità che porta a concepire la banda in maniera ben
diversa sia da quella amatoriale che da quella professionale, mentalità
che è ben poco conciliabile con le finalità d’arte o, almeno, educative.
L’organico è ispirato a inutili retaggi vesselliani ed il repertorio è sempre lo stesso: interminabili fantasie liriche precedute da “riviste” sinfoniche, cioè collages di pezzi di per se stessi completi ma che (non si sa il
perché) non possono essere suonati singolarmente.
5 Nei concorsi nazionali ed internazionali le Bande musicali, come nello sport,
sono divise in Categorie (basate sulla difficoltà dei brani che presentano); il Concorso
di Kerkrade è il concorso più importante al mondo e si svolge ogni quattro anni.
Tanto per essere chiari sulla difficoltà della prova diciamo chiaramente che nessuna
banda ministeriale italiana (esclusa quella della Polizia) sarebbe oggi in grado di eseguire il brano d’obbligo previsto in II Categoria. La Banda di Ferentino ha guadagnato uno splendido 2° posto!
34
Fulvio Creux
In questi ultimi tempi anche nell’ambiente delle bande da giro si parla
molto di “rinnovamento”; esso non avrà strada facile sia perché l’ambiente è troppo legato ad aspetti commerciali sia perché in quest’ambiente sopravvive una mentalità che, culturalmente e musicalmente, è un
eufemismo definire “assurda”.
Anche nel sud cominciano a profilarsi alcune eccezioni: citiamo anzitutto, per l’Abruzzo, l’Orchestra di Fiati Accademia 2008 di Pescina (della
quale si può trovare un interessantissimo cd sul sito www.accademia2008.it); in Basilicata abbiamo l’Orchestra di Fiati della Associazione
Musicale Lucana di Montescaglioso.
Soprattutto va però citato l’esempio della Calabria, dove la concezione “tradizionale” sta lasciando il posto al fiorire di complessi di dimensione e valore nazionale, quando non internazionale6.
ISOLE - Nelle isole principali, Sicilia e Sardegna, la situazione è totalmente diversa e, per certi aspetti, più confortante.
La Sicilia deriva la sua tradizione da un “miscuglio” tra la banda amatoriale del nord e la banda da giro; vi si trovano infatti complessi che
hanno le caratteristiche di entrambe queste tipologie. Negli ultimi anni si
sono sviluppati Corsi per direttori, Seminari di studio, Concorsi, che
hanno portato a un rapido sviluppo delle nuove idee e della qualità, con
la nascita di complessi di respiro europeo e di complessi, di cui dirò più
avanti, ascrivibili ai “complessi eccellenti”. Questo particolarmente nella
Sicilia orientale e recentemente, in quella occidentale, con la Banda di
Ciminna (Pa).
Analoga situazione si è verificata in Sardegna, dove troviamo alcune
tra le migliori bande italiane, vincitrici anche di Concorsi internazionali.
Per completare il quadro della situazione bandistica nazionale bisogna citare altri complessi, identificabili in una tipologia diversa da quelle sino ad ora citate.
COMPLESSI PROFESSIONALI - Oltre alle bande militari operano in
Italia alcuni complessi professionali, ovvero complessi i cui componenti
sono assunti e stipendiati da amministrazioni pubbliche:
6 Un esempio significativo quello della Banda musicale di Delianuova, che ha
suonato al Ravenna Festival sotto la direzione di Riccardo Muti!
Il mondo della banda musicale nell’Italia di oggi
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Banda Civica di Milano. Ha una lunga storia ed è stata diretta da vari
direttori stabili, seguendo nel passato la tradizionale concezione della
banda italiana; negli anni ‘93/’94 e seguenti, dopo un periodo di decadenza, è stata diretta da Lorenzo Della Fonte, che ne ha risollevato le
sorti: organico e repertorio sono divenuti quelli internazionali della
Symphonic band, mentre si sono susseguiti alla sua guida direttori di
fama internazionale; il complesso ha effettuato in quegli anni una vera e
propria programmazione, anche in teatri importanti della città padana,
proprio come una orchestra sinfonica, ed è stato seguito da un pubblico
sempre numerosissimo. Dopo questo periodo “d’oro” tutto è gradualmente finito, grazie alla scelta di qualche assessore per il quale la banda
doveva suonare nei giardini pubblici e nelle borgate… forse perché era
molto più seguita delle varie orchestre stabili milanesi… Oggi la banda
civica si è assottigliata ad una ventina di effettivi ed il suo futuro è in fase
di studio.
Banda dei Vigili Urbani di Roma. È formata in parte da Vigili Urbani
ed in parte da aggiunti di volta in volta scritturati. Ha repertori e organico simili a quelli delle bande militari; è diretta da anni dal M°. Nello
Narduzzi.
COMPLESSI ECCELLENTI - Il fiorire di questi gruppi è fenomeno
verificatosi intorno agli anni ’90, nato da una duplice esigenza: quella di
dare ai vari diplomati in strumenti a fiato dei nostri Conservatori l’opportunità di esprimersi in complessi di più adeguato livello (e questi
complessi non potevano che essere delle bande, perché i fiati nelle orchestre sono pochi) e quella di proporre con le bande un repertorio nuovo,
più interessante ed articolato, in linea con la migliore realtà europea ed
intercontinentale, che dessero agli esecutori una più piena soddisfazione
nel suonare la propria parte strumentale.
Precursori di questo fenomeno sono stati la Banda Cittadina di Brescia
sotto la guida del maestro Giovanni Ligasacchi, il maestro Andrea
Franceschelli con il Grand’Ensemble di Perugia e, in Roma, la Banda
della Guardia di Finanza, diretta dal sottoscritto.
Tra i “Complessi eccellenti” ricordo, in ordine di apparizione sulla
scena nazionale ed internazionale, l’Orchestra di Fiati “Accademia”
(conosciuta in origine come “Banda di Quarna”), che ha sede nella provincia di Verbania, la Banda “Stanislao Silesu” di Samassi (CA), la
Filarmonica “Mousikè” di Gazzaniga (BG), l’Orquestre d’Harmonie du
Val d’Aoste, l’Accademia Euterpe di Canicattini Bagni (SR), l’ Orchestra
36
Fulvio Creux
di Fiati Rappresentativa della Associazione di Bande della Provincia di
Trento, la Trentino Wind Band e la Civica Banda di Soncino (CR).
Tutti questi complessi hanno vinto concorsi nazionali ed internazionali, tra cui quelli di Valencia (Spagna) e di Kerkrade (Olanda).
Oltre ad essi vanno indicati altri complessi che, pur non avendo raggiunto un livello “assoluto” come quelli prima citati, si sono distinti per
l’alta qualità e l’interesse delle proposte musicali: la Banda Cittadina di
Brescia, l’Orchestra di Fiati della Valtellina, la Filarmonica “G. Andreoli”
di Mirandola (MO), il Corpo Musicale “C. Cusopoli” di Monterubbiano
(AP), l’Orchestra di Fiati di Fermo (AP), l’Orchestra di Fiati dell’Unione
Musicale Ciociara (FR), il Complesso Bandistico “G. Verdi” di Aci S.
Antonio (CT) e la Banda di Canicattini Bagni (SR).
Anche questi gruppi hanno vinto numerosi concorsi, questa volta,
però, nazionali.
Il livello delle bande di questo tipo è o è stato, nel periodo d’oro della
loro attività, veramente elevato.
Quando per la prima volta udii, nel ’91, la Banda di Quarna al
Concorso di Pesaro, mi chiesi se con la Banda della Guardia di Finanza
avrei saputo o potuto far meglio: la risposta possibile era una sola, cioè
“no”!
Negli anni più recenti questi complessi civili sono divenuti il modello
da seguire da parte delle stesse bande militari che, dopo essere state per
troppi anni ignare su che cosa esiste in giro, hanno forse (almeno in
parte) preso coscienza del cammino da compiere per la crescita ed il rinnovamento.
Il repertorio delle “Bande eccellenti” è prevalentemente costituito da
musica originale per banda dal carattere “moderno”, ricco di colori e di
effetti strumentali, di elevata difficoltà tecnica.
Il loro organico è ovviamente votato verso la Symphonic band.
ORCHESTRE DI FIATI NEI CONSERVATORI - Si sta verificando
negli ultimi anni un fenomeno nuovo ed interessante: in alcuni
Conservatori si sono formate Orchestre di Fiati, come formazione parallela o alle classi di Strumentazione per banda o a quelle di Musica d’insieme per strumenti a fiato.
Esempio generatore in merito quello di Daniele Carnevali a Trento,
seguito poi dai Conservatori di Milano, Parma, Frosinone, Napoli,
Salerno, Bari, Monopoli, Lecce, Messina e Trapani, con la brillante assenza in merito del Conservatorio di Roma.
Il mondo della banda musicale nell’Italia di oggi
37
La cosa ha dato luogo ad iniziative più o meno valide a seconda dell’organizzazione e della reale preparazione del Direttore del complesso,
ma è comunque un segno dell’evoluzione dei nuovi tempi e di una sorta
di “ritorno alle origini”: il Conservatorio (nato a Parigi dalla Banda musicale), dopo averla lungamente disdegnata, ora ritorna ad interessarsi di
essa…
BANDE MUSICALI GIOVANILI - Un ultimo aspetto da considerare,
sempre più diffuso, è quello delle bande musicali giovanili.
Esse sono frequentemente collegate con una scuola di musica e possono nascere o come nuovo complesso o come preparazione all’ingresso
in un complesso maggiore; la loro radice è da ricercare nella banda “amatoriale” e riflette la mentalità geografica del luogo in cui sono nate o dei
complessi che ne sono all’origine.
In Puglia, dove manca la tradizione amatoriale e dove il modello di
riferimento è la Banda da giro, le bande musicali giovanili non saranno
che una brutta copia di queste, di cui imiteranno i repertori (fantasie, etc.)
e la maniera di suonare, con i conseguenti risultati poco positivi sia sul
piano del risultato che su quello dell’educazione musicale dei ragazzi; in
questo caso ci troveremo di fronte al tipico caso del Maestro che, per scusarsi del cattivo risultato, getterà le colpe sugli esecutori, che “sono studenti e/o gente che lavora” e che quindi “non sanno suonare come il maestro
vorrebbe”; lungi da questo Maestro “dispregiatore” sarà il pensiero che
deve essere lui ad adeguare repertorio e processi educativi alla realtà che
costituisce il complesso.
La Banda giovanile è come un fiore che va coltivato giorno dopo giorno, soprattutto con l’utilizzo di repertori musicali adatti, repertori che
ormai l’editoria è in grado di fornire in grande quantità.
È inoltre una necessaria valvola di sfogo alla “crescita” dei validi complessi di adulti perché un complesso di qualità, che conduce un cammino di crescita, ha in generale tre caratteristiche principali: è formato in
parte da esecutori “dilettanti” di buona qualità, da studenti e da diplomati al Conservatorio; ha al suo fianco una scuola che cura l’immissione
di nuove leve (scuola nella quale operano sovente insegnanti che suonano anche in banda); ha alla guida un maestro coscienzioso e preparato.
Ora, se da un lato l’introdurre in banda nuovi elementi che abbiano
ancora un basso livello tecnico frenerebbe la crescita del complesso, dall’altro il lasciare troppo tempo gli allievi senza “suonare insieme” li
demotiverebbe: la banda musicale giovanile diviene così una sorta di
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Fulvio Creux
“toccasana” della situazione; inoltre essa può talvolta far fronte a quei
servizi poco adatti alla “banda maggiore”, realizzando in parte la “divisione – definizione” dei compiti di cui si parlerà tra poco, esaminando i
“campi di azione” della Banda..
Ma vorrei fare ancora una riflessione: in Italia ci sono tanti posti in cui
esistono due, talvolta tre bande musicali: “Amano molto la musica” dirà
qualcuno; “No signori” risponderei io, “amano molto la discordia: in Italia,
nei paesi, l’esistenza di più bande è sovente indice di discordia, frutto di rancori
e di passati litigi più che di amore per la musica!”
La banda giovanile musicale ha realizzato “di fatto” una situazione
nuova in Italia: quella di un centro, di un paese, con due bande facenti
capo ad un’unica associazione; due bande che nascono (finalmente) non
per rivalità, ma per il raggiungimento di un unico ideale.7
I “campi di azione” della banda
Si è soliti guardare alla banda (intesa come Istituzione) come se dovesse essere a senso unico: al generale servirà per le parate, al prete per le
processioni, qualcun altro se ne servirà per i carnevali, mentre il maestro
di Conservatorio guarderà con miserevole compassione a questi aspetti,
pensando ai concerti.
Anche questo “limite” nella visuale reca confusione e certamente non
giova.
Si pensi ancora una volta al pianoforte: non lo troviamo forse in
Conservatorio, in sala da concerto, al piano-bar, dalle suore ed in qualche
talk-show?
Si pensi poi all’orchestra: è definita“orchestra” quella della Scala ma
anche quella di San Remo; è definita “orchestra” quella di Berlino ma
anche quella di Casadei.
Ciò nonostante a nessuno capita di generalizzare: si sa che l’orchestra
di Santa Cecilia è cosa diversa da quella di Domenica In.
Chissà perché, invece, con la banda si fa di tutta l’erba un fascio: è evidente che l’immaginario collettivo identifica la banda solamente in uno
spernacchiante complesso pseudo-folkloristico come lo si vede, talvolta,
7 Tra le realtà in cui si verifica una situazione di questo tipo citiamo Pont St.
Martin (Ao), Soncino (Cr), Mirandola (Mo), Monterubbiano (AP).
Il mondo della banda musicale nell’Italia di oggi
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in qualche trasmissione televisiva.
In questo errore cadono anche gli stessi addetti ai lavori, che vorrebbero limitare il “campo di azione” della banda ad uno solo, quello che
piace a loro o che conoscono, ignorando le altre possibilità.
Considerando anzitutto che la banda può suonare da seduta, in piedi
e marciando vediamo piuttosto quali sono, questi “campi di azione”:
A. Banda che suona “seduta”.
È chiaramente la situazione alla quale ogni musicista ambisce e che
costituisce il principale punto di riferimento: la Banda da concerto,
concerto che può ovviamente avvenire all’aperto (sul palco, in
cassa armonica) o al chiuso (teatro, chiesa).
B. Banda che suona “in piedi“
Questa rappresenta una situazione intermedia, che può essere
inquadrata sia con la successiva della banda in marcia, sia con altre
situazioni, come per esempio l’esecuzione di un inno in una circostanza ufficiale,un breve intrattenimento in una piazza e così via.
C. Banda che suona “marciando”
L’occasione si presenta nelle parate militari, nelle processioni, nelle
sfilate carnevalesche ed in molte altre circostanze, tra le quali la più
difficile è la realizzazione di evoluzioni e caroselli. In ogni caso
anche in queste situazioni si potranno trovare condizioni diverse:
ordinata ed impettita sarà la banda durante una parata, mentre
nella processione dietro il Santo, tra la ressa della gente e le vie
sovente tortuose dei paesi, dovrà per forza avere un andamento
meno nobile e solenne.
Ora, se è impensabile ipotizzare la presenza dell’Orchestra di Santa
Cecilia che suoni ad una sfilata ed è altrettanto impensabile l’idea di
sedersi in una sala da concerto per ascoltare l’ Orchestra di Raul Casadei,
perché questo non deve avvenire anche nel nostro settore?
Eppure proprio a me è capitato di dirigere lo stesso complesso il giorno prima alla Scala e pochi giorni dopo in mezzo al fango di uno stadio
per una corsa di cavalli.
Dirà qualcuno che questa è la caratteristica della banda, che “deve”
saper fare le due cose.
A questo qualcuno risponderò che la cosa è solo parzialmente vera; in
molti paesi sicuramente più evoluti (almeno nel settore) rispetto all’Italia,
la situazione è ben diversa: ad ogni tipo di “funzione” corrisponde una
diversa tipologia di banda.
40
Fulvio Creux
Esempio emblematico quello americano, dove esistono le Marching
bands, che fanno spettacoli ed evoluzioni negli stadi e le Concert o
Symphonic bands, che effettuano solo concerti.
Ad ognuna di queste tipologie è dedicato un diverso tipo di studio (a
cominciare da chi le dovrà dirigere) ed una diversa maniera di finalizzare le prove; esse hanno poi differenti tipi di strumenti, di uniforme e di
componente umana che le costituisce8.
Non penso certamente che si potrà mai giungere, nel nostro Paese, ad
una situazione analoga, ma ciò non toglie che la cosa debba essere additata come positivo esempio e modello cui mirare.
Se si pensa che far bene delle evoluzioni o anche solo fare una sfilata
che trasmetta senso di ordine non è sicuramente più facile che strombazzare a tutto volume una fantasia operistica, dovrebbe sembrare giusto ed
auspicabile che ogni complesso scelga e segua un “campo di azione” nel
quale orientare le proprie forze; questo campo di azione potrà essere scelto o sulla base dei desideri dei “soci” (per le bande amatoriali) o sulle esigenze di mercato (per quelle professionali).
Per un quadro più completo
La situazione relativa alla Banda musicale nel nostro paese non è limitata ai soli aspetti descritti; ad essi se ne aggiungono altri che adesso analizzeremo:
Didattico – L’aspetto didattico si esprime attraverso più casistiche,
così riassumibili:
a. corsi per la preparazione delle “nuove leve”.
Ogni complesso, tra quelli amatoriali, ha al suo interno una Scuola,
più o meno organizzata, per la preparazione dei nuovi allievi: casi
più emblematici sotto l’aspetto organizzativo e qualitativo sono,
8 Per esempio, i Sousaphones sono usati solo nelle bande da parata, non come
succede da noi in tutto il sud anche per i concerti.
Le bande da concerto raramente hanno la divisa, preferendo ad essa il classico
abito scuro, mentre le bande da parata hanno invece divise che da sole creano parte
dello spettacolo ed hanno gruppi di majorettes.
Quanto alla componente umana le bande da parata sono formate da giovani,
siano essere civili o militari; non vi sono sicuramente persone oltre una certa età.
Il mondo della banda musicale nell’Italia di oggi
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per esempio, quelli di Soncino (Cr) e Mirandola (Mo).
b. corsi per la preparazione dei Maestri Direttori.
Troviamo qui due tipologie: “tradizionale” del Corso di Strumentazione per Banda, attualmente attivo nei Conservatori di
Torino, Milano, Verona, Trento, Pesaro, Parma, Bologna, Firenze,
Roma, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Monopoli e Cosenza. In
questo Corso si insegna, fatto salvo il caso di più recenti illuminate situazioni, a strumentare e/o a comporre per banda, ma non a
dirigere una banda; quella più recente e pratica in cui insegna la
Direzione di banda, che non va intesa come un mero esercizio di
bacchetta, ma come un più completo ed articolato campo di studio
in cui si affrontano la tecnica direttoriale, la concertazione e la
gestione delle prove, la conoscenza del repertorio e così via.
Questi corsi di direzione di banda possono essere dei brevi stages,
tenuti solitamente da maestri di chiara fama (tra i più attivi troviamo
Daniele Carnevali, Lorenzo Della Fonte, Thomas Briccetti, da poco scomparso, Angelo Bolciaghi e Fulvio Creux), o corsi di più lunga durata,
quali il Corso Triennale di Perfezionamento tenuto dallo scrivente presso l’Accademia Musicale Pescarese o il Corso tenuto da vari docenti presso l’Istituto Europeo per la Musica per Banda di Trento.
Da citare per la sua particolarità il corso che Nicola Samale ha tenuto
alcuni anni or sono a Montescaglioso (Mt) dedicato all’aspetto specifico
delle Bande da giro.
Editoria - L’ editoria nel campo della banda ha avuto un grande sviluppo, grazie anche ai numerosi supporti dei moderni mezzi tecnici,
quali computer, cd, internet e così via.
A differenza dell’editoria tradizionale, che si concretizza soprattutto
nella figura dell’utente che si reca in negozio, gli editori più importanti
hanno incominciato ad inviare a chi ne faceva richiesta via web, sin dagli
anni ’80, i cataloghi, contenenti brevi estratti delle composizioni e frammenti registrati delle stesse.
Il contenuto di questi cataloghi non è stato sempre molto qualificato
ma, in una visuale a lungo raggio, si può dire abbia influito più di qualsiasi altro fattore (esclusi i Concorsi) al cambiamento delle bande musicali: del resto è compito dei Maestri saper scegliere la musica da suonare!
Tra case editrici italiane del passato e del presente operanti nel settore citiamo: Animando, Belati, Eufonia, Ortipe, Pucci, Ricordi, Santabarbara, Scomegna,Vidale, Zita, Wichy.
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Fulvio Creux
Concorsi - I concorsi nel settore bandistico si dividono in due tipologie:
• Concorsi di Composizione
• Concorsi di Esecuzione.
I primi mirano a segnalare e premiare composizioni meritevoli: prevedono un premio in denaro e, talvolta, l’esecuzione e la pubblicazione
del brano vincitore.
Tra essi ricordiamo quelli della Regione Valle d’Aosta, di Brescia, di
Gonzaga (Mn), dell’Anbima Marche, di Corciano (Pg)(sicuramente il più
importante storicamente), di Letto Manoppello, di Vietri sul Mare (Sa), di
Canicattini Bagni (Sr).
Non tutti hanno regolare reiterazione ed alcuni hanno avuto una sola
edizione.
I secondi mirano invece a premiare le esecuzioni dei complessi bandistici. Rinati dopo decenni di silenzio col concorso di Pesaro “La banda
dell’anno” nel 1991, si sono diramati poi in sempre più rilevante numero in molte regioni: ricordiamo tra quelli nazionali quelli di Torino,
Brescia, dell’Associazione Veneta delle bande musicali, di Cascina in
Toscana, della Regione e di Città Sant’Angelo in Abruzzo, di Frosinone,
di Città Nuova e di Lamezia Terme in Calabria e quelli di Noto, Scicli e
Mazzarino in Sicilia; unico concorso internazionale quello, prestigiosissimo, di Riva del Garda (Tn). Anche qui ci troviamo di fronte a concorsi che hanno frequenza regolare e ad altri che si sono svolti un’unica
volta.
