Musica nella Liturgia giugno 2005

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A cura del
Dipartimento
di Evangelizzazione
Ucebi - sezione musica
Cominciamo a camminare…
I
n molti hanno invocato l’uscita di questo numero. In effetti il precedente è datato Dicembre
‘04, ma purtroppo per adesso possiamo garantire tre numeri all’anno, forse quattro.
Il numero precedente è stato un esperimento per
verificare l’interesse dei lettori. Il risultato? Prima
di tutto grande attesa …ma quando esce il prossimo? Poi tante considerazioni e molte offerte.
Praticamente con le offerte ricevute è stato possibile non solo pagare tutte le spese del numero di
Dicembre, ma anche pubblicare questo numero e
avere un deposito per il prossimo. Davvero un bel
risultato! Il nostro impegno verso i fratelli e sorelle che hanno voluto e vogliono sostenere questo
lavoro, dunque, assume un peso di grande responsabilità.
Per quanto riguarda le considerazioni, terreno un
po’ più difficile è quello della rubrica Musica &
Musiche. In generale vogliamo evitare selezioni
rigide (la redazione di Musica nella Liturgia non
è una commissione d’esame) e lasciare spazio
alle proposte, a patto che non vengano proposti
materiali “improponibili”! Innanzitutto la questione
riguarda la sfera teologica: per l’analisi di alcuni
testi, ad esempio, abbiamo chiesto collaborazioni a
pastori/e, mentre per l’aspetto metrico e musicale
verranno consultati musicisti/ste. Naturalmente ci
riserveremo sempre di dialogare con gli autori e le
autrici per migliorare e motivare certe scelte nello
spirito di collaborazione, e non - lo ripetiamo - di
giudizio.
In questo numero, nella finestra delle composizioni, c’è una novità: un inno da interpretare, che
nasce dalla richiesta di alcune comunità per meglio
comprendere il carattere di un inno, la velocità consigliabile, il tipo di vocalità da usare.
Insomma… cominciamo a camminare.
E per farlo abbiamo bisogno del vostro aiuto, delle
vostre proposte, delle vostre critiche. Quindi telefonateci, inviateci e-mail o lettere, come si faceva una
volta, perché solo con il contributo di tutti e tutte
potremo costruire qualcosa di importante e duraturo. Sempre alla gloria di Dio.
Carlo Lella
Su questo numero:
Giugno 2005
Editoriale
• Cominciamo a camminare
Articoli di apertura
• L’Animazione musicale:
dal sacro al profano e viceversa
• Punto di conclusione: l’inno vive
• Le musiche e il canto nell’esilio
Rubriche
• Musicisti ieri ed oggi: Gustav Leonhardt
• Dimmi che culto celebri e ti dirò che chiesa sei
• NewsNuoveNotizie
Finestra delle composizioni
• Un inno da interpretare
• Musica & Musiche
La redazione presenta
• Le offerte ricevute
L’Animazione musicale: dal sacro al profano e viceversa
L’esperienza dell’anima in azione con la musica
chiaro, anche questa è un’attività professionale, ma
non rientra nei compiti dell’animazione musicale per
la liturgia o nell’ambito socioculturale. Dunque, come
vedete, il percorso è ancora da esplorare.
A cura di Carlo Lella
N
e lle nostre chiese la triade AML, Animazione
Musicale per la Liturgia, sembra essere diventata
ormai parte integrante della vita comunitaria, sia nel
culto sia in tutte le altre attività comunitarie. Oggi,
in genere, più facilmente troveremo un animatore o
un’animatrice che presiede alle attività musicali, ne
gestisce la metodologia, la creazione di gruppi musicali e propone (a volte “impone”) nuove proposte
innologiche.
Dunque è tutto chiaro? Ancora non del tutto. Ad esempio: il musicista e la musicista che suonano l’organo o
la chitarra per la comunità, o dirigono l’orchestrina o
il gruppo musicale, e che fanno cantare, sono loro gli
animatori?
Esiste una differenza tra animatore e musicista? E poi,
quali sono i loro compiti?
Antonio Celano,
operatore socioculturale professionista, cioè, appunto,
animatore musicale,
ci guiderà in un percorso di conoscenza
e di approfondimento. Dalle sue considerazioni emerge un
primo dato interessante che giova qui
anticipare: i confini
tra una animazione per così dire “profana”, cioè al di
fuori dell’ambito comunitario, ed un’animazione liturgica,
non sono così netti, anzi. Ad Antonio, dunque, la parola
con una intervista che continuerà anche nel prossimo
numero.
Per rispondere occorre partire dalle origini e vediamo
subito che il tragitto non è semplice. Infatti, occorre
fare attenzione che quando parliamo di animazione musicale o si comprendono effettivamente I suoi
ambiti o si fa spesso confusione con un tipo di figura
di animatore simile a quello turistico, pur esso definito
animatore musicale. Confusione del resto plausibile in
quanto effettivamente questa figura esiste, ed anche
in ambito professionale. Potreste dire a questo punto:
ma è chiaro che si tratta di un ruolo diverso.
Davvero è così chiaro? Ne siamo proprio sicuri?
Non accade, a volte, nelle nostre chiese, che si confonde l’animatore con l’intrattenitore, colui o colei che
devono riempire degli spazi, farci cantare, magari farci
anche un po’ divertire? Infatti, non poche volte capita
di ricevere inviti per una serata particolare di evangelizzazione con lo scopo dichiarato di intrattenere
le persone tra una predicazione e una preghiera per
evitare che l’incontro sia “troppo pesante”. Dunque,
un’animazione da “intrattenimento”. Nulla da discriminare verso l’animazione intesa in questo senso, sia
• Allora Antonio, cominciamo la nostra chiacchierata con
una prima domanda: cosa s’intende per animazione
musicale? Quando è nato questo termine? È un termine
appropriato? È corretto usarlo?
Comincerei col dire che l’animazione è una pratica
sociale più che una disciplina o una teoria. Parlo in
primo luogo dell’animazione socioculturale e poi di
quella musicale. Il termine è ormai entrato nel linguaggio comune in modo massiccio ed è usato ed abusato
in tutti i settori. Mi capita spesso di essere definito da
altri “animatore” più che definirmi tale. Sinceramente
non so quando sia nata l’espressione animazione
musicale. Il termine “animatore” era già noto ai latini e lo si incontra in tutta la tradizione occidentale.
Certo negli anni cinquanta e sessanta l’animazione
socioculturale getta le basi anche di quella musicale ed
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a partire dagli anni settanta quest’ultima ha una sua
legittima autonomia. È una espressione sicuramente
appropriata e nel senso di “anima in azione con la
musica” piuttosto che “dare anima con la musica”.
Quest’ultima presuppone uno squilibrio di potere
tra chi dà e chi riceve o comunque il non stare sullo
stesso piano. Il potere sì, perché la nascita di queste
pratiche ha a che fare proprio col potere e col suo uso
consapevole o no nell’educazione e nella formazione.
Non è un caso che dal mondo della marginalità, del
disagio, della diversità nasce un nuovo modo di usare
e produrre musica.
“Animazione socio-culturale con la musica” rende
bene il dar voce e presenza a persone, gruppi, ambienti diversi.
Quel che mi viene di più essenziale provo a riassumerlo in due principi, senza nessuna pretesa di scentificità
ovviamente e senza riferimenti a teorie correnti. Mi
serve per proseguire in questa chiacchierata.
1. Principio del qui ed ora.
2. Principio del caos che produce senso.
1. La famosa espressione “qui ed ora” si riferisce
all’essere centrati efficacemente in una situazione di
lavoro con gruppi e ad una azione di coinvolgimento
a prescindere dai contenuti su cui si va a lavorare.
Un lavoro che tiene conto della identità di ognuno,
nello specifico della identità sonoro-musicale in primo
luogo, e che nell’incontro con l’altro definisce un percorso comune (vedremo meglio parlando del metodo
cosa significa questo concretamente).
