MICROBIOLOGIA CAPITOLO 1 1.1.1 STORIA E SCOPO DELLA MICROBIOLOGIA La microbiologia è la scienza che studia le forme di vita microscopiche: batteri, protozoi, funghi, virus, alghe. Oggetto di studio sono i microrganismi, cioè tutti quei organismi invisibili ad occhio nudo e visibili al microscopio. I microrganismi sono elementi fondamentali per il nostro ecosistema: essi sono alla base di numerosi cicli biogeochimici che si verificano nell’ambiente acquatico e terrestre. Popolano il corpo umano in un numero impressionante in qualità di ospiti che svolgono effetti benefici. Esistono da un lato i microrganismi eucarioti (alghe, protozoi e miceti) che vengono inseriti nel regno Protista e dall’altro microrganismi procarioti(batteri) che vengono riuniti nel regno Monera. Attualmente però sono classificati valutando il loro profilo evolutivo con metodo molecolare e vengono suddivisi in tre domini principali: Bacteria (procarioti) Archaea (procarioti) Eukarya (eucarioti) La maggior parte dei microrganismi svolge le proprie funzioni vitali in presenza di ossigeno e sono detti aerobi mentre quelli che non hanno bisogno di ossigeno sono detti anaerobi. I microrganismi che sono in grado di utilizzare l’azoto e l’anidride carbonica sono detti autotrofi mentre quelli che dipendono da organismi superiori sono detti eterotrofi. Oltre questi poi ci sono i saprofiti che decompongono materiale organico di piante e animali morti reintroducendo i nutrienti inorganici nel terreno. Quelli che vivono da parassiti causando danni all’ospite sono detti patogeni. La maggior parte delle malattie infettive inizia con la colonizzazione che può provocare: l’eliminazione del microrganismo l’infezione, inducendo una risposta immunitaria o di altro tipo da parte dell’ospite Le caratteristiche dei microrganismi sono: Riproduzione, sono capaci di duplicare se stessi, sia in modo sessuato che asessuato Metabolismo, le reazioni metaboliche possono essere di due categorie: - anabolismo, reazioni con dispendio di energia - catabolismo, reazioni che liberano energia Crescita Adattabilità Mutazione, cambiamento del materiale genetico Organizzazione 1.1.2 LA MICROBIOLOGIA E LE SUE SUDDIVISIONI Possiamo dividere la microbiologia in varie suddivisioni che vanno a vedere il campo di interesse: Batteriologia, disciplina che studia i batteri (o procarioti). Sono caratterizzati da una parete cellulare rigida, non hanno un vero nucleo e sono sprovvisti di organuli adibiti alla respirazione e alla fotosintesi Algologia, disciplina che studia le alghe che sono microrganismi eucarioti diffusi in quasi tutti gli habitat. Da loro si ricava l’agar, estratto per far solidificare i terreni di coltura Micologia, studia i funghi che sono microrganismi eucarioti, non foto sintetici, generalmente saprofiti Protozoologia, scienza che studia i protozoi, microrganismi eucarioti unicellulari, non fotosintetici. Sono presenti nel terreno umido, nelle acque e nei rifiuti organici. Possono determinare malattie infettive ancora molto diffuse come malaria, dissenteria, ecc… Virologia, studia i virus, particelle infettanti parassite intracellulari obbligate Immunologia, studia i meccanismi difensivi dell’ospite uomo o di altro vertebrato nei confronti di microrganismi invasori 1.1.3 GLI INIZI DELLA MICROBIOLOGIA La microbiologia inizia con l’invenzione del microscopio intorno al XVII secolo, poiché quest’oggetto permette di vedere gli organismi che fino ad allora non si riuscivano a vedere. Lo scopritore di questo mondo microbiologico fu Antony Van Leeuwenhoek che perfezionò i primi microscopi semplici. Egli nel 1677 scoprì dei microrganismi e gli chiamò “animalcules”. Ora il problema che si ponevano era come questi microrganismi prendessero vita. Nel XVIII secolo vi furono due gruppi antagonisti di scienziati, uno che credeva nella generazione spontanea da materiale organico e l’altro che i microrganismi generassero da altri microbi. Lo scienziato che confutò queste ipotesi fu Pasteur che nel XIX secolo dimostrò la teoria della biogenesi rigettando la teoria della generazione spontanea. Lui con degli esperimenti dimostrò che negli infusi di sostanze organiche, dopo ebollizione, se venivano esposti ad aria trattata con il calore, non avveniva sviluppo di microrganismi. 