A parere di chi scrive i concorsi di esecuzione sono stati il più grande
contributo dato in questi ultimi anni al miglioramento della qualità delle
bande musicali9.
Questo contributo è da trovarsi nel fatto che essi hanno dato precise
indicazioni sia su quali siano gli aspetti da giudicare nell’ascolto di una
banda (intonazione, qualità e bilanciamento del suono, tecnica ed articolazione, interpretazione) sia sui repertori e la loro classificazione in categorie (giovanile, terza, seconda, prima, superiore, eccellenza), direttamente rapportabili alla qualità dell’esecuzione e difficoltà del repertorio.
È grazie ai concorsi che un maestro/complesso che voglia seguire un
9 Mi riferisco a quei concorsi che si basano su criteri di valutazione definiti a livello internazionale e che contano in giuria veri esperti; i concorsi qui indicati non sempre rientravano in questa tipologia.
Il mondo della banda musicale nell’Italia di oggi
43
percorso potrà sapere su quali criteri si deve orientare e quale sia la strada da seguire.
Studi musicologici -Nel passato la banda musicale non era mai stata,
in Italia, oggetto di studi “seri”. Nei testi esistenti si parlava di argomenti e personaggi in maniera più auto-celebrativa, favolistica o narrativa,
leggendaria talvolta, ma senza legami con una precisa scientificità e
soprattutto con pochissimi riferimenti musicali.
Oggi questa situazione sta finendo e seri studi in materia stanno
vedendo la luce; molti giovani fanno la tesi di laurea sulla storia della
banda.
Tra i pionieri di questa nascita di attenzione musicologica sulla banda
troviamo studiosi quali Roberto Leydi del DAMS di Bologna, Marino
Anesa di Gazzaniga (Bg), Antonio Carlini di Trento, Angelo de Paola di
Cosenza ed il siciliano Maurizio Bignardelli e, in qualche maniera, chi
scrive.
Le vignette di Corrado Cristaldi
Corrado Cristaldi, flautista, docente di educazione musicale nella scuola media
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Prof. Marcello Faletra
Docente di Fenomenologia dell’immagine
Accademia di Belle Arti di Palermo
Ritmica della variazione
continua
Il ta’am nella tradizione
musicale ebraica
Una delle specificità della musica ebraica è il suo costante rapporto
con la parola. Una concezione della musica autonoma dalla parola è
inconcepibile per l’ebraismo.
Nella lunga tradizione ebraica il canto, in modo specifico, è stato uno
degli elementi portanti della preghiera. Parola e intonazione costituiscono il senso profondo della Torah, perché è da questa intonazione che il
suo significato si rivela. La Torah senza il canto non è una Torah, dicevano i grandi rabbini. La lettura biblica è inconcepibile senza una ritmica
stabilita dall’intonazione. L’elemento umano e quello che lo trascende –
il testo – partecipano di uno stesso movimento creatore. Trascendenza e
immanenza non sono separati, ma giocano dialetticamente alla formazione del senso.
Questo doppio versante della trascendenza e dell’immanenza è incentrato sul ruolo dell’occhio e dell’orecchio, perché la rivelazione biblica si
definisce mediante questi due sensi.
La vista mette l’uomo di fronte alla realtà, è una distanza che gli consente attraverso l’ascolto delle lettere delle Leggi non di vedere una
“manifestazione” come accade nell’universo greco, ma attraverso essa di
prescrivere il comportamento dell’uomo di fronte al mondo.
L’occhio e l’orecchio in questa prospettiva non sono disgiunti, ma
traggono la loro ragion d’essere dal loro indissolubile intreccio.
Un vincolo complesso e del tutto diverso da quello che la musica occidentale ha tramandato. L’obbligo di cantare la Torah è una prescrizione
risalente ai tempi del Talmud.
Il musicologo Enrico Fubini (La musica nella tradizione ebraica) è anda-
46
Marcello Faletra
to oltre in questa direzione e sulla scia di Abraham J. Heschel afferma che
“tutto l’ebraismo, la sua stessa essenza è una musica, o meglio una forma
di musica, o, in altre parole un tentativo, che può assumere la forma dell’eroismo, di imporre una forma al tempo”. Ecco la questione essenziale:
il rapporto tra forma e tempo, tra vita e ritmo,
In questa accezione del tutto particolare, la musica non è una creazione dell’uomo, un prodotto come altri, seppure un prodotto dotato di
caratteristiche spirituali, ma piuttosto essa è l’uomo stesso, la sua vita; è
il ritmo interiore che lo significa fin dal primo grido emesso all’atto della
nascita.
Questo rapporto tra parola, musica e mondo, prende corpo nel modo
in cui la parola viene modulata.
L’etnomusicologo Curt Sachs (Le sorgenti della musica) definì, non a
caso, la musica ebraica “logogenica”, cioè a dire una musica che prende
forma dal ritmo del discorso, il ché non vuol dire che scaturisca dalla
parola.
È il modo in cui la parola viene scandita a costituire il tratto significativo del rapporto musica/discorso. Il ritmo logico e sintattico sono già di
per sé gli elementi originari di una qualsiasi formalizzazione musicale.
Ma questa subordinazione della musica alla parola ha anche un ragione storica. Fubini ricorda anche il fatto che il ritmo, in genere, è riconoscibile nei segni vocalici e musicali (te’amim) che sono stati aggiunti definitivamente al testo biblico dai Masoreti intorno al decimo secolo d.C..
I te’amim indicano sia la punteggiatura, sia le formule melodiche e
sono quindi indissolubilmente legati alla sintassi e al significato del testo,
e per far si che esso sia esperito concretamente dall’uomo non indicano
né l’altezza, né la durata dei suoni che restano esclusivo suo appannaggio.
Prima della formalizzazione dei te’amim la tradizione orale veniva
tramandata di generazione in generazione. La stabilizzazione del testo
biblico con l’aggiunta dei segni vocalici e musicali ha fatto sì che presso
le comunità ebraiche della diaspora venissero interpretate in modo
diverso. È per questo che la musica nella cultura ebraica si è trovata
sprovvista di una sua autonomia dal testo.
E così la forma melodica volta per volta è stata adattata al verso, alle
pause, alle contrazioni o dilatazione della parola, insomma è stata
costretta ad adattarsi in base alla lunghezza del testo.
Tuttavia questa particolare condizione di adattamento della musica
alla parola ha costituito paradossalmente il punto di forza della musica
Ritmica della variazione continua
47
ebraica, proprio per la straordinaria possibilità di variazioni che potenzialmente esprime a partire da uno stesso registro di parole e suoni.
Si potrebbe dire sulla base di queste indicazioni storiche che il principio della variazione sia l’anima della musica e del canto ebraico: “la
fedeltà a certi principi basilari non ha contrastato con la creazione di
quell’immenso patrimonio di canti che si sono tramandati attraverso i
secoli e i millenni come tradizione vivente e in fieri continuo” (Fubini).
È per questa possibilità di variare l’interpretazione dei te’amin rispetto alla parola che il significato della musica nell’ebraismo non è paragonabile a ciò che nella cultura occidentale si definisce la “messa in musica” di un testo. La loro fissazione nel testo biblico è d’ordine razionale ma
la loro espressione è mistica.
Il termine ta’am, singolare di te’amim, riveste vari significati e funzioni, la sua elasticità consente una costante possibilità di variazione nella
cantillazione del testo. Essi in un certo senso sono il segreto del testo,
benché siano fissi, sono tuttavia mobili nella loro versificazione orale,
consentendo un straordinario ventaglio di approcci alla stessa frase e
dunque del suono che vi si associa. Il testo biblico è quindi una ritmica
semantica della variazione continua.
In questa prospettiva il funzionamento del ritmo nel testo biblico
assume una portata che va ben al di là della cultura ebraica, poiché essa
mette in moto concretamente attraverso il ritmo l’alternanza senza fine
dello stesso e dell’altro. È qui che la rigidità della forma musicale diventa
secondaria rispetto al senso musicale determinato dal processo ritmico,
che ne varia continuamente l’emissione sonora.
Se nella forma si esprime una coralità che sussume l’individuo al collettivo, nella dimensione del senso invece è sempre l’individuo il punto di
partenza per ogni ridefinizione del valore semantico musicale.
L’esperienza ritmica infatti non può essere formalizzata in un astratto
registro formale, ma volta per volta essa è modulata e dunque ricreata,
cioè sperimentata dal singolo. Se la forma è monovalente il ritmo è polivalente, aperto. La sua pluralità è potenzialmente quella di tutti gli uomini che si apprestano a cantare la Torah.
Ma questa potenziale pluralità non significa un’arbitraria interpretazione del senso della Torah, quanto il fatto che attraverso tutte le singolarità, tutte le modulazioni e vibrazioni che vengono fatte subire al testo,
ciò che emerge è il fatto che è il canto che canta, non i cantori, che servono
da strumento per la ricreazione del canto in quanto tale e dunque l’attualizzazione del senso della Torah.
48
Marcello Faletra
Per questo nella cultura ebraica la percezione che si ha della Torah è
quella che potrebbe essere racchiusa nell’aggettivo “infinito”, la cantillazione, questo canto che canta, attraverso il testo poetico della Torah, dà
ragione al filosofo Spinoza per il quale il ritmo è la profezia del linguaggio.
La cantillazione non è altro che un’implicazione che mette in relazione le affezioni individuali e la conoscenza generale. Per Spinoza il ritmo
è come la libertà: essa non è data dall’inizio, ma da una costante attività
di intonazione del testo. È in questa costante rimodulazione dell’accento,
dell’intonazione che si effettua il passaggio dall’infinità del testo alla finitezza dell’individuo.
Da queste brevi note è evidente quanto la dimensione ritmica nella
cultura ebraica sia alla base di un rapporto ben più ampio di quello strettamente musicale, investendo il significato generale dell’esistenza, questo fondo informe rispetto a cui la ritmica del testo tenta volta per volta
e mai una volte per tutte di rendere per un attimo udibile il senso del
mondo, la voce dell’altro.
Secondo il rabbino EliyahuKiTov (1912 -1976) le ragioni per cui il
mondo, privo del canto, non è altro che rumore di fondo, senza senso, né
ritmo, dipende dal fatto che siamo incapaci di udire il suono della voce
di Dio.
Solo nel momento del dono della Torah Dio fece tacere il frastuono.
Per usare il linguaggio della tecnologia di registrazione musicale introdotta negli anni Sessanta del secolo scorso, si potrebbe dire nella prospettiva del rabbino KiTov che Dio con la cantillazione della Torah abbia inserito il Dolby, il sistema di riduzione del rumore e dunque la percezione
limpida del senso.
Ma, appunto, è una riduzione dell’informe non la sua eliminazione
definitiva, che invece va vista in una costante creazione del presente, la
cui ritmica dipende solo dall’uomo e dal particolare rapporto col tempo
che è in grado di generare.
La bibbia non è l’evidenza di una risposta ai problemi del mondo, ma
la probabilità di un nuovo corso del tempo. La musica in questa accezione diventa una architettura del tempo dove ritmo e senso ne sono la
struttura portante.
E la musica non è altro per la tradizione ebraica che l’arte del tempo.
È per questo che essa è primaria rispetto alle arti dello spazio. In questa
accezione l’intero ebraismo è l’arte di forgiare il tempo e l’espressione
“Ricorda” che ricorre ben 169 volte nella Torah, è il registro etico-musica-
Ritmica della variazione continua
49
le all’interno del quale prende corpo il significato della musica: “La scala
di Giacobbe” o il “Mosé e Aronne” di Schoenberg sono, senza dubbio, il
riconoscimento dell’autorità della Torah nell’architettura musicale di una
delle esperienze più significative e radicali della musica del XX secolo.
Se la musica è un particolare rapporto col tempo, di che natura è questo tempo?
Nella Bibbia il tempo non costituisce una merce ma un dono, non si
scambia ma trascorre, e nulla può rimpiazzare questo flusso.
Non vi può essere nulla al posto dell’istante trascorso, per questo la
musica ebraica va intesa come un atto che pretende influenzare un “essere”, non in senso diretto, ma indiretto, o con le parole di Wladimir
Jankélévitch secondo un procedimento che fa affidamento a una specie
di “causalità clandestina”.
Nella Bibbia c’è tutta una serie di tecniche del tempo che gravitano
attorno al problema centrale di coloro che, non avendo oggetti ancorati
allo spazio, posseggono solo il tempo: per essi è indispensabile fissare i
propri punti di riferimento nel tempo, e poiché nel tempo nulla è stabile,
nulla allora è recuperabile.
È l’insolubile paradosso del nomadismo e della libertà a cui il ritmo
volta per volta tenta di dare una soluzione.
ERASMUS – ATTIVITÀ
Referenti Erasmus
Prof. Francesco Gallo
Prof. Calogero Di Liberto
Mobilità Docenti e Studenti
Contatti Internazionali
Docenti Ospiti - Visiting Professors
Josè Candisano – Pianista - Febbraio 2010
da “Conservatorio Superiore de Musica de Vigo” - Spagna
Masterclass “La Musica pianistica spagnola”
Piotr Zukowsky – Pianista - Maggio 2010
da “Akademia Muzyczna im. I. J. Paderewskiego w Poznaniu Poznaƒ – Polonia
Masterclass “La Musica di F. Chopin"
Walter Burian - 14 - 15 febbraio 2011
da “Joseph Haydn Konservatorium” Eisenstadt – Austria
Masterclass Franz Joseph Haydn, i Quartetti e le Sinfonie
Docenti in uscita - Outgoing Professors
Calogero Di Liberto – Pianista Settembre 2010
presso “Joseph Haydn Konservatorium” Eisenstadt – Austria
Masterclass – “Le trascrizioni d’ opera per pianoforte”
Calogero Di Liberto – Pianista
presso “Akademia Muzyczna im. I. J. Paderewskiego w Poznaniu
Poznaƒ – Polonia
Masterclass: “Liszt e l’ Italia”
51
Dr. Antonio Iacono
Psicoclinico, specialista di psicoterapia
Alla ricerca della musica?
Mi accingo a delineare con questo mio scritto alcuni elementi facenti capo ai più recenti studi e ricerche internazionali su ciò che avviene
e avverrebbe in relazione alla Musica nell’intimo più profondo della
persona secondo le Neuroscienze umane e la Psicoclinica. All’Istituto
Superiore di Studi Musicali “V. Bellini” di Caltanissetta per i Maestri
frequentanti il corso di studi per il Diploma Accademico Abilitante di
II livello classe di concorso A 077 (a.a. 2009/2010), si è tentato un laboratorio di Neuropsicologia e Musica tenute presenti alcune determinanti del progetto “Blue Brain” degli studiosi europei e d’oltreoceano.
Lasciamo ai ricercatori tedeschi e a quelli austriaci il caos della
Glitch Music del gruppo Oval (è un sodalizio di tre ricercatori di musica elettronica; e Glitch Music è una sonorità musicale che ha nel glitch
intoppo come un singhiozzo elettronico, un alleato significativo che,
nel caos acustico, fa emergere un nuovo equilibrio riportando l’orecchio, attraverso le modulazioni cerebrali, alle gestalten più armoniche
- “È questo il suono del prossimo mezzo secolo”, Vincenzo Rossini,
2011).
Ma, allo stato delle cose, credo che tali sperimentazioni [la decomposizione dell’armonia e l’affastellamento sonoro come derivati del
suono sintetico] sconvolgerebbero, tra l’altro, i sistemi neuronali della
natura armonica e melodica entro la quale siamo formati in sede psiconeuro-endocrina [cfr: D. Scheppard, La vita e i tempi di Brian Eno, Ed.
Arcana].
A questo punto è forse opportuno ricordare che lavori di grande
profilo etico e scientifico avvicinano sempre più la convergenza tra
52
Antonio Iacono
Biologia e Psicologia. Un iter virtuoso, cronologicamente non sequenziale: da Hebbinghaus a F. C. Barlett, a K. Lashley, D.O. Hebb, Brenda
Milner e, ancora, W. Mc Dougall; tutti psicologi ai quali dobbiamo la
conoscenza di basi inalienabili sui meccanismi dell’apprendimento e
dei sistemi cerebrali (cfr.: L. Squire e il Nobel E. Kandel).
Gli studi e le sperimentazioni di Anatomia, Fisiologia, Psicofisiologia arricchiti dalle Neuroscienze e dalla Psicoclinica ci dicono che le
aree del cervello, grandi o piccole, hanno funzioni specifiche. Queste
aree “si parlano”, si aiutano, non solo all’interno di ciascun emisfero,
ma anche tra un emisfero e l’altro. Le loro funzioni sono state aggiornate attraverso la PET ed altre metodiche (Posner 1994), come la fMRI
(risonanza magnetica funzionale, R. Poldrack, 2001).
Per la Musica sono importanti le zone del linguaggio: le aree di
Wernicke e di Broca.
Secondo lo psicoclinico Gardner di Harward (1983), la Musica deriva da una “facoltà” distinta del cervello, da una intelligenza specifica
(Teoria delle intelligenze multiple). È come se, nel corso dei millenni,
a zone del cervello si fossero dedicate particolarità sia anatomiche sia
funzionali. Seguendo Gardner individuiamo così almeno 5 interrelazioni funzionali e strutturali: l’Intelligenza Logico-Matematica (abilità
implicata nel confronto e nella valutazione di oggetti concreti o astratti nell’individuazione di relazioni e principi); l’Intelligenza Linguistica
(abilità che si esprime nell’uso del linguaggio e delle parole, nella
padronanza dei termini linguistici e nella capacità di adattarli alla
natura del compito); l’Intelligenza Spaziale (abilità nel percepire e rappresentare gli oggetti visivi, manipolandoli idealmente, anche in loro
assenza); l’Intelligenza Musicale (abilità che si rivela nella composizione e nell’analisi di brani musicali e nella capacità di discriminare con
precisione altezza dei suoni, timbri e ritmi e memoria creativa (la sintesi operata dagli engrammi) e l’Intelligenza Cinestetica (abilità che si
rivela nel controllo e nel coordinamento dei movimenti del corpo e
nella manipolazione degli oggetti per fini funzionali o/e espressivi).
Per i cognitivisti (Dowling, 1986, e altri), la Musica è un’attività specifica dell’intelligenza generale: è come se tutte le parti e le attività del
cervello si fossero concentrate per produrre la musica, o meglio l’attività musicale.
Per districarci in questo labirinto bisogna mettere a fuoco alcuni
elementi di: Biologia (le leggi del funzionamento); Etnologia (gli aspetti antropologici delle varie regioni del mondo); Musicologia (cultura e
Alla ricerca della musica?
53
studio sperimentale del sapere musicale); Filosofia trascendentale
(espressione dei princìpi); Psicoclinica (gli aspetti della personalità
individuale). Ma, dice Peretz (2010, uno dei massimi studiosi del
ramo): “Soprattutto la Psicologia, specialmente dell’Età Evolutiva”.
Ma, anche, le metodiche di M. Martenot e di E. Willems.
Lasciando da parte le patologie cerebrali genetiche o acquisite in
quanto non possono aiutarci nella comprensione diretta del funzionamento del cervello sano, le tecniche di oggi delle Neuroscienze
(Neurologia, Neuroanatomia, Psicoclinica, ecc…) ci possono dare una
mano nello studio del cervello “normale”.
Grazie alla tecnica esplorativa dell’Ascolto dicòtico (Goodglass e
Calderon, Università di Boston, 1997), consistente nel far ascoltare in
cuffia stimoli sonori diversi per l’orecchio dx e per quello sx, e considerato il principio anatomico dell’attività controlaterale secondo il
quale l’informazione ricevuta dall’orecchio dx è elaborata meglio dall’emisfero sinistro, e viceversa: è stato dimostrato che è l’emisfero sinistro ad elaborare meglio gli stimoli sonori.
Ma, se viene fatta ascoltare una sequenza di 3 numeri cantati con
diverse altezze sonore, nella fase di riproduzione vocale di tale
sequenza, solo nel caso di musicisti si è vista la dominanza dell’emisfero sinistro, che è risultato attivato da un substrato dell’emisfero
destro.
Risultati simili sono stati ottenuti da Besson (1998) dal Centro di
Neuroscienze Cognitive di Marsiglia con la tecnica dei “potenziali
evocati”. È una tecnica che registra al millisecondo ogni variazione
elettrica dei neuroni cerebrali e dalla sua applicazione è stato rilevato
che c’è un’autonomia cerebrale della musica rispetto al linguaggio
parlato (studi di Sergent, Canadese; e di Petersen: Washington, ‘92); e
la P.E.T. (Tomografia ad Emissione di Positroni) ha registrato un afflusso ematico aumentato ed altre particolarità.
Tali particolarità sono state confermate anche da tecniche più sofisticate come la Risonanza magnetica, la Magneto-elettro-encefalografia e la fMRI (tecnica più recente che registra il passaggio di una proteina nel flusso ematico cerebrale nel corso di un’esecuzione musicale).
Una breve panoramica storica sulle ricerche relative alla localizzazione delle attività musicali all’interno del cervello, ci suggerisce che
sino al secondo ‘800 non si capiva bene quali fossero le precise funzioni superiori del cervello salvo le due aree del linguaggio. Nei primi
54
Antonio Iacono
anni del ‘900 fece scalpore il caso del musicista Sebalin che con danni
all’emisfero cerebrale sinistro continuava la carriera musicale, mentre
altri musicisti, con danni nell’emisfero destro, non furono più in grado
di fare della buona musica.
Dal 1960, Doreen Kimura (Montreal, 1964) e Brenda Milner (in precedenza: 1962) dimostrarono invece che anche l’emisfero destro possedeva buone chances. Successivamente Bever e Chiarello (Columbia
Univ., 1974) si sono dedicati a tentare di dimostrare che soltanto i
musicisti riconoscono le melodie con il cervello sinistro e riescono a
riconoscere due note isolate della stessa melodia [quest’ultima affermazione ricevette forti contestazioni!]. I non musicisti, se acquisiscono
esclusivamente il profilo melodico, attiverebbero solo l’emisfero di
destra. Ma anche i non-musicisti possono attivare il sx. Dunque,
Musicisti e non musicisti attivano dx e sx, in misura differente.