2. Il caos sappiamo bene che non indica solo il disordine ma soprattutto l’apertura, la flessibilità, lo sguardo
sul tutto. Esso sollecita ricerca, costruzione, produzione
di senso. Il caos è l’opposto del progetto, del programma, ma ha a che fare con le persone in carne ed ossa
e con la nostra capacità di ascoltare ed entrare in contatto con un mondo sconosciuto ed, appunto, caotico.
Capisco quanto sia spiazzante questo secondo principio ma serve a non sentirsi insegnanti e lasciare l’abito
del sapere consolidato. E’ proprio così che bisognerebbe sentirsi all’inizio di un’esperienza : spiazzati, fuori
luogo, tesi a cercare nuova presenza. Tuffarsi in un’avventura rigenerante, questa è per me una possibile
definizione di animazione. “L’altro” è
un rischio, ma so che solo specchiandomi nell’altro posso capire qualcosa
di me.
• Quali sono i campi dell’animazione musicale?
Ovunque c’è suono e musica per scelta, per obbligo o
per caso, può esserci un progetto che metta in relazione singoli, gruppi o comunità. E’ importante attrezzarsi
per una lettura attenta dei bisogni dei destinatari della
nostra azione. I settori più interessati sono l’educazione, la prevenzione, la formazione di operatori, il tempo
libero infantile e giovanile, ma negli ultimi anni anche
anziani, disabili, detenuti ed ex detenuti, educazione
interculturale.
• Quali sono i principi che regolano una metodologia di
animazione?
• Che cosa s’intende per attività di animazione?
Dici giustamente “attività” e centri in
pieno lo specifico dell’animazione che è soprattutto pratico, più
precisamente attività di laboratorio in
cui ognuno si misura con le proprie
capacità e parte da quella che da molti
anni chiamiamo competenza musicale
comune o di base: la competenza dei
non musicisti che attinge ai vissuti
di ognuno e ai mille mestieri che
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particolare a quei movimenti di educazione nuova che
hanno contribuito a svecchiare la nostra pedagogia e ci
hanno fornito tecniche e strumenti più efficaci.
hanno a che fare con la musica. Prima di parlarti e
farti esempi di attività vorrei, però, introdurre un’altra
considerazione di carattere generale.
L’animare può riguardare una rete di interventi
in comunità o istituzioni diverse e si riferisce alla
capacità di tessere relazioni, progettare azioni
sociali di cambiamento attraverso la musica ed
è ovvio che in questo caso l’animatore musicale si fà
organizzatore, progettista, creatore di modelli originali
di intervento. L’altro aspetto è quello della conduzione
di una sola esperienza in una sola realtà e quindi l’animatore è il conduttore di una specifica attività e
cioè un gruppo di ascolto, un laboratorio di giochi musicali con bambini, un gruppo di improvvisazione, la creazione di un evento musicale pubblico, una esperienza di formazione, un gruppo
di danza, un coro o altro.
Sempre, comunque, per chi vi partecipa si tratta di
esperienze in prima persona in attività ben strutturate,
dove la quantità e qualità delle proposte e la molteplicità di relazioni in atto mette chiunque in grado di esplorare ed apprendere riscoprendo potenzialità nascoste.
Un’esperienza di questo tipo non ha la freddezza di un
seminario di studio, di un ciclo di lezioni, la sofferenza
nello studio dello strumento in conservatorio. La psicopedagogia ci ha messo a disposizione importanti conoscenze sul come appprendiamo in modo significativo,
conoscenze che non possiamo ignorare. Mi riferisco in
• Che cosa s’intende per metodologia in un’attività di
animazione?
Butto giù alcuni aspetti, poi provo a parlarne: L’èquipe
di conduzione, lo stage, i piccoli gruppi, i contenuti, l’atmosfera non valutativa.
I principi si sostanziano secondo una rigorosa metodologia per cui mi piace affermare che la teoria è nel
metodo.
L’animatore per non sentirsi onnipotente deve,
ad esempio, far parte di una èquipe di conduzione. Tre, quattro persone o minimo due per
un gruppo di lavoro di venti adulti o bambini. E
proporzionalmente alla crescita dei partecipanti cresce
anche il numero degli animatori. Non è un rapporto
rigido ma se si vuole qualità bisogna evitare un alto
numero di persone affidate ad un unico conduttore.
Di per sè questo non garantisce nulla, ma è un punto
di partenza importante. Significa dover programmare
insieme, confrontarsi, guidare separatamente o insieme momenti del lavoro, dare un esempio di gestione
democratica di un gruppo. Essi si pongono come riferimento dentro un ruolo e una responsabilità riconoscibile. Come vedi se le mie affermazioni iniziali ti potevano far pensare ad una pratica spontaneistica ora ci
inoltriamo in aspetti molto strutturati e
che richiedono una lunga formazione
per poter essere gestiti. Un animatore
o animatrice efficace è consapevole
dei suoi investimenti affettivi, dei suoi
meccanismi proiettivi, ed è in continua
crescita personale e professionale. Lo
stage, una esperienza intensiva di più
giorni, è lo strumento più importante per adulti e bambini per entrare
appieno in una attività. Parlo sia della
formazione degli adulti che di lavoro
con bambini. Questo strumento è nato
proprio con gli operatori del tempo
libero, in particolare per i soggiorni
vacanza per bambini. Oggi è usato
da tutti anche dalle aziende e dalla
scuola, ma è importante ricordarsi che
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• Quali sono gli errori che occorrerebbe evitare?
Di errori ne facciamo tutti ma, in un contesto facilitante sono più digeribili, ci fanno umani e non professionisti infallibili. Mi puoi dire però che questo è
generico e allora provo a dire cosa non deve fare
un animatore. Non parla molto. Non racconta
la propria visione del mondo e della musica. Non si esibisce. Non giudica. E allora cosa
fà? Presenta proposte di lavoro in modo sintetico, a volte senza neanche parlare, osserva,
ascolta, facilita, insegue una sorta di presenza-assenza. A volte c’è ma non si vede. Il contrario di un animatore da spiaggia che c’è, si vede e
spesso rompe.
Ti starai chiedendo se un animatore come quello che
sto descrivendo non rinunci in questo modo alla sua
autorità. Penso proprio di no, è solo un altro modo di
esser guida consapevole.
(continua)
è nato dal nostro mondo e che propone una esperienza di vita comunitaria dove a partire da
una qualsiasi attività, in gioco è sempre tutta la
persona nel corso degli innumerevoli momenti,
strutturati e non, della giornata. Il lavoro in piccoli
gruppi di sei o sette persone permette ad ognuno di
trovare facilmente spazio per esprimersi e non annullarsi nel grande gruppo.
La varietà delle proposte e dei contenuti specifici
dovuti alla diversa formazione e competenza dei
conduttori darà la possibilità di esplorare liberamente in attività previste in coppia, triadi, piccolo e
grande gruppo, attività anche opzionali e non imposte. Il tutto in una atmosfera non valutativa
dove la persona sceglie con chi, come e quando
rivelarsi e certo non all’autorità ma agli altri in
genere. La valutazione nella sostanza è una autovalutazione operata nel corso di riflessioni collettive,
diari, resoconti di attività, verbali di osservazione,
questionari anonimi.
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Punto di conclusione: l’inno vive
I cantici sono sempre soggetti a trasformazioni
scritto in lingua straniera bisogna che, nel testo italiano risultante, gli schemi ritmici della 1a strofa siano
riprodotti esattamente uguali nelle strofe successive,
fatte le debite eccezioni come ad esempio nei Salmi
ginevrini...”. La terza ed ultima norma che conclude
questa finestra di riepilogo dice che: “la persona più
idonea per scrivere il testo di un inno, sia esso una
traduzione o un testo di nuova invenzione, è quella
che conosce bene la nostra lingua ed ha anche una
discreta formazione musicale...”
