12 Campi elettrici e correnti Si riprende e si approfondisce in questo capitolo l’applicazione delle equazioni di Maxwell alla elettrostatica. Oltre al potenziale elettrico, formalmente simile al potenziale gravitazionale, si introdurrà il concetto di capacità elettrica e si ricaverà un’espressione per la densità di energia del campo elettrostatico. Il tema principale è, però, come il campo elettrico venga modificato dalla presenza di corpi materiali, complessivamente neutri, ma contenenti cariche elettriche. Si mostrerà come i campi elettrici si annullino all’interno di conduttori in equilibrio e vengano ridotti all’interno di materiali isolanti. Perché in un conduttore vi sia un campo elettrico è indispensabile che vi sia passaggio di cariche: il legame tra corrente elettrica e differenza di potenziale (ovvero tra campo elettrico e densità di corrente) è descritto da relazioni empiriche, valide quasi universalmente, che costituiscono l’equivalente elettrico della legge di Poiseuille per l’idrodinamica. per un tempo quattro volte superiore perché la superficie coperta è quattro volte maggiore. Infatti, la superficie vista dalla sorgente sotto un angolo visuale fissato aumenta con il quadrato della distanza; corrispondentemente il campo (in questo caso, il prodotto di densità della vernice × velocità) deve diminuire in modo che il prodotto campo × superficie (ossia il flusso) rimanga costante. La proporzionalità tra campo e reciproco del quadrato della distanza, enunciata da Newton per il campo gravitazionale e da Coulomb per quello elettrico, è condizione necessaria e sufficiente per la validità della legge di Gauss. In tutto questo tratteremo campi elettromagnetici statici, oppure varianti così lentamente da poter assumere nulla la derivata di B rispetto al tempo, nella terza equazione di Maxwell (11.15). In tale caso si ha ∇ × E = 0 ⇔ ∫ E ⋅ dl ⇔ E = −∇ V ( P ) C 12.1 I fondamenti dell’elettrostatica Studieremo ora i campi elettrici generati da una o più cariche utilizzando la legge di Gauss, secondo cui il flusso del campo elettrico E attraverso una superficie chiusa S (detta superficie di Gauss) è proporzionale alla carica Q racchiusa dalla superficie (vedi Capitolo 11): Φ S (E) = Q ε0 12.1 La legge di Gauss esprime una legge di conservazione intuitiva: una volta uscite dalla carica, le linee di forza del campo elettrico si comportano come quelle del flusso luminoso di una sorgente, o come il liquido emesso dalla pistola a spruzzo dell’imbianchino: al raddoppiare della distanza tra parete e pistola a spruzzo questa va azionata che sono l’espressione formale delle seguenti affermazioni equivalenti: il rotore di E è nullo; il lavoro di E lungo una linea chiusa C è nullo; il campo elettrico in P può essere espresso come gradiente cambiato di segno di una funzione scalare V(P) detta potenziale elettrico: ∂V ( P ) ∂V ( P ) ∂V ( P) E( P ) = − i+ j+ k ∂y ∂z ∂x 12.1.1 12.2 Unità di misura per cariche, campi e potenziali elettrici L’elettrostatica è un settore in cui da decenni il Sistema Internazionale di misura è universalmente adottato. Per questo, non accenneremo allo storico dibattito sulla scelta 246 Capitolo 12 delle unità elettriche, benché convenzioni diverse abbiano rispecchiato approcci concettualmente distinti alla teoria dell’elettromagnetismo(*). Nel Paragrafo 11.1 il campo elettrico E di una carica Q è stato definito sulla base della forza f di Coulomb agente su una carica di prova q a una distanza |r| da Q (vedi Equazione 11.1): E= Q r f = ke ⋅ q r2 r 12.3 Assumendo come unità di carica elettrica il coulomb (C) si ha ke = 9(109) N⋅m2/C2; due cariche di un coulomb alla distanza di un metro si respingono con l’enorme forza di nove miliardi di newton, pari quasi al peso di un milione di tonnellate (vedi anche Esercizi 11.1 e 11.2). Moltiplicando E per la superficie di una sfera di raggio r attorno a Q si ottiene il flusso di E, che, in ossequio alla notazione di Maxwell, si esprime mediante la costante dielettrica del vuoto, ε0, anziché mediante ke Q 1 Φ( E ) = 4πr E = 4πk e Q = con k e ≡ 4πε 0 ε0 2 dove ε0 = 8.85(10−12) C2/(N⋅m2). Come per il caso gravitazionale, si definisce spesso il potenziale elettrico della carica Q in un punto P, V(P), come una funzione numericamente uguale al lavoro fatto dal campo generato da Q per portare una carica unitaria da P all’infinito. Per analogia con il caso gravitazionale tale potenziale è V ( P) = k e Q Q = r 4πε 0r 12.4 dove r è la distanza tra la carica Q e il punto P e il potenziale si misura in volt (V). Essendo un lavoro per unità di carica, il potenziale elettrico ha dimensioni della scelta del riferimento scompare quando si parla di differenza di potenziale, una quantità che di solito si può misurare facilmente. Si può parlare senza ambiguità di “potenziale elettrico” quando la scelta del riferimento è imposta dalla convenienza o dalla consuetudine. Nel caso gravitazionale, le masse si attirano sempre e occorre compiere un lavoro contro le forze del campo per allontanarle tra di loro: poiché il campo gravitazionale compie in questo caso un lavoro negativo, il potenziale gravitazionale è negativo e raggiunge valore massimo all’infinito. Nel caso di una carica Q positiva, il campo compie un lavoro positivo nel portare la carica unitaria (positiva) all’infinito; il potenziale elettrico è in questo caso positivo e raggiunge il valore minimo all’infinito. 12.1.2 Applicazioni elementari della legge di Gauss A. Campo elettrico di un filo carico Consideriamo un filo infinitamente lungo, posto lungo l’asse x, con una densità lineare di carica ρ1 (espressa in C/m) costante. In qualunque punto P il campo elettrico sarà diretto normalmente al filo in quanto non vi è ragione per cui il campo abbia una componente nel verso delle x crescenti piuttosto che nel verso delle x decrescenti. Sempre per ragioni di simmetria, il modulo di E avrà lo stesso valore E(r) in ogni punto a distanza r dal filo. Come superficie su cui applicare la legge di Gauss prendiamo quella di un cilindro di raggio r che ha per asse il filo e altezza h. E r r volt = joule/coulomb, o V = J/C Facendo uso delle relazioni e delle unità di misura definite sopra, il campo elettrico può essere espresso sia in newton su coulomb (N/C) (Equazione 12.3) sia in volt su metro (V/m). Si noti che nella 12.4 il potenziale si annulla al tendere di r all’infinito; ciò però non deriva da una proprietà del potenziale, ma dalla nostra scelta di prendere come punto di riferimento il punto all’infinito. L’arbitrarietà (*) Si veda al riguardo il Paragrafo 13.1. h E r Il flusso di E è diverso da zero solo attraverso la superficie laterale (2πrh) ed è proporzionale alla carica ρlh contenuta nel cilindro: Φ( E) = 2πrhE (r ) = ρ1h ρ1 ⇒ E (r ) = 2πε 0 r ε0 12.5 Le superfici equipotenziali sono cilindri che hanno per Campi elettrici e correnti 247 asse il filo. Per la 12.5, la differenza di potenziale tra una superficie cilindrica a distanza R e una a distanza R0 è V ( R) − V ( R0 ) = R ∫R 0 R ρ E(r )dr = 1 ln 0 2πε 0 R 12.6 Dalla 12.6 si vede che, per R0→∞, la differenza di potenziale V(R) − V(R0) diventa infinita; non ha perciò senso in questo caso assumere come riferimento il punto all’infinito. B. Campo elettrico di un piano di cariche Consideriamo ora un piano infinito con una densità di carica elettrica superficiale uniforme ρ2 (espressa in C/m2). Per ragioni di simmetria, in qualunque punto fuori dal piano il campo elettrico non può che essere diretto come la normale al piano. Al flusso di E attraverso la superficie cilindrica della figura contribuiscono solo le due basi, superiore e inferiore, ciascuna di area S = π r2. è attrattiva. C. Campo elettrico di una sfera carica Consideriamo una carica distribuita uniformemente in una sfera di raggio R, con una densità di carica volumetrica ρ (espressa in C/m3). Utilizzando il parallelo con il campo gravitazionale terrestre, è facile dimostrare che a una distanza r > R dal centro il campo elettrico è uguale a quello che produrrebbe l’intera carica Q = (4/3)πR3ρ posta nel centro della sfera. Calcoliamo il campo E(r) per r < R sfruttando la simmetria di una superficie sferica, detta di Gauss, di raggio r. E(r) R E(R) r E S Φ( E) = 4πr 2 E (r ) = ρ2 rρ ⇒ E (r ) = 3ε 0 2r Φ( E) = 2πr 2 E = ρ 2 πr 2 ρ ⇒E= 2 2ε 0 ε0 12.7 Il campo elettrico è indipendente dalla distanza dal piano! È conveniente in questo caso riferire il potenziale a un punto del piano (h0 = 0); un punto a distanza h dal piano avrà allora il potenziale ρ 0 V (h) = ∫h Edh' = − 2 h 2ε 0 4πr 3 ρ 3ε 0 12.9 r≤R Il campo elettrico è proporzionale a r per r < R, è nullo al centro della sfera, e per r = R è uguale a quello della carica totale Q a distanza R. Dante è tra i più illustri scienziati del suo tempo, come egli stesso dichiara nel suo trattatello sul problema della distribuzione altimetrica dell’acqua sulla Terra (Quaestio de aqua et Terra); tuttavia nella Divina Commedia immagina che Virgilio ansimi a causa della tremenda gravità quando, dal centro della Terra, si appresta alla risalita verso il Purgatorio. Invece la forza di gravità al centro della Terra è nulla, come dimostrano la legge di Gauss e argomenti di simmetria. 