Guida informativa sulle malattie infiammatorie croniche intestinali

AZIENDA OSPEDALIERA DI PADOVA
Dipartimento Strutturale Aziendale Chirurgia
UOC Chirurgia Generale
Direttore: Prof. Dott. Romeo Bardini
Guida informativa
sulle malattie infiammatorie
croniche intestinali
Rettocolite Ulcerosa
Morbo di Crohn
Opuscolo realizzato da:
Dott. I Angriman e Dott.ssa G.Garbo
Azienda Ospedaliera di Padova
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PRENOTAZIONE VISITE AMBULATORIALI
E’ possibile prenotare una visita ambulatoriale nelle seguenti modalità:
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Solo per le prenotazioni allo sportello:
Presso il Piano Rialzato del Monoblocco-Policlinico
dal lunedì al venerdì dalle ore 7.30 alle ore 19.00
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Tel: 840 000 664
dal lunedì al venerdì dalle ore 7.30 alle ore 17.00
Per eventuali necessità, può rivolgersi al reparto di Chirurgia Generale – II
piano Monoblocco (tel. 049-8212761).
PERSONALE MEDICO
L'équipe chirurgica gastrenterologica è composta da:
Prof. R.Bardini (Primario Chirurgia Generale)
Dott .I. Angriman
Dott. F. Cavazzini
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MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI
La rettocolite ulcerosa (RCU) e il morbo di Crohn (MC) rappresentano un insieme di malattie, a carattere infiammatorio e ulcerativo della mucosa del
grosso e piccolo intestino, che vanno sotto il nome comune di “malattie infiammatorie croniche intestinali”.
Nella maggior parte dei casi, il trattamento iniziale di tali patologie è volto
alla risoluzione farmacologica della sintomatologia. Non sempre però questo
è possibile: in alcuni pazienti i farmaci non sono in grado di garantire un
buon controllo dei sintomi, in altri risultano efficienti solo per brevi periodi,
in altri ancora la sintomatologia si manifesta in maniera così acuta da non
consentire un trattamento conservativo. In questi casi, l’unica soluzione possibile rimane quella chirurgica.
UN PO’ DI ANATOMIA
Il piccolo intestino o intestino tenue è il tratto digestivo compreso tra il piloro (lo sfintere muscolare che si trova a valle dello stomaco) e la valvola ileocecale; misura dai 270 ai 290 cm e può essere suddiviso in duodeno (lungo
circa 30 cm) e tenue mesenterico (comprendente digiuno ed ileo).
L'intestino tenue è l'organo centrale per la digestione e l'assimilazione delle
sostanze nutritive. La sua superficie interna è dotata di numerosissime pieghe, villi e microvilli, che aumentano enormemente la capacità assorbente.
Nel duodeno si mescolano al chimo alimentare i succhi digestivi prodotti dal
fegato e dal pancreas e viene neutralizzata l'acidità dei succhi gastrici.
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Si ha quindi un'ulteriore separazione dei componenti alimentari, che permette ai tratti successivi del tenue di assorbire carboidrati, proteine, grassi, vitamine, sali e oligoelementi per cederli alla circolazione sanguigna.
Il colon o grosso intestino è un organo cavo, situato in sede addominale,
lungo circa un metro e mezzo, che inizia a livello della valvola ileo-cecale,
cioè al passaggio tra l’ultimo tratto dell’intestino tenue (detto anche ileo)
ed il cieco, e termina con il retto ed il canale anale.
E’ anch’esso suddivisibile in diverse porzioni: cieco, colon ascendente,
colon trasverso, colon discendente e sigma.
La principale funzione di quest’organo è l’assorbimento di acqua ed elettroliti in notevole quantità. Inoltre, è coinvolto nella progressione delle
feci attraverso due tipi di contrazioni: quelle segmentarie, che si manifestano come movimenti anulari, costanti, in grado di favorire il riassorbimento di acqua e di lubrificare le feci, e quelle propulsive (peristaltiche),
che compaiono ad intermittenza, finalizzate all’avanzamento del materiale fecale. L’arrivo delle feci nel retto, distendendo le pareti del viscere, determina l’inizio del riflesso alla defecazione, che comporta il passaggio delle feci nel canale anale e la loro eliminazione con l’evacuazione. La valvola ileo-cecale rappresenta una specie di pacemaker che rallenta e regolarizza il transito intestinale dal piccolo al grosso intestino
favorendo l’assorbimento dei sali biliari.
