Dott. Christian Barabini Psicologo [email protected] Cell. 3291670770 Premessa I principi che sono alla base del nostro modello di integrazione scolastica (assunto a punto di riferimento per le politiche di inclusione in Europa e non solo) hanno contribuito a fare del sistema di istruzione italiano un luogo di conoscenza, sviluppo e socializzazione per tutti, sottolineandone gli aspetti inclusivi piuttosto che quelli selettivi. Premessa Forte di questa esperienza, il nostro Paese è ora in grado, passati più di trent’anni dalla legge n.517 del 1977, che diede avvio all’integrazione scolastica, di considerare le criticità emerse e di valutare, con maggiore cognizione, la necessità di ripensare alcuni aspetti dell’intero sistema. Gli alunni con disabilità si trovano inseriti all’interno di un contesto sempre più variegato, dove la discriminante tradizionale – alunni con disabilità / alunni senza disabilità – non rispecchia pienamente la complessa realtà delle nostre classi. Anzi, è opportuno assumere un approccio decisamente educativo, per il quale l’identificazione degli alunni con disabilità non avviene sulla base della eventuale certificazione, che certamente mantiene utilità per una serie di benefici e di garanzie, ma allo stesso tempo rischia di chiuderli in una cornice ristretta. A questo riguardo è rilevante l’apporto, anche sul piano culturale, del modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell’OMS, che considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale. Fondandosi sul profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, il modello ICF consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES) dell’alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni. In questo senso, ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici; Biologici; Fisiologici anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta. Va quindi potenziata la cultura dell’inclusione, e ciò anche mediante un approfondimento delle relative competenze degli insegnanti curricolari, finalizzata ad una più stretta interazione tra tutte le componenti della comunità educante. In tale ottica, assumono un valore strategico i Centri Territoriali di Supporto (CTS), che rappresentano l’interfaccia fra l’Amministrazione e le scuole e tra le scuole stesse in relazione ai Bisogni Educativi Speciali. Essi pertanto integrano le proprie funzioni – come già chiarito dal D.M. 12 luglio 2011 per quanto concerne i disturbi specifici di apprendimento – e collaborano con le altre risorse territoriali nella definizione di una rete di supporto al processo di integrazione, con particolare riferimento, secondo la loro originaria vocazione, al potenziamento del contesto scolastico mediante le nuove tecnologie, ma anche offrendo un ausilio ai docenti secondo un modello cooperativo di intervento. Che cos’è un BES L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse. Nel variegato panorama delle nostre scuole la complessità delle classi diviene sempre più evidente. Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi europei: Special Educational Needs). Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici quella dello svantaggio socio- economico, linguistico, culturale. Disabilità rientrano in questo gruppo tutti gli alunni che presentano una difficoltà certificata ai sensi della legge 104/92 (Leggequadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), vale a dire tutti coloro che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione (ritardo mentale, disturbi generalizzati dello sviluppo, altre gravi patologie della struttura e della funzione corporea) Disabilità per gli alunni con disabilità, serve una certificazione medico-legale ai sensi della legge 104/92, che dà diritto all’alunno di usufruire di un certo numero di ore di sostegno con un insegnante specializzato e di un Piano Educativo Individualizzato (PEI) che preveda i percorsi e gli strumenti didattici più idonei per il raggiungimento di obiettivi personalizzati nonché le modalità adeguate per la valutazione degli stessi; Disturbi evolutivi specifici questa macroarea comprende tutte quelle difficoltà che non sono o che non possono essere certificate dalla legge 104/92. Sono compresi in questo gruppo: • i disturbi specifici di apprendimento (DSA): sono quei disturbi di natura neurobiologica che alunni con intelligenza e caratteristiche psicofisiche nella norma possono mostrare in quelle abilità specifiche degli apprendimenti scolastici, quali la lettura, la scrittura o il calcolo; sono riconosciuti dalla legge 170/2010 (Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico); • i disturbi specifici del linguaggio; • i deficit delle abilità non verbali (disturbi della coordinazione motoria, disprassia, disturbo non verbale); • i deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività (DDAI, o secondo formula inglese ADHD); • i disturbi dello spettro autistico lieve (non compreso nelle casistiche previste dalla legge 104/92); • il funzionamento intellettivo limite (o borderline) Disturbi evolutivi specifici per gli alunni con disturbi specifici, da documentazione clinica rilasciata da strutture pubbliche e da motivazioni pedagogico-didattiche opportunamente verbalizzate dal team degli insegnanti. In questa categoria è opportuno ricordare che per gli alunni con DSA la legge 170/2010 garantisce il diritto allo studio attraverso peculiari criteri educativi e didattici, misure dispensative, strumenti compensativi e modalità di valutazione degli apprendimenti scolastici, che possono essere estesi anche a tutti gli alunni con BES; Svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale si tratta sicuramente di un’area molto ampia ed eterogenea dei BES, nella quale sono compresi tutti quegli alunni che presentano difficoltà in ambito emozionale, psicoaffettivo, comportamentale, motivazionale, oppure legate a complessi vissuti di ordine psicofisico, familiare, socioeconomico o linguistico-culturale. Svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale per gli alunni con svantaggio socio-economico, linguistico e culturale, da segnalazioni sulla base di elementi oggettivi (per esempio segnalazioni degli operatori dei servizi sociali) e/o da motivazioni pedagogicodidattiche, anch’esse accuratamente verbalizzate. Osservare e individuare gli alunni con BES E’ auspicabile che ogni docente adotti un punto di vista il più possibile aperto e flessibile nei confronti delle diversità individuali e osservi i comportamenti dell’alunno con sistematicità, ma che provveda anche a condividere con i colleghi i risultati delle proprie considerazioni affinché convergano a creare un quadro il più possibile completo del funzionamento globale dell’alunno, in relazione a: • rapporto con gli educatori e con i coetanei; • attenzione e autocontrollo; • motivazione, autostima e affettività; • contesto socio-economico, culturale e linguistico di riferimento; • processi cognitivi (linguaggio, memoria ecc.); • processi non cognitivi (visualità, spazialità, manualità, calcolo ecc.). Personalizzare e individualizzare: il Piano Didattico Personalizzato (PDP) Le osservazioni fatte dal team degli insegnanti devono trovare forma nel cosiddetto Piano Didattico Personalizzato (PDP), lo strumento primario che serve a documentare e monitorare la progettazione educativa e didattica per l’alunno con BES, definendone gli obiettivi minimi attesi per le competenze in uscita, le strategie e le metodologie didattiche efficaci per raggiungere l’autonomo sviluppo delle competenze, gli strumenti compensativi e le misure dispensative da adottare, i criteri e le modalità di verifica e di valutazione degli apprendimenti. Già previsto dalla legge 170/2010 e dalle linee guida allegate al Decreto Ministeriale 5669/2011, nonché riaffermato dalla Circolare MIUR n. 8 del 6/3/2013 (Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione 12 scolastica – Indicazioni operative), il PDP è un documento che, redatto dai docenti del consiglio di classe sulla base di eventuali documentazioni cliniche o di altre informazioni rilevanti provenienti da fonti oggettive, è sottoscritto dagli stessi, dal dirigente scolastico e, soprattutto, dalla famiglia dell’alunno. Ciò dimostra, in sede normativa, la volontà di far confluire nella sua compilazione una pluralità di attori che possono, ognuno, fornire un contributo rilevante alla corretta definizione dei suoi bisogni formativi specifici.