A cura di Ferruccio Corsani
N
e llo scorso numero di Dicembre 2004 in Musica
nella Liturgia si è aperta una pagina di riflessione e di studio sulla composizione degl’inni curata
dal maestro Ferruccio Corsani. Prima di riprendere
con lui il discorso ripercorriamo brevemente alcuni
principi da lui stesso enunciati nello scorso numero,
invitando chi non possiede questa copia di Dicembre
a mettersi in contatto con la redazione per riceverla.
Dunque, molto sinteticamente, Corsani era partito
dall’enunciazione che innanzitutto un inno è una cosa
seria e una cosa complessa
nel quale l’unità del testo
con la melodia è il principio
fondante. Spesso, continua,
“in passato (e a volte ancor
oggi! n.d.r.) in molti inni
c’era il difetto della non corrispondenza fra gli accenti
musicali quelli del testo: ma
essa è necessaria...bisogna
che lo spirito della melodia rispecchi la natura del
testo...anche se gli accenti
coincidono, e se la musica
è in armonia con il concetto
del testo, può avvenire che la scelta della melodia non
sia opportuna per ragioni storiche o culturali oltre che
teologiche: un testo che esalta l’opera redentrice di
Cristo attraverso la croce non può essere applicato ad
una melodia del popolo che queste cose non le riconosce…”.E così Corsani conclude questa prima parte
con l’enunciazione di tre norme indicative: la prima
norma afferma che “non conviene produrre un inno
sacro servendosi di una poesia d’autore, per bella che
sia: il suo autore non la concepì per quello scopo...”.
La seconda norma è: “traducendo il testo di un inno
P
enso che le precedenti argomentazioni abbiano
dato l’idea della complessità del soggetto “inno
sacro” e di conseguenza, della redazione di un innario,
sennonché in esse gli inni sembrano visti come una
specie di oggetti da studiare in laboratorio, analizzandoli sotto il profilo tecnico (testo, melodia, loro concordanza ecc...). Ma gli inni sono anche e soprattutto
possesso delle comunità; dai credenti essi vengono
imparati, cantati, amati e talvolta dimenticati...Sono
dunque qualcosa di vivente e non dei fossili o opere
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inavvicinabili se non dagli specialisti: ciò va tenuto presente nel redigere un innario. Per un buon risultato in
questo lavoro vanno tenuti presenti diversi criteri che
rilevai partecipando alle Commissioni innario del 1969
e 2000. I testi vanno aggiornati, attenendosi per quanto possibile all’uso attuale della lingua; molti termini
frequenti nell’innario del 1922 sono oggi obsoleti e la
gente non li capirebbe. Vediamone alcuni: Pondo=peso
(I.C. 1922, n. 56) / Denno=devono (I.C. 1922, n. 29)
/ Fia = sarà (I.C. 1922, n. 29) / Avello = tomba (I.C.
1922, n. 71) / Settemplice =abbondante, molteplice
(I.C. 1922, n. 56) / Astergi=cancella (I.C. 1922, n. 90)
/ Vanni=ali e Possa =potere, potenza (I.C. 1922, n.
220) / Conte=conosciute, note (I.C. 1922, n. 247, che,
inoltre, altro non è che l’inno nazionale inglese come
melodia) / Appo=presso (I.C. 1922, n. 6) ecc...L’uso (e
abuso) di tali forme arcaiche e comunque difficili da
intendere
si spiega in due
modi: tra il
italiani, me compreso, conosce solo i primi due versi.
Rileviamo d’altra parte che già innari fine ‘800 e inizio
‘900 si preoccuparono di modificare testi difficili: l’attuale inno n. 239 (I.C. 2000), alla II strofe, suona “per
sempre Egli cancella - la legge della morte; il verso
negli innari del 1875, 1907, 1922e 1969 era: “l’antico
Egli cancella - decreto della morte”. Tuttavia nel primo
innario evangelico in italiano, pubblicato a Londra nel
1853 (cinque anni dopo lo Statuto albertino) quando
sia i valdesi sia le altre chiese evangeliche iniziarono la
loro opera di evangelizzazione in Italia, questo verso
recitava: “Egli il fatal cancella - chirografo di morte...”;
chirògrafo è parola direttamente derivante dal greco
antico e appartiene al gergo notarile. Quante trasformazioni in questo e in moltissimi altri inni!
Dunque possiamo trarre le nostre considerazioni e
cioè che a) i cantici sono dunque soggetti a trasformazioni che possiamo considerare di tre tipi: 1°) modifiche arbitrarie a melodie di valore artistico, 2°) modifiche a melodie di valore puramente consumistico,
come si usa dire. 3°) Modifiche ad inni dimenticati o
abbandonati. Nel 1° tipo chi curò
gli innari nel sec XIX e all’inizio
del XX non seppe o non ritenne
necessario distinguere fra melodie con valore d’arte e melodie
1850 e il 1920 si trattava di termini
abbastanza diffusi, ed inoltre nel
XIX secolo si riteneva (tra i letterati) che la vera poesia dovesse avere una forma dotta
e nobile e in definitiva astrusa e complicata. Basti
pensare a come risulta difficile capire il senso del
famoso “Va pensiero...” del quale la maggioranza degli
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banali, per quanto aggraziate o variamente espressive.
Per di più si ritenne che, poiché l’inno doveva trasmettere un messaggio (cosa esatta) il suo testo contava
più che la musica, sicché per rendere certe certe melodie storiche e artisticamente adatte a rivestire certi
testi (o traduzioni “originali”) non si esitò a modificare
il ritmo e talvolta la melodia stessa di inni come “Ein
feste Burg” (Una Forte Rocca) di Lutero (I.C. 1922, n.
29) poi riportato nell’esatta veste ritmica, adottata in
tutti gli innari del mondo, negli innari del 1969 al n.
142 e del 2000 al n. 45. Il ritmo del 1922 toglieva alla
melodia tutta la sua carica robustamente aggressiva e
piena di sicurezza e fede in Dio. Inoltre se evangelici
italiani cantavano l’inno con fratelli tedeschi o svizzeri
o francesi o spagnoli o inglesi e altri ancora si creavano
cacofonie, specialmente alle cadenze.
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Lo stesso fenomeno accadde per l’inno "Venite e lieti cantici" n. 1 dell’I.C. 1922, tornato al ritmo originale nell’I.C.
1969, n. 13 e nell’I.C. 2000, n. 167, ancora migliorato.
Voglio citare ancora il n. 23 dell’I.C. 1922, "Scrivi Tu di propria mano", con la melodia snervata e lamentosa in
confronto all’originale riapparso (con altro testo) al n. 148 dell’I.C. 1969 e al n. 27 dell’I.C. 2000; ora la melodia ha il suo giusto andamento sicuro ed incisivo, atto a celebrare la potenza di Dio.
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Nel 2° tipo, trattandosi di inni non opera di autori
illustri, talvolta un po’ banali o di sapore popolare,
nulla vieta di apportare loro qualche ritocco, specie
a fine verso, aggiungendo una notina che trasforma
la cadenza da “maschile” (per parola tronca) in
“femminile” (per parola piana); ciò si rende necessario per gli inni presi da innari tedeschi o inglesi o
francesi, le cui lingue abbondano di parole tronche,
mentre la lingua italiana ne è poverissima, così
come è povera di monosillabi; il tedesco può esprimere un intero concetto in un solo verso, a furia
di monosillabi, mentre noi dobbiamo usare parole
di più sillabe: un raro esempio di verso fatto di
monosillabi è il I verso dell’inno n. 29 dall’I.C. 2000
“O Re dei re che nel mio cuor...”. Sapreste trovarne
altri? Nel 3° tipo si è detto che certi inni vengono
dimenticati: inutile dunque ripescarli in successive
edizioni. Ma se qualcuno di essi risulta avere il
testo o la musica validi, val la pena di trasformarlo
applicando al testo valido una melodia già nota, o,
inversamente cercando per una melodia valida un
altro testo, migliore, o frutto di ispirazione o tradotto da una lingua straniera, curando inoltre che esso
sia nuovo e coinvolgente. Esempio di tali trasformazioni si trovano nell’I.C. 2000 ad esempio con il
n. 248, Vieni fratello, vieni a Gesù che era sparito
nell’edizione del 1969; il suo testo, un po’ modificato, ha ricevuto la melodia del Deh, più vicino (vd.