12.8 Si noti la somiglianza con il potenziale terrestre in vicinanza della superficie della Terra, gh. Poiché in ambedue i casi il campo è uniforme, il potenziale è proporzionale alla distanza dalla superficie di riferimento; nel caso elettrico vi è il segno meno perché la carica positiva respinge la carica unitaria positiva, mentre la forza gravitazionale 12.2 Il campo elettrico in presenza di conduttori In quasi tutte le situazioni, la materia è elettricamente neutra poiché contiene esattamente un uguale numero di cariche positive e negative. I conduttori elettrici con- 248 Capitolo 12 tengono cariche mobili (o “libere”), che si possono spostare per effetto del campo elettrico. I conduttori metallici possono essere pensati come costituiti da un gas di cariche negative mobili (gli elettroni) che circonda ioni positivi fissi, solitamente disposti in un reticolo spaziale ordinato. In condizioni di equilibrio, le cariche libere all’interno di un conduttore isolato non possono dare luogo a un flusso netto di cariche perché ciò cambierebbe la distribuzione delle cariche, in contrasto con l’ipotesi di equilibrio. Questo implica che il campo elettrico all’interno del conduttore in equilibrio è sempre nullo. Poiché una componente tangenziale alla superficie del conduttore ne sposterebbe le cariche mobili, il campo elettrico in un punto P della superficie è parallelo alla normale in P alla superficie stessa. Poiché una differenza di potenziale tra punti interni implicherebbe l’esistenza di un campo elettrico all’interno del conduttore, ne viene che tutti i punti di un conduttore in equilibrio devono avere lo stesso potenziale. Infine, in un conduttore carico in equilibrio tutta la carica si trova sulla superficie; se vi fosse una carica interna, vi sarebbe necessariamente anche un campo elettrico interno poiché non sarebbe nullo il flusso di E attraverso una superficie di Gauss tutta all’interno del conduttore. La distribuzione di cariche di un conduttore carico in equilibrio è perciò descritta dalla densità superficiale di carica ρ2(P) (misurata in C/m2). Consideriamo la superficie di Gauss cilindrica con asse parallelo alla normale alla superficie del conduttore in P. Sia dS la superficie di conduttore racchiusa nel cilindro e ρ2(P)dS la carica qui localizzata. E P dh Il campo elettrico è nullo sulla parte di cilindro interna al conduttore, e diretto come la normale alla superficie in prossimità di questa. Se il tratto dh indicato in figura è piccolo, l’unico flusso elettrico diverso da zero è perciò quello uscente dalla base del cilindro all’esterno del conduttore. Dal teorema di Gauss si ricava perciò che il campo elettrico alla superficie di un conduttore è proporzionale alla densità superficiale di carica: Φ( E) = E ( P)dS = ⇒ E ( P) = ρ 2 ( P ) dS ε0 12.10 ρ 2 ( P) ε0 Un altro effetto dell’annullarsi del campo elettrico all’interno del conduttore in equilibrio è mostrato nella figura dove il conduttore ha una forma quasi sferica con una protuberanza sulla destra. E + + + + ++ + + + + E Il campo elettrico è nullo nei punti interni e in particolare anche nel centro della sfera dove la forza dovuta alle cariche del settore sinistro deve bilanciare quella delle cariche nel corrispondente settore destro. Poiché la superficie di destra è più lontana dal punto, in questo settore di superficie vi devono essere più cariche, una densità superficiale maggiore, e quindi un campo elettrico maggiore. Questo esempio suggerisce che la densità superficiale in un punto P di un conduttore carico cresce al diminuire del raggio di curvatura della sfera tangente in P alla superficie. Riassumendo, per il conduttore in equilibrio: • il campo elettrico interno è nullo; • tutti i punti del conduttore si trovano allo stesso potenziale; • la densità di carica nei punti interni al conduttore è sempre nulla e può essere diversa da zero solo la densità superficiale di carica ρ2; • il campo elettrico in prossimità della superficie del conduttore è normale a questa e proporzionale alla densità superficiale di carica: E = (ρ2/ε0) n, dove n è il versore normale uscente dalla superficie del conduttore; • in assenza di campi esterni, la densità superficiale di carica in un punto cresce al diminuire del raggio di curvatura della superficie in quel punto. Quando un conduttore neutro è posto in un campo elettrico, le sue cariche mobili vengono ridistribuite dal campo e si creano zone con densità di carica superficiale sia positiva sia negativa. A questa separazione di cariche si dà Campi elettrici e correnti 249 il nome di induzione elettrostatica. Il campo in un qualunque punto interno del conduttore deve annullarsi come risultato dell’effetto del campo esterno, E, di quello prodotto dalle cariche superficiali negative, E−, e da quelle positive, E+. E − − − − − questi moti di cariche è associata una corrente I di scarica che tende a ridurre e annullare la differenza di potenziale tra ionosfera e Terra (I). Durante un temporale (II) si crea un moto di cariche nella direzione opposta a quella prodotta dal normale campo elettrico medio E tra Terra e ionosfera. Si può così mantenere a un valore circa costante la differenza di potenziale rispetto alla ionosfera. E E− + E+ + + + + + Ionosfera + + + + + + + + + + + + Per trattare i fenomeni elettrici che avvengono nell’atmosfera terrestre, possiamo considerare la Terra come una sfera conduttrice avvolta dalla ionosfera(*), ossia un “guscio” contenente cariche elettriche libere (ioni), prodotti dai fenomeni di ionizzazione legati alla radiazione solare sulle particelle gassose. La Terra è carica negativamente e, dal punto di vista elettrostatico, la ionosfera può essere descritta come una superficie conduttrice carica positivamente a circa 50 km dal suolo. La differenza di potenziale tra superficie terrestre e ionosfera è di circa 4(105) V. Tra queste due superfici conduttrici è interposto una miscela gassosa che, in prima approssimazione, possiamo immaginare essere un isolante, un mezzo in cui le cariche elettriche non possono spostarsi liberamente. In realtà, questa fascia isolante è costituita dall’atmosfera che, soprattutto nella parte ad alta quota, è ricca di particelle cariche che tendono ad andare verso la Terra, se di segno positivo, e verso la ionosfera, se di segno negativo. A (*) La parte di atmosfera chiamata ionosfera in realtà va da 80 a 500 km dalla superficie terrestre e ha una moderata conducibilità. + + + − + 12.2.1 Fenomeni elettrici nell’atmosfera + Moto spontaneo degli ioni E Per sopprimere il campo elettrostatico in una regione si può usare la gabbia di Faraday, una struttura metallica che avvolge completamente la regione e al cui interno, per il principio dell’induzione elettrostatica, vengono annullati i campi elettrostatici originati all’esterno. Le caratteristiche fisiche di questo schermo dipendono dalle frequenze dei campi elettrici esterni che si vogliono escludere. + I (scarica) +++ +−+ − −− − I' E' − − − − − − − − − − − + + + + + + + − cariche indotte Terra (I) (II) Durante un temporale, le cariche positive sono pompate nella parte alta della nuvola e le negative in quella bassa grazie a una serie di meccanismi in cui si combinano effetti elettrici, chimico-fisici, e di dinamica atmosferica che qui illustriamo qualitativamente. Consideriamo un grosso frammento di acqua o ghiaccio che si è appena condensato verso la parte alta della nuvola a una altezza dove è ancora presente una apprezzabile quantità di ioni. + D − − − +++ − A − C + B + D − − − A− +++ − C + B A causa del campo elettrico tra ionosfera e Terra, la parte inferiore della goccia (o frammento di ghiaccio) si carica per induzione positivamente e quella superiore negativamente. Per questo, nella sua caduta all’interno della nuvola, la goccia assorbirà preferenzialmente gli ioni negativi (A) che incontrerà sul suo cammino, respingendo quelli positivi (B). Gli ioni a lato della goccia (C, D) non vengono sottoposti a una azione sufficiente (per durata e intensità) del campo elettrico della goccia per essere attratti o respinti in modo significativo. Uscita dalla zona ionizzata, la goccia continua il suo moto verso il basso 250 Capitolo 12 della nuvola, portando con sé la carica negativa acquisita. In questo modo la parte alta della nuvola resta carica positivamente e quella bassa negativamente. Così, per effetto del campo gravitazionale, si possono originare temporaneamente differenze di potenziale di milioni di volt tra l’alto e il basso della nuvola. Poiché il potenziale terrestre è ora meno negativo di quello della parte bassa della nuvola, questa induce una carica netta positiva sulla porzione di superficie terrestre sottostante. Il fulmine trasporta la carica negativa dal basso della nuvola alla Terra. Dopo il temporale, la Terra restituisce lentamente alla ionosfera la carica portata dal fulmine, ma non si scarica mai perché in ogni momento temporali in molti punti del globo portano sulla