Per giungere ad una prima conclusione, le osservazioni cliniche ci
dicono che una “facoltà” musicale può essere selettivamente distrutta
o selettivamente risparmiata da un danno cerebrale. La musica coinvolge i 2 emisferi cerebrali, ma la dominanza dell’uno sull’altro è
incerta. La “facoltà” musicale si fonda su moduli a volte indipendenti
l’uno dall’altro e suscettibili di essere collocati in aree distanti tra loro.
Attraverso la P.E.T. (Tomografia ad emissione di positroni) si è potuto
constatare che negli ascoltatori inesperti l’ascolto della musica attiva la
parte destra del cervello, quella più intuitiva; nei musicisti si attiva la
parte più razionale, cioè quella sinistra.
Nel processo di riconoscimento di un brano musicale non viene
attivato solo il livello uditivo perché a livello cerebrale si mobilitano
diversi moduli; la ricerca neuropsicologica ha, infatti, determinato
diversi accessi. Chi ascolta un brano opera un’organizzazione melodica delle variazioni in sequenza e delle altezze dei suoni, contemporaneamente fa un’analisi dei tempi del brano. Per i musicisti questa
distinzione appare scontata.
Per il percorso melodico, nella nostra cultura occidentale, avremmo
l’identificazione del profilo melodico (comune a molti); la percezione
degli intervalli (comune a pochi); la percezione della tonalità (comune
a pochissimi).
A livello sperimentale sono stati individuati un’altra serie di moduli connessi, questa volta, all’emozione. Sono moduli relativamente
autonomi perché fanno parte dell’esperienza fenomenologica (Eccles,
Nobel 1963) che consiste, anche nel nostro caso, nel rivivere la musica
Alla ricerca della musica?
55
e nel lasciarla scorrere interiormente in assenza di uno stimolo uditivo.
Pochissimo ancora sappiamo di ciò che va oltre l’ascolto, il riconoscimento e la lettura musicale.
Se ci sia una “predisposizione musicale” la risposta è un “si” condizionato: se tale predisposizione viene esposta significativamente
alla musica (ascolto mirato e cultura) si sviluppa, altrimenti si ottunde e muore (cfr.: gli studi e le sperimentazioni sulla plasticità dell’encefalo).
L’educazione musicale autentica, dunque, modifica i moduli cerebrali e mentali preesistenti e stimola la creazione di nuovi moduli. Il
vero problema, allora, è questo: in quale misura le modificazioni cerebrali (moduli paralleli) connesse ad una migliore conoscenza possono
essere indotte, tali da cambiare l’organizzazione di base?
In conclusione, la musica è legata all’attività di tanti micro-cervelli
(alcuni autonomi, altri interrelati); le sofisticate immagini cerebrali
(risonanze, PET, ecc.), e le indagini psicocliniche della Neuropsicologia aprono prospettive che, se connesse allo studio e alla ricerca
sul piano dello sviluppo emotivo, daranno prospettive più certe, ma
non esaustive.
Esistono metodologie avanzate di esplorazione dell’attività delle
varie aree specialistiche del cervello umano mediante l’uso di un fMRI
che consente la funzione flussimetrica di una proteina del sangue cerebrale durante l’esecuzione musicale a cominciare dall’area del linguaggio (Broca): parti specialistiche del cervello si attivano e si disattivano coerentemente, armonicamente, solidarmente, a seconda che
l’intenzione del musicista sia creativa o esecutiva.
Gli aggiornamenti sono intensi e continui. Qualche riferimento:
a. Le interrelazioni strutturali e funzionali cervello-mente (M.
Clynes, 1987; J. Davidson, 1995).
b. Le sperimentazioni avanzate e divulgate (Andrea Frova, Andrea
Cremaschi e il convegno Ladimus, 2011).
c. La collocazione della Psicologia, dalla Clinica all’Evolutiva, nell’ambito delle ricerche più sofisticate sui processi cognitivo-emotivi: cognitivisti e confessionisti sembrano essere concordi con il
gruppo di M. Besson, 1994.
Concludo con una citazione riportata da un lavoro di Roberto
Caterina e Leslie Bunt, 2002: A. Storr, 1992, sostiene che l’origine della
Musica va ricercata nel cervello, nella mente umana e ha per fine di
56
Antonio Iacono
“ordinare” i dati sensoriali. Ciò è dimostrato dalle risposte psicofisiologiche connesse alle emozioni più profonde.
(Da: Isabelle Peretz, La Musica e il cervello, 2002)
57
Prof. Ignazio Macchiarella
Docente di Etnomusicologia Università di Cagliari
Le polifonie di Montedoro
Note lontane
Qualsiasi percorso di ricerca etnomusicologico è segnato da incontri
più importanti di altri, dalla “fortuna” di conoscere certe persone in un
certo luogo ed in un certo momento. Nel mio caso, uno degli incontri
fondamentali è stato senz’altro quello del marzo 1983 con un gruppo di
cantori di Montedoro1 specializzati in pratiche vocali a quattro parti trasmesse oralmente, per la sonorizzazione dei rituali della Settimana
Santa.
Era stato il mio fraterno amico e collega Gigi Garofalo a dirmi di aver
conosciuto in conservatorio a Palermo un giovane studente montedorese di pianoforte che gli aveva parlato dei «lamenti» della Settimana Santa
del suo paese.
Grazie a questa segnalazione ho così conosciuto Rosario Randazzo,
pianista e compositore, oggi docente allo stesso conservatorio palermitano, con cui ben presto ho avviato un bel rapporto di amicizia personale,
e, tramite lui, ho avuto modo di conoscere il coro dei lamentatura di
Montedoro.
Sulla pratica polifonica montedorese ho incentrato la mia tesi di
laurea, “La Settimana Santa a Montedoro. La musica e la festa”, discussa al
Dams a Bologna nel 1985, con Roberto Leydi, uno dei padri dell’etnomusicologia italiana scomparso da qualche anno, e con Giovanni
1 Montedoro (Muntidoru in siciliano) è un comune italiano di 1.667 abitanti della
provincia di Caltanissetta in Sicilia. Il paese è situato a circa 80 km a sud-est di
Palermo e a circa 20 km a ovest di Caltanissetta.
58
Ignazio Macchiarella
Manetti, oggi ordinario di Semiotica e Storia della Semiotica
all’Università di Siena, con cui avevo provato una interpretazione
semiologica del rapporto fra i brani e i vari momenti della festa e ho
pubblicato diversi lavori, a partire da un piccolo libretto patrocinato
dall’Amministrazione Comunale di Montedoro2 che sostanzialmente
riproduceva la tesi di laurea (senza l’analisi semiologica), per poi proseguire con il disco LP I lamenti della Settimana Santa di Montedoro, pubblicato nel 1987 dalla casa editrice Albatros (numero catalogo VPA
8488), quindi un saggio specialistico incentrato su un brano, il Sacri
Scale che viene eseguito al culmine del rito del Venerdì Santo,3 per arrivare alla realizzazione di un cd (La settimana Santa a Montedoro), pubblicato dalla casa editrice Nota di Udine nel 1996 e che riproponeva
una rivisitazione della pratica esecutiva dopo una decina d’anni circa
dalle prime registrazioni, documentandone le trasformazioni nelle
dinamiche esecutive.
In mezzo a questi lavori, ed anche dopo di essi, ho trattato dei lamenti montedoresi in vari miei saggi, includendo tra l’altro degli esempi
sonori in un volume in francese ed in spagnolo,4 ed in un testo lavoro
specialistico in inglese.5 Per altro verso, con il gruppo montedorese ho
avuto la fortuna di poter partecipare a varie iniziative convegnistiche e
concertistiche (per esempio a Venezia, alla Fenice, per l’Anno Europeo della
musica 1985; a Como per l’Autunno Musicale a Como 1984, fino ad un
indimenticabile viaggio negli Stati Uniti nel 1987), all’interno di una stagione assai attiva (forse irripetibile) dell’etnomusicologia italiana incentrata sullo studio delle pratiche liturgiche e paraliturgiche di tradizione
orale.6
Riprendendo testi e appunti di venti e più anni fa (e senza, ovviamen2 Ignazio Macchiarella, I lamenti della settimana Santa di Montedoro, ed.
Lussografica, Caltanissetta 1986
3 Ignazio Macchiarella, Analisi di un brano del repertorio dei lamenti della settimana santa di Montedoro, in Musica e liturgia nella cultura mediterranea, a cura di
Piero Arcangeli, Olschki, Firenze 1988, pp. 95–142
4 Ignazio Macchiarella, Voix d’Italie, Cité de la musique/Actes Sud, Paris 1999,
pp. 169 (con cd allegato) ; ID., Voces de Italia, Akal, Madrid 2003, pp. 1-171.
5ArdianAhmedaja, GerlindeHaidEuropean Voices I. Multipart Singing in the
Balkans and the Mediterranean. Wien, Köln, Weimar: Böhlau, 2008
6 Giampaolo Mele e Pietro Sassu, a cura di, Liturgia e paraliturgia nella tradizione
orale Cagliari, Universitas 1993.
59
Le polifonie di Montedoro
te, alcun riferimento alla situazione odierna) ecco una breve presentazione della pratica esecutiva dei lamenti montedoresi.
I lamenti di Montedoro. Note di ricerca (1984-87)
A Montedoro, con il termine lamenti si definiscono le polifonie a quattro parti trasmesse oralmente, legate ai riti della Settimana Santa.7 Per
indicarne l’esecuzione si usa il verbo lamintari (e non cantare) mentre
ogni singolo brano viene chiamato parti (termine insieme singolare e plurale; va notato che non si usa nemmeno il sostantivo cantu- canto).
Nel complesso i cantori montedoresi, sulla base del testo verbale, suddividono il proprio repertorio in tredici parti:8 sei in con testo in latino Stabat Mater, Vexillaregis, Gloria, Populemeus, Pange lingua, O vosomnes – e
le altre in dialetto siciliano o in italiano - Sacri scale, O crocefisso, Sede la
matre, È cunnannatu il figlio, Voi che versati lacrime, Maria Passa, Giuda.
Ogni parti è prevista all’interno di uno specifico momento del complesso generale della festa in cui può e deve comparire. L’esecuzione è
realizzata da un gruppo di voci esclusivamente maschili, in quattro parti
ciascuna con una propria denominazione, disposte in cerchio secondo il
seguente schema
Prima (voce)
o
Secunna (voce) o
o
o
Terza (voce)
Bassu
Tutte le voci possono essere raddoppiate, tranne la prima. Il numero
dei cantori non è quindi rigidamente prestabilito: si va da un minimo di
7 Per una ampia introduzione a questo tipo di pratiche musicali e per delle indicazioni storiche relative alle origini e agli sviluppi – strettamente legati alle vicende
delle Confraternite laicali – si veda Ignazio Macchiarella, Il falsobordone fra tradizione
orale e tradizione scritta,Lim, Lucca 1995.
8 Si tramanda che in passato esse fossero sedici.
60
Ignazio Macchiarella
quattro fino a otto-nove cantori, durante le processioni, quando è necessaria un’elevata intensità di suono.
L’impianto generale dell’organizzazione polifonica si articola
secondo una fondamentale dicotomia: soltanto la voce solista, detta
prima, svolge un’autonoma linea melodica, mentre le altre risultano
nel complesso indipendenti fra di loro, concorrendo a realizzare una
sequenza di accordi che integra e sostiene la prima.
La melodia solista presenta un andamento fondamentalmente
discendente, quasi sempre per gradi congiunti ed è caratterizzata da
elaborate fioriture melismatiche. L’ambito non si estende oltre una
sesta minore e, comunque, il settimo grado non è mai presente.
Il coro è sempre a tre parti, denominate secunna,terza e bassu, che si
dispongono al di sotto della melodia solista. Tra le voci del coro la
secunna si muove esclusivamente per gradi congiunti all’interno di
ambito molto ristretto, raramente più esteso di una terza; la terza voce
si muove anch’essa per gradi congiunti e all’interno di un ambito
ancor più ristretto; il basso è l’unica voce del coro che realizzi salti
melodici (tra cui quello fondamentale di quinta ascendente), all’interno di un ambito generalmente di una sesta.
La parte solista è l’unica a svolgere il testo verbale, mentre il coro
ribatte in alcuni casi quelle sillabe che nella dinamica dell’esecuzione
musicale assumono particolare rilevanza. Esso realizza, con il concorso della prima, triadi complete in posizione fondamentale, quasi sempre con il raddoppio all’ottava della nota base dell’accordo. In alcuni
casi, comunque, si possono avere sovrapposizioni accordali interpretabili come rivolti.
Va puntualizzato che la successione accordale della pratica polifonica montedorese è estranea rispetto alle logiche dell’armonia tonale:
essa piuttosto risponde alla logica della cosiddetta struttura modulare.
I diversi brani, infatti, possono essere considerati come formati da
blocchi stereotipi armonico-melodico-ritmici che suddividono le parti
in più versi musicali ciascuno dei quali coincide generalmente con un
verso del testo verbale. Ogni blocco stereotipo rappresenta l’unità
minima di formalizzazione musicale.
Ciascuna parti presenta un ristretto insieme di versi musicali differenti ognuno dei quali può venire più volte ripetuto. Attraverso un
complesso meccanismo di combinazione in ogni esecuzione questo
materiale può essere disposto in diverso ordine, cosicché accade
sovente di trovare più esecuzioni della stessa parti che presentano dif-
Le polifonie di Montedoro
61
ferenti successioni di versi musicali – il che vuol anche dire che la
durata di una parti, quando viene eseguita contestualmente, può
variare anche considerevolmente sfruttando il meccanismo di combinazione modulare (per dire, fra le mie registrazioni si hanno esecuzioni della parti del Sacri Scale che variano dai 3-4 minuti circa ai 12 e più
minuti).
Nell’impossibilità di svolgere in questa sede un’analisi esaustiva,
osservo semplicemente che, confrontando fra di loro le diverse parti è
possibile ridurne la molteplicità ad alcune formule base che si combinano diversamente. Si tratta di meccanismi di organizzazione del
materiale musicale diversi da quelli melodico-lineari propri della
musica d’arte scritta occidentali, ma molto frequenti nell’ambito della
musica di tradizione orale.
Ogni parti, quindi, viene così ad essere definita dal numero e dal
tipo di formule melodiche utilizzate e dalla combinazione di queste. In
ogni esecuzione, come accennato, i cantori hanno la possibilità di
variare la durata aggiungendo o sottraendo le ripetizioni dei moduli.
Per quanto riguarda il ritmo, i lamenti montedoresi (come gran
parte dei materiali di tradizione orale dello stesso tipo) non hanno una
scansione regolare o comunque rappresentabile con la proporzionalità dei valori di durata come avviene nella cosiddetta “musica colta”. Si
ha invece a che fare con una sorta di “ritmo libero” in cui le durate dei
suoni e degli accordi sono modellate sulle capacità delle emissioni
vocali dei cantori, e sono rappresentabili, a fini analitici, attraverso una
notazione temporizzata.
L’esecuzione dei lamenti richiede particolari competenze che si
acquisiscono attraverso precisi iter di apprendistato. Fare parte del
gruppo dei lamentatura è un tratto distintivo alquanto marcato all’interno della comunità: ogni montedorese, infatti, non solo sa indicare
senza esitazione i nomi degli esecutori, ma anche la voce che ciascuno
di questi svolge, se, cioè, “fa da prima”, “bassu”, ecc.
Gli esecutori non fanno parte di alcuna confraternita, essendo
scomparsa questa istituzione dal almeno quaranta anni.
Vi è comunque un nutrito numero di cantori specializzati nelle
diverse voci che possono dar vita a due o tre squadre in risposta alle esigenze dello svolgimento festivo.
Per dare un’idea della contestualizzazione delle parti ecco uno schema degli eventi rituali della Settimana Santa montedorese, come osservata a metà anni Ottanta.
62
Ignazio Macchiarella
Nella mattinata della Domenica delle Palme si svolge per le vie del
paese una processione, secondo le modalità previste dalla liturgia ufficiale. Durante lo svolgimento di questa, i cantori, o meglio i lamentatori, si riuniscono in chiesa disponendosi a ridosso della porta d’ingresso, che viene sbarrata. All’arrivo della processione sul sagrato, il prete
si stacca al corteo e bussa tre volte alla porta della chiesa.
A questo punto i cantori danno inizio all’esecuzione di una parte
dei lamenti (il Gloria) che viene ripetuta tre volte. Quindi si aprono le
porte e la processione fa il suo ingresso in chiesa per lo svolgimento
della Messa. Dalla Domenica delle Palme al Giovedì successivo non
hanno luogo altri eventi rituali particolari se non le cosiddette nisciute.
I lamentatori si riuniscono le sere e si muovono in gruppo lungo la
Strata di li Santi (il percorso attraverso cui si svolgono tutte le processioni di Montedoro, eseguendo diverse parti).
Il Giovedì Santo, dopo lo svolgimento in chiesa delle celebrazioni
previste dalla liturgia, ha luogo la cerimonia della tavula. Nei locali
dell’oratorio viene imbandita una tavola con dodici posti, con cibi di
particolare valore rituale, come arance e finocchi. Questo cibo viene
distribuito dal prete a dodici fra ragazzi ed anziani in abiti rituali.
I lamentatori si dispongono ai lati della tavula ed eseguono alcune
parti, tra le quali Giuda e Pange lingua. Successivamente, in chiesa, ha
luogo l’Adorazione: il prete legge ad alta voce alcuni passi tratti dai
Vangeli che riguardano la Passione, intervallati da alcune parti dei
lamenti eseguiti dai cantori che sono disposti in fondo alla chiesa, lateralmente rispetto all’altare maggiore.
Il Venerdì Santo è il giorno in cui si svolgono gli eventi rituali più
importanti. Nel primo pomeriggio sul sagrato della chiesa vengono
preparate le vare: una grossa urna di vetro contenente un’effige che
rappresenta Gesù morto e una statua raffigurante la Madonna
Addolorata, con il mantello nero. Ad una certa ora, i lamentatori, divisi in gruppi, o squadre, intonano il Popilu me che segna l’inizio della
processione.
Due diversi cortei si muovono per le vie del paese. I lamentatori,
una squadra per corteo, precedono i fedeli, eseguendo diverse parti. I
due cortei convergono in un punto, dove il prete tiene una breve omelia.
Quindi si fondono in uno che muove in direzione del Calvario,
luogo sacrificale della comunità posto fuori dal paese, dove la statua
di Gesù viene crocifissa, mentre quella della Madonna viene portata
Le polifonie di Montedoro
63
all’interno di una cappella dove riceve l’omaggio delle donne del
paese che recitano rosari e cantano brani tradizionali in dialetto.
Per tutto il resto del pomeriggio i montedoresi si recano in forma
privata al Calvario a rendere omaggio alle due statue.
Intorno alle venti, la gente si ritrova davanti alla chiesa per dar vita
ad una nuova processione. Ancora una volta è l’esecuzione di una
parte (il Popilu me) che dà inizio al corteo. Questo si muove subito in
direzione del Calvario trasportando l’urna di vetro vuota. Al passaggio, sui balconi delle case, vengono accese delle luci, mentre molti
fedeli portano delle torce accese. All’arrivo al Calvario ha luogo la scinnenza.
La statua di Gesù viene schiodata dalla croce, cosparsa di profumi
e nuovamente esposta dentro l’urna, mentre la statua dell’Addolorata
viene portata all’esterno.
Ha inizio così una nuova azione processionale: le due statue vengono trasportate l’una accanto all’altra per le vie del paese, fino al sagrato della chiesa.
Tutta la lunga processione è accompagnata dai lamenti, eseguiti
questa volta da una sola squadra. All’arrivo davanti alla chiesa il prete
tiene una breve omelia e quindi i lamentatori intonano una parte (generalmente Voi che versati lacrime) che segna la fine della processione.
La cerimonia dell’incontruche si svolge la Domenica di Pasqua conclude tutte le celebrazioni. Ai lati della piazza si dispongono, l’una di
fronte all’altra, due nuove statue, quella di Gesù Risorto e quella della
Madonna dell’incontru (quest’ultima è una grande icona di legno in
custodia da due famiglie del paese).
Le due statue hanno davanti al viso un telo rosso in maniera che,
nonostante si fronteggino, non si “vedano”. Ad un certo punto un
bambino, che impersona San Giovanni, percorre tre volte la piazza
muovendo dalla statua di Gesù a quella della Madonna, e viceversa.
Quindi, abbassati i teli, le due statue vengono condotte, a spalla,
l’una verso l’altra fino al centro della piazza dove vengono avvicinate
fino a toccarsi, azione questa che rappresenta u baciu. Successivamente
una nuova processione si snoda per le vie del paese con le due statue
condotte insieme fino alla chiesa dove vengono ritualmente introdotte
e disposte ai piedi dell’altare maggiore per lo svolgimento della messa
conclusiva. Nel corso delle celebrazioni della Domenica di Pasqua non
vengono eseguiti i lamenti né altre forme di canto se non quelle previste dalla liturgia, da eseguirsi dentro la chiesa.
64
Ignazio Macchiarella
Come si può evincere dalla descrizione dei riti, i lamenti sono una
componente di fondamentale importanza delle azioni rituali in quanto svolgono funzioni di individuazione e segnalazione della situazione festiva, sonorizzazione degli spazi processionali e commento della
situazione narrativa rappresentata attraverso il rito.
Essi, inoltre, rappresentano un elemento catalizzatore dell’attenzione della comunità per tutto il periodo festivo. Negli scenari rituali la
pratica polifonica qualifica gli spazi del sacro e regola le durate degli
eventi, scandendone i ritmi.