1.1.4 TEORIA MICROBICA DELLE MALATTIE La teoria della trasmissibilità delle malattie infettive si deve al medico italiano Gerolamo Fracastoro che nel 1564 presentò il De Contagione et contagiosis morbis in cui descriveva la trasmissibilità da persona a persona o tramite oggetti inanimati delle malattie, ipotizzando anche che ci fossero anche organismi invisibili. Nel 1840 a Vienna Ignàc Semmelweis chiarì il meccanismo della trasmissione indiretta delle infezioni individuando nella mancata disinfezione delle mani da parte degli ostetrici la responsabilità dell’alta mortalità materna per sepsi puerperale. Da questa scoperta si iniziarono ad attuare delle procedure di disinfezione, come la sterilizzazione dei ferri. La dimostrazione diretta che dei microrganismi causavano una infezione fu di Koch, che mentre studiava il carbonchio, scoprì nel sangue di bestiame morto i bacilli responsabili di questa malattia. Egli coltivò questi microrganismi e li re inoculò in altri animali: costatò che si ammalavano di carbonchio, quindi isolò di nuovo il bacillo. COLTURE PURE L’isolamento in coltura pura che Koch perfezionò, fu l’elemento che maggiormente contribuì all’identificazione dei batteri come agenti di malattia. Nel 1882 riuscì ad isolare il micobatterio della tubercolosi. Per distinguere il batterio saprofita da quello patogeno, Kock, creò dei postulati: Il microrganismo deve essere presente in ciascun caso di una determinata malattia Il microrganismo deve essere isolato dall’ospite e fatto crescere in coltura pura Inoculando microrganismi di una coltura pura in un animale sano si deve riprodurre la malattia specifica Nell’animale infetto deve essere possibile reperire di nuovo il microrganismo e coltivarlo in coltura pura. Esistono però alcune eccezioni ai postulati di Koch. 1.1.5 CHEMIORERAPIA Per il controllo e il trattamento delle malattie infettive iniziò una nuova era con l’uso clinico di sostanze chimiche in grado di uccidere i microrganismi e di interferire con la loro crescita, senza nel contempo danneggiare l’individuo. La definitiva affermazione di questi farmaci si ha nel 1926 con la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming. Questa sostanza rimane ancora oggi uno dei migliori e diffusi antibiotici usati per la terapia e la profilassi di molte malattie infettive batteriche. 1.2 CARATTERISTICHE ESSENZIALI E CLASSIFICAZIONE DEI MICRORGANISMI 1.2.1 SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE BIOLOGICA E NOMENCLATURA La tassonomia fornisce il nome e identifica le differenti forme di vita, disponendo gli essere viventi in una serie allineata di categorie che riflette la propria parentela. La classificazione è basata sulla somiglianza degli organismi e il modo ideale è il sistema detto classificazione naturale, che organizza gli organismi in gruppi i cui membri hanno in comune molti caratteri e quindi rispecchia il più possibile la natura biologica degli organismi. La prima classificazione fu fatta da Linneo a metà settecento, dividendo gli organismi in due grandi regni: Piante e Animali. CARATTERI IMPIEGATI NELLA TASSONOMIA I caratteri importanti dal punto di vista tassonomico sono divisi in classici e molecolari. Caratteri classici: Caratteri morfologici – forma, dimensioni, ecc.. Caratteri fisiologici e metabolici