Genesi dei tumori
Ciclo cellulare
Il ciclo cellulare, o ciclo di divisione cellulare (CDC), è la serie di eventi che avvengono in una
cellula eucariote tra una divisione cellulare e quella successiva. La durata del ciclo cellulare varia
col variare della specie, del tipo di cellula e delle condizioni di crescita.
Cenni generali
In biochimica, si definisce chinasi un tipo di enzima in grado di trasferire gruppi fosfato da
molecole donatrici ad alta energia (come l'ATP) a specifici substrati; tale processo è definito
fosforilazione.
Nelle cellule eucariotiche
la progressione attraverso
le varie fasi del ciclo
cellulare risulta essere
finemente regolata dalle
chinasi ciclina-dipendenti
o CDK (Cyclin-dependent
Kinases) una famiglia di
protein chinasi la cui
attività dipende dalla loro
associazione con delle
subunità
proteiche
regolative dette cicline;
queste
ultime
sono
proteine
instabili,
sintetizzate e degradate
periodicamente, che si
accumulano in fasi del
ciclo specifiche e che non
solo attivano le CDK, ma
ne determinano anche la
specificità di substrato.
Negli
eucarioti
multicellulari la necessità
di rispondere a una
maggiore
quantità
di
stimoli esterni ed interni
ha permesso l’evoluzione
di molteplici e diverse CDK: i vari complessi CDK - ciclina che si formano durante il ciclo cellulare
di tali organismi cambiano sia per quanto riguarda la subunità regolatoria (ciclina) sia per quanto
riguarda la subunità catalitica (CDK). In ogni periodo del ciclo cellulare è presente quindi un solo
tipo di complesso CDK - ciclina cataliticamente attivo e, a seconda del complesso formatosi,
vengono fosforilate molecole bersaglio differenti.
Oltre all’azione regolatoria della ciclina, il complesso CDK - ciclina è anche soggetto all’azione di
inibitori in grado di legarsi a tale complesso e di renderne inattiva la subunità catalitica: questa
classe di proteine prende il nome di CKI (CDK Inhibitors).
Genesi dei tumori
Fasi del ciclo cellulare
Il ciclo cellulare è un evento molto importante, per questo motivo è regolato in tutte le sue
dimensioni. Affinché l’informazione genetica venga correttamente trasmessa dalla cellula madre
alle cellule figlie, il genoma deve essere prima duplicato durante il periodo di tempo denominato
fase S e in seguito i cromosomi devono venire segregati nelle due cellule figlie durante la fase M.
La fase M è a sua volta composta da due processi, strettamente collegati: la mitosi, durante la quale
i cromosomi della cellula sono divisi tra le due cellule figlie e la citodieresi, che comporta la
divisione fisica del citoplasma della cellula. Esiste una fase chiamata G0 (g zero) in cui la cellula
ferma il suo ciclo cellulare. Le cellule nervose e quelle muscolari (striate scheletriche) rimangono
in questo stadio per tutta la vita dell'organismo.
Il controllo del ciclo cellulare
In che modo la cellula decide qual è il momento giusto per entrare nella fase S oppure nella fase M?
Gli esperimenti effettuati sui mammiferi dimostrano l’esistenza di diverse sostanze che controllano
questi passaggi.
I passaggi da una fase all’altra (per esempio dalla fase G1 a S) dipendono dall’attivazione di alcuni
enzimi chiamati chinasi ciclina-dipendente o Cdk. Questi enzimi catalizzano la fosforilazione di
particolari proteine-bersaglio, cioè il trasferimento di un gruppo fosfato dall’ATP alla proteina:
La fosforilazione modifica la carica elettrica della proteina e ne cambia anche la forma e la
funzione. Queste modifiche sono importanti per dare il via alle fasi del ciclo cellulare.
Le Cdk non agiscono da sole: per diventare attive, esse devono legarsi a un secondo tipo di
proteina, chiamata ciclina. È il complesso ciclina-Cdk ad agire da proteina-chinasi e a indurre il
passaggio dalla sottofase G1 alla sottofase S. Poi la ciclina si dissocia e la Cdk torna ad essere
inattiva.