1969/247 e 2000/249). Le due melodie attualmente
convivono. E così per molti altri esempi.
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A questi tre criteri potremmo aggiungerne un 4°:
occorre che il testo rispecchi fedelmente il messaggio
della parola di Dio, senza intrusioni devozionali o
sentimentali eccessive, e soprattutto senza devianze
teologiche. Certe espressioni e metafore che oggi
appaiono un po’ arrischiate possono essere ammesse
considerando il loro valore documentario: rispecchiano la mentalità degli evangelici del XIX° sec. , educati
alla scuola del romanticismo e del pietismo, quando
si badava più al sentimentalismo che alla riflessione e
ci si muoveva quasi del tutto sul piano dell’individualismo, tralasciando l’idea di comunità. Voglio concludere queste mie riflessioni con due pensieri che affi-
do alla meditazione e all’eventuale critica dei lettori.
Il primo pensiero è l’esortazione ad amare i nostri
inni che ciò portano l’eco di tanto diverse epoche e
culture; inoltre attraverso essi Dio, se vuole, ci parla:
quante conversioni dovute all’ascolto di inni! Il secondo pensiero è che non è vero che gl’inni di un’epoca
sono belli e quella di un’altra brutti. Ogni epoca e
stile hanno dato frutti di alto valore, altri di onesto
livello, altri ancora banali e dozzinali. L’importante è
non fermarsi mai, accettare i “portati” validi e utili del
passato e possibilmente produrne di nuovi, altrettanto validi. Purché tutto sia fatto, come diceva J. S. Bach,
“Alla gloria di Dio”.
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Le musiche e il canto nell’esilio
Non cantare la Torah equivale a violare le leggi di Dio
A cura di Deborah D’Auria
testo. La musica è inscindibile da esso, anzi lo sorregge e lo giustifica, non costituisce un’aggiunta che rende
più piacevole l’ascolto della Parola, ma
non la si può comprendere se essa non
viene modulata da una melodia. Perciò
nel Talmud si afferma che non cantare la
Torah equivale a violare le leggi di Dio.
Questa modalità di leggere la Bibbia cantandola si è estesa a tutti i testi sacri, quindi le preghiere, lo studio della Torah così
come del Talmud vengono fatte sempre
con una lettura intonata: “E noi leggiamo
la Haggadah, io e mio padre, a voce alta,
come un tempo, anni addietro, modulandone la melodia, pagina per pagina…finché non giungiamo al Cantico dei Cantici,
come un tempo, anni addietro, con una
melodia tutta particolare…”. È Shimek a
parlare, il protagonista del piccolo capolavoro scritto da Sholem Aleykhem “Il Cantico dei
Cantici” che con delicatezza ci offre in queste poche
righe uno spaccato di quella che è la celebrazione
delle cerimonie rituali, di quelle preghiere e di quella
lettura infinita che nel corso dei secoli, le toledot, cioè
N
e l primo articolo, uscito a Dicembre 2004, si è sottolineato lo stretto intreccio tra le espressioni artistiche (musica, canto, poesia ) che lungo i secoli i figli
di Israele hanno sviluppato con la loro storia antichissima, la Parola rivelata e le culture con cui entravano
in contatto. In particolare, i tragitti musicali che hanno
accompagnato la preghiera e che hanno scandito il
ritmo del tempo di questa vita e di questa storia sono
legati all’ascolto della Parola di Dio. Ora facciamo un
passo successivo.
Come il Tempio, un luogo altrettanto importante è la
sinagoga. La sua nascita avviene quando il Tempio era
ancora in piedi e dunque non si sostituisce ad esso, ma
il suo affermarsi come luogo di studio e di preghiera
porta con sè la nascita di un nuovo modo di fare musica. Ciò che dalla musicalità più originalmente ebraica il
mondo moderno ha ereditato è senz’ombra di dubbio
il canto sinagogale che si caratterizza oggi come allora,
per aver proposto un rapporto nuovo col testo biblico.
Infatti la sua lettura viene ad essere intonata e quindi
la musica, il canto sono un tutt’uno col significato del
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le generazioni, con lo
stesso ritmo ininterrotto
hanno tenuto in vita.
Sempre per ciò che
concerne la stretta relazione tra Parola e musica, è importante tener
presente che la Bibbia è
stata trasmessa senza la
vocalizzazione e mancante anche di quei
segni musicali che indicassero la modalità per
la lettura pubblica cantilenata e salmodiata. Questo
“vuoto” veniva e viene ancora oggi ad essere colmato
dal lettore che riceve in questa apparente mancanza il
dono prezioso della libertà interpretativa che riguarda non solo la dimensione
musicale, ma anche quella semantica, visto che
l’assenza delle vocali nel
testo biblico e dei segni di
scansione musicale danno
luogo ad infinite possibilità interpretative. Perciò i
te’amim, vale a dire i segni
musicali della Bibbia sono
puramente accentuativi,
indicano la scansione ritmico-sintattica della frase,
cioè le sue pause, i respiri, i legami tra le parole o parti
della frase, ma non ne indicano l’altezza permettendo
così una assoluta libertà inventiva dal punto di vista
melodico.
Te’am, singolare di
te’amim, può essere
tradotto con sapore,
ma anche con
intelligenza, qualità e
significato, una rosa
di attributi così diversi
ed anche opposti
tra loro che però ci
danno la m i su ra
dell’intenzione della
loro funzione cioè
quella di dare sapore
al testo, aggiungere
alle parole e al loro
significato un elemento che le rende più gradevoli
all’orecchio così come alla mente, dolci e indispensabili
come un condimento
per l’appunto. I te’amim
potremmo considerarli in
ultima analisi, come una
testimonianza vivente di
quell’intreccio inestricabile
tra osservanza rigorosa e
spirito di libertà, elementi
indic a t i v i t ra i t ant i,
dell’identità ebraica.
Ed è a partire da questo
elemento di libertà che va
fatto a questo punto un
accenno al niggun, cioè al canto senza parole, o per
meglio dire al canto che ripete nel suo libero melodicizzare alcune sillabe o poche parole prive di alcun
senso concettuale (la la la, tra la la, bam bam, bam…)
che caratterizza l’espressione più tipica della musica
nel mondo dei chassidim.
Il canto puro così concepito, che non è accompagnato
da alcuna parola, per i chassidim ha valore di preghiera, di contatto diretto col divino, al di là e sopra ogni
parola. In molti racconti chassidici, in primo luogo
quelli attribuiti al Baalshem Tov e raccolti da Martin
Buber, si esprime bene questo concetto. Ne ricordo
uno tra i tanti che ha per protagonista la musica e che
racconta di un suonatore di violino che un giorno suonava con una dolcezza tale da indurre alla danza tutti
coloro che lo ascoltavano. Un sordo che non sape-
Per tale motivo il chazan (cantore) di ogni comunità
ebraica ha elaborato un proprio modello di cantillazione che sarà totalmente diverso da comunità a comunità, pur nel rispetto dell’indicazione fornita dai te’amim.
13
va nulla di musica, assistendo
alla scena giudicò
questo comportamento come
privo di senso e da
pazzi. Ovviamente
la sordità a cui si
riferisce il racconto è una sordità
dell’anima che è
incapace di cogliere il senso profondo della melodia
senza parole del
violinista, quella
musica priva di regole, libera espressione sonora, che
sgorga liberamente dal cuore riuscendo ad esprimere
ciò che è inesprimibile con le parole andando oltre il
loro limite elevando una melodia all’inafferrabile Dio.
PER SORRIDERE
Storia del cantore
Si racconta che , in principio, Dio creò prima gli animali,
poi creò l’uomo. Una volta creato, il cane si voltò verso
di lui e domandò:
«Che cosa farò nella vita, mio dolce Signore?»