Caratteri ecologici Analisi genetica Caratteri molecolari: Confronto delle proteine Composizione in basi degli acidi nucleici Ibridazione degli acidi nucleici Sequenziamento degli acidi nucleici Attualmente vengono usati entrambi i caratteri per valutare il grado di somiglianza degli organismi. DENOMINAZIONE DEI MICRORGANISMI Per denominare gli organismi si usa il sistema bi nominale di nomenclatura, nel quale tutti gli organismi hanno il nome composto da due parole latine: la prima un sostantivo indica il genere, la seconda un aggettivo che indica la specie. Il genere indica un gruppo di organismi con alcune caratteristiche comuni, mentre la specie è il gruppo tassonomico base della classificazione sistematica dei batteri. 1.2.2 DIVISIONE DEGLI ORGANISMI VIVENTI REGNO PROTISTA Nel 1886 venne creato un regno ad hoc per i microrganismi denominato Protista, quindi il sistema di classificazione degli esseri viventi passo da due a tre gruppi. Il regno dei protisti fu diviso in due sottocategorie nel 1957, procarioti (batteri) e eucarioti (protozoi, funghi, alghe). Le cellule eucariote è contraddistinta da: Nucleo racchiuso da membrana nucleare Esistenza di organelli nel citoplasma Presenza di un fuso mitotico Presenza di cromosomi e proteine cromosomiche Le cellule procariote: Tipiche dei batteri Prive di tutte le caratteristiche esposte per gli eucarioti Parete rigida Zona nucleare al centro, denominata nucleoide Contiene un solo cromosoma CLASSIFICAZIONE DEGLI ORGANISMI VIVENTI IN DOMINI E REGNI Non tutti i microbiologi riconoscono la classificazioni in tre domini, ma usano la classificazione a 5 regni proposta nel 1969da Whittaker. Regno Animalia Cellula eucariotica sprovvista di una parete cellulare rigida, gli animali sono pluricellulari, mobili e si nutrono per ingestione. Regno Plantae Le piante sono organismi pluricellulari con cellule eucariotiche fornite di una parete cellulare rigida. Sono immobili e sono organizzate in tessuti come gli animali Regno Protista Vi sono compresi i protozoi e le alghe unicellulari formanti colonie. Sono biologicamente indipendenti. Sono organismi eucarioti e si nutrono attraverso varie forme. Regno Funghi Include i funghi, i lieviti e le muffe. Sono organismi saprofiti eucarioti e sono provvisti di parete cellulare rigida. Regno Procayotae (Monera) Comprende tutti i batteri, cioè microrganismi unicellulari con organizzazione cellulare procariotica, in grado di svolgere tutte le funzioni vitali. Si ritiene che a livello evolutivo dalla cellula eucariotica ancestrale debbano essere comparsi i primi organismi, detti Archaeabacteria. Tali forme primordiali di batteri sarebbero poi sopravvissute fino ai giorni nostri, andando a costruire il gruppo degli archeobatteri, capaci di vivere in condizioni limite. 1.3 METODI E TECNICHE DI OSSERVAZIONE E COLTIVAZIONE DEI MICRORGANISMI 1.3.1 IL MICROSCOPIO Strumento in grado di ingrandire immagini di oggetti molto piccoli. Quello comunemente usato in microbiologia è il microscopio ottico composto che è munito di due lenti. Esistono poi microscopi elettronici del tipo a trasmissione o scansione. MICROSCOPIO OTTICO Ce ne sono di vari tipi: Microscopio in campo chiaro: costituito da due parti, lo stativo che è la parte meccanica, e il sistema ottico che è formato da due gruppi di lenti, l’oculare e l’obiettivo Microscopio in campo oscuro: la luce è diretta lateralmente verso il campione, così che a raggiungere il campione è la sola luce riflessa dal materiale, ne risulta che il corpo esaminato sarà su sfondo scuro Microscopio a fluorescenza: usa come sorgente luminosa raggi ultravioletti che illuminano l’oggetto, ma non passano nell’obiettivo del microscopio, è usato spesso nei laboratori di immunologia per rivelare se anticorpi si sono combinati con specifici antigeni batterici. MICROSCOPIO ELETTRONICO Ha determinato un salto di qualità sia in termini di ingrandimento che di risoluzione. Si serve di un raggio di elettroni e di magneti per convergere il raggio. 