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Giancarlo Livraghi - Il potere della stupidità (2008, Monti e Ambrosini)

annuncio pubblicitario
Giancarlo Livragl1i
Il potere
della stupidità
Materiale protetto da copyright
La riproduz io ne di c1uesto libro pe r uso personale è libe ra.
Ogni utili7..zo dei suoi conte11 u ti a fini edi toriali, com merciali
e) d ' in1 presa d <>vrl1essere a ul(>ri7.7:a lf>dall'a t1lclre e dal l'ed ilc)re.
Copyrig ht © 2004, 2007, 2008 Giancarlo Li vrag hi
C opyrig ht © 2004, 2007, 2008 wf&A ed i to d
Monti & Ambrosini S.r.l. - Via R. Paolini, 96 -65124 Pescara
Il d isegno in coperti na è d i Alberto Mad erna © 2004
Red azi<>nc~ e im pag inazj<>ne: Lt1ig i Salerni
Prima ed izio ne : novem bre 20'.)4
Seconda edizione: marzo 2007
Terza ed izione: maggio 2008
Prilna rista1npa: giugno 2008
ISBN: 978-88-89479-13-1
Materiale protetto da copyright
Indice
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l -li prol'1c1u;i tl..:-llo !llUCld11.à
2 -S1ur1.!.t:i (' l-1tll'!)\'''
:l- 0 Cl\.'\."t'hh1\· 1• l'1mr1\"\'l,J-h1l1•
4 - l..:! '1.,-:.~t.• J 1 \!urrhr..
5 - La LA.~ J1 ........,....,,..
6 - U Pnnap._•J1I\ ..
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7 - Le L('ge;i ..ti{._ 11"!!"11
8- n sef!oo 1!ur1J.-i.1~'>i~""
11
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10- 1..1 ->lur11.l11:i t.k-t r,,b,_·11J
11 - :-\lo."unè l.,...,,, ~..:xul.'.n/M
12- La stur1J1tj J..-lln burn:1<1na
13- La s1ur1d1t.\ <' l'•snorolnl'.<l
14 ~ La ...11.1r 1J11:. t" 1;J 1'\llura
15- W stu('IJ1t.1 1'.V-,tl>Ji""
16 - 1..l "'ur
Jiu t- La fr ..-tLt
17- Stur1J1c tu~
18- li a~<d0\'1Z~ Ji..~J.11 A.!Utt;.JtCt
19- Lii ~tur1J1 t.i l!..~Jtc tf'\'n•lf<-'s•~
20- f..'arte ..hlt'h.,lc Ji.~l~a t1L'rrr h1.,1.:i
21 - Errori ,h ['fll!l['l'lll\'.1
22- rl r1'{1hlt•m;i 1!\41'1..J,•l.1l11:t
23- n poll'l c J, !l\;w...;\u .i.nllwno
24' - StuNJ1Ll e ,.u,....r-.t11"1t1nc
15- La stt1f"!J1Y
'°"' ~Tt....,.."'\."nJo,
li> L.-. ~u:['!Jrt.i non t- ~,fll"l>...~:u.t•
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Giancarlo Livragl1i
Il potere
della stupidità
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Seconda edizione: marzo 2007
Terza ed izione: maggio 2008
Prilna rista1npa: giugno 2008
ISBN: 978-88-89479-13-1
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12- La stur1J1tj J..-lln burn:1<1na
13- La s1ur1d1t.\ <' l'•snorolnl'.<l
14 ~ La ...11.1r 1J11:. t" 1;J 1'\llura
15- W stu('IJ1t.1 1'.V-,tl>Ji""
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19- Lii ~tur1J1 t.i l!..~Jtc tf'\'n•lf<-'s•~
20- f..'arte ..hlt'h.,lc Ji.~l~a t1L'rrr h1.,1.:i
21 - Errori ,h ['fll!l['l'lll\'.1
22- rl r1'{1hlt•m;i 1!\41'1..J,•l.1l11:t
23- n poll'l c J, !l\;w...;\u .i.nllwno
24' - StuNJ1Ll e ,.u,....r-.t11"1t1nc
15- La stt1f"!J1Y
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Materiale protetto da copyright
Prefazione
Come editore mi.fii particolarmente piacere
a11er otlenrilo tanti in teressmrti co11se11si su questo lavoro
di Giancarlo Uvraghi - 11on a caso il primo libro
clic ho pubblicato, di cui om esce la terzt1 ediziolle.
U11 testo che ottiene "" risultato, per questi tempi,
i1"111 s11t1le:
trattare 1111 fe111a difficile e rnran1e11te
approfondito in modo divertente, intelligente
e tale da non appesantire la lettura.
Il potere della stupidità offre al /cli.ore ta11t.e dif!ere11li
e or·igi11ali pr0671ettil1e s1,i co111porta11ie11ti 1t111a11i .
E può essere Ictio come ull'opem di taglie11te irollia,
come"" saggio di costume o ancora come uno shuiio
seriamente impegnato che analizza con occhio acuto
e preoccupato i malanni delle cultu re umane.
A1a, a prescilldere da questo, ciò che rende speciale
l1 potere della stu pidità è l'essere un libro
c/1e llOn si abbandona a sterili sociologismi,
cc1111pir1ci111e11ti i11 tellet ti1alis tici o vac11.i 111tt1'1 ie.ris111i.
Il tema della stupidità umana, illfatti, è trattato
c011 rm taglio molto rigoroso ispirato da 1111'ampia
e robusta base di c11/t11ra umanist ica e di esperienza.
Benché ci siano spesso spunti divertenti, questo libro
non cade nel/'equivoco, spesso dominante
quando si tratta l'argomento, di perdersi
i1l b1i11ale 1! itzcoizclr1derzte 11co111icità'".
VII
Materiale protetto da copyright
è 1I110 st1,pid.-zrio 111tl 1-t110 strtt111e11to
per pensare e 11n aiuto pratico per riconoscere e capire
l'insorgere del problema e- nei limiti del possibileanticiparne gli effetti negativi oaddirit111ra trasformare
il danno potenziale in 1111 vantaggio concreto.
Quesl.o è 1111 libro <Che i11d11ce il lellore a 11ivere
e inte1pret!lre personaluumte gli stimoli fonriti d11ll'a11tore
per t1·a111e non solo utili conseg11enze pratiche
111n aitclre un.n percezione gradevole di sapersi meglio
orientare 11ell'hltrico delle vkende quotidiane.
Un risultato di pregio reso possibile dal 11otevole bagaglio
dell'autore clre ha trasfuso in questo libro l'esperienza
matumta nel corso di decenni trascorsi a shidiare
i comportnmenti 11111ani interagendo con le pitÌ gm11di
imprese di mezzo mondo, con le loro culture in ter11e,
con ogni diverso publ>Ji<Co e relazione e con le molteplici
complessità dei sistemi di comunicazione.
Il t11tto, atlraversato da uria taglie11te- e sa11g11ig11a - vena
<li 11111oris1r10 clze affiora 11ei 1110 11ze11ti n1e110 al lesi
e e/re, proprio per questo, nmdr~ In lethira di questo libro
una belln esperie11za culturale.
/11 t1ltri ter1ni.,ii 11011
11
11
An.drca f'vtonti - and.=ea@meaeè . net - )'t)aggio 2008
VII I
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Prem.essa
Questa terw edizione è diversa dalle prime due.
Non per la soslanw dei ragionamenti,
c/1e i11 questi a1111i Ila trovato 11/leriori co11ferme.
Ma per r1lc11ne aggi1111te, frutto di cose clic ho impartito
11el frattempo - e di i11teressa11ti ossen111zio11i
dei lettori - che lu11mo porttllOa parecchi
approfondimenti su dive?·si aspetti del problema.
Si trovano in varie parti del libro, in particolm~
nei capitoli 21, 23, 24, 25, 26 e 30.
Ciò che lw scritlo è il frutto di 1111 l1111go percorso.
I dubbi e le preoccu.pazio11i sulla sl11pidità uma11a
(a comi11ciare dalla mia) mi affliggono fin dall'infanzia.
Poi avevo letto q11alc11110 dei (11011 molti) testi che aiu tano
a capire un po' meglio l'argome11to-i11 particolare
quelli citati in alcuni capitoli di questo libro.
Ma soprattutto lo studio della storia - come l'osservazione
delle vicende quotidiane- mi 1111 contin11ame11te portato
a constatare come /ti stupidità sia ifl più grande fo rza
dist111ttiva in tutta /'evol11zim1e del genere w11a110.
Ed è sorprenden te e/te un problema di tale gravità
sia così poco sludiato e capito.
Non avevo 11111i avuto la te11t11zio11e (o l't11Toga11za)
di scrfoere un libro sulla stupidità. Né oggi 110 la pretesa
(che sarebbe sciocca) di saper trattare questo spinoso
c2rgo111e11to i11 11zodo es111crie11te - e ta11 to111er10
di poterne propon·e 111111 sistcmntim soluzione.
IX
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U110 dei problemi è la difficoltà di definire
elle cosn sin In stupidità - o /'intelligenza.
Possiamo, tuttavia, ragionare sulla stupiditÌl umana,
e sulle sue perniciose conseguenze, anche senza
una rigorosa definizione teorica del co11cet10.
Ragionare sulla. stupidit.à. vuol dire sopmttullo 11a/11tar11e
le conseguenze pratiche. Cosa c/1e avevo sempre cercato
di.fare, ma senza approfondire quanto am·ei dovu to
la natura del problema e i metodi per affrontarlo.
tJa anni llli stavo chiedendo se fosse possibile
ragionare in modo 1111 po' meno disordinato su questo
argo11Ie11 to. L'occasione per co111illciare a riordinare
quei pensieri si presentò quasi per caso, nel 1996,
quando in un giro di dialoghi i11te111azio11ali
nell'internet mi fu chiesto di ten tare una sintesi
delle mie osserwzioni sulla stupidit.Ìl umana.
Scrissi 1111 breve testo in inglese, The Power of Stu pid ity,
che f11 pubblicato su un sito web americano,
En tropy Gradicn t Rcvcrsals, nel 1996.
Non s11pevo di aver messo in moto una vicenda
elle è durata dodici anni e che si è tradotta,
quattro a11ui fa, nella prima edizione di questo libro,
Nal1Jra/111ente pubblicai quel lesto anelle nel mio silo web
- http : I I gaodalf . i t - ma nel fra ttempo si era
diffusa iu rete un'estesa discussioue sull'argomento.
Una delle conseguenze di q11ei dialoghi fu l'uscita,
nel 1997, di The Power o f Slupidity - Pa rt Two.
Uno dei dibattili avvenne in un forum internet. israeliano,
dove lo lesse 1111a persona in /Vlessico, elle nel 1998
decise di fare 1111a traduzione spaguola dei primi due lesti
- El podcr d c la cstupidcz.
l'er quattro armi non ci furono 11/tre aggiunte.
Continuavano i dibattiti e gli scambi di corrispondenza,
X
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che mi stimolavano t1 ragionare - e mi frullava nel/ti men te
l'idea che una prospettiva diversa si potesse impostare
rovesciando il titolo: The Stupidity o f Powe r.
Intanto avevo parecchie richieste di pubblicazione
dei miei commenti sulla stupidità anche in italia110.
Così 11el 2002 11scì La stupidità del po tere i11 italiano
e in inglese - insieme ai testi itrilitmi delle prime due parti.
Seguirono poi altri articoli, che si trovano in
http : //gandalf . it /stupi d/
dove co111parira11110, se e qua11do ci samnno,
eventuali altre aggiu111e, ccnTezioni o traduzioni.
U11'altm so1vresa è ve1111w nel 2004 da alcuni editori,
che mi lu111110 pro11osto di pubbli<:tll'e queste cose come libro.
P~· amicizia e simpatia /10 scelto una casa editrice allora
esordiente, lvi• A- e mi fa molto piacere clte abbiano voluto
Il pote re della stupidi tà come il primo titolo
della loro 1uia11a impresa editoriale.
Va allora il libro lw coutinuato a evolversi,
fino a un 1111ovo Slliluppo in questa terza edizione.
Ringrazio i lettori per le loro stimolanti osse111azioni.
lvii hanno aiutato a capire che ragionare sulla stupidità
può essere divertente- e ind11rre a un certo b11on11111ore.
Può sembrare shmto, 11er 1111 argomento così preoccupante.
A1a il fa tto è elle conoscere la stupidità è 1111 modo
per evitarne, almeno in parte, le i:onseò~•enze.
Non mi illudo clte queste poche pagine possano riassumere
1111 tema così 1'>1sto. Nla se (come dicono i commen ti
dei lettori} sono riuscilo a suscitai~ 1111 po' di curiosità
e qualche stimolo n capire meglio il problema,
sembm dre 11on sin stato inutile per me scriverlo
- e soprattutto per dii legge dediall'e un po' di tempo
a 1111 argomento spesso trascurato.
( ;it1nef1rlo
Llvraglli - [email protected] f
.i t -
nlttggio 2008
Xl
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1 - Il problem.a della stupidità
'.
''
ono se1npre stato afflitto e affascinato dal problcn1a della
stupidità uma11a. /'\ con1i nciare, 11aturalm ente, daJla 111ia e dalle ta nte cose stu pide che ci circondano, complicand oci
la vita lutti i giorni. Basterebbe qu esta per essere una grossa
fonte d i preoccupazione. Ma è ancora più allarn1antc qua ndo
abbiam o l'occasione d i scoprire come persone potenti e infl uenti
prend ono "gr.and i" decisioni con "grandi" conseguenze.
Tend iamo abitualinente ad attribuire ogni sorta d i decisioni
sbagliate (o catas trofiche) a intenzionale perversità, n1alvagità,
S
astL1ta ca tti\ 1 eria, n1egalc>ma11ia, eccetera . Qu esti co 111portam e11ti
ci sono - e in esagerata abbondanza. tvla ogni a ttento studio
d ella &ioria antica e rec(,ntc (come la lettura delle cronache e
l'esperienza di og ni giorno) porta all'inevitabile co nclusione
che la prinò pa le ca usa d i ter ribili errori è una: la stupid ità.
Q uesto è un fenomeno abba stanza noto. Uno dei modi in
cui è stato riassunto è il cosiddetto Rasoio di Han lon: «Non
attribuire a consapevole malvagità ciò else può essere adegriatamente
spiegato come stupidità• . 1
L'origir'l! di T-lt111lo11'::: J~az,1r è un po' n'istcriosa. È co1,sidt:-rato ur)
corollario della cosiddt:tta "legge d i Fi naglc'' (Fi11aglt~' !1110 o/ Dy11au1ir
N11g11tin11;;;) cl1c son1iglia a lla "legge di M urpl1y" ( vedi il capitolo 4). Si
1
ispiro a l clas.-;ico ''Rasoio di ()ccan1" (t~d è: altrctta11to tagliente). No11 si l1a
11ofi7j a di alcu11 a utore cl1ian1ato Hanlo11 - prnbabil n1crl tc si tratta d i una
variazio 11e fc>netica sul 11ome d i J~<>bert Heinlei11, cl1e aveva fatto quella
co11sta tazio 11c 11el suo ro 1na11zo Logit i>f En1pire (1941 ).
1
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
Il concetto è stato ribadito d a Robert Heinlei n anche in una
frase ancora più se1nplice: «Non sottovalutarn nini il potere della
st1,pidit?11ir1ia 11.rt».
Q uando la s tupidi tà si combina con altri fattori (com e
succede continuamente) leffetto può essere devastante. Spesso
la stu p id ità umana è all'orig ine di una ca tena di eventi che si
complicano sempre di più, fino a produrre conseguenze
talvol ta cmn iche, 1n a t roppo spesso trag iche. In altre situ azioni,
anche qua ndo la stupid ità non è l'orig in e del problema, vari
co1nportam enti stupidi contribuiscono ad agg ravarlo o a
ostacolarne la sol uzione.
Una cosa che n1i sorprende (o forse no?) è qua nto poco
stud io si d ed ich i a un argomen to cosl importante. C i sono
dipartimen ti uni versi tari che si occupano delle complessi tà
matem atiche dci movimenti delle formiche in A mazzonia o
della storia medievale dell'isola di Perirn . Ma non mi r isulta
ch e ci siano ca ttedre di stup idolog ia.
Nella letteratura d i tutti i te1npi ci sono molte opere che, in
un modo o nell'altro, ci aiutano a ca pire il proble1n a della
stupid ità. Ma sono pochi i libri che approfo ndiscono questo
argomen to. Ce n'è uno che ho letto q uando ero un ragazzino e non ho m ai di1n cnticato. Si chia1na A Short fntroduclion to tlu:
H istory of Human Stupidity d i Walter Pitkin della Colu mbia
Un ivers ity ed era sta to pubblicato n.el 1934. 2
2 J>are cl1e Jo rge L uis Bo rges, nel 1934, a\•esse con1inciato a seri vt•re u11a
1-li~toria 1111it1trs11/ 1Je la i11fan1ia, n1a po i si fosse ar reso davanti alla \•astità
del tema. Gi1s ta,,.e Flat1bert, dopo aver rinu11ciato a con1pilare una
cr\clcl<>pedia della bt1tise, traltò ir1 parte l'nrg<)menlo in ur1 romru120
1r1cornpit1lo, &>11Vt1r1J et P~c11cllf!f (1881). \'edi Fl~111berf e /'fk.'S~·s...;io11t rft>/f,-,
$lrq1idità (http ' I /ganda! f . i ti st1'pid/ f laubert . htm).
2
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1 - l 1.. l'ROBLEMA DEl..l..A STUl'IDrr A
Vecchi o con1' è, è ancora un buon libro. 1v!olte osservazioni
del professor Pitki n sono di grand e attual ità dopo setta nt'anni.
Viene s pontanea una d omanda : perché un volume di
trecento pagine si chiam a "breve introduzione" ? li li bro s i
concl ude con un epilogo: «O rn siamo pronti a cominciare lo studio
della storia de/In stupidil'Ìl». Poi... più nulla. Il professor Pitkin
era saggio. Sa peva che un'i ntera v ita è troppo breve per poter
approfondire anche solo qualch e fra mmento di un argo mento
cos'1 vas to. Perciò pubblicò l' introdu zione - e basta . 3
U na. fond amentale osservazione di Pitkin è che è difficile
s tud iare la s tupidità perché manca una buona d efinizione di
che cosa sia. Per esempio i geni sono spesso considerati stupid i
da una maggioranza s tu pid a (non è facile neppure defin ire ch e
cosa sia il genio). lvfa la stupidi tà pa lesem ente esis te. E ce n'è
molta pi ù di qu anto possia1no immaginare nei nostri peggiori
incu bi. lnfa tti governa il mond o - cosa a1npiamente dimostrata
da l mod o in cui il mondo è governato. (Ved i il capitolo 10 Ln
stupidità del potere).
A nche Robert 1v!us il nel suo Discorso sulla stupidità (1 937)
notava co1n e fosse poco stud iato «ii dominio veigognDso che ha la
stupidità su di noi». E d iceva di aver tro vato . incredibilmente
pochi predecessori nella trattazione di questo argomento».
In periodi piè1 recenti la letteratu ra sulla s tu pid ità è un po'
meno scarsa . i'v1a, ancora oggi, tutti gli au tori che han no cerca to
di approfondirlo confermano la scars ità di studi sull'a rgomento.
Sccor1do 'A'altcr J:>itki n, quatfto pctsor1c su cit1quc si pc)S$0 rll) definire
"stupide". Si tti.'lttllva, allora, <.1i un 11lil iardo e n1czzo di pcl'SOrlc - oggi J>iù
d i ci11quc n1iliatd i. Natu ra l1nc11tc 11cp1>ut'c Pitki11 si llSpcttava cl1c la su.a
ipotesi potesse essere presa 11un1erican1e11te alla lettera. rvta, con1u11que, il
J
fatto è p reoccu pan te - co1n e \1e<iren10 nel capito lo 29.
3
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
Insomma ragionare sulla stupidità vu ol dire avventu rarsi
111 un terri torio poco conosciuto, poco e male s tud iato,
gencraln1cnte trascurato per un misto di imbarazzo e d i disagio
(di questo si parl erà nel capitolo 28). Com e se tutti sapessi mo
di esserestt1pidi, mn a\1 essi1n c> t1r1a gra11 pat1ra di a 111m etterlo.
Proprio per qu esto m i sembra che s ia il caso di prend ere la
lantern a di Diogene e andare a vedt~re di che cosa s i tratta. Se
riusciremo a fare un po' d i luce forse la notte del la ragione sarà
t111 po' m e110 sc t1ra.
L'essenza d ella stupidolog ia è un tentativo di capire e s piega re
perché le cose non funz ionano - e quanto (e come) ciò è dovuto
alla stupidità um ana, che è la causa di quasi tu tti i nostri,
grandi o piccoli, problemi . E anche quando la causa non è la
stupidità Le conseguenze si com plica no e pegg iorano perch é
sono s tupide le nos tre reazioni e i nostri ten tativi di soluzione.
Q t1esta an alisi è esse11zialn1e11te ding nostica, non terap et1tica.
t illusorio pensare che ci siano "rimedi" ugualmente validi in
ogni caso. ·1 Il concetto fondamentale è che, se riu sciamo a capire
con1c funziona la stupidità, possia mo controllarne un po'
meglio le cause e le consegu enze.
Non possiamo sconfiggerla del tutto, perch é fa parte della
natura umana. tvfa i suoi effetti possono essere meno gravi se
sapp iamo che c'è, ca pian10 come funziona, e così non siamo
presi del tu tto di sorpresa.
•• •
..J
A lct1ni "'a11tidoti" so110 proposti alla fi11e, 11.el capitolo 30.
4
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l - IL PROBLEMA DELL;\ STUPIDITÀ
Alcuni lettori mi hanno fatto notare che sono troppo lunghe,
nelle prime pagi ne del libro, le citazioni di vari autori. Chi non è
interessa lo all a parte che segue la puè>, se vuole, saltare, almeno
a una prin1a lettura - e passare dircltan1ente al secondo capitolo.
!via mi se1n bra che sia corretto (pu r nella generale sca rsità
di approfond imenti sul tem a) citare il fatto che esistono libri,
antichi e recenti, sulla s tupidi tà, di cui alcuni offrono contributi
in teressan ti. Una "b ibliografia" estesa porta a citare parecchi
titoli, che in un modo o nell'altro riguard ano l' argo1nento,
a.nche se rara mente arri va no alle radici del problema . Un
"ele11co ragi<>nato" dei test i di etti conosco l'esiste11zn si tr(>\'a
onli ne (http : I I gandalf . i t/ stup idi librvari . htm). Qui rni
limito ad alcun e delle osservazion i più interessanti.
Sono note ai lettori ital iani le "leggi" di Carl o Cipolla, di cui
si parlerà nel capi tolo 7. Ma prima, nei capitoli 5 e 6, s i tratterà
di du e bril la nt i autori, Cyril Parkinson e Laurence Peter, che
non han no scri tto libri s ulla s tu pidità - ma aiu tano a cap in~
"perché le cose non funzionano".
Sono interessanti, in questo senso, anch e le opere di Scott
Adams, che è noto per la sua straordinaria serie di vignette
satiri che "D ilbert", ma ha anche scritto libri suU'inefficienza
delle oq;anizzazioni. Fra cui uno pubblicato nel 1997 con il
titolo Thc Dilbcrl F11ture: Thrivin.g on. Business Stupidity in tlie 21st
Cen lr11y che non è un tra ttato s ulla stupidità, né una profezia,
m a (come gl i altri testi dell o sk-sso autore) un'acuta e ironica
ana lisi della dci;enerazione strutturale e culturale delle imprese.
Co1ne in diversi altri testi, anche nel ponderoso saggio
accade1n ico Slt1pidity di Avita! Ronell (U niversi!)' of Illinois 2003) ricorre la consta tazione che la stupidità è perennemente
diffusa, insi diosa, mutevole, talvo lta affascinan te, spesso
5
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
travesti ta, difficiln1ente defin ibile. «Benché non. sin un.a patologia
o un indice in. sé di difetto morale, la stupidità è connessa ni più
pericolosi ft11/imenti delle imprese mn1111e».
La mancanza di studi e approfondimentj sulla stu pidità è
ri levata da quas i tutti g li autori che trattano l'argomento. Per
esempio José An tonio l\1a rina, in I.a inteligencin fracasnd11 (2004),
osserva ch e da secoli ci sono molteplici (anche se discutibili)
lavori sull' intelligenza - 1na non s ulla st upidità . Da una diversa
prospett iva Fausto tv!a nara in Il sale in zucca (2003) constata che
«con i tempi c/1e co11·ono /'intelligenza Ira vita sempre piÌi difficile» .
Anche Robert Stcrnberg, nella noia introdulliva a \A/11y Smart
People Can Be So Stupid (Yak, 2002), osserva che «Si spendono
milioni di dollari nelle ricerche sull'intelligenza, ma quasi nulla si fa
per capire come vitme travolta da sconvolgent·i atti di stupidità». ;
t più i ntcrcssant~, il contributo d i Ja1ncs \Ncllcs. Nel 1986
aveva pubblicato una prima s tesura di Understanding Stupidity,
ch e poi ha esteso e svilup pato in successive edizion i. 6 Anche
qut-sto a utore - come Pitkin e l'vlus il scllan t'ann i fa - osserva
che la s tupidi tà è uno dei problemi n1cno t rattati e appro fonditi
nello s tudio d ella stor ia e delle cu lture umane.
v\lel les ci fa notare che «benché gli studiosi del compor/1m11mto
umano abbiano sistematicamente ignorato la nostra dilagante stupidità,
c'è un'enorme produzione di /ette·raturn scientifica su/l'intelligenza.
li libro nic<:oglic s<lggi dj ''ari autori S\1 con1.e le persori.c i11.tellige11.ti si
<:ornporta1\o lr1 n'odo stu pido. I:: u1\<:> r1oic)S<"l com1>il<lzio11c accadcU'l iCi) e
5
aneddotica, n1a contie11e con11nenti i 11te!'es.~anti. Il ten1a è S\1olto 111eglio i11
/11/ellige1rz.tr. f 11rbizi11, tl11bbe1raggi11e e ~llt/-1itiitd di Gabriele Calvi - Sot iul
·rre11ti:>1 nove 111bre 2002 (vedi http : I /9a nàal f . it I stupid I e.a lvi . htn).
~ !:intero
testo di ll11rltrSl(11ttli11g St11r1itlit_11è disponibi le ancl1e 0 11li11e:
ht:p : //www . stupiciity . net/story2/
6
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l - IL PROBLEMA DELL;\ STUPIDITÀ
Eppure, vasta com.'è, port.a a una conclusione predominan.te; nessuno sa
clie cosa sia. L'unica cosa elle sappiamo con certezza è clte, qualunque
cost• sia, non è mai stata misurata con i tesi di intelligenu1. Perciò, se
sian10 intelligenti, non. lo siamo abbastanza per sape1c clte cosa sia
l'intelligenza e quindi non. sappiamo chi o c/1e cosa siamo».
«Se è comprensibile• - contin ua ~Vell es - «Che si dedichi così
tanto impegno allo studio dell'intelligenza, è stupefacente constatare
come il fenorn.eno molto più diffuso, palesemente pericoloso e
potenzia/mente deva.stante, della stupidità sia completamente
trascuralo. Si potrebbe leggere l'intera let·/emf'l1m delle scienze sociali
senza trovare un cenno alla stupidità. Al massimo ci si limita a
metterla da parte come il contrario dell'intelligenza, ma questo serve
solo a rendere l'argomento ancora piì1 oscuro».
Ci sono altri autori, anche recen temente, che han no constatato
la difficoltà d i definire l'i ntelligenza - e ancor più la s lu pidìlà. Per
esernpio, nel 2006, Giovann i Sartori (vedi il capitolo 25).
Fra gli autori italiani sul tema della stupidità è da ricordare
Ennio Flaìano, che non ha n1ai scrìllo un libro su ll'argomento, n1a
ha dimostrato in diversi suoi scritti dì averne capito chiaran1cnte
la gravità (vedi il capitolo 26) .
•••
Fare chia rezza non è faci le. Dai commcnlì dci lettori - ci sono
alcun i ese111pi in http : //gandalf . it/stupid/let t ori . htrn
- si impara che questo libro dà un rea.le co ntributo. Credo che lo
faccia ancora meglio in ques ta terza t-dìzionc.
1 tre capitol i ini ziali sono introdu ttivi, perché è opportuno
definire alcune pre111esse. Co111 unq ue è un libro che può essere
letto in due mod i: pa rtendo dall' inizio, oppure scegliendo fra i
diversi argo111enti secondo le proprie inclinazioni e cu riosità.
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2 - Stu.pidità e biologia
a continua e inarrestabi le proliferazione della stupid ità
ha caratteristic he che somigliano alla diffusione di un
viru s - o, più .i n genera.l e, al la moltip licazione di crea ture
viventi. Ma in un sistema biologico elementare il problema
della s tupidi tà non esiste. Il processo si basa sulla continu a
produ7.ione di un numero estremamente grande di mutanti
"s tupid i" - cioè condannati all' estinzione. Solo a.lcuni (i "più
adatti") sopravvivono - e così levoluzione va avan ti.
L
Da quel punto di vista, ciò che noi percepian10 con1e u na
catastr<> fe è sol<> t111'altra variazi<>11e 11el corso
11
11att1rale'' degli
eventi. Incendi dis tru ttivi nelle foreste sono considerati dai
botanici come necessari, anzi desiderabili. Milioni di creature
viventi che nluoiono bruciate potrebbero non essere d'accordo,
ma la loro op inione è irrilevante.
l o quel la prospettiva, le sol uz ioni sono semplici ed efficaci.
Se c'è un eccesso di popolazione, ciò che occorre per elim inare
il problema è un'epidenlia (o un altro stru1nento di massacro di
massa che non sia troppo dis tru tti vo per l'ambien te in
generale) capace di uccidere il 90 per cento dell'u1n anità.
li 10 per cento sopravvissuto, dopo aver superato una crisi
ini zia le di dolore e s marrimento, troverà l'ambiente risultante
piuttosto gradevole. Si tratterà anche, probabilmen te, di p~~rsone
geneticamente sin1i li fra loro, che condividono caratteris tiche di
aspetto e di co1nportamento. Se avessero tutti i capelli verd i, gli
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
c>cchi rosa e si h·ovassero b e11e i11 t1n cli n1a limido e piovoso,
arriverebbero presto a considerare "inferiori" le persone
(esti nte) con altri colori d i capelli e di occhi cui piacevano il sole
e i cieli azzurri. Nei loro libri d i storia id rorepell enti ci
tratterebbero come noi trattia1n o i Nea ndertha l.
La distru7.ione o sterilizza?'.ione del nostro pia neta, per
effetto di forze nucleari (o chimiche) d i produzione um ana - o
di una coll isione con un planetoide vagante - sarebbe un
dettaglio trascurabil e nell'evoluzione del cosino. E se avvenisse
prima del lo svi luppo d ei viagg i spaziali e deJla colon izzaz ione
extraterrestre la scomparsa della nostra speci e (insie1n e al resto
della biosfera) non sarebbe u n evento ril evante neppure nella
nostra galassia.
Ma nel particolare ambiente biologico governa to da una
certa s pecie (in questo caso la nostra) il sistcn1a è basato sul
concetto che l'ambiente pu ò, e deve, essere gesti to - e che ogni
ind ivid uo dell a nostra specie (e anche d i altre spec ie che
"proteggiamo") deve vivere p iù a lungo, e più piacevolmente,
di co me potrebbe in un an1biente incontrollato. Q uesta
situazione richiede un a particolare forma di "intelligenza"
organizza ta. P<!rciò la stupidi tà, in gu esta fase e con diz.ione
ev·olt1tiva, è estremamente p ericolosa.
A lcuni pensano che il degrado s ia orn1ai irri1n ed iabile, che
per una perversa deviazione evolu tiva la s tu pidi tà abbia preso
definitivamente il sopravvento . Ci sono, pu rtroppo, m olti fatti
che scn1brano conformare gud la tesi. Q ues to libro è un
tentativo di ragiorrnre s u corne un'estrema catast rofe possa
essere ev itabile.
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2 - S r UPIDr r A E BIOLOGIA
Potrebbe essere lungo e cmnplicato addentra rsi nei dibattiti
scientifici (spesso sterili, ma talvol ta ill uminanti) sull' intelligenza
della biologia o sulla biologia dell' intelligenza. Si può sostenere,
secondo i punti di vista, che l'evoluzione è intdl igcnte - o che è
stupida. E le stesse contradd izioni si possono incontrare nello
studio delle culture umane.
A questo proposito c'è un'al tra interessante osservazione di
Ja mes VVelles. L' archeolog ia è dedicata prin cipalmente alla
ricerca dell'i ntelligenza. Cioè di ciò ch e, alle origini d ella nostra
specie, disting ue un homo sapiens d a creatu re che sembran o (d al
nostro punto d i vis ta) nleno pensanti. O, in epoche nlcno
antiche, d i ciò che dimostra nei fatti u n "progresso" tecnico,
scienti fico o d i organi zzazione sociale. La storia, invece, è un
in esau ribile repertorio d i errori e di fallimenti - cioè una
continu a co nfern1a d el potere d ella stupidi tà.
Lo s tesso au tore rileva anche una profonda ambivalenza d el
patrimon io culturale. Da un lato la tradizione è trasmissione di
<)Sperienza, di conoscenze uti li. Dall'altro è la sclerotizzazione di
pregiudizi, SL1perstizio11i, usa11ze, costrizio11i, dogmatis111i cl1e
ostacolano la conoscenza e spesso sono radici di stu pid ità .
J\1011 s olo l'evol uzione filosofica e scientifica, rna anche la
pra tica nella vita d i lutti i giorni, ci nl Cllono conlinuan1cnte
davar1ti a una scel ta: qua11t<.) e cl1e cosa conserva re del
pa trim on io d i esperi enza e quan to invece .i .m parare da nu ovi
stim oli - o da cose che già sapevamo, ma non ave vam o ancora
csan1in ato con s ufficiente attenzione.
Recenti studi di antropolog ia dimostrano che fi n d alle
origini delle p ii1 a ntic he e "p rimitive" culture umane c'erano
coerenti s trutture di coesione sociale. (Vedi L'evoluzione
dell'evoluzione - http : I /gandalf . i t:/ a rianna/darwin2 . htrn).
11
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Le radici ci sono - e sono profond e. Il problen1a è capire con1e
ritrovare quei valori della natu ra u111a na e farl i funzionare nell a
complessa si tuazione di oggi.
Un altro argon1enlo assai complesso, che sarebbe troppo
lungo approfondire, è la natura dell'intelligenza (e, per contrasto,
della stupid ità). Il dibattito teorico, spesso inconcludente, su
questi temi può con tinuare aU'infinito. Nfa in pratica c'è un fatto
rilevante: non è sensato definire l' intell igenza come solo razionale
- ed è altrettan to sbag li ato considerare stupido tutto ciò che non
sembra razionalm ente spiegabi le.
La ragione e l' emozione, la logica e l'intuizione non sono
separabili. J grandi progressi della conoscenza nascono quasi
sempre da percezioni int uitive, che solo p iù tard i (e non
sempre) trovano una precisa spiegazione "raziona le". A nch e
l'(.'Sperienza quotid iana dimostra che l'i nt ui to può essere
spesso più veloce, e pit1 preciso, di tanti ragionam enti .
Possiamo essere stupidi se ci lasciamo guidare solo dalle
emozioni, ma lo siamo altrettan to se crediamo di poter risolvere
tutti i problemi seguendo uno sche111a apparentcn1entc logico.
Ques to è uno dei motivi per cui, alla fine di qu esto libro, ci
sono alcune "impertinenti" osservazion i su come sem pli fica re
la con1plessi tà.
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3- Il prevedibile e l'i1nprevedibile
H
o evitato, in tulio questo libro, di fare (.'Sempi specifici.
Perché t111a raccolta - a.11cl1e som111aria - rie111pirebbe
m igli aia di pagine. Perché ogni singolo caso ha una sua
storia, una sua partico lare d iversità. Perché su fatti d i ten1pi
passati le interpretazioni e le ricostruzioni storiche possono essere
d iscord i - e nelle s ituazioni di oggi imperversano i conflitti per
differenze di id<'!e, d i opinioni, di posizioni o di interessi.
Ma éè s tato un caso, tanto esempl ai·c quanto innocuo, che
proprio per la sua disarmante semplicità (e per la n1a ncanz<i di
consegu r.'Jlze con1plesse, dannose o preoccupanti) forse merita
di essere citato. Quella vicenda è interessante anche perché non
riguai·da solo un gruppo di persone, o una specifica cult ura,
n1a tutta l'umanità (o aln11,.no qu ell'estesa parte dell' un1anità
che conosce il nostro abi tua.le ca lendario e che può avere
faci ln1t~n le accesso ai sistemi in formativi "globali").
Sono passa ti quasi d ieci a nni da quando, nel 1999, era s tata
solenn en1cn te annu nciala in tutto il mond o l' i1nminente "fi ne
del millennio". Era quasi universal mente accettala, senza d ubbi
né per pl essità, la convinzione che il ventunesimo secolo e il
terzo n1illennio sarebbero con1inciali con il primo giorno
dell'anno 2000.
Q uella vicenda è ormai di men ti cata. Non son o ancora del
tutto spente, ma d iventa no sem pre più raxe, il) chiacchiere
(q uasi se1n pre insulse) s ul "terzo millenni o". Ì\~a propr io
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
perché l'a rgomento non è pit1 di attu alità possia mo ragionare
con sereno d istacco sul modo in cu i s i era strana1nente diffuso
un banale e grossolano errore.
Poche cose erano così facilm ente prevedibi li come il fallo
che il ventesi1no secolo (e perciò il secondo millennio) sarebbe
fin ito a O ore, O minu ti, O second i d el pri mo gennai o 2001.
Eppure perfino su una cosa così sem plice si è fatta una gran
confusione - celebrata da cerimon ie e solenni festeggia menti
con un a nn o di a nticipo.
Pare che di battiti insensati s ullo stesso er rore ci siano stati
mille anni prima - e che anche nel 1899 si d iscutesse s u quando
sarebbe fin ito il d iciannovesin10 secolo.
Persone tutt'altro che sciocche o ig noranti erano convinte
che secolo e m illennio finissero alla me:r,zanotte del 31 dicembre
1999. Faticavano ad adattarsi all'evidenza d ell'arihnetica. Dopo
qualch e nlinuto d i perplessità dicevano «J\l!ali, fo rse hai ragione, a
pensarci be1i.e r1on e~ 1nai stato 1.111 at11·io zero».
Q uesto è sh1pido? Forse no - se definia mo la s tupidità in
base al le sue conseguenze prati che (ved i il capitolo 7). La
"sce1nenza del millennio" ha fatto molto rum ore, ma pochi
dann i - e se qualcuno ha appro fittato dell'eq uivoco per fa r
festa du e volte forse si è divertito.
Sono d in asti un po' scornacchi ati quei venditori d i
an11nennicol i var i che tentavano di approfittare dell'occasione.
Forse sono s tati i trop pi d iscors.i confusi, ol tre alle a mbiguità
sulla data, a crea re s tan chezza e disinteresse. Sono ri maste
invendute n1ontagne di prodotti etichettati "mill ennio". I
prod uttori d i spum an ti hanno venduto meno del p revisto. Le
agenzie d i viaggi non solo hanno avuto ris ulta ti deluden ti, ma
sono incorse in qualche denuncia per offerte " ingannevoli"
14.
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3-
IL l'REVEDIBILE E L'J:Vll'REVEDlllll..E
su lla da ta sbagliata. lnsom n1a qu esta buffa "con1med ia degli
errori" non è stata del tutto ind ol ore, anch e se in generale non
ha fatto molti danni. 1
!via rimane preoccu pante il fatto che la più ovvi a idiozia, se
ripetuta abbas tanza spesso, possa essere scarnbiata per verità.
Quan te cose che ci vengono prop inate come ''certe" sono
altrettanto false?
C'è staio un altro aq;o1n cnto, molto discusso dicci anni fa, la
cui scadenza era davvero il 31 dicen1bre 1999. 11 fa1nigera to
millennum bug, di cui nessuno parla più, anche se non è detto
che il problema sia defini ti vamente risolto.
Jn questo caso la stu pidi tà è notevo le e palese. JJ calen dario
gregoriano era stato defi nito 415 ann i prima. A ness uno poteva
s fugg ire il fatto che sistem i elettronici in capaci di gestire
quattro cifre per la data dell'anno sarebbero andati in cri si.
Quei siste1ni erano stati concepiti neg li anni Sessanta. Nla solo
un anno o due prima della "scadenza" qu alcuno ha corn inciato
a preoccuparsene.
Da un lungo e sonnolento periodo d i cecità, in cui il
problcn1a era ignorato o trascurato, si è passati a una crisi
isterica d i esagerata drammatizzazione - con prevision i di
catastrofi che (per fortuna) non ci sono state.
Senza en trare nei dettagli tecnici, alcuni dci ri med i adotta ti
han no un respi ro breve (il problema potrebbe riproporsi fra
tren t'a nni). 1vfa sopratt utto è inconcepibile, e decisan1en te
1 Allre
osserva:z.ioru si trovtlnO i.tl un articolo del febbrajo 2001, Jl 111ille1111io i11
SOl'ili1111 t In IJ-0/la 111tzz11 <:>-go1~fii1 (ht.tp : I /gan::i.alf . it/of f l i ne/ of f34 . htm).
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
stupido, che ci sia s tata così tanta disattenzione, per tanti anni,
segu ita da così esagerate e frettolose scalmane. Quanti a ltri
problem i, cui oggi nessuno bada, diven teranno chiacchiere
clamorose qu ando forse sarà h·oppo tardi?
***
Ci sono situazioni molto più preoccupanti che erano
precisamente preved ibili e che sono state stupida1nentc
trascurate. Fra gli esempi più ovvi c'è l'invecchimn ento della
popolazi on•~, in paesi co me l'fta)ia, che era matema ticamente
calcolabile con una buona approssimazion e cinquan t'ann i fa .
Non è s tato affrontato quando sarebbe s tato meno d iffici le
gestirlo - e ancora oggi produce chiacchiere e polemich e pii1
che solu zioni concrt~te.
C' è la palese i1nbeci llità di continuare a bruciare
co1nbustibili fossili, con conseguenze sen1pre più con1plicate e
preoccupa11ti, in\1 ece di i 11vestire ciò cl1e sarebbe 11ecessario p er
sviluppare alter native pii1 intell igenti.
C' è l'aumento della popolazione, la cui curva di sviluppo
sen1bra meno preoccupante d i cii) che indicavano alcuni anni fa
le prev isioni più catastro fiche. In parte q uesto è dovu to a
evo lu zioni intelligenti, c.i oè a una matu razione cultura le. 2 iv(a
sono in gioco anc he fattori per vers i, cioè stupid i, con1e
epidemie, guerre e altre forme di violenza e d i s tenninio.
Un fatto 21bbondar1tc1nt~11 tr.' verificato, 1na nor1 abbasta 11za noto e
\'alorizzato, è c he In solu zio11c pil1 e fficace per o.-rivare a 11t) i11tclligc11tc
controllo delle n.ascitc è alzare il livello d i prcpar<izio11c cultumle e di
a utonon1ia decisio11ale delle don11e. A ncl1e 1nolti a ltri proble111i si
risolverebber<> m eglio co11 t1na pili d iffusa conosce11za e co11sapevolez7..a.
'2
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3-
IL l'REVEDIBILE E L'J:Vll'REVEDlllll..E
La cecità, la miopia, la stupidità governano il mondo.
Questo s pettacolo, visto da un osserva tore lontano nello spazio,
potrebbe essere mollo buffo. Nla devo confessare che, come
abitante d i qu ~'Sto pianeta, non riesco a trovarlo divertente .
••*
Naturaln1cntc qu~'Sti sono solo alcuni degli infini ti esem pi che
ogn uno di noi può constatare. Grandi problemi di tutta
l'uma_nità, coro_e tan te piccole vicend e che, prese u11a per una,
potrebbero interessare solo alle persone direttamente coinvolte ma, nella loro infinita moltitudi ne, sono una contin ua conferma
del lo sconfi nato potere d ella stupidità.
Non si tratta, ovviamente, solo di ciè>che è prevedibile, ma
viene trascurato fino a quando ha conseguenze difficilmen te
ri1n ediabili. G li e ffetti d ella s tu pid ità si man ifestano anche in
m.od i imprevedibili.
L'importante è essere preparali. Cioè sapere che nu l.l a si
svolge mai in modo totalmente coerente - e non lasciarsi
sgomentare dall' imprevisto. La stupidità uma na è onnipresente,
ma non è onn ipotente. Se impari amo a conoscerla meg lio
possia111t) 11<.>tl sol<.) lj n1itare i dan 11i, 111 a (tnc)1e t(tlvt)lta rovesciare
il processo, cogl iendo un barlu1n e d i intelligenza che si
nasconde in ciò che semb rava un a desola nte pal ud e d i stupidità.
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4 - La ''legge di Murph.y''
U
n problema s trettamente connesso con la slupidilà
l1n1ana è il fatt<> cl1e spesso "le cose 11on fttnziona110''.