Terra nuove cariche negative. Il meccanismo del fulmine è complesso perché la scarica elettrica si deve prima aprire un “sentiero” nell’aria che, nei pressi della superficie terrestre, è un buon isolante perché quasi priva di ioni. Si inizia con una piccola scarica-guida che si propaga a scatti dal fondo (negativo) della nuvola lungo una spezzata diretta verso terra (positiva); ogni tratto di spezzata è costituito da una scia di ioni prodotti da collisioni con elettroni e ioni liberi accelerati dalle grandi differenze di potenziale presenti presso il fondo della nuvola. Gli elettroni al fondo della scarica guida si disperdono rapidamente a terra, richiamando molti altri elettroni dal fondo della nube. In questa scarica principale, che dura per tempi dell’ordine del millisecondo, si producono correnti fino a circa 104 ampere, visibili come lampi. Nel giro di poco più di un secondo seguono poi circa una dozzina di scariche, per lo più lungo lo stesso percorso-guida, che scaldano l’aria provocandone l’espansione che è all’origine del tuono. A rigore, e contrariamente al detto popolare, il fulmine colpisce più di una volta nello stesso punto, ma così in fretta da rendere la contabilità difficile. nuvola −− − − − − − − − − − − − − scarica-guida parafulmine cariche indotte dalla nuvola Terra Il compito del parafulmine è quello di indirizzare il cammino della scarica-guida della nuvola, che in genere si incontra a circa 100 m di altezza con un’altra scaricaguida proveniente dalla Terra. Il parafulmine è un’asta metallica in contatto elettrico con la Terra. Campo elettrico e densità di carica sulla sua punta del parafulmine sono molto più elevati che sul resto della superficie terrestre proprio per la necessità di mantenere punta e Terra allo stesso potenziale. Nella figura si è mostrato il fondo carico negativamente della nube che induce una carica positiva sulla superficie terrestre prossima (e una corrispondente carica negativa agli antipodi). Nella punta dei parafulmini più sofisticati sono contenute sostanze radioattive che, assieme all’elevato campo elettrico, facilitano il processo di ionizzazione, e l’avvio della scarica-guida dalla Terra. Per limitare i processi di ossidazione superficiale, che ostacolerebbero il passaggio della corrente verso la Terra, creando strati isolanti tra atmosfera e metallo, il parafulmine è ricoperto con metalli inossidabili. 12.3 L’energia del campo elettrostatico In questo paragrafo calcoliamo il lavoro necessario per portare una carica elettrica su un conduttore; potremo introdurre il concetto di capacità e ricavare l’espressione per l’energia del campo elettrostatico dalla richiesta che questa energia sia pari al lavoro compiuto. 12.3.1 La sfera carica Calcoliamo il lavoro necessario per portare una carica complessiva Q su una sfera conduttrice di raggio R isolata, nel vuoto e inizialmente scarica. Supponiamo che, durante il processo di carica, sulla sfera sia stata trasferita una certa carica q; il potenziale alla sua superficie rispetto all’infinito è dato dalla 12.4, che riscriviamo come V(q) = q 4πε 0 R Il lavoro per trasferire dall’infinito sulla superficie della sfera la carica addizionale dq è per definizione dL = V(q)dq; il lavoro complessivo compiuto contro il campo elettrico per portare da 0 a Q la carica della sfera è perciò Q Q L = ∫0 V (q )dq = ∫0 qdq 1 Q2 = 4πε 0 R 2 4πε 0 R 12.11 Campi elettrici e correnti 251 Geometricamente il lavoro è rappresentato dall’area del triangolo scuro nel diagramma V(q) vs q. V(q) V 0 Q q Come si vede da questa figura, il rapporto tra carica e potenziale è costante. A tale rapporto, indicato con C, viene dato il nome di capacità: C≡ Q V 12.12 Un dispositivo che è caratterizzato da un rapporto costante tra carica elettrica e potenziale viene chiamato un condensatore elettrico, o semplicemente condensatore, con capacità caratteristica definita dalla 12.12; per la sfera isolata si ha allora una capacità di C = 4πε0R. La capacità si misura in farad = coulomb/volt E2 E1 2 1 1 Q2 1 EC = VQ = = CV 2 2 2 C 2 −ρ2 d E2 E1 ρ2 (F = C/V) Per il principio di conservazione dell’energia, il lavoro compiuto 12.11 si ritrova sotto forma di un’energia che chiameremo energia elettrostatica, EC = L. Mediante le 12.11 e 12.12 e le espressioni per la capacità e il potenziale della sfera, l’energia elettrostatica può essere riscritta in una delle seguenti utili forme: 12.13 Queste espressioni valgono in generale per un qualunque condensatore con carica Q e capacità C. 12.3.2 delle lamine, aventi superficie S. Tale dispositivo si chiama condensatore a facce piane e parallele; le lamine conduttrici sono dette le armature del condensatore e hanno sempre cariche uguali e di segno opposto (−Q, Q); la sua capacità è il valore assoluto del rapporto (costante) tra Q e la differenza di potenziale V tra le due armature. A differenza della sfera isolata(*), la carica complessiva di questo dispositivo è sempre nulla. Supponiamo che la lamina 1 abbia una densità superficiale di carica +ρ2 e la lamina 2 una densità −ρ2. In regioni abbastanza distanti dai bordi, i campi elettrici generati dalle due lamine, E1 ed E2, sono approssimativamente uguali a quelli generati da un piano di cariche infinito, ossia normali alle stesse e di modulo costante E1 = E2 = ρ2/2ε0. Perciò i due campi si sommano nella regione dove le lamine sono affacciate e si cancellano al di fuori, come mostra la figura. Il condensatore a facce piane e parallele Consideriamo due lamine conduttrici, affacciate e parallele, a una distanza d, piccola rispetto alle dimensioni 1 E2 E1 Il campo elettrico tra i due piani è E = E1+ E2 = ρ2/εo; la differenza di potenziale vale V = Ed = ρ2d/ε0 mentre la carica complessiva su una lamina è Q = ρ2S. La capacità del condensatore a facce piane e parallele vale perciò C= Q S = ε0 V d 12.14 (*) In realtà, anche la sfera isolata va pensata come un si- stema elettricamente neutro in quanto, per poterne calcolare il potenziale, si è dovuto pensare di portare la carica dall’infinito sulla sfera. Il condensatore, anche in tal caso, è costituito dalla sfera e da una seconda armatura posta a distanza infinita. 252 Capitolo 12 Utilizzando questa espressione riscriviamo in un altro modo l’equazione 12.13 per l’energia elettrostatica di questo condensatore 1 Q 2 1 ρ 22 S 2 1 EC = = = ε E 2 Sd 2 C 2 ε0S / d 2 0 12.15 L’equazione mostra che l’energia elettrostatica del condensatore è proporzionale al quadrato del campo elettrico tra le armature e al volume, Sd, racchiuso tra queste. Sembra perciò naturale interpretare la quantità energia E C 1 = = ε0 E 2 volume Sd 2 12.16 come densità di energia elettrica in una regione dello spazio dove il campo elettrico ha modulo E. I condensatori sono componenti presenti in ogni apparecchiatura elettronica; nelle rappresentazioni circuitali sono indicati con il seguente simbolo, che ricorda il condensatore a facce piane e parallele: . 12.3.3 Condensatori in serie e in parallelo Le regole di combinazione di due condensatori di capacità C1 e C2 in serie (“uno di seguito all’altro”) e in parallelo (“uno di fianco all’altro”) sono immediatamente intuibili se pensiamo a condensatori a facce piane e parallele uguali. Metterli in parallelo vuole dire collegare le armature dell’uno con le armature dell’altro (vedi figura), raddoppiare la superficie S, e quindi la capacità C (vedi 12.14). Metterli in serie vuole dire collegare l’armatura di un condensatore con una armatura dell’altro; equivale a raddoppiare la distanza d tra le armature esterne, e la capacità si dimezza. I principi del calcolo delle capacità equivalenti di sistemi di condensatori qualunque in serie e parallelo sono così riassumibili: C1 = C2 = Q V1 V1 Q V2 V2 ⇔ 1 1 C1 serie C2 ≡ + C1 C2 Q1 C2 = Q2 Q2 V C= V ⇔ V C1 parallelo C2 ≡ C1 + C2 Q1 + Q2 V = C1C2 C1 + C2 Q V1 + V2 12.18 12.4 Mezzi dielettrici Finora si è supposto di conoscere la distribuzione delle cariche, nel vuoto, ricavando da questa il campo elettrico; oppure di avere a che fare con un conduttore in equilibrio, dove le cariche mobili si distribuiscono in modo da annullare il campo elettrico complessivo. La situazione è diversa quando si ha a che fare con un mezzo isolante (privo cioè di cariche mobili), elettricamente neutro, ma contenente cariche elettriche, positive e negative. A tale mezzo si dà il nome di dielettrico, dove la parola può essere usata sia come aggettivo sia come sostantivo. L’unità costitutiva fondamentale di un dielettrico è il dipolo elettrico, una distribuzione di cariche schematizzabile in termini di una carica puntiforme positiva q posta a una distanza d da una carica di uguale entità ma di segno opposto −q. Al dipolo elettrico viene associata una grandezza vettoriale, il momento di dipolo elettrico D, che ha direzione e verso della congiungente la carica negativa con quella positiva, modulo D = dq e dimensioni di carica × distanza (C⋅m). + d Q C1 = 1 V −1 C= P D − E− E+ E Q1 + Q2 12. 