L’esecuzione ha luogo raramente in movimento ma quasi sempre
durante le pause dello svolgimento del corteo. Anzi sono proprio i
lamenti a scandire le durate delle pause e quindi il ritmo stesso della
processione. Il momento di massima intensità espressiva si ha sempre
in coincidenza con la cerimonie che si svolgono al Calvariu, quando si
registrano esecuzioni esplicitamente connotate di solennità, senz’altro
le più accurate dell’intero arco festivo.
In conclusione, segnalo che i lamenti montedoresi, così come altri
materiali tradizionali di questo tipo hanno precisi e documentati rapporti con il falsobordone, tecnica di canto polifonica, derivata dalla
pratica orale, e documentata da fonti scritte a partire dalla fine del XV
secolo.
I testi verbali in latino provengono dalle fonti ecclesiastiche precedenti il concilio Vaticano II: esse non vengono pienamente comprese
da esecutori (e dai fedeli) e mantengono una sorta di aura di mistero
analoga a quella della figura del Cristo – che muore e risorge – a cui di
norma vengono indirizzate le parti con testo in latino.
Le polifonie di Montedoro
65
Le vignette di Corrado Cristaldi
Corrado Cristaldi, flautista, docente di educazione musicale nella scuola media
67
Prof. Sergio Mangiavillano
Studioso
L’armonia che temperi
e discerni
L’ineffabile tra musica e poesia
nella Divina Commedia
Il rapporto tra Dante e la musica è molto più complesso di quanto non
appaia a un sommario approccio alla lettura della sua opera e, in primo
luogo, della Divina Commedia. La critica dantesca si è soffermata ad analizzare tale rapporto soprattutto nella terza cantica, il Paradiso, laddove la
musica è equiparata alla poesia per esprimere l’ineffabile e le immagini
musicali si manifestano più attraverso il movimento che i suoni.
Per la cultura del Medioevo, e quindi anche per Dante, la presenza di
una materia dotata di moto circolare ed eterno, il cosiddetto quinto elemento o etere, giustifica l’esistenza di una musica celeste derivante dal
perpetuo volgersi dei pianeti. Il termine, che ricorre in due luoghi della
Commedia, etera tondo (Paradiso XXII 132) e l’etera addorno (Pd XXVII 70),
secondo Andrea Mariani passa, per traslato, in Dante dal significato di
“materia celeste” a quello di cielo1.
In senso più strettamente tecnico, Sapegno lo definisce “la materia
purissima e incorruttibile di cui sono composti i cieli mobili”2. Secondo
Husserl, per il quale la fenomenologia è una scienza eidetica, cioè di
essenze, non di dati di fatto, la riduzione eidetica depura i fenomeni psicologici delle loro caratteristiche empiriche riconducendoli sul piano
della generalità essenziale.
1 A. Mariani, Enciclopedia Dantesca, Vol.VIII, Biblioteca Treccani, Milano, 2005, p.
578.
2 Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, a cura di Natalino Sapegno La
Nuova Italia, Firenze, 1997, p .285.
68
Sergio Mangiavillano
Ne consegue che l’immagine eidetica è la percezione di cose non presenti, nitida come un’allucinazione, ma della cui natura puramente mentale il soggetto è consapevole.
L’armonia delle sfere è la struttura eidetica dell’universo dantesco,
paradigma di riferimento per il riconoscimento di un disegno di ordine
immanente, il cosmo.
Nella trattatistica medievale, la concezione della musica, che affonda
le sue radici in Pitagora, ha un significato più ampio rispetto all’impiego
che se ne farà in età moderna. La teoria dell’armonia delle sfere era il portato degli studi aritmetici, geometrici, astronomici, non a caso interdipendenti nel pensiero di Pitagora, confluiti nel quadrivio medievale, all’interno del quale S.Tommaso dà questa definizione dell’ars musica: “Musica considerat sonos non in quantum sunt soni, sed in quantum sunt
secundum numeros proportionales.”(Commento Boeht. De Trinitate).
Nel contesto quadriviale la musica si pone come una delle strade per
accedere alla conoscenza del mondo, ordinato, appunto, secondo uno
schema matematico.
Dante conosceva il De institutione musica di Boezio e condivideva l’attribuzione dell’importanza della musica alle discipline del quadrivio
quale via da percorrere per apprendere e scorgere la divina matematica
nell’opera della creazione. Secondo Boezio, aritmetica, musica, geometria, astronomia, sono methodoi per imparare a trascendere il mondo fisico della percezione sensoriale. Il tale quadro – osserva Chiara Richelmi
nel suggestivo saggio Circulata melodia – L’armonia delle sfere nella
Commedia di Dante – “la musica permette di cogliere il disegno ordinato
che sottende l’ordine provvidenziale dell’universo, una chiave essenziale per interpretare l’armonia segreta di Dio e della natura in cui l’unico
elemento dissonante è il male che si annida nel cuore dell’uomo3”.
L’immagine di Dio musicista si manifesta a Dante, all’ingresso del
Paradiso, nel momento in cui egli è attratto dalla musica che promana
dalle sfere celesti, da Dio accordate e modulate, differenziata da un cielo
all’altro, come sostenuto dalla dottrina cosmologica di origine platonica,
diffusa nelle scuole filosofiche del Medioevo:
Quando la rota che tu sempiterni
desiderato, a sé mi fece atteso
3 Pubblicato nel sito di Gianfranco Bertagni In quiete.
L’armonia che temperi e discerni
69
con l’armonia che temperi e discerni,
parvemi tanto allor del cielo acceso
de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
lago non fece alcun tanto disteso.
(Paradiso I - versi 76 - 81)
È lo stesso Dio musicista che, all’inizio del canto XVIII, impone il
silenzio alla melodiosa lira dei beati e fa fermare le sante corde della lira
da lui temperate:
Benigna volontate in che si liqua
sempre l’amor che drittamente spira
come cupidità fa ne l’iniqua,
silenzio puose a quella dolce lira,
e fece quietar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
(Paradiso XV - versi 1-6)
Il coro dentro la croce di Marte, con una grande metafora coerente con
la similitudine del canto precedente, ai vv. 118-120, richiama l’immagine
dell’armonia cosmica in cui i disegni divini si realizzano come musica
dell’universo:
E come giga e arpa,in tempra tesa
di molte corde, fa dolce tintinno
a tal da cui la nota non è intesa
Gli esegeti di Dante hanno notato che, nel cielo di Marte, la musica
orchestrata ha un particolare significato dal momento che il poeta
aveva sostenuto che lo cielo di Marte si può comparare a la Musica per due
proprietadi: l’una si è la sua più bella relazione, chè […] da qualunque si
comincia o da l’infimo o dal sommo, esso cielo di Marte è lo quinto, esso è lo
mezzo di tutti […]. L’altra si è che esso Marte […] dissecca e arde le cose […].
E queste due proprietadi sono nella Musica, la quale è tutta relativa, sì come
si vede nelle parole armonizzate e ne li canti, de’ quali tanto più dolce armonia resulta , quanto più la relazione è bella. […] . Ancora, la Musica trae a sé
li spiriti umani, che quasi sono principalmente vapori del cuore […] sì è l’anima intera quando l’ode, e la virtù di tutti quasi corre a lo spirito sensibile che
riceve lo suono.
(Convivio, II, XIII, 20-24)
70
Sergio Mangiavillano
È molto probabile che Dante conoscesse gli elementi tecnici della
musica, come è attestato da Giovanni Boccaccio, sia perché essa era inserita nel percorso formativo quadriviale, sia perché nella sua opera troviamo spesso riferimenti a fatti e a termini specifici e molti strumenti musicali sono richiamati con precisione.
A parte la lira, l’arpa e la giga, già citate,
- la cetra “ E come il suono al collo della cetra”- (Paradiso XX -22),
- la cennamella “né già con sì diversa cennamella”(Inferno XXII -10),
- il corno “ma io senti’ sonare un alto corno”, (Inferno XXX - I 12),
- l’organo “quando a cantar con organi si stea”(Purgatorio IX - 144),
- la sampogna “de la sampogna vento che penetra”,(Paradiso XX-24),
- la tuba “ove sentia la pompeana tuba”, (Paradiso VI -72).
Non si può, invece, affermare con sicurezza se le melodie che il poeta
conosceva siano le stesse di quelle che sono arrivate sino a noi.
Per talune antifone, rimaste ancora oggi vive nella pratica liturgica, la
risposta è affermativa; ad esempio, il versetto 9 del salmo 50, il Miserere,
Asperges me hyssopo, et mundabor, lavabis me, et super nivem dealbabor.
Dante è nel paradiso terrestre, vicino all’altra riva del Lete, la beata
riva, quella della beatitudine, dove ode cantare il salmo così dolcemente
che non solo non riesce a descriverlo, ma nemmeno a ricordare il
Miserere, il più famoso dei canti penitenziali, dei quali il coro angelico
intona il passo dell’aspersione con l’issopo, pianta usata nei riti di purificazione:
Quando fui presso a la beata riva
‘Asperges me’ si dolcemente udissi
che nol so rimembrar, non ch’io lo scriva.
(Purgatorio, XXXI-versi 97-99)
Dante nel De vulgari eloquentia sostiene che la poesia è fictio retorica
musicaque posita. Aurelio Roncaglia – richiamato da Claudia Di Fonzo afferma che la nozione medievale di musica è “non l’attività pratica di far
musica…ma soprattutto una disciplina teorica, la scienza dei rapporti
proporzionali. Dante non ha inteso mai parlare di Musica nel senso specializzato, ma come pura musicalità del discorso poetico.4” Vale la pena
4 C. Di Fonzo, Della musica e di Dante: paralipomeni lievi, in Scritti in onore di F.
Mazzoni offerti dagli allievi fiorentini, Firenze, Pubblicazioni della SDI, 1998, pp. 47-61.
L’armonia che temperi e discerni
71
ricordare che un grande critico e filologo, Gianfranco Contini, ha sostenuto, al contrario, l’opportunità di disgiungere la poesia dalla musica,
affermando che la superiorità dei siciliani sui poeti provenzali sta proprio nell’averle separate. Accennavamo prima all’influenza esercitata su
Dante da Boezio, il quale distingue tra musica mondana, umana e strumentale, quest’ultima a sua volta divisibile in armonica, ritmica e metrica, come espressione della complessione interna dell’anima. La musica
mundana può essere scrutata nel cielo ed è quella che Dante nel Convivio
paragona al cielo di Marte per le armoniose relazioni numeriche; la musica humana, invece, richiede che ci si immerga in sé stessi, è una musica de
interiore homine, generata dall’armonia interna, allorchè spira amore,
come le nove rime che Bonaggiunta Orbicciani attribuiva a Dante e in relazione alle quali il poeta dà questa spiegazione:
E io a lui: “I’ mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch’e’ ditta dentro vo significando”
(Purgatorio, XXIV - versi 52-54)
C’è una similitudine significativa nel Paradiso (XX, versi 22-30):
E come suono al collo della cetra
prende sua forma, e sì come al pertugio
de la sampogna vento che penetra,
così rimosso d’aspettare indugio,
quel mormorar de l’aguglia salissi,
su per lo collo come fosse bugio
dove musica, canto, dialogo hanno la medesima ragione divina e le parole sono dettate/impresse nel cuore con variatio complicata tra parole e
suoni.Tutta la Commedia ha un impianto musicale derivante dal presupposto che la musica è una componente intrinseca dell’anima umana. La
prima cantica, l’Inferno, è, per così dire, una non musica, in quanto regno
del caos, della dannazione, dell’assenza della luce divina, dove le leggi
delle tre categorie musicali sono sovvertite da suoni aspri, disperati,
bestiali, osceni. Sono pochi i passi dove c’è un richiamo al suono, piuttosto che alla musica e tutti caratterizzati da un’atmosfera greve e cupa. Il
canto degli stormi delle gru simile al lamento dei lussuriosi:
E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aer di sé lunga riga,
così vid ‘io venir, trendo guai,
72
Sergio Mangiavillano
ombre portate dalla della briga;
(Inferno, V - versi 46 -49)
Gli indovini, nella quarta bolgia dell’ottavo cerchio, avanzano
tacendo e lacrimando, al passo
che fanno le letane in questo mondo.
(Inferno, XX- versi 8-9
Le ombre livide sono immerse nella Caina “mettendo i denti in nota di
cicogna.” (Inferno, XXXII verso 36). Nota - chiosa il Buti - “tanto è quanto
segno di canto, e però si può pigliare per lo canto.”
Altri passi richiamano rumore e non musica, cioè disarmonia, come il
tumulto del vestibolo infernale:
Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle.
(Inferno, III - versi 25 -27)
o i forti lamenti che si sentono nella selva dei suicidi:
Io sentia d’ ogne parte trarre guai
e non vedea persona che ‘l facesse;
perch’io tutto smarrito m’arrestai.
(Inferno, XIII- versi 22 - 24)
o il latrato delle cagne che inseguono gli scialacquatori:
Noi eravamo ancora al tronco attesi,
credendo c’altro ne volesse dire,
quando noi fummo d’un romor sorpresi
similemente a colui che venire
sente ‘l porco e la caccia a la sua posta,
ch’ode le bestie, e le frasche stormire.
(Inferno, XIII -versi 109 -114)
dove gioca un’importante funzione la figura fonica onomatopeica attraverso l’uso delle molte sibilanti. “E tuttavia l’intero Inferno – scrive
Raffaello Monteresso – esattamente al pari delle altre cantiche, appare
strutturato sotto il simbolo e le leggi della musica. Il frequente ricorrere
di numeri mistici o simboli, da cui tutta la composizione dell’opera dantesca appare influenzata, ricade infatti sotto la concezione generale del
L’armonia che temperi e discerni
73
ritmo musicale, cui Dante riserba non rare allusioni. La musica mundana,
secondo la testimonianza del già citato Hieronimus de Moravia, può
consistere, oltre che nel moto delle stelle, anche “in numero, in mensura”, allo stesso modo che la musica humana può essere ricercata nell’anima: alia in potentiis, ut ira, ratio; alia in virtutibus, ut iustitia, fortitudo5.”
Profondamente diversa si presenta la situazione nel Purgatorio dove,
attraverso la musica instrumentalis, le anime sono a poco a poco restituite al loro stato primigenio e si accordano come uno strumento musicale
al suono della musica universale, consentendo alla musica humana di tornare a regnare incontrastata. Tutta la cantica ha come sfondo suoni e inni
gradevoli, sino alla sommità del monte dove si realizza il completo raggiungimento della emendatio animae e gli spiriti trovano finalmente un
accordo con sé stessi, governati dalla musica mundana. Pertanto i riferimenti musicali presenti nella seconda cantica debbono essere considerati in tale prospettiva: le citazioni musicali hanno un valore etico. “La trattatistica classica – osserva Raffaello Monteresso – aveva a lungo insistito
sull’aspetto catartico del fenomeno musicale, sino a postulare effetti speciali sulla psiche dell’individuo per opera delle varie ‘armonie’ o modi di
cui la musica greca era costituita. La musigrafia medievale riprese l’argomento, in particolare per quanto riguardava l’etica degli otto modi cosiddetti ecclesiastici.
Ancora Boezio (De Musica I,1) puntualizza che musica non modo speculationi, verum etiam moralitati coniuncta.6”
Proprio in tale prospettiva, dentro un processo di purificazione,
vanno interpretati i canti intonati dalle anime del Purgatorio. È il caso del
canto II, quello di Casella, in particolare il riferimento all’amoroso canto /
che mi solea quetar tutte mie doglie (107 -108). Mentre Dante e Virgilio si trovano sulla spiaggia dell’Antipurgatorio, arriva dal mare aperto una
barca splendente di luce bianca, piena di anime che cantano in coro il
salmo In exitu Israel de Aegypto
‘In exitu Israel de Aegypto’
cantavan tutti insieme ad una voce
con quanto di quel salmo è poscia scripto.
(Purgatorio, II - versi 46-48)
5 R. Monterosso, Enciclopedia Dantesca, vol.XI, cit., p. 493.
6 R. Monterosso, ibidem
74
Sergio Mangiavillano
Una di esse riconosce Dante: è Casella, musico fiorentino, il quale, sollecitato dall’amico, intona con note dolcissime la canzone di Dante Amor
che nella mente mi ragiona.
Gli astanti, Virgilio compreso, ascoltano incantati, dimenticando ciascuno di attendere ai propri compiti.
Arriva Catone che li rimprovera per la loro negligenza: nel luogo nel
quale si trovano non possono indugiare in gioie terrene. Non è questa la
sede per approfondire i complessi aspetti di questo episodio; basti dire soltanto che il verso intonato dal musico è l’incipit della canzone che apre il
terzo trattato del Convivio, non sappiamo de davvero musicata da Casella.
In essa la donna cantata è la Filosofia, ma adesso il poeta ha chiaro più
che mai che il sapere filosofico, da solo, non può portare alla verità e che,
senza l’appoggio della Grazia, la mente umana avrebbe peccato di presunzione e avrebbe sempre fallito nella sua ricerca.
Osserva Amilcare Iannucci: “Il canto può contenere una doppia palinodia: Dante rinnega non solo il testo e le sue implicazioni, ma anche un
principio estetico…La sua nuova poesia comporta una dimensione etica
e deve produrre non un effetto statico, ma cinetico…La sua funzione è
quella di dirigere la volontà verso Dio, non di trattenerla nella contemplazione della bellezza per se stessa.7”
La musica è adoperata per rendere più efficace il pentimento delle
anime; di qui la partecipazione al canto corale o solistico, a cominciare
dal salmo 113 In exitu Israel de Aegypto.
Il Purgatorio è il regno del canto, dell’armonia ritrovata e i salmi che
vengono cantati durante il tempo della traversata ricalcano gli antichi
vespri della domenica, i quali si concludevano con il gesto dell’angelo
nocchiero che “fece il segno lor di santa croce”.
Per Iannucci il salmo 113 è un esempio di musica mundana, cioè musica cosmica creata da Dio per accordare l’universo, fusa con la musica
humana, il canto.
Gli altri canti sono Te lucis ante terminum nella valletta dei principi:
‘Te lucis ante’ sì devotamente
le uscio di bocca e con sì dolci note
7 A. Iannucci, Musica e ordine nella “Divina Commedia”, (Purgatorio II), in (a cura
di G.C. Alessio, R. Hollander,) Studi americani su Dante, Franco Angeli, Milano,
1989, p. 109.
L’armonia che temperi e discerni
75
che fece me a me uscir di mente
e l’altre poi dolcemente e devote
seguitar lei per tutto l’inno intero
avendo li occhi a le superne rote.
(Purgatorio,VIII versi 13-18)
I golosi, piangendo, cantano il salmo 50, il Miserere, intonato da
Davide penitente; viene riportata la parte iniziale del versetto 17 Domine,
labia mea aperies et os meum adnuntiabit laudem tuam (XXIII 10– 12).
Ed ecco piangere e cantar s’udie
‘Labia mea, Domine’ per modo
tal, che diletto doglia parturie.
(Purgatorio, XXIII versi 10– 12)
Nel canto XXVII (vv. 8 – 9) l’angelo che sta fuori dalla settima cornice
canta la sesta beatitudine evangelica (Matteo, 5 – 8) Beati mundo corde,
quoniam ipsi Deum videbunt.
Infine, nel Paradiso terrestre, là dove tutto è canto, c’è una dolce salmodia, il mesto coro delle quattro virtù cardinali e delle tre virtù teologali, personificate in sette donne che, a turno, intonano il salmo 78, lamento per la distruzione del tempio di Gerusalemme, il cui incipit è Deus,
venerunt gentes in hereditatem tuam; polluerunt templum sanctum tuum:
Deus, venerunt gentes,alternando
or tre or quattro dolce salmodia
le donne incominciarono, e lacrimando.
(Purgatorio, XXXIII - versi 1 - 3)
Nel Paradiso la musica, superando più che mai il dato tecnico, è il
riflesso dell’armonia dell’ordine del cosmo; trascende, perciò, l’intelletto
umano e le sue conoscenze.
Dante si limita ad esprimere approssimativamente ciò che significar
per verba non si poria e a proporre degli exempla, a cominciare di quello di
Glauco, servendosi di tutti gli strumenti retorici a sua disposizione.
Più che descrizione, la poesia del Paradiso è contemplazione; non a
caso, a conclusione della cantica, gli strumenti umani del linguaggio
sono insufficienti e l’unico modo per esprimere l’inesprimibile forma di
musica è il silenzio:
76
Sergio Mangiavillano
A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e il velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle.
(Paradiso, XXXIII - versi 142 – 145
“La sintesi di questi versi – scrive Bianca Garavelli – è di stupefacente intensità: anche nell’anima individuale si riproduce il moto dell’universo, il moto rotatorio delle sfere celesti che circondano la terra, dei Beati
che formano corone danzanti e inneggianti, dei cerchi angelici che ruotano eternamente attratti dal loro punto-Dio8”.
Pur non mancando un preciso riferimento alla musica mundana,
Quando la rota che tu sempiterni
desiderato, a sé mi fece atteso
con l’armonia che temperi e discerni
(Paradiso, I - versi 76 -78)
già richiamato, la maggior parte delle citazioni è complessa e allude a un
nesso non facile tra musica e simbolismo, come dire a un fenomeno strutturale interpretato musicalmente.
La similitudine di cui ai versi 124 – 126 del VI canto
Diverse voci fanno dolci note;
così diversi scanni in nostra vita
rendono dolce armonia tra queste rote
fa chiarezza: l’insieme dei beati in Paradiso è come un coro mistico di
santi e di monaci, e l’armonia dell’insieme non è affatto turbata dalla presenza di diversi gradi di vicinanza a Dio.
Viene richiamata la prima percezione sonora del pellegrino Dante
subito dopo l’ascesa alla sfera di fuoco: la novità del suono e il grande lume
(I, 82), ma qui Dante non allude a una musica vera e propria, bensì alla
circostanza che l’armonia che Dio instaura nei movimenti della sfera
celeste ha la medesima natura di quella che si diffonde tra le anime beate.
Allude, insomma, a un insieme polifonico, evocando una diversa qualità di armonie: una vocale, la musica instrumentalis, che si ode sulla terra,
8 Dante Alighieri, La Commedia, Paradiso, (a cura di Bianca Garavelli) Bompiani,
Milano, 1993, p. 495.