In altre parole, i complessi ciclina-Cdk funzionano da «posti di blocco»: qui avviene il controllo
dell’avanzamento del ciclo cellulare per stabilire se si può passare alla tappa successiva. Esistono
posti di blocco in diversi altri punti del ciclo cellulare; per esempio, alla fine della fase S c’è un
posto di blocco per controllare che la duplicazione del DNA sia completa: se non lo è, il ciclo si
interrompe prima di passare alla mitosi.
Il cancro è il risultato di una divisione cellulare anomala; pertanto, è abbastanza normale che nelle
cellule tumorali i controlli del tipo ciclina-Cdk risultino danneggiati. Per esempio, in alcune forme
di tumore alla mammella a crescita rapida si riscontra un’eccesiva quantità di una specifica ciclina,
la ciclina D, che stimola eccessivamente le Cdk attivando la divisione cellulare. Al contrario
un’altra proteina, chiamata p53, impedisce la divisione nelle cellule normali stimolando la sintesi di
un inibitore delle Cdk chiamato p21. Oltre la metà dei tumori umani presenta un p53 difettoso, da
cui deriva la mancanza di controlli nel ciclo cellulare. Le proteine che, come p21 e p53, bloccano il
ciclo cellulare prendono il nome di soppressori tumorali.
Genesi dei tumori
Ciclina
Le Cicline sono una famiglia di proteine che interessano la progressione del ciclo cellulare.
Una ciclina forma complessi con l’enzima CDK (Chinasi ciclina-dipendente) che attiva la funzione
chinasica dell’enzima. Le cicline sono così chiamate dacché la loro concentrazione varia
ciclicamente durante il ciclo cellulare; la loro produzione e
degradazione è necessaria per dirigere la progressione dei differenti
stadi del ciclo. Quando la concentrazione di ciclina è bassa essa si
stacca da CDK facendo sì che la conformazione della proteina
renda non funzionale il sito attivo.
La Ciclina B, è la cosiddetta ciclina mitotica. Infatti la
concentrazione di Ciclina B (che lega CDK1) e l’attivazione del
complesso stesso CDK1-ciclina B cresceranno fortemente a partire
dalla fine della fase S per tutto G2 fino all’inizio della mitosi (fase
M), quando calerà drasticamente a causa della degrazione. Il
complesso di CDK e Ciclina B è chiamato Mitosis promoting
factor (MPF) ovvero fattore che promuove la mitosi.
Tumore
Il legame con la ciclina attiva gli enzimi Cdk. Il legame con una ciclina
cambia la struttura tridimensionale di una molecola Cdk inattiva,
trasformandola in una proteina chinasi.
Quando le normali cellule sono danneggiate, esse vengono eliminate
mediante apoptosi. In biologia, il termine apoptosi (coniato nel 1972 a
partire dal termine greco che indica la caduta delle foglie e dei petali
dei fiori) indica una forma di morte cellulare programmata. Le
cellule cancerogene evitano l'apoptosi e continuano a riprodursi in
maniera irregolare.
Il tumore (dal latino tumor, rigonfiamento) o in senso generale
neoplasia (dal greco neo, nuovo, e plasìa, formazione) si presenta sia
in forma benigna che in quella maligna (assumendo in questo secondo
caso il nome di cancro), è una intera classe di malattie caratterizzate
da una incontrollata riproduzione di alcune cellule dell'organismo,
che smettono di rispondere ai meccanismi fisiologici di controllo
cellulare a seguito di danni al loro patrimonio genetico.
Descrizione
Affinché una cellula diventi tumorale, deve accumulare una serie di
danni al suo sistema di controllo della riproduzione.
L'alterazione cromosomica delle cellule tumorali è talmente estesa da
fornire la prova che in ogni caso di tumore tutte le cellule cancerose
discendano da una unica cellula madre mutata (popolazione cellulare
clonale): tutte infatti condividono la stessa esatta forma di danno
genetico, tanto complessa da rendere altamente improbabile
l'eventualità di due cellule madri diverse che hanno subito per caso la
Quando le normali cellule sono
danneggiate, esse vengono
eliminate mediante apoptosi. Le
cellule cancerogene evitano
l'apoptosi e continuano a
riprodursi in maniera irregolare.
Genesi dei tumori
stessa serie di mutazioni.