L' affermazion e più nota e diffusa s u questo argomento
è la cosiddetta "legge di Murphy". Se ne parl a da più di
cinquant'anni. Naturalmente era vera, e s pesso din1oslrata dai
fatt i, anche m igl iaia di a nn i prima. !via in un'epoca di gestion i
frettolose, di avvent ure s pecula tive e di tecnologie pasticciate i
suoi cffelli tendono a moltipl icarsi.
''legge'' scientifica . È sole>
un proverbio - o un rnodo di dire. 1 L'origine è attribuita a un
tecnico dell'aeronautica mil itare, il capi tano Edward !V1urphy,
nel 1949. Pare che il suo comn1cn to si basasse s u un episodio
specifico di stupid ità un1ana: un esperi1nento in cui qualcuno
aveva rischiato la vi ta a causa di uno strum en to ma l regolato.
No 11 è mai stata e11u11ciata con1e
Q ualunque s i. a la sua origin e o la parti colare occasione da
cui è nata .. . il fatto è che quell' affermazione è diven tata
proverbiale. «Se qualcosa p11ò andare storto ci andrà - e lo farà nel
momento peggiore possibile».
1 1,..o stesso concetto è csptcsso i11 urla varietà d i detti, proverbi o
cosiddette ''leggi", con1c per csen1pio la f iu11glt '$ U111J citata in u11a 11ota
Jlt~I pti t•10 C<l}>if<)ll) - e tant~ altre. tvln è 11oto plù dlffusarr1c11tc co11\c "legge
d i ~v1utpl1y". Se ne parla cosi spcs.so clic ta l\ 1olta riscl1ia di scrnbra rc u11
pedestre e ripetiti\.·o " luogo co 1nurle". Ma, 11el suo reale sig11ificato, è
tutt'altro cl1e una ba11alità.
1
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Ne è derivata una d iffusa, spesso divertente, letteratura con un' infinità d i varianti e corollari (d i cu i 1nolti solo
umoristici, ma alcuni concretamente significativi) applicati a
diverse s ituazioni e a vari gen('fi di attività, n1a in terpretando
lo stesso signi ficato general e. 2
Scherzare s u Il'argomento può essere d ivertente, forse anche
"sca ramantico" . Ma il problema è reale. C hi ragion•~ come
Edward l'vfurphy non è solo un bronto lone. È anche una
perso11a cl1e sa c<>1n e \ a1111<> le cose - e cerca di te11er ne co11to.
Le infini te variazioni sul tema deJJa "legge di Mu r phy" non
di cono qual è la causa. Spesso le s ue manifestazion i sono così
mal igne da far sembrare che qualche dispettoso folletto si
di verta a compl icarci la vita . ~-la è evidente che l'origine è quasi
sempre la s tupid ità umana.
La causa può essere la nostra s tupidi tà, perché abbi amo
sbagl iato qualcosa, non abbian10 controllato con s ufficiente
attenzione, non abbiamo previsto una variabile i cui effetti si
fanno sentire quando meno cc li aspcttia1no.
O può essere la stupidità d i qualcun altro. Una persona vicina
a noi, che ha svolto male il s uo compi to o complica inutilrnente le
cose. Oppure qualcuno, ch issà dove, che possiamo anch e non
aver. mai conosciuto, ma i.n qualche modo ci ha fatto arrivare una
infonnazione sbagliata o deviante - o ci ha forn ito uno stn un ento
che si guasta "nel 1nomento pegg iore possibile". 3
1
2 Ci so110 Jllolte raccolte e a11tologie sull'argon1e11to. Alcune si tro\ra110 online.
Per ese1ltpio: A l11rpl1,11:.: lun~ (r.t tp : I /rr.urphys- la·..,s . com), t\ f11rpl1~1~ ltrU1$
1uul c'(Jn.1/lrrries (http : I /cir:ta.•1rlf'11 . epf 1 . eh/ roso . nosaic/dm/murphy . htn:)
e /,, I.eggi di 1\ l11rphy (htop : I I sir.tl:>a . oasi . ast~ . it/~=phy/murphyOl . h,.,,).
3 Vedi il capit<>lo 191..11st1t11ùlilìt <le/I~· te<'U(1/ogie .
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4 - LA "LEGGE DI M URPI IY"
La " legge di Murphy", usata bene, può essere una risorsa
di intelligenza. Si tratta di capire che l' imprev isto esiste. Perché
non siamo mai capaci di prevedere o controllare tu tte le
variabili. O perché fattori esterni, che sfuggono al nostro
controllo, en trano in gioco quando meno ce lo aspettimno.
C i sono molti modi per non arri vare im prepa rati
al l'inevitabile in terferenza d i un "effetto Mu rphy". Come avere
un adeg uato backup, cioè soluzion i di scorta che possano
sostituire ciò che non iunziona. !via pub essere molto utile
a.n che un a progettaz.i.one flessib il e, che consideri l'imprevisto
no 11 come u 11 ostacolo, 111a come u11a variante di percorso.
Soprattutto è in1portante sa pere che g li in1prcvisti esistono
- ed essere menta lmen te prepa rati ad affrontarl i. Non lasciars i
confondere o sgornentare, ma saper cogli ere con intu ito e
fantasia le nuove occasioni che spesso s i nascondono in una
si tuazione inaspettata. (Vedi l'a ppen dice a pagina 185).
Un interessan te (ma poco studia to) "corollario" è che se un
problcn1a è capace d i aggiustarsi da solo lo fa genera ln1ente
dopo che è sta to dato l'a ll arme, sono state messe in moto varie
risorse per cerca re di risolverl o, eccetera. Una conseguenza di
questo fatto, più frt~quente d i quanto p uò sembrare, è che in
alcune s ituazion i la soluzione rn ig liore è aspettare senza
mu overe un dito - ma il diffici le è capire pr ima in q ual i
circostanze questa può essere la so luzione gius ta.
Un rimedio, anche in questo caso, s ta nel sa.pere che cose
del genere succedono spesso - e perci ò essere preparali a dare
tempestivamente un "cessato al larm e" pr ima che i tentativi di
rimed iare si rivelino pegg iori dcl mai<' o crein o inutili disagi e
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con1plicazioni. E soprattutto (in queste si tuazioni come in a ltri
casi di difficoltà) non avere 1nai paura d i dire "ho sbagliato".
Insis tere in un errore, o in un falso allarn1c, è una delle forme
piC1 per icolose di stupidità.
**.
lnson1m a la " legge di lvlurphy" è concretamente preoccupante,
ma non è un motivo di passiva d ispera7,ione o rassegnazione.
Al contrario, è uno strumen to d i conoscenza - e di efficace
progellazione, gestione e comportan1en lo.
Se fingimn o (o ci illudian10) di poter credere che esis tano
tecnolog ie, 1netod i o "piani" infall ibi li ... s ia mo condannati a
sorprese ama re, talvolta catastrofiche.
Se in vece in qualsiasi progetto (che sia fare il caffè, guid are
un'automobile, organi:r,zare un viaggio o costruire una diga)
teniamo conto dell'inevitabile presen7,a di "fenomeni iV!urphy"
possiamo impostarlo con la necessaria flessibilità, considerare gli
sbagli e le circostanze in1previste con1e varianti probabili e non
come sciagure ingestibili. E così rid urre l'angoscia, 1nigliorare la
quali tà ed evitare qu el marasma che nasce dall'imprevisto e
provoca la 1nolti plicazione degli errori.
Ringraziamo Murphy (o chiunque altro sia il vero autore
dell a "legge") e cerchiamo di tener con to, il più spesso possibile,
dell a sua brill ante osservazione in lutto ciò che facciamo.
Otterremo migliori risultali - e anche, contemporaneamente, un
notevole miglioramento d i "quali tà della vita".
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5 - La Legge di Parkinson
<mire sono sempre stati sca rsi gli approfondimenti su l
problen1 a della stupidità, ci sono alcuni testi r il evanti
s u "perché le cose vanno ma le". Fra questi c'è
Parkinson's Lmv d i Cyril Northcote Parkinson. Un "classico" che
è stato pubblicalo nel 1957 - e cinqu ant'anni più lard i è ancora,
pili che ma i, di attua lità.
Ol tre a essere profondamente serio nei contenuti è anche
una lettura piacevole e d ivertente. t uno di quei ra ri libri che
hanno l' insolita capacità di approfond ire argomenti con1plessi
trattandoli con lucida sempl icità e con una notevole dose di
um orismo . Il testo è acco mpagnato da una ser ie di d isegni
gustosan1enlc satirici che non si limitano a divertire il lettore,
M
n1n ai t1ta110 ancl1e a cap ire.
Ne sono usci te, nel corso degl i ann i, molte edi ;r,ioni, in cui
Pa rkinson ha approfondito progressivamen te l'argomen to, con
l' aggiunta di altre interessanti osservazioni.
No 11osta11te il suo st1ccesso era e rima_
11e u11 libro "ostico'',
trascurato dai teor.i ci della gestione, ignorato o d imentica to d a
chi è attivamente impegnato nelle organizzazioni.
11 1n otivo è ev id ente: dice troppe verità scomode e, cosa
ancora pi11 sg radevole, lo fa senza dissertazioni astruse o
pa ludate, con un linguagg io sem plice e diretto. Con puntu ta e
puntu ale iron ia (accentuata da lle vignette di Robcrt Osborn,
che ne arricchiscono il s ignificato - 1n a disturbano i pedanti).
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Era un libro fastidioso, irritante, sconcertan te all'epoca
della s ua prima pubblica zione. E Io è ancora di più nella
situazione di oggi.
La Legge di Parkin son spiega come un'organ izzazione
cresca, indipendentemente dall'aumento o dirninu zione della
quantità d i lavoro che dev e svolgere, per effetto di meccan ismi
gerarchici e d i anomalie organ izzative.
Cinqu ant'anni fo si trattava soprattutto di alla rga mento
delle strutture, con una crescente con1plicazione d ei rapporti
interni. Parkinson s piega va che un'organ izzaz ione d i m ille
persone può essere impegna la a tcn1po pieno a comun icare
solo cotl se s tessa, sc11za prodttrrc alct1n<1 atti\ ità sig11ificativa
per il mondo esterno.
Oggi qu ei proble1n i rimangono, ma il quadro è ancora pii1
con1plcsso. In un'epoca in cui le ridu;cioni di personale sono un
frequ ente stn11n ento per far crescere i profitti (e le fus ioni,
1
acquisi7jo 11 i o co11ce11traz io11i si tradt1c<>110 q u asi sernpre i 11
"tagli" di stru ttu ra) accade anche il contrario: cioè che le
din1ensioni delle organ izzazioni dim inu isca no per 1notivi non
funzional i - e spesso senza correggere il sovracca rico d i
funzioni inutili e ingombra nti .
Q uesta bizzarra m escolanza di bu lim ia e a noressia è uno
dei 1nalanni pili gravi che affliggono le organ izzazioni
(p ubbl ich e o private) e s pecia lmente le p iù gra nd i.
Il fatto fondamentale è che un'organizzazione, come se fosse
un organismo vivente, tende a crescere e a riprodurre se stessa.
Jvla, se la vita ha un valore in qu anto tale, non è così per le
imprese (o altre organ izzazioni pubbli che o private) che meritano
d i esistere solo se hanno un ruolo utile ad altri - e alla società in
generale. Questa è una costante in tulle le aggregazioni un1ane,
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5 - LA L EGGE D I PARKJKSON
indipend entemente da l fatto che s iano motivate al profitto o
basate su altre premesse, co1ne ruoli istituzionali, sociali, politici o
di pubblico servizio.
Fra le osservazioni di Pnrkinson c'è il fatto che il grado di
attenzione ded icato a un problema dai vertici di un'impresa è
inversam ente proporzionale al la sua reale importanza. Può non
essere una. regola fissa, ma. chi sa come fu nzionano davvero le
organ izzazioni può facilmente cons tatare che è un fenomeno
molto freq uente.
Un altro malanno è definito come la "legge del rinvio". Se
un problema è scrio, urgente, in1pegnalivo e complcsso si evita
di affrontarlo, delegandolo a qualcun al tro oppure chiedendo
u.lteri ori approfond imenti, fino a quando di venta irri mediabile.
Nel clima di fretta esasperata in cui ci troviamo oggi
se1nbra che questo problema non esista, nla la vcritil è che
C<.ln tint1a - e si sta aggravarido.
L'urgenz,a immaginaria e immotiva ta porta spesso a
trascurare tutto ciò che non sembra avere una soluzione
in1mediatamen te disponibi le. L'i nevitabile conseguenza è che
si cornm ettono contemporaneamente due errori: s i decide
affrettata mente su cose che meri terebbero un maggiore
approfondi mento, m en tre si ri mandano decisioni che sarebbe
stato n1eglio prendere al momento giusto.
Il n1nrasma rist1ltante prc>dt1ce 1naggiore fretta, i11sien1e a
una congeri e d i problem.i che sarebbero s ta ti evitabili se
affrontati in tempo. Così si perpetu a e si molti plica di continuo
un circolo vi:doso praticam ente ing estibile.
Non è difficile constatare fenomeni co1ne questi in situazioni
che ha nno prodotto risultati fallim entari. Ma il fatto è che una
profonda degenerazione dei s isten1i decisionali affligge anche
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molte org<l11izzazioni che sembra110 a11cora sc.) pra\1vivere - fi 110 a
quando d ii non ha nota to quanto le tenn iti della malagesti one
ne abbiano logorato le strutture si meraviglierà, troppo tardi, dcl
loro improvviso collasso.
La s tupidità non è espl icitamente indica ta da Pa rkinson, né
da altri s tud iosi di "perché le cose va nno ma le", come causa
dei m.o lti mal. anni che affliggono le organizzazioni. lVJa è
evid ente che quei fenonieni sono stupid i. Come è s tupid o il
fatto che gl i sbagli d iagnosti cati chiararnente cinquant'anni fa
co nti nuano a ripetersi - con l' agg iunta di altre complicazioni
che 11 e peggil)f(l 110 le co11segue11ze.
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6 - Il Principio di Peter
n altro testo fondam entale (e famoso) su " perché le cose
non funzionano" è Tlle Petcr Principlc, pubbl icato nel
1969 da un sociologo canadese, Laurence Peter. Dopo il
grande s uccesso d i qu el libro, l'a utore ne ha scrit ti alc uni altri,
in cui ha u lteriormente svilup pa lo l'argomento.
U
A11cora oggi, qt1a.si quara11t'ar111i pill tardi, le sue <>sservazio11i
meri tano un'attenta lettura. Sono utili e interessanti non solo per
ch i si occupa seriamente di capire i problemi che affliggono le
organizzazioni, n1a anche per tutte le persone che vogliono
orientare bene la propria vita di lavoro. Come per chi, in generale,
desidera approfond ire il lemad clla stupid ità umana .
Tlre Peter Principle ha avuto una tale diffusione d a essere
citato nei vocabola ri conH' un elemento stru tturale della lingu a
ing lese. ìv!a, per quanto possa essere proverbiale, se ne tiene
assai poco conto nella vita real e delle organ .izzazioni.
Con1c i libri d i Parkinson, anche quelli di Pclcr uniscono una
buona dose di ironico umorismo con un serio approfondin11,,nto
di problemi real.i. La lettu ra è tan to piacevole e d iv•~rtente qu.a nto
è ulite ed educativa.
11 Pr inci pio di Peter afferma che in una organizzazione
"1neritocratica" og nuno vi ene promosso fino al suo li vello di
in corn peten:ra. Se una perso na sa fare bene una certa cosa la si
sposta a farne un'allra . li processo continua fino a qu<>ndo
ognuno arriva al livell o di ciò che non s a fare- e lì rimane.
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Cioè una persona, che non è stupida qua ndo ha un con1pito
cl1 e è capace d i S\1 olgere, v ie11e spostata i11 u11a sitt1azio11e i11 cu i
diventa "stupida" non in assoluto, 1na in rapporto ai risultali
delle sue az ion i. (Vedi il capitolo 7 sulla definizione pratica di
stupidità e il ca pitolo I Os ulla stu pi d ità d el potere).
Il ri sulta to è che nell'organ izzazione aum enta di con tin uo il
livello di in competenza. E le persone competenti si trovano
sempre più s pesso alle d ipendenze di incompetenti, che le
ostacolano nello svolgimento del loro lavoro.
In The Peter Prescriphon (1974) Laurence Peter riprendeva
l'argomento in modo ironico, ma non privo di valore pratico. E
propo neva alcune soluzioni. Per esempio, nel caso che una
persona s i accorga di essere vicina al rischio d i incompetenza,
suggeriva d i assumere qua.lche comportamento un po' bizzarro,
sufficiente per evitare la pron1ozionc, n1a non tale da meritare
un licenziamen to - e così rima nere fel icemente al posto g iu sto.
Naturalmente l'osservazione è umori stica, ma non manca di
realis tico buon senso.
Gli insegnan1enti d i Peter sono spesso ignorali, non solo
perché sono scomodi, ma anche perché le persone al vertice delle
organizza.zioni non amano sentirsi d ire che hanno promosso i
loro dipendenti in modo sbagliato - o, peggio ancora, che sono
proprio loro ad aver raggiunto il fatale li vello di incom petenza. l
U 11 caso particolare è qttello della cosidde tta "'in11ovaziorte". t accadt1to
in n1olte in1prese che le perso11e più qualificate fosser<> collocate nei settor i
"trad iz.iorlali", do\•e la concorren7..a è pili agguerrita, n1entre 11ei settori
1
"i11novativi" s i i1llmagii1ava c l1e la crescita sare bbe s ta ta così veloce da
rin1edinre a tutto - e cl1e quir1di fosse sertSat<> asseg11<~re quei Cl)lr,pili a
persorte 1ru.~1'0 affidnbili. Vedi U1t pt1~colo t'rr 1111droùii di $t1·011rl11 sctlta?
(http ' I /ganda l f . it/ of f line/ of f23 . htm).
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6 - IL PRl ~Cll'IO DI Pcl'ER
Il "principio di Peter" ha genera to una serie di "corollari" e
"va riazioni s ul teina". Co me il Dilbert Piinciple di Scott Adams
(1996) - «I piì1 inefficienti sono sistematicmnente promossi alla
posizio11e i11. cz1i fati11.o 111ct10 da1111.o: il 111anagert1erit» - a cu i poi si è
aggiunto il Natreb Principle - «Le persone gravitatw verso le
professioni dove piì1 si manifesta la loro incompetenza» ovvero
«Ogni professione attrae le persone meno adatte».
La si tl1a zio11e ogg i è ancora pil1 g rave di con1e In descri\1 eva
Laurence Peter - perché il concetto di "merito" è sempre più
con fuso. Le "promozioni" sono spesso dovute alla protezione
di potenze oligarchiche, al gioco delle appa renze o a intrighi
cl1e l1ar111<> p<)CO a cl1e fare con la ''competer1za'' .
Opp ure al predom inio delle s pecu lazioni fina nzia rie che
premiano chi ha lastuz ia d i tru cca re i conti - o la fortuna d i
approfittare di un momento favorevole quando un'onda
specu lativa deforina le oscillaz ion i del merca to.
Le conseguenze sono s pesso catastrofiche per ch i poi deve
raccogl iere i cocci, ma intan to chi ha giocato d'azzardo può
trovars i (se non si è linli ta to a scappare con i soldi) "p ron1 osso"
molto a l di là delle sue capacità di ges tire un'i1npresa o di
produ rre risultati in un mercato reale.
Alcuni consulenti di ges tione propongono di risolvere
questi problemi con metodi che hanno defi nizioni un po'
arcane, con1e percussive sublinrntion o /atemi nrabesque, ma in
pratica s i riducono al l'antico concetto pmmovenlur 11/ mnoventu r.
Cioè le persone incompetenti ai vertici dell'impresa, o in
posizioni alte nella gerarchia, vengono collocate in ruoli d i sola
apparenza, così che i com pi ti opera tivi possano essere svol ti da
persone competen ti che non sono ancora s ta te promosse a.I di
so pra delle loro capaci tà. Ma non bastano le varie manovre di
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qu ella specie a s pi egare la di ffusa presenza d i s tupidi in ruoli
"i1n portanti" e a ppar iscenti. C i sono molti moti vi, purtroppo
di ffusi, per cui "cariche'' e res ponsabilità sono assegnate con
criteri molto divers i da l meri to e d alla con1petenza.
Ci sono fenom eni, purtroppo non rari, che vann o al di là
del Principio di Peter - co me la promozione a livel li più al ti di
chi era g ià incompetente nel ruolo in cu i si trovava.
Un altro probl ema è l'i mperversare d i acquisizioni, fusion i
e con centrazioni. Si perdono le identità e le culture che
avevano por ta to le imprese al s uccesso -cioè le com petenze nel
saper fare qualcosa meglio d ell e altre.
Molte persone vengono eliminate dalla struttura non perché
non s iano co1npetenti, 1na perché nella fusione si creano
doppion i d i ruolo (e anche perché il costo dell'operazione viene
in parte rec uperato con la riduzione d ci costi di personale).
Nel ribollente ca lderone dell'organizzazione rimescolala i
ru oli s i sovrappongono e si confondono. Così non si premiano
le p ersone più qu al ifica.te, ma q uelle più gra dite alla fazione
che prende il sopravvento. I giochi di potere e le manovre di
corrido io prevalgono su ogn i criterio d i inerito o capacità.
A nche se sopravvivo no alla s trage, le persone co1n petenti
sono spesso sposta te in ruo li per cui sono inadatte - e
co1nunq ue demotivate da un clima in cu i fa r bene conta poco.
L'impegno per la qual ità non è pren1iato, la competenza non
conta, si bada alla sopravvivenza. nel giro tortuoso deg li
intrighi e dd le apparenze.
Insomma il classico Princi pio di Peter (che è una, fra tante,
manifestazion e dell a s tupidità) con tin ua a fare danni, in rnodo
tanto pit1 grave quanto più si mescola con altre dis fu n7,ion i.
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7 - Le Leggi di Cipolla
no dci lesti più interessanti s u questo argomento è sta to
scritto cinquant'anni dopo il libro d i I.Valter Pitkin - e
pubbl ica to due ann i dopo L/nderslanding Stupidity di
Jam es l.Yelles. È il breve saggio Le leggi fondamentali della
stupidità um111ia di Carlo lvi. C ipolla. t
U
Le " leggi di C ipoll a" sono note e citate a nche in altri
contesti. Non mi sembra necessario ri produrl e, né riassumerle.
A chi non le conoscesse, consig lio di leggere il suo testo (che,
con1e altre op ere dello stesso at1tore, ltn isce alla seri età
dell'anal isi una gradevole vena di u1noris mo). !vii li1nito qui ad
alcuni co.m men ti.
Jn parte si tratta d i cose già. note. Per esern pio un fatto rilevato
anche da altri autori 2 e da quasi tutte le persone che han no avuto
occasio ne di ragionare su questo argomento: si tende sempre a
sottovalutare "il numero di s tupidi in circolazione" . 3
1 Il testo orig-i11alc ir1glc...:;c, scritto nella pt in1a 01cm degli n111\i 1 70, a\1cva
a\'uto solo u1'a diffusione ''privClta" fi r10 a quat'tdO, 11cl 1987, era stato
pubt>lic."lto <.inlla lr\'110/,, E11rtlJ R ''iJit'ìP. Oggi è pn:itit;ao1cf1tc Ìr:'tcpctibilt~.
L' ed izio11e t.ii ri ferin1ento è quella italiana: L1n libro pubblica to da Il
tvlL1li110 11el 1988 co11 il titolo .!\I/egro 111t1 110 11 lro1.1110 (tradL1zio11e d i r\ nna
l"' arisl1) cl1e a lla fi11e contiene a nche le 37 pagine sulle Lrggi fi.)11rlt1111e 11f([/ i
rlel/11 !>lnpidilft 11111t111t1 .
2
Vedi per eseLnpio il Raiooio di I·Ja11lo11citnto rtel cnpitolo 1.
3 ul'rin1a legge fo11dan1e11tale" .c..ii Carlo tvl. Cipolla nelJ'edizione citata, pagirta 45.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
È una constatazione che og nu no di noi può fare ogn i
giorno: per quanto coscien ti possiamo essere del potere della
stupidità, siamo spesso sorpresi dal s uo n1anifcsta rsi dove e
quando meno cc la aspettiamo.
Ne d eri vano due conseguenze, anche qu este evidenti in
ogn i ana lisi coeren te del prob lema. Una è che s i sottovalutano
trop po s pesso i pern iciosi effetti della s tupidità. L'a ltra è che,
per la loro i111 preved ibilità, i c0111 portan1enti stupid i sono
ancora p it1 pericolosi di qu elli consapevolmente ma lvagi.
Ciò che manca in un'analisi così impostata (come nelle più
diffuse osservaz ioni sull'argomento) è una valutazione della
nostra stupidità - o comunque della cmnponcntc d i s tupidità
ch e esiste anche nelle person e pili intell igenti. Su qu esto
ritorneremo nel prossimo capitolo.
Uno dci n1criti dcl saggio d i Carlo Cipo lla (co111e dcl li bro
di Jan1es \.Vel les) è riconoscere il fatto che la stu pidità di una
persona "è indipendente da qu alsiasi altra caratter istica della
stessa persona". C ioè è uguahn ente diffusa in tulta l' umanità. 4
Ques to è un punto fondam entale, che contraddice opinioni
di ffuse, ma è co nfermato da ogni attenta veri fica s ul tema. Non
è solo o ba nalmen te polil ically correct, ma è sostan7ialmente
vero, elle nessuna categoria umana è più intel ligente o più
stupid a d i un' altra.
Non c'è alcuna differenza nel li vello o nella freq uenza della
stupid ità per genere, sesso, razza, colore, etnia, cultuxa, livello
scolastico, eccetera (l'ignoranza può essere influenzata dalla
stupidità, e viceversa, nl a non sono la s tessa cosa - vedi a questo
proposito il capitolo 13).
..J
uSeco11da legge fondan1entale" di Carlo M. Cip<>lla, 0 11. rii ., pagina 48.
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7 - L E LEGGI D I Cll'Ol..LA
f: fondan1entale, nella teori a di Cipolla, la defin izione che
sta al centro del suo saggio come "terza (e aurea) legge": «Una
persona stupida è un.a persona c/1e ca11s11 11n dmzno a 1111'a/lm persona
o gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o
addirittura subendo 11n dan.110». 5 11 va lore di qu esto criterio è che
evita l'a rd uo problema di d efinire "in teoria" la s tupidità (o
l'intelligenza) mentre ne va luta gli effetti pratici.
f: evid ente che, in base a questo concetto, si possono
d efin ire di verse categorie di comportamento. Ovvia mente a
uno dei d ue estrem i sta nno le person e che rea lizzano un
vantaggio per sé e per gli altri (perciò "intelligenti") e
all'opposto quelle che da nneggiano gl i altri e anche se s tesse
(perciò "stupide"). t chiaro anche ch e ci sono almeno due
categorie "intermedie". Una che fa danno agli altri con
vantaggio per sé (Cipolla li definisce "band iti") e l'altra che fa
un d anno a sé con vantaggio per gli altri.
Per ques t'ul tima categori a, la definizione "sprovved uti" è
d iscu tibil e. Può essere rag ionevole fin che ci s i li mi ta alle
valutazioni di costi e guadagni second o i cano ni dell'eco nomia
"classica". l'vla può essere sbag liata quando si tra tta di persone
che consapevolmente si sacrificano per il bene altru i. Q uesto è
un fatto piuttosto rilevante, su cu i ritorn erò poco pit1 avanti.
La cosa che pili n1i convi nce, nel metodo di Carlo Cipolla, i:c•
il concetto fonda menta le che valu ta la s tupid .ità (o l'intelligenza)
in base ai risultati dei com portam en ti umani e non a d ifficili e
discutibili definizioni teoriche. Per vari altri aspetti, invece,
l'impostazione che sto seguendo è diversa da qu ella proposta
nelle sue " leggi" . Come vedremo al la fine del prossimo capi tolo.
5 Cari<> ~1 . C ipolla, 011.
c·it., pagina 58.
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8 - Il grafico stupidologico
e
on il m etodo di valutare la stupidità, l'intelligenza e
altri comportamen ti in base ai loro effetti pratici,
ovviam ente i dati (o le ipotesi) risu Itanti s.i possono
in quadrare con una sempli ce, quanto efficace, sin tesi grafica
basata s ulle classiche "coordi nale cartesiane".
y
II
I
+
III
IV
No1l so pcrcJté la regola (o J'usan?..a)sia n t1rncrarc i ''quadranti" da I a IV
in senso "i111tiorar-io". ~,, .., se <:osì vitùl(' la 1naternati<:a, così sia.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Se s ulle ascisse (cioè sull'asse X) collochian10 il vantaggio (o
svantaggio) che qualcuno ottiene con le proprie azioni, e sul le
ordinate (asse Y) il beneficio (o danno) ad altri, ognuno d i noi può
definire, in base alle conseg twnze pratiche di un com portan1ento,
dove si colloca una persona o un gruppo d i persone- in generale
o in una particolare circostanza. t evidente che i comportamenti
collocati nel "primo quad rante'' (in alto a destra) sono a vari
live lli di ''i11tell ige11za'', 111e11tre 11el ''terzo quadrante'' (in bass(> a
si nistra) s i tratta di stupid ità.
t alt rettanto ovvio che ne) quarto quadrante (in basso a
destra) si possono collocare diversi livelli d i "banditis1110".
Invece le si tuazioni d el secondo (in alto a s inistra) possono
richiedere interpretazion i più complesse.
Come già osservato nel capitolo precedente, si può trattare
di "s provvedu ti" quando inconsapevolmente danneggiano se
stessi men tre danno un vantaggio ad altri . Ma può anche
accadere che una s im ile co ll ocazion e sia il risultato di
comportamenti consapevolin ente generosi o "altruis tici". In
qu esto caso l'a nalisi può procedere in du e modi. Può tener
conto dei van tagg i umani, morali e social i - e perciò collocare
qu ei comportam enti .nell' area dell'in telligenza. Op pure lascia re
ch e si tro\ i110, i11 q t1este coordi11ate, a si11istra dell'asse Y, 111a
usa re una defin iz ione diversa da "sprovved uti" (ritorneremo
su qu esto argomento nel capito lo 11 ).
Senza entrare nei dettagli, che possono essere co.m plessi, di
analisi come queste, il fallo sostanziale è che g li effetti di diversi
comportamenti si possono va lutare su scala ind ividuale
(rapporti fra due persone) oppure su una base piì1 estesa, riferita
a "grandi" sistemi (nazioni, comun ità internazionali o anche
tutta l'umanità in generale) o ad ambiti pi ù ristretti (si tuazioni
1
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8 - IL C RAFICOSTUl'IDOLOGICO
locali, in1prese, associazioni, gruppi organizzati o spontan ei,
aggregazioni uma ne d i qualsiasi specie, natura e di1nensione).
Jl sistema, nel suo com.p lesso, p uò progred ire o arretrare per
una combinazione di con1porlament i di varia specie, non lu tti e
non sempre "altruistici". lvla è chiaro che il massimo beneficio
coll ettivo si otti ene con azion i " intell igenti" - e il massimo
danno con quelle "stupide". ln altre parole, se ogn un o bada
troppo al suo interesse particolare, trascurando gli effetti del suo
ag ire sug li altri, si ha un d eg rado generale della società nel suo
complesso - e cos) anche chi credeva d i essere "fu rbo" si rivela
stupido. Ma spesso accade che questa constatazione avvenga
quando è troppo tardi per poter rirned ia re.
Q uesto conferma la premessa fondamenta le: il fattore di
maggior danno in ogn i società umana è la stup idità.
Na tural mente si crea no particolari, e spesso drammatiche,
conseguenze quando c'è uno squilibri o fra causa ed effetto.
Come nel caso in cu i le azioni d i pochi influiscono sulla
condizione di m olti. Per qu alche ulteri ore osservazione s u
questo te111a ved i il capitolo 10 La stupidità del potere.
Nell'uso di queste coord inate ci sono alcune d ifferenze fra il
metodo proposto da Carlo Cipolla e quello che sto seguendo in
questi ragiona menti. 1 Sono principa ln1ente tre.
Le osserva7joni d i C ipolla (come quelle di \'~alter Pitkin e di
quasi tu tti quando si occupano d i questo argomen to) s i basano s u
u n'ipot~>si di separazione netta: alcune persone sono intelligenti e
1 Per alcu11e elaborazioni di Carie> Cipolla su ten1i analoghi ve<ii 1\llegro
11u111011 troppo~ 11ell'edizione citata,
pagine 63 e 67.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
altre sono stupide. Come già osservato nei capitoli precedenti, e
co1ne vedremo in pa rticolare nel capitolo 9, la m ia convi nz ion e è
che quasi nessuno è totaln1ente stupido e (sopratlullo) nessuno
può illudersi di essere sem pre intelligente. Perciò è necessario
tener conto d ella cmnponente di stupidità (cmne di altre categorie
di comportamen to) che è presente in ognuno di noi.
Le ana lisi basate s ui risultati possono essere fa tte ten tando
di definire in generale il con1portmnento d i un a persona
oppure lim itandosi a un particolare sistema di circosta nze.
Q uesta seconda sol uzione non è da escl ud ere, anz i può
essere parti colarmente interessan te per scoprire come la stessa
pcrso11a, i11 sittt azio11i o in ruoli di\ ersi, possa a\ crc u 11
comportam ento di versamente classificabi le e definibile.
Ognuno di noi può essere p iù spesso "stu pid o" in u n certo
genere d i s itu azioni, meno in al tre. Può essere utile cercare d i
capire qual i ci rcosta nze, o settori di attivi tà, possono infl uire
più s pesso sul comporta1nento di certe persone - o sul nostro. E
così, per quanto possibile, evitare che gli stessi problemi si
ripetano troppo spesso - o al meno essere n1eglio preparati alla
poss ibilità che si verifichi qu el genere di errore.
Non è meno rilevante constatare che ris ultati s tu pidi s i
verificano anche al di fuori di ogni veri ficabile o ipotizzabile
sitL1azio11e abitt1ale per L1n certo carattere perso11ale (o area di
incon1petenza - ma qui ent ra in gioco il "Principio di Peter", di
cui si è parlato nel capitolo 6). E così aiutarci a ri cordare quanto
la stupidità possa essere imprevedibile (per fortuna accade
anche, ta lvolta, che ci siano i1nprevisti ris ultati di "intell igenza".
Pub essere interessante capire, se possibile, come si verificano ma co1nunque su quell i è prudente non contare, perché non
sono 1n ai abbastanza frequenti).
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'
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8 - I L C RAFICOSTUl'IDOLOGICO
La più ovvia tend enza è, quando si traccia un grafico di
questo genere, collocare se stessi nelle ascisse (asse X) e
qualcun altro nelle ordina le (asse Y). !via può essere n1ollo utile
fare il contrario: cioè valutare il nostro con1portamento in base
all'effetto sug li altr i. La d ifficoltà sta nel fatto che, ovvia111ente,
la q ual ità dei risultati deve essere valutata da l punto di vis ta d i
chi ne subisce l'effetto - ma sapersi " mellere nei panni degl i
altri" è sen1pre uti le, s pecialn1ente qu ando ten tian10 di
verifica r.e il nostro livell o d i stu p idi tà (o di intelligenza).
***
Ognuno si può es ercitare come preferisce nell'uso dcl "grafico
stupid olog ico". Costruirlo è faci le: basta tracciare su un fog lio
due rette incrociate.
Si pui) usare un foglio d i caria quadrellala, che rende più
faci le la collocazione deg li indici numerici . Non è necessario
usare un software di calcolo (o di grafica) con un computer, ma
anche con qu el metodo il risulta to è lo stesso.
Non sempre è possibile avere dati precisi con cui "misurare"
i dati da inseri re nel grafico. tvta l esattezza 1natcn1alica non è
ind ispensabile. L'uso d i "valori p•~rcepiti", anche se vagamente
stimati o approssim ati, può avere un sign ifica to ril.evan te .
•••
Alc1111i lettori trovano divertente, interessante e stimolante
l'uso delle "coordina/'e cartesiane", mentre altri lo considerano
ostico e noioso. Ma non è 1111 problema. Si può ragionare
su questi nrgomen.ti senza mai tracciare uno schema.
E anclte senza 11pprofo11dire il significato dei cinque p,ra(tci
elle si trovano nel capitolo"/"/ (i conceth sono spiegati nel testo).
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9 - 1re corollari
na constatazione abbastanza evidente è che le persone
i11tellige11ti generaln1ente sa11110 di <:.-sserlo, i malvagi sc>no
quasi sempre consapevoli d el proprio atteggiamen to e
anche le villime meno consapevoli hanno qualche percezione del
fatto che qualcosa non va. /'via gli stupidi non sanno di essere
stup id i - e questo li rende ancora più pericolosi.
Q uesto è un fatto di ffusarnente noto a chi osserva con un
po' di attenzione l'assillante problcn1a della st upidità u1nana.
l\tla è 1n olto preoccu pante. !'vii riporta alla p ri ma, a ngosciosa
dornanda: sono stupido?
Ho s upera to va rie prove di "quozien te d i intelligenza" con
buoni ris ulta ti.. Purtroppo conosco il funzionarn ento di quei
form ulari e so che signi ficano poco o nu lla. ' Molte persone rni
hanno detto che, secondo loro, sono intelligente. !via anche
questo non è signi ficativo. Potrebbero essere troppo gen ti li per
dinn i la verità. O, al contrario, potrebbero voler sfruttare la m ia
stupid ità a loro vantaggio. O, piè1 sen1pl icemen te, potrebbero
essere s tupid e come me.
t.•l i rimane un fi lo di speranza. Spesso sono acutamen te
cosciente di quanto sono s tupido (o lo sono s tato). E questo
indica che non sono cornplela111e11te stupido.
U
1 lntc~s."l nfi osscrvozio11i su con1t"~ runzionllno i !1":-=I di i11tclligcn.za si
tro\•a110 nel quar to capitolo di :\ lé11lire f011 lt' -;.;,tali'3tic/1t' d i Darrell 1"-luff,
Monti & Ambrosini editori, 2007.
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
A volte ho cercato d i collocanni nello schen1a stupidologico
(ved i pagina 35) usando il più possibile risultati di azion i (non
opinioni) con1e unilà di misura.
Secondo la situazione, sembra che io tenda a osci llare nella
parte alta d el gra fico (sopra l' asse X) fra il "primo quad ra nte" e
il "secondo" - ta lvolta disperatamente perso fra le persone che
forse sono utili agl i altri, ma non a sé. Spero di essere dal lato
mig liore d ello sche111a così s pesso come mi sembra.
In generale, se111bra logico as petta rsi che i fattori più forti di
successo si trovino abi tual men te nel pri mo o nel quarto
quadrante, a destra dell'asse Y. lvla il nun1cro imp ressionante di
persone "d cl terzo quadrante'', o comunque dcl lato sinist ro
del di agram ma, che hanno s plend id e carriere si p uò sp iega re
con un for te d esid erio da parte d i molti potenti di circond arsi il
più possibile di stupid i (vedi i capitoli 6 e 10).
Il problema non è solo come collocare noi stessi nel grafico,
ma an che capire come la nostra stupid ità può interagire con
quella d egli al tri. Fin dalle più ren1ote origini dcl pensiero umano,
quasi tu tti (anche alcuni dei migliori au tori sull'argon1ento)
rag io 11a110 com e se ci fosse llr1a 11etta separazior1e fra persor1e
intell igen ti e persone stupide. Ma, per quan to possa. sembrare
imbarazzan te, t?evidente che la cosa non è così se111pl ice.
Poco dopo aver letto il s uo saggio sulla stupid ità, scrissi a
Ca rlo C ipolla. Fu i p iuttos to sorpreso q ua nd o mi rispose - con
una lettera breve, ma cortese.
G li avevo chieslo · Che costi pe11sa del mio "coro/I" rio" "Ila s11a
teoria?». La ris posta fu «Be', perché no?» - dal che deduco che ho
un consenso da parte s ua, o a lmeno nessun a obiezione, a u n
concetto che in fluisce pro fondamente s u ogni valuta zione del
proble1n a della stupid ilà umana.
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9 - TRE COROLLARI
Primo corollario di Livraghi 2
In ognuno di noi c'è un fattore di s tupidità
che è sempre maggiore di ciò che pensiamo
Qt1esto fattore ''in terno'' a ciasct1na perso11a crea ttn
mod ello tridimensionale - e non credo di doverne s pi egare la
struttura, perché nessuna persona stupida o pavida sa rebbe
arrivata a leggere fino a questo pun to.
N aturaln1ente, oltre alla nostra e altrui stu pid ità, poss1a1n o
inserire anche altre variabili, come i nostri d iversi fattor i di
com portamen to •) il modo in cui si combinano co n quelli di
altre persone. Pui> essere saggio dimenticare il fattore
"in telligenza", perché non ce n'è mai abbastanza. tv!a non è il
caso d i trascurare i valori del "quarto quadra nte", perché anche
la persona pili generosa può, qualche volta, con1portarsi da
"bandi to", anche se solo per errore.
Co n l'agg iun ta d i qu esti fa ttori si crea un compl ica to
modd lo mu lti-d imensiona le di difficile gestione . .tv1a anche
considerando solo le nostre componenti individuali di
stupid ità la complessi tà può essere sconcertante.
P rovare per credere ... ed essere davvero spaventati.
•••
Questo corollario flOO è r1ccc...:;sl'.'ltianlc1'1tc rifcrltl') all'<)pcr.:i di un sir1golo
autore. Può riguardare la "prln1a lr:ggc fotlc.i at11cr1talc" dl Carlo Cipolla
«.'>e1t111rt " i1rtvitaf)i/111"11l~· ng111ou' iii 11oi :;ollnì,.1lr1/11 il u1r111ero fii i111tiuid11..i
$l1111idi in ~·ircolazio1rt'» (O/). cii., pagir~a 45) Opf>u.-c lll ''lt~ggc d i Finaglc'' o il
,,.tasoio d i Ha1,Jon'' (capitolo 1) o lo ,.,legge d i ~1 u tp l 1 y" (capitolo 4) o le
osser\razio1)Ì d i altri .s lil fatto che la diffusio11e e il potere della stupidità
i
sono ge1,eraln1e11te sottovalutati.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Quando qu esto co ncetto cominciava a svilupparsi, d urante i
mi ei tentati vi inizia li di studiare il probl ema della stupidità,
aveva preso forma nella mia 1nente co1nc "primo corollario''.
lvi i chiedevo con1c potesse essere il pri n10, visto che ne avevo
uno solo. Ma la percezione inizia le si è rivelata gi us ta, perché
poi ho scoperto che ce ne sono almeno tre.
Secondo corollario
Quando la stupidità di una persona si combina
con la s tupidità di altre, l'effetto cresce
in modo geometrico - cioè per moltipli cazione,
non addizione, dei fattori individuali di s tupidità
È di ffusamen te accettato il concetto che "il totale di un
network (cioè di una rete o comunità) cresce del quadrato del
numero degli appartenenti" cd è abbastanza ovv io che lo
stesso criterio si possa applicare all'effetto combina to dei fa ttori
di s tu pidità. Q uesto p uò aiu ta.re a spiegare il noto fatto che le
folle possono essere molto più stup ide di quanto siano le
singole persone ch e le compo ngono. 3
La stupidità ha una così pericolosa tendenza a riprodu rsi e
mol tiplicarsi che può anche travolgere, o coinvolgere persone
abitualn1cntc intelligenti quando, scn:w accorgersene, si lasciano
influenzare d alla stupidità collettiva.
È 1loto cl'c feno nlcr1i nnaloghi si ri leva 110 in con1unità di Vi'lria spt'!cie 1
cotllC dice l i'lntico adagio lat i110 .5f'11rrlort"S bruti iJiri, :-:1•t111f11:-: 11111/n br:-:lii1. Sui
problt•mi delle orga11izzazioni ,,.edi U1 Lt·ggt fii l'arki11so11 e Il f>ri11ci1,io (ti
l't ter nei capit<>li 5 e 6.
J
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9 - TRE COROLLARI
C ioè la stupidità, se la osservian10 con1e aggregato, è
t111
insieme più compatto e costante di altri co1nportamenti u111ani.
tvla ovviamente il quadro si com plic:i, con conseguenze ancora
più pr~'Occupanti, se consideriamo che nessuno è completan1ente
immune dalla stupidità.
Terzo corollario
La combinazione delle intelligenze di persone diverse
è più difficile dell a combinazione di stupidità
Non si tra tta solo del fa tto che il potere della stupidi tà è
troppo spesso sollovalulato - e le sue co nseguenze sono
d ifficihn ente prevedibili. Le cause (come gli effetti) di questo
problema sono molteplici e comp lesse.
La stupid ità è i n coer.~n te - non ha alcun bisogno di pensare,
orga nizzarsi o progettare per produrre effetti combinati. Il
tras feri mento e il coordinainento dell'intell igenza è un processo
meno semp lice e spontaneo.