L’armonia che temperi e discerni
77
e un’altra, ineffabile e indescrivibile, riconducibile alla musica mundana
o, se si vuole, ancora più immateriale di essa, non risultante dal movimento delle sfere celesti, ma da un grado di beatitudine variamente
distribuito.
Del resto, nel Paradiso, le immagini musicali sono espresse più attraverso il movimento che non attraverso la sensazione auditiva.
Le citazioni da riportare sarebbero numerosissime; ci limitiamo ad
alcune.
Nella terzina
Così parlommi, e poi cominciò ‘Ave
Maria’ cantando, e cantando vanio
come per per acqua cupa cosa grave
(Paradiso, III 121 – 123)
prevale la dimensione musicale della parola, tesa a riprodurre l’armonia
del dissolvimento di Piccarda sulle note dell’ Ave Maria e “i suoni di a e i
di Maria - come ha rilevato Joan M. Ferrante – sono ripetuti in vanio per
creare l’impressione del canto che svanisce.9”
Le anime dei cielo del sole si dispongono a corona attorno a Dante e
a Beatrice, trasformandosi in circulata melodia e formando un duplice
giro:
Io vidi più folgor vivi e vincenti
far di noi centro e di sé far corona,
più dolci in voci che in vista lucenti:
così cinger la figlia di Latona
vedem talvolta, quando l’aere è pregno,
sì che ritenga il fil che fa la zona.
Ne la corte del cielo, ond’io rivegno,
si trovan molte gioie care e belle
tanto che non si posson trar del segno.
E ‘l canto di quei lumi era di quelle
chi non s’impenna sì che là su voli,
dal muto quindi aspetti le novelle.
Poi, sì cantando, quelli ardenti soli
9 J. M. Ferrante, Parole e immagini nel “Paradiso”: riflessi del divino, in Studi americani su Dante, cit. p.212.
78
Sergio Mangiavillano
si fur girati intorno a noi tre volte,
come stelle vicine a’ fermi poli,
donne mi parver, non di ballo sciolte,
ma che s’arrestin tacite, ascoltando
fin che le nove note hanno ricolte.
(Paradiso, X versi 64 - 81)
La suggestione fonica della parola ricompare nella descrizione del
meccanismo dell’orologio, le cui parti sembra si tirino e si spingano a
vicenda dando origine a un armonioso insieme, simile al movimento
cantato dalla gloriosa nota del quarto cielo:
Indi, come orologio che ne chiami,
ne l’ora che la sposa di Dio surge
a mattinar lo sposo perché l’ami,
che l’una parte e l’altra tira e urge,
tin tin sonando con sì dolce nota
che il ben disposto spirto d’amor turge;
così vid’io la gloriosa rota
muoversi e render voce a voce in tempra
e in dolcezza ch’esser non po’ nota
se non colà dove gioir s’insempra.
(Paradiso, X -versi 139-148)
“Alto e solenne come un preludio di Bach l’inizio del canto; dolce e
carezzevole come una melodia belliniana il finale (vv;139-148) Dante è
qui, come al principio, l’artista inesauribile che sente squisitamente il
giuoco delle luci, gli effetti del chiaroscuro”, ha scritto Luigi Fassò10.
In Paradiso i movimenti e il ritmo, del canto e della danza, sono perfettamente sincroni nei canti dedicati alla Trinità, ad esempio nel XIV 28
– 33, dove l’insistere sulla triplicità dell’intonazione assume un valore
simbolico ancora più intenso, come nei versi già citati 26 – 33 del canto
XIV. All’arpa e alla giga del canto XIV abbiamo già accennato.
Cacciaguida, nel cielo di Marte, dimostra anche le sue capacità d’arti10 L. Fassò, Il canto X del Paradiso, in G. GETTO, Lettura dantesche, vol. III Paradiso,
Sansoni, Firenze, 1965, p.1561.
L’armonia che temperi e discerni
79
sta, muovendosi con le altre luci:
Indi, tra l’altre luci mota e mista,
mostrommi l’alma che m’avea parlato
qual era dei cantor del cielo artista.
(Paradiso, XVIII - versi 49 – 51)
L’aquila
roteando cantava, e dicea “Quali
son le mie rote a te, che non le intendi,
tale è il giudicio eterno a voi mortali.”
(Paradiso, XIX - versi 97-99)
Gli angeli, nel trionfo della Vergine (Paradiso, XXIII-versi 97-111) intonano una circulata melodia:
Qualunque melodia più dolce suona
qua giù e più a sé l’anima tira
parrebbe nube che squarciata tona,
comparata al sonar di quella lira
onde si coronava il bel zaffiro
del quale il cielo più chiaro s’inzaffira.
“Io sono amore angelico che giro
l’alta letizia che spira dal ventre
che fu albergo del nostro disiro;
e girerommi, donna del ciel, mentre
che seguirai tuo figlio, e farai dia
più la spera suprema perché li entre”.
Così la circulata melodia
si sigillava e tutti li altri lumi
faceano sonare il nome di Maria.
Melodia e lumi, musica e luce: Dante è, nel Paradiso – scrive Franco
Ferrucci –“narratore di un’azione scenica; come chi raccontasse le esperienze vissute durante una straordinaria serie di rappresentazioni alle
quali – privilegiato fra tutti i mortali – egli ha avuto la fortuna di assistere…il reame paradisiaco lascia a Dante una sola possibilità espressiva: il
11 F. Ferrucci, Il poema del desiderio. Poetica e passione in Dante, Leonardo, Milano,
1990, pp.205-206.
80
Sergio Mangiavillano
balletto figurativo e musicale, l’opera sacra come melodramma11”.
S. Pietro benedice Dante cantando e girando tre volte intorno a lui:
così, benedicendomi cantando,
tre volte cinse me, sì com’io tacqui,
l’appostolico lume al cui comando
io avea detto: sì nel dir li piacqui.
(Paradiso, XXIV-versi 151 – 154)
Nel canto XXV (versi 97 – 99) le corone danzanti dei beati intonano il
salmo Sperent in te; l’arcangelo Gabriele canta Ave Maria, gratia plena
(XXXII verso 95).
Tali citazioni (che sono solo un campione) documentano la rilevanza
del fatto musicale nella Divina Commedia, oltre che sotto l’aspetto uditivo,
anche come emanazione di un movimento che è esso stesso musica in
quanto parte costitutiva del moto dell’universo. Nota Raffaello
Monterosso: “Un moto, tuttavia, da non intendersi solo come traslazione
nello spazio, ma come anelito a raggiungere il porto per lo gran mar dell’essere (Par., I, 113), a conseguire il fine ultimo dell’esistenza: compito
supremo che è gioia, che provoca gioia e che quindi si estrinseca nella più
immateriale delle sensazioni, la musica.12”
Melodia in Dante assume talora il significato di canto corale; altre volte
ha un significato più complesso dell’omofonia, indicando un canto formato da una moltitudine di voci esprimentisi in veste polifonica, in stile
contrappuntistico, che diventa più complesso nel canto XXVIII versi 115120, laddove la gerarchia angelica costituita da Dominazioni, Virtù e
Potestà intona un perpetuo Osanna con tre melodie:
L’altro ternaro, che così germoglia
in questa primavera sempiterna
che notturno Ariete non dispoglia,
perpetualemente “Osanna” sberna
con tre melode, che suonano in tree
ordini di letizia onde s’interna.
Con una melodia si chiude la Commedia, cioè con la visione di Dio,
della Trinità in tre cerchi concentrici:
12 R. Monterosso, Enciclopedia Dantesca, vol XI, cit., p. 495.
L’armonia che temperi e discerni
Quell’uno e due e tre che sempre vive
e regna sempre in tre e ’n due e ‘n uno
non circoscritto, e tutto circoscrive,
tre volte era cantato da ciascuno
di quelli spirti con tal melodia,
ch’ad ogni merto saria giusto muno.
(Paradiso, XIV – versi 28-33)
81
“Nel caso di questa melodia – scrive Claudia Di Fonzo – di musica si
tratta, di quella forma di conoscenza che per Hildegard von Bingen sconfinava nella mistica.
“Peccato che Dante non conoscesse Bach”13.
13 C. Di Fonzo, cit., p. 61.
Information and Comunication Technology for University
Progetto Afam – CL – On-Line
Il Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e
l'innovazione tecnologica ha approvato il progetto dell’Istituto per la realizzazione di una rete Wi-Fi e per l’avvio di servizi on-line di tipo amministrativo e didattico. Il piano proposto dall’Istituto “V. Bellini” di
Caltanissetta nell’ ambito dell’ iniziativa ICT4 University - Afam Wi-Fi, è
stato esaminato da una Commissione del Dipartimento e si è collocato
al 14° posto fra una cinquantina di progetti presentati a livello nazionale. Con Afam – CL – On-Line, questo è il nome del progetto presentato
dall’Istituto Bellini, sono state create aree di copertura wi-fi nelle zone ad
accesso pubblico più frequentate, nel teatro e in alcune aule da destinare ad attività informatiche e di comunicazione. Tale rete di connettività
senza fili consentirà a studenti, docenti e personale amministrativo la
navigazione in Internet, l’utilizzo degli strumenti formativi e informativi
resi disponibili dall’Istituto stesso e, in generale, l’accesso in loco alle
risorse del web. La realizzazione del nuovo sito prevede inoltre aree
riservate finalizzate alle iscrizioni, prenotazioni esami, biblioteca, consultazione dati, servizi di certificazione e tutto ciò che potrà rendersi
disponibile ed utile per l’interazione a distanza fra Istituto e utenza esterna. Particolarmente innovativa sul piano dell’offerta formativa sarà, inoltre, la sperimentazione di attività e-learning pe r la formazione a distanza con l’ avvio di corsi da erogare interamente on-line o in modalità
mista distanza-presenza, compatibilmente con le specificità tecnico-artistico-culturali della didattica istituzionale. Il progetto, finanziato per il
60% dal Ministero, costituisce un’importante opportunità, per l’Istituto
e per il territorio della Provincia di Caltanissetta, di partecipazione al processo generale europeo di innovazione tecnologica.
83
Prof. Fabrizio Puglisi
Docente di Pianoforte - Istituto Superiore
di Studi Musicali “V. Bellini” Caltanissetta
Minuetto in Sol minore
di Johann Sebastian Bach
La rielaborazione pianistica* del Minuetto in Sol min. (dall’originale per
clavicembalo di J. S. Bach) risale al 2004. La ratio di tale lavoro è spiegabile
sotto vari aspetti: a) realizzare un adattamento teso a valorizzare le qualità
timbriche e tecniche del pf.; b) creare un’armonizzazione più aderente ai
tempi attuali, rispettando però scrupolosamente la linea melodica originale;
c) rendere possibile una fruibilità differente del brano (non limitandola quindi alle 4 mura domestiche e alle dita dei giovani studenti), grazie ad una esecuzione (in sala da concerto) che garantisca all’interprete maggiori possibilità di resa. A proposito dell’originale vorrei ricordare che l’attribuzione del
Minuetto, dopo studi recenti, ne ha assegnato a Christian Petzold la paternità: ciò non sorprende perchè è noto che nel “Notenbüchlein für Anna
Magdalena” Bach inserì molte composizioni non sue (fra gli altri Autori:
Stölzel, Couperin, etc.). La pratica della “rielaborazione” e della trascrizione
è ben nota: uno dei primi artefici fu proprio J. S. Bach (basti ricordare i suoi
“adattamenti” per clavicembalo e per organo dei Concerti di Vivaldi, B.
Marcello, Telemann, etc.). L’excursus storico, potrebbe proseguire con Mozart
[trascrizioni orchestrali del Messiah di Händel/K. 572 e cameristiche (per trio
d’archi) da Bach WTC/K. 405] ed arrivare a Liszt o a Busoni (ci si limita a
questo periodo). Colgo l’occasione per ringraziare il Dott. Bruno Rossi per
aver concesso la liberatoria ai fini della pubblicazione nel Trimestrale
dell’ISSM “V. Bellini” di Caltanissetta. Ringrazio anche il M° Angelo Licalsi
(Direttore del suddetto Istituto) per aver voluto l’inserimento di tale lavoro
nel numero d’esordio del medesimo trimestrale.
* La presente rielaborazione, prima della pubblicazione (Pizzicato Verlag
Helvetia – Adliswil/CH) è passata al vaglio di una Commissione preposta della S. I.
A. E. (sezione musica/Ufficio Tecnico Musicale
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Fabrizio Puglisi
Minuetto in Sol minore
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Corsi Accademici - Le Tesi
Riuscire a pubblicare i lavori più interessanti che i nostri studenti
hanno elaborato a conclusione del loro percorso formativo in ambito
accademico è per la nostra istituzione motivo di orgoglio e grande soddisfazione. L’impegno nell’approfondire figure, aspetti musicali poco
conosciuti o addirittura ignorati, attraverso adeguati studi e ricerche, va
senza ombra di dubbio premiato e i loro lavori pertanto debbono essere
portati a conoscenza e messi a disposizione della comunità come premessa per ulteriori studi ed approfindimenti.
La tesi redatta da Luigi Amico, a conclusione del Biennio
Sperimentale di 2° livello indirizzo compositivo interpretativo - Violino,
dal titolo “Aurelio Arcidiacono - Artista, Didatta, Compositore e Uomo
di Stato”, della quale sono stato relatore insieme al collega prof. Raffaello
Pilato - docente di Violino - mette in luce la figura di uno straordinario
Musicista/Didatta della nostra Sicilia del ’900, attraverso uno studio e
una ricerca condotta direttamente presso l’Archivio del M° Aureliano
Arcidiacono, messo a disposizione dai nipoti Alberto e Paolo Giacchino,
nonché, dalla loro diretta testimonianza.
Colgo l’occasione per ringraziare gli eredi del M° Aurelio Arcidiacono, ed in particolar modo Alberto e Paolo Giacchino, che hanno permesso a Luigi Amico di riscoprire un Musicista di grande spessore e di
tramandarlo alle nuove generazioni.
Il Direttore
M° Angelo Licalsi
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M° Luigi Amico
Violinista
Aurelio Arcidiacono
Artista, Didatta, Compositore
e Uomo dello Stato
“Io considero il vero artista un artigiano il quale sa meglio di
chiunque altro che se non è veramente impeccabile nel suo mestiere, non può offrire il proprio prodotto (vale a dire la sua arte) al pubblico. Se così non fosse egli non si sottoporrebbe quotidianamente
ad ore ed ore di lavoro e di studio.”
Aurelio Arcidiacono
Aurelio Arcidiacono nasce a Palermo il 2 luglio del 1915 in una famiglia numerosa che contava otto figli; solo tre di essi intrapresero gli studi
musicali, mossi dalla passione ereditata dal padre, musicista dilettante:
Provvidenza, detta Zina, eccellente pianista e didatta, un fratello tenore
e lo stesso Aurelio.
Aurelio inizia lo studio del violino all’età di 12 anni presso il Regio
Conservatorio di Musica “V. Bellini” di Palermo, dapprima nella classe
di viola e violino del Prof. Giuseppe Perna, completando gli studi sotto
la guida del Prof. Guido Ferrari1, la cui fama d’artista nobilissimo e di
esecutore brillante fa acuire l’importanza del suo insegnamento.
Della guida e degli ammaestramenti preziosi del M° Ferrari, che era
anche un validissimo insegnante, Arcidiacono ha tratto giovamento per
affinarsi e perfezionarsi insieme ai suoi compagni di corso, alcuni dei
1 Nel 1933 in seguito a concorso il M° Guido Ferrari entrò a far parte del Corpo
Docente del Conservatorio di Palermo.
88
Luigi Amico
quali sono diventati ottimi musicisti, tra i quali ricordiamo Elena
Beninati, Benita Romeo, Giuseppina Trombone, Umberto Fazzina.
Con Umberto Fazzina, agli inizi del 1930, Arcidiacono svolse un’intensa attività concertistica con un Quartetto completato da Giuseppe Di
Janni al 2° violino e Libero Aloisi al violoncello.
Presso il Conservatorio di Musica “Vincenzo Bellini” di Palermo si
diploma in Violino (4 ottobre 1937) e in Viola (12 ottobre 1938), sotto la
guida del M° Mario Pilati.
Il 21 giugno 1954, Arcidiacono completa, presso il Conservatorio di
Musica “Gioacchino Rossini” di Pesaro, gli studi di Composizione, iniziati a Palermo con il M° Lino Liviabella2.
Già nel 1931, ancora non diplomato, Arcidiacono inizia la sua brillante attività concertistica, con un repertorio tecnicamente impegnativo e
promuovendo anche autori contemporanei, come il M° Gaetano Croce,
del quale in quel periodo eseguì “Reverie op. 8” e “Tzigane op. 16” con
l’accompagnamento al pianoforte del M° Antonio Trombone.
Attività questa recensita su diverse testate giornalistiche locali, tanto
che, il 18 aprile 1933, fu invitato al Circolo della Stampa di Palermo a
tenere un concerto insieme ad altri due provetti musicisti: Ettore
Paladino (Violoncello) e Giuseppe Ruisi (Pianoforte).
Nasce cosi l’Arcidiacono concertista che continua negli anni Trenta
del secolo scorso ad eseguire un concerto dopo l’altro presso varie associazioni locali collaborando con numerosi musicisti: oltre ai pianisti
Gaetano Croce, Livia Giacchino, Ulpo Minucci, Riccardo Marini,
Antonina Acanfora, Filomena Longo, Liberia Ingegneros, Giuseppina
Marrone anche il soprano Gina Friscia e il tenore Pietro Milana.
Quest’ultimi accompagnati in vari concerti, con il quartetto completato
dal violinista Ugo Porzio, dal violista Salvatore Barone e dal violoncellista Alfredo Porzio.
Numerosi furono i concerti che Arcidiacono eseguì in Quartetto per il
Gruppo Universitario Fascista: quartetto formato da Umberto Fazzina
(violino), Salvatore Barone (viola) e Libero Aloisi (violoncello).
Concerti che, secondo un articolo del Giornale di Sicilia del 14 aprile
1936, “hanno fatto grande onore al G.U.F. di Palermo sapendosi classificare al
3° posto nei Littorali dell’Arte disputatisi in quel periodo a Venezia.”
2 Nel 1953, il M° Lino Liviabella assume l’incarico di Direttore del Conservatorio
di Pesaro.
Aurelio Arcidiacono
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Da ricordare il concerto dell’ 8 febbraio del 1936 al Dopolavoro
Armando Casalini, dove Aurelio Arcidiacono e Oreste Sinatra eseguirono in prima assoluta due loro composizioni, rispettivamente “Farfalle” di
Aurelio Arcidiacono e la “Sonata in Re maggiore “ di Sinatra.
Tra il 1937 e il 1940 la sua attività diventa sempre più intensa esibendosi anche alla viola, in quartetto con il suo insegnante Guido Ferrari (1°
violino), Umberto Fazzina (2° Violino) e Giuseppe Caminiti (violoncello)
ed in trio con Fazzina e Porzio.
Gli anni 40 - Il periodo d’oro
Ormai Aurelio è un affermato e ricercato esecutore ed è proprio in
questo periodo che nasce la sua collaborazione con il M° Lino Liviabella,
in quel periodo insegnante di composizione presso il Conservatorio di
Palermo.
Importantissima fu, alla “Rassegna sindacale di musica contemporanea” del 30 Maggio 1941, la prima esecuzione assoluta della “ Sonata in
un tempo per violino e pianoforte ” di Liviabella, con lo stesso autore al
pianoforte e al violino Aurelio Arcidiacono.
In quella occasione la stampa diede grandi apprezzamenti alle qualità tecniche ed espressive del violinista, soprattutto per la sua maniera
particolare di tirare l’arco che lo rendeva unico:
“Il violinista dalle lunghe arcate, si piega talvolta da parer che non un archetto egli faccia scorrere sulle corde , ma una gòmena, compresa l’ancora, tiri dall’alto in basso: sarà un nuovo vezzo dei violinisti del novecento! Ma è un signore del violino, non possiamo negarlo.”
Giglio di Roccia - Rassegna di Vita Siciliana – 1941
Per questa sua grande capacità interpretativa anche il M° Pietro Zara
chiese la sua collaborazione per l’esecuzione della sua composizione
“Serenata per sette strumenti ”.
Inizia la sua attività in orchestra come violista del Maggio Musicale
Fiorentino, dove nel 1939 vince il concorso per un posto vacante di viola.
Dal 15 Dicembre 1941 e fino al 1 Maggio 1962, è chiamato a ricoprire
il ruolo di I Viola della Orchestra sinfonica della Rai di Torino, della quale
il 17 Giugno del 1949 diventa componente del Consiglio Artistico
d’Orchestra.
Questa attività gli permise di conoscere personalmente molti artisti
90
Luigi Amico
che passarono per la RAI, tra i quali il grande violista Vadim Borissowski3, con il quale instaurò un grande rapporto di stima ed amicizia.
Borissowski gli chiese di scrivere una composizione per gli esami di
una sua allieva, Inna Monolova, per la quale egli scrisse le Variazioni su
tema del 24 capriccio di Paganini, per viola ed ensemble, di cui esiste una
registrazione della stessa Monolova.
Alla RAI conosce anche Hindemith che diresse più volte l’Orchestra,
e fu in una di queste occasioni che Arcidiacono lo andò a trovare in camerino facendogli ascoltare una delle sue sonate, alla fine della quale egli
molto severo gli disse :
“Io non posso più suonare le mie Sonate come le suona Lei”.
Hindemith affidò ad Arcidiacono la prima esecuzione della Sonata
op. 25 n. 1, a lui dedicata, avvenuta a Torino.
Inoltre lo stesso Hindemith lo raccomanda come solista esecutore del
suo Concerto per Viola e gli dedica, nel 1947, anche la Kammermusik N° 5.
Trasferitosi nel capoluogo piemontese inizia a collaborare con artisti
di alto livello come Beatrice Bertola (Arpa) e Silvio Clerici (Flauto), con i
quali diede origine ad un inconsueto e accurato complesso strumentale.