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RETTOCOLITE ULCEROSA
La rettocolite ulcerosa è un’infiammazione, che interessa la mucosa del
colon e del retto in forma più o meno estesa. La localizzazione esclusiva
delle lesioni a carico del grosso intestino consente di ottenere la guarigione dalla malattia con l’intervento chirurgico, che generalmente comporta la completa demolizione del colon e del retto (proctocolectomia
totale). Tale scelta terapeutica permette di eradicare definitivamente la
patologia e quindi di prevenire il ripetersi degli episodi acuti, nonché le
complicanze sistemiche e locali a lungo termine, la più temibile delle
quali è la degenerazione neoplastica delle lesioni.
Circa il 30% dei pazienti affetti da colite ulcerosa necessita di intervento
chirurgico nella storia naturale della malattia.
Quando si ricorre alla chirurgia?
Le indicazioni alla terapia chirurgica possono essere distinte in due categorie: in elezione quando le condizioni del paziente consentono di programmare l’intervento ed in urgenza quando la comparsa di complicanze
acute o le gravi condizioni del paziente impongono un intervento immediato.
In elezione, si ricorre all‘intervento chirurgico nei seguenti casi:
- riacutizzazioni ricorrenti in portatori di colite diffusa con segni di anemizzazione e perdita di peso;
- fallimento della terapia medica nel controllo dei sintomi intestinali;
- coliti complicate da manifestazioni extraintestinali scarsamente controllate dalla terapia medica;
- segni di displasia (cioè alterazioni microscopiche dei tessuti che sono
preludio allo sviluppo di una neoplasia) o cancro.
In urgenza:
- colite acuta fulminante;
- megacolon tossico;
- perforazione intestinale;
- grave emorragia.
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La scelta dei tempi entro i quali intervenire è di vitale importanza. Infatti se l’intervento viene eseguito prima della comparsa di complicanze performative o tossiche il rischio di morbilità e mortalità appare assai ridotto. Basti pensare che in presenza di perforazione del colon, il
rischio di sviluppare complicanze dopo l’intervento varia dal 35 al 75%
rispetto al 3-6% dei pazienti con colite fulminante operati entro i primi
2 giorni dalla diagnosi.
Quali sono le tecniche principalmente in uso?
Nel corso degli anni sono state elaborate diverse procedure, che consentono al medico di adattare la terapia al profilo del paziente.
— L’approccio più tradizionale è la proctocolectomia totale (ovvero
l‘asportazione di tutto il colon, retto compreso) con il confezionamento
di un’ileostomia terminale (cioè la formazione chirurgica di
un‘apertura artificiale sulla parete addominale, attraverso la quale viene mantenuto il transito del materiale enterico).
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L’intervento è praticato attraverso un’incisione addominale mediana, la cosiddetta via laparotomia ovvero mediante tecnica laparoscopica. Nel periodo
postoperatorio, il paziente porta un sacchetto esterno rimovibile per la raccolta del materiale fecale generalmente semiliquido.
Tale approccio permette una completa risoluzione della sintomatologia non
esponendo il paziente a rischio di cancro del colon che notoriamente è aumentato nei portatori di retto colite ulcerosa.
La proctocolectomia totale, con il confezionamento di un ileostomia continente su reservoir, associa i vantaggi della radicalità della proctocolectomia
con ileostomia terminale alla possibilità di poter svuotare l’intestino alla domanda, senza necessità di dover mantenere un dispositivo per la raccolta del
materiale enterico.
E’ possibile, infatti, costruire una tasca con una parte dell’ileo terminale, la
cui estremità viene fatta passare ad arte attraverso lo strato muscolare della
parete dell’addome, in modo da formare una valvola continente.
Con questo metodo, l’evacuazione avviene grazie ad un catetere da inserire
attraverso la valvola, che consente di svuotare il resevoir a seconda delle necessità, ristabilendo quindi un controllo sull’evaquazione.
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Purtroppo il confezionamento di un’ileostomia continente è una procedura gravata da numerose complicanze, tra cui la stenosi o il prolasso della
valvola.
La percentuale di pazienti che necessita di un re intervento si aggira attorno al 40-50%. Attualmente, questo approccio è indicato in pazienti con
una scarsa funzionalità degli sfinteri anali, che hanno un cancro del retto
basso o che sono stati sottoposti alla demolizione dell’anastomosi ileoanale. In presenza di coliti di Crohn, tale intervento è controindicato per
l’elevato rischio di recidiva di malattia a livello dell’ileo.