«Tu, cane, avrai un padrone che ti picchierà se non gli
obbedisci, roderai gli ossi e abbaierai alla luna».
«E quanto tempo vivrò., Signore?»
«Settant’anni»
«Settant’anni? Come! Dovrei condurre una vita da cani
per settant’anni? Ma sono più che sufficienti quindici!».
«Va bene» disse il Signore.
Poi Dio creò il cavallo. Una volta creato, il cavallo si
voltò verso di lui e domandò:
Che cosa farò nella vita, mio dolce Signore?»
«Tu, cavallo, trasporterai dei pesi e avrai delle frustate
come ricompensa».
«E quanto tempo vivrò., Signore?»
«Settant’anni»
«Settant’anni? Come! Dovrei condurre una vita da
cavallo per settant’anni? Ma sono più che sufficienti
venticinque!».
«Va bene» disse il Signore.
Poi Dio creò un cantore di sinagoga. Una volta creato, il
cantore si voltò verso di lui e domandò:
E io che cosa farò nella vita, mio dolce Signore?»
«Tu, cantore, canterai alla sinagoga. Canterai per tutti i
nostri matrimoni, i nostri bar mitzwah, le circoncisioni;
per tutte le nostre festività canterai. E, ogni volta che
aprirai la bocca, tutti saranno estasiati davanti a te. La
tua vita non sarà altro che una lunga serie di godimenti
senza fine».
«E quanto tempo vivrò, Signore?»
«Settant’anni»
«Settant’anni…soltanto? Mio dolce Signore, fai in modo
che possa vivere almeno fino a centovent’anni!!».
«Va bene» disse il Signore.
Ma dove poteva prendere il Signore gli anni supplementari richiesti dal cantore? Non li poteva prendere
che da quelli che in origine aveva accordato al cane e
al cavallo.
Dunque, se vi capita di ascoltare un cantore di oltre
settant’anni, non stupitevi se urla come un cane! E se vi
capita di invitarlo alla vostra tavola, non stupitevi nemmeno se si abbuffa come un cavallo!
PICCOLO GLOSSARIO
Talmud – Dalla radice lamad significa “studiare”,
“insegnare”, “imparare”. Si tratta di quel vastissimo
insieme di tradizioni rabbiniche, che racchiudono il
corpus della dottrina giudaica, soprattutto giuridica,
redatto dai maestri di Babilonia e di Israele. Nato
dalle discussioni dei maestri, il Talmud è diventato un
immenso corpus letterario. Vi sono due Talmud: uno
di Gerusalemme detto anche palestinese o gerolosomitano, e uno babilonese, che è il Talmud per antonomasia. La lingua del Talmud non è solo l’ebraico, ma
anche l’aramaico, non mancano intrusioni del greco.
Haggadah – Questo termine deriva dalla radice
ebraica ngd, raccontare, e indica sia la parte narrativa
della letteraria rabbinica che non ha scopi normativi
o comunque relativi all’osservanza della Torah, sia il
testo che si legge durante la celebrazione della Pasqua
ebraica.
Chassid (plur. Chassidim) – La parola indica l’uomo pio,
devoto. Il termine indica anche gli appartenenti a gruppi
mistico-pietistici che hanno svolto un ruolo decisivo
nella storia del popolo ebraico dal Medioevo a oggi.
14
Musicisti ieri ed oggi: Gustav Leonhardt
«Dopo la parola di Dio, solo la musica merita di essere celebrata»
Martin Lutero
A cura di Elisa Baglieri
L
e ggendario organista, clavicembalista e direttore
d’orchestra, Gustav Leonhardt è uno dei più grandi
maestri e interpreti del mondo nel repertorio antico.
Nato in Olanda, il 30 maggio del 1928, ha intrapreso lo studio dell’organo e del clavicembalo presso
la Schola Cantorum di Basilea con Eduard Muller. È
stato in seguito nominato professore all’Accademia
di Vienna (1952-55) e al Conservatorio di Amsterdam
(1954) ove attualmente insegna. Da diversi anni è
organista all’Eglise Wallone e, dal 1982, alla Nieuwe
Kerk, entrambe ad Amsterdam. Grande esperto ed
interprete della musica del Sei e Settecento, Leonhardt
si è esibito in tutti i maggiori centri musicali d’Europa ed ha compiuto numerose tournées negli Stati
Uniti d’America, Australia, Giappone. Professore ospite
all’Università di Harvard nel 1969, ha ricevuto nel 1981,
insieme a Nikolaus Harnoncourt, il Premio Europeo
Erasmus (per la prima volta assegnato a musicisti).
Ha inoltre ricevuto cinque dottorati honoris causa,
gli ultimi dei quail dalle Università di Harvard
e di Padova. Per chi voglia ascoltarlo dal vivo il
prossimo concerto per Clavicembalo avrà luogo
Mercoledì 5 ottobre 2005, Viterbo, Palazzo dei Papi
eseguirà musiche di Couperin, Leroux, Pachelbel,
Bohm, Fischer, Bach.
Qualche mese fa la rubrica Protestantesimo ha avuto
l'occasione di poter intervistare Gustav Leonhardt,
uno dei quattro più grandi interpreti di J.S. Bach a
livello mondiale. La sua testimonianza di fede durante l'esecuzione delle 3 cantate mi ha molto colpita e
mi ha fatto riflettere circa la povertà, per certi versi
della nostra nuova innologia, questo il motivo che mi
spinge a rendervi partecipi dell'insegnamento che ho
ricevuto da questo grande maestro. In quella occasione la redazione di Protestantesimo ha avuto modo
di registrare l'esecuzione di alcune cantate sacre,
eseguite dal coro del Friuli Venezia Giulia e dirette
dal maestro Gustav Leonhardt riporto qui di seguito
l'intervista realizzata da Protestantesimo e curata da
Marco Davite.
Bach è uno dei compositori più geniali di tutti i tempi.
Nasce ad Eisenach, in Germania, nel 1685, la stessa
città in cui Lutero, 150 anni prima, aveva iniziato la
traduzione della Bibbia in tedesco. La sua fede luterana è alla base della sua musica: Bach scriverà nel
corso della sua vita principalmente musica religiosa.
Le sue cantate, i suoi corali, sono stati composti per
inserirsi all interno dei culti domenicali, ed hanno
sempre come base un testo biblico, normalmente il
testo che quel giorno il pastore commentava dal pulpito. Per Bach la musica è innanzitutto uno strumento
per comunicare la Parola di Dio: tutte le partiture
più importanti recano, all inizio, le iniziali DSG: a Dio
soltanto sia la gloria.
15
Corale BWV 99
Bach era immerso nella ortodossia protestante luterana,
e questo emerge con forza dalle sue musiche. Oggi la
situazione è molto diversa, e la religione non ha più
l'importanza che aveva allora. Anche se, io credo, il fatto
che così poca gente vada in chiesa al giorno d'oggi non
deve indurci a pensare che tutti abbiano perso la fede.
Una cosa però è certa: nessun compositore contemporaneo – per quanto ne sappia io – riesce a trasmettere
alla sua musica una simile intensità di fede.
testo:
Ciò che Dio fa è ben fatto
giusta è la sua volontà.
Egli è il mio Dio
nelle difficoltà sa come sostenermi.
Disagi, morte e miseria
possono spingermi su aspre vie;
Dio però mi terrà nelle sue braccia
per questo mi affido a lui.
dalla lettera dell’Apostolo Paolo ai Galati
Si sente, in queste note, una forza che parla, che convince anche quelli che non odono la voce della fede.
Si sente che c è qualcosa che va al di là della semplice
musica.
16
Corale BWV 115
sto sia un limite, anzi, credo che sia una grande opportunità, una possibilità di far giungere il messaggio evangelico là dove altrimenti non sarebbe ascoltato. L'unica
cosa che mi da fastidio è l'applauso perché vuol dire
che si è ascoltata la musica come se si fosse ad uno
spettacolo. Che vuol farci: sono un calvinista! Per me,
quello che conta, non è tanto la musica – certo bellissima – ma quello che conta è la sua forza spirituale, ed è
quello che vorrei che la gente cogliesse anche oggi.