Per Arpa, Flauto e Viola non si dispone certo di un vasto repertorio,
anzi le composizioni originali scritte per questa formazione sono assai
rare, in compenso sono pagine molto pregevoli che impegnano il buon
gusto, la raffinatezza accurata, la sensibilità artistico-culturale dell’autore, e ne presumono, all’atto della composizione uno stato d’animo particolarissimo da cui scaturiscono brani affascinanti.
Ne consegue una necessità di altrettanto impegno e di qualità interpretative per gli esecutori.
“ È una musica che ha un mondo suo, un po’ aristocratica e un po’ pastorale, in cui la melodia ora ricama una fantasia ritmica o un gioco esile e superficiale, ora palpita in una nudità espressiva o in un più ampio respiro melanconico.
Con vivo piacere abbiamo rilevato tutti questi elementi nell’esecuzione del trio
Bertola (arpa), Clerici (flauto), Arcidiacono (viola)”
Il nostro tempo - 22 Maggio 1948
3 Borissowski in quel periodo era docente di viola presso il Conservatorio di
Mosca, nonchè violista del quartetto Beethoven, che collaborò con Sostacovich per la
realizzazione dei primi 10 Quartetti scritti appunto per questa formazione.
91
Aurelio Arcidiacono
Il periodo della Viola d’amore
Alla fine degli anni 40, Aurelio Arcidiacono
riscopre e riporta in auge la viola d’amore4. Nonostante le difficoltà tecniche che lo strumento presenta, in poco tempo diviene ottimo interprete del
repertorio di questo strumento in campo internazionale.
Invitato in tournee negli USA, è nominato socio
onorario e consigliere della “Viola d’amore Society
of America”, e successivamente Socio onorario dell’Internationalen Viola
Forschunggesclleschft di Strasburgo.
Dal 1945 molti sono i suoi concerti sia per la Rai Radio Italiana che per
Radio Zurigo, suonando da solista o come componente della Orchestra
Sinfonica della Rai di Torino, con programma per viola o nella maggior
parte dei casi per viola d’amore, sotto la direzione di Hans Von Benda, e
con la collaborazione di Leonardo Boari (Viola da gamba), Mario Salerno
(pianoforte), Ermelinda Magnetti (pianoforte), Alberto Bersone (pianoforte), Renato Russo (pianoforte), Giuseppe Broussard (pianoforte),
Alfredo Simonetto (pianoforte), Anna Maria Giacchino (clavicembalo).
Nel 1949 vince il concorso per il posto di prima viola sostituta presso
il Teatro alla Scala di Milano, e nel 1955 quello di prima viola a Genova.
Importante fu, agli inizi degli anni 50, l’attività concertistica svolta da
Arcidiacono con il Trio d’archi di Radio Rai Torino, insieme con Galeazzo
Fontana al violino e Luciano Piccoli al violoncello, ma anche le collaborazioni con la pianista Livia Paunita Giacchino e l’arpista Vera Vergeat, il
violinista Silvio Barelli, il flautista Arturo Danesin, la pianista Franca
Barelli.
Si riporta la recensione della rivista “Arte e Mondanità” di Palermo
del 26 marzo 1950:
“ Tanto Eliodoro Sollima che Aurelio Arcidiacono sono stati palesemente giu4 Strumento dal poetico nome e dal suono dolce e fascinoso, usato specialmente
nei secoli XVII e XVIII, occupa un posto a parte fra le molte viole antiche. Ha quattordici corde, e di conseguenza, il manico più lungo della comune viola. Le sette
corde sulle quali si suona sono disposte sopra la tastiera; le altre sette passano sotto
al ponticello e accordate all’unisono con quelle superiori vibrano per simpatia, producendo anche degli armonici e contribuendo a dare più rotondità e dolcezza ai
suoni.
92
Luigi Amico
dicati dei temperamenti musicali di primissimo ordine, degni in tutto di potere
affermarsi nell’agone concertistico e di onorare perciò Palermo e la nostra isola
dove hanno avuto i natali. Ciullo D’Alcamo.”.
Sempre in questo periodo esegue, per importanti associazioni5,
numerosi concerti con la viola d’amore in trio con Giovanna Giuliani
(arpa) e Arturo Danesin (flauto).
Nel 1951 è segnalato dal Sindacato Nazionale Musicisti, come concertista di viola d’Amore, per dei concerti nella stagione 1951-52.
Inizia in questo periodo anche una collaborazione con Anna Maria
Giacchino6 e il soprano Harry Berri Messerly, sempre con un repertorio
che contempla l’utilizzo della viola d’amore dal settecento al modernissimo Hindemith.
Interessante è anche la prima esecuzione assoluta con Giulio Gedda al
pianoforte della sua trascrizione per viola d’amore e pianoforte della
sonata di Stamitz e nello stesso concerto anche la prima esecuzione assoluta del trio per flauto, viola d’amore e pianoforte dello stesso Gedda,
con Arturo Danesin al flauto.
Importantissima anche la collaborazione con il violinista Virgilio Brun
e l’Orchestra da Camera del Collegium Musicum di Torino dalla quale
scaturì, tra le altre cose, la prima assoluta della “Sonata da chiesa” per
viola d’amore di Frank Martin (29 Aprile del 1953), e l’incisione per la
Decca de “La Passione secondo S. Giovanni ” di J. S. Bach7, sotto la direzione di Kurt Thomas.
Nel 1954 fonda la “Camerata Accademica Strumentale” con Anna
Bernt Bonotto (soprano), Bruno Martinotti (Flauto), Giulio Cesare Gedda
(pianoforte).
Come già detto, esegue numerosi concerti all’estero e principalmente
negli USA.
Nel 1955 fu invitato dal complesso cameristico dei Musici (del periodo di Asciolla) a collaborare per il ciclo concertistico 1955/56 con concer5 La Società del Quartetto di Vercelli, il Circolo del Mosaico di Torino, la Pro
Cultura Musicale di Lucca, l’Associazione Amici della Musica di Biella, il Circolo
Artistico Culturale del Tigullio “Rapallo”.
6 Da ricordare il Concerto del 3 Marzo 1953 all’ Hotel Mazzone di Caltanissetta
per conto dell’ Associazione Amici della Musica, facendo conoscere il repertorio per
viola d’amore di Hindemith, Barbera, Ariosti, Stamiz.
7 Scritta da Bach nel 1723 all’ età 38 anni, la prima delle 2 Cantate pervenute, ma
la meno eseguita.
Aurelio Arcidiacono
93
ti che lo portarono a fine Ottobre in Sicilia e dall’8 al 22 Novembre nel
resto d’Italia, in Germania e in Francia e, dal 7 Gennaio al 18 Marzo, negli
USA.
Sempre con lo stesso ensemble, dal 29 Aprile al 9 Maggio del 1956, fu
impegnato in due incisioni per la Philips.
La grande maestria raggiunta con la viola d’amore culmina con l’esecuzione della “Passione secondo S. Giovanni”, che aprì la stagione sinfonica 1955-56 della Radiotelevisione Italiana.
Per questa rara esecuzione integrale con strumenti originali dell’epoca dell’opera di Bach, ed eseguita solo tre volte dal 1945 al 50, Aurelio
Arcidiacono, insieme agli altri solisti, Giuseppe Alessandri (Viola d’amore), Leonardo Boari (viola da gamba), Rolf Rapp (liuto), Alberto Bersone
(cembalo), Enrico Lini (organo), ricevette grandissimi apprezzamenti
dalla stampa.
Particolarmente importante fu questa stagione sinfonica della Rai,
grazie alla quale Aurelio Arcidiacono ebbe la possibilità di conoscere illustri musicisti: i direttori d’orchestra Ackermann, Andrè, Basile,
Celibidache, Karajan. Leitner, Maazel, Rossi, Sanzogno, Vernizzi; i pianisti Arrau e Benedetti Michelangeli; i violinisti Ferraresi e Pelliccia; i violisti Primrose e Tosatti; i cellisti Rossi e Selmi; gli arpisti Aldovrandi e
Zalabeta; il flautista Martinotti; il cornista Ceccarossi.
Partecipò alla prima assoluta del concerto per arpa e orchestra di
Zafred, e alla prima esecuzione in Italia del concerto per viola e orchestra
di Milhaud.
Sempre ricercatissimo come esecutore alla viola d’amore, è diretto da
Hans Von Benda nello Der Zufriedengestellte Aeolus (Eolo pacificato) di
J.S.Bach.
La sua ricerca sul repertorio per viola d’amore lo porta a un singolare
e coraggioso progetto: dare vita ad un concerto per sole viole con musiche rarissime risalenti per lo più al 600, 500 e uno addirittura al 400, musiche che costituirono una preziosa antologia di documenti sulle origini
della musica strumentale, di autori come Berbigant (1491), Josquin Des
Pres (1503), Giovanni Bassano (1585), Adriano Banchieri (1607), Melchior
Frank (1604), Valentin Hausmann (1604), Giovanni Gabrieli (1608), eseguiti con la collaborazione di illustri violisti quali: Enzo Francalanci, Ugo
Cassiano, Luciano Moffa, e al violoncello Genunzio Ghetti.
Con il complesso d’archi di Genova e il Collegium Musicum di
Torino, eseguì da solista musiche vivaldiane delle quali fu ottimo interprete.
94
Luigi Amico
L’ultimo periodo della sua attività artistica
Trasferitosi a Roma, dal 2 Maggio 1962 al 1970, ricopre il ruolo di consulente musicale presso il centro di produzione della Rai e dove collabora, per la parte musicale, con prestigiosi registi del cinema e della televisione: Roman Vlad (per la produzione di Specchio Sonoro, Invito al
Valzer, La Fantarca), Blasetti (per la produzione dei suoi “Melocoton en
Almibar” e “Cellini”), Cottafavi (per la produzione della trasmissione
“Complotto” e il film “Cristoforo Colombo”), Zeffirelli, Majano, Bolchi e
numerosi altri, componendo anche musiche di scena.
Contemporaneamente ritorna a Palermo, esibendosi da solista con
l’Orchestra Sinfonica della città, sotto la direzione di Ottavio Ziino.
Dal 1972 al 1975, ricopre, il ruolo di direttore della A.GI.MUS
(Associazione Giovanile Musicale, sezione di Palermo), di Segretario
Regionale dello SMI ( Sindacato Musicisti Italiani), per la Sicilia, e nel
triennio 1974-1977, quello di membro del consiglio di Amministrazione
dell’Ente Autonomo del Teatro Massimo in rappresentanza dei Musicisti,
incarico che ebbe fino al 1981 quando ritornò a Roma.
Dal 1970 ai primi anni 80, continua la sua divulgazione della Viola
d’amore suonando:
- nel 1982 per la “ Viola D’Amore Society of America” e il dipartimento di musica della “Pittsburg State University department,
- nel 1986 presso il Centre for the fine arts/University of Wyoming, ed
avvicinandosi anche al repertorio Gaelico dei Celti di Scozia in un concerto in Campidoglio, a Roma, dove si trasferì momentaneamente.
Dal 1978 al 1984 fa parte della commissione giudicatrice del concorso
“Vittorio Veneto”.
Nel 1983, in occasione dell’ incarico di Direttore del Conservatorio di
Palermo8, ritornò nella sua città natia e, nel 1986, divenne Direttore Artistico dell’ Associazione “Risonanze” Associazione per la musica in Sicilia.
Arcidiacono e la famiglia Giacchino
Grande era in lui il senso della famiglia, valore sempre più rinforzato
dal suo incontro e successivo matrimonio con Maria Antonietta
8 Incarico che ricoprì fino all’Aprile del 1985
Aurelio Arcidiacono
95
Giacchino e quindi dal contatto con la famiglia Giacchino.
Maria Antonietta appartiene ad una famiglia in cui essere musicisti è
una tradizione e una nobiltà, a partire dal nonno e dal padre di Maria
Antonietta, musicisti per vocazione intima e prepotente, sebbene non
coronata da studi superiori, ai fratelli di lei Carmelo (compositore e contrabbassista), Oreste (violinista), Maria e Livia (pianiste).
Tutti musicisti di professione, i Giacchino costituiscono un vero casato artistico portato avanti oggi dai nipoti Paolo docente presso l’Istituto
Pareggiato “V. Bellini” di Catania, e Alberto docente presso il Conservatorio di Palermo, e, idealmente, dalla numerosa schiera dei valenti
concertisti, didatti e critici affermati, che attinsero all’arte della famiglia.
Il nonno paterno Carmelo Giacchino era suonatore di flauto nel paese
dove nacque e visse, Bivona, e trasmise la passione per la musica ai suoi
sette figli.
Il primogenito di Carmelo fu Gaetano, padre di Maria Antonietta,
dotato di un ottimo orecchio. Ben presto cominciò a suonare nella banda
del paese dove nel frattempo giungeva un anziano suonatore di trombone, tale Accardi Spotorno che, notando subito la grande musicalità di
Gaetano, lo spinse a partecipare ad un concorso per la banda municipale di Alcamo, che Gaetano vinse.
Lì conobbe Raffaele Caravaglios, affermato musicista, che fu per lui
un prezioso maestro e i cui insegnamenti, nel 1894, gli permisero di vincere il concorso per la Banda di Palermo.
Intanto erano nati il primogenito Carmelo, e gli altri figli Giuseppina,
Ignazio, Maria e Oreste.
Cosi spinto dalle nuove esigenze di famiglia, inizia a fare le riduzioni
di celebri pagine musicali per piccoli gruppi, suonando nei caffè-concerto (rinomate a Palermo erano la “Birreria Italia” e il “Caffè del Massimo”)
e noleggiando anche le sue riduzioni.
Inoltre, collezionava anche strumenti musicali.
Casa Giacchino arrivò a contenere, negli anni tra 1910 e il 1925, tre pianoforti, sette contrabbassi e moltissimi altri strumenti ad arco, a fiato ed
a percussione.
In questo ambiente, ebbe terreno fertile la vivacità musicale di cinque
dei suoi sette figli.
Carmelo Giacchino (contrabbassista e compositore)
Maria Giacchino Cusenza ( pianista e compositrice)
Oreste Giacchino (violinista, polistrumentista)
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Luigi Amico
Il Trio Palermitano. Maria Giacchino Cusenza – Pianoforte - Teresa Porcelli
Violino – Giuseppe Martorana - Violoncello
Oreste Giacchino - Violino e la sua Orchestra a bordo del transatlantico Rex
Aurelio Arcidiacono
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Livia Giacchino Paunita - Pianista, didatta, nata nel 1910. Si è diplomata all’età di 16 anni, e ben presto il suo repertorio spaziò da Bach a
Chopin e Listz passando per Beethoven, e Castelnuovo-Tedesco. Svolge
sin da giovanissima un’intensa attività concertistica, sia solistica sia in
formazioni da camera, con la violinista Sistina Lo Iacono, la sorella violoncellista Maria Antonietta (Tony), e con la sorella Maria. Importante fu
la prima esecuzione per Palermo della Sonata per viola e pianoforte di
Hindemith con Aurelio Arcidiacono. Dapprima Docente all’Istituto
Magistrale e in seguito al Conservatorio “V. Bellini” di Palermo, scrive
insieme alla sorella Tony un trattato per l’insegnamento del Canto Corale
nelle scuole Medie e Superiori.
I suoi allievi la ricordano come una insegnante rigorosa ed esigente,
ma anche affettuosa e comprensiva. Guida illuminante, forte ma dolcissima che stimolava una ricerca continua di interiore intensità espressiva
nel rispetto dell’estremo rigore stilistico.
Curiosa sempre di ascoltare nuovi talenti, soleva ripetere che era desiderosa di rinnovamenti e approfondimenti; questa sua curiosità non fu
solo per il nuovo, ma era anche interessata alle vecchie edizioni dei classici. Cosicché trovò la prima ed unica edizione dei 12 studi op. 1 di Listz,
dei quali fece una revisione, pubblicata dalla casa Editrice Curci nel 1976.
Tra le sue pubblicazioni si ricordano: “I bimbi al Piano” edito dalla
Carisch, opera didattica dedicata agli studenti che muovono i primi passi
nel mondo del pianoforte; “Educazione musicale”, edito da Petrini,
Torino (1980).
Nel 2000 le viene assegnato il Premio Maestro alla carriera.
Tony Giacchino - (Violoncellista) È l’anello di congiunzione tra la
famiglia Giacchino e Aurelio Arcidiacono, che conobbe da piccola come
compagno di studi al Conservatorio, e che poi sposò.
Questa è la famiglia che da giovanissimo abbracciò Aurelio Arcidiacono, sentendosi un consanguineo e parte integrante della stessa.
Aurelio e Tony non ebbero figli e consideravano i nipoti Paolo e
Alberto come loro figli.
Paolo dice:
“Ricordo che sin dall’età di cinque anni, passammo io e mio fratello Alberto
dei lunghi periodi a Roma creandosi così questo rapporto fortissimo. Ricordo le
prime lezioni di violino con mio zio più come un gioco. Nel privato era un goliardico ma severo e professionale nel lavoro. La moglie aveva un grandissimo inte-
98
Luigi Amico
resse in generale per la cultura ed era molto più rigorosa e quindi spesso lo zio
scherzava e la zia lo riprendeva. Lui come titolo di studio aveva la quinta elementare, eppure mi seguiva spesso nei miei studi superiori, ciò fa capire quanto lui
tenesse alla sua formazione culturale.
Persona dai sanissimi principi, rigore morale ma non bigottismo, non si concedeva e nemmeno gli piacevano negli altri quelle digressioni che andavano contro i principi morali, ma ancora di più sua moglie”.
I nipoti Paolo (violista) e Alberto Giacchino (violinista) portano avanti la tradizione della famiglia.
AURELIO ARCIDIACONO DIDATTA E COMPOSITORE
Arcidiacono e i Conservatori di Musica Italiani
Ben presto Aurelio Arcidiacono inizia la sua attività di didatta. Infatti,
nell’anno scolastico 1940-41, ricopre la cattedra di violino complementare per la classe di composizione del M° Liviabella, presso il Conservatorio di Palermo.
Dall’ 1 Ottobre 1956 al 30 Settembre 1962, fu anche nominato insegnante di “Lettura e Accompagnamento” presso il Conservatorio
“Giuseppe Verdi” di Torino.
Nel 1963 risultava al 1° posto nella graduatoria del concorso per il
conferimento di una cattedra di Viola con l’obbligo del Violino presso il
Conservatorio di Musica di Trieste.
Contemporaneamente ai suoi incarichi alla Rai di Roma, ritorna nel
1971 a Palermo con l’incarico di docente di Viola presso il Conservatorio.
Sempre a Roma, nel 1977, ricopre il ruolo di insegnante di violino e
viola presso il Conservatorio di Musica di “Santa Cecilia”, e fino al 1982
svolge la sua attività di insegnante di Violino presso la Scuola di Musica
“T. Ludovico da Victoria”.
Nel 1983 viene nominato Direttore del Conservatorio di Palermo e
ritorna nella sua città natia.
Aurelio Arcidiacono
99
Arcidiacono e la riforma
L’interesse per la pedagogia è insito nella sua formazione, in quanto
avere avuto come insegnante una personalità come Guido Ferrari, fece
nascere in lui l’esigenza di ricercare la vera essenza del musicista a 360
gradi.
Cominciò ad interessarsi molto più approfonditamente della pedagogia e didattica musicale nel periodo della sua nomina al Conservatorio di
S. Cecilia, consapevole che bisognava intervenire sulla formazione musicale.
Intuì che l’approccio allo strumento non doveva avvenire più all’età
di 10 -11 anni ma molto prima.
In questa direzione egli inizia a collaborare con personalità italiane e
straniere.
Oltre a ricoprire l’incarico di Segretario Regionale del Sindacato Italiano Musicisti, era iscritto all’ASTA (American Strings Teacher Association) e all’ESTA (European Strings Teacher Association), organi che si
occupavano dell’educazione strumentale e delle nuove metodologie.
Fu lui a promuovere in Italia ESTA divenendone Segretario Nazionale
con la presidenza di Lilia D’Albore eccellente violinista e concertista.
La passione per l’insegnamento lo portò a sperimentare nuove metodologie didattiche per l’insegnamento degli strumenti ad arco, come prevedeva la Circolare Ministeriale n. 302 del 29 Settembre 1970.
Fu nominato docente e direttore di numerosi corsi di aggiornamento
per insegnanti, e relatore in Congressi e Seminari9 sulla “Iniziazione allo
studio precoce del violino mediante l’insegnamento del metodo globale”.
Tiene invece a Parma un seminario sui “Nuovi metodi d’impostazione per strumenti ad arco”.
La fase della creazione di metodi originali, negli anni 70, è ormai
superata: metodi e sistemi si mescolano e si alternano nelle scuole dei
vari paesi, è un periodo di rielaborazione e di assimilazione di tutto ciò
che gli studiosi avevano ricercato negli anni 50 e 60.
Suzuky, Kodaly, Orff, Nelsen sono i metodi più seguiti.
9 Trossinger, Appenzell, Mittenwald, Scholoss, Elman, Losanna, Londra,
Strasburgo, Bonn, Graz, Laramie (USA), Mosca, Torino, Pescara, Roma, Palermo,
Catania, Pamparato, Bari.
100
Luigi Amico
Con la Circolare Ministeriale n. 302 del 1970 inizia la sperimentazione
della riforma della scuola secondaria superiore, con l’introduzione
dell’Educazione Musicale e delle Applicazioni tecniche ad integrazione
delle materie obbligatorie.
Una scuola senza musica, nel momento in cui forma la coscienza dei
discenti, li priva di un elemento di basilare, rendendoli più poveri spiritualmente.
Ancora più importante è il carattere di linguaggio primario, che fa
della musica uno dei mezzi originari ed ineliminabili d’espressione dell’uomo. Arcidiacono in quanto membro del Sindacato Musicisti Italiani,
in qualità di Segretario Regionale per la Sicilia, prende parte attiva, insieme a molti altri musicisti italiani, alla elaborazione di un progetto organico, il cosiddetto “Progetto Mascagni”, che prevede la presenza della
musica, in tutti i momenti formativi, come esperienza viva e diretta e non
come aggiuntivo bagaglio di nozioni.