Le persone stupide possono agg regarsi istan taneamente in un
gruppo o "n1assa" super·slupid:i, mentre le persone in tel ligenti
funzionano come gru ppo so lo quando si conoscono bene e hanno
esperienza nel lavorare insieme.
La crea7Jonc d i gru ppi ben arn1onizzati che condividono
ir1tellìge11Z<-i pttò ge11erare 11ote\1 o li forze anti-stupidità, ma
(contra riamente alle aggregazioni stupide) queste comunità
hanno bisogno d i orga nizzazione e manten im en to. E possono
perdere una parie rilevante della loro efficacia per l'infillTazione
di persone stupide o per inattese crisi di stupidità in persone
abitual mente intelligenti.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
In alcune si tuazioni ques ti rischi posso no essere in parte
ovviati (se non del tutto tenuti sotto controllo) essendo
coscienti dci possibili problemi pri ma che qu alcosa vada storto
e avendo un backup di intelligenza (cioè una riserva di riso rse
intelligenti nel gruppo) per rien1pire i vuoti e correggere gli
er rori pri ma che il danno diventi troppo grave.
C hi sa portare una barca a vela sa che cosa intendo dire;
coin e lo sa og11 i persc>na che <>pera i11 L111 a mbiente in ct1i le
consegu enze di og ni a:(.ione sono dirette e tangibili. 4
Un altro eJem eJ1to d istrutti vo (come vedremo nel capi tolo
10) è che i sistemi d i potere tend ono spesso a collocare al
vertice persone pili dedite al pro prio vantaggio (o a quello d i
gruppi ristretti) che al bene colletti vo - e qu esti, a loro volta,
tendono a favori re e proteggere la stupidi tà e a tenere la vera
intelligenza il pili lontano possibile.
Se è insidi oso e pericoloso, in tutte le sue forn1e, il potere
della stupidità - lo è ancora di pii1 la stupidità del potere.
" Ved.1111uu.>1tt0ria di Pt>frr· BluJ.-e {ht.tp : I /gandalf . ic/mercante/merca51 . htro}.
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10 - La stu.pidità del potere
a stupidi là ind ividuale di ogni ess ere umano è, in sé, un
problen1a preoccupante - e può avere conseg uenze di cui
non è facile va l utar•~ la porta ta. ]\ifa il quad ro cambia
quando s i tratta dell a stupidità d i persone che han no "potere",
cioè leve di controllo su l destino di altre persone.
L
Continuo, anche in qu esto caso, a basa nni sulla definizione
di s tupidità, intel ligen:r.a, eccetera in base ai risultati pratici dei
comportamenti. tvla c'è una differenza sostan ziale quando la
relazione 11on è ''fra ugt1ali''. U 11a person<l, o ttn piccolo grt1ppo
di persone, può influenzare la vita e il benessere di mol ti.
Questo ca mbia le relazioni di causa ed effetto nel sistema.
"Grande" o "piccolo" potere
li potere è dovunque. Sia1no tulli soggetti al potere di altri.
E t utti (se non s iamo vittim e d i es trema sch iavitù) esercitiarno
potere su qualcuno. Persona l.m ente l'idea mi è d isg ustosa - ma,
che ci piaccia o no, fa parte della vita.
1 genitori hanno (o si suppone che abbiano) potere sui figli,
ma i bambini hanno 1n olto potere sui genitori, che spesso usano
spietatamente. Possiamo essere "proprietari" di cani o gatti,
cavalli o criceti, elefanti o camn1clli, barche o auton1obili,
telefoni o computer, n1a spesso siamo assoggettati al loro potere.
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
Sarebbe troppo complicato, per lo scopo di questa analisi,
entrare nel terreno complesso della molteplicità dei rap porti
umani. Perciò mi lin1ito ai casi più ovvi di "potere": qu elle
situazion i in cui qualcuno ha un ruolo defin ito di au torità su
un grande (o piccolo) num ero di persone.
In teoria, siamo più o meno tutti d'a ccordo che ci debba
essere la minor qua nti tà possibile di potere; e che chi ha potere
debba essere soggetto al con trollo di altri poteri e di t utta la
società civi le. Questo è il sistema che in politi ca chiam iamo
"democrazia". O che, nelle orga nizzazion i, possia mo chiama re
co11di, isio11 e, n1otlvazione, col laborazio11e, 111erito, qual ità,
responsabili tà d istrib uita - al con trario di autorità, burocrazia,
cen tralizzazione, d isci plina forma le.
Ma ci sono mol te persone che non vogliono vera libertà. La
responsabilità è un peso. È pi ù con1odo essere "seguaci". Lasciare
il compito di pensare e d i decid ere a governanti, capi, d irigenti,
"intellettua Ii", guru di ogni specie, persona Iità "famose", eccetera
- e dare la colpa a loro se non siamo con tenti.
D'altro lato, c'è un genere particolare di persone che an1a il
potere, ne trae p iacere e godi mento. Poic hé si d edicano con più
energia ai notevo li sforzi e sacr ifici che occorrono per avere
n1olto potere, spesso queste persone p rendono il sop rav vento.
1
Mi sembra giusto parti re dal co ncetto che si applichi, anche
in qu esto caso, il cri terio generale. Cioè ci sono ta nti stu pidi al
potere quan ti ce ne sono nel resto d el l'u manità - e sono pii1
numerosi d i quan to crediamo. ìV[a quan do entra in gioco il
potere d ue cose sono diverse: la relazione e l'atteggia mento.
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1 0 - L A STUl'JDJTi\ DEL POTERE
Il potere del potere
Le persone al potere hanno pi C1 potere delle altre persone.
Questa a ffermazione non è così ovvia come sembra. Ci sono
persone appaxenlemente potenti che so no rnol to meno influen ti
di altre meno visibili.
Anche senza approfond ire qu ella distin zione, basta notare
quanto sia diffu so un bizzarro e sciocco comportam ento. Non
sono poche le persone che fanno d i tulio per assoggettarsi al
po tere 1'appare11te'' - e così si comportru10 come ''at1tolesiotlisti''
che si irnpegnano attivarnente per dare un vantagg io ad altri
con proprio danno. 1
Jndipend en temente dai d ubbi su come il potere è ottenuto
ed esercitato, e da lle apparenze che s pesso nascondono o
travestono i ruoli, qui si tratta del potere reale. Q uel rapporto
sq uil ibrato in cui alcun i hanno più influenza di altri - e in tante
si tuazion i pochi possono fare bene o male a molti.
Una considerazione fondan1 entalc, di cui abbian10 già
parlato, stabilisce che i risu ltati di un com portamento non
d evono essere misura ti dal pu nto di vista di chi fa le cose (o non
fa ciè) che dovrebbe) 1na da quello di chi ne s ubisce l'effetto.
Ur1a ch iara co 11seg t1e11za di qt1esto pri11cipio è t1110
s fasamento nel " diagra mma s tupidologico". fl dan no (o il
vantaggio) è molto più grande, in base al nun1cro d i persone
coinvolte e all'intensità delle conseguenze di un atto o d i u na
decisione. C iò che nel k stanze del potere appare come un
d ettagl io può essere un evento importan te nella vita delle
"pcrS(>11c co111 un i''.
J Questo è
un aspetto del proble1na dell'idolatria, di cui parleren10 nel capitolo 22.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
In una s itu azione ipotetica, nelle coordinate che abbiamo
vist<) 11el capi tolo 8, se i11 t 111c1 i1111nagi11ar ia ''relazione fra
ugua li" una persona traesse tan to vantagg io per s6 quanto
danno infligge a qualcun altro, lo squ ilibri o sarebbe da valuta re
in quell'ambito s pecifico - n1entre il s isten1a, in generale,
rimarrebbe stabile. Ovviamente non è così quando c'è una
differenza di potere.
In teoria, potren11no pres um ere ch e, poiché la percentu ale
deg li stupidi è sempre la stessa in ogni categoria di persone, gli
effetti d el potere possano essere bila nciati.
Una tale ipotesi, comunque astratta, potrebbe forse talvolta
avvicinarsi alla realtà in alcune situazioni d i "piccolo potere", in
dimensioni ristrette e in ambiti di reciproco co11d izionam.e nto. lvfa
quando il potere si occupa d i un gran numero di persone ogni
equilibrio è perso. E n1ollo pi ù difficile ascoltare, capire, valutare,
misurare gl i effetti, le relazioni e le percezioni. C'è un "effetto
doppler", uno s fasam ento, che aumenta il fattore di stupidità.
Tutti gli s tudi seri sui sistemi d i potere (anche se non
kmgono conto della stupidi tà) n1ettono in evidenza la necessi tà
di sepa rare i poteri con ruol i di reci proco limite e controllo - e
di forrnalizza.re e ritu alizzare i conflitti d i potere per evitare che
si traducano in abuso o violenza. l nsom1na definire un sistema
di equilibri - per impedire che s i instauri un " potere
assoluto" (cioè estrema stu pidità).
Q uesto è un problema abbastanza g rand e e seri o da tenerci
tut ti all'erta contro ogn i esagerata concentrazione d i potere - e
ci aiu ta a capire perch é tante cose sta nno anda ndo di male in
pegg io. l'vla c'è del l'al tro.
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1 0 - L A STUl'JDJTi\ DEL POTERE
la sindron1e del potere
Con1e fa una persona ad avere potere? Qualche volta ci
aniva senza volerlo. A qualcuno s i dà fid ucia perché ci si fida
d i quell a persona. ln quel modo il poter.e viene spesso
allribuito a persone capaci, co1npeten ti, ben motivate e con un
forte senso di responsabi lità. 2
Q uesto processo ha buone probabil ità di generare potere
"in telligente". Una si tu azione in cui le persone scelte fanno
bene a sé e ancora di piìt agli altr i. Qualche volta s i pub
arri\1 are al sacri ficio, qL1a11do le perso11e fa11110
Li ft
da11110 a se
stesse per il bene degl i altri (se è fatto intenzionalmente non
colloca quelle persone nel b categoria degli "sprovved uti" ,
perché occorre tC;~11er co11to dei \1 an tagg i morali, con1presa la
stima di sé e .l a fidu cia degl.i altr.i, che posso no der.ivare dal
consapevole sacrificio).
~ila 'l ed ian10 assai m e 110 esen1pi di ''potere i11te) Jige11te'' di
quanti ci piacerebbe vedere. Perché?
TI motivo è che c' è concorrenza. Una forte, ta lvolta feroce,
spesso ansiosa, sempre impegnativa competizione per il potere.
Le persone che non cercano il potere in quanto tale, ma badano
d i più al bene altrui, hanno 1neno tempo ed energie da
2
Ci pOSS<Jno essere
~itu(1.z.io11i i11 cui
il potere
rlelle m<-'l1ii di
con1e po~sono
cs...:;crci sagge oligarcl1ic c11e si co111portano co1ne i f;losofi 11ellil Ri f.111l1/Jlira
ur1a persona particolar1ne11le
consape\~ole
~i cOrlcénlra
e
geru~rosa,
1
di Plato11e. C li esc111pi, 11clla storia, ci sono - m;:, sono rari ct1 eccc2.io11ali.
scn1pre 1>ossibi lc cl1c u11a 1>crso11a i11tcllige11tc ''al posto giusto" possa
rovcscial'C, al111en() i11 parte, il potc~rc <.iclla stuf>idità - 1111'.'1 accade ntl')lfo
1nc110 spesso d i qua11to sart~bbc de.sidcr.1bile. Vcdrcn10 nel prossi1110
capitolo alcune iJ>f)tcsi di "potere ir1tclligcntc". ?via i11 ge11crale vale
l'osservazione, di\.·entata pro\1erbiale, di Lord .A.ct<>n: «Il pDlt'tt' torro1u111•, il
p<Jl1yrr 11::$0/ ufo corro1111Jt' 11~ul 11t11111ru/t'.,,.
t
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
spendere per conq uis tare il potere - o anche per cercare di
conservare quello che ha nn o. Mentre le persone asseta te d i
potere, anche indipendentemente dai suoi effetti s ulla società,
si concentra no s ull a lotta per il potere.
La magg ior parte delle persone si colloca in qualche punto
interm ed io fra i d ue estremi (senso di responsabi lità e sete di
potere) con molte diverse tona lità e s fumature. lv{a l'elemento
mani polatore tende a essere pili aggressivo e perciò acqu ista
più potere. Anche quell e persone che corn inciano con le
mig liori intenzioni possono essere costrette, nel tempo, a
ded icare pili e11erg ic a 111 a11te11ere o accrescere i l l(>ro p<>tere -
fi no a perdere di vista i loro obiettivi inizial i.
Un al tro elemento, che peggiora le cose, è la megaloman ia .
li potere è una d roga, uno stupefacente. Le persone a l p otere
sono spesso indotte a pensare che "poiché" s tanno al potere
sono 1n ig liori, pili ca paci, pili intell igenti, più sagge d el resto
dell'uman ità. Sono anche circondate di cortigian i, segua ci e
profittatori che rinforzano continuamente qudl' illusione.
li potere è "sexy". Qu es to non è solo un 111odo di d ire. C'è
un istinto co n antiche rad ici nella nat ura della nostra specie che
ren de sessualmente attraente chi ha potere (o sembra averl o).
Nonostante il fallo che le persone in1pcgnate nella lolla per il
potere hanno, d i solito, poco ten1po e poche energie disponibili
per una sana vita sess uale - o per bada re con a uten ti ca
intensità a emozioni, affetti e sentimenti.
La sindrome non affligge solo i potenti, 111a anche le persone
che entrano in rapporto con loro - o che lo desiderano. È cosa
nota in tutte le culture umane, e in tutte le epoche della stori a,
che i "cortigian i'' (o aspiranti tali) vivono e prosperano in una
sin1biosi stupid a con i potenti, che tende ad accentuare e
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1 0 - L A STUl'JDJTi\ DEL POTERE
complicare la stupi dità del potere. Vi ttin1e di quel complesso
meccanisrn o non so no solo i governati - che s ubiscono il giogo
d togl i intern1ediari oltre a quello dci vertici. Sono anche, s pesso, i
"son1n1i potenti", che diventano prigionieri del loro entourage. 3
Non è raro, nella storia, il caso che g li apparati sopravviva no
an che quando cade il potere. In molte ri voluzioni, dopo la
cad uta del. "tiranno", il potere non va ai rivoluzionar i, né al
popolo, ma alle stesse oligarchie che c'erano pri ma - o ad altre
che le sostituiscono e si comporta no nello stesso modo.
Un altro esemp io è la fi ne del s is tema colonia le, che in m olti
paesi ha por talo all' ins taurazione d i poteri loca li non meno
repressivi, talvolla anche peggiori, delle po tenze s tran iere cui s i
sono sosti tui ti. Questo non è solo un fenomeno d el ventesimo
secolo. Cose analoghe erano accad ute in t utte le epoche dell a
storia - e cc 11c so110 esempi a11chc i11situazio11l rccc11li.
***
C i sono "si nd ron1i" che possono coinci dere con il potere, ma
anche affliggere persone che no n ne hanno. Una lettrice mi ha
segna lato ch e la superbia non è solo un'a ltra fra le "sorel le"
d ella stupidi tà, ma ne può essere "u na grande madre" . Ha
ragione. L' nrroga11z a d i ''cred ersi st1p eriori'' è t111' aggressi va
causa di stu pidità. E lo è anche la violenza. Stupida per le
conseguenze che provoca, m a anche per la viltà e la debolezza
nle11 tale cl1e s pesso ne sono l' origine.
~ Di
a lcuni a1tt1 aspetti d i t1ucsto f c 110 -1l1cno par"lcrerll<) 1'lcl ca pi to)() 12 &r
:;t1111i1lilù tli'lla burocru: ia e 11el capit<>lo 22 Il 11roble11ut rlell'irlo/atria. Delle
d isfunzioni orga11iz7..ative e gerarcl1ichc si è g ià par lato 11ei ca pitoli 5 e 6.
53
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
La stupidità della guerra
La g uerra è
t111
argo111 e11to gra vt;~, tragico e com plesso
cJ1e
sarebbe diffi cile trattare adeg uatam en te a nche io un intero
libro. 4 wla si p ossono riassumere alcune osservazioni sul suo
evidente rapporto con la slu pidità.
Da ci rca sessant'a1111i, per Ja pri 111a \'<>Il a, si sta diffo11dend o
la convin zione che la guerra non s ia da considerare come u n
male in evitabile - o add irillura un'in1 presa d i tragica 1na
glori osa bellezza, con1e il " pensiero dominante" ha predicalo in
tutta la precedente storia dell'un1anità.
Questo, in sé, è un prog resso - e un'evolu zione .in telligente.
Come la crescente (ma non ancora abbc~sta.nza vincente)
avversità all a pena di morte. E come il fatto ch e da pi i1 di
mezzo secolo in Euro pa (con le d olorose eccezion i dei Balca ni e
del Ca ucaso) si sia finalm en te riusciti a non far e pit1g uerre. s
Sessant'anni fa, dopo il secondo orribile con fl illo mondiale,
c'era t1nc1 diffusa, e 11011 irragione, 1 olc, co11vi11zic>ne cl1c le
guerre fossero fin ite. Ma purtrop po vediam o che non è cosl.
G li sv iluppi dei s istemi d i informazione, ch e nell a seconda
metà del ventcs in10 secolo ci hann o porta to a una d iffusa
possibi li tà di conoscere pili d irettamente gl i orrori della g uerra,
1
Cj so1'0 storici che llnfu)O dedicato libri, più
1.)
Jncno -volurn1nos1,
~JJ'a.-,aJisi
dj guerre, bat tugJic e co.n11itti, ar1tichi e rnodcrrù, 11) cui scelte
stupide ~lan.r•o prodotto co1)scgttenzc catO)slroficl'l.c.
Alcu1'1.l di quei testi si rifc(isco1)0 spcc1ficnrncrttc n lla sttJpidiJà della
gue rra: vedi http : //ga nda lf . i t/st upid/lib r v ari . htm
.; N o n. ci sor10 J) iù state le ''gra11d i guerre", ma so110 conti11uati co11flitti e
\ric)lc11z.c a11cl1c in Eu rol)a, co 111(~ il " terro rismo intcr110'1 i11 ) rla11d a, in
Spag11a - e in I ta lia. 5<>no perve rse e sosta11zialn1e11te stl1pidc - ma so110
cose d iverse dalla guerra.
54.
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1 0 - L A STUl'JDJTi\ DEL POTERE
hanno co ntribuito a cambiare le nostre percezio ni. !via i fatti
dim ostra no che qu esto can1bia1nento nello "s tato d i coscienza"
è n1eno for te e coerente d i come po teva sembrare. Non si pensa
più che i confl itti ann ati siano una condi zione perennemente
necessaria.. co111e si era credtlto p er 111ille1111i - n1a se1n bra cl1e si
stia ri torn and o ad accettare, a.nche se con scarso entusiasmo,
l'id ea che le guerre siano fasi " inevitabili" nella turbolenta
evoluzione d elle vicende un1ane. 6
La g uerra si colloca, ovviamente, in qu ell'area perversa che
sta fra il band itismo stupido e la stu p idi tà band itesca. Molte
g uerre si trad ucono in un danno per tutti, con1presi i vincitori.
1vla anche quando qualcuno riesce a trarne un vantagg io si
mani festa con estrema violen7..a la stupid ità d el potere: il
guadagno di pochi è un'orribile traged ia per molli.
Tu lle le s ituazioni sono sempre complesse. Per csen1pio in
circostanze d i gu erra (com e in a ltri co nfl itt i o disas tri) si creano
infin ite occasio ni p er la m oltip li ca zione della malvagità, della
crudeltà e della stu pidi tà. iV(a si aprono anche infi niti piccoli
spaz i per la capacità di ingeg narsi in condizioni difficili, la
solidarietà, l'aiuto recip roco, la generosità, la comprensione,
l'uma nità, l'affetto, l' amicizia.
0
Le gLterre co11lir11..tal10, i11
,,.f~rie
parti de l rnondo. Altri fe11on1erti
d~I
110..o:;tm te1l1po, co1nc il tcl'ror:isino i11tcr11azio11alt:~ 111<",ltcplici forn1c di
violcrl7a, la c!'irninalità orga11jz.zata, i fnnatis1n i, il tra ffico di a rn1i e di
1n crce 11al'-i.,, 110 11 so110 così 11uovi con1t: sc111bra 1l(). C' cra 110 situazio11i sirnili
a11cl1c in f>assato. O \'Vialncntc hil1111t) le stt:S.5(! stupidità dcllil g ucrr.1 - co11
alcu11t: !;torture i11 più. N o11 solo per le soffcl'Cnzc cl1c i1\fliggo110 e pt: I' il
terrore cl1c d iffo11do110, 1na a.ncl1c per ciò cl1c si fa cori l'intcn7.ionc (o il
pretesto) d i co111bat terle, d ai 1n olti abusi fa l&:1n1en te giust ifica ti co n1e
"p re\ 1e11z:ione" fii10 all' inqL1i11a1n e11to e alla d istorsio11e d elle rcpressio11i
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
In cond izioni estren1e s i sco pre che la s tupidità rimane
dominante, rna l' in tel ligenza non è quasi mai del tutto assente
dal comportamento umano. Sarebbe importante im parare da
qu elle lezioni un modo per essere più intelligenti a nche in
tempo d i pace.
** *
Il prob lema è che il potere può essere limi ta to, cont rollato e
con diziona to - ma non lo si p uò eli minare d el tutto. Le società
umane, anche le più libere e democratiche, hanno sem pre
bisogno di qualcuno che govern i. Le organ izzazioni hanno
.
'
bisogno d i persone ch e assumano responsabilità - e qu el le
persone hanno bisogno di un po' di potere per poter svolgere il
loro compito.
lnsomrna dobbiamo convivere con il potere - e con la s ua
stupidità. Ma ciò non sign ifi ca che dobbiamo accettarl o,
tollerarlo o sostenerlo. Né fidarci d i ges ti, parole, pron1essc o
intenzioni dichiarate. Il potere non merita di essere a mn1irato,
riverito e nepp u re rispettato se non di mostra intel ligenza
pratica in ciò che fa a noi e al mondo.
Come per la stupidità in generale- non credo che ci s ia un a
sc>lt1zi<>ne
11
1
l 1ni versa le ' e standardizzata cl1e p<>ssa risolvere
tutti gli aspetti di questo problema. l\1a s iamo a metà strada se
siamo coscienti della sua esistenza - e se non ci lasciamo
ingannare o sedurre troppo spesso, o troppo facilrn ente, dal
falso, e s pesso bug iardo, splendo re del potere.
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11 - Alcune conseguenze
e
ome abbiamo visto nd capitolo 10, quando entrano in
gioco fattori di potere si determina uno sfasa mento, con
una tendenza a peggiorare, che s i può riassumere in
questo grafico, 1 dove la freccia rappresen ta il fattore potere.
C'è un degrado generale nel sistema, co11 u11 progrcss i\ 0
spostamento da ''intell igenza" a "stup id ità" .
1
y
U11 lettore a t·lenl(l po lTebbe ()$$<!rvarc che la freccia non è aJ c:e r1IT0 del grafi co.
li 1noll\·o è c he,. •X!r quanto !-bilanci;ito •>0ss,.1 es.,."€re il $isle1na, al d anno
generale corris ponde qualche vanl:1ggio per w1a rni.J1o ranza. Qi1iil<fi il percorso
non è dal «:ntro dclJ' arén inl(.•Lligcnlc al c:cnlro d i q uella s tu pida,
ma s i tro,•a pilt in basso ~1 dcs lra, verso il <f<)1u1oso "qL1Jr to qu<.1d rantc".
1Basato s~1lle "coc>rdjr1ate cnrlesia.11e", corne abbian10 v isto nel capitolo 8.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
La s pinta al potere aumenta il fattore stup idità. L' effetto
può essere più o 1neno grand e e forte secondo la quantità d i
potere (l' importanza dci fa lli influenzali dal potere e il nu1nero
delle persone che ne sub iscono le conseguenze) e l'i ntensità
della co1npetizione per il potere.
Sappiamo ch e il potere, come sistema, è molto pit1 stu pido
di quan to possa essere, per sua natu ra, il genere uma no.
Possian10, tuttavi a, imm aginare altri processi evolu ti vi .
Supponiarno, per esempio, ch e ci s ia una situ azione di "potere
intell igente". Avremmo un and am ento come questo:
y
+
Rtoordiaino cl\e il "primo qltadrante" (i.i\ alto a dcs-lro) è l'area deU'm.lellige.i\za,
n\E!l\lre ''cl "Se('Ondo'' (in allo 3 si.nistr.,) si ooUoca chi da vantaggio ad altri, .llla 1\011 a sé.
Plù le azic>ni di q ualcu n<) fanno il bene di altri, più in altosi colloc.1no n ell 'asse\~
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11 - A LCUNE CO:-JSEGUE!\ZE
C'è una progressione in cu i il potere o ffre sen1pre piil
vantaggi all a colletti vità riservandone sempre rneno a se stesso,
fino al punto in cui è disposto ad accellare un relativo
sva ntaggio pur di 111igliorare il benessere genera le (come già
osservato, in qt1esto ca.so cl1i co11sa pevolme11te ri 11t111cia a
qualche privi legio non può essere definito "s provvedu to").
La salita verso la pa rte più alta dell'asse Y tend e a non
cssert" m ol to veloce,
n1a co11 t111a
crescita solida1n e11te gradtt ale.
Situazioni di qu esto genere non sono impossibi li. Ne esis tono
qua si sempre in alcu ne pa rti del s.istema. l\lla d ipendono da
aggregazio11i t1111a11t• particolarm e11le armo11iose e be11 111otivate
che è difficile riprodurre e che risch ian o spesso d i degenerare
per muta menti della s itu azione ambi en tale o per cambiamenti
della loro s l'ruttura interna.
Benché qu es to genere di evoluzione sia (purtroppo) raro,
l'osservazione della s toria, antica e recente, conferrna che reali
innovazion i e prog ressi della società sono più probabili in
presenza di "s imbiosi" e "sinergie" con una forte carica d i
uman ità e d i coesione.
Un' anal isi dell a stori a, a ntica e n1oderna, dimos tra che (pur
considerando il "fattore s tupid ità" come una costan te) nei
periodi di ascesa e progresso (di naz ioni o altre comunità
t1n1a11e) si ri)e\ a t111a percen tt1ale i 11sol ila me11te al ta di persone
intell igenti, che non solo produ cono va ntaggi per sé, ma
contribuiscono a u n crescente miglioramen to del benessere
generale (e fra l'altro, così facendo, limitano gli effetti
dell'onn ipresente stu pid ità).
Si verifica perciò una situazione come qu ella raffigura ta nel
prossimo grafico (dove l'arca nera rappresenta le persone al
potere e qu ella grigia il resto d ella conn1nità).
1
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
y
••
+
Qui vediaJno lulli collOc.'ati uelJ'are.a <leU'i1\ teJligc.·1,za, <.'01l le ~'><' rsooe
al potere che oltc.•r,go1lo ll'\aggiori v~ul laggi per sé (+ fleU'asse X).
Non ho introdotto in questo grafico alcun "vettore di
di rezioné' perché, nella migli ore delle ipotesi, un s istema come
questo può nia11lenersi più o m eno slabile (o, come abbiam o
visto nel primo grafico, progredire con Ienla gradua li là).
In un a situazione stabile, o in progresso, è probabile che le
persone al potere abbiano vantagg i magg iori del resto della
com.unità . 1'4a, poiché giova al b•messere coll ettivo, ques to non
è un problema - aln1eno fino a quando non entrano in gioco
due fattori (contrappost i 1na s in erg ici) di perversa stupid ità: il
ser,rilisrno e l' in\ id ia.
1
Non vogli o comp lica.re il quadro, ma m i sembra opporluno
osservare che in alcune situ azioni (con1c i cosid detti "circuiti di
qual ità") le d ue aree tendono a sovrapporsi perché non c'è un
sis tema gerarchico e molte responsabi lità sono condivise.
Qucslo è noloriamcnlc uno d ci sistemi più "intelligenti" che
possano esistere e s pesso prod uce r is ultati straordi nari.
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11 - A LCUNE CO:-JSEGUE!\ZE
Sistemi con1e qu esti sono intrinseca mente forti, ma esposti
a d ue rischi costanti. Uno è lo squ ilibrio interno che p ub
nascere da fattori di stupidità o di "si ndrome dcl potere" .
L'altro deriva da cambiamenti imprev isti dell'a mbiente esterno
o da interventi estranei che (i ntenzionalnu>nte o per errore)
scon volgono il loro delicato equilibrio.
L'osservazione della storia, come di tan te s ituazion i diverse
nel mondo attua le, r ivela che anche nei period i pili oscuri, e
anche neg li ambienti pit1 degrad ati, ci sono nuclei attivi di
questo genere. C iò d imostra che l'intell igenza, per qua nto rara,
no11 è lln'anc)nl<tlia, 111a u 11a te11de11za 11aturale cl1e si p tt(>
ma nifestare in ogn i fase dell'evoluzione umana. L'i mpegno
difficil e - ma non impossibile - è scoprire la presenza, coltiva re
la sopravvivenza, incoraggiare lo sv iluppo di queste fertili
ar monie. E cerca re un modo per estendere la loro diffus ione.
** *
Dopo qu esta pa rentesi sull'intelligenza dobbia mo ritornare al
tema, p urtroppo dom inan te, della stup idi tà. Lo stud io della
storia ci dimostra che la s tupidità del potere non è una cos tante
nel tempo, ma pu<> avere notevoli varia.doni. E che, in
si tuazion i diverse, ci possono essere grandi differenze.
Di nuovo osserv iamo la storia - e ved iamo che in period i di
dt'<:lino la percentuale di stupid i è sempre la so li ta, ma si nola,
specialn1e11te tra le persone al potere, t111a maggiore prese11za di
"banditi", che s pesso tendono a d iventa re stupidi se l'effetto
delle loro azioni si valuta in base al lo sq uilibri o genera lo dal
loro ruolo. Mentre fra le persone che non hanno potere, ma lo
subiscono, si rileva una corrisponden te cresci ta di coloro che, in
casi co1ne questo, si possono davvero definire "sprovvedu ti".
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Una delle conseguenze è che, in quel genere di si tuazioni, si
rafforza il potere distruttivo della stupidità - con es iti che
tendono ad aggravarsi continuamente.
In questo caso la posizione delle persone al potere e delle
altre s i colloca co1n e ved iamo nel prossim o grafico.
y
Qui lutti d ci;ra d anosp~lando:5i \'erse> il "terzo q uadrante",
che è l'are;i della sl-upidità.
Non è facile capi re, in sit uazioni come questa, se s ia la
stupidità del potere a in fl ui re su quella colletti va - o viceversa.
Succede quasi sempre che tutte e due con tribuiscano a un
"circolo vizioso" e quindi che t utto il sistema tenda a
r·~gg i ora re, come ind icato da lle frecce nel grafico.
Un'inversione di tendenza è talvolta possibile, ma richied e
una con1bin azionc di fa ttori abbas tanza eccezionale, come la
convergenza di perso ne in telligen ti capaci di assu mere il potere
con una spi nta colletti va a introdu r re u.n for te cambiamen to.
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11 - A LCUNE CO:-JSEGUE!\ZE
111
asse11za di t111a tale ''mt1tazio11e'' inter11a, o di ttna spinta
esterna che cambi le regole del gioco, il s iste1n a tende a
d egenerare fino a d isinteg rars i.
y
Se u11a si tttazione co11ft1sa e ''caotica'' si deter111i11a prin1a
che s iano s tati fatti danni irreparabili a tutta la società civile ... o
all' intero ecosistema .. . s i riap rono diverse possibilità. Un
quadro turbolento e vort icoso offre molti spa;ci al potere d ella
stupidità, ma non è iinpossibile che ne scatu riscano an che
processi " intelligenti". 2
Per i motivi che ho sp iegato a l.l'i nizio di questo li bro, mi
lim ito a qu alche annotazione s ul metodo, lasciando a ogn uno
la libertà di ragionare com e preferisce s u og ni s pecifica
si tua7.ione (d a qu el la genera le del pianeta alle comun ità
intern azional i o a singol i paesi - fin o a ogni genere di grandi o
piccole organi zzazioni).
2 Vedi
Pe1r~ieri ~e111plici -::ull1i fo11111Je:;'3ilù a
pagina 185.
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
Vorrei solo dire che stupidità e intell igenza, co1ne al tre
variabili del com porta1nen to umano, non sono cond izionate in
mod o irrimediabile da fattori genetici o culturali.
Potremmo tracciare grafici, o us are a ltri modell i d i anal.isi,
non solo per capire meg lio le situazioni, ma anche per
verificare ipotesi d i comportamenti e sistemi meno stu pidi.
Non per sog nare (anche se, talvolta, può essere con fortante) ma
per cercare d i mig liorare. Sappiamo che è d iffic ile, ma è
importan te capire che non è impossibile.
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12 - La stu.pidità della burocrazia
evo confessare che quando si tratta di burocrazia non
riesco a liberarmi da un certo astio personale. Ci sono
cose pii1 gravi e pii1 preoccupan ti dell'assillan te
stupidità del la burocrazia. lvta poche sono così fas tid iose, così
balorde, così esasperanti e quotid iana1nente persecuto rie come
l'ottusi tà burocratica. Fra n:r. Kafka ne aveva fa tto un'efficace,
quanto deprim ente, descr.iz ioi:i e novant' anni fa. M.a da allora le
cose non sono mi.gli orate.
La cronica e ostin ata stup id ità d ella burocrazia non è solo
squallidamente "kafkiana". IO u na va ri ante particolare d ella
stupidità del potere - con tutte le caratteris tiche di cui si è
parlato nel capitolo 10, ma con q ualche perversi tà in più.
Produce tal volta ris ultati drammatici o ca tas trofici. 1vla anche
quando ha effetti meno disastrosi è u na sn ervante persecuzione
che ci costringe spesso a og ni sorta d i compor tamenti assw·di,
incom prensibili e fastidiosa mente irritanti.
D
Il probl e1na, alla radice, è che la b urocrazia ha una
tendenza, diffi cilmente elimi na bile, a sodd isfare i propri ottusi
meccanis mi a scapito dell a !;enerale utilità. Ed è estrcn1amen te
cc.l11serva tri ce. Te11de a ri prc>d urre C<l11ti11t1a_
m ente i st1c>i 111etodi,
anche quan do so no inutili o nocivi, co1n e se fossero necessità
inderogabi li e in1penctrabil i a ogni considerazione di pra ti cità e
d i buon senso. Si comporta con1e quei parassiti stupidì che
continu ano a seguire le p roprie log iche ciecmnente ed
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
1
' egoisti ca mei1te" e\•0J t1tiv e - e p er \tersa m e11te ir1\1asi\1e - a11cl1e
qua ndo, così facendo, rischiano di distruggere l'ospi te e perciò
anche se s tessi. 1
In allre parole - la burocrazia, porta ta a lle sue estrem e
co11segt1e11ze dive11ta u 11a 1nalattia term i 11ale di og11i cornu 11i tà
uma na. l\l[a la solu zione, purtroppo, non pu ò essere esti rparla
radicalmen te, perché una chirurgia così drastica metterebbe a
rischio molte par ti sane della società che di pendono, loro
malgrado, dal fun zionamento del la burocrazia.
Com.e il potere, anche la burocrazia non si pu.ò elimina re
del lutto. C i vuole qualcuno che controlli, che verifi chi, che
tc11ga 11ota, con tu tta la 11eccssaria pig11ol cria - e a11cl1c co11 tt 11
certo rigore for male. l\1a solo una p iccola parte dell e enormi
risorse impegnate in ogni sorta di appa rati burocra tici svolge
efficacen1ente questo com pi lo.
Siamo abi tuati a pensare che l' Italia abbia una delle
pegg iori b urocraz ie del n1ondo. Purtroppo è vero - anche se,
guardandoci un po' intorn o, possiamo constatare che nel resto
dcl n1ondo i malann i bu rocratici non mancano. Siaino anche
abituati a pensa re che il peso d ella burocrazia si faccia sentire
solo negl i appara ti pu bb lici, ma non è così: ci sono gravi
sindro1ni buro<:ratichc anche in molte imprese private.
Uno dei problemi è che simno trop po " rassegnati" . Non
solo perché ci sottomettiamo troppo facilmente all e prepotenze
della burocrazia. l\'la anche perché, in una congeri e di regole
co11ft1se e contrasta 11ti, la trasgressi o11e è co11siderata 11orn1ale.
[J nl)lo upoll">go de11<) scorpione e della ra.na è lln'efficace sintesi di u1l<>
dei 1tl<."ld.i irt ct11 f t1112 io11« la st1.1pidità. Nel cuso eh.e possa ser\~ire, è
spiegalo in http : I /ganda l f . it/ stup id i scorpio . htm
1
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12- LA ~TUl'I DrrA D ELLA BUROCRAZIA
Si con1i11cia con l'accettare cl1e sia 11eces..9ario ''Ì<>lare ql1a lcl1e
regola assurda, con la speranza d i non essere 1nai colti in fallo o contando s ul fotto che, se saremo scoperti, le conseguenze non
saranno molto pili pesanti delle mostruose procedure che
abbiamo evi tato. E così, un po' per volta, si arriva a credere che
si possano trasg redire tutte le regole, con1prese quelle della
correttezza, dell'onestà e della convivenza ci vile.
C'è, i11 pratica, t 111a sosta11ziale e per icolosa al lea11za fra t111
eccesso d i burocrazia e una proliferazione di comportamenti
che va.ono dal la piccola scorrettezza alla grande crim ina lità .
•• •
Non tutti i burocrati sono sciocchi, arroganti, ignoranti o
stupid i. Ho conosciuto varie persone in tutti i livelli dell a
burocrazia - dall'add etto a uno s portell o fino a l direttore di un
grande apparato - che sono inteUigenti, umane, atten te,
comprensive, perfino si mpatiche. f'v1a le loro descrizioni di
cc.ln1e ftt11zio11ano i sisten1i in cui la\ orano l1 a11110 at1n1e11tato le
mie pr•~occupazion i s u li' andamento generale della burocrazia.
C' è qualcosa di eroico in alcune persone che svolgono bene
il loro lavoro nonostante l'a1nbiente in cu i s i trovano. Come,
1
per ese1npio, inseg11a11ti cl1e cercano davvero di i11seg11are - i11
un sistema scolastico ori entato a tu tt'altre priorità.
Per quanto s tra.no possa sembrare, la burocrazia p uò essere
usata bene. Un s is tema di regole ben concep ite, e applicate con
bt1011 senso, pL1è> serv ire a fare cl1iarezza, ad atte11t1are i
con trasti, a trovar<~ un g ius to eq ui librio fra le libertà persona li e
il benessere coll ettivo. Il vero problema non è, in assol uto,
l'esistenza della burocrazia, 1na il fatto che ce n'è tro ppa - e che
funz iona quasi sernpre mal e.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Ci vorrebbe una terapia che trasforn1asse la st upid ità della
bu rocrazia in intelligenza. ln teoria è facil e: basta un'energ ica
son1ministrazionc di buon senso, con un po' di spirito di
servizio e responsabili tà civi le, continuata con dosi pesanti e
ostinata perseveran za fino a con1pleta guarig ione.
Ma in pratica l'i mpresa è estremamen te difficile. Se
<J ualcuno troverà una cura efficace, e saprà co.m e app licarla,
meriterà la gra titudine d i tutto il genere t11n ano - o al meno d i
quell e fortunate parti del mond o in cui la s ua terapia avrà
avuto e ffetto.
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13 - La stu.pidità e l'ign.oranza
n elenco delle "sorelle" o degli "alleali" della slupid ilà
potrebbe essere lu ngo . L'osservazione quotidiana dei
compod am enti, nostri e alt rui, ci inseg na che og ni so rta
di attegg iamenti e circostanze possono cont ribu ire a. renderci
stupidi. Ma mi sembra che!, fra le lan le ipotes i possib ili, tre
sia no particolarmente interessan ti : l'ig noranza, la paura e
l'abitudine. Cui sono ded icati C(uesto cap i tolo e i d ue seg uenti per poi parlare d i com e con tutto C(ucs to inter ferisce C(uel
curioso e contradd ittorio fenomeno ch e è la fretta.
O vv iamente queste forze si combinano fra loro (e con la
stupidità) in un' in finità d i modi. La conseguenza dci loro
molteplici "effetti combinati" non è sen1prc o necessariamente
"esponenziale" - e probabilmente non è riducibile ad alcu na
costa nte matematica. !Vla somigl ia più a una mol tipli cazione
che a un'addizione.
U
A lcu r1i letto ri ll li
l1a11i10
d etto di eg;;ere u 11 po' d elusi percl1é
qui non co111paiono scl1en1i basati s ul '"grafico stupido logico".
Non ci pos.so110 essere pe rché que1 n1odel10 non è applicabile
a CC)11cetti diversi - cl1e sarebbe a r<..iuo e arbitrari<> cercare di
"qt.lantif.icare" in modo SÌb'liificativo. E ru1che pe rché lt"
ir1tera2ioni di fattori eterogt?11ei so110 così compll~se che è
praticc1mente i1npo!tsibile tentare di co llocarle in u11<.J & he ma
g rc1fico gestibile e cor1cetlllalm~11te rile\•tu1te.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Sembra che ci sia un' attrazione reciproca fra qu este forze
dis truttive. La pau ra può nascere dall' ignoranza - e viceversa.
L'abi tudine è s pesso il nutrimen to (o il pretesto) dell'ignoranza
e d ella stupi di tà. Non è raro il caso che tutte e qu attro agiscano
insieme, molti plicando le conseguenze. Ed è evidente che tutte
possono essere (intenzional mente o non) sfruttate a proprio
vantaggio da chi ha le leve per farl o. !via non è solo il potere ad
approfittare della s tupidità, d ell'ignoranza, dell'abitud ine e
della paura. Nel capitolo 17 si tratterà della "furbizia". Sono
molteplici le "in terazion i" fra diverse debol ezze uma11e - e i
modi in cui qualcuno pub cercare di trarne vantaggio.
Naturahnente non tutti gl i ignoranti sono stupidi e non
tutti g li st upidi sono ignoran ti. La paura può essere, secondo il
caso, intelligente o stupida. E le abitudini possono essere
''sane'', o i11n ocl1 e, o pericolose. Per og ntt110 dei fattori sarà
opportuno cominciare con un breve chia rimento che spieghi in
modo non troppo impreciso di che cosa stian10 parlando .
•••
Si confonde spesso la stupidità con l'ignoranza. ìvfa (come è
evidente in ogni studio attento di qu esti problemi) sono d ue
cose completam ente diverse. Sono concetti al trettan to diversi
l' intelligenza e .l a conoscenza. C i possono essere persone .m olto
stupide con un ricco bagaglio d i nozion i. Come ci possono
essere persor1 e poco i11for1nate, o con una scarsa ed t1caz io11e
scolastica, dota te di grande intell igenza.
C' è anche una sostanziale differen za fra la lunghezza del
percorso Scl>lasticCl e il ''cl>no sccrc" o il "sa pe re''. Unil pcrSt>na
può avere frequ entato scuole per molti anni e aver iinparato
poco o nu lla, se non sterili "nozionis1ni". tv!entre c1 sono
"autodid atti" che hanno una cultu ra ri cca e fertile.
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13 - L ASr Ul'IDJT;\ E L'IGNO R1\ l'\ZA
No 11 c'è alct1na correlazio11e.. t111ivoca e di retta, fra
ignora nza e stu pidità. !Via q ua ndo i du e fattori si co mbinano il
risullato è molto preoccu p<1ntc.
Una delle più gravi manifestaz ioni dell'ignoranza è
"credere di sapere". Così com e è mol to s tupido ch i no n si
accorge ma i del la pro pria s tupid ità, è incurabi lmen te ignoran te
chi non si accorge mai di "non sapere" . Socra te d iceva : «Piì1 so,
piis so di iwn sapere». E qu esto è un o dei più importa nti n1otivi
per pensare che fosse rnolto intell igente - e rnolto più sapien te
d i chi s i illud e d i esserlo.
Una persona nata e cresciuta in fondo a una s pelonca
potrebbe essere sconvolta dalla vista del sole. Sia mo tu lii, in un
modo o nell' altro, in quella con diz i.o ne.
Qui \ Crrebbe a proposito il r~igior1a1netltC> dJ Francis Baco11
s1..1gli "idoli" C~le cor1dizior1a110 hl conc11Sce117..(i - come gli
slttdi di ta.1lti allri filosc)fl s u q \teslo (lrgorru.~i1to. ·rv1ii t.1r1a
dig ressione in rrt<:lleria di "gnoseologifl'' (il fon<'tatr1enl<.) di
ogni studio c.i el "sapere") Sc:'lrebbe tropJ'O icr1peg-r1ativa per
1
poter ~sere rias.o;;u nta n.cl
b1'C \ ' C
spa7.il1 d i t-1ucste a 11r1otazio1li.
