{TAB-1-2010-3} Wed Oct 19 19:54:33 2005 ALBUM CULTURA, SPETTACOLI, MODE E PERSONAGGI 20 ottobre 2005, Giovedì ● 31 Prime a teatro, quando l’abito fa il monaco Un nuovo Grease per il ballerino che ha sfidato il Grande Fratello Flavio Montrucchio (al centro) in Grease a promotore finanziario a star della seconda edizione de “Il Grande Fratello”, da attore nella soap D Centovetrine a bullo imbrillantinato in “Grease”. La vita ha riservato un sacco di sorprese a Flavio Montrucchio, trentenne dalla faccia pulita e dallo sguardo seducente che ha tenuto incollate al piccolo schermo le appassionate del primo reality, presto trasformate in fans irriducibili. Montrucchio sarà da domani sera a domenica al Politeama Genovese nelle vesti - o meglio nel giubbotto di pelle - di Danny Zuko, protagonista del musical “Grease”, portato in scena dalla Compagnia della Rancia nella versione teatrale, adattamento e regia di Saverio Marconi. Sembra impossibile, ma a quanto dice lui, un tempo Flavio Montrucchio era timido e non certo dotato di una presenza da palcoscenico. Poi l’esperienza del Grande Fratello lo ha cambiato e dal piccolo schermo è passato al teatro, passaggio tutt’altro che scontato. Montrucchio canterà e ballerà in coppia con Alberta Izzo, all’interno di un cast travolgente. “Grease”, scritto da Jim Jacobs e Warren Casey nel ‘71, mette in scena i tempi d’oro del rock’n’roll cogliendo ciò che resta di quei favolosi anni ’50: il drive in al chiaro di luna, il garage dove si recuperano le vecchie auto fuori serie, il campo sportivo dove le ragazze pon pon si allenano, i pigiama party nelle camere del college, i sogni di una generazione cresciuta ad hamburger e juke-box, l’incanto di un primo amore - quello tra Danny e Sandy - che non può esprimersi senza il consenso del gruppo. Dal suo debutto a New York “Grease” ha girato il mondo continuando a far ridere e sognare intere generazioni. Nei panni di Danny, nella versione cinematografica, John Travolta ha lasciato una traccia duratura. Flavio Montrucchio ha scelto di accettare una duplice sfida: quella con il teatro e quella con un personaggio che ha una lunga storia. S. Gr. Genovesi per il mare nasce il premio “Promotori Award” uomo di mare più rappresentativo del L’ 2005 sarà premiato il 5 dicembre con il primo “Promotori Award” di Genova, fresca iniziativa dell’associazione “Promotori Musei del Mare e della Navigazione” che opera a sostegno del Galata Museo del Mare e vuole valorizzare la professionalità, le capacità strategiche e organizzative dei genovesi legati al mare in ogni sua forma. Per uomo di mare infatti si intende qualcuno che si sia occupato di ambiente marino, shipping, ricerca scientifica, imprenditoria, nautica piuttosto che di temi culturali legati al mare. Tutti, indistintamente, possono segnalare qualcuno facendo pervenire all’Associazione Promotori del Mare al Museo Galata o via e-mail a [email protected] la loro preferenza entro il 5 novembre. Bando di concorso, regolamento e moduli per la proposta sono disponibili sul sito www.promotorimuseimare.org. Il premio è patrocinato da Comune, Provincia e Regione. Il vincitore riceverà il disegno originale del nuovo logo dell’Associazione, pensato e realizzato dal pittore Ugo Nespolo che, a novembre, espone una personale sul tema del mare nelle sale del Galata. Un bozzetto di Luigi Tarquini per abiti formali da sera, tratto dal libro “Brioni Fifty Years of Style” di Cristina Giorgetti (Octavo Franco Cantini Editore) na volta il teatro era “polvere U di stelle”. E non solo sul palco. In platea il trionfo di un’eleganza lussuosa e mai banale contribuiva a rendere quel momento indimenticabile, a