La protezione magnetotermica All’uscita della legge sulla sicurezza degli impianti (L.46 del Marzo 19990) e successivamente (dopo più di tre anni) quando si pensò seriamente di renderla operativa, ve la ricordate la corsa “al salvavita”? Sembrava (e molti ne sono tutt’ora convinti) che perché l’impianto elettrico fosse sicuro e “a norma” bastasse mettere come interruttore generale questo fantastico salvavita, operazione sostanzialmente semplice ed indolore. La legge, in effetti, nelle ultime righe, quasi a voler esternare il senso pratico del legislatore, accortosi che la generalità dei vecchi impianti non era stata realizzata come da lui ben descritto nel resto dell’opera, e che ciò avrebbe comportato costi troppo gravosi perché verosimilmente tutti gli italiani vi si potessero assoggettare, riportava che “gli impianti esistenti sarebbero stati comunque considerati adeguati alla norma se correttamente protetti dai sovraccarichi e cortocircuiti e da un interruttore differenziale ad alta sensibilità per quanto riguarda la protezione dai contatti indiretti. Di fatto il salvavita assolve a quest’ultima condizione (protegge dai contatti indiretti), ma assolutamente non può nulla per quanto riguarda sovraccarichi e cortocircuiti, che sono poi la causa dell’innescarsi di tutti quegli incendi che al tiggi addebitano sempre (lo avete notato?) sin da subito all’impianto elettrico. LA PROTEZIONE MAGNETOTERMICA Gli interruttori magnetotermici, magnetotermici differenziali e/o i fusibili vengono inseriti a monte di una linea o di una sezione di impianto con lo scopo di proteggerla da tre categorie di problemi distinte: I sovraccarichi I cortocircuiti I contatti indiretti In questa pagina ci occupiamo della protezione da sovraccarichi e cortocircuiti. I sovraccarichi di corrente sono quelle condizioni di normale funzionamento in cui le utenze collegate all’impianto assorbono più energia di quanta l’impianto sia in grado di sopportare. L’interruttore a protezione deve intervenire per evitare che la troppa corrente possa provocare un surriscaldamento del cavo o degli altri componenti . La capacità di un cavo di data sezione di sopportare il passaggio di un certo valore di corrente dipende da molti fattori. Per effetto Joule la corrente scalda il cavo, ed è necessario che questo possa disperdere il calore per evitare che ciò degeneri in un vero problema. Il tipo di posa del cavo è quindi essenziale. Provate a mettere una stufa in giardino d’inverno oppure a fare funzionare la stessa stufa all’interno della sua confezione : la potenza è sempre la stessa, ma mentre nel primo caso è facile che l’involucro esterno della stufa diventi si e no tiepido, nel secondo caso probabilmente nel giro di poco tempo la vernice scolorerà e le parti in plastica si “cuoceranno”. Così un cavo posato in terra, magari dove il terreno è fortemente umido, si raffredderà più velocemente dello stesso cavo sottoposto allo stesso carico ma posato al centro di un altro fascio di cavi in una canalina chiusa o in una tubazione (come frequentemente accade dopo le prime modifiche all’impianto originale) talmente piena da costringere a vere acrobazie per infilare quell’ultimo maledetto filo che ci siamo dimenticati. Importante è anche il tipo di isolante che riveste il cavo. Bisogna ricordare bene che l’interruttore serve a proteggere la parte più debole dell’impianto. Se sotto un interruttore da 60 A metto 500 prese da 10 A, seppure sia probabile che il carico venga distribuito correttamente, è pure possibile che qualche sconsiderato si derivi da una unica presa con ciabatte, spine triple o altro, e sovraccarichi quella singola presa. Se dalla presa prelevo 40 A l’interruttore da 60 non interviene, ma nel giro di poco tempo la presa si surriscalderà al punto da rovinarsi o anche prendere fuoco. Le reali cause di incendio dovute all’impianto elettrico sono difficilmente causate da corto circuiti, per i quali è più facile che intervengano le protezioni. E’ molto più frequente il caso che un impianto nato per sopportare un certo impegno di potenza venga nel tempo sempre più caricato (magari sostituendo la protezione originale perché “scatta” con un’altra a corrente nominale In maggiore che “ora non scatta più”, ma non serve neanche a proteggere l’impianto) sino al punto che un bel giorno da qualche parte (magari una giunzione in un cassetto stracolmo) si innesca la fiamma . N.B. E’ possibile non proteggere dai sovraccarichi solo: Gli impianti di illuminazione ove sia escluso il sovraccarico durante il normale funzionamento (non solo l’impianto non deve essere modificato, ma non possono neanche essere sostituite le lampadine con altre di potenza superiore). I circuiti la cui apertura intempestiva potrebbe essere causa di pericolo (ad es. impianti per lo