Ci so 110 i11teressa11ti testi di :-cie1rcefictiOJt s u q uesto te n1a . Mi
s~1nbra i11evitabile, per esempio, ricc..,rdare 0Ji,'Sl1tjall, t1r10 cte i
più bei racco11li di Isaac Asi1nov, in e t.l i gli abitanti di t.l ll
pianeta co11 d ue soli,, do\•e la notte scende solo una volta
ogni dieci1n ila aru1i, preclpil<tno irl u11a disastrosa crisi d i
terro re qt1ando ve<.i<,no i] cielo .stellato (e così entra in gioco
il problerrm ddl'abitudine - vedi il capitolo 15).
Sono r ìle \•anti a11cl1e le acute osservazio 11i d i Neal
Stephen.son sul p11)ble n1a de11e n1e tafore (che talvolta c i
a it1ta 110 a ca~-,ire, ma po5*>0110 p ortarci 11ell'a rtificialità di un
"mondo metaforictt" inga11nevole e d istorto) nel s uo
i11teressa11te r<.tmanzo S·um" Cras/1 (1990) e nel st10 breve
saggio del 1999 111 tJ1e begi1111i1r,'{ t 1x1:;. tJ1t' co111111111ul l i11t (vOOi la
recensione i11 http ; I /gandalf . it/:nercante/ merca45 . ht:n}.
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
Continu ianlo a dirci che siamo nell'era d ell' informazione,
ma la verità è che s iam o poco e male informati. Per tre m otivi.
Perché gran parte dell'informazione è intenzionalmente
mani polata. Perché un po' troppo s pesso chi diffonde le
in formazioni è ignorante (o non ha controlla to con s uffici ente
attenzione le noti zie o le opini oni che s ta diffondendo). E
perché un nostro "filtro menta le", un'istintiva pigrizia, ci
i11duce a percepire e ca pi re solo ciò cl1e rie11tra 11ei 11()Stri
schemi e p reco ncett i.
C'è una pericolosa reciproci.là dell'ignoranza (vedi anche il
capitolo 18 su l circolo vizioso della stupid ità). Se ognuno si
esprime in funzione dell' ignoranza altrui, il livello del dialogo
di venta semp re più basso. La quantità (e la q ual ità) delle
infornlazioni scambiale è "tendente a zero". Può (.'SSerc anche
''di seg no 11egativo'' - percl1é si diffo11dono o si conferma110
nozioni e percezion i false o defornlate. Mentre si continuano ad
alimentare pregiudiz i, errori di prospelliva e " luog hi com uni"
spesso privi di qualsiasi fondamento (ri torncn.!nl O su questi
problem i nei capitoli 21, 24 e 30).
Per evitare la fatica di pensare spesso ci accoccol iamo in
qu alche ba nalità che trova un faci le consenso (e qui entra in
gioco, come elemento moltiplican te, la forza dell'abitud ine - o
la pa ura d i dover affrontare una differenza di opinioni che non
ci sentiamo preparati a gestire).
A qu esto punto la lis ta dell e allean ze si potrebbe a llunga re.
L'arroganza, l'egocentrismo, la s upponenz a, l'incapacità di
ascoltare, la mesch inità, il servi lismo, la pigrizia menta le (di cui
riparleremo nel. capitolo 15) ... sorell e, fratelli, cug in i, amici
dell'ignoranza (e della stupidità) sono una fanuglia es tesa,
ingombrante e onni presente.
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13 - L A Sr Ul'IDJT;\ E L'IGNOR1\ l'\ZA
Un altro feno meno pericoloso è il "principio di autorità" .
Per il fa tto che qualcuno si t rova nella posizione di "fonte
au torevole" (o " autorizzata") s iamo indolli ad accettare come
verità indiscutibile tutto ciò che a fferma.
Può essere vero che, su un cer to argomento, chi ha p1u
competenze specifich e ne s a pii1 di noi. tv1a accad e spesso che
al la presunta. autorevolezza non corrisponda un' adeg uata
competenza - o che le op inioni d ei cosiddetti " esperti" siano
viziate non solo dall e (legi ttime) prospettive di questa o qu ella
posizione cultura le o scient ifica, ma a nch e da cond izionam enti
e interessi sulla cui trasparenza e lin1pidezza è opportuno
avere qualche perplessità. 1
Naturalmente non è possibile verificare sempre tu tto - ed è
spesso necessar.i o affidarci all e competenze di qua lcun altro.
f\lla è opportun o tenere gl i occhi aperti - non perd ere occasioni
per poter capire meglio e "pensare con la nostra testa" .
Uno deg li s trum enti per non essere troppo condizionati
d all'ignoranza è una insaziabi le curiosità - una " voglia di
sapere e di capire'' a11che C(>Se cl1e a pr ima vista posson<>
sembrarci no11 11ecessarie. La CL1riosità (i11sie1n e al la capacità di
ascolta re) è una vivace e sim pa tica sorella dell' intelligenza.
1 Jv1o lt1 aspetti d i qu<-:Sft) problcrllZl so110 spict.~ti dil Darrell Huff llCI suo
"clilssico·-, J·lou• to t ii• 11?ill1 Stali.' l.ir:-:, di cui (ir1al rr'lc11tc è nata un'cd i?.ior'lc
italiana. Sia1no i11ondati di cifr'C e st1:1tisticl1c di cui r101l ci è s piegata
l'origi11e o il sig11ificnto. O d i d cduzio nj basate su dati c llt"! rl o n col'1oscia1110.
Capire co rn c d jrcnd erci da èrmri e disto .-sio rli - e co1nt~ inft'!rprctatc più
atte11tamente ciò che leggiatllOo sentian10 d ire - è u11 n1odo per essere 110 11
solo n1e110 ignora11ti, n1a soprattlttto n1eg-I io inforn1ati.
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14 - La stu.pidità e la paura
nche le persone più audaci e coraggiose dcl mondo ci
insegnano che è gius to e uti le avere paura. Chi crede
che nul la sia ma i tem ibile non è coragg ioso- è stu pido.
La paura, intesa come coscienza dci pericoli e dei rischi, è u na
forn1a d i in telligenza. Non è quel genere di "s ana paura"
l'insid iosa all eata e com plice dell a stupid ità umana .
!via ci sono form e, piuttosto d iffuse, di paura che nulla
hanno a che fare con un'accorta atten zione ai rischi o pericoli
reali. Pallra di essere, paura di capire, pat1ra di sapere (cl1e è
una forma perniciosa d i ignoranza).
Paura di pensare - o d i avere un'opinione che non sia
quella imposta dalle convenzioni e dalle abitudini. Paura di
fa ntasn1 i o fantasie, d i proble1ni in1mag inari. Paura di
esprimere i propri sentimenti (ma qu esta non è da confondere
con la tim id ezza, che s pesso è una caratteristica di. persone
sensibili e intel ligenti) ,
A
50110 casi rari, particolari, pato logici, es<1gera ti? Proviamo a
guard arci intorno - e a. guarda.rei dentro. Scopr irem o che la
paura insensata, ingius tificata, immoti vata è molto più d iffusa
di quanto possa sembrare. E che ness uno, neppure le persone
pit1serene e coragg iose, ne è comp letamente i11den11 e.
Accade abbastanza spesso che per fuggire da qualcosa che
non ha alcun motivo di farci paura s i ca da in qu alch e vera
trappola di
Cl i i 11011
ci eravamo accorti .
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Esistere e vi\1 ere \'tlo l d ire go\1 ernare la paura. Saper tenere
i 11ervi cal1ni, l'a tter1zio11e viva e la 1ne11te lu cida qua11do c'è u 11
pericolo reale. E tog lierci di dosso le paure in1maginarie.
Nel suo bel libro Totò il buono, per s piegare ai ban1bini con1e
non aver paura del buio, Cesare Zava tti ni diceva: «Nel buio c'è
quello che c'è nlla luce, solamente un po' piÌI gmnde». È gi usto
mu oversi con più ca utela al buio, ma non ha senso averne paura.
E quante volte il buio è solo un'area oscura della nostra n1ente,
qualcosa che non abbiamo ben capito e che perciò ci fa paura?
C'è anche la pa ura di decid er•), d i sceg liere, d i pensare con la
propria testa, di avere o accettare responsabilità. È una forma,
intenzionale o inconsapevole, di vi ltà. Si accetta o si s ubisce il
potere altrui, ci s i a d ,~gua all e opinion i dominanti o più d iffuse,
così se qualcosa non fun ziona possiamo addossarne la "colpa" a
qualcu n allro. In questa, con1e in altre situazioni, è evidente la
parentela con l'abitudine e con la stupidità.
Può sembrare strano, ma c'è anche la paura di sapere. Pii1
spesso di c1uan lo si possa lmmagi11arc c'è un desiderio,
di 11 011 sapere ciò che può fa rci nascere tt 11
dubbio o una perplessità. Di non co noscere ciè> che temi amo di
11011 capire. Di non uscire dal cerchio ch iuso, .m a confortante,
dci pregiudizi e dci luoghi comuni.
Uno dei mod i per mantenere le persone nell'obbed ienza è
suscitare la paura dell'ignoto o far sembrare s paventoso ciò che
non conviene al potere. La minaccia dei ca tti vi educa tori
«guarda che chiamo il bnbau» è una forma perversa di esercizio
dell' au torità - di cu i s pesso so no vitt ima a nche gli ad ulti.
Può essere d ifficile renderci conto d i quanto siamo abitua ti a
questo genere di falsificazioni - talvolta intenzionalmente
cosh·uitc e coltivate da chi vuole toglierci libertà di pensiero e di
coscie11te o ri111osso,
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14 -
l 1\ STUPIDITÀ E LA PAURA
Ctlm portan1ento, ma a 11c l1e passivamente 11t1 trite da t111a cc>11gerie
di "lu oghi con1uni" e di abitudini collettive (ritorneremo nel
capitolo 15 sulle molteplici interazioni fra abitud ine e paura).
L' intelligenza sta anche nel trovar e un equilibrio, non
sempre facile, fra d ue risch i contra ppost i. Da un lato la paura
di "non essere capaci" e la ri nunc ia a fare ciò che possia mo.
Dall 'altro l' illusione d i poter fare ciò che è al di sopra delle
nc>stre capacità - o cl1e1 11elle circostnnze ir1 ct1i ci trc>v ia1n o, no11
è prati camente poss ibi le.
1: nocivo a sé e agli al tri, cioè s tup.i do, chi si arrende troppo
faci ln1entc - o ch i, a l contrario, ha la pretesa d i "saper fare''
quando non ne è in grado (come chi crede d i non sbagliare mai
- vedi il ca pitolo 29) .
C osl come è stu pido chi crede d i non esserlo ma i ed è
ignorm1te chi crede d i sapere tutto, non è coraggioso, né
cc.)nsnpevole, cl1i i mmag ina di nc>11 avere n1ai pat1ra.
Anche la persona più serena e ragionevo le porta d entro di
sé qua.lche ing ius ti ficato timore. Anche la persona pi ù sicura di
sé ha qualche arca d i insicurezza - tanto più pericolosa qu anto
menn si è disposti ad arnmetter la. Ed è interessan te scoprire
com e persone piene di pa ure possano ri velare, in co nd izioni di
rea l. e pericolo o quando devono soccor rere qualcun al.tro, un
imprevisto e straordinari o coragg io.
Elinlinare d el tutto la paura è i1npossibile. tvla è possibile
conoscerla, governa.ria, rid urn e i d anni . Capire le nostre paure
(e quelle d egli a ltri) è uno dci modi per essere meno stupidi.
L'i mportante è non a ver pau ra dell a paura. Spesso è nlcno
d iffici le d i q uanto possa sembrare.
La paura, l'ignoran za e la st up id ità si nutrono a vicenda.
Ridu rne una vuol d ire controllare 111cg lio anche le altre.
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15 - La stu.pidità e l'abitudine
nche in questo caso mi sembra necessari a una breve
premessa. Non tutte le abitudin i sono stupide. f'vlol te
possono essere utili, funziona li, co mode e ra ssicuranti .
"Cam bi are per il g usto di camb iare" pu ò essere divertente, ma
non sempre le cose nl igliorano con il cambimn ento. !via la
"forza dell'abitudine" pu ò essere accecante, s pecia lmen te
quand osi associa. all a stupidità (o a H'i.gno ranza o alla paura).
L'abitud ine è (o sen1bra) rassicurante. Fare e pensare ciò
cl1e è abitt1ale ci dà un se11so di falsa sict1rez.za. L'abitttdi 11e è
sorella e complice di un' altra fo nte di stupidità: l' i1nitazione.
"Fare come gli altri" è spesso un modo per non pensa.r e, non
A
sapere,
11011
capir(!, nt)n decidere,
11t>n
agi r(!, no n assu me re la
responsabilità del proprio comportan1ento.
L'abitudine è un ostacolo all a curiosità, scoragg ia il
desid erio di es plorare, im parare, ca mbiare prospetti va.
Sono ovvie cd evidenti le parentele fra l'abitudine e la
pau ra (se ne è già parla to nel ca pitolo 14). Si ha paura di uscire
dal solco d ell'abitua le. Si ha paura di c.i ò che è "abitualm ente"
considerato per icoloso o inopportu no - anche quando un
mini mo d i veri fica ci di mostrerebbe che non lo è.
C'è a nche un fenon1eno inverso, per cui l'abitudine ind uce
a non aver pa ura, né adeg uata di ffid enza, verso cose, persone o
si tuazioni che non sono affatto rassicuranti per il solo follo di
essere '1 abitl1ali''.
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Disgrazie, n1alintesi, incon1prension i, disagi, anche situazioni
drammatid 1e o tragiche sono spesso il risultato delle "false
sicurezze" indotte dall'abitudine. Anche questo è un modo per
scatenare il distruttivo potere della stupidità.
L'i nganno, la truffa, la prepotenza e le bug ie usano spesso
l'abit ud ine per ottenere una fidu cia che non meritano - o per
im porre la loro volontà senza rea le o giustificabile mot ivo.
Sono chiare anche le relaz ioni fra l'abitu dine e l' ignora nza.
Spesso le "ca tti ve abitud ini" possono d erivare da una
manca nte o ina.deguata informaz ione o com p rensione della
realtà (o delle vere origini di ciè> che è diventalo abituale). E
altrettanto s pesso l'abitudine ci porta a non guardare al d i là
delle appa renze, a non approfondire oltre Ja superficie, a non
cerca.re d i sapere di più o d i capi re meglio.
L'abitudine, ovvian1ente, è nen1i ca dell'innovazione. )'via il
problema non è così sen1plice con1e può sembra re. Fra le
''cattive abitt1di11i" c'è a11cl1e q t1ella di accettare il '1 11t10\10"
senza chiederci se sia nuovo davvero - o se ques ta o quella
particolare novità ci sia davvero utile. 1
L'abitudine di inseg ui re indiscrirninatamente le novità e le
mod e è parente stretta dell'ignoranza e dell a s tupidi tà - e
anche della paura di essere, sembrare o sentirsi diversi.
C'è ltt1'a111big:ui tà a11che nel concetto di ''buc>nc n1 a11icrc'' .
La cortesia è ttna q t1alità i1nport()11 te (e
t 111a
for111a 11on
irrilevante d i intelligenza). Quan do è s incera e senti ta può
aiutarci anche a capire gl i altri, ad ascoltare, a in1parare - e così
a di minuire l'ignoranza, la paura e la stupidità.
1
Ved.1li'11,,1big1tifà dt•fl'i1111oc.rizk'J11r (hr.-cp :I /ganC..alf . i:r./ar:ianna/in."'tovaz . htro).
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l 5 - LASTUl'llJITA EL' !\lln"UDINE
Perfino il "cerin1onial e" non è sempre inutile o privo di
senso. Ed è importante saper rispettare gl i "usi e costumi" d i
altri, anche quando non li comprendiam o o condivid iamo, per
non creare inutili e pericolose incon1prensioni.
!via quando i co1nportamenti convenzionali d iventano una
prigione, ci annebbiano la capacità d i esprimerci o di ca pire,
dobbiamo avere il coraggio di "violare le n~gole" . Ed è bene,
comunque, sapere qua li "regole" stiamo seguend o perc hé ci
crediamo - e quali, invece, sono solo abitud in i convenzional i.
i\ fo n è sempre necessario o ragionevole "rompere le
abi tudini" o "trasgredire le regole". !via se accettian10 troppo
facilmente regole e abi tudini sen:t.a conoscerne il 1n otivo e il
signifi cato risch ia mo d i chiuderci in una condi zio ne di
"obbedienza cieca" che ci rende ignoranti, s tu pid i e in uti li a noi
stessi e agli altri.
L'i1nmaginaz ione, la fantasia, la curiosi tà e il gus to della
diversità sono nutrimenti dell'intelligenza. L'abitudine tend e
ad all on tana rci da qu este preziose risorse. Spesso l'abitudine ci
annebbia la vis ta, perché ci i1npedisce di cogl iere seg nali
i11teressa11ti cl1e so110 i11tor11c> a 11oi n1a 11on r it1sciamo a vedere.
Rompere o modificare le abitudini non è facil e. Le nostre
strutture men ta.li (oltre ai fattori culturali e sociali) ci ind ucono
con tinu an1ente a ri tornare alle abitud ini anche quando ne
siarno, 1no1ne11ta11ea1ne11tel t1sciti.
Un modo per rom pere il "circolo vizioso" dell e abitudi1ti è
sostitui rl e con abitudini di verse - per esempio "abitua rci" a
essere più curiosi, più aperti, più disponibi li alle scoperte che
spesso ci passano da vanti, ma ci s fuggono perché siamo
incapaci di vedere ciò che non rientra negli schem i abit ua.li.
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Fra le risorse d ell'intelligenza, na tu ra lmente, ci sono
I' un1orismo e l'iron ia. ll.1a, anche in quel caso, è importante
saper dis tinguere fra il "barzcl lcllismo" convenzionale (che
spesso è il frutto del l'abitud ine e la ripetizione d i poco
illun1inan ti cliché) e l'a utentico umoris mo che ci apre nuovi
orizzonti - specia lmente qua ndo è accompag nato da una
buona dose d i aulocrilica e autoironia . Uno dci tanli m odi di
essere stupidi è prendersi troppo s ul serio.
l'v1i sono chiesto, mentre lavoravo su questi appu nti, se fra
le sorel le del la stupid ità ci s ia anche .la p igrizia. Qu ando si
tratta di pig rizia n1entale (un mala nno 111olto di ffuso) è
i11dl1bbiame11te c<>r111essa c<>r1 l'abitL1di11e, l' ig11oranza e
la
stupidità. Ma ci sono co1nportamenti che possono sembrare
"pigri'' mc11lrc St)nt> forme di intelligente saggezza.
Sollrarsi all' in1pcrvcrsantc in1pcrio della fretta, trovare il
tempo per pensare (o per d ivertirsi, riposare e liberarsi la
mente) è spesso più intelligente, o com unqu e meno stupido,
che lasciarsi conti nuamente con fondere e travolgere d a una
quotid iana e frettolosa ri peti ti vi tà .
Non sempre " l'ozio è il padre dei vizi", co me dice un antico
proverbio (nato all'epoca in cui il "dolce far niente" era
riservato alla casta dominante - e per lutti i;l i altri era
cons iderato peccam inoso). J.:ozio può essere il padre della
med itazione, dell'approfond.im ento, della libertà d .i vivere,
sentire e pensare. Talvolta "lasciar vagare la m ente" è un modo
per ca pire meg lio cose che ci sembravano diffici li o confuse - e
d is trars i per un po' di tempo è un modo per trovare la chi ave
di problem i che ci sembravano insolubili.
Molte cose intelligenti, s viluppi di conoscenza, innovazioni,
scoperte scientifiche, eccetera, sono nate da quelli che lopinione
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l 5 - LASTUl'llJITA EL' !\lln"UDINE
do minante considerava "pensieri ozic>si'' - o pericolose v io lazioni
del "sapere" convenzionale, scoinode rotture di quelle abitudi ni
che così bene si adattano alla s tupidità dcl potere.
A che cosa serve la conqu ista, nelle socidà moderne, dcl
"tempo libero" che per millenni era stato il pr ivi leg io di poch i,
se si trascorre gran pa rte d i qu el tempo ri nch ius i nel la prigione
d i passive ripeti tività, nella s chiavitì1 delle abitudini?
Dovremm o proporci, ogni giorno, di rompere qu alche
abitudin e. Anche solo trovare un a s trada diversa per andare in
un luogo abituale (nei percorsi stradali come in quelli della
mente) può riservarci interessanti so rprese. La ginnastica
mentale non sta nel ripetere all'infinito gl i stessi esercizi, ma
nel cercare continu amen te qualcosa di nuovo - o un modo
nuovo d i pensare alle s tesse cose. Come molte cose inteHigenti,
non è solo uti le. Può essere anche 1nollo divertente.
***
Con1e dicevo all' inizio del ca pitolo 13, l'elenco delle sorelle,
deg li alleati e delle cause della stupid ità potrebbe allungarsi
qua si all' infi nito. Ma credo che non sia inu ti le pensare a co1ne
si co mbinano, in tan ti n1odi, la s tupidità, l'ignora nza, la paura e
l'abitud ine.
Come la s tup idi tà, anche le s ue "sorell e" s i moltiplicano e s i
co.m plicano quando sono "coll ettive".
L'ignoranza si diffonde più facilm ente dell a conoscenza. Le
convinzioni pii1 sciocche e ir ragionevol i trovano confern1a solo
perché sono diffuse e cond ivise.
La paura di ven ta ca tastrofica quando è "d.i massa" - e
anche in ambiti più ristrett i si può trasmettere da una persona a
u11'altra se11za alcu11 reale moti\10 .
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
Le abitudini sociali, o di gruppo, diventano spesso passive
obbed ienze, sch iavitù mentali, di cui può essere difficile liberarsi.
L'unione e l' interazione di qu este forze possono prod urre
risu ltati disastrosi. f'vla, d'altro Iato, infra ngerne una, o anche
solo rid urne l' intensità, puii aiutarci ad attenua re anche le a ltre.
Se rilisciamo a dive11tare ur1 po' 111e110 ig 11ora11ti, ad avere
t 111
po' meno paura, a essere un po' meno prigionieri dell'abitudine,
abbiamo una buona possibilità di essere meno stupid i - e così
non solo più utili agl i altri, ma anche più contenti di noi.
* * ..
Un attento lettore ha gi ustamente criticato il fatto che, fra i
male fici fratelli della st up idità, non bo citato con su fficiente
evidenza il " fonda1nenta lismo". Le sue osservazioni, con aJcuni
mi ei comrnenti, sono online in La stupidità del fondamen talismo
(http : // ga ndalf . it/arianna/fonda me n . htm) - e non si
tra.tta solo di " fondamental ismo" religioso o ideologico, rna
a11c11e pc>litico, sportivo, sociale, ecc>n<>mico, azie11dale ...
Si potrebbe, nell a stessa pros pettiva, parlare d i integ ralismo,
dogmatismo, assolutismo, fanatismo ... eccetera. C i sono anche
alcune considerazioni, suggerite d a altri lettori e riguardanti
l'oscu rantismo e la superstizione, nei ca pitoli 23 e 24.
111 si11tesi, i11 qt1esta epoca cl1e in1magi11avamo goverr1ata
dalla conoscenza, dall a scienza e dal pensiero "i ll uminato" della
ragione, siamo ancora preda di ogni sorta di pregiu dizi, di
superstizioni e di insostenibil i "credenze" . Un 1nale che non sta
solo nei "grandi eventi" o nelle piìr drarnrnatiche tragedie, 1na si
ann ida in ogni angolo delle vicende umane. Un altro esempio di
come la stupidità sia capace di assum ere ogni sorta d i aspetti
diversi e d i ridurci al suo servizio con un'i nfinità di travestimenti.
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16 - La stu.pidità e la fretta
N
cl lessico abituale (non solo in italiano) si dice che una
perso11a è "svelta'' per i 11tendere cl1e è i11tell igente {o
fu rba - come vedremo nel capitol. o 17). l'vlentre lo
stupi do è definito "lento" o "tardo" . Eppure anche nelle più
clemcntarì e abitua li espressioni dcl buon senso s i nota spesso
che la fretta è una fonte d i s tupidità .
La gatta frettolosa, dice il proverbio, fa i gatti ni ciechi. Ma
forse è cicca la gatta. C ioè dobbian10 chiederci qu anto ci sia di
cieco, o di miope, nell' im perversare della fretta.
È vero che una persona in telligente può ca pire prima. Ma
non perch•' è frettolosa. Il moti vo è che sa asco lta re - perciò s i
d isperde meno e arriva più direttamente alla comprens ione (ne
riparleremo nel capitolo 30).
1\•!a ciò non s ign ifica che la fretta s ia intell igente. Spesso
accade il contra rio. "Capire al volo" è un esercizio diverten te quando fu nziona. !via in molle situazioni saremn10 nleno
stupidi se invece di "saltare alle conclus ioni" dedicassi1n o un
po' d i t<!mpo ad ass.icura rci d i aver capi to davvero.
L'epoca in cui viviamo è condiz.iona ta da lla fretta - in un
n1odo co11ft1so, i rragio11evole e spesso sner\1an te.
t
vero cl1e
oggi 1n olte cose s i muovono e si sviluppano pitt veloce1n ente
che in passato. lv!a non tutte - e non in modo così is terico e
assillante come se1nbra a chi si lascia travolgere dall a fretta .
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
C'è un vecchio proverbio ch e dice "chi va piano va sano e
va lonta no". Credo ch e sia nato in un mondo anti co e ag ri colo,
dove il tempo era della to dal ciclo delle stagioni. Per i
contadini (che erano la 1naggior parte della popolazione)
l' unico n1ezzo di trasporto era andare a pied i. Anche i pochi
pri vilegiati che potevano d.isporre di un cava llo o d i una
carrozza andavano poco lonta no, ris petto a ciò che possiamo
fare oggi - e ci n1ettevano un'in fi nità di tempo.
11 lavoro nei ca mpi era pesante. L'orario era "dall'alba al
tram onto" - q uasi tutti i g ior ni. La vita era molto più dura di
come la d ipingono le agiografie o le nostalgie dd "buon te1npo
ar1tico'' . Pos.sian10 o vog liamo tc>r11are a qL1ell' era bL1col ica?
Credo d i no, perché la troveremmo insopportabile. ìVla non è
un buon motivo per vivere ossessionali dalla fretta. L
Oggi possiamo muoverci e comunicare con una velocità che
ci è stata sconosciuta per il 99% della nostra storia. 2 f\1a ciò non
significa che dobbiamo lasciarci tra vo lgere dalla fretta . Se non
cosiddette) "era post-ir1.dustrialc'' si riSC<)pte l'utilità di co1,cczior1ì e
comportamenti delle e poche prc-ind ustriali - non solo delle cultu<e
1 Ncll_~
agricole, l'Ila a 11cl1e di quelle " nomad icl1e" cl1e le ave \ 1a r10 preced ute. ~1a
r1at u raln1e11te si tratta d i un Jnodo attuale di esp ri111ere q uei \•alo ri, 11<>11 di
un '" rito rno a l passato" . \ ted i l f1ttl <.>ri a11lit/1i t'lellu Jttl<Ji.•it f:t>J111t11icazio11t
(http : //ganda:f . it./uman/1 2 . ht!'!'.).
2 A lcl1 ne <>sser\:azion i sulle co1n p lessità storicl1e 11ell' evo luzi<>11e d elle
r isorse d i cui dispo11ian10 si t rovano i11 li <'0 1111111tt r ,/; ... lrt'l1i 111r1le
(http : I
/ç-a1~àalf . i
t/ ar ianna/ o:i1:i.pia . h tm).
U no s\•olgimento più an1pio si ITT>va in CeJ111i <li S-f<)rit1 dei -::i ste111i l ii
r t1i to1111t11icazio11t• (http: I /gar.ci.alf . it/ storia/ storia . htm).
U11'ar1alis1 riguardante lo S\.•jluppo storico dell' i1lf.<>r1r\alic('l e della
tele1r1atlca è r1e1Ja ucro11t)log1a'' U1 appendice a L'111111111iti1 til'll'i11tt>t11r t
(http ' I /gandalf . it/uman/crono . htm).
i1ifor ,,u12iOJ(('
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16 - LA STUPIDITA E LA f Rl!ITA
siamo più schiavi delle dista nze, dell e lentezze, della scars ità di
risorse, eccetera ... il "benessere" è tanto più utile (e piacevole)
quanto più ci libera dalle coslrizioni e ci offre tempo per pensare.
L'elogio della lentezza non è solo un 'in vocazione o u na
conternplazione filoso fi ca. Saper trova re il "tem po giusto" è
una necessi tà prati ca. Ma non possia mo riuscirci se r1or1
abbiamo il tempo di pensare. L' i. ntell igenza non è, per sua
natu ra, p iù veloce o pi ir lenta della stup id ità (e viceversa). La
d ifferenza non sta nel tempo, ma nel modo in cu i si agisce o s i
affronta un problema.
Pul> essere s tupido di lungarsi inulilmen le, csi larc quando è
il n1omcnto di agi re, lasciarci sfuggi re un'occasione perché non
l'abbiamo sapu ta cog liere in tempo.
iv!a è altrettan to stupid o buttarci a precip iz io, senza aver
av uto il tcn1po di pensa re, su cièi che non è necessario fare
immediatamen te - e così molti plicare all'i nfinito le possibilità
di sbagliare, pasticciare e confondere le cose in un modo che ci
costringerà poi a perdere tempo per rirncdi are, caus ando di
nuovo l'affanno della fretta, trasci na ndoci in un ci rcolo vizioso
sempre più accelerato, sen1pre più affannoso e sfibra nte.
La fretta, qua nd o non è moti vata da una precisa necessità, è
quasi sempre stup ida. Perché s pesso ind uce a sbagliare. Ma
a11cl1e percl1é, con1l111qt1e, ci rov ina
la
vita 1nette11doc i i11 ll tlC>
stato di cont inuo affanno, in una perenne ansiosa rincorsa del
nulla che è diventata un'abitudine fine a se stessa.
Sernbra di essere in un mondo com e quello descritto da una
malvagia regina delle carte a ll a fine d i Alice. in Wonderland,
d ove bisogna correre semp re più in fretta per ri manere nello
stesso pos to. Siamo ossessionati dall'idea che tutto debba
sempre m uoversi con un molo conlinuan1ente accelerato, come
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
se fosse in "cad uta libera" per precipi tare chissà d ove - e che se
11011 C<>llti11u ia n10 a C<>rrere (spes.so se11za a\1 ere alcu11a idea di
dove stia mo andando) rischia1no di restare indietro.
Din1entichiamo un po' troppo facilmente che " ind ietro",
molto più spesso di quanto credono i frettolosi, pu ò essere una
posizione d i va ntaggio. Per vedere dove va a sbattere chi corre
ciecamente in avanti. O per fa re intt~nzi onalmen te "un passo
indietro", allargare la pros pettiva e così cap ire molto 1neglio su
qual e percorso ci stia1no mu ovend o. 3
C i so no, natu ralmen te, lentezze perverse e inaccettabili. U n
po' d i accelerazione servirebbe là dove servizi mal s trullurati
fanno perdere un'infinità di tcn1po. È insop portabile che per
un'ora di volo se ne debbano perdere tre in traspo rti urbani e
attese negli aeropor ti. O che le cose più sempl ici e banali
diventin o incredibilmente lung he e co1npl ica te a causa del la
stupidità dell e burocrazie (vedi capitolo 12).
Per non parlare delle sciagurate tecnologie che ci fanno
perdere tempo con sistemi n1alfunz ionanti e infinite scomodità
che poh·t•bbero essere dim inate usando le risorse tecniche (e
uma ne) con un po' di raziocinio (ved i cap itolo 19).
L'elenco d ell e lentezze stu pide potrebbe essere molto
lungo. E sembra che og1ti giorno le inesau r ibili risorst~ della
stt1pid ità t1ma11a riescanc> a i11v e11tarne t111a 11t1c>va. i\'1 a d i tt1tto
questo quasi nessuno si occu pa seria1nente. E intanto tu tti
va nno di corsa, senza sapere dove o perché.
Vedi flogio della ft•11f1•zz11 (http : I I gandal f . i t /uman/26 . htm), /..11 frrttn
11or1 i! 'Pt'l0t·ità (http : //gandalf . it/uman/21 . htm) e F'1ccù111ro 11111111:.-:so
i11dktro (http : //gandalf . it/off l ine/off65 . htm).
J
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16 - LA STUPIDITA E LA f Rl!ITA
L'ossessione della fretta è sopra ttutto nel lavoro, 1na ha
invaso anche la vita privata. rasi food, fast vacanze, fast
divertimenti, s vaghi e spellacoli,fasl (e s pesso finii) entus iasn1i
e del usioni, fast solu;doni che sono peggio dei problemi.
rasi in formazione che per la fretta d i arrivare prima s pesso
non sa quel lo che dice. Fasi li bri che pro mettono d i d irci tutto
in qua ttro pag ine e servono solo a confonderci le idee - o sono
scri tti così in fretta che l'a utore non ha av uto il tempo di ca pire
che cosa stesse scrivendo. fast r incorsa di quals iasi cosa anche
quand o non sapp iamo che cosa sia.
Da come lo vediamo rappresen talo sembra che orm ai
per fi11<) il sesso sia divcntat<>fast, qt1alcosa da ''c<.)nsumare'' in
fretta, preconfezionato in serie in prati ci im ballaggi "apri e
gusta" . Sembr a che il massimo delle ambizioni uman t~ sia
l'eiacu lazione precoce (questo potrebbe con tribui re a spiegare
p erché tante donne sono u n po' deluse e irrita te nei con front i
d el l' universo maschile).
Per fare un buon ragù non ci vuole un ciclotrone. Basiano
attrezzi sc1nplic i e buoni ingred ien ti. Jvla bisogna nlelterci
tern po, esperienza, intell igenza, attenzione, sensibilità e gus to.
Quando abbiamo fretta possiamo com prarl o in lattina al
su permercato. /via i casi sono d ue: o chi l'ha prodollo ha avuto
tempo, cu ra, pazienza nel trovare il 1n odo giusto d i farlo - o
quello che ma ngeremo sarà una porcher.i a. Dobbiamo essere
grati a chi si impegna davvero per darci qualità e buon umore
mentre ci fa risparmiare tempo. tvla molti fanno il contrario.
Perdere tem po non è utile, né di vertente. f'vla trovare il te1npo
è una delle basi dell' intelligenza. Non solo migliora i risu ltati, ma
d fa anche star meglio. La frella è spesso una conseguenza, ma
anche una causa, della confusione mentale e dell'angoscia.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
La fretta non è velocità. Un processo intell igente non è solo
più efficace, n1a è anche più veloce, perché riduce il rischi o di
d()\ Cr continuamc11lc torna1·c indictrc>per correggere gli errori
delle scelte frettolose.
1
Se si vuol e a rri vare in fretta, è molto p iè1 efficace tracciare
con calma un percorso intel ligente che correre chi ssà dove
senza bu ssola.
Spesso un'intuizione veloce pub abbreviare un percorso; ma
a qt1ell'i mprov\1 isa ill t1n1i 11azio11e 11on s i arri va se 11c>n si è
costruito prima un patrimonio d i esperie11za e d i ori entamento. •
Credo che 1>ia venu to il mon1ento di fermarsi - ahneno per
qualche minuto - e pensare. Che " manc hi il tem po" è quasi
sempre una bugia - o un errore di pros pettiva.
In verti r<~ .i l ciel.o autodis truttivo della fretta non è facile, ma
qu ando ci riusciamo i vantaggi possono essere sorprendenti .
Fcrn1arc, o almeno rallentare, quel perverso mecca nismo è un
modo per rid urre il p otere del la stupidità.
"' Ci Sl>r10 molte
~ilt1az.io11i ir1 c1.1i
fatti detern1inar1ti dev<JnO av, e11.ire in
ternpi brevi - ma t111'irnpostaz.ione frettolosa può prodttrre di&--u;tr1.
Accade in url'infinltà di ca1npi, dagli esperimenti scientifici a ogni sorl<l di
tecnologie, come <lrlche ln s iluaz.ioni di g estiurlé oq,~1li.Z:l.c"'ltiva o ne l1a vita
quotidia11a di tutti.
1
U 11 b uo n t'~...;ocn1pio è il successo sporti\'O cl1c pu.ò sc111b ra te l a l'll<l...:O.Sitna
incarnazio 11c d ella fretta. Ci 1>ossono essere, i11 a lcu11c co111pctizj o ni,
d iffcr'Cnzc di cc11tcsin1i di scco11c.io fl'a la vittoria e la sco11fitta. J11 q ua si
t utte le disci})li11c ci so1\(> 11lon1cn ti c.iccisivi in cui u111 csm::111a lucid ità c.~
prontc27,a itl tcn1pi l) fCViSSilllÌ può C.$.~CfC dctCl'llli11a11tc. tvfa questa 11t111 è
l 1apott~osi d ella fretta o d cll'in1pmv\'iS.'lZio.nc. Al co11t rario, d ietro il
s uccesso cl sc:>no an11i d i alle11a111e11to, d i s tudio,. di impeg110, di pazie11te e
osti11ata preparaz io ne.
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17 - Stupidi e furbi
no dci motivi per cui il proble1na dell a stupidi tà è mal
capi to è la confusione fra intel ligenza e ast uzia. Sono
d ue cose diverse. La percezione di ffusa è semplice
quanto d is torta. Furbo t! chi riesce a prevalere con l'i nganno.
Tonto è ch i ne subisce le conseguenze. Si a mn1ira la destrezza
d i chi riesce nell'imbrog lio, si disprezza e si deride ch i ne
ri.m ane vittima.
" La mad re degl i stupidi" - si dice - "è sempre incinta". Un
proverbio p iuttosto antipatico, ni a particola rm ente gradito a
chi ama pensare che un continuo prol iferare di s provveduti sia
un dono provvidenziale ai furbi, un pascolo p erenncn1en te
rinnovato per l'esercizio della loro arte.
U
La di ffusione della s tupidità uman a, dal loro punto di vista,
non è una sciagura. È una risorsa. Che uno dei s inoni m i di
stupid o s ia "merl o" (o "allocco", "oca", "p iccione", "pollo",
''tordo") è un segnale di con1e qu esta variante dell'ornitologia
sia concepita nell'ottica del cacciatore. Qua nte cose scintillanti
che cercano di catturare la nostra attenzione sono specchietti
per le allodole?
C't' un evidente problcn1a etico. Quando l'in telligenza si
confonde con la furbizia si tende a considerare l' imbrogl ione
come un uomo pi ù sapiens, cioè una s pecie superiore - e la
stupidità con1e un campo fertile da coltivare.
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
C'è anche molta ipocris ia. Si deride il falsario e lo si chia ma
" furbetto" quando il suo gioco è pa lese1n ente fallito. 1v!a, per
lutto il tempo in cu i ri esce a mantenere l' apparenza di avere
successo, non è solo perdonato, è anche an1n1irato e riverito.
Non è del tutto giusto ciò che il mond o pensa dell'Ital ia e
deg li italia ni. Non s ia mo i p ili grand i "special isti" in qu esto
genere di porcherie . .tvta è vero che in una cultura come la
nostra, in cui l'etica (nonostante le chiacchiere) non è di moda,
qLtesta è u11a forrna di dege11erazio11e umafta e civile. 1
L'apologia della furbizia è un o strumen to della s tupidi tà.
Non solo m ette in cr isi ogni sistem a di rapporti umani e
incrina, se non distrugge, i valori d i fiducia. 1vla in un sistema
che premia i " furbi" degradano la qua lità, l' impegno, la voglia
d i fare, d i costru ire, di in1parare, d i prog redire.
Se ci limitassin10 a valutare stupidità e intel ligenza in base ai
risultati, potremn10 ignorare (almeno in teoria) questo problen1a.
Ci basterebbe definire una persona o un com portamento come
utile o dannoso - a sé o agli altri - indipendentemente dal follo o
dalla possibilità che qualcuno abbia cercato di giocare d'astuzia.
f\1a per combattere la st upidità non bas ta conoscerne g li
effetti e le d imensioni. Occorre anche cap ire com<~ funziona,
come si traveste, quali diverse forme assume, comp rese qu elle
che la fa nno sembrare intelligente o che, in a ltri nlodi, ci
confondono le id ee. La fu rbi7.ia è uno d ei trucchi pi li pericolosi.
Non sernpre l'ast u.zia è s tu pida o perversa. Può essere
innocua <1uan do non produce benefici né danni. Può essere
Vedi l..'eti.ca de/J,1 ( (n111t11it11zio11t• (ht t.p : I i ganda l t . i t./ nm/ et.i ca . hi:.m),
E St' l'etic11 tor1r11s.~~ di 111odn? (http : I /ganrialf . i 't I I of f li ne/ of f 6 8 . htm)
e l 'euf1l1aio11e tft•ll'l:'t~/,,zio11t• (htcp : I /gandalf . i t../ ar ianna/darwin2 . htm).
1
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17 - S r Ul'IDI E FURBI
add irittura intelligente quando non serve a inga nnare, o a
indurre qu alcun o in errore, ma so lo a su perare le res istenze d i
chi non si lascia convincere, per qualche pregiudizio o
incomprensione, a fare o ad accettare qualcosa d i utile per sé e
per g li altri . tvla è importante capire che qu este occasionali
as tuzie intelligenti d iventano perverse (e stupide) se ne
facciamo un metodo o un'abitudi ne.
Pt1ò essere git1sto addolcire t111a n1ed ici11a amarél, 111a11dare
gitt la pillola "con un poco d i zucchero", con1e diceva Ì\~ary
Poppins. fV1a se continuiamo a travestire ogn i sorta di cose
sg radevoli fingendo che siano "buone'' aprian10 la strada alla
smn rninis trazion(> dei vel(>rli. E s pesso chi vuol tenerci a balia sta
cercan do, in un modo o in un al tro, di togl ierci libertà e lucid ità.•
di assoggettarci al suo potere, cioè di renderci stupidi. 2
C'è l'as tuzia dei gioch i e deg li scherzi. Anche ques ta può
essere innocua, qua nd o si fa solo per ridere o d ivertire. O può
essere intel ligente, quan do una burla ci insegna a sta re in
guard ia - o a capire meglio ciò che s i nasconde dietro uno
schermo d i apparenze, un trucco di des trezza o u n g ioco di
paro le. fV1a non sempre è facile capire dove finisco no il gioco o
il di vertimento e dove comincia 1'.i nganno.
Un fatto curioso è che i furbi hanno poca fa ntasia . Le truffe
e gli inganni più moderni, applicati co n le tecnologie più
recen ti, sono quasi sempre la ripetizione di vecchi trucchi . 3
2
Vedi ()a/ie, l»n"1f1liui ,. lww gli (htt;i , / / gandalf . it/off line/bavagli . htm).
3 C'è qualcosa d i 1110Jto stl1pido 11eJ la.'iciarsi tro_
p po faciln1ente a ffasci11are
dalle tecrtologie o dalle 110\•ità se11xa ca pire cl1e cosa sono e a cl1e cosa
ser-vono - c<>lne vedrerr\O 11el capitolo 19. A ql1esto propos1t<) vedi an<:~le
i11sidie tli•l/11 11101ta (hccp : //gandalf . i t/off line / off50 . htm> e
Il suprr/)uo obbligatorio (hc cp ' / / g andal f . i e/ o f f l ine I of f 5 1 . htm).
Ù!
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La cosa strana (e deprin1ente) è che s i contin ua a cascarci.
Perché anche la stupidità è antica - e spaventosa mente ri petiti va.
La sol uzione non è " farsi furbi", entrare nel g iro d elle
furberie. t un gioco pericoloso e s pesso autod istruttivo. Fra g li
imbrogl i piit astuti ci sono quell i in cu i il tru ffato crede di
essere il tru ffatore.
L'importan te è capire. Anche in qu es to caso il rimed io più
efficace è la chiarc1..za - la lucid ità, la capaci tà di vedere oltre lo
schermo delle apparenze. In una parola, l'i ntelligenza. Non
basta d isprezzare i furbi e g li imbroglioni. Occorre anch e
sapere come s1nascherarli.
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18 - Il circolo vizioso della stupidità
na delle conseguenze dcll'in1perversan te s tupidità è la
diffusa convin;done che s i debba trattare il pubblico, e
ogn i nostro interloc utore, come "un bambin o un po'
tonto d i undici ann i". A parte il fatto che ci sono ragazzi di
undici anni tutt' altro che lonli, è opportuno chiederci quanto
sia uti le mettere in pratica qu el la vecchia e banale teoria.
Dobbia1no constatare, purtroppo, che in quel modo si
possono ottenere ris ultali. lvla è dimostralo dall'esperienza che
si pu ò essere pili efficaci seguendo la s trada oppos ta - cioè
rispettando le persone e rivolgendosi a lla loro in telligenza, al
loro buon senso, all a loro ca paci tà di capire.
J?: evidente che se preva le la s tupidi tà l' in tero sis tema ne
soffre. Si aprono pili spazi per l' inganno, la n11;-nzogna,
l'opportunismo.
Degradano la qua lità, le relazioni, la fiducia.
..
i'vfa l'obiezione è ovvia: perché una singola persona,
organ izzazione o impresa deve farsi carico dcl bene generale?
Questo è "moralismo", s i dice con disprezzo. Ognu no bada
solo al suo parti colare interesse. Se la via più facil e è lo
sfruttamento della stupid ità, così si deve fa re.