Grazie a questo progetto, il Sindacato dei Musicisti Italiani prese parte
attiva alla riforma della scuola.
Il suo entusiasmo per l’educazione musicale degli studenti lo portò ad
accettare, dal 1972 al 1975, la presidenza e la direzione artistica dell’A.GI.MUS. (Associazione Giovani Musicisti).
Nel 1993 fonda l’Associazione Musicale Ethos ”Centro per l’Educazione Musicale del bambino”, scuola nella quale sotto la sua direzione,
venivano impartite lezioni di violino, violoncello, flauto, chitarra e pianoforte, utilizzando le metodologie: Orff, Suzuki, Rolland, Willems, sotto
la guida di validissimi maestri quali Elena Popescu (violino, con assistenti Antonio Miserendino e Paolo Giacchino), Assunta Triglia (flauto),
Renato Giarrizzo (pianoforte, allievo di Livia Giacchino Paunita), Cinzia
Honnorat (ritmica), Irina Pavlova (pianoforte), Vadim Pavlov (violoncello), Andrea Anselmi (chitarra).
Arcidiacono e il metodo globale
Il fanciullo, come il ragazzo, ha bisogno di stare insieme agli altri per
condividere esperienze, ed attività, ma ciò è possibile se accanto a loro c’è
la presenza di un insegnante, che incoraggia i bambini a far da sè, ad
autodisciplinarsi nel lavoro individuale o a gruppi.
Questo è il metodo globale, che riguarda tutti gli insegnamenti e tra
questi anche una disciplina del tutto trascurata, almeno a livello elemen-
Aurelio Arcidiacono
101
tare, di cui il nostro Paese ha tanto bisogno: l’educazione musicale.
È qui che risalta l’esperimento di Aurelio Arcidiacono, che dal 1972 al
1975, presso la Direzione Didattica G. C. Abba di Palermo, diretta dalla
signora Zelfira Schiera Marazio, conduce una sperimentazione sull’insegnamento precoce della musica in generale, e del violino e violoncello in
particolare, con grandi risultati, sia nel campo dell’apprendimento della
musica, che nella formazione della personalità degli scolari.
In quest’esperimento, con la collaborazione della scuola che acquistò
gli strumenti e la collaborazione di alcuni amici, tra i quali Matteo Costa,
puntò alla formazione di strumentisti in tenera età, creando una orchestra di bambini della quale facevano parte Paolo Giacchino, Alberto
Giacchino, Cutrona, Obiso, La Bruna, e anche pianisti come Renato
Giarrizzo, Ranieri Schicchi e altri diventati poi ottimi musicisti.
L’esperimento mirava a verificare l’ipotesi dei vantaggi derivanti, sul
piano della formazione degli alunni e su quello funzionale della scuola,
dall’aver integrato tale esperienza con le materie obbligatorie.
È importante accostare i bambini sin dalla scuola materna al linguaggio dei suoni, al ritmo e alle prime esperienze musicali, per poi riprenderli nella scuola elementare potenziando così il dono della “Musicalità”,
che non ha niente di assoluto, ma che deve essere sviluppato con adeguate cure, mentre può diminuire se viene impartito un falso insegnamento.
Questo è un chiarimento che lo stesso prof. Arcidiacono dà del metodo globale da lui sperimentato:
“Per esempio per l’impianto dello studio del violino e del violoncello, insegno
ai bambini a suonare assieme ( in gruppi da 2 a 6 ): con l’impiego di pochi suoni
da essi prodotti pizzicando le corde vuote, stabilisco una base ritmica, alla quale
aggiungo una semplice linea melodica, suonata da me al pianoforte, o col violino, o altro strumento. In questo modo i piccoli si abituano facilmente alla disciplina ritmica e alla giusta posizione del violino, senza le preoccupazioni che comportano l’uso dell’arco e il contemporaneo piazzamento delle dita sulla mano
sinistra, evitando loro lunghi e monotoni esercizi; inoltre essi hanno la sensazione di prendere subito parte ad esecuzioni collettive. Adopero motivetti facilmente memorizzabili, che prima faccio loro cantare con parole adatte ( infatti la canzone infantile è alla base del metodo globale che tiene massimo conto della psicologia infantile).
Dopo che i bambini hanno imparato il motivo con le sue caratteristiche melodiche e ritmiche, comincerà un processo di chiarificazione che li porterà quasi
automaticamente, all’apprendimento e più tardi alla lettura delle note.”. Un
gruppo è qualcosa in più di una semplice somma di individui. Nel nostro caso,
102
Luigi Amico
ogni bambino, nella convivenza con altri discenti, assimila e raccoglie parecchie
esperienze sociali (collaborazione, agonismo, impulso di percezione, spirito di
osservazione). Il piacere di fare musica si è accresciuto dal lavoro in comune. Si
sviluppa il senso della critica e dell’autocritica. La timidezza e i complessi sono
facilmente superati.
L’esattezza ritmica, l’intonazione, la sicurezza e la musicalità migliorano, e
sono avvantaggiate dallo studio in comune, e dallo spirito di emulazione, che
concorre a beneficio di un maggior rendimento del singolo”10
Il pensiero di Arcidiacono sull’educazione musicale
Secondo i greci non si poteva essere maestri di scuola se non si era
musicisti.
Gli antichi greci credevano, infatti, che fra tutte le materie, la musica
fosse la più educativa, perché non forma solo lo spirito, ma ne disciplina
e purifica le emozioni.
Essa fa appello alla Motricità, e alla Sensorialità per quanto attiene al
ritmo e al suono, alla Affettività per quel che riguarda la melodia e gli
intervalli melodici e alla Intelligenza per tutto ciò che si riferisce alla sincronia, all’armonia, e alla cosciente assunzione del linguaggio musicale.
Secondo Arcidiacono, “l’educazione musicale può essere considerata sotto
due aspetti: quello di formare dei musicisti o degli amatori di musica, e quello di
utilizzare la musica per aiutare il fanciullo a sviluppare la personalità, e in questo caso la musica è un mezzo per lo sviluppo integrale del fanciullo. Il bambino
che, molto prima dell’età scolare è stato cullato dalla madre al canto di semplici
nenie infantili, ha già cominciato a gustare alcuni pregi della musica. Questo
gusto se coltivato, si svilupperà presto in lui.
Accade frequentemente di incontrare bambini che non sanno intonare nemmeno una semplicissima sequenza di due suoni, e nemmeno la più semplice delle
melodie che la radio e la televisione ci propinano ogni momento del giorno.
Si tratta probabilmente, di quelli le cui mamme, sembra che non abbiano
avuto il tempo o il gusto di cantare loro una delle tante genuine melodie tradi10 Aurelio Arcidiacono “L’iniziazione precoce allo studio del violino mediante
l’insegnamento di gruppo e il metodo globale”- Relazione presentata al Corso di studio- seminario sulle nuove metodologie didattiche svoltosi a Pescara, indetto
dall’Ispettorato per l’istruzione artistica 1973
Aurelio Arcidiacono
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zionali”. Infatti le pregevolissime opere didattiche di Kodaly e di Orff, sono basate sull’idea che la tradizione popolare può aprire la porta a esperienze musicali a
tutti i livelli.
Bisogna dunque cominciare l’educazione musicale molto presto poiché non
appena i bambini arrivano a scuola, noi dobbiamo cominciare a nutrire il loro spirito e la loro anima di esperienza musicale.
Non possiamo ritardare questo insegnamento, anche perché se per caso fra gli
scolari delle scuola materna o elementare si trovasse potenzialmente un grande
musicista, noi lo potremmo solo scoprire dando a questo bambino l’occasione di
fare della musica.
Bisogna anche considerare l’aspetto e il valore terapeutico della musica.
Ad esempio, bambini che sembrano avere delle difficoltà di apprendimento,
trovano nella musica la possibilità di estrinsecare le loro emozioni represse.
Uno dei più importanti valori educativi cui si giunge praticando la musica,
è il senso della disciplina, e dell’unità.
Ben lo sanno i musicisti, che facendo parte di un complesso o di un’orchestra
danno il meglio di se stessi, per essere in perfetta sincronia.
Nelle mani di un maestro sperimentato, i bambini accettano gioiosamente e
piacevolmente il bisogno di disciplina imposto dalla stessa musica, con l’obiettivo del raggiungimento di un’interpretazione di primo ordine, e studieranno e
proveranno instancabilmente, per perseguire la realizzazione artistica.
I bambini sono tutti disposti a dedicare il loro tempo ad acquisire delle conoscenze. In questo stadio essi diventeranno desiderosi di utilizzare queste conoscenze, per saperne sempre di più sulla letteratura della musica.
È a questo punto che noi insegnanti dovremmo essere pronti a far loro gradatamente conoscere, il repertorio di musica più vasto possibile, che comprenda
tutti gli stili, generi ed epoche.
Molti di loro avranno bisogno di una assistenza particolare, e dovranno
diventare i nostri futuri compositori e interpreti; ma non dobbiamo trascurare gli
altri, i quali dovranno sentirsi capaci di diventare dei musicisti amatori, o degli
interessati ascoltatori. Senza di questi ultimi, la musica non avrebbe ragione di
esistere. Essa dovrebbe creare una sorta di alleanza tra: compositore, l’interprete
e l’ascoltatore.
Noi insegnanti abbiamo il compito-dovere di contribuire ad aiutare i giovani,
a trovare il posto in uno dei sopra indicati gruppi. Noi dobbiamo dimostrare che
amiamo la musica; l’entusiasmo è comunicativo. Nella nostra funzione di insegnanti, dobbiamo dimostrare che il nostro entusiasmo è disciplinato da una vera
preparazione, con uno scopo determinato, che non può essere raggiunto se non
con l’esercizio di conoscenze acquisite. Le nostre conoscenze specialistiche,
104
Luigi Amico
dovranno arricchire la presentazione della nostra materia, in modo che sia dimostrato chiaramente che noi proviamo a trasmettere ai ragazzi il vero spirito della
musica”.11
Nascita del suo pensiero compositivo - Lino Liviabella
Per poter bene interpretare il pensiero compositivo di Aurelio
Arcidiacono bisogna risalire alla sua formazione e quella dei suoi insegnanti.
Come già in precedenza detto, egli inizia i suoi studi in composizione
con il maestro Lino Liviabella.12
Quest’ultimo fu soprannominato “il grande musicista della spiritualità”
per non avere avuto paura di confessare Gesù Cristo anche in un
ambiente, come quello musicale del Novecento, notoriamente scettico.
L’attività didattica, lo portò a insegnare in diversi Conservatori italiani: da Pescara, dove ebbe il primo incarico come insegnante di pianoforte (1928) passò ad insegnare armonia a Venezia, poi composizione a
Palermo, dove inizia le sue lezioni Aurelio Arcidiacono, e, dal 1940, ancora composizione a Bologna dove si stabilì definitivamente due anni
dopo.
Dal “Martini”, del quale nel frattempo era diventato vice-direttore,
nel 1953 fu chiamato a dirigere il Conservatorio di Pesaro e nel 1959 quello di Parma, per poi tornare definitivamente a Bologna come Direttore.
La sua fu una vita intensa, tutta dedicata alla musica, Arte in credette
fortemente, divisa fra il comporre, il promuovere la cultura della musica
e l’insegnamento.
Opportuni e di valore furono i suoi interventi sul futuro musicale in
11 Aurelio Arcidiacono - Intervento alla conferenza - dibattito - da lui promossa sul tema “L’Educazione Musicale in Italia con particolare riferimento alla preparazione professionale “ - Conservatorio di Musica “V.Bellini” Palermo 17 giugno 1972.
12 Liviabella nasce a Macerata nel 1902 in una famiglia di musicisti (il nonno,
Maestro di cappella nella Basilica di San Nicola a Tolentino, fu allievo di Rossini; il
padre, diplomato a Santa Cecilia, direttore della Cappella musicale del Duomo di
Macerata). Studiò alla facoltà di lettere dell’ Università di Roma e contemporaneamente al Santa Cecilia, dove si diplomò in pianoforte con L. Cozi, in organo con R.
Renzi ed in composizione con il grande Ottorino Respighi, quindi appartenente alla
grande scuola Romana.
Aurelio Arcidiacono
105
Italia, sull’insegnamento del canto gregoriano nei Conservatori e sulla
didattica musicale.
A proposito delle polemiche accese a suo tempo fra tradizionalisti e
innovatori scrive:
“Noi con la nostra sana volontà di vincere con le forze del nostro cuore e del
nostro spirito, tese al dolore e alla gioia del più intenso vivere nell’espressione,
seguitiamo a sognare quello stato di grazia che coincide con la deprecata ispirazione. Noi aspettiamo con vera fede il ritorno dei veri tempi della vera musica che
è dono di Dio e non ricetta degli uomini”
(Dove va la musica? 1959).
A proposito dell’insegnamento del canto gregoriano nei Conservatori,
scriveva ancora:
“Saper far comprendere l’eterno di certe melodie gregoriane, la vastità senza
confine delle sue inflessioni ritmiche, il significato e lo stupore delle sue modalità, è compito dei maestri di oggi che debbono insegnare come i più grandi artisti
di ogni tempo, da Bach a Beethoven, da Palestrina a Wagner, si siano incontrati
in questo altissimo cielo della musica sacra. Solo così la musica sacra è la rigeneratrice di qualsiasi musica. Come la religione per la vita, essa non può essere circoscritta fuori della vita stessa. Dio è prima fonte di ogni respiro sia vitale che
artistico. Alla musica il compito di farci pregustare, nella nostra affannata vita
terrena, il paradiso e l’eternità”.
Lino Liviabella “figura eccezionale della musica del ’900 che ha saputo
unire mirabilmente una grande spiritualità alla più rigorosa professionalità”,
come scrisse la rivista Feeria, si spense a Bologna il 21 ottobre 1964.
Il catalogo delle composizioni di Liviabella è molto ampio e nutrito
(oltre 270 opere) e spazia nei vari generi vocali e strumentali, dalle piccole alle grandi forme.
Il compositore, che pur ottenne in vita premi e riconoscimenti per
molte sue opere, apprezzate anche dal pubblico, non fu sempre equamente considerato dalla critica musicale contemporanea, che spesso ne
confuse la versatilità e fecondità creativa con un malinteso eclettismo.
Benché non abbia aderito ai più radicali linguaggi delle avanguardie
musicali tra le due guerre, nella costante e personale ricerca del nuovo,
Liviabella si colloca comunque in modo estremamente originale e significativo tra i compositori italiani di maggior spicco della prima metà del
Novecento.
Livabella fu tra le figure che più influenzarono il pensiero di
Arcidiacono Uomo, ma anche dell’Arcidiacono compositore. Il gusto per
106
Luigi Amico
la ricerca delle tradizioni o memoria culturale, la riaffermazione delle
radici della musica e del valore delle armonie dei secoli passati sono
dimostrate sia dalla riscoperta di uno strumento come la viola d’amore,
ma ancor di più, dalla vasta produzione di composizioni per questo strumento in stile antico.
Le opere didattiche
La Viola - Ed. Berben 1973 - Il saggio di Aurelio Arcidiacono riferisce
in 40 pagine, molte interessanti curiosità, parecchie illustrazioni di strumenti, numerose note d’esempio sulla tecnica del suonare, come il glissato, e il pizzicato, riporta un elenco di suonatori di viola, che si sono particolarmente distinti nei tempi passati; infine una raccolta di materiale
sugli studi e concerti per viola.
La prima parte tratta dell’origine della viola e dell’archetto; riporta i
primissimi esperimenti per ottenere le varie sfumature del suono, i primi
metodi di insegnamento alla fine del XV secolo, lo sviluppo dell’archetto sino al perfezionamento dello stesso avvenuto nel XVIII secolo quando s’introdusse il tiraggio dei crini per mezzo di una vite.
Questo rese possibile effetti, sfumature, colorazioni, dinamica del
suono: lo strumento divenne un mezzo d’espressione personale dell’ esecutore che avviava un nuovo stile esecutivo.
Seguono i nomi dei più importanti costruttori di archi in Francia,
Inghilterra, Germania tra il 1800 e il 1920.
Nella parte seconda si parla della fortuna della viola nel rinascimento
e nel barocco.
Vengono presentate diversi modelli di Viola alcune dalle forme più
bizzarre. Viole di forma un po’ più piccola della lunghezza di 78 cm,
tenuto conto che dal tempo di Bach ad oggi non c’è stato un formato
standard per gli strumenti ad arco.
Un capitolo intero è dedicato alla viola d’amore, ai suoi nomi, tipi,
notazione, composizione ed esperimenti, in appendice c’è un indice di
composizioni.
L’ultima parte si occupa della evoluzione della tecnica e delle difficoltà nella letteratura violistica (suono, gli effetti speciali, ecc.): difficoltà tecniche aumentate fino a Wagner e Strauss.
Lo strumento non fu più uno “che ogni violinista poteva suonare”.
La viola aveva raggiunto la propria identità.
Aurelio Arcidiacono
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La convinzione che la viola non sia uno strumento solista è ancora
oggi diffusa, essendo a lei dedicata solo una insignificante letteratura, e
dovendosi accontentare troppo spesso di cattive riduzioni.
Tre suonatori di viola del XX secolo hanno decisamente rovesciato
questa tesi: Hindemith, Primrose e Tertis.
Anche Aurelio Arcidiacono ha contribuito a ciò con questo saggio.
Invito al Violino (ed. Berben). Questo metodo per violino, frutto di
lunghe ricerche ed approfondite esperienze didattiche, è la prima pubblicazione italiana per l’apprendimento precoce del violino in gruppo da
parte dei bambini della scuola dell’obbligo.
La pedagogia viene sviluppata su quattro settori:
1. l’allenamento alla concentrazione ed all’ascolto attento dei suoni
per la formazione dell’orecchio musicale: è indispensabile che l’allievo sin dal principio abbia chiara l’immagine acustica delle note,
e senta i suoni con l’orecchio interiore prima di eseguirli con lo
strumento.
2. L’apprendimento dei movimenti corretti: tenendo conto dell’aspetto fisiologico che riguarda le varie funzioni del corpo nel suonare
(bilanciamento, coordinamento dei movimenti, tensione e rilassamento ecc.) e dell’ aspetto fisico che invece, si riferisce alle caratteristiche e agli effetti che il movimento produce (velocità, peso dell’arco e del braccio, attacco, continuità e fine del suono, accorciamento della corda mediante la pressione del dito, ecc.).
3. Lo sviluppo del senso ritmico: dapprima isolatamente e poi sui
suoni, fino a formare una salda conoscenza ritmica.
4. Il lavoro di gruppo: considerando il fatto che il lavoro d’insieme
accresce il piacere di fare musica, migliora le capacità musicali e fa
ottenere eccellenti risultati in tutti i settori della tecnica, specialmente in quello dell’intonazione e del ritmo, sviluppando lo spirito di emulazione, la capacità di osservazione, e il senso critico.
Il metodo contiene tutti i dettagli della tecnica violinistica, e si propone di risolvere sin dagli inizi i vari problemi della coordinazione, dell’intonazione e del ritmo.
Particolarmente importanti sono i capitoli che trattano dei cambiamenti di posizione e del vibrato.
Gli esercizi, studi e pezzi, per la loro semplicità e brevità, sono facilmente memorizzabili, convogliando così tutta l’attenzione dell’alunno
all’apprendimento corretto dei vari dettagli della tecnica violinistica cui
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Luigi Amico
si riferiscono i vari brani, molti dei quali si possono suonare a canone (a
due o a più voci).
Il metodo, poi, è corredato da un fascicolo contenente gli accompagnamenti di pianoforte; ciò rende agevole il lavoro dell’insegnante e
rende più divertente lo studio agli alunni.
Le Composizioni
Due Movimenti per Viola d’amore e Viola - Ed. Mercurio, 1956.
Composizione dedicata a Rodolf con il quale lo stesso Arcidiacono esegue una prima assoluta per la radio bavarese a seguito della segnalazione al Settimo Concorso Internazionale di Musica “Gian Battista Viotti”.
È un magnifico lavoro, che si può ricondurre a Rimski-Korsakov, filtrato attraverso una sensibilità Bartokiana.
È semplicemente meravigliosa la sonorità che viene prodotta con questi due strumenti. Con la particolare accordatura a terze e a quarte della
viola d’amore, viene creata la tecnica dello stesso strumento, che consiste
in terze maggiori e minori parallele, alle quali si aggiunge una intera successione di quarte giuste. In contrapposizione la viola da braccio con la
sua accordatura a quinte giuste, offre una successione di quinte parallele; sicchè dall’accordatura dei due strumenti deriva l’effetto singolare
della loro tecnica.
I Tempo: Bello e nobile nel suono e nell’espressione. Un’incantevole
armonia, come per esempio le quarte parallele della viola d’amore assieme alle quinte della viola, le doppie corde trillate della viola d’amore, che
risultano ineseguibili su ogni altro strumento, e gli arpeggi , caratterizzano un linguaggio sonoro mai sentito, che affascina.
II Tempo: È un vero fuoco d’artificio, che sprizza scintille e brilla,
pieno della più caratteristica armonia, nelle successioni di doppie corde
dei due strumenti, sempre in nuove direzioni, tutto con la più grande
nobiltà, e rivolto a un gusto fine per la musica da camera .
“Non conosco alcun altro duo per archi, che presenti una tale bellezza e molteplicità nella sonorità. Solo per quest’opera vale la pena di affrontare la fatica
dello studio della viola d’amore”13
13 Karl Stumpf, insegnante di viola d’amore all’Accademia di Musica di Vienna
e solista dell’Orchestra Filarmonica Viennese.
Aurelio Arcidiacono
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15 studi per Viola d’amore: Prima della pubblicazione nel 1959 di
questi studi, donati da Arcidiacono alla biblioteca dell’Accademia Musicale di Vienna, coloro che studiavano viola d’amore, dovevano limitarsi
alla scuola di Kral (1870), Goldis (1916), Cherly (1920) e di Corras (1920).