spegnimento degli incendi). Tali impianti è bene che non siano protetti contro i sovraccarichi ma devono esserlo rispetto ai cortocircuiti. REGOLE PRATICHE PER LA SCELTA DELL’INTERRUTTORE DI PROTEZIONE Prese da 10 A, lampadari, circuiti luce e piccoli utilizzatori – devono essere protette da un interruttore magnetotermico (o da fusibili) con In max 10 A. Prese da 16/10 A o da 16A – devono essere protette da un interruttore magnetotermico (o da fusibili) con In max 16 A. Prese dedicate all'alimentazione di apparecchiature fisse (stufe a parete, boiler) di potenza superire al KW devono essere singolarmente protette da dispositivo magnetotermico o fusibili. Non è mai una buona soluzione sostituire un interruttore a protezione di un qualsiasi circuito che intervenga per sovraccarico con uno di taglia più grossa. In questo modo il circuito non è più protetto adeguatamente e l'impianto diventa realmente pericoloso. Chi esegue un'operazione di questo genere di fatto annulla ogni precedente certificazione dell'impianto e si rende penalmente responsabile dell'eventuale danno che dovesse verificarsi. Se è necessario distribuire una grande potenza con prese piccole occorre: O distribuire l’impianto su più circuiti, ciascuno protetto da interruttore di taglia corretta. O proteggere singolarmente o per gruppi le prese con interruttori o fusibili. I cavi andranno protetti normalmente come da tabella seguente. La tabella vale per condizioni di posa “tranquille”, in condotti normalmente aerati e non particolarmente stipati. Il sovradimensionamento nel caso delle sezioni più piccole è necessario per prevenire tutti quei difetti di posa ( cattivo contatto nei morsetti, bassa pressione di serraggio, usura e/o sollecitazioni meccaniche) che ne possono influenzare negativamente la portata. L'interruttore generale protegge bene l'impianto in quanto non permette che su alcuno degli elementi possa passare una corrente superiore a quella sopportabile dagli elementi stessi. L'interruttore generale è tarato per una corrente troppo grande. E' il caso tipico di un impianto sovraccaricato dove viene sostituito solo l'interruttore generale. Sebbene, a condizione che le linee siano adeguatamente dimensionate, l'impianto potrebbe funzionare normalmente senza problemi, una tale configurazione non garantisce che si possa verificare un sovraccarico su una singola presa. E' il caso precedente, ma qui si è intervenuto proteggendo localmente ogni singola presa con un interruttore automatico magnetotermico. In questo modo si può caricare l'impianto (ovviamente dopo aver verificato che la linea principale sia adeguata a sopportare tutti i 25A) senza temere il sovraccarico sulle singole prese. Occorre ricordare che (per le sezioni maggiori) queste sono posizioni “limite”, per cui quando si prevede il passaggio effettivo di una corrente vicina a quella nominale è consigliabile utilizzare cavi di sezione superiore. Sezione cavo Protezione 1.5 mmq In 10 A 2.5 mmq In 10 A - 16 A 4 mmq In 16 A 6 mmq In 25 A 10 mmq In 32 A Ricordo inoltre che per i circuiti funzionanti a 220 Volt o 380 V non è ammesso utilizzare conduttori di sezione inferire a 1.5 mmq. Nel serrare i morsetti in un qualsiasi collegamento elettrico è importante verificare di aver serrato solo il conduttore in rame, lasciando fuori dal morsetto tutto l'isolante. Se si dovesse serrare anche il rivestimento isolante, questo causerebbe un cattivo contatto con conseguente aumento della resistenza e quindi della temperatura sul morsetto. L'isolante ad alta temperatura tende a rammollirsi, rendendo ancora più labile il serraggio. In una situazione del genere si può generare un forte surriscaldamento locale che potrebbe generare un principio d'incendio, ovvero il cavo non più tenuto dal morsetto potrebbe sfilarsi e toccare l'involucro o peggio un altro cavo in tensione, provocando un cortocircuito franco con sviluppo di arco e corrente di diverse migliaia di Ampere. I cortocircuiti si verificano sempre a seguito di un guasto che può verificarsi sia sulle linee che sugli utilizzatori (quest’ultimo più probabile). Altre cause di corto circuito sono i collegamenti sbagliati (caso in assoluto peggiore, dove il contatto è in pratica voluto, la resistenza è veramente bassa e le correnti di corto circuito che si sviluppano sono le massime possibili) o il cattivo isolamento delle condutture(isolante fessurato a causa di abrasioni subite in fase di posa o di collegamento, o in seguito ad ingiuria meccanica, caso quest'ultimo frequente con le prolunghe volanti). Durante il cortocircuito due fasi attive vengono a contatto e la resistenza del circuito diminuisce a valori minimi. Questo comporta un istantaneo passaggio di corrente molto elevata ( anche diverse migliaia di Ampere) che surriscaldano