17 Il dipolo genera il campo elettrico schematizzato dalle linee di forza della figura. Il campo in ogni punto è la somma di una componente E+ dovuta alla carica positiva e di una, E−, dovuta a quella negativa. Si noti che nel Campi elettrici e correnti 253 punto P della figura, come in ogni altro punto a distanza r >> d dal centro del dipolo, queste due componenti si annullano quasi completamente. Mediante la legge di Coulomb si può provare che per r >> d si ha: E (r ) ∝ E+ (r ) d 1 qd D ∝ 2 = 3 r r r r 12.19 ossia il campo dipolare per r >> d è proporzionale a D e al cubo del reciproco della distanza. Nei dielettrici vi sono due tipi di dipoli elettrici: quelli indotti e quelli permanenti. Come esempio del primo tipo, consideriamo la molecola di elio, che possiede due elettroni il cui baricentro normalmente coincide con quello del nucleo (q = +2e) (pallina nera). E=0 E l In presenza di un campo elettrico E il baricentro degli elettroni si sposta dal nucleo per un tratto l(E) e la molecola di elio acquista il momento di dipolo elettrico D = ql(E). A differenza dell’elio, l’acqua è invece costituita da molecole polari, ossia con un momento di dipolo permanente pari a circa 6.24(10−30) C⋅m. La molecola d’acqua (H2O) si può idealizzare come costituita da uno ione ossigeno sferico O−2x, con carica effettiva −2xe, minore in valore assoluto della carica nominale −2e (x < 1), legato a due ioni idrogeno sferici, H+x posti a distanza di circa 0.1 nm. In questa schematizzazione, il momento di dipolo permanente è D = 2xel. O−2x l +x H +x H In assenza di campo elettrico esterno, i dipoli dell’acqua possono assumere con uguale probabilità ogni orientazione e la somma dei momenti di dipolo dà risultante praticamente nulla. Perciò, sia l’acqua sia l’elio hanno un momento di dipolo complessivo in media nullo se non sono posti in un campo elettrico. Questo è vero per quasi tutti gli isolanti a temperatura ambiente. Vogliamo introdurre una grandezza che descriva lo stato medio dei momenti di dipolo, permanenti o indotti, di un dielettrico. Definiamo per questo come polarizzazione elettrica P la somma vettoriale di tutti i momenti di dipolo qidi contenuti in un volume, diviso il volume stesso: P≡ ∑V qi di V 12.20 Come rapporto di un dipolo (C⋅m) su volume (m3), la polarizzazione ha le dimensioni di una densità superficiale di carica, ρ2, e si misura in C/m2. Se in assenza di campo elettrico la polarizzazione è nulla, è lecito attendersi che, per campi elettrici abbastanza piccoli, la polarizzazione sia proporzionale a |E|. Nel caso dell’elio questo vuole dire che lo spostamento l(E) dei baricentri di cariche positive e negative è proporzionale a E. Nel caso dell’acqua, i moti termici fanno cambiare continuamente l’orientamento delle molecole, e quindi dei dipoli; la presenza del campo elettrico rende però leggermente favorita la posizione in cui un dipolo si trova parallelo al campo elettrico rispetto a quella in cui si trova antiparallelo. Per questo vi sarà una piccola frazione di dipoli paralleli in eccesso rispetto a quelli antiparalleli; tale frazione è proporzionale alla polarizzazione media e quindi al campo elettrico applicato, se abbastanza “piccolo”. Riempiamo d’acqua lo spazio tra le armature, distanti d e di area S, di un condensatore a facce piane e parallele su cui si è posta una carica Q = ρ2S. Immaginiamo di suddividere lo spazio tra le armature in tanti cubetti, di lato l, il cui momento di dipolo medio sia quello di una molecola d’acqua: è come se ciascun cubetto contenesse una sola molecola d’acqua orientata come il campo elettrico mentre tutte le altre sono perfettamente disordinate. Nella figura di pagina seguente rappresentiamo, in sezione, i cubetti con la loro molecola orientata. Da questa figura si intuisce che l’effetto della polarizzazione dell’acqua è quello di produrre due distribuzioni di carica superficiale a contatto con le armature, le cui densità indicheremo con −ρ2'e ρ2'. Proviamo ora che ρ2'= |P|, ossia che la densità superficiale di carica è pari alla polarizzazione dell’acqua. Infatti, sommando i dipoli di una fila di volumetti, si ottiene un dipolo di valore ρ2'l2d. Sommando su tutte le file si ottiene per il momento di dipolo complessivo, ρ2'Sd, che, per definizione, è uguale alla polarizzazione per il volume dell’acqua (V = Sd): ρ2'Sd = |P|V ⇒ ρ2' = |P| 254 Capitolo 12 dielettrico, il campo elettrico che si avrebbe nel vuoto viene modificato di un fattore costante 1/εr; in moltissimi casi è lecito usare le formule valide nel vuoto a patto di sostituire a ε0 il prodotto ε0εr. Relazioni di questo tipo valgono anche quando il campo elettrico esterno varia secondo una legge sinusoidale: d ρ2 −ρ2' S E(t) = Ecosω t l ρ2' l2d ρ2' −ρ2 Il campo elettrico tra le armature del condensatore in assenza di dielettrico vale |E0| = ρ2/ε0 mentre con il dielettrico la densità di carica sulle armature deve essere diminuita di ρ2'= |P| e il campo elettrico è E = ( ρ2 − ρ2′ ) ε0 = ( ρ2 − P ) ε0 12.21 Anche se il legame tra campo elettrico e polarizzazione può essere complicato, per la maggior parte dei dielettrici in campi elettrici inferiori a 106 V/m vi è proporzionalità tra P ed E e si può porre 12.22 P = ρ2′ = ε 0 χE dove E è il campo totale(*) e χ una quantità adimensionale detta suscettività elettrica. Mediante la 12.22, la 12.21 fornisce E= ρ2 − χE ε0 ⇒ E= ρ2 ε 0 (1 + χ ) cioè E= E0 εr con ε r = 1 + χ 12.23 dove εr è una quantità adimensionale detta costante dielettrica relativa. Secondo la 12.23, in presenza di un (*) Il campo totale E è dovuto sia al campo E esterno, sia al 0 campo di polarizzazione: infatti è una media macroscopica su una distribuzione microscopica locale che dipende dal campo locale effettivo E e non dal campo nel vuoto E0, cioè P = P(E), e non P = P(E0). In questo caso E nelle 12.21-23 rappresenta l’ampiezza del campo elettrico totale, anch’esso oscillante con pulsazione ω. Tuttavia la “costante” dielettrica εr di un materiale è una funzione, spesso complicata, della pulsazione ω oltre che della temperatura. Per esempio, i dipoli molecolari dell’acqua vengono disordinati dai moti termici; per questo, ci attendiamo che la polarizzazione e la costante dielettrica di una sostanza polare come l’acqua diminuiscano all’aumentare della temperatura. Alcuni dei dipoli permanenti presenti nella materia possono essere pensati come “bastoncelli” in un fluido viscoso che si orientano con relativa lentezza nella direzione del campo elettrico: se il campo elettrico cambia velocemente, i dipoli lenti non hanno il tempo di orientarsi e contribuiscono in modo trascurabile alla polarizzazione. Perciò la polarizzazione, e con lei la costante dielettrica, tendono a decrescere al crescere della frequenza. La costante dielettrica relativa dell’acqua in un campo elettrico statico è εr ≈ 80; se la frequenza del campo applicato è paragonabile a quella della luce visibile (~1015 Hz), la costante dielettrica dell’acqua si riduce a εr ≈ 1.21. In un campo statico, la costante dielettrica relativa dell’olio commestibile è compresa tra 4 e 6, quella di CCl4 è 2.2, quella dell’aria è 1.0005. In un liquido polare quale l’acqua, il campo elettrico che mantiene uniti catione e anione di un sale si può ridurre a tal punto da permettere agli ioni di separarsi, al sale di sciogliersi, e alla soluzione di diventare elettrolitica (ossia conduttrice per ioni). Le proprietà dielettriche dell’acqua giocano un ruolo importante in molti processi biologici. 12.4.1 Forze sui dielettrici La presenza o meno di un mezzo dielettrico cambia la capacità di un condensatore e quindi la sua energia (vedi Equazione 12.13); vogliamo mostrare che a questo cambio è associata una forza che il campo elettrico esercita sul dielettrico. Campi elettrici e correnti 255 Se sulle armature viene mantenuta una carica costante, l’energia del condensatore si scrive in funzione di Q anziché di V: εr C1 d EC = C2 dielettrico L−x x Supponiamo che il dielettrico in figura con costante dielettrica εr venga inserito, per un tratto L − x, tra le armature di un condensatore a facce piane parallele con armature quadrate di area L2. Il condensatore può essere pensato come fatto dal parallelo tra un condensatore a vuoto, con capacità C1, e uno con il dielettrico, con capacità C2 dove C1 = ε 0 Lx d C2 = ε 0 ε r L( L − x ) d La capacità totale è perciò C = C1 + C2 = ε0 L d [ x + ε r ( L − x)] Distinguiamo ora il caso in cui il dielettrico viene inserito mentre tra le armature viene mantenuta una differenza di potenziale (V) costante, dal caso in cui viene mantenuta una carica (Q) costante sulle armature. Nel primo caso (V = costante), esprimiamo l’energia EC(x) del condensatore in funzione di V e C (vedi 12.13): EC = CV 2 2 = ε0 LV d 2 [ε L − (ε − 1)x] r r Si vede che, a potenziale costante, l’energia sarà minima quando C sarà minimo, ossia quando x = L e il dielettrico è del tutto fuori dalle armature del condensatore. Per raggiungere il minimo di energia perciò il condensatore a voltaggio costante “espelle” il dielettrico con una forza fx = − dE C ε0 LV 2 εr − 1 = dx d ( ) diretta verso destra nel caso del disegno. Poiché le apparecchiature elettroniche sono per lo più alimentate a voltaggio costante, i loro condensatori possono esplodere espellendo il dielettrico. Q2 2C In questo caso, l’energia diventa minima quando la capacità è massima, cioè x = 0; il dielettrico viene risucchiato nel condensatore. Le misure della forza su dielettrici parzialmente immersi in un condensatore permettono la determinazione della costante dielettrica statica. 