Le strategie della stupidità tendono a degradare. !via non c'è
il ten1po, né la vogl ia, di pensare al "l ungo periodo". Ciò che
conta è la fretta, l' im mediato, il conti ngente (ved i il cap itolo 16).
Quando le s tupidaggini riveleranno la loro fragilità, si troverà
qualche altra sciocchezz<i per confondere d i nuovo le carte.
U
.
~
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Ma c'è un problema. 11 "circ uito della s tupidità" diventa
autodis truttivo. Chi tratta il prossi mo da st upido fi nisce con
l't-ssere, o sembrare, s tupido. Si diffonde la convinzione che
tutto sia sciocco, che ogni tentativo di miglioran1cnto s ia
inutile, che al dom inio delle scen1piaggini ci si debba adeguare.
Prima a ncora ch e degradino I.e relazion i estern e di una
im presa (o di qua ls.i asi a ltra organizzazion e) si corrom pe e si
disgrega la s ua s truttura interna. Se la regola è bad are solo a un
im rnediato vantaggio persona le - perché qualcuno dovrebbe
impegnarsi per con tribuire al s uccesso dell'impresa, o della
collettività, invece di trin cerarsi in qualche d ifesa burocratica,
evitare le responsabilità e dedicare le sue energ ie all' intrigo?
Il problema, ovv iamente, è ancora più grave nel caso di
quelle im prese, o servizi pubblici, il cui comp ito centrale è
l' informazione (o altre forme di comunicazione collettiva,
anche quando l'intenzione più esplicita e dichiarata non è
in(ormare, ma intrattenere o d ivertire).
Nonos tante le appariscenti, e s pesso bugiarde, a ffermazion i
in con trar io, è d iffusa in qu egli ambi enti (come nelle s tanze del
potere} la convinzione che il pubblico s ia s tupido. E che perciò
vada tra tta to da s tupido, addormentato con un mare di
banalità, imbotti to di notizie approssi mate, condite con una
11auseai1te mist ttra di retorica e di sensa:.lio11alisn10.
C he la stu pidità s ia di ffusa nel genere umano, purtroppo è
vero. wfa ciò non sign ifica che debba essere con tinuam ente
i11coraggiata,
ele, ata
1
a n1odel1c>, coltiv·ata e
11u trita cc.ln1e
paradig ma d ell'essere, del pensa re e dell' agire.
C' è una curiosa reciprocità fra i propalatori d i idi ozia e le
loro vitti rne. Per quanto ignare o disattente possano essere le
persone, quasi tutte hanno un barlume di lucidità - e si
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18 -
(LCIRCOLO V IZl050 DELL;\ STUPIDITÀ
accorgono di essere tratta te da stupide. Così s i abitua no a
pensare che il mondo dell'i nforn1azione (e dello spettacolo) sia
irrimediabil mente s tupido. An che il mondo del potcrt~, che
troppo spesso si propone sciocca mente come spettacolo, ne
su bisce le conseguenze.
Tn qu esto "circolo vizioso" c'è una s pecie d i complicità,
talvolta coscien te, più spesso inconsapevole. Ci trattano da
stupidi, 1na sa ppiamo che loro sono stupidi ... ved imn o un po'
come ci possiamo di verti re e distrarre con le stupidagg ini, visto
che le cose serie non ci sono (o, quand o ci sono, sono deprimen ti
o noiose). Questo fenomeno si c01nplica ancora d i pi Ìt nella
confusione fra essere e apparire, realtà e rappresentazione, come
ved remo nel capitolo 22 - e per quell' intossicante combinazione
di stupidità e furbizia di cu i si è parlato nel capi tolo 17.
Un problema è la " fa ma" - o il "divismo" . Persone di ogn i
genere d iventano "farnose" p er motivi talvol ta ril evanti, tro ppo
spesso "futili" o cas ual i. Gli effetti possono essere bizzarr i e
pt!ricolosi. Si attribuiscono ai "fa mosi" capacità che non hanno,
si ''am111ira110'' e si in1ita11 0 se11za saper11e il rnotivo. Si fa11110
sembrare "au torevol i" su argomen ti che non conoscono.
Tutto ciò "istupidisce'' gli ammira tori, ma può nuocere
anche a chi si lasci a travolgere dalla celebrità. In una lettera a
Heinrich Zanger, nel dicen1bre 1919, Alberi Eins tein scriveva:
«Con In firma divento sempre più stupido, questo ovvinmente è '"'
fenomeno molto diffuso» . Da allora, con la crescita del "circol. o
izioso'', la situazic>nc è a11cora pcggil>rala.
\1
I: sempre pericoloso sottovalu tare il potere d istruttivo della
stupidità. Ed è illu sorio credere di poter s fruttare la s tupid ità
allrui senza esserne contagiali. Non sempre la stu pidità viene
sconfi tta dall' intelligenza, ma sen1pre tende all'autodistruzione.
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
Con1unicare con intell igenza non s igni fica essere peda nti,
no iosi e co1n plicati. La migliore intelligenza sa espri mersi in
modo chiaro e in teressante. Sa comu ni care con una buona dose
di un1anilà - e, qtta11do è il caso, ct>n umorisi11t>, iron ia e
diverti1nento. E sa anche ascoltare.
Com uni care efficacemen te sign ifica saper s piegare le cose,
anche quando sembra no complicate, io modo semplice. ]Via
non tratta re il prossin10 dall'a lto in basso, con la pretesa di
sentirsi "s uperiori" solo perché si ma neggiano le leve in un
sistema d i comun icazione. 1
Scn1plicc non vuol dire banale, ovvio, s tupido, grossola no,
convenzionale, su perficiale, suppt~nente o accond iscendente. Si
parlerà nel capitolo 20 dell'arte d ifficile, quanto affascina nte,
delI.a semplicità - e del suo rappo rto profondo con l' inteUigenza.
1
L'a rrogan'.l.a, 1 csibLzionis111t1, l' ìllusit>11c di superiorità 11011
sono intelligenti. Sono insid iose n1anifestazioni della stupidità.
Non ci può essere vera in tell igenza senza una si ncera autocritica
e un autentico rispetto per i nostri interlocutori.
La marca del la s tupidità è così dominante che s i aprono
occasio11i sempre piit i11teressa11ti per a11dare ''co 11trocorre11te''.
Una singola persona, o impresa, o altra com unità umana, che
decida di trattare il prossimo con più rispetto non potrà, da sola,
rovesciare la ten denza generale. l'vla proprio per la su a diversità
pot rà ricavarne notevoli vantaggi, oltre a rendersi uti le agl i al tri.
Così potrà dare il s uo contributo a quel bene ra ro e prezioso
che è J'intd ligenza. E, quando si guarda allo s pecchio, avrà un
po' meno dis prezzo per sé e per ciò che fa.
Acca.de perfino clu~ la critica Sta pll1 SlllJJ1dn di ciò che vl1o le crilict1re:
\'edi U1 'Sf1111ùiith dt•/111 l'ritil'll (http : / / ganda lf . i~/ stupici/ critica . ht.m).
1
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19 - La stu.pidità delle tecnologie
on csist.': cultu ra o ci.v i.Ilà umana senza tecnologi~. Fin
dalle ptu ren1ote ong1n1 della nostra s pecie, cto che
distingue l'u manità da l. resto del mondo vivente è la
sua capacità non solo di usare attrezzi e s trumenti, ma d i
saperli progettare e produrre. Anche all'dà che chia1niamo
"della pietra" c'erano solu7.ion i tecni che di cui l'archeolog ia
con tinua a scopri re raffinatezze sorprendenti per chi immagina
che l'uomo "primi tivo" sa pesse solo maneggiare una clava.
Sarebbe faci le dire che, se l'u manità è spesso s tupida, lo sono
nella stessa misura e nello stesso modo anche le sue 1nacchine.
tvla non è così, perché la macchina ha un ruolo d iverso da quello
delle persone - e deve funzionare in n10do diverso. Alan Turing,
che ha avuto un ruolo importante nello sviluppo dei moderni
computer, diceva: .se unn mncclrina deve essere infallibile, non potrà
mt1i essere inlelligl'nle» . Il ruolo delle macchine è svolgere in modo
molto preciso un con1pito ben definito. In quell'ambito la
macch ina non può essere intell igente, ma neppure stu pida.
Eppure siamo affli tti con tinuamen te, con crescen te e
fastidiosa frequenza, da og ni sorta d i problemi e d isagi dovuti
alla stupidità delle tec nolog ie. Più diventano complica te, più s i
molti plicano le possibilità d i g uasti e d i error i. Più han no la
pretesa di essere (o sc1nbrare) "intelligenti", meno è affidabile e
costante la doverosa "infallibilità" del loro funzionatnento.
N
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Macchine tecnican1en te con1p lesse sono sen1pre più parte
della nostra vi ta quotidia na. Ci è difficile irn1naginare un
mond o in cui non ci siano le au lo1nobili e g li aeroplani, g li
d ettrodon1estici e i computer, in cui non sia poss ibile
co1nunicare istan tanean1ente con (quas i) og ni angolo del
pianeta, in cui non ci siano macchine cui delegare i compiti pii1
faticosi e ripetitivi.
Non si tratta solo dei meccanisn1i con cui abbiamo un
conta tto diretto. La nostra vita è sempre p iù condi zionata da
tecnolog ie della cui esistenza possiamo avere solo un a vaga
nozione, ma che infl uiscono sui sistemi che gestiscono il
mond o i tl ct1i viviamo.
Sulla stupid ità dell e tecnolog ie, e s ulla moltepli cità dei s uoi
effetti, si potrebbe scrivere tanto da riempire parecchi volumi .
E infa tti ci sono interessanti libri ded ica ti a questo argomento. 1
Non perché il mondo tecnologico sia pi ù o meno stupido del
resto dell' umani tà. 1-•fa perché i motivi, e le conseguenze, hanno
caratteristiche particolari.
La tecnologia è spesso un moltiplicatore della stupid ità. Lo
s<>no a11cl1 e alct111i co1npor tan1e11ti ttmani, ma i11 111odo di\1 erso.
Per esempio il potere (vedi il capi tolo 10) è u n moltipl.icatore
attivo e consapevole - una s indrome che a u1ncnta e complica la
stupidità. E così qu el "circolo vizioso" di cu i si è parlato nel
capito lo 18.
Fro:'I i libri pit) 11tili :"u questo ptt1l>lc1na ci ~l)flO Tilt' 11111111/i>~ f\rt R11111ri11g
tht f\:"!/111111Cl 999) d i A la11 Coopcr (trad u zio11c italia r1a f/ ,/f.;:llgicJlt>cuolosico)
e T/u• .Si>f/11Jnr1• Crnr-::.11irac11 (2000) di f'v11ltk tvfirlas i. St.1rlO ir1tcl'cssa1lti llrlc llc
SlrtuP$ of the i'\,J11c/Ji11e (1998) d i G regor}' l~a\vli1t.s e 111 tltt' Htgin11i11g 11\'as tl1r
Co11111111111/ Uur (1999) d i Neal Stephenson.
t
100
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19- LA STUl'ID ITJ\ DELLE TECNOLOGIE
La tecnologia è un 1noltiplicatore cieco. Un nleccan1smo
au tomatico che riprod uce qu alsiasi stupidagg ine in mi lioni o
miliardi di <.'SCn1plari. Un sistema di elaborazione che parte da un
piccolo ~·rrore un1ano e lo moltiplica in sconfinate complessità
fino n rer1derlo i11estricabi le - e così porta progressi\ ame11te a tt n
nu mero "potenzialmente infinito'' di compli cazion i sempre pi ù
stupide. Con risultali s pesso fastidiosi, talvolta catastrofici.
1
Fra molte cose che ho scritto su questo argo1nento, c'è un
articolo del marzo 1999. Le macchine non sono "cattive", ma sono
molto si 11pide.
Comi nciava così. «Fin dalla nascita delle moderne tecnologie
industriali la letter11tur11 - non solo "fantascientifica" - ci sommerge
di ipotesi apocalitticr1e. Le macchine, si immagina, si impad1·011imnno
del mondo e ci ridurranno in schiavitù. Di questa ipotesi sentiamo
spesso l'eco in opinioni che tradiscono 1111 oscuro terrore della
t·ecnologia. Ma il problema è un altro».
Osservavo che •1Wrt c'è stata, e probabilmente non c1 sarà,
quella terribile rivolta degli schiavi per cui ipotetic/1e 11l!lcc11ine
"intelligenti" e replicanti si impadroniscono di tutto (e noi, ,~li
umani, siamo carne da macello). Non. è l'intelligenza delle macchine
clie ci complica la vita; è il contrario».
li prob lerna è che • le macd1ine sono sostanzialmen te stupide-e
sempre piì1 com.plicatc. Piìi si complicano, peggio f11nzionano; e più
difficile diventa per noi correggere :sii errori e riprendere il controllo.
Non occorre usa re 1111 computer per imbattersi quotidianamente in
pasticci inestricabili o fastidiose disfunzioni dovute, chissà come, a
qualclie tec11ologù1 nrnl concepita o male utilizzata».
Si può pensare che sia "colpa" delle macchine? Ta lvolta
L'impressione può essere quella, ma la realtà è un'altra. Le
macchine eseguono in modo automatico e ripetitivo un compilo
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
pred eterminato. Se non lo fanno bene la responsabilità è di chi le
ha progettate in modo sbagliato, di chi le applica mal e e di chi le
vende promettendo miracoli (o comunque prestazioni d iverse
da qu elle che una tecnologia è davvero in grado di offrire).
C he cosa è cambiato in d ieci anni? N ulla. Anzi, le cose
continuano a peggiorare. l\1a qualche verità sta cominciando a
venire a galla. Per esempio nell'industria automob il istica, come
in altri settori di in1presa, si s ta comincia ndo a capire che la
corsa in ava nti con alcune tecnolog ie insu fficientemente
sperim.entate (s pecialmente nel l'elettronica} ha prodotto gravi
problern i - e che occorre una revisione radicale del 1nodo in cu i
sono progettate e applicate (ved i La stupidità delle tecnologie h ttp : //gandalf . it/offline/stupide . htrn)
"La lunga notte dell'elettronica", com e l'ha de finita un
titolo insol ilamenle azzeccalo di Repubblica il 14 aprile 2004, è
durata troppi anni. ~1a siamo ancora lonta ni da l risveglio.
Nelle appl icazion i industriali si tende a procedere con
obiettivi di efficienza - e quando gli automatismi di una
macchina utensile sono eccessivi o vanno fuori controllo ci si
accorge che è meglio tornare a sistemi più collaudati.
Ma qu and o si tra tta di tecnologie dell' in formaz ione e della
com unicazione l'impresa. non si tr.ova più sul terreno delle sue
competenze - e risch ia di s1narrirsi nell a complessità d ell e
risorse disponibi li.
È verificato e documentato che l' ins tallazione e l' uso d i
tecnologie di cu i non si è precisa ta con s ufficiente chiarezza la
funzione - e che non sono al servizio d i un ben definito
processo - non solo provocano enorm i sprechi di denaro, ma
son o dannose all 'organizzazione e all a qualità del lavoro.
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19- LA STUl'ID ITJ\ DELLE TECNOLOGIE
N aturalnHinte è possibile fare con1puter e reti a ffidabili.
Nella maggior parte dei casi i sistem i di g uida degl i aeroplan i,
gli apparati di chirurgia, come altri che mettono direllan1cntc
in gioco la vita delle persone, hanno buoni livell i d i efficienza
(e ad eg uati backup nel caso di un g uasto imp revisto).
Nla ci sono grandi sistemi ch e fu nziona no ma le. Come per
esempio, no to ri amente, i servizi elettronici d i molte bru1che male in1postati pa recchi ann i fa e oggi così intricati da essere
quas i irrimed iabil i.
Per guanto assurdo possa sembrare, anche in forme molto
avanzale di tecnologia (come le esplo razioni s paziali) ci sono
fallimenti dovuti a errori, talvolta banali, che sarebbero stati
evitabili con una progettazione più attenta e funzionale.
Una "bomba intelligen te" è una macch ina estremamen te
stupida. Usa i suoi raffinati sistemi di navigazione per andare
in un certo posto e poi attiva un cer to congegno. Non ha alcu na
nozione del fatto che così distruggerà se stessa e molte cose lì
intorno - compreso un num ero imprecisato di vite umane.
Dipende da chi l' ha progettata, e ancora di più da chi la usa,
fare in n1odo eh!.' ottenga il 1nassimo risultato possibile con il
mi nimo possibi le d i "danni collaterali" .
Nell'u so quo tidiano e diffuso d ell'elettronica i p roblemi
so110 molto n1e110 dram111atici, ma creano co 11tin L1a111e11te og 11i
sorta di pasticci. C'è t111a .stra11a asst1efaziol1e, come se il catti \1 0
funz ionamento dei compu ter fosse inev itabile.
Un robot industriale funziona meg lio di un essere u1nano
quando d eve svolgere con ri petiti va precisione un co mpito
mo lto specifico. !\Ifa quando s i tratta d i gestire procedure
complesse le macchine di venta no molto meno affidabili.
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Orn1ai quasi nessuno, che non sia del tutto incompeten te in
materia, usa espressioni come "cervello elettronico". !via
sen1bra ancora un po' troppo diffusa la percez ione che s i possa
del ega re alle n1acchi ne il cmnpito di pensare.
L'importante è capire che le tecnolog ie sono intrinsecamente
stu pide. O almeno non aspettarci che s iano ca paci, per chissà
ci uale ispirazione esoterica, di funzionare bene per con to loro.
Il motivo per cu.i tante tecnologie funz ionano ma le, e
tendono a diventare a ncora peggio, non è {con1e s pesso pu ò
sembrare) il frutto di una volontà perversa delle macchine o
degl i astrusi codici che le ges tiscono. E la s tupid ità umana d i
chi le progetta e di chi le app lica. Resa ancora pi ù sg radevole
dal la di ffusa tendenza a tratta re da stu pido chi le usa, quasi
sempre cercando di indurlo a un'obbedienza cieca e passi va
invece di incoragg iarlo a capire com e può adattare macchine e
s<>ft\"'are alle sue esige117.e. 2
Una tecnologia funziona bene qu ando è concepi ta, con la
massi ma possibile sem plicità, per svolgere un compito preciso.
Anche una n1acchina che serve per fare varie cose diverse,
come un persona/ computer, funzionerebbe molto meglio se
ogn una delle funzion i fosse sepa rata, con cond ivisione di
risorse solo quando è indis pensabi.le - o è davvero uli.le e
vantaggioso. E se a ogn uno fosse consentito d i installare solo ciò
che da vvero gl i serve (come accade, almeno in parte, in alcune
dell e tecnologie più aperte, ges tibili e intelli genti - che non
sono, pu rtroppo, le più diffuse).
2 \ ledi I1r 1·01rg1"'::f i<>1Ji' lt'Cll(>fosica (http : / /gandal f . i t/ onde /te c nol . hr.m),
·rl'C'1tJIP3ie tli 11111/r' i11 ~·ggio (http : I /gandalf . i t/ of:: 1 ine /te cstup . htm),
A/1JJ/icart' 11?Iesgi tii .>\~i111oi1 {http : I I ganda 1 f . i t/ of f 1 i ne I robot . htrr)
e -vari nitri articoli eler1catl i11 http : I /gandalf . it/t.ecnolog /
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19- LA STUl'ID ITJ\ DELLE TECNOLOGIE
C i sono anche parecchi casi 1n cu i la tecnolog ia, in sé,
fu11zi<lil a, 1na il 111odo i11 Clti è Ltsa ta induce a errori, i11efficie11ze
e cattive abitud in i (vedi, per esempio, li morbo di powerpoinl http : //gandalf . i t/offline/morbopwp . htm).
Un a ltro con tributo al potere della stu pid ità nasce d alla
sbal lata ipotesi, nata nel mondo d ell'information technology, che
tutto s ti a accelera ndo in maniera "esponenziale", che si debba
co11tinL1an1e11te ri 11correre qt1 alcl1e presu11ta ''no\1 ità", cl1e
la
cecità dell a fretta debba prevalere su og ni ragionevole metodo
d i organizza.z ione e sviluppo. 3
Questo non è vero neppure nel caso dell'elettronica (vedi L(/
leggenda di A'1oore - http : I I gand alf . i t/uman/moore . htm).
l\lfa, an che se lo fosse, q uel criterio non sarebbe applicabi le ai
tempi e a.i cicl i dell'evol uzione umana - co.m e è ampiamente
d i.n1ostrato dai fatti. Ques to stupido errore di prospettiva non ha
solo prodotto d isastri nel mond o specifico delle tecnologie, ma
ha anche contribuito a far crescere quella d iffusa sindrome della
frell'a di cui si è parlato nel capitolo 16.
Oggi è dimenticato un bizzarro concetto che si era diffuso
alla fin e del ventesim o seco lo. Si diceva che con le "nuove
tecnologie" fosse cambiata la nozione del temp o. "U n anno
du ra tre mesi". Qucll'afformaz ione non ha mai avuto alcun
signi fi cato reale, ma si predicélva come ''veri tà i11discussn" in
convegni, co ngressi, sem inari, manuali di gestione e "da.ll'alto
di" ca ttedre uni versitari e. Con conseguenze pratiche negli
investi menti e nella gestion e di in1prese, pubbl iche e private,
che sarebbero com iche se non fossero sta te disastrose.
Vedi /J1 g.1t111frdtolo,:n (http ' //gancialf . i t/offline/gat<a . htm) e
Il fh11'l1ilf>~.;o d~·J/11 t~·<~nologirr (h t. ~ p : //ganda 1 f . i t/ nod i i nakeci. . ht.m).
3
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Anche nel mondo della comunicazione s i am111ucc hiano
complicazioni e fastidi a scapito dell'efficienza e dell'utilità. Per
esempio la telefonia ha fallo progressi impor tanti, ma si sta
ingolfando in un intrico sen1prc più affa nnoso, farraginoso e
ingombrante di fu nzioni, marchingegni e accessori ch e la
stanno rendendo se.m pre meno gestibile e più fastid iosa. 4
L'internet era nata trent'anni fa con sistemi sostanzialmente
sempl ici, efficienti, robusti e affidabili. !Via s u qu ella solida base
(che continua a funzionare) s i sono poi s tratificate incrostazioni
co1nplesse, ingombranti, devianti, che appesantiscono l'uso
della rete e cl1e spesso so110 fastidio.samente i11vasi\1 e. 5
Sarebbe lungo citare qui i 111olti articoli che approfondiscono
i problem i riguarda nti le tecnologie dell' informazione e i siste1n i
di comunjcazione. Per chi è interessato al l'argo.mento, ce n'è un
elenco in http : //gandalf . i c/tecnolog/
La soluzione di t utt i qu esti con1plicati e intricati problemi si
basa su due concetti molto chiari. Uno è ch e la tecnologia pii1
efficace, fun zionale e a ffidabile è la più sem plice fra lulte quelle
poss ibili per ottenere uno specifico risultato (e proprio per
qu esto è la pi i1 intelligente - con1e vedre1110 nel cap itolo 20).
L'altro, e fond amenta le, è che occorre mettere le tecnologie al
scr,1izio delle persone - no11 ''iccvcrsa.
Ma per far questo occorre usa re con pazienza e con n1etodo
una risorsa preziosa, ch e nessuna tecnologia pub sostituire. La
materia grigia.
" Vedi ln co".~e:;tio11e co1111111h•atir~rr (http : / /ganci.alf . i r./oOOe/congest . ht.n\I.
5 Vedi S,1l11te
t•
111ala111ri ilrll'iuttruet (http ://gan.dalf .it/offline/off54 .hc.~
(oltre agi.i <iltri articoli, anche su questo terna. m http://gandalf .it/tecnclog/).
Un clamoroso esempio: Pm»m /l11/i11.i1 (http ://ganclalf .it/nodi/italiait .pdf).
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20 - L'arte difficile della semplicità
ire che una persona è "semplice" è spesso un nl odo
benevolo per definirla un po' stupida - o ignorante. È un
d iffuso pregiudizio che la stupidità s ia semplice e che
l'in teUigenza sia con1plicata. È quasi sempre vero il contrario.
Quando l'in tell igenza si pro pone in modo intricato, o
difficilm ente cornprensibile, vuol di re che è immatura. Per
raggiu ngere la s ua piena efficacia e chiarezza dovrà evolversi
verso la semplicità.
Complicare è faci le, se1npl ificarc è d iffici le. I più grandi
progressi nella fi loso fia, nella scienza, nella cu Itu ra, si
esprimono in term ini semp lici e chiari. A nche nell a pra tica del
lavoro, o n elle piccole esperienze d i ogni giorno, le soluzioni
pii1 efficaci sono quasi se111pre le più sen1plici.
L'esperienza ill uminante, e spesso affascinante, d ella sintesi
crea tiva - o d i un'intui zione che ci aiu ta a. risolvere un problema
- ci porta quasi sem pre a constatare che la soluzione "col senn o
D
di pc>i" appare 0 \ 1 vla, ma il 11ostro n1odo di ragion<rre e percepire
si era compl icato in m.o do da imped irci di vederla.
Da che mondo è mondo, uno dei problemi che ci rovin ano
la vita è l'accun1ul arsi di complicazion i inutili. In un periodo di
trans izione con1plessa, come quello in cu i stiarno vivendo,
questo fenorneno assurne una particolare in tens ità . l'vlolte cose
sono diventate più semplici, rispetto a un non lontano passato,
per la difft1sione di
co11osce11ze
e risorse cl1e prima
11011
c'era11c>
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o erano d is pon ibili solo a pochissi nH' persone. !Via ci s ti amo
and ie cornplicando la vita in in finiti modi, ch e in parte
dipendono dall a fa rraginosa inefficienza dell e comunicazioni,
in parte da l nostro co mportan1ento e da quello di altre persone
- e in parte da t111a s bag liata cc>ncezio11e e da t1n cattivo t1so
delle tecnologie (come abbiamo visto nel cap itolo 19).
Q ueste s tu pide compl icazioni sono una cosa molto diversa
dal ser io e profondo problema della complessità, così come è
stud iato dalla "teoria del caos" . Su questo argomento ci sono
alcune annotazioni (forse fin troppo semplifica te) in una breve
appendice a pagina 185.
G ià parecc)1 i an ni fa, a11cora prima cl1e si a rri\1 assc a certe
complicazion i che imperversano ogg i, tenevo appeso nel m io
ufficio un cartello che diceva J<ISS.
Come sanno quasi tutti, kiss in ing lese vuol dire "bacio".
!via è anche una sigla, abbastanza nota, che sta per kecp it simple,
stupid (press'a poco si può tradu r re "non fare lo stup ido, cerca
di sempli ficare"). Uno dci baci più a ffettuosi che possian10 dare
o ricevere è un po' d i semplificmdone in qualcuna delle tante
inu tili con1plicazioni che ci rovinano la vita ogni giorno.
C'è un grande bisogno d i semplicità. Sembra che, un po' per
volta, questa percezione stia com inciando a diffondersi. wferita
di essere ci tato, per esen1pio, un arti colo pubblicato da Cerry
JvlcC overn 1'11 d icembre 2000, intitolato In praise of simplicily. 1
Ri1eva che «Vi v in1110
in lltl tllOttdo i 11 c11i St-tbic11r10 COJ"ztirlt.tar11er1f(~
forzat ure di ca111bia111enlo e co111plessifo. Il 111ondo sta cominciando a
reagire. C'è 1111 crescente desiderio di semplicità».
Un(l cit(lzi<>ne più estest1, con un link (Il lesto or1g1nale, si trova in Elogio
de//11 ><'11111/icith (http ' I I ganda l f . i t /urnan I 2 S . h tm).
1
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20 - L' A l{rE DIFFICILE DELLi\SE~·IPl..ICITÀ
La complicazione, osserva Gerry N!cGovern, «è 1111.a sorta di
i11411innmen.to intellettuale che nnnebbin il pensiero. La complicazione
non è 1111 segno di intelligenza, m a piuttosto il segno di una mente
iperattiva affetta da bulimia. Il vero genio e la grande qualità stanno
nella capacità di trasforma.re uri problema complesso in. una. soluzione
semplice e concretamente efficace».
La stupidità del potere, come abbiamo vis to nel capitolo 10,
non nasce solo dalla con1plicazione. f'v1a spesso se ne serve per
d iventare ancora piìt s tupida - o per confond ere le cose,
renderle incomprensi bili, nascondere la semplice rea ltà d ei fa tti
dietro una corti na di inestricabili complessità.
Non solo la burocrazia, n1a anche altre oligarchie,
consorterie o corporazion i usa no spesso un gergo compl ica to,
i.ncomprensibile per i "non addetti", che serve ad affennare il
loro predon1in io e tenere in soggezione il resto dell' umanità.
Anche il mondo accademico o " intellettuale" ricorre spesso
al lo stesso trucco. Si esprim e in 1nodo in comprensibil e per
nascondere il fatto che non sa di che cosa stia parlando. E
anche per susci tare fra i catecumeni un r iverente lin1ore - la
percezio11e di esserestt1 pid i percl1é 110 11 r iescono a ca pire.
L' intell igenza è luce o lucid ità - non oscurità. Lo s tupido
non è chi non capisce, ma chi .non si sa. spiegare.
Natural mente non dobbiamo confond ere la se1nplici ti1 con
il sen1plicisn10. Una spiegazione a pparentemente semplice può
essere solo un'insu lsa bana lità, un infondato luogo comu ne, un
preconcetto diffuso quanto stupid o - o una sen1plificazione
solo apparente che ci viene somn1inistrala per disorientarci, per
togl ierci il d esiderio d i capire o di appro fond ire.
In altre pa role, la complicazione è quasi sempre stu pida,
ma non scn1pre ciò che sembra sem plice è intel ligente.
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L'arte dell a semplici tà è di fficile e sotti le quanto l'esercizio
dell' intell igenza. L'u11a e l'altro richied o110 irnpegno, pazienza,
approfondimen to, un'insaziabi le cu riosità - e una perenne
coltivazione dcl dubbio. Per quanto chia ra, nitida ed efficace
possa essere Lina sol t1zio11e, dobbiamo co11ti11ttare a cl1iederc i se
e come ce ne possa essere un' altra ancora più funziona le, piir
lu cida e più sen1 plice.
Sembra faticoso - e spesso è impeg nativo. tvla se sappian10
come apprezzarne il gusto pu ò essere molto d ivertente. Trovare
soluzion i o spiegazioni au tentica mente semplici è rasserena nte,
stin1<)la11te, piacev·ole, allegro, tal \'<>lta e11tt1siasn1ante.
La semplicità non è solo un a co nqu ista intel lettuale, è anche
un'emozione. Scoprire la ch iave semplice d i un p roblema
apparentemen te compl esso ha un intenso valore estetico. Ci dà
una chiara, inconfondibile percezione di bellezza e di armonia.
lnna111 orarsi della se1nplicità è t1n'esperienz a affascir1 ante.
Ed è u110 dei modi più efficaci per coltivare l'i11tell ige11za.
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21 - Errori di prospettiva
appiamo che la terra è rotonda. fVla la nostra percezione
quotidiana ci dice che è piatta. Sappian10 che l' orizzonte è
limitato, che occorre sal ire p iù in alto per vedere pi ù
lontano. /'vfa trop po spesso ci dimentichiamo d i farlo nelle
prospettive dcl pensiero e della curiosità. Reslian10 chiusi,
sen7.a nepp ure rend ercene con to, nell'ori 7.zonte ristretto del
nost ro punto di vis ta e del nostro piccolo cer<:hio di abitudini.
Gl i st udi su lla percezione ci dicono che ved ia mo le cose in
n1odo rn olto diverso non solo dalla cima di una montag na
rispetto al fond ovalle, 111a anche stand o in piedi o sedu ti - o
spostandoci d i pochi m etri. E che lo stesso oggetto, lo s tesso
disegno o grafico, pu ò avere d ivers e interpretazioni secondo
l' atteggiamento n1entale con cu i lo guard iamo.
G li esperimenti s ulla " tes timon ian za" ci insegnano che,
anche poch i minuti d opo aver visto la stessa cosa_, ogni persona
la racconta in modo diverso - non perc hé sta consapevolmente
S
me11te11do, 1na percl1é 11e l1a a\' L1to u11a diversa percezio11e.
Sappiamo che capire vuol dire "mettersi nei pann i degli
altri", osservare ogni cosa dal loro punto d i vista. Sembra
ovvio. !via, in pratica, è di fficile, p<.!rché non s ian10 abbastanza
abituati a cambiare prospetti va.
Se ho imparato molto da i lettori d i questo lib ro è perché
og nu no lo legge in mod o di verso. Ogni volta che qualcuno
legge tlasce lln libro nt1ovo, elle non è cil) che l1a scri tte>
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l'autore, n1a ciò che si forma nella 1nente del lettore, in base alle
sue esperienze e a l suo stato d'animo. E s pesso il commento di
un lcllorc mi ha aiutalo a capi re megl io l'opi nione di un altro,
proprio per il fertile incrocio delle loro d ivers e pros pettive.
L'in finita ricchezza e varietà della comun icazione è
a ffascinante. E la quantità di risorse co nti nua a crescere. ~'1a
ci uel l'abboo danza rima ne s terile quan do percez ioni troppo
ristrette rendono vuoto il dialogo o 1nisero l'apprendimento.
Qt1a11ti so110 abitt1ati a g t1ardare t11la carta geog rafica?
Possia.mo vivere tranq ui ll amer1te senza sapere a memoria qual è
la capitale della Quasilandia o la popolazione d cl Forsistan. J'vla
capiamo megl io s ituazioni, avvenimenti, opinioni, 1nentali fo e
culture se sappia.mo dove, e in quali co nd izioni, vivono le
persone a cui stiamo pensando - o con cu i, per qualsiasi motivo,
abbiamo un rapporto. 1
Non si tratta solo dell' utilità di cambiare prospettiva quando
è 11eces..(.)ario, per t1scire da ba1lali e devia11ti co11\ e11zior1i o per
capire meglio il punto di vista di qualcun altro. È sempre bene,
di qu alsiasi cosa si tratti, cercare d i v~·dcrla da punti di vista
di versi. Può essere sorprendente, talvolta affascinante, spesso
ill uminante, fare apposta. a cambiare 1.'a.ngolo di visuale. E può
essere utile anche cambiare li nguaggio. Jn che modo s i potrebbe
S\ il t1ppare la 11ostra percezione di qt1alcosa se provassin10 a
chiamarla in modo d iverso?
Vo rrei d ire, per inciso, che sa pere p iù d i una ling ua non è
solo utile per poter con1unicare megli o con le persone che non
conoscono la nostra. Una ling ua non è solo un lessico. I: anche
1
1
1 Alct1ni ese1
n pi d i
problen1i d i prospettiva si trova110 in:
nt:p : //9andal[ . iL/offline/prospétt . htm
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2 1 - E RRORI DI PROSPETTIVA
un elemento stru ttu rale di quella che i filosofi, con un tern1ine
solo a ppa rentemente "d ifficile", chiamano \"leltanschauung
cioè ''\risi<>nc dcl mo11dc> 2
Johann Goethe diceva: «Clii non conosce nitre ling11e non sa
nulla della propria».
No n si tratta solo delle differenze fra l' ita liano e il cin ese, o
deg li infin iti "gerghi" più o n1cno devian ti, come il politichese,
il lcga lcsc, il tecnich ese, il burocratese, il lctlcraricsc, l'astruso,
il n1odaiolo, eccetera, che sembra no - e spesso so no - fa tti
apposta per essere incomprensibil i ai "profani". C i sono varie
differenze di linguaggio (e perciò di fficoltà di con1prcnsione)
anche fra persone che "credono" di parlare la stessa lingua, ma
in rea ltà ne hanno una d iversa percezione.
Sono mo lteplici, ta lvolta cornici, s pesso devia nti gli errori d i
traduzione. J Non solo da una lingua a un' altra, ma a nche fra
diversi 1n odi di pensare e di esprimersi. E non si tratta solo di
"capirsi 1n egl io" nel dialogo con gl i alt ri, ma anche d i arricchire
le nostre risorse di conoscenza .
Naturalmen te ci sono prospettive diverse non solo ndla
lingua, parlata o scritta, ma in ogn i genere di comun icazione.
Strum enti "non verba li" (immag ine, movimento, atteggiamento)
1
'.
i r>uò sen1b rare che le persone ''di Jnadre li11gua11 i11glesc, o ra che la loro è
d iventa ta la "lir1gua g lobale'', s i trovino se1npre in va11taggio. tvla ci sono
n1oti vi per pe1l5are il co11t rario. Chi sa una sola li 11gua ha u11a capaci tà
culhtrale ristre tt a. Infatti i pili "$\:egli" fra gli "a11glofoni" cerca110 d i
i1npararne i;llmeno t111'altra per a vere ur1a risors<1 di prospc-lUva. E per
capire cl1!! l'ingl<ffie ntln è pill la "loro" li11gua, ma que lla del n1011do: vt'di
/J1 ton·e rli !Jnbek' il "glob11/ese" (http , / /ga ndalf . i t /uman/0 4 . h t m).
3
l",er esen11J10 .. . t•n elenco dj errori e incon·1prerl.Sioru fra la IU1gtla inglese
e quella 1taliani-l si lrova in http : I I ga nda 1 f . i~ /net/ ing 1 i~ . pci.f
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possono au1nentare l'efficacia d ella comunicazione, oppure
confonderla, secondo la loro intri nseca chiarezza o il modo in cu i
si combinano in un "insieme'' (ved i P11role e imnu1gini all' indirizzo
http : //gandalf . it/a rianna/parola . htm).
Oo \ rebbe essere t11' eserciz.io co11ti 11t10, t111a pere11 11e
ginna.s tica mentale, cambiare pros petti va in ogni cosa, cercare
sempre di "vedere" da punti di vis ta diversi. Non si t ratta solo
di un serio e metodico ap profondimento, che pub essere
laborioso e impegnati vo - ma a nche, pit1 faci lmente,. di una
varietà prospetti ca che, con un po' d i pra ti ca, pu ò di venta re
sponta neamente abituale.
t istintivo, in parte inevitabi le, che ognuno di noi veda le
cose in base alla posiz ione (fisica o menta le) in cui si trova. È
legittimo, in una vis ione relativistica, pensare che ogni pun to
possibile o immaginabile possa essere scelto con1e centro
dell'un iverso. 4 È ovvio che ogn i nostro stato di coscienza s i
trova in un (mu tevole e incerto) pun to di contatto fra un mondo
interiore e uno esterno. tv1a ciò non gius tifica il d iffuso errore di
rinunciare a capire che il nostro (per abitudine generale o per il
ruolo in una pa rticol are si tuazione) è solo uno degli infiniti
punti di riferimento possibili - e che capiamo assai poco se non
sappian10 collocarci anche in altre prospetti ve.
1
1\1.i scuw per t111~osser\'a:l.i011e c~te pul) sembrare astruS<-i. per chi non s i
occupa di asttl) (isica - o to2.zan1c11tc sc111plicistica pt: t' gli scic11ziati . l i
co11cctto di 1111nivct:So" è dcfi 11ito con1c "url i\1erso \1 isibilc" - ciò cl1e ci è
possibile vedere. J>t:rciò il ''ct:11tro'l è il }>u11to i11 cui si tmva l'osservatore.
4
Se
il
questa prospetti va a~~iu11giarno il 1'pri11cipio d i indt:tcrn1 i11n7.io11c"
d i Hciscnl>crg, cioè (rni scuso per l'irl1precisa sc1nplificazio11c} il fatto clic
os.o:;crvarc ur1 fc110111cr10 sigrUfica 111od ificarlo ... si co11ft:t11'1a che r1cssun
pt1n to di v ista si p uò considerare "a5.5oluto". Ur\ n1o tiv<> in
a bitt1arsi a ragio11arecon prospettive d i\1erse.
pili per
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2 1 - E RRORI DI PROSPETTIVA
Diceva Vitali ano Brancali: «Gli sciocchi si annoiano perché
manca110 di una qualità estremmnente fine: i l discernimento. L'uomo
intelligente scopre mille sfumature nello stesso oggetto, intuisce la
di<>ersità profonda di due fatti apparentemente simili. Lo sciocco non
distingue, non discerne. 11 potere di cui è orgoglioso è quello di
h'ovare si,,,ili le cose più diverse» . s
La vita può essere m olto noiosa per il continuo ripeters i
delle s tesse circostanze, deg li stessi discorsi, deg li stessi
esas perant i cliché. "Guardare da un a ltro punto di vista" non è
l'u nico modo per uscire da quel "circolo vizioso", ma è u no dei
più sen1plici e pi ù efficaci.
Non si tratta solo di usci re dalla prigi one dell e abitudini,
come abbiamo visto nel capitolo 15 - o di alimentare qu ella
i.nsaziabile curiosità d.i cui riparlerem.o nel capitolo 30. "Saper
vedere" in modo meno con venzionale, saper capire in un'ottica
diversa da quella apparentemente ovvia, cogliere gli aspetti che
s fuggono a una vis ione "unilaterale" ... non è solo un mod o per
<)SSere più intelligenti - o meno stupidi. È anche un' esperienza
interessante, piacevole, stimolante. Esteticamente " bella" prin1a
an cora d i essere culturalmente, e concretamente, uti le.
Cambiare prospettiva può essere molto divertente. Ed è
quasi sempre illuminante.
So I 11
IJiorio n>J11(111l,, Bon1pia11i, 1961, pagi11a 142.
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22 - Il problema dell'idolatria
tiamo precipitando nell'idolatria? Se lo chiedeva U1nberto
Eco sull' [spresso del 20 magg io 2004. Una sua energica (e
ben moti vata) stroncat ura del tru cul en to Glm d i f'vlel
Gibson sulla crocifissione aveva scatenato u.n preved ibile
diballito, in cui era emerso u n fatto preoccu pante.
S
l\'!olti non sa pevano d istinguere tra il fi l1n, cioè il rnodo in
cui la s toria era raccontata, e il fa tto in sé. Non capivano la
differenza fra il Nazareno e l'attore che ne recitava la parte, fra
l1na crl1d e le realtà e la sua rappresen tazi<)ne sce11ica .
Se si trattasse solo di quel fil m ... potrebbe essere un' insolita
d eformazione percetti va . 1v fa, come ri leva Umberto Eco, è un
fenomeno molto più esteso. Un suo studente gli aveva dd to:
«forse dobbiamo rivalutare gli iconoclasti•.
* **
11 d ibattito è an tico. Nell'ottavo secolo la rappresentazione di
irnmagin i sacre era stata vieta ta nell' i1npero bizanti no, mentre
poi la chiesa romana l'aveva consentita, a cond izione che non s i
trasformasse i 11 idolatria.
li problema è rea le. Ancora ogg i assisti amo a ogni sorta di
comportamenti in cui l'adorazione è rivolta a un oggetto (una
sta tua, un'immag ine, un simbolo, un amuleto) invece che a ciò
che intende rappresentare. Ma il fenomeno va osservato anche
da un altro punto di vista, indi penden temente da ogni culto
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rel igioso o da vane forn1e di s uperstizione. Un1berto Eco ci
propone «Una riflessione sull'atteggiamento dell'uomo moderno nei
co11f ro11ti del mondo meditliico, che 11011 vie11e più avvertito come
rappresentazione (fedele o distorta) delle cose, ma come la Cosa
Stessa. Che è la forma laica che assume oggi l'idolatria».
C ioè la realtà non esiste, conta solo la sua rap presentazione.
TI problema non è semplice - e merita qualche approfond imento .
• ••
Solo una piccola parte delle cose che esistono o che accadono pui:>
essere percepita direttan1ente. E anche quando "vedian10 con i
nostri occhi" non sempre siamo in grado d i capire il significato d i
ciò che ci sembra di vedere. Ci sono, comunque, ampi spazi di
interpretazione - e per gran parte delle cose che pensia1no di
sapere dobbiamo basarci su cii> che ci d ice qualcun altro.
Questo pone, a ll a ba se d i ogni filosofia, il Problema della
Conoscenza. E nell a quotidiani tà dell a vita e deJl'inform>1zion e
ci n1ette 11ella 11ecess ità di cercare di capire come sta11no le cc>se
al di là dei r11odi diversi, e spesso co11trasta 11ti, ifl cui ci arriva
un' informazione o una notizia. Con il perenne risch io d i non
capire bene - o di confondere la narrazione o ra ppresentazione
di un fatto co n ciò che realmente è accad uto o s ta accad endo.
t; già un problema serio che le nostre percezioni siano spesso
condiz iona te d a abitudini, preconcetti, cliché e banal izzazioni. E
che ci sia una prcoccupa 11tc ''omogeneizzazione'' i11 lutti i
siste1n i di (cosidd etta) informazione. !\Ila che l' im1nagine prenda
il posto del fatto è una d istors ione in pit1.
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22 - 1I.. PROBLEMA D El..l..'IDOl..ATRI A
** *
C'è semp re s tata, a nche pri ma dei dibatti ti s ull'i conogra fia, una
certa con fusione fra immagine e realtà. Nla ci sono fenomeni
caratteristi ci dcl tempo in cu i viviamo.