La colectomia sub-totale con ileo-retto anastomosi rappresenta una soluzione di compromesso. Tale intervento consiste nell’asportazione chirurgica del colon preservando però il retto, che viene collegato direttamente con l’ultima porzione dell’ileo mediante una ileo-retto anastomosi,
ripristinando una continuità del transito intestinale per via naturale. Questa procedura comporta una minore incidenza di complicanze rispetto alla
ileo-ano-anastomosi, ma espone il paziente alla riaccensione di malattia
sul moncone rettale e al rischio dell’insorgenza di una neoplasia del retto. Questo tipo di intervento è indicato nelle coliti, nelle quali la malattia
del retto sia ben controllata o in remissione.
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La proctocolectomia totale con ileo-ano anastoanastomosi su reservoir
(pouch) è l’intervento oggigiorno di scelta qualora la funzione sfinterica sia
conservata ed adeguata. La ricanalizzazione è ottenuta confezionando un reservoir ileale, una sorta di serbatoio della lunghezza di circa 15 cm costituito
dalla duplicazione dell’ultima ansa ileale, che successivamente viene anastomizzata al canale anale.
Vari sono i tipi di reservoir proposti, anche se i più utilizzati sono il reservoir a
J ottenuto mediante la sintesi di 2 anse; a S mediante l’unione di 3 anse e
quello a W che si realizza anastomizzando 4 anse. La procedura può essere
completata in un solo tempo chirurgico oppure in due tappe.
In quest’ultimo caso, durante il primo intervento si procede al confezionamento di un’ileostomia, che metta a riposo l’anastomosi a valle; dopo circa 2 mesi, verrà ripristinato il normale transito intestinale.
Tale intervento può esporre il paziente ad alcune complicanze funzionali secondarie al tipo di contenuto fecale e al confezionamento di un’anastomosi
molto bassa, per cui può comparire incontinenza osservata in una piccola percentuale di casi e generalmente in presenza di feci liquide, aumento della frequenza delle scariche alvine che mediamente sono 4 ed in alcuni casi difficoltà a rinviare l’evacuazione alla comparsa dello stimolo, anche in questo caso
si tratta di una stretta minoranza di casi e si accompagna alla presenza di un
contenuto fecale prevalentemente liquido.
L’incontinenza si manifesta prevalentemente durante la notte e talora è secondaria alla perdita della capacità di discriminare tra gas e feci.
L’introduzione della tecnica laparoscopica è stata applicata recentemente
alla RCU, con risultati sovrapponibili alla tecnica laparotomia relativamente
alla morbilità operatoria ed ai risultati funzionali, l’unico vantaggio dimostrato riguarda il migliore risultato cosmetico offerto dalla tecnica laparoscopica.
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Tra le complicanze che si possono verificare a distanza la più importante è rappresentata dalla pouchite, ovvero l’infiammazione della mucosa della tasca
ileale, che compare nel 9-34% dei pazienti, a seconda delle casistiche.
La causa è tuttora sconosciuta: sono stati presi in considerazione diversi fattori, quali la sovra infezione batterica, la stasi fecale o il difficoltoso apporto
arterioso. I sintomi clinici sono: incremento delle scariche, dolori addominali,
perdita di sangue con le feci, febbre.
La diagnosi è endoscopica (la mucosa del reservoir appare infiammata, emorragica ed edematosa a volte anche con ulcerazioni e abbondante secrezione di
muco) ed istologica. Il trattamento è medico, con antibiotici e antinfiammatori,sono in casi eccezionali si rende necessaria la demoli-zione della pouch per
la mancata risposta al trattamento medico.
MALATTIA DI CROHN
La malattia di Crohn (MC) è una patologia cronica infiammatoria, che può interessare tutto l’apparato gastroenterico, dalla bocca all’ano, anche se il tratto
più frequentemente interessato è l’ileo terminale. La tendenza a coinvolgere
più parti del’intestino in modo segmentario e l’elevato rischio di recidiva rende aleatoria la prospettiva di curare la malattia con la chirurgia la quale tuttavia si rende necessaria in presenza di complicanze o di un’inadeguata risposta
alla terapia medica. La MC è caratterizzata da un’infiammazione transmurale,
cioè coinvolgente la parete a tutto spessore che comporta il coinvolgimento
infiammatorio di strutture contigue con formazione di aderenze, determinando
talora l’instaurarsi di un agglomerato di visceri che caratterizza il reperto di
masse infiammatorie.
Nelle forme più severe di malattia, le ulcerazioni a carico della mucosa intestinale possono assumere l’aspetto di fissurazioni profonde, in grado di raggiungere lo strato più esterno e di penetrare negli organi vicini, determinando la
formazione di ascessi o di fistole che rappresentano un punto di comunicazione
tra due tratti di intestino o con un altro organo cavo.