12.5 Le correnti elettriche Una carica in un campo elettrico è sottoposta a una forza elettrica: rimarrà ferma se vincolata, si muoverà di moto accelerato se libera e si muoverà di moto uniforme in presenza di forze di attrito. Se la densità delle cariche in un conduttore non cambia nel tempo il moto delle cariche sarà descritto in modo simile a quello del fluido trattato nel Capitolo 8. Come anticipato nel capitolo precedente, la “portata” nel caso delle cariche elettriche viene chiamata corrente elettrica, viene indicata con I, ha le dimensioni di [carica/tempo] e si misura in ampere (A). Come la portata idrodinamica, la corrente elettrica è definibile come il flusso attraverso una superficie S del vettore densità di corrente J : I = Φ S ( J) = ∫ J ⋅ n dS 12.24 S dove J ha le dimensioni di corrente/superficie, A/m2. Immaginiamo il conduttore come un insieme di cariche mobili ze (z volte la carica e di un elettrone), con densità uniforme n (ossia vi è un numero n di cariche per unità di volume). Supponiamo che in presenza di un campo elettrico e di attriti tutte le cariche acquistino la stessa velocità v. In termini di questi parametri microscopici la densità di corrente (carica al secondo attraverso un’unità di superficie normale allo spostamento della carica) si scrive: J = zen v 12.25 Infatti, moltiplicando ambedue i membri per una superficie unitaria S normale a J, al primo membro si ha una corrente; al secondo membro si ha la carica che passa in un secondo attraverso una sezione S pari alla carica con- 256 Capitolo 12 tenuta in un cilindro di base S e altezza pari alla velocità moltiplicata per 1 secondo. le(*) VAB ≡ VA − VB. La legge di Ohm afferma che VAB è uguale alla corrente elettrica moltiplicata per una costante R, chiamata resistenza, che dipende dal tratto di conduttore 12.5.1 La corrente nei circuiti Se consideriamo la materia da un punto di vista microscopico, vediamo cariche negative in posizioni diverse da quelle positive (dipoli). Ma quando studiamo i componenti macroscopici di un circuito elettrico possiamo quasi sempre assumere che questi siano elettricamente neutri: se si ha una certa carica sull’armatura di un condensatore, l’altra armatura porta una carica esattamente opposta; a ogni istante, per un dato componente, la corrente entrante è sempre uguale a quella uscente. Se non consideriamo il dettaglio di quello che avviene nel componente circuitale, possiamo dire che la corrente elettrica percorre sempre anelli chiusi. Questo non vuol dire che una singola carica compia lo stesso circuito della corrente: l’elettrone che va dall’anodo al catodo di una pila prende parte a una reazione chimica, e lascia agli ioni dell’elettrolita il compito di chiudere l’anello di corrente. Anche quando la corrente complessiva è nulla, o estremamente piccola, si possono avere flussi di cariche di natura diversa che sono alla base di fenomeni quali, per esempio, sensazioni, pensieri, contrazioni muscolari. In questi casi occorre considerare tutti i contributi dei vari tipi di portatori di carica alla corrente complessiva. 12.5.2 La resistenza elettrica Nella maggior parte dei conduttori elettrici il moto delle cariche avviene in presenza di interazioni che dissipano l’energia (potenziale e/o cinetica) della carica in calore o altra radiazione. In questi materiali occorre un campo elettrico, e quindi una differenza di potenziale, per sostenere il moto delle cariche. In modo simile, la portata di un condotto idraulico orizzontale in regime viscoso è proporzionale alla differenza di pressione tra i due estremi. L’equivalente della legge di Poiseuille per la corrente elettrica si chiama legge di Ohm: essa stabilisce una proporzionalità tra differenza di potenziale e corrente e si applica a una vastissima classe di conduttori chiamati per questo conduttori ohmici. La differenza rispetto al caso idrodinamico è che il regime di Poiseuille vale per un intervallo di portate limitato, mentre la legge di Ohm si applica a ogni conduttore per qualunque voltaggio. Consideriamo un tratto di conduttore tra le superfici equipotenziali A e B tra cui vi è la differenza di potenzia- VAB = RI S 12.26 + I E VA J VB l dove R si misura in ohm (simbolo Ω = V/A) Supponiamo che il conduttore sia costituito da un materiale omogeneo di sezione S e che il tratto AB abbia lunghezza l. Campo elettrico E e densità di corrente J sono per definizione legati a VAB e I da E= VAB l J = I S Inserendo queste espressioni nella 12.25 abbiamo la forma puntuale della legge di Ohm: E= R⋅S J J≡ l σ 12.27 Il campo elettrico in un punto di un conduttore è uguale al prodotto della densità di corrente nel punto divisa per la conducibilità σ, che è un parametro caratteristico del materiale di cui è costituito il conduttore e si misura in 1/(Ω⋅m). Dalla 12.26, riscrivendo la resistenza mediante la conducibilità (ovvero il suo inverso, la resistività) si ottiene R= l Sσ 12.28 (*) Convenzioni sui segni degli schemi elettrici. Per definire la differenza di potenziale occorre indicare esplicitamente l’ordine dei due punti considerati (AB) oppure marcare con un segno + il primo punto; per dare un segno alla corrente occorre indicare un verso positivo lungo il conduttore; per scrivere la 12.26 si assume che il senso positivo della corrente vada dal primo punto (A) al secondo (B). Questo non vuole dire che le cariche si spostino da A verso B e che corrente e differenza di potenziale siano necessariamente quantità positive. Segno + e freccia del verso di corrente permettono di definire il segno della tensione V e della corrente I. Campi elettrici e correnti 257 La 12.28 esprime il fatto intuitivo che la resistenza aumenta all’aumentare della lunghezza del conduttore e diminuisce all’aumentare della sua sezione. Sostituendo la 12.25 nella 12.27 e tenendo conto che in regime viscoso la velocità della carica è proporzionale alla forza applicata zeE v = µ e zeE dove il parametro µe è la mobilità ed è pari numericamente alla velocità che la carica acquisterebbe quando sottoposta a una forza unitaria. Abbiamo quindi: E= n σ ( ze)v = n σ 2 2 ( ze) µ e E ⇒ σ = n( ze) µ e 12.29 La conducibilità σ è proporzionale al numero dei portatori nell’unità di volume, al quadrato della loro carica e alla mobilità µe. La conducibilità è nulla in un isolante ideale (che manca di portatori) ed è infinita in un superconduttore ideale, dove la mobilità è infinita. I materiali reali superconduttivi o isolanti si avvicinano moltissimo al limite ideale; per esempio, l’olandese Kamerlingh Onnes lanciò all’inizio del secolo una corrente in una spira di piombo a bassa temperatura (4.2 K); la sua spira porta ancora oggi circa la metà della corrente originaria. Da questa lentissima diminuzione si può risalire alla resistenza complessiva della spira (quasi esclusivamente dovuta ai contatti tra gli estremi), e da qui stimare una conducibilità superiore a 1025 1/(Ω⋅m). La conducibilità del quarzo invece è minore di 10−17 1/(Ω⋅m) ed è dovuta a portatori di carica associati a difetti assenti nella struttura ideale. A circa metà tra questi due estremi si trova la conducibilità del rame che a temperatura ambiente è di 5.9(107) 1/(Ω⋅m). Per interpretare con il giusto peso questi numeri, si pensi che tra le “dimensioni” della più piccola particella elementare rilevata fino a oggi (~10−14 m) e l’intero universo (~1024 m) ci sono “solo” 38 ordini di grandezza. 12.5.3 Resistenze in serie e in parallelo Applicando la legge di Ohm (Equazione 12.26) si ricavano le regole di composizione delle resistenze in serie e in parallelo. Intuitivamente, ponendo due conduttori uguali uno di seguito all’altro (cioè in serie) si ottiene un conduttore di lunghezza doppia che, per la 12.28, ha resistenza doppia; in generale, due resistenze in serie si somma- no. Sempre per l’Equazione 12.28, ponendo due conduttori uguali uno di fianco all’altro e unendone gli estremi vicini (collegamento in parallelo) si raddoppia la sezione S e quindi si dimezza la resistenza, ovvero si raddoppia il suo inverso, chiamato conduttanza. In generale, la conduttanza di due resistenze in parallelo è la somma delle singole conduttanze. In un circuito elettrico la resistenza è indicata con il seguente simbolo: . Ricaviamo ora le leggi di composizione in serie e parallelo. V1 V2 + + V R1 = 1 I serie I V2 R2 = I V +V R= 1 2 I R1 serie R2 = R1 + R2 12.30 R1 = V / I1 parallelo I1 + R= V V I1 + I2 I2 R2 = V / I 2 1 1 R1 parallelo R2 = + R R 1 2 −1 = R1 R2 R1 + R2 12.31 12.5.4 Effetti termici delle correnti L’energia potenziale di una carica q che si sposta in un campo elettrico cambia di −Vq, dove V è la differenza di potenziale tra punto di partenza e punto di arrivo. Se il moto avviene nella direzione della forza elettrica agente, qV è positivo e l’energia potenziale elettrica diminuisce. È questo il caso di un conduttore in cui le cariche si spostano per effetto della forza elettrica: la perdita di energia potenziale elettrica nell’unità di tempo ha le dimensioni di una potenza W ed è data da W =V dq = VI dt 12.32 Questa è l’equazione fondamentale per il calcolo delle potenze elettriche. Quando V e I si riferiscono a differen- 258 Capitolo 12 za di potenziale e corrente di una resistenza la 12.32 e la legge di Ohm (12.26) portano alla seguente espressione della potenza elettrica dissipata come calore da una resistenza: V2 W= = I2R R l3 ≈ J2 dW = = σ | E| 2 dV σ 12.33 12.34 Questa formula aiuta a predire dove, in un mezzo con conducibilità non uniforme percorso da corrente (quale per esempio il corpo umano), si avrà la massima dissipazione di energia. 