Coro finale BWV 131
testo:
Dal profondo grido a Te, o Signore
Ascolta la mia voce.
Le tue orecchie siano attente
alla voce della tua preghiera.
Io spero in Te, Signore,
perché presso di Te è la grazia
e in Gesù la redenzione.
Egli ci salverà
da tutti i nostri peccati.
Salmo 130
testo:
Preparati, anima mia:
veglia, prega, invoca il Signore
perché l'angoscia, i rischi e i pericoli
si avvicinano sempre più.
Prega continuamente
e chiedi nella tua grande colpa
perdono al tuo Dio.
Così Egli ti libererà dai peccati
e ti renderà giusto.
dall’Epistola ai Filippesi
L'interesse per la musica di Bach sta crescendo un po'
ovunque: certo al di fuori dal suo contesto originario,
che era il culto della domenica, ma non credo che que-
17
Animazione musicale nella liturgia
Dimmi che culto celebri e ti dirò che chiesa sei
a cura di Francesco Casanova
N
o n esiste un culto perfetto, né esiste una liturgia
perfetta, come non esiste una chiesa perfetta. Il
culto è il momento centrale della comunità dei credenti, il suo cuore, ma anche la sua carta di identità.
Parafrasando un antico proverbio potremmo dire:
«Dimmi che culto celebri e ti dirò che chiesa sei».
Perciò ogni chiesa dovrebbe sforzarsi di creare una
liturgia “a propria immagine e somiglianza", non solo
per dire a se stessa e a quelli “di fuori” chi essa è, qual
è la sua funzione, cosa ci sta a fare, ma anche per prepararsi al vero culto che è quello di uno stile di vita alla
gloria del Signore (Rom. 12,1 ss.)
Il culto può essere vissuto in un modo univoco (preparato sempre e solo da chi predica) e quindi schematico,
ripetitivo, cadenzato, privo di fantasia, dove tutta l’attenzione è concentrata sul sermone. Oppure in modo
corale, fantasioso, aperto, coinvolgente, comunicativo,
ricco di pensieri e di immagini che aiutino a “tradurre”
per gli altri la propria fede e a interscambiarsi l’amore,
la voglia di lodare Dio e di servirlo.
Il culto di tipo univoco, molto conosciuto dalle nostre
chiese, per una serie di ragioni è entrato in crisi.
Per cominciare una liturgia corale è necessario tenere
presente quanto segue:
1) Ogni liturgia dovrebbe essere preparata coralmente,
con il contributo di molti doni proprio per esaltare “i colori”, “le voci” e le varie forme della chiesa.
Altrimenti risulta in bianco e nero, afona, piatta e poco
incisiva. Evitare che si assista al culto passivamente,
vivendo in uno stato d’infanzia spirituale perenne.
2) Il rinnovamento del culto deve accadere per gradi,
in un “moto perpetuo”, cominciando dalle cose più
semplici e periferiche, provando per tempi brevi, particolarmente in occasioni di culti speciali.
3) Non dimenticare che al culto siamo presenti con tutto il nostro corpo, spirituale:
intelletto, sentimenti, emozioni, sensazioni,
e materiale: braccia. mani, occhi, orecchie,
bocca. Cercare, quindi, di valorizzare la
gestualità e la corporeità usando molta fantasia e evitando di offendere la sensibilità
dei meno “tagliati”.
4) Come chiese evangeliche abbiamo trascurato il simbolismo che andrebbe invece
recuperato e riproposto come canale di
trasmissione di concetti altrimenti difficili da
spiegare e comunicare.
18
5) La liturgia risulterebbe fortemente significativa se
arricchita da brevissime spiegazioni sul senso, ad esempio, di alcune delle sue parti: l’invocazione, il canto, la
lettura biblica, la colletta, gli annunci...o di certi progetti
della chiesa a livello locale, regionale, nazionale, federativo. Ciò potrebbe essere fatto nella sez. 1.
6) A volte (ma raramente) si potrebbe chiedere a
persone diverse di presentare brevi testimonianze del
tipo: chi è Dio per me? Perché prego? Perché credo
nonostante tutto? Quale posto occupo e potrei occupare nella comunità dei credenti? Il segreto sta nell’immediatezza, nella semplicità e nell’autenticità. Andrebbero
pianificate e preparate (meglio se in gruppo) preventivamente.
7. Prima della confessione di peccato presentare situazioni locali e leggere titoli di articoli di cronaca, commenti editoriali che facciano riflettere sul senso delle
cose in cui siamo immersi, di cui a volte siamo corresponsabili (in negativo e in positivo).
8. Ogni tanto, nella liturgia, fare ricorso a stralci di pagine che aiutino a comprendere meglio il tema della predicazione (“La roba” di G. Verga; “Dalla parte di Abele”
di R. La Valle, ed. Mondadori; “Il Profeta” di Gibran...)
9. Non trascurare i bambini, che sono la parte più bella
e vivace della chiesa. La loro partecipazione al culto,
anche se saltuaria, è fondamentale per la gioia e la cordialità di un culto cristiano.
10. Allenarsi a leggere i salmi in modo responsoriale,
inizialmente a due voci sole e poi a più voci. Fare lo
stesso con preghiere, canti alternati a letture, pagine
bibliche.
11. Dare spazio al mimo, particolarmente in culti speciali in cui si ricorda un avvenimento (Riforma, XVII feb-
braio, M. L. King) o si sottolinea un tema particolare.
Mimare un messaggio può essere accattivante per tutti.
12. Avvalersi anche dell’ausilio di audiovisivi, filmati,
con sottofondi musicali per dare risalto ai concetti
proposti. È un’esperienza particolarmente suggestiva
specialmente in certe occasioni liturgiche (avvento,
settimana santa, culti speciali, apertura e chiusura delle
scuole domenicali).
13. La musica, è utile sempre ripeterlo, è fondamentale per una buona liturgia. Non sempre la presenza
di una corale che “dà spettacolo” è utile ai fini di un
culto partecipato. È consigliabile anche organizzare un
gruppo di “cantori” col compito primario di scegliere e
insegnare alla chiesa canti da tutte le parto del mondo
e di tutti i tempi.
Un altro buon uso del canto è l’utilizzo di canoni. Ce ne
sono moltissimi nella storia della chiesa ed è un vero
peccato che siano stati letteralmente abbandonati.
14. Non trascurare gli stranieri che frequentano le
nostre chiese, particolarmente quelli che si portano dal
loro paese un bagaglio di traduzioni e di espressioni
liturgiche che, se valorizzate e adeguatamente impiegate, potrebbero produrre forme di culto ricche di
benedizioni per tutti.
15. Alcuni hanno una forte riserva mentale verso le preghiere meditate, scritte e poi lette in chiesa. È un pregiudizio privo di fondamento che va superato. Gli inni
e i salmi non sono forse preghiere scritte (per giunta
da altri!) che noi cantiamo e leggiamo in chiesa? Non
si capisce perché una preghiera formulata con calma
nella propria “cameretta” (Mat. 6,6) non possa essere
condivisa dall’assemblea dei credenti. L’estemporaneità
penalizza i più timidi.
19
NewsNuoveNotizie - NewsNuoveNotizie
a cura di Elisa Baglieri
• www.ilmondodellacetra.it
C
o ntinuiamo la nostra pagina di informazioni e
notizie. Nello scorso numero abbiamo inaugurato questo esperimento di divulgazione che pare
abbia riscosso un buon interesse. È chiaro che queste
pagine potranno avere sempre maggiore diffusione
se anche voi, lettori e lettrici, ci invierete materiali
ed altro...Potrete, come già annunciato nello scorso
numero, utilizzare la mia posta elettronica elisa.
[email protected] o trovarmi al numero telefonico della
Fcei (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia)
allo 06/482.51.20.
È il primo sito italiano interamente dedicato alla Cetra
e al Salterio. Offre un ricco calendario di corsi di cetra
per la liturgia.