Alla base della patogenesi del tumore c'è la mutazione di determinati geni:
•
i proto-oncogeni,
•
i geni oncosoppressori,
•
i geni coinvolti nella riparazione del DNA.
Questi ultimi sono quelli che garantiscono la stabilità genetica perché se altri geni sono mutati per
azione per esempio di agenti cancerogeni, questi riparano il DNA prima che vada incontro alla
replicazione, prima cioè che queste mutazioni diventino stabili.
Il casuale disordine genetico che caratterizza le cellule tumorali spiega l'estrema variabilità per
aspetto, effetti, sintomi e prognosi delle molte forme di cancro note.
Tessuti di derivazione
Tessuti mesenchimali non
linfo-emopoietici
Tumori benigni
•
•
•
•
•
Fibroma
Lipoma
Condroma
Angioma
Leiomioma
Tessuti mesenchimali linfoemopoietici
1.
2.
Tessuto linfoide
Tessuto mieloide
Tessuti epiteliali
•
•
Papilloma
Adenoma
Tumori maligni
•
•
•
•
•
Fibrosarcoma
Liposarcoma
Condrosarcoma
Osteosarcoma
Angiosarcoma
•
•
•
•
•
Mieloma
Malattia di Hodgkin
Linfoma non Hodgkin
Leucemia linfatica
Leucemia mieloide
•
•
Carcinoma papillare
Carcinoma
spinocellulare
Carcinoma
squamocellulare
Carcinoma
basocellulare
Adenocarcinoma
Carcinoma
indifferenziato
•
•
•
•
Tessuti nervosi
Tessuto produttore di melanina
•
•
Glioma
Neurinoma
Nevo melanocitico
Tessuto epiteliale coriale
Tessuti embrionali
•
•
•
Glioblastoma
Neuroblastoma
Retinoblastoma
Melanoma
Corionepitelioma
Teratoma
Carcinoma embrionale
Genesi dei tumori
Oncogeni e proto-oncogeni
Un oncogene è un gene modificato, o una serie di nucleotidi che codificano per una proteina, che
aumentano la malignità di una cellula tumorale. Solitamente gli oncogeni intervengono nello
sviluppo tumorale e aumentano le possibilità che lo sviluppo (proliferazione e differenziamento) di
una cellula si diriga in senso tumorale.
Un proto-oncogene è un gene normale che può diventare oncogenetico a causa di mutazioni o di un
aumento dell’espressione. I proto-oncogeni codificano per proteine che regolano il ciclo cellulare e
il differenziamento. Possono anche essere coinvolti nella trasduzione del segnale di avvio della
mitosi.
Gene oncosoppressore
Un gene oncosoppressore (o semplicemente oncosoppressore) è un gene che codifica effettori
negativi sulla progressione del ciclo cellulare proteggendo in tal modo la cellula dall'accumulo di
mutazioni potenzialmente cancerose. Quando tale gene è assente o inattivato - ad esempio in
seguito all'insorgenza di una mutazione - la cellula può progredire verso la trasformazione in cellula
cancerosa, solitamente in presenza di altre modificazioni genetiche.
Funzioni
I geni oncosoppressori o - più precisamente - le proteine da essi codificati assolvono ad una grande
varietà di funzioni, generalmente in contrasto con le funzionalità espresse dagli oncogeni. Se gli
oncogeni infatti, nella maggioranza dei casi, presiedono a tutti i meccanismi di accrescimento e
proliferazione cellulare, gli oncosoppressori si pongono come limite a tali funzioni.
Più nel dettaglio, le funzioni degli oncosoppressori possono essere le seguenti.
1.
2.
3.
4.
Repressione di geni essenziali per la prosecuzione del ciclo cellulare. Se tali geni non sono
espressi, la cellula non sarà in grado di progredire verso la mitosi.
Interruzione del ciclo cellulare in caso di DNA danneggiato. Finché in una cellula è presente
DNA danneggiato non riparato, essa non è in grado di dividersi. Solo se il DNA viene
riparato, la cellula può proseguire con il ciclo.
Avvio dell'apoptosi. Se il danno non può essere riparato, nella cellula viene avviata
l'apoptosi, un processo di morte cellulare programmata che rimuove il rischio che tale
cellula possa nuocere all'organismo.