12.6 Circuiti elettrici con condensatori e resistenze Condensatori, resistenze e batterie(*) sono dispositivi a due terminali (o poli) detti bipoli elettrici. Un circuito si ottiene collegando, secondo lo schema voluto, i terminali dei vari dispositivi; risolvere un circuito vuole dire determinare tutte le correnti attraverso i suoi dispositivi e i voltaggi ai loro capi. 12.6.1 Le leggi di Kirchhoff Consideriamo un circuito costituito da una batteria Vb e dalle tre resistenze R, R1, R2 percorse rispettivamente dalle correnti incognite I, I1, I2. Il nostro scopo è quello di determinare la differenza di potenziale V0 ai capi della resistenza R2. Per risolvere il circuito impostiamo le equazioni che esprimono le leggi di Kirchhoff delle maglie e dei nodi. La legge della maglia, o prima legge di Kirchhoff, è legata alla conservatività del campo elettrosta(*) Il simbolo circuitale della batteria è I2 I Questa relazione è nota come legge di Joule. Essa fornisce la quantità di energia che la resistenza libera sotto forma di calore nell’unità di tempo. Se applichiamo questa legge a un cubo di lato l, attraversato da faccia a faccia da una densità di corrente |J| = I/l2 e con conducibilità σ = 1/Rl, otteniamo l’espressione puntuale della legge di Joule per la densità della potenza dissipata in calore W tico. Essa afferma che la somma delle differenze di potenziale lungo un percorso chiuso, chiamato maglia, deve essere zero. R Vb R1 R2 V0 I1 La differenza di potenziale (V) tra due terminali è definita come la differenza tra il potenziale del “primo terminale” (A) e quello del “secondo terminale” (B): V = VA − VB. Perciò quando si assegna un simbolo, o un valore, a una differenza di potenziale è indispensabile poter identificare dal disegno il primo terminale e, ove esistano ambiguità, anche il secondo terminale. Una convenzione spesso usata consiste nel marcare con il segno + il primo terminale; in mancanza di altre indicazioni, il valore o simbolo di voltaggio si riferisce al bipolo accanto a cui è posto. Quando si assegna un simbolo o un valore alla corrente di un bipolo, si deve indicare con una freccia in che senso debbano spostarsi le cariche positive perché la corrente sia positiva. Per esempio, se la corrente I2 attraversa la resistenza R2 vi è una differenza di potenziale I2R2 tra il terminale in cui la corrente “entra” (il primo, per convenzione) e quello da cui “esce”. Nel disegno abbiamo indicato con V0 questa differenza di potenziale (V0 = I2R2) indicando anche esplicitamente tra quali terminali va misurata. Si può scegliere a piacere il senso di percorrenza, orario o antiorario, della maglia: le differenze di potenziale dei bipoli di una maglia vanno prese con il loro segno se il primo terminale precede il secondo, e con segno cambiato in caso contrario. Per esempio, percorrendo in senso orario la prima maglia del circuito del disegno (costituita dalla batteria, R e R1) Vb va preso con segno negativo (il primo terminale segue il secondo), IR e I1R1 con il loro segno in quanto le correnti indicate sono concordi con il verso di percorrenza. Si ottiene l’equazione della prima maglia: −Vb + IR + I1R1 = 0 ⇒ Vb = IR + I1R1 12.35 Con la stessa regola applicata alla seconda maglia, formata da R1 e R2 e percorsa in senso orario, si ha I2R2 − I1R1 = 0 ⇒ I1R1 = I2R2 12.36 Campi elettrici e correnti 259 L’ultima relazione necessaria per risolvere il circuito proposto si ottiene imponendo che la somma delle correnti entranti in un nodo (ovvero punto comune a più di due terminali, segnato da un pallino nero nella figura precedente) deve essere uguale alla somma delle correnti uscenti da tale punto (legge dei nodi, o seconda legge di Kirchhoff, che traduce la legge di conservazione della carica elettrica). Per il circuito della figura, la corrente I (entrante) è pari alla somma delle due correnti I1 e I2 (uscenti) I = I1 + I2 12.37 Le tre correnti incognite si ricavano facendo sistema con le tre equazioni 12.35 - 12.37. Questo procedimento generale per la risoluzione di un circuito porta spesso a molte equazioni in molte incognite, quanto mai noiose da risolvere manualmente. Tuttavia, procedimenti di tipo intuitivo possono portare più rapidamente alla soluzione. Nel nostro caso, per esempio, è conveniente notare che R è in serie al parallelo formato da R1 e R2; perciò la resistenza totale ai capi della batteria vale Rtot = R + R1 R2 RR1 + RR2 + R1 R2 = R1 + R2 R1 + R2 da cui la corrente uscente dalla batteria è I= Vb Rtot Dalla chiusura dell’interruttore in poi vi è lo stesso potenziale V(t) ai capi del condensatore e della resistenza e, con le convenzioni di segni della figura, la corrente I(t) è positiva se il voltaggio V(t) è positivo. Possiamo perciò scrivere V(t) = RI(t) = Q(t ) C 12.38 La 12.38 esprime allo stesso tempo la legge del condensatore, la legge di Ohm per la resistenza, e la legge della maglia. Se in un piccolo tempo dt la carica sul condensatore cambia di dQ, dal condensatore viene emessa una corrente −dQ/dt che deve essere uguale a quella circolante nella resistenza, V(t)/R. Perciò dQ V (t ) Q(t ) =− =− dt R RC 12.39 Si noti che dQ è negativo (il condensatore si scarica) mentre V(t)/R è positivo: questo intuitivamente spiega il segno negativo nella 12.32. Poiché il cambio della carica nell’unità di tempo è proporzionale alla carica presente, la carica del condensatore cambia nel tempo con legge esponenziale (vedi Equazioni 6.48 e 6.49); perciò la 12.39 è risolta da t V (t ) = Q(t ) Q( 0) − RC = e C C 12.40 Quando la carica iniziale del condensatore si è ridotta di e = 2.71 (base dei logaritmi naturali) è passato un tempo τ = RC detto costante di tempo del circuito: e la tensione V0 è R1 R2 R V0 = Vb − IR = Vb 1 − = Vb Rtot RR1 + RR2 + R1 R2 12.6.2 La scarica del condensatore Nel caso rappresentato in figura, un condensatore con una carica iniziale Q(0) e un voltaggio V(0) = Q(0)/C viene collegato al tempo t = 0 alla resistenza R. Q(τ ) = Q(0)e −1 = Q(0) e Per esempio, se R = 1 kΩ, C = 1 µF, la costante di tempo è τ = (103) Ω × (10−6) F = 10−3 s. Studiamo ora, senza risolverlo completamente, il seguente circuito nel quale all’istante iniziale il condensatore è scarico (Q(0) = 0) e viene chiuso il contatto con la batteria. R + + I(t) + + C R V(t) Vb R1 C V(t) Poiché Q(0) = 0 la differenza di potenziale iniziale su C sarà V(0) = 0 e dalla batteria uscirà inizialmente la cor- 260 Capitolo 12 rente I(0) = Vb/R. Quando, dopo un tempo idealmente infinito, la carica del condensatore è completata, C non assorbe più corrente; tutta la corrente uscente dalla batteria passa attraverso la serie di R e R1 e vale perciò Vb I ( ∞) = R + R1 La differenza di potenziale V(t) ai capi del condensatore passa da zero, al tempo iniziale, al valore asintotico V(∞) = R1I(∞) = VbR1/(R + R1). Dal punto di vista del condensatore, le due resistenze R e R1 sono connesse in parallelo ai suoi morsetti; perciò la costante di tempo della carica sarà τ =C RR1 R + R1 12.7 Effetti biologici delle correnti elettriche Oggi ci si trova costantemente in vicinanza di dispositivi elettrici progettati per produrre suoni, movimenti, radiazioni... L’effetto indesiderato più comune di questi dispositivi è il danno elettrico, causato esclusivamente dal passaggio di corrente per il corpo. Ci si può appoggiare tranquillamente a un filo ad alta tensione fino a che non si crei un cammino per le cariche che, passando per il corpo, raggiunga un punto al potenziale di terra. Descriviamo ora i principali effetti biologici che si manifestano al crescere dell’intensità di corrente. 1. Stimolo sensoriale. Con la lingua possiamo avvertire il passaggio di 50 µA, ma occorre una corrente alternata a 50 Hz di circa 1 mA per avvertire una sensazione nella mano (soglia di sensibilità per la corrente). 2. Contrazione muscolare. I muscoli della mano tendono a contrarsi per correnti di alcuni milliampere. Oltre un limite detto corrente di rilascio, la metà delle persone non è in grado di rilasciare la mano attraversata da corrente. Per correnti oscillanti a frequenze tra i 20 e 200 Hz la corrente di rilascio è di circa 15 mA; per correnti continue è di ~50 mA. La corrente di rilascio fissa il limite del pericolo, perché al di sopra di questa la persona viene “congelata” al circuito. 