Queste scuole hanno notevoli limitazioni e mancanze.
Non escono oltre i confini della tonalità di re maggiore, che in seguito limiterà le possibilità dell’esecutore e gli creerà delle imprevedibili difficoltà nei casi in cui dovrà cimentarsi in altre tonalità.
Esercitando l’allievo a suonare la viola d’amore in queste limitate
tonalità armoniche, che erano caratteristiche per la musica del XVIII
secolo, essi non lo preparano per l’esecuzione degli autori del XX secolo,
il cui linguaggio armonico in ogni suo aspetto ha fortemente allargato e
arricchito le possibilità tecniche di tale strumento.
In questo senso un grande passo in avanti è stata la scuola di viola
d’amore del Prof. Stumpf, nella quale al solista di tale strumento viene
dato un materiale copioso che lo prepara a dominare tutta la letteratura
d’arte contemporanea.
I 15 studi per viola d’amore di Aurelio Arcidiacono, riempiono quella lacuna che si era formata nella letteratura pedagogica tra le “Scuole
Classiche” e il lavoro del Prof. Stumpf.
Qui Arcidiacono applica nello stesso modo la tonalità di re maggiore
e di re minore, per degli studi che contengono tutti i tipi di tecnica, le
divisioni basilari tecniche per viola d’amore, e in massima parte sono
dotati di varietà molto utili al fine pedagogico.
Il linguaggio armonico di questo lavoro è basato su armonie tradizionali dalle quali l’Autore sovente ammette delle deviazioni in altre tonalità.
Lui fa una distinzione tra i suoi studi e il materiale pedagogico tradizionale, vuole attirare l’attenzione sull’applicazione sonora con delle
note usate come una sequenza di episodi, nei quali colui che si serve di
questi studi potrà ottenere l’applicazione di intervalli paralleli nei tempi
(incluse le quarte parallele).
“L’apparizione di questo importante lavoro, ha portato non solo grande utilità, ma anche grande gioia a tutti coloro che si dedicano all’arte nobile di suonare la viola d’amore”. Sono gli studi che sino ad ora a noi violisti sono mancati”14.
14 Wadim Borissowski , docente della classe di viola del conservatorio di Mosca.
11 Ottobre 1959.
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Luigi Amico
Rappresentano una magistrale impresa pedagogica, e sono per ognuno che studi la viola d’amore, un’indispensabile raccolta.
Alcuni di questi, come ad esempio “I tre antichi corali” si dovrebbero eseguire in pubblico, per dimostrare agli ascoltatori le molteplici possibilità di
modulazione sulla viola d’amore. La rinascita della viola d’amore può avvenire
solo mediante esemplari e progressivi studi, quali sono quelli del M. Aurelio
Arcidiacono”.15
“La novità dei problemi che l’ Arcidiacono si è posto, e l’ingegnosità con cui
li ha risolti, non possono che attrarre quanti mirano ad arricchire le proprie conoscenze strumentali, siano essi violinisti o violisti”.16
Due studi per Viola d’Amore (1982) - Scritti in occasione del I°
Congresso Internazionale sulla viola d’amore e dedicati a M. Rosemblum, D.Thomason, G.Childs e K. Stumpf (Membri della Viola d’amore
Society of America), rappresentano un lavoro in cui l’esecutore può esercitarsi in una tecnica in stile enarmonico, e cromatico, con una interessante timbrica.
Sono un prezioso arricchimento per la letteratura moderna della viola
d’amore.
6 Capricci per Viola d’Amore (1951): “In questi studi-capricci per viola
d’amore, oltre alla perfezione della forma si unisce l’utilità per lo sviluppo tecnico di questo strumento”.17
Variazioni su tema del 24 Capriccio di Paganini per viola ed ensemble di 8 strumenti (1967): Dedicate a Inna Monorova, allieva di Wadim
Borissowski al conservatorio di Mosca, presentano notevoli difficoltà tecniche per la viola solista, rese ancora più ostiche dalla finezza di orchestrazione.
Elaborazione e revisione della Sonata Terza di Ariosti per Viola
d’amore e clavicembalo (manoscritto)
Sonata in stile antico per Viola d’amore e pianoforte (manoscritto
1951).
Realizzazione da basso continuo e revisione della Sonata di Stamitz
15 Karl Stumpf , 5 Aprile 1958.
16 Michelangelo Abbado, docente di violino. Conservatorio di Milano 19
Novembre 1958.
17 Giuseppe Alessandri, docente di viola presso il Conservatorio di musica “ A.
Boito” di Parma. 9 Gennaio 1953.
Aurelio Arcidiacono
111
per viola d’amore e pianoforte
Revisione e realizzazione della Sonata in si minore di G.F. Telemann (Flauto e Clavicembalo) per Viola d’amore e cembalo.
Elaborazione della Sonata a tre per flauto, viola d’amore e cembalo
di Christoph Graupner (ed. Mercurio).
Variazioni su una melodia popolare scozzese per violino e pianoforte (Zanibon). Composizione premiata, perché risultata la composizione più suonata dai giovani musicisti nel Concorso Internazionale giovani violinisti studenti del Friuli-Venezia-Giulia e Veneto (I), della Carinzia
e Stiria (A), della Slovenia e Croazia (YU).
Farfalle per violino e pianoforte.
Musiche per lo sceneggiato “ I Borboni di Napoli (Cronaca della
fine di un regno)”.
Musiche per la programmazione tv “The stars are looking down” e
le stelle stanno a guardare, su versi di R. Nissim.
Risveglio (per flauto, viola d’amore, vibrafono e archi).
Musiche per il balletto “La lupa”.
Musiche per le trasmissioni Rai: Specchio Sonoro, Invito al Valzer,
La Fantarca di Roman Vlad.
Musiche per le programmazioni Rai: Melocoton en Almibar, e
Cellini di Blasetti.
Musiche per le programmazioni Rai: Complotto e Cristoforo
Colombo di Cottafavi.
Numerose altre sono le composizioni in possesso degli archivi Rai
anche per trasmissioni minori.
Pour jouer Divertimento sulle sigle televisive per pianoforte, organo
e percussioni.
Chiovu (Danza Siciliana) per pianoforte e timpani.
Polka per 60 dita, per pianoforte.
Zusammenspiel ( per quattro celli e percussioni).
Burlesca ( per clarinetto in si bemolle, viola e fagotto).
Barocchetto (per flauto, oboe, chitarra elettrica, viola e batteria).
Soldier Boy (per flauto, oboe, viola, clavicembalo, tamburo militare
e sonar).
Danza Medievale ( per ottavino, oboe, viola, e bongs).
Vecchie Danze ( per flauto, viola e chitarra).
Cantastorie del nord ( per flauto, oboe, e chitarra).
Arcidiacono come in uso nel periodo scrisse moltissime trascrizioni di
brani in parte famosi, tra le quali sicuramente emerge “Il passaggio sotto
112
Luigi Amico
il pollice di Czerny, in altre parole Czernyade e Il pollice sotto del passero di Eliaron ovvero Intersound .” per due pianoforti e percussioni.
Molte altre trascrizioni sono rimaste manoscritte ed inedite.
ARCIDIACONO L’UOMO DELLO STATO
Arcidiacono al Ministero
La sua attività sindacale inizia nel 1971 con la sua elezione a
Segretario Regionale per la Sicilia della S.M.I e quella ministeriale nel
Marzo del 1973, quando è nominato membro della commissione giudicatrice per il concorso di Viola.
Il 1° Ottobre 1977 è nominato Dirigente Superiore con funzioni di
Ispettore Centrale per l’istruzione Artistica, con speciale riferimento alle
esigenze relative all’insegnamento di Strumenti ad arco, dopo aver vinto
il relativo concorso indetto con D.M. 5 Novembre 1974, cessando così dal
ruolo dei professori ordinari dei Conservatori di musica.
Già nel 1978 viene istituito, presso il Ministero della Pubblica
Istruzione, il Comitato tecnico-scientifico per la sperimentazione di cui
Arcidiacono fu nominato componente.
La nomina di Dirigente lo porta a essere nel 1979 membro della commissione per il Concorso di Ispettore Tecnico Periferico per la scuola
media per il settore linguistico- espressivo, sottosettore educazione musicale, e rappresentante per il Ministero alla prima riunione della giunta
esecutiva del comitato per le celebrazioni del centenario di Ottorino
Respighi.
Nel 1980 con il grado di unico ispettore competente per il settore musicale, è incaricato a provvedere alla formulazione dei temi per le prove scritte degli esami di diploma di composizione nei Conservatori di Musica.
Nel 1981 è membro del gruppo di lavoro per la ristrutturazione dei
Conservatori di musica, dell’Accademia nazionale di danza, collaborando con Giorgio Cambisa (Direttore titolare del Conservatorio di musica
di Roma), Filippo Zigante (Direttore incaricato del Conservatorio di
Avellino), Almerindo D’Amato ( Docente al Conservatorio di Musica di
Roma), Elisabetta Capurso (Docente presso il Conservatorio di Roma),
Giuliana Penzi (Direttore titolare dell’Accademia nazionale di danza),
Aurelio Arcidiacono
113
Salvatore Accardo (musicista), Ferruccio Vignanelli (musicista),
Giovanni Trainito (primo dirigente Ministero P.I., Claudio Miarelli
(Direttore di sez. Ministero P.I.).
In attuazione della legge 20/03/1982, è incaricato di predisporre i
programmi e le prove d’esami e le tabelle di valutazione dei titoli, per i
concorsi del personale direttivo, docente, assistente, degli accompagnatori al pianoforte e dei pianisti accompagnatori, delle accademie delle
belle arti, di arte drammatica, di danza, e dei Consevatori di musica.
Con D.M. 13/05/1982 viene costituita una commissione per l’esame
di alcuni punti concernenti il funzionamento didattico dei conservatori,
di cui Arcidiacono viene nominato Presidente.
Tale commissione stabilì l’articolazione in tre anni del corso di strumentazione per banda, con titolo d’accesso il diploma del corso inferiore
di composizione, l’armonia complementare, storia della musica e storia
ed estetica musicale, letteratura poetica e drammatica, organo complementare, lettura della partitura, sono insegnamenti complementari obbligatori, di cui viene stabilita la durata ma non l’anno d’inizio, infine viene
stabilito l’insegnamento di lettura della partitura per gli allievi del diploma di canto ramo didattico.
Sempre nel 1982 è designato a rappresentare il Ministero, in qualità di
esperto in materie musicali, nei lavori della “Settimana per i beni musicali”.
Il 15 Ottobre 1983, per il biennio 1983/84 e 1984/85, in considerazione della particolare situazione in cui è venuto a trovarsi il Conservatorio
di Musica “V. Bellini” di Palermo, il M° Arcidiacono fu nominato
Commissario straordinario presso il sopraindicato Conservatorio.
Durante la sua gestione commissariale Arcidiacono ha avuto il merito, mirando allo sviluppo del Conservatorio, di avere istituito nuove e
importanti discipline, di avere ampliato l’organico delle classi degli strumenti più richiesti, di avere contribuito positivamente anche, con l’insegnamento personale, alla formazione dei futuri maestri di educazione
musicale nelle scuole elementari, e di avere potenziato l’attività artistica
del Conservatorio mediante l’incentivazione dell’ Orchestra, la istituzione di una banda, di altre due orchestre, di un gruppo strumentale di ottoni e una intensa organizzazione di concerti.
Nel Febbraio del 1984, è nominato Presidente del concorso per il conferimento di trentacinque posti di Direttore titolare nei Conservatori di
musica, e nel dicembre dello stesso anno viene incaricato dal Ministero,
insieme a Giorgio Cambissa (Direttore Conservatorio di Roma) e Marcello
114
Luigi Amico
Abbado (Direttore Conservatorio di Milano), di recarsi in Inghilterra con
lo scopo di visitare i maggiori Conservatori ed Università con Facoltà di
Musica ed incontrarsi con Ispettori di musica inglesi, allo scopo di esaminare insieme il campo dell’educazione musicale superiore.
Nel Febbraio dell’85 è nominato membro della Commissione esaminatrice del concorso a 14 posti di Ispettore Tecnico Periferico relativo alla
scuola secondaria di primo grado per il settore dell’educazione musicale.
Sempre legata alla riforma scolastica, nel settembre del l’86, è nominato da parte dell’I.R.R.S.A.E. Sicilia (Istituto Regionale di Ricerca
Sperimentazione e Aggiornamento educativi) componente del Comitato
Tecnico Regionale, con l’incarico di predisporre ed elaborare il modulo di
aggiornamento disciplinare per la formazione in servizio degli insegnanti elementari, relativamente all’area di Educazione all’immagine, al
suono ed alla Musica, ed all’Educazione Motoria.
Durante tutto il periodo ministeriale egli si interessa della riorganizzazione degli studi musicali in seno alla riforma della Scuola Secondaria
Superiore, la quale secondo le sue stesse parole “via via che se ne parla
appare sempre più lontana, sempre più nebulosa, e sempre più complicata”.18
Viene collocato a riposo dal Ministero il 23 settembre del 1985, per
raggiunti limiti di età, con i ringraziamenti e la riconoscenza dello stesso
Ministero che nel novembre dello stesso anno gli conferisce la commenda al Merito della Repubblica Italiana.
“Gli artisti vivono in una notte piena di sorprese, portano la loro lampada,
avvolti penosamente in un cerchio d’ombra; danno la luce, di cui non sanno e di
cui non vogliono sapere l’essenza, perchè l’importante per loro non è il sapere,
ma il dare”
Lino Liviabella.
18Aurelio Arcidiacono in una lettera al prof. Valitutti, curatore del volume “ La
Riforma impossibile“ - Roma 1983.
Aurelio Arcidiacono
Per gentile concessione di Alberto e Paolo Giacchino
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Aurelio Arcidiacono
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ERASMUS
Accordi Interistituzionali / Bilateral Agreements
Vysoka Skola Muzickych Umeni v Bratislave
Slovakia
Sito web: www.vsmu.sk
Conservatorio Superior de Música
Málaga - Spagna
Sito web: www.conserv-sup-malaga.com
Joseph Haydn Konservatorium
Eisenstadt - Austria
Sito web: www.haydnkons.at
The University of Malta
Msida - Malta
Sito web: www.um.edu.mt
Instituto Politécnico
Castel Branco - Portogallo
Sito web: www.ipcb.pt
Akademia Muzyczna im. I. J. Paderewskiego w Poznaniu
Poznaƒ - Polonia
Sito web: www.amuz.edu.pl
Conservatorio Superiore de Musica de Vigo
Vigo - Spagna
Sito web: http://centros.edu.xunta.es/cmussuperiordevigo/
122
NOVITÀ IN BIBLIOTECA
Storia della musica
Emiliano Buggio, NEL MONDO DELLA MUSICA - Corso di storia della musica ad
uso dei licei musicali italiani, 3 voll. con cd, Ed. Del Bianco, Udine 2010
Renzo Cresti, LA VITA DELLA MUSICA - IPERTESTO DI STORIA DELLA
MUSICA - con cd, Ed. Feeria, Panzano in Chianti (FI) 2008
Monografie
Rossana Caira Lumetti, BUTI TRA BIBLIOTECARI, SEGRETARI E MAESTRI DI
CASA BARBERINI, Miur,Università degli studi di Parma (Dipartimento di
filologia classica e medievale, Sezione Musicologia), LUMSA, Parma 2009
Ivano Cavallini, QUATTRO DIAGNOSI SUL FLORARIO DI FRANCESCO
BUTI, Miur, Università degli studi di Parma (Dipartimento di filologia classica e medievale, Sezione Musicologia), Università degli studi di Palermo
(Facoltà di Scienze della formazione, Dipartimento Arti e comunicazioni),
Parma 2009
Franco Colussi (a cura di), ALESSANDRO OROLOGIO (1551-1633) MUSICO
FRIULANO E IL SUO TEMPO – Atti del Convegno internazionale di studi,
Pordenone, Udine, San Giorgio della Rinchivelda 15 – 17 Ottobre 2004, Unione
Società Corali del Friuli Venezia Giulia, Ed. Pizzicato, Udine 2008
Maria Giovanna Gulino, LISZT, DOPO UNA LETTURA DI DANTE, Ed.
Libreria musicale italiana, Lucca, 2011
Pietro Misuraca (a cura di), LUIGI ROGNONI INTELLETTUALE EUROPEO –
Documenti e testimonianze, 3 voll. con cd, Archivio Sonoro Siciliano, Palermo
2010
Myriam Quaquero, ENNIO PORRINO, Conservatorio “G. P. Palestrina” di
Cagliari, Ed. Carlo Delfino, Sassari 2010
COMPOSIZIONI MUSICALI DI VITTORE BELLEMO (1879-1953), 3 voll.,
Chioggia 2010
Didattica
Anna Maria Corduas/Tina Di Natale, Maurizio Maggiore, TRIESIS – Appunti di
semiografia musicale, Ed. Curci, Milano 2007
G. Giuliano/M. Fiorella, LA TROMBA Il Metodo- Tecnica Livello Avanzato, Ed.
Musicali Wicki, 2011.
G. Giuliano/M. Fiorella, LA TROMBA Il Metodo- Sette studi di Perfezionamento – Sette dietti per Tromba Sib, Ed. Musicali Wicki, 2011.Vincenza
123
Patrizia Iannone, CONSIGLI AI GIOVANI MUSICISTI DI SCHUMANNLISZT, Ed. Wip, 2011
Stefano Tesé, PIANO ZIP, 2010
Varie
Laura Boscolo Cucco, CATALOGO DEI FONDI MUSICALI DI CHIOGGIA –
Oratorio dei Padri Filippini, Seminario Vescovile, Biblioteca comunale “Cristoforo
Sabbadino”, Ed. Fondazione Levi, Venezia 2005
A.a.V.v., AMORE ALL’OPERA – Tutte le trame, Ed. Utet Torino 2009
Diego Cannizzaro, CINQUECENTO ANNI DI ARTE ORGANARIA ITALIANA
- Gli organi della Diocesi di Cefalù, patrocinato dall’ Ufficio Nazionale CEI
per i BB.CC.EE.
124
Istituto Superiore di Studi Musicali “V. Bellini”
CALTANISSETTA
ORGANI ISTITUZIONALI
Consiglio di Amministrazione
Avv. Giuseppe Iacona
Rag. Gaetano Nola
Dr.ssa Luigia Giunta
Prof. Giuseppe Noto
M° Angelo Licalsi
M° Michele Mosa
Sign. Giuseppe D’ Urso
Consiglio Accademico
M° Angelo Licalsi
M° Gaetano Buttigè
M° Francesco Gallo
M° Paolo Miceli
M° Renato Pace
M° Raffaello Pilato
M° Daniele Riggi
Sig.na Giovanna Nuara
Sig.na Melania Galizia
Collegio dei Revisori
Dr. Calogero Mattina
Dr. Alfredo Piazza
Dr. Francesco Collura
- Presidente
- Rappresentante M.I.U.R.
- Rappresentanti Provincia Regionale Caltanissetta
- Rappresentanti Provincia Regionale Caltanissetta
- Direttore Istituto
- Rappresentante dei Docenti
- Rappresentante degli Studenti
- Direttore dell’ Istituto/Presidente
- Docente
- Docente
- Docente
- Docente
- Docente
- Docente
- Studentessa
- Studentessa
- Presidente, Rappresentante Ministero Economia
e Finanze
- Componente, Rappresentante Ministero Università
e Ricerca
- Componente, Rappresentante Provincia Regionale
Caltanissetta
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Nucleo di Valutazione
Geom. Giuseppe d’Antona
Dr. Giancarlo Iacomini
Dr. Guido Sorignani
Consulta degli Studenti
Angela Aquilina
Yasmine Caruso
Nicolò De Maria
Melania Galizia
Giovanna Nuara
- Presidente
- Componente
- Componente
- Presidente
- Segretaria
- Componente
- Componente di diritto
- Componente di diritto
126
Collegio dei Docenti
Insegnamenti
Accompagnamento pianistico
Canto
Chitarra
Clarinetto
Clarinetto
Contrabbasso
Corno
Fagotto
Flauto
Esercitazioni Corali
Esercitazione Orchestrali
Musica d’ insieme per Fiati
Musica d’ insieme per Archi
Musica da camera
Oboe
Poesia per Musica e drammaturgia Musicale
Pratica e lettura pianistica
Pratica e lettura pianistica
Pianoforte
Pianoforte
Pianoforte
Pianoforte
Pianoforte
Pianoforte
Pianoforte
Strumenti a Percussione
Storia della Musica
Teoria dell’armonia e Analisi
Teoria, Ritmica e percezione musicale
Teoria, Ritmica e percezione musicale
Teoria, Ritmica e percezione musicale
Teoria, Ritmica e percezione musicale
Teoria e tecnica dell’ interpretazione scenica
Tromba
Tromba
Viola
Violino
Violoncello
Docenti
Camilla Beatrice Licalsi
Tiziana Arena
Renato Pace
Paolo Miceli
Angelo Gioacchino Licalsi
Enzo Baldessarro
Rino Baglio
Angelo Valastro
Lucrezia Vitale
Ezio Spinoccia
Angelo Licalsi
Angelo Licalsi
Michele Mosa
Michele Mosa
Angelo Palmeri
Ezio Spinoccia
Alberto Maida
Calogero Di Liberto
Gaetano Buttigè
Magda Carbone
Giuseppe Fagone
Giuseppe La Marca
Enrico Maida
Fabrizio Puglisi
Daniele Riggi
Scolari Claudio
Ivan S. Emma
Maria Sicari
Lea Cumbo
Francesco Gallo
Gaetana Pirrera
Gaudenzio Ragusa
Floriana Sicari
Vincenzo Buscemi
Gioacchino Giuliano
Samuele Danese
Raffaello Pilato
Vadim Pavlov
Finito di stampare nel mese di novembre 2011
dalla Tipografia Lussografica di Caltanissetta