fissarne la magia nel tempo. Ma oggi quell’atmosfera è rimasta intatta? O l’incalzare di una vita sempre più frenetica ha reso piatti e normali anche i momenti che prima erano da incorniciare? L’invito alla prima del “Don Giovanni”, di scena al Carlo Felice domani, recita: per i signori è gradito lo smoking. «Almeno alla prima auspico che si crei nella sala un’atmosfera di festa e mondanità — spiega Gennaro Di Benedetto, sovrintendente del teatro genovese — Sono convinto che un abbigliamento adeguatamente elegante esprima un segno di forte partecipazione». Da qui l’idea di riportare lo smoking in platea: fu proprio Di Benedetto, per la prima del “Viaggio a Reims” di Rossini che apriva la stagione lirica del Carlo Felice nel 2003, a “ripescare” la cravatta nera dall’oblio. «Ho visto entrare persone con le scarpe da ginnastica o con i jeans. Proprio come se andare a teatro non fosse un’occasione speciale — dice Di Benedetto — Detto questo, ognuno naturalmente è libero di abbigliarsi come crede, anche in base al tenore dello spettacolo che va in scena». «In prima fila spiccavano donne fasciate in abiti da favola e uomini impomatati, che indossavano completi scuri, con la reverse di raso — ricorda in un soffio Giovanna Vitaliano Dubois, esperta di tea- tro che da anni cura gli allestimenti del ballo delle debuttanti — Ora le tradizioni sembrano svanite». Parla del Carlo Felice come di un tempio che ha ospitato i grandi fasti della musica classica. «Oggi non è più un luogo di élite, è appannaggio di tutti». E puntualizza: «È giusto che non ci siano più distinzioni sociali, si è smarrita però la trepidazione con cui si aspettava la serata all’opera. È diventata come ogni altra, come se si andasse in pizzeria». La Vitaliano se ne intende di eleganza. Chi meglio di lei può dispensare consigli sul vestiario e il galateo da osservare in platea? «Non servono più budget sala- ti per acquistare abiti “da prima”. Spesso si tratta di capi in tessuto sintetico, ma coreografici e ugualmente adeguati», osserva. Poi sorride, alza lo sguardo, si perde nei ricordi: «Nemmeno io mi sarei potuta permettere un abito in pura seta, come quelli principeschi che le signore della Genova bene acquistavano da “Abolaffio” o da “Serra”». Racconta di quando, nel reparto “biancheria” della Coin, comprava camicie da notte di raso sbieco, per indossarle a teatro come se fossero abiti da gran sera. Ma torniamo ai consigli: «Intanto alla prima è d’obbligo il vestito elegante per le donne e l’abito scuro per gli uomini. Anche la cravatta o il papillon non possono mancare. Il nero è perfetto, ma anche osare col rosso o altre tinte non è una caduta di stile, anzi, è ricercatezza». Nessun limite all’esibizione di spalle e gambe, “purché siano belle e non si cada nella volgarità”. Bocciati senza possibilità di recupero sia i cellulari che squillano (ma anche soltanto con gli schermetti accesi), sia i chewing-gum “sonori” durante lo spettacolo. La borsa deve essere una pochette, l’acconciatura semplice, il trucco non vistoso. «Quello che auspico per una prima a teatro, ma anche per una se- Tutti i colori della superstizione duardo De Filippo, pilastro del teatro italiano, diceva sempre: «La superstizione è sinonimo d’ignoranza, ma E non porta male essere superstiziosi». Nei secoli, infatti, intorno alla cultura teatrale si sono sviluppate tradizioni, credenze, scaramanzie, fino a creare una sorta di “galateo”, osservato con grande rigore. Alcune superstizioni che appartengono al mondo del teatro sono conosciute, altre meno. Molti sanno che il viola nel mondo dello spettacolo è considerato un colore porta sfortuna. Forse, però, non