3. Blocco respiratorio e fibrillazione cardiaca. Possono avvenire per correnti di poco superiori alla corrente di rilascio, dipendono dal percorso seguito dalla corrente nel corpo e costituiscono pericolo mortale se di durata superiore ad alcuni secondi. Sono la causa più comune di morte per folgorazione. La persona colpita da scarica elettrica va trattata come un annegato, con respirazione forzata e massaggio cardiaco. 4. Danni reversibili ai tessuti, in particolare al midollo spinale (paralisi temporanee), agli organi di senso (vertigini, sordità, indebolimento della vista), al cervello (stati confusionali e disturbi psichici, di solito transitori). 5. Distruzione di tessuti per elettrolisi delle cellule o riscaldamento. L’effetto di riscaldamento dipende sia dalla durata della scarica elettrica sia dalla potenza La legge di variazione temporale di V(t) è data da R + R1 t − t − R 1 V (t ) = V (∞) 1 − e τ = Vb 1 − e CRR1 R + R 1 ed è rappresentata in figura per il caso in cui Vb = 6 V, R = 1 kΩ, R1 = 5 kΩ, C = 1 µF. V(t) 4 2 0 0 2 t (10−3s) 4 Se in un circuito inizialmente a riposo (cioè con condensatori scarichi) vengono “accese” delle differenze di potenziale, le correnti iniziali si possono calcolare ponendo al posto dei condensatori dei cortocircuiti; perciò, inizialmente, nel circuito precedente tutta la differenza di potenziale del generatore risulta applicata su R, in cui circola una corrente Vb/R. Le correnti asintotiche, o di regime, si calcolano “scollegando” idealmente i condensatori, ossia ignorando i loro contributi a maglie e nodi. La corrente asintotica del generatore è perciò data dal rapporto tra Vb e (R + R1). Campi elettrici e correnti 261 depositata nell’unità di volume. È di solito molto più pronunciato sulla pelle, a causa della sua elevata resistività. Anche l’area del contatto attraverso cui la corrente entra nel corpo gioca un ruolo importante: infatti dalla 12.34 si può notare che, a parità di corrente, la densità di potenza quadruplica al dimezzare dell’area di contatto. L’aumento locale di temperatura ∆T è stimabile come ∆T = potenza depositata sul volume × tempo calore specifico per unità di volume Sotto la pelle la resistività è molto più bassa e la corrente si sparpaglia (sull’intero arto, sul tronco) riducendo gli effetti di riscaldamento. Una scarica elettrica tanto forte da provocare la necrosi dei tessuti non è in genere dolorosa perché le terminazioni sensitive sul cammino della corrente vengono distrutte quasi immediatamente. Chi sopravvive a una scarica ustionante è in pericolo per la lenta morte dei tessuti adiacenti a quelli necrotizzati, che possono liberare quantità di tossine tali da portare al sovraccarico renale. Riassunto Sono state qui introdotte relazioni che sono fondamentali in svariate discipline, come l’elettrotecnica, l’elettrochimica e la fisiologia. Si è iniziato applicando un’equazione di Maxwell, nota anche come legge di Gauss, al calcolo del campo elettrico; ricordando che, nel vuoto, il flusso del campo elettrico uscente da una superficie chiusa è uguale alla carica contenuta divisa per ε0 e scegliendo la superficie in modo da ottenere l’espressione più semplice possibile per il flusso, è possibile calcolare il campo alla superficie di una sfera conduttrice carica, sopra un piano di cariche, in prossimità di una lunga fila di cariche e sulla superficie di un conduttore. Sempre dalle equazioni di Maxwell discende che in regime di campi magnetici lentamente variabili il campo elettrico è conservativo e ammette potenziale. Il potenziale in un punto P a distanza r da una carica puntiforme Q vale V(P) = Q/4πε0r , dove si è assunto come punto di riferimento (a potenziale nullo) il punto all’infinito. Il fenomeno dell’induzione elettrostatica dipende dal fatto che le cariche mobili in un conduttore tendono a spostarsi per effetto di un campo elettrico: lo spostamento cessa solo quando, all’interno del conduttore (o dello schermo conduttore) si ha campo elettrico totale nullo. L’induzione elettrostatica fornisce il meccanismo principale che porta all’accumulo di cariche nell’atmosfera e che produce i fulmini. A un conduttore carico o a due conduttori accostati con cariche uguali e di segno opposto (condensatore) si può associare, come proprietà intrinseca, la sua capacità elettrica C e una energia EC che dipende dalla carica: EC = Q2 2C Il materiale isolante (dielettrico) che è interposto tra le armature di un condensatore si polarizza, ossia cariche positive e negative di una stessa molecola neutra si spostano le une rispetto alle altre in modo da ridurre il campo elettrico a esse applicato. Per deboli campi elettrici, la polarizzazione può essere descritta mediante la costante dielettrica relativa, εr, che è in pratica il fattore di riduzione del campo elettrico generato da una carica per effetto della presenza del dielettrico. Una carica sottoposta a un campo elettrico dovrebbe accelerare indefinitamente, ma in un mezzo materiale le frequenti collisioni con atomi o molecole portano a raggiungere una velocità di regime e a dissipare in calore il lavoro compiuto dal campo elettrico. In un tratto di conduttore percorso da corrente si ha perciò una differenza di potenziale e una dissipazione di energia elettrica in calore (legge di Joule). Si inizia in questo capitolo lo studio dei circuiti elettrici discutendo i casi delle resistenze in serie e parallelo e della carica e scarica del condensatore. ESERCIZI RISOLTI ______________________________________________________________ Esercizio R12.1 Secondo il modello atomico di Bohr, l’elettrone dell’atomo d’idrogeno (con massa me = 9.11 × 10−31 kg, carica q = e = 1.6 × 10−19 C) percorre un’orbita circolare di raggio r = 5.3 × 10−11 m attorno al suo nucleo con frequenza (determinata dall’attrazione elettrica) pari a (in Hz) 262 Capitolo 12 (A) 107 (B) 13.5(1012) (C) 6.6(1015) (D) 3.0(108) (E) 9.0(1016) Soluzione Occorre eguagliare la forza centripeta, ricavata dalla accelerazione angolare, e l’attrazione coulombiana tra due cariche uguali: meω 2 r = ke q2 r2 ⇒ν = 1 ω = 2π 2π ke q 2 ≈ 6.6(10 15 ) Hz me r 3 Esercizio R12.2 Una carica elettrica q0 = +1 mC si trova nell’origine di un asse mentre una carica negativa q1 = −4 mC si trova nel punto di ascissa −1 m. Sia Q il punto dell’asse dove il campo elettrico si annulla e P il punto dove il potenziale elettrico si annulla. Il rapporto xQ /xP vale (A) 1/3 (B) 1/2 (C) 1 (D) 2 (E) 3 Soluzione La situazione dei campi elettrici è schematizzata nella seguente figura: E1 q1 E1 q0 −1 0 xP E0 xQ E0 A destra di q0 (ascisse positive) i due campi E0 ed E1 hanno verso opposto e la loro somma si può annullare. Il punto xQ si trova come radice positiva dell’equazione (dove le ascisse sono in metri) E 0 = E1 ⇒ q0 2 xQ = q1 ( x Q + 1) 2 2 2 ⇒ xQ + 2 xQ + 1 = 4 xQ ⇒ xQ = 1 m Tra le due cariche, i due campi hanno lo stesso verso e non si possono annullare. A sinistra di q1, |E1| è sempre maggiore di |E2| . Perciò il punto trovato è l’unico in cui il campo si annulla. Imponiamo ora l’annullamento del potenziale q0 q1 + = 0 ⇒ xP +1 = 4xP ⇒ xP = 1 / 3 m xP xP +1 da cui xQ/xP = +3 Esercizio R12.3 Un dipolo elettrico, inizialmente orientato lungo l’asse x, è costituito da uno ione monovalente positivo, e = 1.6(10−19) m, e uno negativo alla distanza d = 3(10−10) m. E y d/2 x ϕ ed −e ed e Il dipolo viene posto in un campo elettrico uniforme diretto verso la direzione positiva Campi elettrici e correnti 263 dell’asse y con E = 2(105) V/m. Se il dipolo può orientarsi nel campo elettrico la sua energia potenziale diminuisce di (A) 2eEd (B) eEd (C) eEd/2 (D) eEd/3 (E) eEd/4 Soluzione La carica positiva si sposta di d/2 nella direzione del campo elettrico il quale compie su questa un lavoro eE d/2, pari a quello compiuto sulla carica negativa, e complessivamente uguale alla perdita di energia potenziale del dipolo edE = 9.6(10−24) J (risposta B). L’energia potenziale del dipolo si può scrivere come prodotto scalare tra il campo elettrico E e momento di dipolo qd cambiato di segno: E = − E ⋅ ed = − Eed cos ϕ Tale energia è minima quando campo elettrico e momento di dipolo sono paralleli e massima quando sono antiparalleli. Esercizio R12.4 Se un protone (e = 1.6(10−19) C) ha raggio r = 1.2(10−15) m, la sua energia elettrostatica è pari a circa (1 MeV= 1.6(10−13) J). (A) 0.6 MeV (B) 1.6 MeV (C) 1.11 MeV (D) 0.314MeV (E) 3.0 MeV Soluzione In prima approssimazione, si può utilizzare la formula dell’energia per la sfera conduttrice carica, e2/2C = e2/8πε0r ≈ 0.6 MeV che differisce poco (~20%) dalla formula calcolabile per l’energia della sfera uniformemente carica (3e2/20πε0r) Esercizio R12.5 Quattro piastre conduttrici parallele di area S, separate tra di loro da una distanza d, vengono collegate nei due modi indicati in figura. S a b c a b c C1 C2 d Il rapporto tra le capacità delle due configurazioni, C1/C2, vale (A) 1 (B) 2/3 (C) 3/2 (D) 2 (E) 1/2 Soluzione Indichiamo con C = ε0S/d la