• www.evangelici.net/notizie/1115292435.html
Un altro sito dedicato ad eventi vari dell’area evangelica compresi quelli musicali.
• www.ceiam.net
• www.Musicacristiana.it
Un sito dedicato ad eventi musicali dell’area evangelica. Rock cristiano ecc... e condotto da Paolo
Judovac, giornalista ed esperto nel campo della
musica cristiana:
ROCK ON THE ROCK
Quando la musica Cristiana Si Fa Giovane
Si avvicina l’appuntamento con l’importante festival
dedicato alle band cristiane.
Dal 23 al 25 luglio a Manerba del Garda sedici formazioni da tutto il mondo cantano la loro fede.
Manca una settimana alla partenza di Rock on the
Rock, l’evento che dal 23 al 25 luglio porterà per il
secondo anno consecutivo sul Lago di Garda alcune
tra le migliori band internazionali di area cristiana
che si esprimono con i generi e gli stili preferiti dai
giovani.
Confermata la presenza delle sedici formazioni già
annunciate: Zyllah [GB], Antidemon [Brasile], Day by
Day [F], Pistis I.H.A. [D], Fort Knox Amsterdam [NL],
Seekers Planet [HR], Crushead [D], Rescate [ARG],
Altripercorsi [I]...per tre serate a tutto rock, heavy,
punk, ska, funky, reggae, ma anche hip-hop e tecnodance.
20
E ancora eventi, musica, appuntamenti...
• www.informusic.it
Qui vengono riportati anche studi, riflessioni sull’animazione musicale liturgica. È di area cattolica ed oltre
attività di formazione riporta anche eventi ed appuntamenti.
Dal sito della chiesa luterana in Italia
www.lutero.org un interessante concorso per nuovi inni.
Concorso Musicale - sesta edizione
Termine presentazione lavori
30 agosto 2005
E continuiamo...
Regolamento
Art 1 - Organizzazione e finalità
La Comunità Evangelica Luterana di Napoli indice ed
organizza la sesta edizione del Concorso di composizione che si articolerà in due Sezioni;
La musica classica da ascoltare:
www.viaggio-in-germania.de
Il portale italiano sulla Germania
Gli indici:
www.karadar.com. Ecco alcuni esempi.
Georg Friedrich Händel:
Messiah: Halleluja
Fireworks: Ouverture (a
Johann Sebastian Bach:
Concerto per due clavicembali in do BWV 1061
Concerto per due clavicembali e orchestra in do
min. BWV 1060
Wolfgang Amadeus Mozart:
Così fan tutte - Ouverture
Eine kleine Nachtmusik - 1° mov.
Prima Sezione - riguarda la composizione corale per
coro polifonico a quattro parti a cappella o con accompagnamento di pianoforte o armonium.
Seconda Sezione - riguarda la composizione di inni ad
una o più voci da utilizzare liturgicamente durante i culti,
con accompagnamento di organo, chitarra o flauto.
Finalità del Concorso è quello di stimolare la produzione di nuova musica sacra su testo luterano ad uso concertistico o liturgico e di promuovere l’esecuzione sia in
forma di concerto che durante le funzioni religiose del
calendario luterano.
Vi segnalo anche un sito di pubblicazioni musicali
16noni.it rivista quindicinale online
via del Fosso 164e 55100 - Lucca. Direttore editoriale
Marco Cavalleri. Segretario di redazione: Emanuele
Pasquini . Qui ho trovato una curiosità: un compositore
che si ispirò a Bach:
Vedi anche:
Storia della musica classica
Tutte le pagine sulla musica
E sempre su www.viaggio-in-germania.de:
La musica al tempo della riforma
Pagina a cura di Franco Morettini.
Innario di Wittenberg del 1522, curato da Lutero
La Riforma di Lutero non consistette soltanto nel dare
nuove regole alla liturgia, ma rivoluzionò anche il concetto di musica sacra.
Tra l’inizio del Cinquecento e la fine del secolo successivo, la Riforma luterana inserì molte novità anche nella
musica. Martin Lutero, alla ricerca di nuove impostazioni sul rapporto tra i fedeli e Dio, introdusse il volgare nella liturgia riformata, la traduzione della Bibbia in
tedesco è uno degli esempi più famosi...
Martin: Golgotha, Messa per doppio coro a cappella
Erato – ADD/DDD
Le “Passioni” di Johann Sebastian Bach rappresentano senza dubbio l’apice irraggiungibile della musica
Protestante.
Ad esse si ispirò il compositore svizzero Frank Martin
(1890-1974), figlio di un pastore calvinista che, nell’immediato dopoguerra, volle dare nuovo impulso ad un
genere legato alla tradizione pasquale.
Nacque così “Golgotha, oratorio in due parti per soli,
coro misto, orchestra ed organo”, scritto fra il 1945 ed il
1948, che costituisce un grandioso affresco musicale...
Su www.karadar.com tutte le biografie degli autori
classici con file mide da ascoltare, foto, storie e tanto
altro materiale.
Vi segnalo inoltre un disco appena uscito sui canti
delle donne Sarde, ci sono anche canti liturgici.
Martin – Scheda tecnica
Autore: Frank Martin
Casa discografica: Erato
21
ACTORES ALIDOS
Canti delle Donne Sarde
Finisterre FTCD 31
Dalla Sardegna dei Tenores di Bitti, un originale progetto dedicato alla polifonia femminile.
Canti di amore e canti liturgici, ninna nanne e danze
popolari, lamenti funebri e serenate.
Un quintetto polifonico di affascinanti voci femminili
formato da Alessandra Leo, Roberta Locci,
Valeria Parisi, Manuela Sanna e guidato dalla voce profonda di Valeria Pilia.
A loro si affianca un grande interprete: il virtuoso polistrumentista Orlando Mascia, musicista fondamentale
della musica tradizionale sarda e specialista di vari strumenti tradizionali – is launeddas, su sulitu, sa trunfa, su
sonetu – che utilizza per dialogare costantemente con
le voci del gruppo...
Distribuzione Felmay-Egea (nei negozi specializzati e
su www.finisterre.it)
UFFICIO STAMPA: [email protected]
MATERIALI, INFO: [email protected]
Segnalo infine dal sito www.orfeonellarete.it un lavoro
su cd/dvd di salmi cattolici e protestanti
LEJEUNE, Claude
Muze honorons l’illustre & grand Henry
Les Pages & les Chantres
Centre de Musique Baroque de Versailles
Olivier Schneebeli
ALPHA 032
1 CD/DVD
58’47
22
Un CD carico di buone intenzioni e di svariati motivi
di interesse viene ad arricchire la collezione della casa
discografica francese Alpha. La raccolta di mottetti
per il culto cattolico e di salmi protestanti, scelta tra le
opere di Claude Lejeune (circa 1530- 1600), si inserisce
in un momento della storia francese che sancisce, con
l’editto di Nantes del 1598, la libertà di culto per gli
Ugonotti. Siamo sotto il regno di Enrico IV, re protestante che abbracciò il cattolicesimo per porre fine alle
lotte che avevano caratterizzato gli ultimi trent’anni
della storia francese, scelta che tutti abbiamo imparato
ad associare alle famose parole che il re pronunciò per
giustificare la sua conversione: “Parigi val bene una
messa.” Salito al trono, Enrico IV chiamò Lejeune a
corte come Compositeur de la Musique de la Chambre
du Roy. Anche Lejeune era protestante, ma questo non
gli impedì di scrivere musiche per i cattolici, una volta
sancita la riconciliazione....
Associazione culturale Orfeo nella rete
http://www.orfeonellarete.it/
[email protected]
Arrivederci alle prossime...NewsNuoveNotizie!