tutti ne conoscono il motivo, né sanno che questa superstizione è esclusivamente italiana. L’origine della credenza nasce dal fatto che il colore dei paramenti sacri usati durante la Quaresima fosse il viola. Nel medioevo, in Italia, venivano vietati, proprio in quel periodo, tutti i tipi di rappresentazioni teatrali e di spettacoli che si tenevano per le vie o per le piazze delle città. Ciò per gli attori comportava notevoli disagi: non potendo lavorare le compagnie teatrali non avevano mezzi per procurarsi il pane quotidiano, ed erano costrette a tirare le cinghia. Da allora fino ai giorni nostri il viola è stato bandito dal teatro, proprio per scongiurare eventuali periodi di “magra”. Un’altra curiosità sta nel fatto che anche negli altri Stati esistono colori-tabù sul palcoscenico. In Inghilterra, ad esempio, è vietato il giallo, poiché in epoca elisabettiana solo i giullari indossavano abiti di questo colore, considerato, quindi, assai popolare. In Cina, invece, agli attori porta sfortuna usare costumi color porpora, perché all’epoca dello shogunato questa tinta, ottenuta da un’erba rara, era la più costosa e poteva essere usata solo dallo Shogun. Ma i gesti scaramantici non si limitano ai colori. C’è chi cerca chiodi storti sul pavimento del palco perché “portano buono”. Altri che, per lo stesso motivo, camminano rasente ai muri seguendone gli angoli. Esistono anche fatti più drammatici, come tacciare qualcuno (spesso un temuto antagonista) di essere uno iettatore. Episodi del genere non riguardano solo i nostri giorni. Ad esempio, in passato si diceva che Offenbach portasse sfortuna. La malignità era così diffusa che persino Gioacchino Rossini compose un brano per pianoforte dal titolo Petit Caprice (style Offenbach), da suonarsi, secondo la diteggiatura imposta, esclusivamente con il secondo e il quinto dito. Ossia le dita che fanno “gli scongiuri”. St. Boe. rata di replica, è il decoro e il rispetto per la musica classica — dice Andrea Ottonello, presidente della “Barcaccia”, ossia i giovani del Carlo Felice — Io ho lo smoking, per cui lo indosserò. Ma molti ragazzi non lo possiedono né ritengo lo debbano comprare. Basta un abito scuro, basta essere ordinati e attribuire alla serata l’importanza che merita. Cosa che va ben oltre una cravatta nera». Differente il cliché di un teatro sostanzialmente di prosa come il “Politeama Genovese”. Il vestito si conferma elegante se il pubblico è adulto e la prosa di livello, ma quando ad esibirsi sono i comici o vanno in scena musical lo stile informale trionfa. Una tendenza al casual che prende senza dubbio le mosse dal “modello britannico”. In Inghilterra, infatti, non esistono regole comportamentali, né preconcetti mentali che giudichino certi atteggiamenti offensivi nei confronti degli altri spettatori o degli stessi attori. Del resto il teatro moderno è nato proprio nel mondo anglo-sassone, non come polo culturale, ma come luogo di aggregazione. Resta il fatto che, tornando alla prima di domani sera al Carlo Felice, l’invito parla di smoking. E per chi decide di accogliere il “suggerimento” ma non possiede l’abito richiesto, il tempo per procurarselo (da acquistare o in affitto) sta ormai per scadere. Stefania Boero Una scuola per ricreare la magia del presepe di presepe al Santuario della Guardia. Per imparare a costruSire lacuola grotta, le casette, per dare for- Un particolare del presepe realizzato da Gigi Noli ma alle montagne e al deserto attraversato dai Magi, per sistemare nella giusta prospettiva le statuine. E magari anche per fabbricarle in proprio le figure che animano il presepe, dai pastori agli angeli, ai componenti della Sacra