enormemente i conduttori (durante il cortocircuito si raggiungono temperature di centinaia di gradi centigradi, in grado spesso di fondere e saldare il metallo). Esistono due classi di problemi distinti che riguardano la situazione di cortocircuito. I – Le correnti di cc sono in realtà troppo basse e non riescono a far scattare l’interruttore di protezione. Questa casistica è tipica di circuiti terminali molto distanti dalla cabina di trasformazione MT/BT e/o alimentati da linee lunghe e di piccola sezione. In pratica la resistenza del circuito, anche durante il corto, non è poi così piccola e le correnti in gioco non superano le poche centinaia di Ampere. In questo caso le protezioni lavorano come per un sovraccarico e non possono quindi in alcun modo essere troppo “morbide”. E’ il caso della casetta in campagna, lontana dalla cabina ENEL, magari senza interruttore limitatore e, ad es. con impianto di riscaldamento elettrico. Per impedire lo scatto della protezione per il sovraccarico dovuto al riscaldamento il proprietario ha montato un interruttore di protezione (e spesso ne ha montato uno unico, magari “salvavita”, a monte di un unico circuito luci e prese) con In elevata (ad es. 25 A). La corrente di intervento magnetico per un normale magnetotermico in curva C è circa 7/10 volte In, questo vuol dire che la protezione non interverrà per correnti inferiori a 250 A. Pensate cosa può succedere al cavetto della abatjour, di sezione 0.50 mmq, quando, a fronte di un corto avvenuto in corrispondenza del vecchio portalampade, deve sopportare il passaggio di 200 A. Il cavetto prende fuoco senza che il “salvavita” da 25 A possa intervenire. Se poi, come non è infrequente, tale cavetto è a contatto delle lenzuola, o dell’imbottitura in paglia di qualche vecchio mobile… Per prevenire tale evento occorre essere ben certi di non installare interruttori di protezione dei circuiti di taglia troppo grossa. Può anche essere conveniente utilizzare interruttori in curva “B”, con corrente di intervento magnetico di 4 In (nel caso precedente l’interruttore corretto, con In 10 A e curva B, sarebbe intervenuto per una corrente di 40 A ). II – Le correnti di cc sono molto elevate (questa casistica non riguarda l’utente comune, ma l’abbiamo comunque riportata per completezza) Questo, al contrario, avviene quando l’impianto è alimentato da propria cabina di trasformazione e da un trasformatore di una certa potenza. Approssimativamente le Icc subito a valle di un trasformatore MT/BT valgono: Potenza Trafo Corrente di cc 100 KVA Icc 3.7 KA 160 KVA Icc 6 KA 250 KVA Icc 10 KA 400 KVA Icc 15 KA 630 KVA Icc 24 KA 800 KVA Icc 25 KA 1000 KVA Icc 30 KA La Icc della normale rete BT di distribuzione ENEL è normalmente di 4.5 KA. Tali correnti si sviluppano per guasti che avvengano subito a valle degli interruttori (linee in uscita che vengono a contatto con la carpenteria, errore di collegamento) e sono quindi abbastanza infrequenti. Allontanandosi dal trasformatore la Icc diminuisce. In linea di principio possiamo considerare impegnative sotto il profilo della Icc le utenze alimentate da linee di sezione molto grande (ad esempio quadri CDZ, quadri di distribuzione principale, quadri di potenza in genere). E’ inoltre da tener presente che più interruttori in serie sullo stesso circuito contribuiscono all’interruzione. Il potere di interruzione di un sistema di due interruttori in back-up può essere superiore anche al più alto dei due ( ad es. due interruttori modulari comuni da 6 e 4.5 KA in serie hanno un potere di interruzione combinato anche di 15 KA). Il potere di interruzione in back-up di un sistema non può in alcun modo essere calcolato, ma deve essere esplicitamente valutato nei dati sperimentali forniti dalle case costruttrici. Per tali impianti, però, la normativa prescrive l’obbligo di progetto. In pratica ci si può attenere alla seguente procedura: In presenza di progetto occorre evidentemente rispettare quanto indicato dal progettista, in caso di ambiguità chiedere chiarimenti. Se si sta provvedendo alla sostituzione di un elemento (manutenzione ordinaria o straordinaria) occorre verificare che il nuovo interruttore installato abbia un potere di interruzione uguale o superiore all’elemento sostituito. In caso di dubbi è meglio chiedere (al progettista dell'impianto originale o ad un responsabile competente). E’ sempre meglio utilizzare prodotti della stessa marca (questo permette di utilizzare le tabelle fornite dalla ditta costruttrice per la valutazione del potere di interruzione in back-up del sistema). Su impianti piccoli (appartamenti), installare interruttori con Icc almeno 4.5 KA. Se si installano più interruttori in serie, i generali a monte devono possedere potere di interruzione non inferiore rispetto ai derivati.