Soppressione di metastasi. Diverse proteine coinvolte nell'adesione cellulare sono in grado
di impedire alle cellule tumorali di disseminarsi nell'organismo (un processo definito
metastasi) e di ripristinare l'inibizione da contatto.
Esempi
Sono stati individuati diversi geni oncosoppressori. Il primo a essere stato caratterizzato è stato
quello che codifica la proteina del retinoblastoma (pRb).
Successivamente sono stati individuati importanti oncosoppressori come la proteina p53 (codificata
dal gene TP53), implicata nella regolazione del ciclo cellulare e nell'induzione della morte cellulare
programmata (apoptosi) in caso di gravi danni al DNA.
Genesi dei tumori
Altri esempi di oncosoppressori sono il gene APC, coinvolto nel tumore del colon-retto, BRCA1,
che controlla il ciclo cellulare e le cui mutazioni sono correlate con il cancro alla mammella, e
CD95.
Oncogeni e geni oncosoppressori
Gli oncogeni e i geni oncosoppressori sono geni che in condizioni normali sono coinvolti nella
regolazione della crescita delle cellule: gli oncogeni stimolano la proliferazione cellulare, mentre gli
oncosoppressori la inibiscono. Quando intervengono delle mutazioni - cambiamenti della
sequenza del DNA - a carico di questi geni, la crescita delle cellule non viene più regolata
correttamente e può quindi dar luogo a un cancro, che è, per l'appunto, una divisione in
controllata di cellule. Il prefisso "onco-" non significa che nel nostro patrimonio genetico esistono
geni "per i tumori", ma deriva dal fatto che questi geni sono stati scoperti per la prima volta in
cellule cancerose, nella loro forma "mutata".
Le mutazioni che avvengono nella sequenza del DNA degli oncogeni sono "dominanti": basta
infatti che una sola delle due copie che possediamo sia mutata perché la cellula sia stimolata a
crescere in maniera incontrollata. Per quanto riguarda invece i geni oncosoppressori, si parla di
mutazioni "recessive": è necessario che tutte e due le copie di quel gene siano mutate. Alcuni
individui possono avere fin dalla nascita una copia "sbagliata" di un gene oncosoppressore: questi
soggetti hanno quindi una probabilità più alta rispetto
alla popolazione generale - ma non la certezza - di
sviluppare un certo tipo di cancro. Un esempio di questo
tipo di geni sono BRCA1 e BRCA2, geni
oncosoppressori coinvolti nel tumore della mammella.
L’oncosoppressore Rb (o pRb) lega un fattore di
trascrizione (E2F-1), inibendone l’interazione con i
complessi trascrizionali.
Oncosoppressore Rb2/p130
Nel nostro corpo si nasconde un 'killer' dei tumori: nome in codice Rb2/p130, ma gli esperti lo
chiamano 'gene oncosoppressore'. È uno di quei geni, insomma, capace di frenare le cellule
“impazzite” che possono dar luogo a un cancro. Ora alcuni scienziati italiani che lavorano in
America hanno scoperto i meccanismi con cui si può regolare questo gene, aprendo così la strada a
possibili terapie. Questo oncosoppressore è stato scoperto nel 1993 da Antonio Giordano, che
nello stesso anno ha fondato lo Sbarro Health Research Organization Center for Biotechnology
Research (Shro), a Philadelphia (ma che ha una sede anche all'Università di Siena). Le nuove
scoperte rivelano che il meccanismo di controllo dell'espressione genica RB2/p130 in cellule
polmonari, coinvolge due proteine relativamente nuove, fattore CCCTC vincolanti (CTCF) e
BORIS (CTCF-paralogue). In pratica, scoprendo il ruolo delle proteine Ctcf e Boris sul gene 'killer'
per i tumori, gli scienziati hanno scoperto un possibile modo di regolarlo. Questo significa che,
imitando il ruolo delle due proteine o potenziandone gli effetti, in un futuro potrebbero esistere
farmaci capaci di amplificare l'efficacia del gene-killer, curando così il tumore.
Antonio Giordano, Presidente dello Sbarro Health Research Organization Center for
Biotechnology Research (SHRO), un centro di ricerca sul cancro, sul diabete e malattie
cardiovascolari, situato nel College of Science and Technology presso la Temple University di
Philadelphia, in Pensilvania, e presso l'Università di Siena, in Italia.