Un bufalo dipinto sulla parete di una caverna era un'opera
d'a rte, cioè u11a rapprese11tazio11e - ar1clle u11 r ito mag ico e u11
codice di appartenenza. Ma nessun ca vernicolo confondeva
l'i mmagin e o il totem con il bufalo in carne e ossa, che stava
conte preda e co111 e n1i11accia p<>co lonta110 da lla stia caver11a.
Oggi la s ituazione è molto diversa. Non solo perché
"assis ti amo" quotid iana.m ente a eventi lon ta ni che ci è difficile
\1
erificare direttamente.
***
Anche in un sis tema stru tturalmente ri cco d i informazioni non
verificabili ci sono percezioni tattili e an1bientali che ci aiutano
a distinguere.
Se leggiamo un libro o un giornale abbiamo la nozione fisica
della differenza fra la carta che teniamo in rnano e le cose che
qualcu no ci racconta o ci spiega. Anche quando, oltre a leggere,
vedia mo immagini è di fficile che u.n d isegno o una fotografia
sian<.) percepiti cont e ''la cc>sa" ar1ziché
t111a s tia
riprodllZÌ<>ne.
Se n11dian10 a teatro o al cinema c'è t1n'altretta11to co11creta
separazione fra spettacolo e s pettatori . Possiamo partecipa re
con i.n lensa emozione a ciò che ascoltitimO e vediamo, ma
ri1n a11c il fa tto che il pubb lico è seduto in sala, OH)nlrc gli attori
sono sul palcoscenico o s u uno schermo. l
1 11 caso scg11tilato da Urr1bcrto Eco ci fa pt-:-rlsarc cl1c, al111(~11 0 i11 a lcur1c
perso11e, la sir1dr<>me abbia rad ici così profortde da i11fll1en7..are a 11che il
n1odo in
Cl ii
s i pe rcepisce l l n fihll al c ine 1na.
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Con i mezzi "audiovisivi", da qu ando ce li abbiamo in casa,
la s ituazione è cambiata. Già con la rad io c'era no distorsioni
percettive. Le sollp operll radiofoniche, progenitrici delle sitcom o
teleromanzi di oggi, erano vissute un po' meno come spettacolo
rapprese11tatc>, t111 po' pil! come ascoltare t1na conversaz.io11e i11
casa dei vicini.
C' è anche la famosa vicenda dell'invasione dei mar zian i
sceneggia ta per rad io da O rson l.\/elles nel 1938 in base a un
noto romanzo di Herbert George \.\/ells - e da molt i interpretata
co1n.e un peri colo reale (una grande guerra stava per scoppia re
da\1 ver<>,
111 a
g li aggressori
11011 v e niva110
da Marte).
Q uesto fcnon1eno, ovviamente, si è molto accentuato con la
televis ione. E ha raggiun to livel li estremi (o forse r iusci ra nno a
inventare qualcosa. d i ancora peggiore?) con i cosidd etti renlity
sltow, che nu lla hanno di reale. 2
Accade anche il contra rio - cioè che il rea le sembri falso. Già
nel 1%9 s i era constatato che alcuni non credevano allo sbarco
su lla luna. Le riprese dirette dallo s paz io diffuse in televisione
era110, nccessa rian1e:~11te, 111escc>latc co11 si mula:!it)11i. Qtiesto
aveva provocato una confusione p ercettiva. S pecialmente fra le
categorie social mente deboli o emarginate negli Sta ti Uniti, o
altrove osti li alla potenza americana, si era diffusa l'opini one
che fosse un falso, un' in venzione propagandistica.
Anche se non siamo totalmente sprofond ati nel preci pizio
dell'idolatria, cioè di un completo rovesciamento dell'essere e
apparire, corri él111 0 co11tinl1a111 1'.:!11te il rischio di a vere percezioni
distorte che ci fanno cred ere l' incredibile o negare l'evidenza.
2 D ieter t-lildebra11dt, u11 presentatore telev isivo tedesco, d ice: «Crrrlia1110
sc1lo r1 ciò t/1e ·ue1lia1110. l'ertiò. ti fi 171u11rt/O e? l11 telf'i1i.;;Jo11 1~, <' retlù1 1110 11 tuffo,>.
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22 - 1I.. PROBLEMA D El..l..'IDOl..ATRIA
** *
Vorrei ri bad ire "a scanso di equivoci" ch e non ho alcuna
anti patia pr(~çoncetta per la television<~. Usata. bene, è un mezzo
di str:~ordin ari a qua lità. E potrebbe evo!versi in modi da
parecchi ann i tecnica mente possibi li, ma non ancora reali zza ti,
che ci offrirebbero risorse più flessibili e selettive.
!\•la il fa tto è che ogg i la televisione è la causa principale di
continu a confusione fra apparenza e realtà. E il fenomeno è
particolarmente grave in quell e (purtroppo estese) parti dell a
popolazione che fanno un uso molto sçarso d i al tre (onti di
informazione, di s vago o di spettacolo.
li nostro sistema percettivo è istintivamente capace di gestire
situazion i 1netaforiche. Un'i mmagine piatta alta venti centi1netri
che compare su uno schermo viene percepi ta come un a persona
in carne e ossa a grandc-1.:za naturale (i "prin1i piani", tipici dell a
sintassi televisiva, aiutano quell'effetto di illusionismo).
li linguagg io della televisione è spesso costruito in modo da
da rci l'i mpression e che quei personaggi siano in casa nostra - o
che noi s iamo dove stanno loro. Finte interazioni, con un
pubblico addomesti cato o inesistente, ci dan no l' ill usione di
essere "presenti" o di "partecipare". Così, con l'abitudine, non
riu sciamo più a distinguere fra il mondo a rti ficiale costruito in
un teat ro e qu ello in cui viviamo. 3
Anche nel la cronaca la percezione è deformata. Ciò che
accade ogn i giorno, ma non vedia .mo, ci sembra inesis tente. Ciò
che ci viene trasmesso attraverso l'occhio di una telecamera o
li'\ ufl<l \ 1jg nc tta sul .i'-.,lr 11• )1Jrkt'r, lllOlti a 1\1l i fa, u n padre stav~ can1b ia 11d o
u11a go 1111t1a so tto la pioggia n1cntrc il suo barnbino lo g uorda\'a, da
d e11tro l'auto mobile, attraverso il fi11estrino. E gli diceva «l''-lo, 110 11 J'1ltssit1u10
ca111biare ca1u1le».
s
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di una macch ina fotog rafica (e n1ostrato con vari mon taggi ed
elaborazioni di regia o di im pag in azione) ci sernbra "vero"
come se lo vedessi mo di rettam ente.
Se leggiamo una cronaca su un g iorna le, sappiamo di non
essere presenti ai fatti e d i riceverne la na rrazione così corne la
interpreta l' autore del l'articolo. In televis ione tend iamo a
perd ere quella d is tinzion~~, a confondere im magine e realtà.
L'artificiale diventa reale, l'apparire diventa essere. La
sitl 1azio11e si r<>vescia. È. vero,. reale, signi fica ti\1 0 ciò cl1e
compa re in televisione. Tutto il resto non esiste.
***
Che .le ico ne diventin o realtà non è u n'idea nuova. La
trasformazione d i s tatue o di pinti in presenze "incarna le"
percorre la storia umana di tutti i tern pi, dall'ant ico mito di
Pigma li one al Convi tato di pietra d i Don Giovann i, dal ri tratto
di Dor ian Gray all' arcivernice del professor Lambicch i sul
Corriere dei Piccoli di tanti anni fa .
tvla quel li so no giochi, n1iti, fiabe o invenzioni letterarie.
Invece ogg i la quotidia nità e la farniliarità della television e
sconvolgono il nos tro sis tem a percelli vo fino a rovesciare il
rapporto fra il n1ondo delle in1magini e quel lo del la realti1
anche quand o ciò che "crediam o d i sapere" ci arriva da altri
mass media, spesso asserv iti al predominio televisivo.
G li idoli diventano prigionieri dell' idolatria quanto i loro
adorator i. Non solo chi lo fa d i mestiere, ma anche chi per
qual siasi in otivo di \:er1ta ''r1<>to1 ' i11 tele\1isio11e, perde il co11tatto
con l' uman ità. Quasi tutte le persone che incontra credono di
avere a cl1c fare co11 il perso11aggio te le visivo, 11011 co11 l'essere
t1ma no cl1e 11011 co11osconc>.
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22 - 1I.. PROBLEMA D El..l..'IDOl..ATRI A
C hi vive in televisione d iven ta preda della sua im1n agine.
Fi nisce col chiudersi in una lussuosa spelonca e autoconvincersi
che qu el minuscolo e "autoreferenziale" tea trino sia il mondo in
cui vive anche il resto dell'u n1anità. iò una ps icopatia che tende
ad aggravarsi - e non sembra che si pratichino terapie efficaci.
** *
li problema del l' ido latri a non si r isolve diventando iconoclast i
- né iconofobi. Le immagini, usa te bene, sono sempre state un
modo efficace di com uni care JVla sarebbe importante ed ucare le
pers<>11e a ''decod ificare'' ciò cl1e vedor1<>1 ascolta110 e leggo110.
w!a tteo Marangoni ci inseg nava a "saper vedere" un'opera
d'arte. Oggi uno dci con1 pi ti princi pal i dcl sistema educativo e
informati\ 0 do\ rcbbe essere insegnare a saper vedere e sa per
leggere ciò che gli ap parati " med ia ti ci" ci so mnlinistrano.
Una società d i passivi id olatri imbambolati può sembrare
conven ien te a chi gestisc<) g li idoli, ma un sistema che si nutre d i
stupidità è condan nato a diventare stupido - con conseguenze,
come è facil e constatare, perico losa mente co111 plesse (ved i il
capitolo 18 sul "circolo vizioso" dell a stupid ità).
Devo co nfessare che talvolta sono preso da tentazioni
iconoclastiche, non solo quando gu ardo la telev isione, ma
anch e qua nd o vedo certi abusi d i im mag inerie sui giorna li - o
nell' internet. l\lfa ovviamen te non si tratta di abol ire, reprimere
o censurare alcuna form a di espressione.
1
1
L'im ptlrta11te
è no11 lasciarsi imbam bolare, in1par are a
distinguere e a capire. iò improbabile che qualcun o abbia la bontà
di iJ1scgnarcelo. Dobbiamo t-sserc osti natamente autodidatti.
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23 - Il potere dell'oscurantismo
egl i anni trascorsi dal la prima ed izione di questo libro,
ho avuto varie richieste da i lettori di approfondire due
forme d i s tu pid ità : l'oscurantismo e la superstizione.
Possono essere considerati due aspetti dt~llo stesso problema,
ma credo che meri tino un'analisi separala, in questo e nel
prossimo capi tolo.
Il contrasto e il con fli tto fra la luce della conoscenza e
l'oscurità dell a repressione sono un problcn1a antico, fin da.Ile
origini dell'um an ità. Un intreccio con1plicato e tu rbolento, che
esiste in tutte le fasi evolutive di tutte le cul ture.
Si potrebbe parlare del m ito d i Prom eteo, del vaso di
Pandora, delle fa tiche di Sisifo, dei misteri della Sfinge - o
deg li in finiti incroci fra sto ria e leggenda, fra scienza e
mitologia, fra ipotesi fi losofica e superstizione.
Un'anaJisi così estesa potrebbe essere affascinante, ma
richiederebbe stud i approfondili su tante culture diverse, in
diversi periodi e situazioni - e sarebbe im possibile riassumerne
il significato nel breve spazio di questo capi tolo.
Vorrei anche evitare di app rofond ire, in questa sede, il tema
del la fede religiosa. La fede, per sua natura, si sottrae a ogni
verifica - anche quando non è rigidamen te defini ta in dogrn i
"in fall ibiIi" o nell' interpretazionc lettera Ie d i "testi sacri" . Credo
quill abs11,-d11111 è un modo d i di re di incerta origi ne, ma
riassu n1e il pensiero di molti autori sull'argomento.
N
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Ognuno ha il di ri tto di seguire e praticare la fede che
scegl ie libera mente di pre ferire - anche, se così gli piace, di
venerare come dio Ras Tafari. 1
Il problema nasce quando u na religione (o qua lsiasi allro
genere di fede} viene imposta - con la forza delle arm i, con la
persecu7.ione degli iniedeli e deg li eretici (co me acca.d e ancora
oggi in molte parti del mondo) o anche, 111 modo meno
sa11gt1i11ario m a 11<>r1 m e110 repressivo, co11 il pese> di tisi..
costumi, abitudini e convenzioni social i.
Non s i tratta. solo di rel ig io1ù o di ideologie "assolutis te"
che non sopportano dissensi e pers eg uit ano gli eretici. Non
accade solo per opera di gerarchie ecclesiastich e, d i sette
prepotenti o di a ffilia zioni oppressive. C'è in tutta la stor ia
dell'umanità, e ancora oggi di ffusa anche dove è meno
evidente, una p resenza d i "pensiero oscuro" che riduce alla
cieca obb edienza, alla servitù, all'a nnu lla mento dell'id entità
uma na e di ogni capacità cri tica.
Fra i tanti percorsi dcl con traslo fra ragione e oscu rantisn10,
fra libertà e f(~pressio11c.~, sceglian10 11c une>, cl1e è il pi ù \ ici110
alla nostra cultura - e che conosciamo megl io, se abbiamo
dedicato un p o' d i attenzione alla nostra storia. L'evoluzione in
Europa dall' ulli1na parie dcl Medioevo ai nostri gi orni.
1
È ovvio che non si pu ò ridu rre un lungo e turbolento
mi lle1111io a u11'01noge11ea st1ccessio11e di "secoli bui'' . Nfa è
vero elle per m ille a nn i l' Europa è s tata im mersa in u n abisso di
Quella rcllgio11e esis te davvero. Si tra tta dei Rastararian, o '1~asta • in
Cianlaica, cl1t~ l1a11no C() n lc "t.iio 11 Ras Tafari, c ioè Hailé Scla~ié, il Negus,
in1pcrafl) t'C di Etiopia ptin1a e do1>0 l'occuf>azil) flC colo11ialc italiana
( i11vece è del tu tto in1n1agir1aria, e o vvian1e11te sole> iro nica, la relig io 11e
"P'asta(aria11", che ha co1ne ''dio" u110 spagl1etto).
t
11
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23 - IL POTERE DEl..l..'OSCURANTlS~·IO
povertà, vic>le11za, igr1oranza e repressione, 111 e11tre il pe11sierc>
era in gran parte scle rotizzato ne lla prigio ne fo rn1alistica
d ell'ipse dixit o ch iuso n el segreto d i confra tern ite esote riche.
Ci fu un profondo cam b iam ento molto prin1a dcl 1492. 2 Fra
il Due ce nto e il Trecento co n lo sv iluppo d ella letteratura "in
volgare", la crescita d elle università, una più di ffusa riscoperta
d ella c ultura classica, un'affascinante rivolu zione non so lo in
uno strao rdinario sviluppo che e ra insieme artistico, filosofico,
scientifico e tecn ico, 3 rna anch e ne ll a diffusa realtà sociale d e ll e
"arti e mesti eri". Si stabilirono così le basi d i una straord inaria
e\1 olt1zic)ne ct.1lturale cl1e cl1ian1ian10, 11011 a castl, Ri11asci 111 ento.
Lo sviluppo industria le era già com inciato nel Trecento.
Venn ero poi le esplorazion i d e i nav iga to ri, che aprirono il
p ercorso d eg li oceani. Lo svil uppo scie n tifico, che cominciò un
s uo p ercorso autonon10 ris petto alle costrizioni d ci prcconcclli
te oretici. E poi l'Illuminismo, ch e sembrava l'affer mazione
d e fini tiva di u n pred omin io d e lla Dea Rag ion e, d ei valori d i
"libe rtà, uguag lianza, fra ternità", di un'uman ità finalmen te
liberata dal preg iudizio, dall'ignoranza, dall'oppressione.
* **
2 Secondo flUtorevc>li storici (i.rl particolare .~rn1a11do Sapori e Carlo Cipolla}
l' i11izio dell'era " n1oderna" no11 comi11cia con il \ 1 iaggio tratwatlantiro d i
C ristofor<> Colo 1n bo, 1na co11 il fallin1e11to della ba11ca fiore11tina dei J>ert1zz.i
e dei Bardi (1343) che seg11è.) la fine d elJ'eco11o n1ia 1n edieva le. Il co11cetto
11on can1bia se si scelg:o110 a ltre d a te, a11cl1e nel secolo p recedente.
s Se oggi ~i i11voca s pesso l'id eale "leo1lardc.sco11 è per la 11cccssità sc1l1prc
più se11t ita, 11121 purtropf>O poco a ttuata, di l'itrnvarc qucll'irisicmc
arrnorl io..o;o di arte t: scit:11za, d i bclle1.za e f111lzio1lalità. di h.:crlica e
filosofia, cl1e si realiz7..ava no11 solo nel ge1l io "e 1l ciclo pedj co " d i Leo11ardo
da \ linci, 1na i11 tutta la cultura d i q uell'epoca.
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E ora .. . a che punto siamo?
Dopo i confl itti socia li dell'Ottocento e le rni tologie del
"ballo Excelsior", 4 dopo il progresso scienti fico e le catastrofi
politiche dcl Novecon to, siamo arriva li finalmente al Secolo dei
Lumi? Pare proprio d i no.
Siamo somrnersi dall e superstizioni. Credere nella cabala, o
11cj numeri ''in ritardl)'', o in altri in1magi11ari sistemi profetici,
potrebbe essere un innocuo gioco se non ci fosse gente che si
rovina con il lotto o con altr i gioch i d'azzardo - e se cri teri
altrettan to ass urdi non fossero applicati in ogni sorta di diverse
situazic>ni. E>
Credere nell'astrologia potrebbe essere una bizzarria da
salotto se non ci fosse un numero esagerato di persone d isposte
a prend erla s ul serio - con l'incred ibi le sostegno di gran parte
della stampa (con1presc testate "autorevoli") e d i quasi tutta la
televisione. Ritornerò su questo argomento nel capitolo 24 anche a proposi to d ell' impressionante prol iferazione di profeti,
carlon1anli, maghi, stregoni, indovini e turlupina tori di varia
specie (compresi i crirninal i che pron1ettono di guarire ogni
sorta di ma lattie).
Ma l'oscurantismo non s ta solo nell e forme pi ù palesi di
supers tizione. C i sono molte altre "cred enze" ingiustifi cate o
superate, abit udin i che s i continuano a segu ire anche quando si
è dimenticato il motivo della loro origin e - e a quell e della
trad izione si aggiu ngono nu ove, non meno assurd e, fa lsità .
Su lle "celebrazioni del pl'ogresso" vedi 1-t 11n1big11ilù 1iel/$i1111oi1trzio'1t
(http : I /ganda ! 5 . it/ ari ~nna./ i nno,1az . htm).
.J
5
Ved i il capito lo 10 sulla stupidità d el potere, il capitolo 18 sul circo lo
\'izioso della stt1pidità e il capitolo 22 sul problen1a dell'idolatria.
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23 - IL POTERE DEl..l..'OSCURANTlS~·IO
C i fa paura la mi naccia di perso ne indottri nate da ottusi
rnisticisr11 i, capaci d i s tticidarsi per farci saltare per aria. Ma
non ci rendiamo conto d i q uan te perversioni si annidano anche
nella nostra cultura (che possono essere, o sen1brare, nlcno
sanguinar ie, ma non per qu esto sono meno pericolose).
Legg iamo con sgomento le s to ri e di assassi ni imba mbolati
da rit i satanici o a ltri p erversi ceri monial i, ma no n ci
accorgiamo di qua nto siano diffuse credenze altrettanto
d istorte che posso no portare a og ni sorta di persecuzioni,
sofferenze, violenze e oppressio ni. 0
e
li progresso del la scienza ci lascia sgomenti .
passato
meno di un secolo da quando si è capito che non solo era
vali da la teoria copern ica na, ma le dimensioni dell'un iverso
sono scon fina tamente più g rand i di q ua nto avessimo mai
in1maginalo. La nostra percezione, contro ogni evidenza,
riman e tolemaica. Non solo ragioniamo come se la terra fosse
al centro d i tutto, ma abbiamo percezioni defo rma te anche d i
ciò che accade su l nostro pianeta (vedi il capitolo 21 a proposito
deg li erro ri di prospettiva).
C'è un continu o approfo ndi1n ento s ulla natura intrinseca di
materia ed energia, sulla struttura e l' origine della vita, che
porla a scoperte e ipotesi affascinanti, nla anche d iffi cili e
sconcerta11ti. La scie11za non può e non de\''='! offrire certezze,
deve essere per<m nemeote a.perla a nuove esploraz ioni che
rimetto110 i11 discussjc>ne •.)g11i te(.)ria.
6
Vedi le
r1el car,1tolo 15 (pagir1a 84) sti lla stuiJ1d1tà del
e l'arlicoJ(> su quel terrla che si lro,,a alllir1dirizzo
osser\~zi.zioru
''fo11<la1tu~ntaJisn10"
http : //ganda lf . i~/arianna/fondamen.h~ro
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Ma qu esto è un p roblem a per chi cerca il rifugio di nozioni
più semplici e rassicuranti - e così cade fac iltnente preda di
consapevoli inganni o d i ass urde fan tast icherie.
Ogg i possian10 d ubitare, in parte, dell e teorie d i Da n vin,
perch é le nos tre conoscenze si sono evol ute d ai s uoi tempi ai
nostri giorn i. 7 iY[a c'è u n'ost inata di ffus ione di tend enze
retrograde e oscuran tis te che, con tro ogni evidenza, negano il
concetto fondamentale d i evoluzione. Con conseguenze
cultura li, socia li e politiche molto preoccupant i.
A bbiamo impa rato, aJ meno i.n teoria, a r ifi utare il razzism o.
l\1a continu ano a proliferare, con ogni sorta di travestimenti,
modi d i pensare e d i agire che considerano "superiori" alcune
categorie d i persone - e alt re " inferiori" .
C i sono, ancora oggi, mostruosi e feroci atteggiamenti che
si traducono in spinte al genocidio (sia che si tratti d i
sterminare i '"diversi'', o di ridt1rli i11 scl1iaviti1, o di lasciarli
mori re i n co 11diz io 11i disu ma11e - o cl1e, i 11 sitl1azio11i 1t1 e110
eslrcn1e, nla non per questo accellabi li, siano conservale o
cr eate infi 11i te fo rme di repressio n e o e111a rg i11 azÌ(>ne).
Le "cacce all e streghe" non sono finite. Anche se non
vediamo rog hi in p iazza, e la tortu ra non è più legitti ma ta
(aJmeno in apparenza) com e s trumento di inq uisizione o
risorsa per ''salva re le a 11 in1e", C<>11ti11t1ano le persect1zic>n i e le
"demonizzazioni" di attegg iam enti e comportamen ti che non
p iacciono a un potere consolid ato, a un'ol igarchia prepoten te o
a lt 11a fa.z io 11e aggressi va cl1e v t1ole impo rre ll ll a SU<l d evia11te, e
spesso delira nte, visione del mondo.
7 Vedi J..'eclis..;i di D11n(•ÌJ1 (http : //gandalf . ic/arianna / darwin . htrr,) e
L'evoluzionf• riell'~·è.•ol11:;io1u· (http : I /gandalf . it/ a r ìanna/dar\.,.in2 . htm).
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23 - IL POTERE DEl..l..'OSCURANTlS~·IO
Abbiamo una preoccupante tend enza a credere in ciò che
somiglia ai nostri schemi menta li, ai nostri pregiud izi, alle più
sciocche e convenzionali abitudini dell a cu ltura in cui viviamo
o alle più bi zzarre deformazioni e convenziona li ma nie dcl
sistema i1lfc>rmati\'O i11 cui sian1 0 in11n ersi .
E tendiamo anche a no n percepire, o a rifiu tare come fa lso e
irrilevante, tutto ciò che ci disturba perché non corris pond e a
un banale preco ncetto, a un nlio pe provincialismo culturale.
11 vero progresso - di una persona, di un'organizzazione, di
una cultura, dell'in tera. umanità - sta nel mettersi continuam ente
in discussione, ncll' avere una voglia inesauribile di imparare, di
C:\ 1 olvcroi, di capire.~.
li progresso scientifico, pu rtroppo, non ci ai uta abbas tanza,
perché è separato in tan ti settori ristretti, inca pace d i trova re
quelle si ntesi co1nplcssivc che potrebbero nutrire non solo u na
evc>lt1zior1e 11el la ca pacità di co11oscere e capire, ma arlcl1e t111
arricc himento della nostra quotid iana uma ni tà. tv!a la scienza,
se è libera, ha un vantaggil): 11011 può mai ''~ccontc11larsi , n(>n
11
pu ò ri~1iegarc stt se stessa, deve se111pre cercare nttovi C)rizr..011ti
e 11uove prospettiv e - rin1et tere co 11ti 11 t1ame11te i11 discl1ssio11e
ogni ipotesi, teori a, m etodo, sistema o processo cogn itivo.
C'è tuttavia
un
problema, complesso e
difficil e. Fra
co11osce11za e pr(.~il1dizio, ll1ce e oscurità, 110 11 c'è t1na separazio11e
netta. Ci sono oscurantismi nelle culture pit1 libere e in novative,
come possono esserci inaspettati segnal i di saggez:r..a e profondità
do\ e e.ced iamo d i lrc>\'are soltl arre tratella e:• superstizione. Ci
sono apparati scientifici e filosofici che sen1brano dedicati alla
ricerca della conoscenza mentre sono arroccati nell'arrogante
difesa di privilegi cu lturali. O sono k gati a inter('SSi di potere econon1ico, politico o accademico.
1
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In realtà ill um inismo e oscurantismo non sono separati da
un confin e netto, non so no du e schieramen ti contrap posti e
reci proca mente impenetrabili. Si m escolano continuamente in
un tortuoso, turbolen to e n1utevole intrico di contraddi zioni e
contaminazioni, in cu i non è facile dis tinguere i percors i della
chiarezza dai labirinti della confusione.
Stiamo vivendo in un'epoca di rinnova to e aggressivo
oscu rant is1no? 1v!olti segnal i ci d icono che è così - e ci fanno
rimp iangere quei mom enti nella nost ra storia in cui ci sono
state forti e ch iare spinte d i allarga men to del la coscienza e dell a
conoscenza. Ma sa ppiamo che in tutti i ten1pi c'è una
mescola11za di IL1ci e ornbre - e cl1e 11011 c'è mai stata u11'epoca
così luminosa come la vediamo nel ricord o (cogl ien done g li
aspetti più bri llanti, perché è da quelli che poss imn o trarre una
più vivace ispirazione).
Insom ma ... le lezion i della storia so no sempre utili, ma non
è faci le capire la s ituazione complessa e turbolenta in cu i ci
troviamo. J\1olte cose sono cambiate - e in alcune, anche
in1portanti, c'è un reale progresso. J\4a se ci ill ud iamo di essere
"progred iti" e consapevol i perdiamo la nozione dei nostri lim iti
- si speg ne in noi il desid erio di i.m parare, scoprire, m.ig li orare.
Se invece ci rend ian10 conto di quante cose nel mondo d i ogg i
sia110 oscure, e cercl1iarno <>g11i gior110 d i capire u11 po' 111eg lio,
non solo possiamo attenuare il potere dell'oscuran tismo, ma
anche arricchire la nostra u1nani tà.
Non è faci le trovare un piccolo punto di luce in una diffusa
oscu rità, come un faro lontano nella notte. 1v!a chi ha avuto
gueJ I' esperienza sa q uanto s ia gradevole - e confortan te.
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24 - Stupidità e superstizione
on è facile rugionarc sulla superstizione, perché è un
tern1i11e vago, impreciso. Ha co11fini incerti e s fttmati .
La defin izion e può essere molto soggettiva. C iò che
per una persona (o una cultura) è una sciocca superstizione,
pu ò essere qualcosa in cui ultri vog liono credere. E ognuno,
naturalmente, deve essere libero d i cred ere in ciò che vuole.
C'è anche il fatto che in molte epoche (e la cosa non è finita)
sono s tati trattati come superstizione o s tregoneri a concetti che
oggi considerian10 basati s u solidi sviluppi scientifici. Ed è
probabile che anche don1an i la scienza ci dia un'inaspettata
conferma di qualcosa che oggi sembra un' ipotesi azzarda la.
Per arrivare al centro del problema è necessa rio (come nel
capi tolo precedente) n1ettere d a parte ogni rnateria d i fede,
religiosa, ideolog ica, politi ca o d i quals iasi al tra specie. Con
una linea d i separazione ch e s pesso è insid iosa mente sottile.
Per ese1npio s i può essere di convinta fede cristiana senza
N
c redere al valo re 111iracc.)loso di t111a reliqttia o di t1n'in1m,1gine,
alle infini t•) apparizioni di angel i, santi e d iavoli - o a.Il a
continua prol iferazione di statu ette e simulacri che grondano
lacrin1e o sangue. Così con1e si può "credere" a quel genere di
cose senza avere alcuna profonda fede rel ig iosa.
Da ur1 altro pt1nto di ''ista, pt1ò essere eccessivo cl1iamare
"s uperstizione" qualche piccola scaramanzia, cui talvolta
vanno soggette anche persone di scarsa credulità .
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Per esen1pio nell'a ndar per mare ci sono vari tradizionali
pregiud izi in cui quasi nessuno davvero crede - ma molti (s ia
pure scherzand o) ev itano di invocare inutiln1ente la s fortuna .
Una di quelle scaramanzie dice che il colore verde (quando non
è un fana le, una luce di posizione o una parte d ella band iera)
porta disgrazia.
Un episodio fra miHe esempi che si pot rebbero citare ...
nelle selezioni che precedevano la Coppa A1nerica del 2000,
uno dei consorzi pii1 forti decise d i sfidare la leggenda
tingen do di verde gl i spinnaker della s ua barca. La rottura di
molte d i quelle vele fu uno dei motivi per cui perse la s fida. Fu
colpa dell'effetto chi1nico di una tintura poco sperin1entata? O
del disag io di un velaio superstizioso? O di un po' d i
nervosis mo dell'equipaggio per un colore "infausto" ? Non lo
so. tv1a de\ 0 co11f<..'Ssare cl1e, se 111i tro\ assi per mare su una
barca con le vele verdi, non sarei del tutto tranquillo . .,
1
1
Molti (me compreso) ogn i tan to si divertono a scherza re
'·
chiamando "scaramanzia" ciò che è se1nplice buon senso
nell'essere preparati a proble1n i inattesi. Com e nel caso della
"legge d i 1vlurphy" (vedi il capitolo 4).
' .
Insom ma possiamo tracciare dove ci sembra più gi usto il
limite fra la credu lità e la fede - e fra le credenze perverse e
qualche innocua abitudine con1e qu ella di n1ettersi addosso un
t ~·1a
poi, nc llt: sclcziot1i per la Coppa A 1nt: rjca 2007, la
supc~rstizio11c
fu
efficacemente sfatata dalle buo11c prcstaz.ioni della "sfida SJ'ag1'1ola" con
urla b!lrca che 21\'CVa lo scafo \ 1crdc. Tu tfa\ria url superstiz ioso ostinato
potrebbe osscrvllrc cl1c quella barc.'l, rionostantc lllcu11c \1 ict:ntit:
'' fortu 11atc", 11on att'i \1ò irl finale - e cht: la " 111nlasortc" sembro affl iggcrc
le succcssivt: disaV\1cntu re dcllll .411u•rù·11~;.; C1r11, a\rvt:lt:flatc da mar'lcggi,
polen1icl1e, dissc11Si e con1plicazioni cl1e i11quinano il p rogettc> d elle sue
futu re et.i izio11i.
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24 - S r UPJD JTi\ ESU PERSTJZJONE
piccolo oggetto "portafortuna" . In mezzo - anche se non è foci le
definirne i confin i - rimane qualcosa di rnolto insidioso: la
supers tizione. Può essere sorprendente conslalare quante
pcrso11e, cl1e n<.ln S<.lnl) 11é scioccl1e 116' ig11oranti, ricsc,1no a
"credere" i11 cose assl1rd e e bizzarre, se11za chiedersi ql1ale possa
essere l'origine di varie usanze, timori e pregiudizi.
Un po' di ricerca storica ci fa scopri re che passa.re sotto un a
sca la era pericoloso (tal volta può esserlo ancora oggi) se sopra
c'era qualcun o al lavoro che poteva lasciar cadere un martell o.
Si p uò pensare che le s upers tiz ioni sui gatti deri vin o da lla
credenza che fosse l'a nin1ale dell e s treghe. l'vla ci può essere
una spiegazione pii1 prosaica. L'im provvi so passaggio d i un
ga tto nero nella notte poteva far imbizzarrire i cavall i.
1\fel Settecento, q uando nacq ue l' idea che un cappello sul
letto porla sfortuna, non era cons igliabile mettere dove si
dorm iva un ricettacolo di sporcizia e di parassiti che
prolifera vano nel le parrucche incip riate. E, a qu ellepoca, i
"g uai" stavano nel fatto che gli s pecchi erano oggetti rari,
costavano 1nolti soldi e ci volevano sette a nn i di lavoro per
molarli e incid erli . 2
]; elenco degli t'Sempi potrebbe essere lungo. Sono infinite le
usanze e le ''crcdc112c" che in passat<.> avC\ 01110 forse u11 1nc>ti vc>,
1
nla oggi conti 11ua110 a essere segt1ite se11za neppure sapere perché.
Sono innocue? Non sempre. Se cominciarno, anche in
p iccole cose, a credere nell' incred ibile risch iamo di scivolare
verso s ituazioni peri colose. Perché possiamo farci d el male se
u sia m o, per t111a malattia o per qualsiasi altra cosa, u11 rirnedio
2 Gli t\sen1pi cita ti sono tratti da Sibn1ori
~i
1tit1e11f11 d i Elda La11za,
Mo ndadori, 2005, pag ine 126 e 127.
135
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o una cautela sbagliata. Perché possia mo di ventare prigi onieri
di abitud ini che supera no la soglia delle "piccole man te
i1l11ocuc'' e diventano opprimenti osscssioi1i.
Ma c'è d i peggio. Perché le superstizioni sono spesso lo
strumento di ch i vuole approfittarne per a ffermare il s uo potere
sug li altri. Per rubacch iare un po' d i soldi .. . o per fare da nn i
enormemente più gra ndi. Come approfi tta.re della sofferenza,
del dolore, della paura per pron1ettere rimedi im possibili o
imrn ag inarie for tune - e cos'1 peggiorare orribilmente le
cond izioni di chi è già in g rave di fficoltà.
t inevitabile, a ques to proposito, guardare con occhio
critico il co mportamento dci cosiddetti mass media.
Come g ià osservato nel capitolo 23, televisione, g iorna li,
eccetera ded ica no una qua 11tità incredibil e di attenzione anche
a mag hi, fattucchiere, indovini ... e all'astrolog ia. Che d uemila
ar1ni fa, qt1ando c'era scarsa disti11zio 11e fra sci e11za e n1ito..
poteva essere in qualche rn od o connessa con l' astronomia . 1vla
oggi è inconci liabile con qualsiasi conoscenza s ulla s truttura
dcl cos mo - o anche solo del sistern a solare. J
C i sono trasrnissioni dedica te ag li oroscopi anche nelle piir
"im portanti" em ittenti televisive. Rubriche su li' argom ento
anche in rivis te considerate "serie" . Per non padare d i in finiti
personagg i che in pubblico e in privato con duco no assurde
Tal"•olta un p il:col<l dettaglio può dare u11 scgru.'llc 1100 i1·ri lcv.1f1tc. Per
csen1p io un articolo ilei CorrierP tiri/a Stra dcl 9 ottobre 2006 era dedicato
all'osserva torio ostl'Ofl()ll\ ico Ju t'lgfta11joch c.;~1c si t t'O\'a a 3.585 n'lt~h"i sul
livello dcl 1n are. Una ''istosa d ic.iascalia diceva cl'lc "il laborat<>rio più alto
J
d cl rl1011d o " si o ccu pa d i astro log ia. ]:' robabilme11te è solo u 11 rcruso o un
lrtf1:'1t:> ~·11/a1ui, llla è sinton1atico cl1e qua lcur10, 11clla n.'<'.iazior1c d i u.n
"gra 11de" g io rnale, po..<isa i111n1aginare una stazione scie11tifica in cin1a a lle
Alpi s vizzere ded ica ta a (a re orosco pi.
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24 - S r UPJD JTi\ ESU PERSTJZJONE
conversazioni su l ten1a «di che segno sei?». t: facile ind ovinare
la risposta di editori, d irettori, redattori, auto ri e conduttori di
progran1mi. «Qut'Slo il pubblico vu ole e questo gli dobbiamo
dare>>. l'vla non è una scusa accettabile.
Non d ico che s ia il caso di mettere negli oroscopi un avviso
carne quelli s ui pacchetti di sigarette: «È scientificamente
insostenibile e può nuocere aJla sal ute mentale». Sarebbe inutile
e potrebbe avere leffetto contrario. )Via sarebbe desid erabile che
la "grande informazione" avesse un comportamento un po'
meno irresponsabile e s mettesse di incoragg iare continuamente
ogni sorta di superstizioni. E così ev itasse d i nutrire il "ci rcolo
vizioso della stupidità" (capitolo 18).
Natu ralmente l'astrologia è solo uno fra tanti esemp i. C i
sono tante, troppe cose in cui abbiarno l' abitud ine d i credere o a cu i ci piace credere per un'infinità d i 1nolivi, dal desiderio
di ill uderci al la tentazione di dar forma a ogni sorta di
.irnrnot ivate paure (capi tolo 14).
li ri1nedio non sta in un'i potetica (e spesso d iscutibile)
"razio11alità assolttta" . En1ozio11i, se11ti 111~nti, intuizi<>11i, fa11tasie
sono essenzia li alla co mpletezza e all'equilibrio della natura
umana. Sono importanti e necessarie per lo sviluppo d ella
conoscenza, almeno quanto l'uso melodico della ragione. Ma
possian10 leggere con piacere un bel libro di fiabe senza per
questo temere che un or.co ci d ivori o sperare che una benevola
fatina ci tiri fuori dai gua i.
Possian10 sognare, 11el son110 o a occhi aperti, di salire fra le
nuvole su un tappeto volante o a cava ll o di un ippogrifo. Ma al
risveglio, o all a fine di una pausa d i fantas ia, dobbiamo ritornare
in un mondo in cui per volare ci vuole un aeroplano - o almeno
llll paracadt1te.
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Possiamo s tudiare un'an tica leggenda, scoprendone i
contenut i e i va lori (talvolta profond i e affascina nti) senza per
ques to " prendere alla lcllera" i suoi aspd li meno credibili.
Possian10 accettare J'amn1oni men to del padre d i An1leto anche
se 11on credian10 ai fantasn1i .
4
Insomma è meg li o stare in g uardi a. Perché, si a pure con
tutti i necessari "dis ti nguo", cimaoe il fo tto eh.e la s upers tizione
è una forma per niciosa di s tu pidità. Quand o qualcuno,
facendoci credere l'incred ibile, app ro fi tta della nostra ingenui tà
- con u n danno che p uò va ri are da ll o spreco di denaro a gravi
d isagi o a una totale riduzione in schiav itt1. !via anche quando
11on c'è alctl tl i11ter\ e11to ester110 e sia n1 0 11oi a fa rci d el n1ale
per i pit1 assu rdi motivi .
1
..J La fTl:\sc.: più 1
1ota !'1on è fra le czy.:;e che dice il fantasma del pati l"C, llla è ufl
co111n1e11to di An1leto al st10 a inico: «Ci ~<)'10 J'i1ì co~e i11 cielo~· i11 lerru, Orazio,
tli 111111'1 t e ~1g110 la trut filosofit1» (\·Villian1Skakespeare, 1\111/eto, atto 1, scena 5).
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25 - La stu.pidità sta crescendo?
utti gli studi di antropologia, con1e ogni generale
definizio ne del genere umano, in un n1odo o nell'altro
considera no l' intel ligenza come un segno distinti vo della
nost ra specie. Ma, anche prima che scegliessimo d i altr ibuirci
l'arrogante definizione 110mo sapiens, c' è sempre staia qualche
perplessità su q uanto l' uman ità fosse davvero "sapiente", o
consapevole, o sempre capace d i m ig liorare. Q ua.ndo poi, per
d istinguere la nos tra specie da altri "umanoidi" relativan1ente
evoluti, abbiamo raddoppiato q uella defi ni zione, chia1nandoci
i'lomo sapiens sapiens, sono a ncora aum entati i du bbi su lle nostre
capaò tà di imparare dall'esp erienza.
Alcuni progressi, specialmcnt·c in ca1npo scientifico, ci
danno un' in1pressione d i migliora mento. Ed è vero che gli
svil uppi ci sono. l confin i della conoscenza contin uano ad
alla rgarsi. Ma più es tesa è l'esplorazione del "conoscibile", più
crescono le perplessità - e si rivclai10 fragili, inadeguate, le
nostre capacità d i capire.
Da un altro punto d i vista, l'osservaz ione dei fatti che ci
ci rcondano, delle cronache quotidia ne, delle notizie che ci
ar ri va no da vici 11c> o da lo11ta 11c>, ci porta a cl1 iederci se
l'uma nità sti a diventando sempre pi è1 stu pida.
Prima di cercare un bandolo in ques ta intricata m atassa,
vorrei cita rl~ un testo che m i ha indotto a qualch e med itazione
sull'argomento.
T
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G iova nni Sar tori, in un arti colo di fondo sul Corriere della
Sera del 15 agosto 2006, affrontava un argomento d iverso da
quelli che gli sono abi tua li. l nvece di occu parsi d i p roblemi
costituzio11ali, si facc\ a alclsne doma11de acltte e ~icrti 11 e11ti
sullo stato dell'i ntell igenza uma na. lvi i sembra interessante che
una men te acuta e lucida come la sua sia così preoccupa ta della
situazione in cui ci troviamo - e consideri incombente e
devastante il potere della stupid ità. f\lla, in piìt, si pone un a
doma nda : sti amo di v<~n tan d o p iù stu p id i? Il titolo dell 'articolo
è L'intellige11za decresce11te. Comincia con questa osservazione.
«Leggo che uno studio di una università americana scopre elle noi
- noi genere u1n.ano - stiamo diventando non solo piit longevi, più
nlti, più belli, ma anche piì1 intelligenti. Questo proprio non me
l'aspettavo». La lesi, infatti, è m olto discutibi le.
Non so quale università abbia fa tto quel lo studi o - e devo
confessare che non mi interessa saperlo. L'esperienza ha
largament•~ d imos trato che nessuna delle cosid dette misure
dell' intel ligenza ha un ragionevole valore scientifico, né una
credibilità accettabile in termi ni di buon senso. Ed è ancora
meno cred ibile che ci p ossa essere u n confronto significativo
fra l'in tell igenza del genere um ano ogg i rispetto a un non
meg lio identificato periodo precedente. Con1e s piega Sartori
più avanti nel s uo articolo.
«La questione dipende da come /'intelligenza viene definita; e per
l't1pp1111to il concetto di intelligenza sfugge piì1 di ogni altro al nostro
inlelli gcrc. Se ne possono dare decine e decine di definizioni (11011clié
centinaia di mis11re). Nulla di male, pert'IÒ, se in questo mare magno
propongo questa mia definizione: una persona è intelligente
(potenzialmente, in nuce) se sa apprezzare /'intelligenza di '"' tiltro. Se
no, è stupida».
1
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25 - LA ~,.UPI DITA STA C RESCENDO?
Riconoscere, capire e rispettare l' intelligenza altrui è utile,
anche se non è s ufficiente. È esagerato afferrnare che questa
possa essere " la misura assoluta" dell'intel ligen za. !via è uno
degli atteggian1enti che contribuiscono a rid urre il potere dell a
stupidità. Anche in ques to senso, è importante saper ascol tare.
Ed è un fatto d imos trato che il più s tupido degli s tupid i è ch i
crede d i sapere tutto o si illude d i essere sen1prc intelligente.
Do po aver fatto, all' inizio di qu esto articolo, interessanti
osservazion i s u alcun e grandi intelligenze di du em ila anni fa, e
su I mndo in cui il pa trimonio di conoscenza e d i esperienza
accumu lato nella s toria dell' u1nanità oggi rischia di andare
disperso, Sartori deduce alcun e conseg uenze dalla definizione
che ha scelto.
uD11nq11e basta cambiare definizione per cam/Jiare il discorso. E
certo la mia definizione già mette di per sé in serio dubbio la tesi della
"intelligenza crescente". ilila In tesi cont raria. della "intelligenza
decrescente" è anche sostenuta da forti prove. La prima è nel mio
argomento sull'homo videns c/1e soppianta l'homo sapi ens
sapiens confinandolo al piccolo mondo delle cose visibili, rendendo/o
incapace di astn1zione, e anclte ormai di capacità di concentrnzione».
La s toria dell' umanità dim ostra ch e, anche in passato, la
nost ra s pecie è spesso cadu ta a li velli che poco n1eritavano il
presuntuoso agg~>ttivo sapiens. [Via ci sono, nel mondo di ogg i,
situazioni ancora pii1 preoccupan ti.