Ma la complicanza di gran lunga più frequente è rappresentata dalla ostruzione
intestinale causata dall’edema secondario all’infiammazione o alla reazione
cicatriziale della parete intestinale.
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Terapia Chirurgica
La maggior parte dei pazienti affetti da MC (circa l’80%) necessitano almeno di un trattamento chirurgico nell’arco della storia
naturale della malattia, che tuttavia, a differenza di quanto accade nella colite ulcerosa, non consente una guarigione definitiva
della malattia, a causa soprattutto del possibile coinvolgimento di
tutto il tratto digestivo. Le principali problematiche dell’approccio chirurgico sono la frequente recidiva di malattia e il rischio di
sviluppare complicanze, come la sindrome dell’intestino corto nel
caso di estese e reiterate resezioni.
Nella localizzazione al piccolo intestino, le problematiche, che
più frequentemente conducono all’intervento, sono le stenosi
(55%) e le fistole/ ascessi (32%).
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L’intervento più frequentemente eseguito è la resezione
intestinale, che può comprendere il cieco nel caso in cui la
malattia coinvolga l’ultima ansa ileale. Tale trattamento si
impone nelle stenosi di lunghi tratti o in presenza di complicanze infettive. In questi casi è possibile ricostruire la continuità del transito intestinale mediante il ricongiungimento
dei due monconi residui; soltanto in presenza di gravi quadri
peritonitici può essere giustificato, invece, l’uso temporaneo di un’ileostomia di protezione o il ritardo nella ricostruzione della continuità intestinale.
Nelle stenosi brevi e multiple sono possibili anche interventi
finalizzati a risparmiare l’intestino, risolvendo il problema
ostruttivo con una tecnica di allargamento del lume intestinale detta stritturoplastica, che consiste in un’incisione
longitudinale dell’intestino ristretto con successiva sutura
trasversale.
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Nella MC a localizzazione colica, le più frequenti indicazioni all’intervento
sono la mancata risposta alla terapia medica, la presenza di fistole e/o ascessi, la colite severa, la grave malattia peri-anale. Nella malattia del colon, l’intervento chirurgico prevede nella quasi totalità dei casi la resezione
più o meno estesa a seconda della sede e dell’estensione della malattia.
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Se il retto non è interessato e non è presente malattia peri-anale, è
possibile eseguire una colectomia più o meno estesa con una ileo colon anastomosi, che però espone ad un maggior rischio di recidiva.
Se la malattia interessa gran parte del colon tuttavia il retto è risparmiato è preferibile ricorrere alla colectomia totale con ileo-retto anastomosi.
Se il retto è coinvolto dalla malattia o in presenza di una grave malattia peri-anale, è preferibile ricorrere alla proctolectomia totale con
ileostomia definitiva.
Il duodeno è sede di malattia nel 1-7% dei casi. Anche in questo caso, l’indicazione principale è la stenosi, occasionalmente il sanguinamento. Le opzioni chirurgiche comprendono la resezione, la stritturoplastica, la dilatazione
endoscopica e il by-pass, che mantiene una indicazione esclusivamente in
questa sede di malattia e che si attua confezionando un collegamento tra lo
stomaco ed il digiuno.
L’introduzione della tecnica laparoscopica è stata recentemente applicata
anche nella MC per eseguire resezioni intestinali o stritturoplastiche. Tale
metodica sembra offrire, oltre all’indiscusso risultato cosmetico, una più
rapida ripresa della funzione intestinale e dell’attività fisica, accelerando la
dimissione e riducendo i rischi di complicanze ostruttive da aderenze o di
laparocele (un particolare tipo di ernia, che insorge sulla sede di una pregressa incisione chirurgica). Tuttavia,l’approccio laparoscopico rispetto alla
tecnica tradizionale comporta alcuni limiti in particolare la perdita della
percezione tattile che può consentire di identificare dei segmenti interessati in modo iniziale dalla malattia, o la difficoltà di esecuzione della dissezione dei tessuti soprattutto in presenza di masse infiammatorie.
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Offre informazioni, indicazioni sull’organizzazione dell’Azienda,
riceve richieste o segnalazioni.
Fornisce indicazioni sull’accoglienza dei parenti dei malati.
L’ufficio è aperto presso:
Piano Rialzato Monoblocco (Azienda Ospedaliera di Padova - Via Giustiniani 2 - 35128 Padova)
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Ultimo aggiornamento 21.03.2017
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