Famiglia. I soli requisiti richiesti per partecipare sono la buona volontà e il desiderio di dare forma artistica a una rappresentazione della Natività che mantenga viva la tradizione senza togliere spazio alla fantasia. Un gruppo di volontari che collabora con il Santuario da sei anni organizza i corsi per aspiranti presepisti. Il prossimo è imminente. Inizierà il sabato prossimo, si terrà al Santuario, e prevede tre appuntamenti della durata di circa tre ore mezzo ciascuno. Il primo, come s’è detto, è fissato per il 22 ottobre, le altre lezioni si terranno il 29 ottobre e il 5 novembre sempre dalle 14,30 alle 18. La partecipa- zione è gratuita, per informazioni chiamare allo 010 72351 (il numero del Santuario). «Ogni anno - spiega Gian Franco Parodi, l’organizzatore - partecipano circa 25/ 30 persone, donne, uomini, pensionati e no. Il corso si tiene di sabato, quindi anche chi lavora può frequentarlo. Quest’anno avremo una mattinata speciale dedicata ai bambini di una scuola elementare di Rivarolo. Verranno il 29 mattina, con le maestre, a scuola di presepe». Le materie del corso sono scenografia, rudimenti di elettrificazione, costruzione dei pezzi con materiali economici: vengono usati polistirolo, cartone, legno, sassi, conchiglie, pezzi raccolti durante le gite nei boschi piuttosto che in riva al mare. L’obiettivo è insegnare, senza far spendere cifre iperboliche, a costuire un presepe che mantenga una dimensione religiosa. «Il presepe - continua Parodi - non deve essere solo bello, originale o ben costruito, ma deve trasmettere il senso della nascita di Gesù». Gli allievi, se vorranno, potranno partecipare con le loro opere alla mostra concorso allestita ogni anno al santuario prima di Natale e dedicata alla memoria di Gigi Noli, autore di uno dei due presepi permanenti della Guardia. Quello costruito da Noli in dieci anni di paziente lavoro, è sistemato in una sala adiacente alla chiesa, l’altro con statue antiche della scuola del Maragliano nella navata destra. Gigi Noli era un fedele del santuario. Circa vent’anni fa rimase vedovo. La perdita della moglie, con la quale aveva vissuto cinquant’anni, per lui fu devastante. «Non aveva più voglia di vivere - racconta Parodi -. Passeggiava da solo nei boschi cercando una ragione per andare avanti. Un giorno, durante una di quelle tristi passeggiate, lo sguardo gli cadde su una strana e contorta radice. Gli sembrò che potesse servire a qualcosa, la raccolse, la portò a casa e poi ebbe l’ispirazione. Sarebbe diventata la stalla di un presepe per il santuario. Da lì cominciò la sua opera...». Noli è morto sei anni fa ma il suo presepe, lungo venti metri e profondo due, è rimasto e lo si può ammirare in qualsiasi momento dell’anno. Quanto alla mostra, nel 2004 è stata visitata e votata da settemila persone. Il vincitore della passata edizione, Remo Grosso, sarà uno dei docenti del corso che inizierà sabato prossimo. Grosso è uno specialista del polistirolo. Sa lavorarlo molto bene, al punto che le sue case, le sue rocce, le sue ambientazioni sembrano fatte di tutt’altra materia e non dello spugnoso e “plasticoso” derivato del petrolio. Ha costruito persino un attrezzo per tagliare e modellare a caldo il polistirolo mentre sua moglie, che condivide con lui la passione del presepe, è bravissima a ricamare i costumi delle statuine. Al corso di presepi Grosso insegnerà “scenografia”. Tra i tanti suggerimenti che lui e gli altri maestri daranno agli allievi, eccone uno: se volete inserire nel vostro presepe degli alberelli, prendete delle piantine di timo, sistematele bene tra le rocce o sui pendii, sembreranno ulivi in miniatura. Daniela Altimani