•C'è poi» - contin ua Sartori - «il gravissimo problema di come
il pianeta Terra. possa sostenere piì1 di sei miliardi di 1Jiventi (ancora
in forte crescita) senza collassare. Questo collasso è evidenziato dal
fa tto clte respiriamo aria sempre piir avvelenata .. . che l'acqua è
sempre più scarsa (così come lo sono le risorse energetic/1e), e così Pia.
Eppure i più - ancora moltissimi - di questa imminente catastrofe
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ecologica se ne infischiano . .. li che equivale a dire, per la mia
definizione, che siamo stupidi, e anche piì1 stupidi elle tn.ai vista
l'enonnità del problema».
Esattamente un anno più tard i, il 15 agos to 2007, Giovanni
Sartori è ritornato sull'argomento. 1 Concludendo con questa
osserva7ione: «Ci siamo j1'egiati del titolo di homo sapiens sap iens.
fo..1a un'umanità elle non sa salvare se sl·essa da se stessa merita semmai
il titolo di homo stupid us stupidus».
Se il problen1a d ell'ambi ente fosse l'un ico che ci affl igge,
basterebbe per essere molto p reoccupante. l\ifa le cronach e
quotid iane (quando non si perdono in una dilagante palud e d i
insu lse banalità) ci dicono che abbia mo parecchi altri seri
problemi. E non solo siamo incapaci di risolverl i, ma abbiamo
una sconcertante capa cità di aggravarli.
Per qu anto convincenti siano le osservazioni di Giovanni
Sa rtori (con1e quelle di altri autori che si preoccupano dei
sintomi di "stupidità crescente" - e in generale le frequ enti
consta tazioni d ì problemi che continuano ad aggravarsi) non mi
sembra chiaramente dimostrato che J' un1anìfo oggi sia molto
pi li stupida di prima. Forse l'intelligenza della nostra specie non
è "decrescente". ivla il fatto t? che- nonostante alcune iJ\tuninanti
cccczi(>11i - è sempre sta la, e rima11c, "i11sufficic11lc''.
La definizione dell a s tupidità con1e una "costante", che per
dimensioni, effetti e consegu enze rimane sempre la stessa, in
epoche, si tuazioni e circosta nze diverse, è un "postulato" di cui
111a11ca qttalsia.s i verifica qtta11ti tati \ a o co11fer111a n1isur<1b ile.
r..•la, come metodo concettu ale, è un criterio utile e ragionevole.
1
1
Ved i 1·101110 st11pid11s st1111ùt1~ (http :I /gandalf . i t./ off .:ine/sarto!."i2 . ht.iV.
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25 - LA ~,.UPI DITA STA C RESCENDO?
C'è a nche chi pensa che la s tupid ità, se non è a u1n enta ta,
sia cambia ta. Corn e, per esem pio, Leo nardo Sciascia: «Una ce'l'ta
malinconia, 1111 certo rimpianto ci assalgono tutte le volte che ci
imbattiamo in cretini adulterati, sofisticati. Oh i bei cretini di u.na
z:o/ta' Genuini, integrali. Come il pane di ca.sa» . 2 Al di là di ogni
nostalg ia, è vero che si molt iplicano i travestimenti, facendo
ap parire "raffinato" o " innovativo" ciò che è se1nplicen1ente
stupido. Ma non è solo un problema della cultura d i ogg i.
Co me osservava, quattrocento anni prima, fV1ontaigne:
«Nessuno è esen/·e dal dire sciocclrezze, il male è dil'le con presunzione• .
Per qu anto ossessi va e im perversante s ia oggi la s tupidità
presuntuosa, non è una novità . È solo moltipl icata dalla
qt1a11tità
degli strumenti con cui comur)i ca. 3
1:
inuti.le ch iederci se s tiamo diventando più stu pid i. È una
pericolosa illusione credere che stiamo d iventando più
intelligenti. Q uello che sta di lagando in modo sempre più
pernicioso è il potere della stu p idi tà.
li problema s ta nel la di1ncnsione delle conseguenze, che
no n ave\'<l mai avttto u11a tale v·astità. C i stia 1110 av\1 ici11a11d o,
con p reocc upante veloci tà, al linlite dell'insos tenibi le. Non
possiamo p ermetterci di lasciare imperversare le molteplici
conseguenze della stu pidità umana . .E: d iventata pressan te la
necessità di essere, se non pili intellige11ti, aJ n1e110 ltn po' m e110
stupid i. t d ifficile, ma non è impossibi.le - come ho cerca to di
spiegare in tutto questo libro.
2
In Nero $ 11 " ""' (1979) poi compreso ;,, Op.••'<', Bompi~ni, 1989.
~ Vedi un'osservazio11e di E11nio
Flaia110 a pagina 148.
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26 - La stupid.ità n.on è ''innocua''
robabilmcntc uno dci motivi per cui la stupidità è
pericolosa è llna scarsa co111prensione del stto i11sidios(>
potere. ]\Ili sto chiedend o se, in tan ti anni di ragionam enti
sul problema della stupid ità, sono caduto in un errore di
prospettiva. Quanto è diffusa la percezione che la s tupidità sia
"innocua"? Forse piì1 di quanto può se1nbrare.
Q uasi tutte le (1n olte) persone con cui ne ho parlato sono
convinte che s ia un problema gra ve. Tutti i testi s ignificativi
sull'argon1ento (esclusi gli "stupidari", cioè banali raccol te di
casi o storielle più o rn eno comiche) la considerano pericolosa.
Tutti i comm enti dei lettori di qu esto libro esprin1ono vari
livelli d i preoccupazione. l Eccetera.
P
Eppure ... s to co1ninciand o a capire che è più d iffusa di
qua nt<) p e11sassi ur1 a \ aga percehio11e d i ' i 11n ocuità
Non
esiste, che io sa ppia, alcun "sondagg io" sull'a rgomento. Se ci
fosse, non mi fiderei dei risultati - per i n1otivi che sono
spiegati in J\tlen tire con le statistiche. 2 lnsornrna non ho alcun
modo di "m isurare" le d imensioni del fenom eno, ma sembra
più esteso d i qu anto si possa immagi nare.
1
2 Vedi
2
1
1
'.
http : I /ganda : f . i t I s tUl)id / l ettor i . htm
Vedi il hbro di Darrell Huii pubblicato da Monti & Ambrosini editori
( h:tp • //ht l w s . it ~
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Per qua nto sono riusci to a capi re, non si tratta d i una
percezione consa pevole, o rag ionata convinzione, che la
stupidità possa essere innocua. Più semplicemente, non ci
pensano. E sono anche (senza pensarci) convinti che lo stupido
sia se1npre "qualcun altro" . Non voglio d ire che chi trascu ra il
problema s ia sempre, o necessariamente, stupido. Nfa è, come
minimo, distrailo ... e con il suo "non badarci" aiuta, senza
sap~rlcl, a pegg iorare il da 11110 .
Seneca diceva : «Di tanto in tanto è piacevole essere stupidi».
Può essere vero, .ma è meglio che non diven ti un' abitu d ine.
Ennio Flaiano non ha mai scritto un libro s ulla stupidi tà. tvla
il teina è ricorrente in molte sue osservazioni - e s pesso trattato,
anche se in brevi "accenni", in modo brillan te e incisivo.
In pa rtico lare q uesto, pubblicato cinqu ant'an ni fa in IJinrio
n.otlunw (n el corso di un dialogo con un personagg io, credo
in11nagina ri o, che è ing lese e che si ch iam a Ross). 3
In un di alogo sugli "scri ttori nuovi", "Ross" d ice di temere
che .oggi i più superficiali e i meno onesti finiscano col ricorrere nl
solito espedie11le retorico di urw letteratura e di 1111 pe11siero
demagogici e nnziona/isti». Agg iunge però di s perare «che tra
cost·oro vi siano sollnn lo degli innocui stupidi». ·•
J: Qtreste citazjo11i di E 11n io Flaia110 so11<> tra tte da /Jt ~a.~gezzd ,1; f)ic~'t11itk,
un testo 11el Viario ,l\ i'<)fft1 r11v pubblica to da Bon1piani 11el 1956. Si trova 110
nell'edi:lione Adelphi, 1991 a lle pagine 99-101. Un' altra (vedi il capitolo
27) è fra i testi raccolti in J) iario tl<,<(li err<>ri, pubblica to "postt11no" nel 1976
- a pag ina 160 nell'ed izione Adelphi, 2002 .
[1 ptol>lc1n«1, così (!Videntc oggi, della prolifer.1zio11c di libri iriutili,
cffin'lcti, ttnscura ti e trascurabili, era g ià preoccuparl fc cinquarl t'an 111 fa.
.J
C J1issà che cosa avrebbe scri tto Er111i<> F laiano se a\•es..-c;e pott1to \redere
)'"attuale d egenerazione dl tutto il sisten1a ed itoriale.
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26 - L A STUPID ITÀ :-JOK È "IN:-JOCUA"
«Francamente» - commenta Flaiano - «da Ross non mi aspettavo
questa palese contraddizione in te11ni11i. Quando mai uno stupido è stato
innocuo? L-0 stupido più innocuo l1vva sempre un'eco favorevole Ilei
cuore e nel cervello di!i suoi contemporanei che sono almeno st11pidi
quanto lui: e sono sempre pareccl1i.
Inutile poi aggiungere clte niente è più pericoloso di uno stupirlo
clie afferra un 'idea, il clie succede con u1Za Jreq11enzn preoccuprmte. Se
uno st11pido a!Jerra un'idea, è fatto: s11 quella costruirà un sistema e
obbligherà gli nitri n condividerlo».
]o altre parol e, è p ericoloso trascurare la s tup idi tà. Fingere
( > in1n1aginarc che possa essere "innocua" è u110 dci modi per
rimancrnt>vittima. E, quel che è peggio, neppure accorgers i di
qua nto se ne è contag iati.
«/)ebbo precisare,, - con tin ua Flaiano - «Clte la stupidità hn un
suo fa scino, si s110/ dire persino che è riposante. Difatti succede c/1e le
persone e i libri più sciocchi sono quelli che piÌI ci ammaliano, che più
ci tentano e che ci tol:;:oniJ ogni difesa. L'esperienza quotidiana ci
porta anzi a credere che la strrpiditìI sia lo stato pe1fetto, origirwrio,
dell'uomo, il quale trova lmono ogni pretesto per riaccostarsi a quello
stato felice. L'intelligenza è 11na sovrapposizione, u.n. deposito
successivo, e soltanto verso quel primo stato dello spirito noi
tendiamo per gmvifo o per convenienza» .
Cioè la stl1 pidità no11 è sc>lo co11siderata ''i1111oct1a'', ma è
anche "riposante"? Purtroppo c'è qualcosa di vero in questa
consta tazione. C'è
t 1n' inerzia,
c.1t 1asi
tt na
co11n ivenza, che
con tribuisce ad au n1entare l'insidioso potere della stupid ità.
Un al tro con1mento di Flaiano si trova poco più avanti: «Ho
un solo motivo di consolazione. Si crede comunemente clie gli stupidi
sodalizzino. No11 è vero. Nessuno odia e disprezza tanto uno stupido
q11anto 1111 altro stupido. Se così non fosse... ».
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È una sca rsa "consolazione". Se è vero che gli s tupidi non
"sodalizza no" - o non sono cosc ienti d el modo in cu i si
aggregano, perché una caratteris tica degli stup idi è non sapere
di esserlo - è a nche vero che la stupid ità è co ntagiosa. E, poiché
chi ne è infetto non lo sa, l'epidemia è difficilmente curabile.
Qu esto è uno dei motivi per cui i l potere della s tu pidi tà è
pernicioso - e le di fese sono s pesso inadeguate.
In un altro articolo s Ennio Flaian o osservava: «La stupidità
ha fatto progressi enormi. È un sole d 1e non si può piì1 giiardare
Jissa1r1ente. Grazi<? ai 111ezzi dr' co1111111icazio11e, r1or1 è ttetr1n1eno più /cl
stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, lui ridicolizzato i l
buon senso, spande il terrore intorno a sé» .
Non credo che i sistemi di potere, e in parti cola.re le
salottiere "aristocraz ie" della comunicazione, siano tota lm ente
coscienti d i quanto fanno per di ffondere la s tupidità - e,
farla sembrare "i1111c>cL1a''. Ma so11<l
tiominati tial l'atr(1gan te, q t1 an to ingenu a, co 11v in z ione di avere
co11te1npora11eam e11te,
il monopol io dell'i ntelligenza - e perciò il di.ritto, se non il
dovere, di trattare tutti gl i altri da stupidi. "Consolandoli" con
scherzi e lazzi su quell i che sono, o si fanno semb rare, ancora
più s tupidi d i .l oro. Senza accorgersi di quan to, così facend o,
au mentano il già troppo domina nte potere della stup idità.
Insomma c'è poco da scl1erzare. L' l1morismo e l'iron ia (i 11
particola re l'autoi ronia) possono ess<!re rim edi efficaci co nt ro la
stupidità. rvla gli autori più attenti, come Enrtio Flaiano, non
cadono nel l'errore di cons id erarla sol o comica - perché sanno
che, cosl facend o, non s i potrebbe ca pire la sua perversa natura.
C(>rriere (/elltì Stra, 15 11larzo 1969. Si trova 1n /..11 solitirli1re lit i :;atiro,
Ad elphi, 1996, pagina 310.
5
148
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27 -Alcune citazior1i
assime, aforisn1i, detti, citazioni e proverbi sono
s pesso p i<1 banali che in teressanti. l'vla ta lvolta una
breve frase p uò dire pi ~1 d i tanti lungh i discorsi.
Un'antologia di osservazionj s ulla stupid ità o sull 'intelligenza
potrebbe rien1pire decine di pagine. Questi sono solo alcuni
esempi, che spero possa no accend ere qu alche piccolo stimolo
di curiosità. Per ev.i tare ogni "gera rchia" sono in ordine
alfabetico per au tore.
M
Prevedere il frituro è 1111 ottimo modo per essere un autore di successo.
Quando si scoprirì1 c'1e le mie previsioni sono sbagliat e sarò morto.
Scott Ada1n s
Ci vorrebbe
A ltan
1111
vaccino contro la stupidità. E gli effetti collaterali?
Clii pensava che la terra fosse piatta aveva torto.
Chi pensava. che la terra fosse sferica aveva torto.
/via c'1i pensa c'1e credere che la terra sia sferica
sia altreUanto sbaglilllo quanto credere che sia piatta
sbaglia piì1degli altri due messi insieme.
lsaac Asi1n ov
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
È piì1facile tro11are libri stupidi elle libri sulla stupidità.
Ca ri Wi lli arn Brow n
Non c'è opinione cos·ì stupida
che qualche filosofo non la possa esprirn.ere.
lvlarco Tullio Cicerone
Chi impara, 111t1 non pet1.S(I, è perduto.
Chi pensa, m.a non im11ara, è in pericolo .
Confucio
Solo gli imbecilli non sbaglitmo mai.
Chnrlcs Dc Gaulle
La terra, il cielo, gli nstri, l'infinito. Ci si sente schiacciare.
l\1a c'è un infinito ancora più stupeft1cente: la stupidità 11numa.
Alcxandrc Dumas
Sono incline a dubitare di qualsiasi complotto,
perché ritengo che i miei simili siano troppo stupidi
per concepirne uno alla pe•fezione.
Umberto Eco
0 11e l"OSe sor10 ;,.1/iJ·1ite: l'11r1iver.s(> e la st11pidità.
Sr.cll 1 111ziverso t10 tl SOtlO sic11ro.
Alber t Ei nstei n
150
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27 -
A LCUNECIT1\ ZI01'l
f-Jo .fatto qualche studio sulla stupidità umana,
mn non sono riuscito a r>rovare che la min propria stupidità.
Dppure quella che piì1colpisce 1' quellrt altrui.
Enn io Flaiano
Tre cose occorrono per la .felicità: buona salute, egoismo e stupidità.
J\ifa senza l!t stupidità le altre sono inutili.
Gustavc Flaubert
/'idati delle parole semplici e della semplice aritmetica.
Non fidarti rii parole complicate e di conhnue
affermazioni di tranquil/ifo.
Pau l Foley
Le persone piì1stupide che conosco sono quelle clre sanno lutto.
f\ilalcolm Forbcs
Le teste di legno .fan. sempre del d1iasso.
Giuseppe Giusti
La gr1lleri11 degli orro ri televisivi spieg11 cosa voglia
dire essere impiegati dell'an.ticonformismo, burocrati
della t·rnsgressione, estrem isl'i dell'insulsaggine.
A ld o Grasso
Fretta: quella eccitau.tissùna perv1,rsione di vita: la necessità
di fare qualcosa in un tempo minore di quan to ne occorre.
Ern est Hemingway
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Non attribuire a consapevole malvagilÌI.
ciò elle può essere spiegato corne stupidità.
Non sottovalutare 111(1i il potere dell(I stupiditil umana.
Robert Hei nlein
li genio può avere i suoi limiti, ma la.stu.piditÌl
1·1 01i sciffre tli tali ,-11.eno1·11azio1zi.
El bcrt Hubbard
A/men.o due terzi delle nostre disgrazie nascono dalla stupidità
umana, dall'umana malvagitb e da quelle grandi motivazioni
e giustificazioni di 11111lvagitì1 e stupiditì1 c11e sono il dogmatismo
e lo zelo prose/itistico al servizio di idoli religiosi o politici.
Aldous
Huxl•~Y
La creatività è l'improvvisa cessazione della stupidità.
Edwin Land
Ciò elle il bruco c/1iama fine del mondo,
il resto del mondo cl1im11a fa1falla.
Lao Zc
'
f, facile essere saggi.
llasta pensare qualcosa di si 11pido e dire il coni raJ'io.
Sam Levenson
t
meglio lacere ed esser presi per stupidi
che paJ'lare ed elimina re ogni dubbio.
(a ttribuilo ad Abraharn Lincoln, Confucio e altri)
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27 -
A LCUNECIT1\ ZI01'l
Essere intelligenti non è un delitto. Nln in. •11111si tutte
le società umane è considerato, come minimo, scorretto.
Laza rus Long (pseu donimo di Robcrt Hcinlcin)
Uno stupido è 1111.0 stupido. Due stupidi sono due stupidi.
Diecimila stupidi sono un.a forza storica.
Leo Longanesi
Il buon. senso c'era; ma se ne stava nascosto, per pa11m del senso comune.
Alessandro l'vlan zo ni
La stupidità può indossare lutti i vestili de/l(l verità.
La verità invece ha solo una veste in ogni occasione,
e solo una via, ed è sempre in s<1an.taggio.
Robert Musi!
Si paga caro l'acquisto del potere; il potere istupidisce.
Fried rich N ietzsche
Entù111011 sunt m11ltiplica11da praeter necessil(ltem.
\Ni ll ia1n Ockham ["rasoio di Occain" ]
La semplicità. Cosa rarissima ai nostri tempi.
Ov id i.o
Sclls11mi se ti ho scritto una lettera l11nga,
non ho avuto il tempo di scriverla corta.
Btaise Pascal
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
La stupidità è alla radice di tutte le altre impeifezioni umane
- e le inquina inesorabilmente.
\'\/alter Pilki n
Lti costanza di 1111'abit11dine è di solito proporzionale alla sua assurdità.
f\~arcel P ro ust
Se vuoi evitare di vedere un cretino rompi lo specchio.
François Rabelais
Non è la televisione clte crea i deficienli di oggi,
è la scuola che alleva quelli di domani.
Antonio Ricci
Il problema del mondo è che gli stupidi sono troppo sicuri
e gli intelligenti so1w pieni di dubbi.
Bertra nd Russell
Quanto più già si sa, tanto più bisogna imparare.
Con il sapere cresce in uguale misura il non sapere,
o meglio il sapere di non sapere.
Fri cd rich Schiller
È difficile decidere quando la stupidità assume le sembianze
della fwfimteria e quando la furfanteiia assume le sembianze
della stupidilì1. Perciò sarà S1m1pre difficile giudicare eqwimente i politici.
Arthu r Schnitzler
Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido che crede di essere saggic>.
l'\/illiam Shakespeare
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27 -
A LCUNECIT1\ZI01'l
Cli uomini non sono saggi in proporzione all'esperienza
quanto alln loro capacità di fare esperienza.
Gcorge Bcrnard Shaw
C'è un. imbeci//e dentro di me. Devo approfittare dei suoi errori.
Paul \laléry
I-lo i11terrog11to la mia ragione; le lzo diiesto che cosa sia.
Questa domanda l'Ila sempre confusa.
Vol tai re
No11 c'è peccato tran11e la stupidit?i.
Oscar 1-Vildc
Nelle valli verdeggianti della stupidità t>er i filosofi
cresce pi ì1erba cli e sulle nude altu re dell'intelligenza.
Ludw ig Wittgcns tcin
Alcuni scienziati dicono clw l'idrogeno, perché è cosi abbondante,
è l'elemento fondame11tale dell'universo. Non sono d'accordo.
C'è più abbondanza di stupidità clze di idroge110, perciò
è la stupidità. l'elemento fon.dam.entale del/'11ni<1erso.
Fran k Zappa
Forse la più an tica mass in1a sulla slu pidilà che la tradi.zionc ha
conservato - e la più sp esso ripetuta - è quella dcll' Ecclcsiaste:
«t infinilo il numero degli slolli». /via non ba~ta constata re le
scon finate d i.mension i della st upidità. L'importante è cercare di
capirl a un po' nlcglio, per poterne ridurre le conscguen.zc.
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28 - Un argomento imbarazzante
ulla la storia della cultu ra umana sulla s tupidità (con
rare eccezioni, come alc uni testi citati in ques to libro) si
può ridurre a una co nt inua ri petiz ione di du e
atteggia menti banali - che non ten tano di capire il problema,
ma sono molto efficaci nell'evitare d i a ffrontarlo.
T
Uno è la condan na sprezzante degli stolti, visti sen1pre come
"altri". li che vuol d ire che spesso è consid erato stupido ch i ha
idee d iverse da quelle d i un certo autore che si considera
"saggio". b un modo con1odo e sbriga tivo per liberarsi dal
fastid io di dover affrontare un dialogo o un dibattito. In fatti era
in voga migliaia di anni fa e non è meno di moda ai nostri giorni.
];altro è la d erisione. Lo s tup ido è quello d i cui si ride, la
vittima des ignata di burle, beffe, lazzi e sberl effi. Anche qu esto
è un modo per evi tare il problema - e per sca ricare addosso a
qualcun altro non solo la s tu pid ità, m.a anch e ogni genere di
diversità e di incomprensioni. Chi non pensa e non fa come noi
è stupido. Perché perder ten1po a cercare di capi rlo, qua ndo
ba sta considera rl o goffo e ridi colo?
Jnson1ma siamo anda ti avanti p er migliaia di a n.ni a
rin1uoverc il probkma della s tupid ità, a tentare d i esorcizzarl o,
a cercare tutti i modi possibili per evita re di g uarda rlo in faccia.
Non è solo un comportamento stupido, è anche un segnale del
fatto che la s tupidità è imbarazzante - e ne abbiamo paura.
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
C i sono, in q ues to desolante contes to, d ue eccezioni cu riose
e interessa nti. Una è il cornportamento d i alcune cu lture tribali
(ma ripetu to a nche in situaz ioni s tori ca mente più evolute) che
i11\'Cce d i rifili larc ll n a perso11a con lln n ttegg ia111ento insol ito, o
di emarginarla come " lo stolto" o " il pazzo", la consid era no
provvista d i qualità speciali, di ca paci tà. s uperior.i.
È interessante scopri re che, in molti casi, questo non è solo
t111 modo per re11dere socialn1e11te accettabil e t111a persc>na
"di versa", ma anch e per d are spaz io a chi ha davvero q ualche
tratto di geniali tà o insol ite capacità percettive.
L'a ltro fenomeno, nel suo genere esemplare, è l'istituzione
dcl gi ullare, o "buffone d i corte" . Un personaggio che non ha
ra ngo, né credenziali di "saggezza", ma ha spi rito e ingegno
beffardo. Si accetta e si incoraggia il suo traves tirsi da "s tu pido",
perché così le sue irriverenti bizw rrie possono essere accolte
senza imbarazzo e senza quella severa pun izione che sarebbe
d'obbligo S<? le stesse cose fossero dette d a una persona "~~aggia"
che si renderebbe col pevole d i "lesa maestà" .
Ci sono anche interpretazioni letterarie d i questo ruolo, come
il classico Ber told o d i Giulio Cesare Croce - e le ana loghe storie,
saghe e fiabe satir iche in diverse lingue e cultu re, che coltivano il
valore dell' ironia, riscattano e incoraggiano la capacità dci "più
deboli" di s fidare la prepotenza con l'astuzia di fingersi sciocchi.
Il fa tto, na turalmente, è che i "bertoldi" ci sono sempre
stat i, ci sono anche oggi, e q uando non si lim ita no a p iccole
"buffonerie" s uperficiali possono d are un notevole contributo
alla vita lità della cultura e d ell a consa pevolezza sociale.
Queste sono soluzioni intelligenti quando servono a rid urre i
confl itti della diversità - o a offrire qualche spazio di irri verenza
in una cultura troppo rigida, gerarchica e convenzionale. Ma
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28 - U!'\ A RCO~IEf\1TO l~·IBAR1\ZZANTE
possono essere anche mani erisn1i abitud inari e difensivi per
mettere da parte, senza a ffrontarlo, il problema della s tupid ità o per ridurlo a un'occasione d i scherzi, burle e ironie.
Jnsomma la stupidità è imbarazzantc. Fi n che si ridc, si
ride. J\•la quando si tratta di capire ... s i cercano tutti i modi
possibili per evitare l'argomento. A nche ch i ha il buon senso
d el l'au tocri ti ca - e il buon gusto d i sapersi prendere in giro difficilm ente accetta l' idea di essere, almeno in parte, stu pido.
Sia mo disposti ad ammettere di essere un po' matti. Perché
pensiamo che qualche elemento di pazzia sia frequ ente nei geni
(il che è vero, special mente quando s i considera follia qualcosa
che gl i altri non capiscono bene - o un modo d i pensare che è
in disaccordo con la cui tura convenz ionale). !via anche ch i non
ha alcu na genialità può essere simpatico, spiritoso, diverten te
sc s i concede qualche trailo di innocua pazzia.
!via s tupidi? Che orrore, Possiam o anche fingerci stupidi,
qua nd o ci fa comodo per sch ivare una domanda imbarazzan te
o una rcsponsabililà indesid erata. Ma amn1cltcre d i esserlo ... è
tcrrorizza11te.
A qu esto proposito ci sono alcune interessa nti osservazioni
di u n au tore che ho g ià citato nei capi toli 1 e 2. In U ndetslanding
$t11pidity James ~\lelles spiega com e, lavo rando sul p roblema
della stu pid ità, si s ia trovato a ca mbia re atteggiamento. 1
1 .A. Ja 1'l\~ \·Vcllcs va l'ico11oscit1to il 1l1crito di essere ur10 dci pocl1iS;<;ÌJ'lli
autol'i cl)c, in\'CCC d i scaricate In stupid ita soJo sugli altri, ricor1oscc a11c~1c
la propria. «So1ro ::; /1110 J,1f•-r:;.,•guilalo» - d ice - <-<li11rru1t~· l11 ..:( rill11r11 df'l 111io libro
(/11/lt 1,f1,ùtt rtU' 111orir> dfi 111it'i 11it1 .-;t u11ùti fi1llin1f'11li. f-lr> ~·ouli11 ru1111t' t1lf' ri1u•1r:-:alo
ai 111it'i 11it1~(itJrtlti t rrori-.:.. Credo cl1c urta tale autocoscienza, prima a ncora
cl1e a utocritica, sia necessaria per poter rag io11are in n1od<> u11 po' meno
ba 11a le d el soli to sul proble1na d ella stt1pidità.
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«All'inizio» - di ce l.Yelles - «l'intenzione non era seria. 1Vfi
aspettavo di scrivere t.tn libro leggero e giocoso. Ha assunto un tono
più serio man nu11w che mi rendevo conto di quanto incredibilm.ente
importante sia la stupidità. P11ò essere comica; è certamente
interessante; ma è molto discutil1i/e cl1e si possa continuare nei nostri
tradizionali errori. La stupidità è troppo importante per poter essere
messa da parte come una tragicomica fonte di umorismo».
li primo, necessario passo di ogni e fficace s tupidologia sta
nell'affrontare a occhi aperti non solo il fa tto che la s tupidità
esiste, e ce n'è assai pii1 di quanto siamo abi tuati a pensare, ma
ancl1e l in1baraz.La11te cl1nstatilzio11e c11e la stupid ità è ttna
caratteristica fondamentale della natura un1ana. E che tu tti
siamo, in q ualch e 1nis ura, stupidi - di sol ito più d i qua nto
crediamo se non abbia1no dedicato sufficiente a ttenzione a
1
val t1tare e co11c>scere la nostra stt1pidità.
La stupidità non è bella da vedere, ma non è la gorgone
~'ledu sa. Non ci ann ichilisce se la guardi amo. Al contrario, ha
paura di essere vista . Preferisce annjdarsi alle nostre spalle che
risch iare la chiarezza, per lei innaturale, di starc i davanti. A ma
loscuri tà e g Ii angoli bui, teme la Iu ce e teine il nostro sg uardo.
Affrontarla, conoscerla, capi rl a è il primo e fondamentale passo
per ridurre il s uo insidioso potere.
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29 - Errare hu1nanum
arcbbc sciocco ili udcrs i che c1 s ia un modo per non
sbagliare mai. Non esis te un patri monio di intell igenza,
esperienza, com petenza, co noscenza e metodo cos)
perfetto da eliminare ogni possibilità di errore.
Non sempre gli errori son o stupidi. Quando la lezione che
si impara vale di pi[1 del danno provocato da un errore, il
risultato s i colloca nel quad ran te dell'intelligenza (di questo si
è parlato nd cap itolo 4 a proposito della " legge di Murp hy") .
Pul> accadere anche che un errore rivel i un d ifetto nel m odo
in cui era sta ta presa una decisione o imposta to un progetto. Se
non ci lim itiamo a correggere l' errore, ma riusciamo a capirn<~
le cause, possiam o arrivare a una soluzione più intelligen te.
Se n1ettessin10 un neonato in un an1biente chiuso e s terile, e
lo lasciassi1110 crescere in quella situazione, al primo contatto
con il mondo esterno rischierebbe d i morire, per un inad eguato
sviluppo dcl s uo sistema i1nmunitario.
S
E altretta nto pericoloso non sbaglia re mai - o illuders i di
essere infallibili. Se cad iamo nell'abitudin e (ca pitolo 15) di
ripetere gl i stessi comportamen ti, a nche se in passato avevano
dato buoni risultati, il p roblema non è solo che smettia mo di
imparare. Sta anche nel fatto che, in pratica, le si tuaz ion i e i
comportamenti non sono mai esattamente uguali. L' abitud ine e
la routine si sclerotizzano, attenu ano le capaci tà pcrccltive e ci
inducono a perdere progressivan1ente contatto con la realtà.
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Una forma diffusa di stupidità è l'incapaci tà di a111n1ettere i
propri errori. Non solo di non confessarli agli altri, ma di
nasconderli anche a se stessi. li coraggio di dire, e di pensare,
"ho sbagl iato" non è solo onesto. tanche un n1odo intelligente
di ridurre il potere della stupid ità.
È importante anche saper gestire g li errori altrui. Quando
ciuak uno sba.g lia non basta s tri llare "sei s tupido". Perdonare
pub essere più civile, ma non è s ufficiente. Dobbian10 chied erci
se abbiarno fatto (o non fatto) ciualcosa che ha messo quella
persona in condizione di sbagli are.
Dobbiamo anche cercare d i capi re se quella p<>rsona sia
irrimcd iabihn ente stupida (o anche solo inadatta a un
particolare compito) e, in qu el caso, trovare un modo effi cace
per metterla in condizione di non nuocere. 1vfa più spesso la
soluzione è un'altra: aiutare la persona a capire l'origine
dell'errore - e così rid urre la possibil ità che lo ripeta .
Questo è ovvio? Sì, in teoria. !via in pratica è rnolto piir
frequente che si giochi allo scaricabari le - e che si vada alla
ricerca di t111 "c.o 1pevo) e'' o di u11 "'cap ro espiatorio'' i11vcce di
capire cl1e cosa s i pttò irnparare da
t111
errc>re.
Quando s i ha la fort una di trovarsi in un ambiente aperto,
d inam ico, collabora ti vo, in cui si è abi tuati a co nd ivid ere gioie
e dis piaceri, sttccessi e i11successi, pr<>h le111i e sc)ll1zio11i .. . pu è>
essere utile un esa me collettivo degl i errori, dalle origini fino
alle conseguenze. Non per diluire le responsabilità, consolarsi a
vice11da o piangere stil latte v ersato, n1a per cerca re di
arricchire il patri n1onio comune di esperienza.
"Sbagliando s i impara", di ce il proverb io. tvla si può fare
molto di più. C'è un'interessante metafora in Of Clouds nnd
Clocks di Ka.rl Poppcr (1966): "Einstein e l ameba".
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29 - ERRAI<E llU"1.4Nl/A I
«Nella scienza, come nella <1ita» - s piega Popper - «vige il
metodo dell'apprendimento per prove ed erro1i, cioè l'apprendimento
dagli errori. L'ameba ed Ei11stei11 procedo•w allo stesso modo, per
tentativi ed errori; /11 sola differenza rilevabile nella logica che guida le
loro azioni è che i loro atteggiamenti sono diversi. Einstein,
diversnme11te dnll'nmelia, cerca consapevolmente di fare di tutto, ogni
volta che gli capila di trovare mw nuova soluzione, per coglierla i11
fallo . Assume un atteggiamento consape11ol111ente critico nei confronti
delle proprie idee, cosicclié - mentre l'ameba morirà a causa dei suoi
errori - Einstei11 sopraiJvivrà pro11rio g razie lii s11.oi errori.».
ln altre parole, non basta imparare passivan1ente dagli
errori, ma è uti le "saper sbaglia re". La stupid ità non sta nel
cornrnettere errori,, ma 11el 11<>rl volerse11e accorgere, 11011 volerli
capi re, non saperli usare co1ne una fonte di apprend i1nento.
Un criterio di buon senso, che è anche un scrio metodo di
gestione, è il "rischio calcol ato". Si possono id entificare (o
costruire come ca mpi d i sperimentazione) si tuazion i in cui sia
possibile commettere er rori con effetti meno preoccupa nti - e
così imparare dall'esperienza concreta il modo più adatto a
evitare, o correggere, problemi o "imprevisti" pi ù gravi .
Se il più stupido degli s tu pidi è chi non sa di essere stupido,
è anche chi crede di non sbagl iare n1ai. Ma c'è chi cade
nell'errore opposto. È talmente ossessionato da lla paura di
sbagliare da ch iudersi in un esagerato e ripetiti vo precisi.onis mo,
in una ritua lità formale che spesso produ ce più errori di quanti
ne possa prevenire o risolvere (di stupidità della burocrazia si è
parlato nel capitolo 12).
C harles de Ta ll eyrand era un birbante e un intrigante, ma
non era stupido. Ai suoi discepoli inseg nava: «Surtout l"'s trop
de zele» . La precisione, l'attenzione, la discipli na, la cura dei
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
dettagli sono intelligenti e posso no togliere molto spa zio alle
insidie della stup idi tà. J\1a l'eccesso d i zelo non è solo noioso e
irritante. Put>essere anche la causa di molti errori.
Se sbagliare è uma no, perseverare non è diabolico. t solo
stupido. Non dobbiamo aver paura deg li errori, né lasciarci
innervosire, ma im para re a cap irli. l' uso intell igente deg li
er rori è uno degl i aJltidoti alla s tup.idi tà .
• ••
E se errare non fosse solo !um11m11m? Non mancano ipotesi in
quel senso anche in trad izioni antiche. Non solo i tu rbolenti dei
dell'O li n1po, con tutto il con torno di semidei e di al tre creature
mitologiche, ri flettono le debolezze dcl comportamen to uma no,
ma anche in altre tr adizion i e culture ci sono varie d ivinitil, oltre
a ''e11tità'' angeliche o mostrt1ose, com t111qt1e sc>\'rt11nane'', cl1e
agiscono in modo bizzarr.o e poco equil ibrato.
Si trovano altri esempi in l ettt~ratura p iù recente. J\1a mi
sembra interessante constatare che in alcun i dei m ig liori libri di
science fic tion ci sono s uggesti ve ana lisi su come la stup id ità si
possa man ifestare in diversi ipotetici mondi possibili e in
din1ensioni "extraterrestri". Per esempio (oltre a quelli già citati
a pag ina 71) c'è il br illante romanzo The Gods Themselves (1972)
in cu i Isaac As i1nov descrive comp lesse e problematiche
interazioni con enti tà aliene - e già nei titoli delle b·e parti che
c01npongono il libro (Again.st St11pidity ... The Gods Themsel<1es ...
Con.tend in Vain ?) si chiede se e come il potere della stupidità
possa trascendere la d i.mensione umana . Q uel concetto è
ispirato da una frase di Fri ed rich Schi ller - Mit der Dummheit
kiimpfen Gotter selbst vergebens ("Perfino gli dei non riescono a
combattere la stup idi tà").
11
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30 - Alcuni antidoti
on esis te, che io sappia, alcuna terapia risolu tiva per la
s tupidità . Elin1inarl a del tutto è in1possibile. !'via cib
non sign ifica che la si debba subir.). C i sono modi
efficaci per ridurre il suo potere e a ttenuarne le conseguenze.
Non ho la pretesa di elencarli tu Ili, né di appro fond irne tu lii i;l i
aspetti, ma spero che alcuni brevi cenni non sia no in utili.
Un forte an tidoto alla stu pidità è l'in telligenza. Sembra una
pedestre tautologia, ma la cosa non è così banale. Colli varc
l'in tell igenza è un n1odo di essere, un 1nodo di vivere.
N
Non occorre aver studiato il lati no per sapere che intelligere
vuol di re capire. tv!a non basta capire ciò che ci è s trettamente
necessario per il nostro lavoro, per i nostri interessi cttlturali o
per altre cose che ci riguard ano da vicino.
Un'in tell igenza parziale, confinata, ha il respi ro corto e
m anca d i prospettiva. Non c'è bisogno d i essere Leonardo da
1
\li 11ci per avere u 11' in1pr(>nta "lco11ardcsca ' . Bc1sta una \it>glia
in saziabile d i allargare se1n pre le nostre conoscenze oltre i
confini del noto e dell'abi tuale, di capi.re anche ciò che
apparentemente non serve, non c'entra o non ci in teressa.
La voglia di capire, nella sua spinta pit1 profonda e vitale, non
si chiede che cosa stia cercando di capire. Cogl ie tutte le occasioni
per imparare qualcosa di nuovo - o per correggere un'idea
sbagl iata - o per capire m~-glio qualcosa che già conosceva, ma
cl1e assl1n1e
tt11 Jlll O\'O aspetto da t111a prc>spetti\1 a
diversa.
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
In questo n1odo andian10 a spargere, nel nostro patrimonio di
conoscenze, esperi(mze e percezioni, tante piccole luci - di cu i
non possiamo sapere la sp<.-cifica utilità fino al giorno in cui,
inaspcltatanlCmtc, la scopriremo. In tanto tutto l'a111biente diventa
meno bu io, cosa che ostacola la s tupid ità e aiu ta l' intell igenza.
È ch iaro perciò che un efficace antistu pido è la curiosità (come
già osservato nel capitolo 13). C'è un genere di finta curiosità
pettegola che non all arga la 111ente, perché ri pete sempre, più o
meno, le stesse cose. Quella che ci aiuta a non essere stupidi è la
vera curiosità, l' isti ntivo e in esauribil.e desiderio di scoperta che
sa cc>gJiere cose a11cl1e piccole, a~1pare11ten1ente irrilevanti, da Cli i
possiarno in1parare più di quanto se111bra. 1
Un altro antidoto importan te è l'i ntu ito. Se n'è già pa rl ato
all'inizio d i questo libro, nel capi tolo 2, ma è sempre uti le
ribad ire che i percorsi più intelligen ti e illuminanti sono s pesso
quelli, apparen temente, rneno logici e ra7.ionali.
La creati vità può offrire sol uz ion i di sorprendente
sempl icità cd efficacia, pu rché si tratti di autenti ca sintesi
riso luti va e non di qu ei banali 111anierismi che si usano, tro ppo
spesso, definire "creativi" . 2 Non tutti possono avere qu es ta
dote con la frequenza ch e sarebbe desiderabile - e non semp re
Rir1grazio Pao1o Bassi di i'lVer irti autorizzato a riprodurre ut'\ su<>
inter<.'Ssanle articolo sul valore dell<l curiosità, pubblica to da Il Cr1sl t'ili1110
nell'o ttobre 2007. Si trova in http : //gandalf . i</arianna/curiosi . htm
1
'2 U 11a rorma <.ii ffus;:i d i stupidità
è l't1SO di parole CQ!lle "cr'Ca tivo" o
''crf.:af i\,i tà'l f>Cr d efi11irc at tlv ira e con1pl)fta~11c11ti Sf)l'::sso b1:1111:1li.,. tipcti ti\' i
e s11pcrficiali, cl1c 1101) son1igliano in alcu11 1l1odo il q uei ''salti di qua lità"
c he d avvero "crc~a110" qualcosa di 11uo vo - o un n1od o n uovo di capire e
g estire cose già 11<>fe, ma viste in l111a d i\•ersa p rospetti va. t spesso usata
in n1od o altretta 11to scÌ<)CCO e insulso a 11che la parola "i1111ovazio 11e".
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si può fa r conto su un "salto di qualità" intu itivo. t meglio
perciò sa pere co1ne sottra rsi al potere della s tupidità anche
quando non disponiamo di soluzioni particolarm ente brill ant i.
Una dote che sembra (ma può non essere) il con trario del la
creati vi tà, dell'intuizione e dell'intelligenza è la pignoleria.
Come la curiosità, può avere aspetti molto diversi. È vero ed è
gi usto ciò che si pensa abi tualmente del "pignolo" noioso,
peda nte e stupido, che insiste inu ti lm ente su dettagli irrilevanti.
Ma
c~è
u11'altra forma di "precisio11isrno" cl1e è u11a risorsa d i
intelligenza e un buon antidoto al potere della stupid ità.
La n1igl iore delle idee, il pi ù intelligen te dci progetti, può
tradursi in un follin1cnto perché si trasc ura un particolare. Un
dettagl io ap parentemente "p iccolo" può ri velare piì:1 cose di
qua nte s i capisco no da un a visione troppo generi ca. Può
sembrare di fficile scoprire quale minuscolo pezzo di un puzzle
è la chia ve d i so luz ione di tutto l'insi eme. lvfa con un po' di
pra tica, intui to addestrato e molta cur iosità può d iventare
un' utile, e illuminante, a.bitudine.
Non è bene trascurare il valore dell'esperienza. Una forma
molto diffusa di stupidità (ne sia mo tu tti, ahneno in parte,
affl itti) è non imparare abbastanza dalla nostra esperienza.
Non è rea listico sperare d i non com mettere ma i d ue volte lo
stesso errore. Ma saremrno notevolmente 1n eno stupid i se
dedicassi mo un po' pii1 di tempo a ca pire che cosa abbiamo
impara to da i risul tati che abbiamo ottenuto. Da i fallim enti
quanto dai s uccessi, da lle esperienze sgradite o fastid iose
quanto da quelle piacevoli o divertenti.
Siamo an ch•~, troppo spesso, d isa ttenti nell'i mparare d alle
esper ienze al trui . Ciò che fanno, e ciò che d ico no, persone
esperte ci può insegnare molto. tvla puè> essere allrellanlo
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ed t1cati \1 a l' osservazi o11e degli err<>ri, cl1e sp esso \1 ed ia1n o, ma
no n semp re appro fo ndi amo q uanto occo rre per tra rne u n utile
inseg namento. E così uno st ud io allen to d ella s toria, anlica e
111c>der11a, \'Ìcina o rcn1ota, per capire qttal i C<.) mp<.>rta111 e11ti
han no aiutato il potere d ella s tupidi tà - e q uali (più raran1ente)
sono riusciti a ostacolarlo.
A ldo us Huxley diceva: .Clre gli uomini non impanino molto
dalle lezioni della storia è una delle piìi importanti lczio11:i della
storia» . Non solo nell a s to ria, ma anche nelle realtà qu otid ia ne,
no n s i im para abbastanza d all'esperi enza .
In pra tica le esperi enze si possono anche " fabbri care", come
strumenti per in1parare. La cont inua spcrin1cntazionc no n è
solo una necessi tà del metodo scientifico. Ogni cosa della vita
p uò essere un labo ratorio.