capacità di due piastre affacciate di polarità differente. La capacità nella configurazione di sinistra è C1 = 3C in quanto si può pensare come fatta dal parallelo di tre coppie diverse di piastre (a, b, c) costituite da armature con polarità (+, −) opposta. Nel caso di destra, la coppia b non contribuisce alla capacità perché formata da armature allo stesso potenziale; il condensatore di destra è dato dal parallelo tra la coppia a e c: C2 = 2C. Perciò C1/C2 = 3/2. Esercizio R12.6 Una centrale idroelettrica eroga una potenza Wtot di 2(105) W a una fabbrica distante 5 km. La linea elettrica è costituita da due cavi di rame (resistività del rame 1.7(10−8) Ωm) di sezione S = 1 cm2 e lunghezza complessiva l = 104 m. Calcolare il rapporto delle potenza dissipata nei cavi quando la linea è alimentata a 1000 V e quando la linea è alimentata a V = 104 V. (A) 0.1 (B) 1 (C) 10 (D) 100 (E) 1000 264 Capitolo 12 Soluzione La resistenza dei cavi è R= resistività × lunghezza 17 . × 10−8 × 104 = = 1.7 Ω sezione 10− 4 La corrente che vi passa è I = Wtot/V, pari a 200 A per la linea a 1000 V e pari a 20 A per la linea a 104 V. La potenza WR dissipata nella resistenza della linea è 2002 × 1.7 = 6.8(104 )W a 1000 V WR = I 2 R = 2 20 × 17 . = 680 W a 104 V Il rapporto tra le potenze dissipate è perciò 100, pari al quadrato del reciproco del rapporto tra i voltaggi. Oltre che aumentare il voltaggio, per diminuire le perdite si può aumentare la sezione S della linea, con corrispondente riduzione della resistenza per unità di lunghezza, ma con aumento di costo e peso della linea. Esercizio R12.7 Un condensatore è formato da due piastre piane di area S = 0.1 m2 distanti d = 1 cm. Lo spazio tra le armature è pieno per 3/4 di olio (εr1 = 5, d1 = 0.75 cm) e per il restante 1/4 d’aria (εr2 ≈ 1, d2 = 0.25 cm). εr2=1 d2 = 0.25 cm εr1=5 d1 = 0.75 cm La capacità del condensatore è pari a circa (A) 0.47 nF (B) 314 pF (C) 111 pF (D) 5.31 nF (E) 221 pF Soluzione Possiamo pensare al condensatore come costituito da un condensatore ε ε S ε ε S C1 = o r1 in serie con C2 = o r 2 d1 d2 La capacità C del condensatore complessivo è d d C = (C1−1 + C 2−1 ) −1 = ε 0 S 1 + 2 ε r1 ε r 2 −1 = ε o Sε r1ε r 2 ≈ 221 pF d 2 ε r1 + d1ε r 2 Esercizio R12.8 Una batteria può essere schematizzata come un generatore di tensione V in serie a una resistenza interna Rin: I Rin R Quando la resistenza esterna vale R1 = 2 Ω si misura una corrente I1 = 2.4 A; quando la resi- Campi elettrici e correnti 265 stenza esterna vale R2 = 4.5 Ω la corrente si riduce a I2 = 1.2 A. La resistenza interna vale all’incirca (A) 0.1 Ω (B) 0.2 Ω (C) 0.5 Ω (D) 0.67Ω (E) 1.0 Ω Soluzione La resistenza interna è in serie alla resistenza esterna R e possiamo scrivere l’equazione della maglia una volta con R = R1 e un’altra con R = R2: R2 I 2 − R1 I1 = 0.5 Ω Rin = I − I V = ( Rin + R1 ) I1 1 2 ⇒ V = ( R + R ) I V = (R + R )I = 6 V in 2 2 in 1 1 Esercizio R12.9 Nel circuito della figura si ha R1 = 5 Ω, R2 = 2 Ω e R3 = 3 Ω e nella resistenza R1 passa una corrente di 1 A. R1 V + I1= 1 A R2 R3 Il voltaggio V ai capi della batteria vale (A) 5 V (B) 10.5 V (C) 21.0 V (D) 15.5 V (E) Soluzione Ai capi di R1 vi è un voltaggio V1 = I1R1 = 5 V; perciò in R2 fluisce una corrente I2 = 5V/R2 = 2.5 A e nella resistenza R3 passa la somma delle correnti I1 e I2; I3 = I1 + I2 = 3.5 A. La caduta di tensione ai capi di R3 è perciò V3 = I3R3 = 10.5 V e il voltaggio richiesto è V = V1 + V3 = 15.5 V Esercizio R12.10 Una batteria con V = 6 volt e una resistenza interna di Rin = 0.2 Ω viene attaccata al tempo t = 0 a un circuito formato dal parallelo tra una capacità C = 2 mF e una resistenza R = 10 Ω. Rin V + R C Quale tra le seguenti affermazioni è falsa ? (A) L’energia immagazzinata in C è sempre minore di (1/2)CV2 (B) La corrente che passa in R è nulla al tempo t = 0 (C) L’energia complessivamente dissipata in Rin nel primo secondo è maggiore dell’energia immagazzinata nello stesso tempo in C (D) La corrente che passa in Rin è massima a t = 0 (E) La potenza dissipata in R è sempre maggiore o uguale di quella dissipata in Rin Soluzione Un’analisi semplificata di un circuito in corrente continua (V costante) con condensatori 266 Capitolo 12 inizialmente scarichi si effettua come segue: 1. All’istante iniziale i condensatori vengono considerati dei cortocircuiti. Nel nostro caso, al tempo t = 0, in Rin passa perciò la corrente massima V/Rin e in R non passa alcuna corrente, avendo differenza di potenziale nulla ai suoi estremi. Segue che le risposte B e D sono giuste e la E sbagliata perché all’istante iniziale la potenza dissipata in Rin è maggiore di quella dissipata in R. 2. Dopo un tempo “lungo”, molto maggiore del tempo di carica dei condensatori, questi raggiungono un valore asintotico di voltaggio e di carica e per questo non assorbono più corrente; possono perciò essere considerati come circuiti aperti e trascurati dal punto di vista delle correnti; la corrente asintotica che passa nelle due resistenze è Ia = V/(Rin + R) mentre il voltaggio asintotico ai capi di R, e quindi del condensatore, è Va = RIa ≈ 5.88 V. L’energia asintotica sul condensatore è perciò 2 V 2C V 2C R V 2C V 2C EC = a = < ≈ 0.96 2 2 Rin + R 2 2 La risposta A è esatta. Per analizzare l’affermazione C consideriamo prima il circuito privo della resistenza R (ovvero, poniamo R = ∞) e indichiamo con Qa = CV la carica asintoticamente raggiunta dal condensatore. Quando il condensatore ha raggiunto una qualunque carica Q ≤ Qa = VC, la sua energia è EC =Q2/2C mentre l’energia complessivamente prodotta dal generatore è Eg = QV. L’energia complessivamente dissipata dalla resistenza Rin è la differenza Q Qa Q 2 E g − E C = Q V − ≥ ≥Q 2C 2 C 2C che è sempre maggiore di EC fino a quando il condensatore non raggiunge un voltaggio asintotico pari a quello del generatore. Si noti che questo ragionamento è indipendente dal valore di Rin: caricare un condensatore con un generatore a voltaggio costante comporta sempre la dissipazione di metà dell’energia totale fornita dal generatore. In presenza di una resistenza R in parallelo a C, il voltaggio asintotico è minore di quello del generatore e la dissipazione su Rin aumenta a causa della corrente che passa per R. Perciò la risposta C è sempre vera. ESERCIZI PROPOSTI____________________________________________________________ Esercizio 12.1 L’energia che occorre fornire all’elettrone orbitante dell’atomo di idrogeno del problema R12.1 per allontanarlo per sempre dal suo nucleo è pari a circa (in eV = 1.6 × 10−19 J) (A) 1 eV (B) 6.28 eV (C) 13.6 eV (D) 27.2 eV (E) 576 eV Esercizio 12.2 Tre elettroni sono posti ai vertici di un triangolo equilatero di 0.2 nm di lato. Il campo elettrico nel baricentro del triangolo ha modulo pari a circa (in unità di 1011 V/m) (A) 0 (B) 3.6 (C) 5.1 (D) 2.55 (E) 1.7 Campi elettrici e correnti 267 Esercizio 12.3 L’energia di un condensatore di 0.04 F è di 0.5 J quando la sua differenza di potenziale è di (A) 2 V (B) 5 V (C) 10 V (D) 25 V (E) 50 V Esercizio 12.4 Due sferette conduttrici uguali di 100 g l’una sono appese mediante fili lunghi 50 cm a un punto P. P l ϑ m,q m,q Se, quando le sfere sono caricate elettricamente con carica uguale q, i fili formano un angolo di 30° con la verticale, la carica q vale (A) 1.0 µC (B) 2.2 µC (C) 3.14 µC (D) 3.9 µC (E) 9.8 µC Esercizio 12.5 Tra le armature del condensatore della figura, distanti 1 cm, vi è una differenza di potenziale di V = 2 kV. All’istante t = 0 un protone (mp = 1.67 × 10−27 kg) lascia l’armatura positiva e contemporaneamente un elettrone (me = 9.11×10−31 kg) lascia quella negativa. p e + + + + − − − − 1 cm Le due particelle si incontreranno a una distanza dall’armatura positiva pari a circa (A) 0.5 cm (B) 0.25 cm (C) 0.5 mm (D) 0.05 mm (E) 5 µm Esercizio 12.6 Tra i punti A e B vi è una differenza di potenziale di 120 V e i condensatori hanno i seguenti valori: C1 = 0.3 µF, C2 = 0.4 µF, C3 = 0.2 µF. C2 C1 C3 A 120 V B 268 Capitolo 12 La carica sull’armatura del condensatore C1 è pari a circa (in µC) (A) 1 (B) 2 (C) 4 (D) 11 (E) 24 Esercizio 12.7 Per portare da 10°C a 100°C un litro d’acqua utilizzando una resistenza elettrica in cui vengono dissipati 1000 W, trascurando le perdite, occorre un tempo pari a circa (A) 10 s (B) 90 s (C) 6' (D) 15' (E) 1 h Esercizio 12.8 Una batteria per auto fornisce 12 V e ha una carica di 40 ampere × ora (A⋅h). Se una luce di posizione consuma 5 W, essa scaricherà completamente la batteria in circa (A) 8 h (B) 24 h (C) 36 h (D) 48 h (E) 96 h Esercizio 12.9 Nel circuito della figura la differenza di potenziale ai capi di R1 è di 4 V e i valori delle resistenze sono R1 = 1 Ω, R2 = 2 Ω, R3 = 3 Ω. R1 V + R2 R3 La differenza di potenziale V ai capi della batteria è di (A) 10 V (B) 22 V (C) 50 V (D) 220 V (E) 760 V Esercizio 12.10 Durante il processo di carica di un condensatore C, inizialmente scarico e collegato al tempo t = 0 a un generatore continuo V mediante una resistenza R, la potenza immagazzinata dal condensatore è massima al tempo (in unità RC) (A) 0 (B) 0.368 (C) 0.500 (D) 0.693 (E) 1