Un inno da interpretare
a cura di Carlo Lella
A
priamo in Musica nella Liturgia un laboratorio
di “analisi musicale” così come richiesto da alcune
sorelle e fratelli delle comunità. Prima però occorre fare
tre precisazioni. La prima è che è davvero difficile poter
spiegare su carta ciò che solo la musica può suggerire;
dunque, il nostro è un esperimento da valutare. La
seconda è che nell’esposizione useremo un linguaggio
che terrà conto soprattutto di sorelle e fratelli che non
sono musicisti/ste di professione. La terza è quella più
importante: nessun consiglio può effettivamente dire la
verità assoluta su come un inno vada cantato. Esistono
delle regole maturate nel tempo, stabilite per conservare
il più possibile il carattere originale sia del compositore
che della sua opera. Tuttavia esse non valgono per tutta
la musica esistente, per cui se parliamo, ad esempio, di
un corale, ci siamo, ma se ci poniamo di fronte ad un
inno contemporaneo interverranno altri parametri.
Dunque, chiarita la metodologia di questa rubrica, ed
il carattere sperimentale, non ci resta che cominciare a
lavorare.
1. Iddio conduce il suo gregge, lungo ruscelli,
quieti, ombreggiati
e in ridenti prati erbosi lo fa riposare.
L'anima mia avrà conforto grazie al suo amore:
Il Signore è il mio pastore, nulla mai mi mancherà.
2. Trascorro i miei giorni lieti nei sentieri
della giustizia,
perché la fiaccola del tuo amore
illumina i miei pensieri.
Non mi assalirà mai il timore
nè della morte nè del male:
è con me il grande Consolatore,
da ogni affanno Egli mi libererà.
Il Signore è il mio pastore, nulla mai mi mancherà.
3. Davanti a me è la tua mensa,
ho una grande abbondanza dei tuoi beni;
La tua gioia, o Signore, fa traboccare il mio cuore.
Chi seguirà fedelmente il buon pastore sulla terra,
nella casa del Signore abiterà per lunghi giorni.
Il Signore è il mio pastore, nulla mai mi mancherà.
(parafrasi di Ada Ciambellotti, chiesa valdese di Rovereto)
L’inno che prendiamo in considerazione è tratto dall’Innario Fcei 2000, Lungi i rivi quieti, e ombrosi, n. 51.
Abbiamo scelto questo inno per quattro ragioni. La
prima, per soddisfare la richiesta di una comunità,
la seconda perché ci aiuta a capire come far cantare
inni ormai un po’ desueti, la terza perché è un inno
dalla melodia molto bella (Shubert è il compositore,
figuriamoci!) oltre che ricco di storia e di emozioni per
molti delle nostre comunità, la quarta: la teologia! qui il
Salmo 23 viene valorizzato ancor più di quanto non lo
sia già di per sé.
Da dove dovremmo cominciare? Il consiglio è di partire
dal testo. Qui incontriamo la prima difficoltà: il linguaggio. Dunque, accanto al testo dell’inno elaboriamo, scrivendola, una parafrasi, cioè un modo di riscrivere il testo
secondo la sensibilità linguistica del nostro tempo.
Ve ne offro una come esempio. Ognuno di voi poi può
cotruirne altre; l’importante è che non scriviate cose
che il testo originale non dice!
23
La parafrasi sarà la prima cosa che presenterete alla
comunità. Prima ancora di annunciare l’inno stesso.
Potete o leggerla solo voi, in tal caso attenzione alla
lettura, o fotocopiarla e leggerla insieme alla comunità, o proiettarla. La vostra lettura potrebbe essere
accompagnata con proiezioni di immagini ad hoc,
pratica che in alcune nostre chiese già si attua. La
prima cosa che noterete è l’atmosfera che si viene
a creare. Ci sarà infatti: l’ascolto, atto fondamentale
dell’apprendimento.
Ricordiamoci dunque di una buona “regola” per iniziare: per far sì che un inno venga cantato bene, occorre
che innanzitutto venga ben presentato. E soprattutto
non dovrebbe essere annunciato solo come un numero: cantiamo l’inno 51… perché così facendo, quasi
come un numero, appunto, verrà cantato: un, due...
cinquantuno!
(continua)
Musica & Musiche
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Le offerte ricevute
In questa finestra vogliamo aprire uno spazio particolare, nominando tutte le sorelle ed i fratelli che
hanno contribuito con le loro offerte a coprire le spese
del numero precedente e alla realizzazione di questo
numero di Giugno, più una percentuale per il prossimo
numero di ottobre. Non riporteremo le somme donate
da ognuno ed ognuna, per una evidente questione di
rispetto della gratuità e di privacy.
Un ringraziamento va anche allo staff del servizio
amministrativo dell'Ucebi, che cura l'elaborazione dei
dati e l'organizzazione della distribuzione delle offerte
per le spese di pubblicazione delle rivista. Ecco quindi
il resoconto aggiornato a fine maggio 2005. Se qualche
sorella o fratello ha inviato un'offerta che non viene
qui menzionata può rivolgersi direttamente agli uffici
dell'Ucebi, in riferimento sempre al servizio amministrativo.
Berrios Clara e
Carlo Lucarini-Chiesa Battista
di Chiavari
Chiesa Battista di Cagliari
Chiesa Battista di Gravina
Chiesa Battista di Rovigo
Chiesa Battista Via del Lazzaretto
Girolami Maurizio - Chiesa Battista
di Torino, Via Passalacqua
Dragone Maria- Chiesa Battista di
Conversano
Paschetto Emmanuele- Chiesa
Battista di Torino, via Lucento
Pizzulli M. Teresa- Chiesa Battista
di Val di Susa
Chiesa Battista di Pordenone
Casonato Aldo- Chiesa Battista di
Pordenone
Chiesa Battista di La Spezia
Marzioli Sara- Chiesa Battista di
La Spezia
Formica Nunziatina - Chiesa
Battista di Lentini
Loddo RobertoChiesa Battista di
Gioia del Colle
Arcidiacono Alessandra- Chiesa Battista di Gioia del Colle
Lancellotti ErnestoChiesa Battista di
Milano, via Pinamonte
Samuele CurròChiesa Battista di di
Milano, via Pinamonte
Anna Maffei-presidente Ucebi
Pietro Cruccas- Chiesa Battista di Cagliari
Zugno Luciano- Chiesa Battista di Pordenone
Elisa Vicentini e Nicola Sfredda- Chiesa Valdese di Verona
Amy Ashwood-Chiesa Valdese di Verona
Matteo Mollica- Chiesa Valdese di Torino, c. Vittorio
Emanuele
Francesco Romeo-Chiesa Battista di Casorate Primo
Musica nella Liturgia è un supplemento al Seminatore
Numero 1 - gennaio/marzo 2005 (Direttrice responsabile Marta
D’Auria - Autorizzazione Tribunale di Roma n. 5894 del 23/7/1957)
a cura del Dipartimento di Evangelizzazione dell’Ucebi, fotocopiato
in proprio. Si regge soprattutto sulle offerte (inviare a: Segreteria
Amministrativa Ucebi, P. zza S. Lorenzo in Lucina,35; 00186 Roma,
specificando la voce: offerta per Musica nella Liturgia-Dipartimento
di Evangelizzazione). Ogni autrice o autore di articoli ed inni è direttamente responsabile di ciò che pubblica e delle informazioni che
divulga. Lo stesso vale per i materiali coperti da copyright per cui è
a responsabilità delle autrici o autori che pubblicano inni o articoli
coperti da copyright ottenerne l’autorizzazione d’uso.
Musica nella Liturgia si propone come obiettivo quello di divulgare notizie, informazioni, storie, studi, inni, in riferimento a contenuti
e spazi di fede nel Dio creatore del cielo e della terra.
La redazione di Musica nella Liturgia: Carlo Lella, coordinatore (carlo.lella@ucebi.
it); Virginia Mariani, della Chiesa Battista di Mottola ([email protected]); Francesco Romeo, della
Chiesa Battista di Casorate Primo ([email protected]); Domenico D’Elia, della Chiesa Battista di
Mottola ([email protected]); Pietro Romeo, della Chiesa Battista di Rivoli ([email protected]);
Elisa Baglieri della Chiesa Ecumenica di Albano ([email protected]).
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