C i si offro no infi nite occasioni di " mettere alla p rova" il
11ostrc.> n1odo di pe11sare, di essere, di agire. Q uando "capita11<>'',
apparentemente per caso, cerchi amo d i approfittare dell e
possibili tà d i verificare " in piccolo" ciò che ci serve imparare
per poter poi a ffro nta re n1cg lio s itu azioni più in1pegnativc. E se
a offrircele non è l'i n1preved ibili tà d el "caso", non mancano le
possibi li tà di "costr ui re" utili terren i d i sperimentazione.
lvlagari per scherzo o per gioco. Non solo nell'i nfanzia il gioco
è un' ottiJn a risorsa di ap prend imento.
Uno deg li a ntidoti pi li efficaci è la sempl icità. !via d i qu esto
si è g ià parlato nel capitolo 20.
L'u1norismo e l'ironia possono essere di grande aiuto .
Quando no n sono dileggio o scherno, insulso manierismo o
ba nalità, ma un' autent ica e acuta capacità d i r idere, o d i
sorridere, sulle nostre debolezze e sui nostri error i. Si è g ià
accennalo a q uesto arg<m1ento nel ca pi tolo 14 e nel ca pitolo 17.
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Uno strun1ento intelligente e ind ispensabile è il dubbio.
Nella vita è necessario agire e decidere - e non se1npre c'è il
ten1po per pensare. Ma ciò non significa che ci si p ossa cullare
in false certezze.
Se11za a11gosciarci i11 esitazioni o i11sict1rezze, dobbiamo
saper vivere serenamente con la continua presenza del dubbio con1e verifica costan te d i tutto ciò che pensiamo e che facciamo.
E anche co1n e strun1ento di conoscenza. Diceva Voltaire: «Il
dubbio è scomodo, la certezza è ridicola».
L' uso dell'errore co.m e m etodo d i ap prendimento e di
studio è spiegato nel ca pitolo 29 - do ve si è parlato anche di
verifiche a posteriori per capire, s piegare e condividere ciò che s i
pu ò impara re dall' ana lis i degli errori.
Alcuni definiscono post mo rtem (cioè "au topsia") lo s tudio
dci motivi per cui un'attività non ha da to il ris ultato che s i
proponeva. 11 termin e è un po' troppo crud ele, anche perché
molti errori non hanno esiti " letali". Ma il concetto è chiaro.
Ci sono verifiche che è possibile fa.re solo quando un cicl o è
compiuto e s i pu ò esaminare, con fredda severità, l'es ito d i ciò
che era meno facile valu tare pri111a o d urante lo sviluppo di
una situazione. Non basta sapere che ermre hw11an11m. Bisog na
anche imparare dal l' esperienza, specialmente quand o si è
evoluta in modo diverso da ciò che ci aspettavamo.
L'esito d egli error i non è sempre nega tivo. Accade che "per
sbag lio" si. trovi un a strada migliore di qu ella che avevam.o in
mente. A nche in questo caso, è meglio approfond ire. Non basta
"r ingrazia re la fortuna". Può essere utile capire come e perché
un perco rso "casual e" ci sta porta ndo a qua lcosa di inasp ettato
(vedi alla fine dell' ap pendi ce le pa.g ine 190-1 91).
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** *
A proposi to della paura, di cui si è g.i à p arl ato nel capilolo 14,
c'è un'ipotesi interessante: che possa essere proprio questa una
delle cause principali di s tu pid ità. Su questo ragionavano /\1ax
Horkheimer e Theodor Ado rno nelle pag ine co nclusive di
Dialektik der A11fkliir11ng. 3
Osservavano che l'intelligenza si svi luppa in relazione alla
curiosi tà, cioè alla capac ità d i esplorare e capire. «li simbolo
dell'intelligenza è l'antenna della clriocciola». Se trova un ostacolo,
«l'1111/e11na si ritira nella custodia protettiva del corpo, torna 11 fare
una sola cosa col tutto, e solo con estrema cautela si avvent11ra di
nuovo corne organo indipendente».
In altre parole, l'origine dell' intelligenza è la curiosità, ma
la curiosi là è timida . L'an tenna del conoscere si ritrae quando
incontra un ostacolo - o se ha paura. «La vita spirit11ale è, alle
origini, infinitamente fragile e delicata. J.11 sensibilità della clriocciola
è affidata a"" muscolo, e i muscoli si allentano q111111do il loro gioco è
impedito. li corpo è pamlizzato dalla lesione fisica, lo spirito dal
terrore. Questo e quella sono, all'origine, inseparabili».
lnso1n ma la cu riosità è un rischio e il rischio fa paura. tvla
senza il s uperamento di quella paura non ci può essere sviluppo
dell'in telligenza. C'è il pericolo di rct(,-derc, ri nchiudersi " nel
gt1sci<>'',. abba11do11are ogni te11tativo di conoscenza - e così
arretra re verso una sempre più torpida e d egra dante stupidità.
Vedi "/.11 ge11éSÌ rlt'llfl st1rpitlitù" (http : I /ga!'td a lf . it/ s tupid/adcr flO . htit'\).
Il libro, scritto dura11te la seconcla guerra mondiaJe, è l1scito rtel 1944. ln
1t~lJi(1rlO, Di11ltttic11 dell?il/11111i11(~1uo, nel 1966. Le c1taz1<.)tli sono tralte
J
dall'edizione Emaudi, 1997. trud uzione d1Renato Solnu, p<1gme 273-275.
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«La. stupidità» - dicevano Horkhein1er e Adorno - «è una
cicatrice. Può r(ferirsi a 1111a capacità fra le altre, o n tutte le facoltà,
pratiche e intellett1111li. Ogni stupiditì1 parziale di 11n uomo segna 1111
p11nto dove il gioco dei 11111scoli al risveglio è sfato impedito anziché
.favorito». La curiosità s i spegne, l'esperienza di venta ri peti ti va.
La "s tupid ità parziale" si estende a una più generale ottusità.
«E' facile che resh, nel p11 nto in cui la voglia è stata colpita, u11a
cicatric.c impercettibile, 11na piccola ca./losità, dove la superficie è
insensibile. Queste cicatrici danno luogo a deformazioni». Rendono
stupidi «nel senso di deficienza patologica, ceci/·n e impolenzn,
quando si limitano a stagnare - di malvagità, ostinazione e
.fanatismo, quando svi/u.ppano il cancro verso l'interno» .
Possono essere diverse e moltepl ici le man ifestazion i della
stupid ità umana d erivan ti dall'incapacità di capire, di esplorare,
di ron1perc il guscio soffocante della pigrizia n1entalc - che
spesso si traduce in presu ntu osa "illusione d i sapere" o in
scl erotizza ti preconcetti. Fi no a irrig id irsi in un'arroganza che
può essere aggressivame11 te i11te11 zionaJe, oppure oer\ 1 osame11te
difensiva, o anche blandamente inconsapevole, ma non per
questo 1neno dannosa.
La curiosi tà, il desiderio inesauribile di conoscere, è
affascinante, d ivertente, s timolan te. Ma non è un'esperienza
"co 111o da''. Pu ò essere sconcerta11te, pt1ò metterci a disagi<.).
Perché scopriamo che aveva.m o id ee e percezioni sbag liate.
Perché ci ren diamo conto dei nostri errori e delle loro
conseguenze. Perché, se è vero che dal conoscere può nascere la
spera nza, è in ev itabil e anche la constatazione di quante cose
siano brutte, d ifficili, sgradevoli - o peggio. Insomma è facile
cadere nella "paura di sapere" e rifugiarsi nell'illus ione di
qualche "foJsa certezza".
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Qu esta "lesione" d ell'esperienza, la pau ra di capire e d i
esplorare, non è la sola origine della stupidità. tvla è una delle
più preoccupanti. Ed è una ma lallia che tende a propagarsi.
Quando u11a ''cicatrice'' o una ''callosità" fa <.1rretrare u11<.1 del le
nostre "antenne" del conoscere, è facile che lo s tesso disag io, la
stessa p igrizia, la stessa atrofia contagi anche le aJlre.
Conti nuare a imparare può essere scomodo. Può fai·e un
po' paura, a nche perché ciò che im pa ri amo non sempre ci
piace. lvla è necessario, se non vogl ia mo cadere nell'uni ca
alternativa possibile: rincretin ire .
•• •
Un al tro problema è quello dci "luoghi comuni", cui si è già
accennato nel capitolo 14. Sono molte le cose che "cred ian10 d i
sapere'', ma no11 l1a 11110 al ct111 fonda111e11to né attendibilità.
Questa è abituaJmen te, e ragionevolmen te, considerata una
fonna di ignoranza, più che di stupid ità (non sono la stessa
cosa, come abbia mo visto nel capitolo 13). l'v1a "credere d i
saper•~" p uò essere anche peri colosamente stupido. •
Alcune "fa lse nozion i", anche se largamente diffuse, possono
essere innocue. Nell'in fi nita moltitudine di panzane, non tutte
influiscono in n1odo pericoloso su lla nostra capacità di capire.
Può non essere necessario, per chi non si occupa di storia,
sapere che Nerone no n ha incendiato Roma. Possiamo capirt~ la
metafora dcl camaleonte anche sapendo che sono altri g li
ani1nali che cambiano colore per adattarsi all'amb ien te. iò
/J? ~t111_
1i1litù dei "l11oglli to11111ui'' (i1ttp:/ /gandal f . i t/stopid/pa.112at.e . htiì\I
~,1,c}1e (I proposito d1 l.•Tll:"1 ratx:olta d1 ''false nozioitl" i1l 'fl1
t Gt•ut•ral Botlk o.f
" \'edi
lg11om11a di John Lloyd e John l'vhlchinson (2006), di cui
trad\.1_z101'1e iWl1ana: TI libro ,fell'ig1wra1iza.
nel 200i è uscita una
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abbastanza ovvio (n1a quanti si soffermano un min uto a
pensarci?) che g li s truzzi non mettono la testa sotto la sabbi a e che ogni imitazione di quell' imn1ag ina rio con1 portamenlo è
molto stupida (ma quanti - pur sapendo che è sciocco preferiscono "far fin ta di non vedere"?).
Possiamo divertirci per il valore "aneddoti co" di ta nte
panzane, anche quando non rigua.rdano in modo d iretto né la
nostra vita, né la nostra cultu ra. Ma è altretta nto d ivertente
(a nche se può essere u n po' sconcertante) capi re il prob lema in
una prospettiva. pi ù am pia. Soprattutto è molto ut il e, se
\1
ogliamo e\1i tare di cadere co 11ti 11tla1nente in errori prov<>cati
da ogni sorta di info ndati " si dice".
Naturalmente non tutti i "luoghi com un i" sono sbagliati.
Non sono pochi quel li che possono coincidere con il "buon
senso" e perciò essere credibili e utili. l'v1a d istinguere non è
sempre facile. Co me le abi tud ini, anche le cose che "crediamo
d i sapere" e cn<~ "d i solito" sono rag ionevol i possono darci un
sen timento fa lsa.men te confortante, l' illusione di non dover più
irnparare, il risch io di non sa pere (o d imentica re) co me trovare
pen sieri, prospettive, risorse e soluzioni pitr in teressanti.
Come osservato fln dall' inizio di questo libro, il più stupido
d~-gli s tupid i è cni crede di sapere lutto o di non sbagliare mai.
Percib il sovrano strumento del d ubbio non va usato solo verso
"g li altri" o verso .la proliferazione del "sen ti.lo dire", rna anche
(o soprattu tto) rivolto verso l'a ppara to delle nostre convi r~zioni.
Quanto di ciè> che "credian10 d i sapere" è il fru tto di
un'in iormazione sbagliata, o capita nlale, o di qu alche nostro
problema di percezione, o di nozioni che ci "portiamo dentro"
senza sapere da dove vengono? Anche Cartesio, credo, sarebbe
d'accordo: la prem essa del conoscere è dubito ergo s11m.
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È di ffici le? tv!olto meno d i come pu ò sembra re. Deve
di ventare odi osa, ossessiva d iffidenza? No. Dubitare è un
modo di essere e di pensare, una risorsa per conoscere e capire.
Non significa d iffid are scn1 pre di tutto e di tutti - cosa non solo
in1possibile, ma i11t1tilmei1te s11ervante. Fidarsi è 11ecessario,. in
molte circos tanze, anche quando non è un fa tto inevitabile. wla
dobbiamo saper dubitare - delle opinioni altrui come delle
11ostre - per pl)ter co11ti11t1are a i mparare.
Consuma tempo? Non sempre. Com unqu e il tem po s peso
per cap ire è mol to meno di quello che occorre per correggere le
co11seguenze degli errori. No 11 solo ev itare i da1111i del "110 11
capito'' rispar1n ia 111olte occasio11i di mal t1n1ore, ma capi re è, i 11
sé, un'esperienza pos itiva, illu minante, spesso di verten te.
Una riso rsa importante è la generosità. Non solo perché se
facciamo qualcosa di buono per qualcun altro riducian10 la
stupidità complessiva del sis tema. Ma è uti le anche per nos tro
va ntagg io personale. Con un attegg ia mento aperto, generoso,
dis ponibile, s i aprono terren i di dialogo e d i apprendimento
che sono inaccessibili agli egocentrici e agli egoisti.
C'è un concetto fo ndarnen tale, che probabil1nente è il più
importante fra tutti gli antid oti della stupidità e i nu trimen ti
dell'intelligenza. Si chiama "ascoltare''. Una parola sen1plicc,
che n1erita qualche a pprofondin1ento.
Si usa pensare che una delle caratteristiche del l'intelligenza
sia sapersi espri mere. È vero, se non si inten de clegan7a di
eloquio o reci tazione istrio11ica, nla tt11 at1te11tico e si11cero saper
spiegare e farsi capire. !via l'arte più sottile e preziosa è un'altra:
saper ascoltare. 5 La sua importan7a è 1nolto chiara per chi ha
5
Vedj
5'1f U!f
ascoltare (h t. ~? : / / g a ndal f . i t/ uman / 4 6 . ht m}.
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approfondito il tenia della comunicazione. Ernest Hemingway lo
spiegava così: <<!vii piace ascoltare. I-lo imparato molto ascoltando
11tte11/a111enle. Ln maggior parie delle persone 1wn ascolta mai».
Una forma diffusa di slupidilil sia nell'essere innamorali
del suo no della propria voce. Parlare per il gusto di parlare,
senza bada re a quanto ciò che s i sta dicendo può in teressare a
qualcun altro -e senza ascol tare ciò che gli al tri hanno da d ire.
Così non solo si è insoppor tabilmente noiosi, n1a s i ha anche
una scarsa possibi lità di imparare qualcosa.
ll mondo è pieno di persone che ascolta.no soprattutto se
stesse. Di sol ito, se non sanno capire gl i altri, non hanno
neppure una percczion(, chiara dcl loro gonfiato e co nfuso "io".
Passano tutta la vi ta a colti vare un "sé" immagina rio, che
cercano di i.mporre al prossimo.
li problema è che spesso ci riescono, perché c'è nella natura
llmar1a il desiderio d i ess ere ''seguaci''.. di accoda rs i a
qt1alct111
altro; e chi parla pitt forte ha ragione, anche se non sa quello
che s ta dicendo (vedi il capitolo 10).
L'incapacità dj ascoltare è tale che si pu ò coes is tere, perfino
cor1vivere, per ttatta ur1a \1 ita se11za mai capi rsi <> avere alct111a
vera comun icazione. l a frase, che s i sente d ire o cita re spesso,
«1'vfia moglie (o mio mari to) 111>11 mi capisce» non è solo una
convenzionale bug ia di ch i vuol g iustificare un'infedel tà.
Ascolta re vuol di re, pri ma di tutto, mettersi nei panni degli
altri. Capire le cose da.I loro punto di vista. Non solo "udire",
ma a\ Crc una più ampia sc11sibiJità e alten zio11c pcrcctli\ta.
1
tvla non s i tratta solo di capire gli al tri. È importante anche
saper ascoltare noi stessi. E saper cogl iere il sign ifica to d i
si tt1azion i, av,ren iment i, cose e circosta11ze.
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11 dizionario Devoto-Oli d efi nisce così la parola "ascoltare":
«Trattenersi volontariamente e anentnrnente a udire, preslnre In
proprin attenzione o partecipazione " qu(l/cuno o a qu(l/cos" in q11(111.fo
it1forr11aziotie o 1t1otivo di riflessione».
l'v1entre al tri problem i connessi alla stu pidità sono poco
stud iati, l'incapacità di ascoltare è una sindrome d i cui è nota
l'alla rmante d iffusione. 6 C'è un'amp ia prol iferazio ne di libri e
pubblicazioni, anche accad emich e, s u qu esto argomento - ol tre
alla consta tazione ch e tutti possiamo fare ogni giorno quando
ci accor.giamo di non essere ascoltati. wla quanto bad iamo a
farci ca pire? E con quanta attenzione cerchiamo d i capire ciò
che qualcun altro s ta cercando di dirci?
Certo ... non tutto quell o che sentiamo dire, che ved iamo o
che leggiamo m eri ta di essere capito e approfondito. !'via ci
vuole qu alcosa d i più di un "buon ort'Cd1io" per scoprire i
segnal i interessanti che s pesso non so no dove ce li aspettavamo.
Non mi sta ncherò ma.i d i ripetere che un' insaziabi le, istintiva
curiosità è una. risorsa. fondamen tale dell'intelligenza .
* **
La s tupidità è pericolosa perché è in1prevedibilc. Lo dice il buon
senso - e lo confern1a chi ha studiato l'argmn ento. Ma qu esto è
vero solo se ci aspettiam o che il comportarnento umano (am ico
(l 11cmico, fav·-orcvt>lc o Cl)11lraric>) sia sempre ragio11cv<>lc e
coere11te. Cioè se cadia1110 nel p ericoloso errore di sotto \1 alutare
il potere della s tupidità .
Non si tratta di prevedere il futuro. Ma di capire le
situazion i e d edurne le possibili conseg uenze. Se irnpa ri amo a
~
U n i11teressar1te sito \\leb (in i11glese) dedicato a questo argon1ento è
ht:p : // www . listen . org
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conoscere la st upidità, possian10 anch e sa pere co1n c, dove e
quand o è più probabile che si mani festi. Il suo modo di esistere
e d i far danni si ri pclc, con esasperante n1onolonia, fin da lle
più remote origini del genere um ano.
Oltre a capire la s tupidità in generale, possiamo anche
avere una percezione più precisa d i com e tend e a manifestarsi
nel comportam.ento di speci fi che perso ne (noi compresi) o in
particolari ambienti e situ azioni.
Se invece di far fi nta che la stupidità non esis ta, o illuderci
d i esserne immuni, ci ren diamo co nto d ell a s ua onnipresenza,
scopri amo che diventa mollo più prevedibile di quanto siamo
abituati a pensare.
Può essere, secondo le circostanze, più o 1n eno d ifficile
prevedere come la stupidità potrà manifestars i. ivla possiamo
~-sserc certi che, in un modo o ndl'altro, i suoi effetti si fa ranno
sentire. Probabilmente "nel momento peggiore possibile" (come
dice la "legge di ivlu rphy" - vedi il capitolo 4). Saperlo ci ai uta a
non é'SSere colli di sorpresa.
t ulile capire che la stu pidità non sta solo nel mondo delle
favo le, del teatro co1nico o delle barzellette. È sciocco cullarci
nell' il lu sione che s ia con finata in un immagina rio paese degli
stupidi, di verso da quel.lo in cui vivia.m o.
Se sappian10 ascoltare, non solo impariamo molte cose
i11teressanti, n1<" p<>ssia.m o ancl1e cogli ere i p rimi segnal i della
stupidità - e così. evitarne le peggiori conseguenze.
Più. sappiamo conoscere e capire la stup idità, più possiamo
ridurre il suo potere. Non per s perare di eliminarla, o di
evitarne tutte le consegu enze, ma per rendere molto meno
oppri mente e disastrosa la nostra obbliga ta convivenza con una
caratteristica fond amenta le della natura umana.
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Brown 's )'ob
Q
ucs la è una delle cose più b rillanti, s timo lan ti e
C<)n1mo\1 etl ti cl1e
s i a 11t)
m ai state scritte stt co111e
l'intell igenza e il b uon se nso possono pr•~vaJ ere s ulla
stupidità. Era sta ta pu bblicata nel 1920. Anche se il mondo, d a
allora, è n1ollo cambi alo, non ha perso freschezza - cd è, più
che mai, d i attualità. 1
Brow11 se n'è nndnto- e molti 11ell'n111bie11te si chiedo110
chi prenderà il suo posto. Se 11e parla parecchio e si dice
che il posto di Brown sia molto desiderllbile.
Quelli p1H' <~ti 8row11 lavorava, gente saggia e matura,
si trovauo ad ascoltare con sileuzioso stupore i brillanti
giovani ambiziosi ed espe1·ti dig11itosi anziani
che si offro110 per occupare il posto di Jlrown.
/Jrown a11e<1o11.111a poltrona comoda e una bella, grande
sc1i vllnia coperta da 1<>1!1 lastra di vetro. Sotto il uetro
c'era una mappa degli Stati Uniti. Bnnuu aveim uno
stipendio di tre11fa111ilti dolltiri all'a11110. 2
1
L'autore t.• l~obley Fe land, cl1e l'aveva pubblicato su 'J'l1e \-\lt ,lgt, la ri\'ista
della George Ba ll:en Company, u1\'agenzia di pubblici tà a New York
C<)ns1glio a <:hi C(>1)<)SC~ l'inglese di leggere il testo <)riginaJc cl1e si tr<>\'(l su
http : //ga nda l f . i :, /m/":'Jrown . h'tm
2 Trer1ta 11lila dollari a ll'an110, a quell'epoca, era110 un eccellente stipe11d io.
179
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
Due volte ali'anno si 111etti'Va iu viaggio e andava
a trovare tutti i distributori dell'azienda.
Brnwn 11011l1a mai cercalo di ve11dere qualcosa a qu11lc11110.
Non era esattamente nel reparto vendite. Visilmia
i distributori, andava da alcuni rivenditori, ogni tanto
faceva un piccolo discorso ai ilenditori.
Quando era in ufficio rispondeva alla maggior parte
dei reclami i111po1·tanti, benclié non fosse compito suo
occuparsi dei reclami. Brown non era neppure 11el reparto
crediti, ma quaudo c'era un grosso problema di riscossione
in 1.111 modo o nell'altro arrivava a Brown, clie f11111a11a,
cl1iacchiemi!a, raccontava qualche si.aria divertente,
sgarbugliava il filo del telefono e spiegavt1 ttl direttore
crediti come fare.
Ogni ilo/la che lvii: Wytlre, /'impulsivo indaffarato
preside11te che lavorava come u11 fure tto,
prendeva in mauo un pacco di scartafacci
per studiare un problema particolannenle complicato
e difficile, si trovava a dire «Che cosa ne pensa Brown?
Che cosa dice Brown? l11so111111a clre cosa ne dice Bnnv11?
Ile' allora perché 11on lo fate?" e poi non ci pensava più.
Quando c'era qualche difficollà che richiedeva
molta azio11e i111111ediata, e con molto tallo,
J\llr. Wyt/Je diceva: <d3rown, peusaci 111».
E 11oi 1111 gior110 il consiglio di amministrazione,
i11 1J11a ri1i11io11e r1011 11.fficiale, decise di lice11ziare
il direttore dello stabilimento numero 2.
Brown 11011 ne fu infor111a10 se 11011 dopo che la lellera
era pm·tila. «Che cosa ne pensi, Hrow11?•
chiese A1r. \~iythe. Browu disse" Va bene.
La lettera 11on arriverà prima di domattina, ora gli telefono
e gli dico di ve11ire qui subito, così parte stasera.
180
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BRoVir,\·'s / O/J
Poi chiedo alla sua segretaria di rispedirci la /(,Itera
e la distr11ggo pri111a che /11i la legga».
Gli altri dissero che em110 d'accordo.
«Questa è la cosa da fare».
Brow11 co11osceva l'azienda, il mercato e l'nmbie11te,
co11osceva le pcrso11e co11 c1rr' la<.Jorn<.Ja.
Aveva '"' b11011 senso che tlppa,.entemente applicr1va
anche senza doverlo coscùmte111e11te i11vocare.
Sembrava esprimere istintivamente buon senso.
/Jrown se n'è andato e molti cercano di a<iere il suo posto.
A/f-ri chiedono chi pre11deTà il posto di /Jrown.
Brillauti gio1xmi ambiziosi ed esperii dig11itosi a11zia11i.
Persone che 11011 sono il figlio della m a111111t1 di Brown,
né il marito della moglie di Brow11, né il prodotto
dell'infa11zia di /)row11 - clte non hanno sofferto le prme
di Brown o sentito le sue giofo, no11 ltanno mai amato
le cose che Brow11 ama né avuto paura di ciò e/re fa paura
a /3row11 - cltiedo110 il post.o di 8row11.
Non Stmno che la poltrona di Brown, la sciivania
con In mappa sotto /11 lastra di vefro
e il suo stipendio non sono il posto di Hrown?
Quelli per cui /Jrown lavorava lo sanno.
li posto di Brown è dove è Brow11.
Non ho mai letto una pagi na che spieg hi meglio di Brown's /ob
quali riwrse umane posso no rinled iare al potere della stu pidità.
Brc.1\\'n n<>n è una leggenda, né sole.) u 11'in\ e n7.Ìc) ne letterari a. 5<J11c)
1
esistite, ed esistono, persone come lu i - e chi di noi ha avuto la
fortu 11 a di incc.1n trarne t1na 11c.)n la dimen ticherà mai. Se s iamc)
molto fortuna ti possiamo spera re, qualche volta, di essere Brown.
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Epilogo
L'argomcnt<> cl1e l1c> le 11tatc> di r it1ssu 111ere
i11 qi.1eslo libro è infi11i tam(>11tt~ tomplesso.
Ed è irlesauribiJe pe rcl1é og1\i g-ior110 scopriruno
qlta1cl1c 111aligr10 n1odo d i Jlta11jfesta.rsi
della 0 1tJtipreser1te
stu~)idità
u1nru1a.
Q t1cste p<>che p agi11c 11on ha11 11c1 la p retes a
d i esarr1i11are il problcrr1a i11 Ittiti i Stto i as pe tti
11é di p rc>p<>rre sc>luzic>11i cl1e pc>ssa110 liberarci
del lutto dal rischio perenni,, della stupidità.
Ma se {co111e in.i se1nbra di capire) so110 rittscito
a offrite qualche piccolo s punto per pensarci
è il 111.1ssir11c1 ris 11ltatc>che n1i pos..s<> as pe ttare.
È stato intercssa 11tc, 11cl corS<> degli a1111i,
c)sServare le reazic.>11i delle perso11e
cl1e l1a1111c.) letto le pagi11e pt1bblicate i1·1 rete
o le precedenti ed izioni di questo libro.
f'.i ù cl1c sgonlCJltc o Jlrc occ1.l}latc, so.ilo .iJ1tcrcssatc,
i11c1.i.riosite, s tii1lolate e ai1cl1e di,•ertjte.
C'è lJll sc11so di sollievo - e lll i SClll llr.1 g iL1s to.
C he il proble111a esista' e cl1e s ia o<,.rave,
~ c<.>sa che tutti co 11s tatian1<> c<>nti11u<1mt•11le.
Capirlo, des<"ri,1erlo, i11terpretarlo è L111 rr1o(fo
J)Ct ridLtrre iJ pericol<.), per 11011 essere
tro ppo s pesso colti di sorpresa,
i n s<)Olllta p er cs."icrt! t1n p<.l' 111e11<>
E s peco ell e
vittime de lla s tup idità .
qL1esto sia 1.11l Llloti\' O di btl011t1111ore.
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Appendice
Pensieri semplici
sulla complessità
La Teori a del Caos
in cinque disegnini :
tentativo in1pertinente
di semplificare la con1plessità
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L)a treni'mmi sto ceretmdo di Cllpire clre cosa si possa imparaTe
dalla Teoria del Cnos e da tutte le analisi e/re ne derivano in fntlo
di complessità, sistemi turbolenti, eccetera. Non è Jacilt>,
ma è affascinante. Perché si Imi/a di capire come quelle cose
che chiamiamo "caos" no11 siano nffallo caotiche, ma seguano leggi
elle non sempre riusciamo a definire; e come la "complessità" in realtà
sia semplice, ma il nostro modo di pensare In faccia sembrare complicata.
Nel suo libro Complexi ly (1992) lv(ilchell ~Va/drop lo spiegava così:
•/.'orlo del mos è dove la vita ha trovato abbastanza stabilità
per sostenersi e abbastanza creatività per meritare il nome di vita.
L'orlo del caos è dove nuove idee e genotipi innovativi rosicchiano
co11t.i11un111en/e il bordo dello status quo; e dove an.clre In più radicata
vecchit1 guardia sarà, presto o tardi, rovesciala».
L'orlo del cnos è In sihmzione in cui stiamo vivendo. Ma in pratica
che cosa vuol dire?
Un giorno, 11e/l'ol/obre 1997, mi venne un'idea bizzarra. Come
spiegare alcuni aspetti della complessità in modo estremamente semplice?
Dopo m1ere scritto questo testo, l'avevo fatto leggere a varie persone
che 11vevano approfondito serumiente il tema del caos e della complessità,
chiedendo se c'erano errori o se l'eccessiva semplificazione era sciocca.
Rrmché un po' imbn1'azzati, mi avevano detto clte il ragionamento regge.
"Sarà vero?" A distanza di Ire anni, non ne ero del tulio sicuro.
Nel dicembre 2000 lo pubblicai in un piccolo libriccino clte regalai
ad alcun.i amici. I loro commenti mi incoraggiarono a riprod11rlo alla fiue
di un altro libro, clic 11scì nel 2001. Di 1111ovo ebbi parecchi commenti
favorevoli - e, con mia rinnovata sorpresa, 11ess11no clre considerasse
il ragionamento superficiale, il'reale, insensato o insostenibile.
Così è stato anche in anni recenti, con questa appendice nelle prime
d11e edizio1ri di Il potere d e lla s tupidità.
Credo che capile meglio In complessità sia uno dei modi per ridurre
il 1isclrio di essere stupidi. Perciò co11 tim10 a riproporre anche q11i
il tentativo impertinente, con la spernnzn clre 11011 sembri troppo
banale - e e/re qualcuno lo trovi utile.
187
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IL pm·ERE DELLA STUPIDITA
t' fra chi legge queste paginette ci sono persone esperte in
malema.li<:a, fisica, statistica, ec(>lc)gia, scienze bic) lc>gic l1c.~ <>
teoria del la gestione, vorrei sct1sarmi con loro per la pt1erili tà
S
dei ragionamenti che seguo no e dei "pe rcorsi" che cerche rò d i
tracciare. Non sto tenta ndo di pro porre mod elli scientificamen te
corretti, ma solo stirnoli {«1lcl1c \risivi) p er t111 ragior1an1e11to.
Non i.nte ndo t!ntrare q ui nelle ana li si, pro fo ndf? e impegnative,
cl1e riguardan(.) la ''teoria del caos'', i s istem i tt1rb(.)len li e la
cc)mples.o:;ità. C-'è una vasta leltera lt1ra su c:1t1esto argome nto - e da
mo lti a nni è chia ro (almeno per i teorici) che il fenomeno non
rigl1arda S<)lo la fisica, la meteorologia o l'i 11gegr1eria, ma a11cl1e i
comportam c11ti uma11 i - e, di C<.)nscgucnz~1, le organ izz~1zio11i, la
:;(>Cieti1, l'econo mia, la politica e [<1 cu ltu ra.
C<>mincerò con t1n r ag i<Jna n1e n l<>eh.e p u.ò sen1brare ba11ale. ~1a
spesso le cose ''lapal issiane'' S(.)00 i migliori pt1n ti di par te nza.
Se il nostro obiettivo è a nd are da A a B, nella nostra men te si
profila un percorso lineare:
A
---------... B
Nel mo ndo reale, le linee rette non esistono. Fra A e B ci sono
necessariamente ostacoli, interferenze, percorsi in diretti; per cui
ai1c]1(! se l'(>}Jer:aZi(>ll.e eh~ iJi.lend iam(> S\,.(>.fgere è e.slr:emameo te
semplice, co1ne andare al bar a prend e re un caffè, è probabile che
il perc<) rso assun1a u n asp(!ll<> C(>me c1t1esl<>:
A
lJ1 tt11'opcrazjo11c- cos) sen1plicc, e elle dt1ra poclli 1nj1l tlti, sarà
d ifficile che nel fra tte mpo d imcntich ian10 dove stavamo andando e
perché. ì'vla il problema d iventa assai d iverso q ua11d o entra in g ioco
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A PPENDICE
ur1'orga11iz.zazi(l11e, ço11 percors i e11orn1em cn te più Ctlmplessi.r e ve r1ti
impre, is l.i, co11li11ui ca.m bia me nti <:t e li.a si lua2.i<n1e jn ct1i ci si
m tu.)Ve, eccetera.
1
Qt1a lsias i grt1p po d i perso11e elle fa11r10 qualcosa insie me è, d i
fotto, un'orga11izzazionc. Anche quattro o cinque persone che
vanno al bar. E anche nel caso più semplice la realtà è più
ct>rnplessa d i c<>rne è r t1}1prese.n latt1 i11 <Juest i sche o1i ni. 1
Diven ta così possibile (anz.i accade mollo spesso) che alcune
par ti dell'organizzazione dimentichino la d irezio ne o rig inaria ...
e o
A
E
F
e anche che l' intero sistema perda di vista l'ob iettivo - con la
complicazione aggiunta che diverse parli dell'organizzazione
credano di essere dirette verso C, D, E o F e q uind i lavorino in
({ isarmo11 i a fr~1 lor<>.
Queslt) è C() m t111 que t1n problema - ma è d a nl) la re che se c li i s i
cl irige \ erso C o F si sta spostando, sia p t1re con ttn percorso
laterale, in modo da avvicinarsi a 8, ch i si dirige verso D o E sta
1
1 Il pcl"COl"SO per andare al bar è tridi1llCt'lsio1'lalc, pt~rcl'lé è p robabile t': l"lc
pct uscire s i d cbba110 u~arc le scale o l'ascensore. In, u1'llorg<i 1lizza2.io nc,.
a1'1cl1c f1t)1'1 n'lo lto g ra1'1d c, il Jllodcllo è OV\1 i<lmC1'1 tc t'l'l ulti-dit11c11sior'lalc.
C li scl1c1n i ''pia1'1i 11 1r"I cui tc 1'1 tO di ria~u1'11crlo sorlo, intl!nzio naltnc1'1tc,
rnolto rnc1'I O con1plcssi di co1n'è il ft~110111cno ncll't.'Spcrier1z.'l !"Cale. Jvfa
spero cl1c proprio la sc11'1plificazic)1'1 e, per q uar"lto roz;-_a e approssinlati va,
aiuti a capire l'essenza dei feno1r1eni, che in L111a " topologia" analitica
rischierebbe ro di essere i11dt.'Cifra bili.
189
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IL pm ·ERE DELLA STUPIDITA
andando nella direzione contraria e per tornare sulla strada che
porla a B dovrebbe fare una complessa, fa ticosa (e spesso costosa)
i11\rersione d i marcia.
Credo che non sia diffici le, osserva ndo il comportamento delle
organizzazio ni (pubbliche o private), constatare fenomen i di
questo ge11ere.
In un a1nbienle stabile, o in fasi di evoluzione prevedibili e
cc)nlrollabili, la solu ~ione (almeno in k'<>ria) è semplice. Basta che
le componen ti del sistema abbiano una bussola. Cioè che non ci
sia troppa "parcellizzazione" del lavoro e delle responsabil ità, che
ci sia una conoscenza condivisa dcl fatto che la rolla è verso B e il
pr:(>Cess<> sja g<>vernal<.> da u11a sistematica veJifiça dei perç<>rsj ç(>S1
che le (inevitab ili) deviaàoni rico nverga no nella direzio ne giusta.
D i C() 11segt1e nza il sistem a d(>\'rebbe comp<.)rlarsi C(>Sì:
A
Wta in un ambie11te C<) mplesso e ll1rb<>le11l()
(C()n1 c
è qu asi
sempre la realtà) il processo si può evo lvere in tutt'a ltro modo. La
situazio ne è mutevole e imprevedibile. Prosegu ire ostinatamen te
solo verso l'o bietti vo B pub rivelarsi un errore.
5<, osserv iamo Io schema della dispersi<>n<' in dire>.:ioni diverse
(pagi na 189) vedia mo che (per esempio) d ue devia7.io ni "casuali e
spontanee'' (C e O) co 1l vergo110 \1 erso t1n a direzione imprevista.
Ci conviene essere curiosi - e cercare di capire perché.
Potremmo scoprire una sit uazio ne come quella che ved iamo nel
prossimo (e ullimo) "impertinente e approssima lo disegni.no".
190
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A PPENDICE
N
?
A
C ioè l'evoluzione ''ttu bolenta" del sistema potrebbe farci
scoprire un nuovo obiettivo N, sul quale dovremmo far convergere
Je tl(lSl re e11er.gie - ma se11za tagliaft;:: i ra1:i.1i che ,,.a11n<.> espl<
Jrandc)
altre, e imprev iste, p<>Ssibili là.
Notiamo che alcu ni di questi "ram i esplo rativi" hanno
direzioni si mi li al ''veccl1io'' obiettÌ\'O B, altri rlo11 d ivergo110 molto
d,11 "11uovo" ollictti\1() N, altri ancora si dirigo110 i11 tcrrit<.l ri merlo
conosciu ti; e che l' intero sistelna ha un.a struttura forse poco
''logica'', ma pili semp lice<lelle situahio11i in ct1i ci si in vischia se si
te11ta di segt1ire un modello ''li11eare''.
Infatti la cosiddetta "complessità" non è intrinsecamen te più
complessa dci sistemi apparentemen te "ord inati"; e tende a si ntesi
sostan:lia.ln,ente più semplici. La difficoltà sta nel fatto che non
siam<> prepara li a capirla.
Tullo q uesto som iglia molto più alla <:rescita di un a pia nta che
al (unzio11 amento di ltr1a maccl1ina o alla fabbricazio11e di Ltn
oggetto. (nfotti, sembra quasi inevitabile che le analisi dci sistem i
complessi portino ad ana logie biologiche.
Saxebbe complica to approfond ire le considera:do ni, più o
m e11C> e labc)rale, c:he p er m<-">ll i pertc) rSi di ver::;i Cc)11\:ergc) 11c) su
questa (abbastanza ovvia) conclusione. Ma credo che la semplice
co111prcnsio11c i11tL1itiva di qL1csto fatto possa aiutarci a capire
con\e muoverci in un mondo dominalo dalla tur boJcnz,1 e dalla
con1plcssità, i 11 cui è spesso \1 i11ccr1tc il pc11sicro "110 11 li11carc".
191
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Indice analitico
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.ab1lud1nc 1!! L~.lt.l. 10:- ·ll.l. 114-11.:.11!!.
Jl11J8, 111. l.1-t IJ.h-1.17. 1:1·1, 101. lh(
1\rto1i John fil
1\dams-, Scoll .::.._ ?9< JJC)
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71, 704, 1-1'1 ~
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De C.-,1llc. Charteo. J.:!1.
d ivcr:-.1tà .1.138. E.l, .SJ, 9tl. 111 111l, 130,
1s1-1rix l!J!l
dognlnh..mo 11. 'Il, J~'>
dubb.o le. 110. J"i" 1,..c1, 17.l
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155 1t·l, 11-..t. t~J,.4 1n
llc:rtoldo fil
Br.incati. \ ·11atl.loo J1j
F
fama, fnn10<;0 4g .!Q.
farul1<;;;mo S.1:. SI. 17l
burocrazia -'S, •2-,..bS. A.-t \1t-.1&1, 11J.1r.1
Fcl.1nd, Roblq· J..lj
l>it>logi~ q,. I'. .ll!fi.i.l!U
llorges. Jorg" Luis 2
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Flaiano, l•nnto :Z....14h·14~ i l i
Flauber1. Gw;ta\·c .2...Ll
c1rroto \'iJ'J :O'iO 15, ~2. s1.,g-&9$. 115,.1.J.Z
PJul l l i
follia l'id 11l9
J'orb1..'!'>, ~lalcohn .lSl.
(rclt.-. Je>. 19. 15.~ l!!. ~·90~ '>5. 105.lli
furb~ luriu/..1a Jì. .:t.,; 'IJ ,~. 97,.1..li
ro111p lcssilb 1.±.t..dj,, SS 70fJ-70o. 107-110,
J.l/ J,11. 1RZ~1 '1T
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ro<irdt natc c.1rlc.11iane .1.5-J't. S0,5l.:!.!:J.
t'reòlh\.ltà 107. l'i~. 1b6-1tt7 ..UZ
Fol1..~.
43•.->J. gm
gcnt0, g\:n1ahlà ..l 10-1 127. 152, 15,i,.il!!
g1nnasl1t\1 111cnlalc :<.1, 11.;
gcn~1là ~tt-.
g1ull:lrc lSli
Giusti. C1uscppc .Iil
Croc:e, Ciuho c~rc 1.;~
curiosità 7.1. ,l!1{il. ·110..11·1.11:;. 166-1u7.
Crasso. ..\ Ido
17tJ- 171, 17t>, I•IQ..J~ll
guerr.1 le. r>4--56. 11()
Go.:lh1..•, }oh<!lnn '\'oltganli \ 'On
111
ili
192
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.li
H1r11lou's Razoi
L..:Lì.
l·lej1\lein, l{Qbe rt 1,2.. 151. 753
1-leisenberg. \·Ve rner 114
1-leJl\i ng'\'3)~ 1; r nesl 7.'>J 174·
1·1 jkl cl).l'.1nci l, ( >i eter 770
}l(lnrosapk·Jt.S 11, ''1 J.J'». 14.1, 1•1J
}l(IUIQS( llJlid us J;j?
I Torkhcin1cr, ~·..lax 170-'/ 7'>
l lubbard, Elbcrl 151
I Tuff, Darrcll .!il
I Tu:-.:lcy, 1\ ld ous 152, li)R
l
iconodasliJ 1.1.L.lli
id oli, idolatriJ 77 117- 123. 15?
ignor<1nzJ 69·73, z:; 80. 81~83. 127, 17'
illu1nin iSOlO ·111, 13',JlQ
in\bJrazzo !L. .J.1, 157-160.J.BZ
in\olagine 113·'114, 'lll-17J, ·133
i n\i)revcdibili l~ 13-17, 32 . ~ 168, 176, 290
inCQn1pctenzi:127-JO.,J5.
inlelligen-i,"I .J.i:Z.. 10-12. 1{.-17. 21, 31-47.
51 ~64
67-77 80-110. 115 '/39-.143 147-149
15:J-155, J5ti, 1(11-170 1ì·1. 179
1nlernel
X, fi1)
l:l '7
8'
•)l~. J :;~ 1 5~· 15~). 11\X
istinto 52. ,ll. 7l4 121 1ob j8J, Jl)ft
K
Knfka,
L
Land, Cd\vin
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n1acch inè 99-104,m
n1a h•agilà .1-32, 4-1 . .ii 152,Jll
~f anara, Fauslo 1i
~l an zooi, 1\ lcssal\dro i l i
).·1.-itleo .11.J
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Schiller, Priedric:h 7,t;.J.~
Sc h n itzlc1~ 1\rthur ..15:!
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Scia.'<;Ci•'l, I .l~<)nardo .1:il
Za p pa, Prank 15'i
Za \'allini, Ccs;_1re M
se ntp licità ..!li!.. 1().1, 107- 110, 1SJ 7!;b,lhi!
Seneca, Lucio ;.\ nneo 1!lii
zelo .1!il
194
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Grazie
Smro grato a Carlo Cipolla per le sue fondamentali
osservnzio11i sulla slupidità umana. Ai diversi au tori
elle, trat tando questo argomento o scrivendo s11 lut.t'altro,
mi htmno lliutato a pe11sare e ml approfondire. Alle tante
persone con cui ho avuto interessanti scambi di idee.
Ringrazio Cln'is Lflcke per avermi indotto,
dodici mmi fa, a scrivere le mie p1i111e osservazimti
s11/ potere della st11pidità - e le molte persone,
in giro per il mondo, che mi 111111110 scrilto a queslo
proposito, co11 doma11de vivaci e osservazioni sti1110/anti.
I:: ora, di nuovo, sono grato ai lettori (spesso lettrici)
per gli interessanti co1mne11ti, proposte e suggeri111e11ti
co11 cui /1a11110 con tribuito a questa terza edizimte.
/~ingrazio
L11igi Sa/1H~1i per l'attenzione e l'impegno
nella 1·edazio11e e impaginazione, per la pazienza
e la gentilezza con cui Ira asseco11dalo le mie pignolerie;
Alberto A1aderna per la cura e il talento
co11 c11i ha realizzato il disegno sulla coperti11a.
lln particolare ri11grazia111e11to va ad Andrea lvlonti
per la 11ostra più e/re decennale amicizia,
pt>r le i11terminabili conversazioni
c/1e abbiamo avu to su questo argomento
e per la lemeraria decisione di inaugurare
la col/a11a Diogene con. questo libro.
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Fin ito d i s tampare ne l g iugno 2008
d a L.E.G.O. - Lav is - Tren to
per Monti&: Ambrosin i editori
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