1.3.2 ALLESTIMENTO DI PREPARATI E COLORAZIONI Per poter osservare al microscopio i microrganismi occorre eseguire alcune procedre che consentono il corretto allestimento di un vetrino: Distensione del materiale sul vetrino Essiccamento del materiale Fissazione Colorazione ESAME A FRSCO Evidenzia la motilità dei batteri e si esegue depositando una goccia di brodo coltura sul vetrino. Verrà esaminato con microscopio ottico in campo chiaro con un obbiettivo a forte ingrandimento. ESAME CON FISSAZIONE E COLORAZIONE Il materiale deve essere allestito su di un vetrino. Poi si prosegue con l’essiccamento che si ottiene con l’aria calda della fiamma di un becco Bunsen. Il passaggio successivo è la fissazione che si ha tramite passaggio del preparato su fiamma. A questo punto il preparato è pronto per la colorazione che si esegue versando sul vetrino alcune gocce del colorante e lasciando che agisca per alcuni minuti. Dopo la colorazione si lava con acqua per allontanare il colorante in eccesso. Le colorazioni più comuni sono: Colorazione di Gram Colorazione di Ziehl-Neelsen Colorazione di Loeffler Colorazione di Fontana Colorazione di Alessandrini COLORAZIONE DI GRAM Consente di differenziare i battere in due gruppi: gram positivi e gram negativi. La colorazione avviene in questo modo: Si ricopre il preparato fissato con il cristial-violetto per 1 minuto Si allontana il colorante in eccesso e si mordenza la colorazione con una soluzione di iodio e ioduro di potassio lasciando agire il trattamento per 1 minuto Si tratta il preparato con decolorante per 20 secondi Il preparato viene trattato per 1-2 minuti con fucsina o safranina, dal colore rosso Si allontana il colorante in eccesso e si asciuga il vetrino I batteri che appariranno viola saranno gram positivi, quelli rosa-rosso saranno gram negativi. 1.3.3 COLTIVAZIONE DEI MICRORGANISMI I batteri possono essere coltivati in laboratorio attraverso opportune tecniche dette terreni di coltura. TERRENI DI COLTURA PER BATTERI Possono essere distinti in solidi e liquidi. Per solidificare un terreno c’è bisogno dell’aggiunta di Agar . Un terreno solido con agar può tornare liquido a temperature superiori agli 80 °C e risolidificarsi al di sotto di 45°C. Essi sono substrati forniti di sostanze nutritive che permettono la crescita dei batteri. I terreni di base sono: il brodo normale e l’agar normale. Il brodo normale è il terreno di coltura liquido fondamentale, è costituito da una soluzione allo 0,5% di peptoni arricchita con lo 0,3% di carne. Lo sviluppo di batteri in terreni liquidi viene evidenziato con l’intorbidamento. L’agar normale è il terreno solido per eccellenza e si ottiene addizionando al brodo normale 1,5% di agar. Esso è in grado di fornire migliori vantaggi come la coltivazione di batteri in colonie isolate. STERILIZZAZIONE DEI TERRENI E INCUBAZIONE DELLE COLTURE Sia i terreni che i recipienti devono essere resi sterili. Il modo più accurato è l’autoclave. In questa macchina si forma vapore che raggiunge la pressione di una atmosfera e la temperatura si eleva a 121 °C, e questi valori sono sufficienti a sterilizzare in tempi brevi (1520 minuti). Una volta che il terreno è sterilizzato e seminato, affinché la coltivazione abbia successo occorre dare al terreno l’ambiente adatto alle esigenze del batterio. Ogni batterio ha la propria temperatura ideale: I patogeni sono di norma mesofili – 36 °C Psicrofili – 20 °C Termofili – 56 °C L’incubazione di norma dura 48 ore, ma può prolungarsi per vari tipi di batteri come il bacillo tubercolare. SVILUPPO DEI BATTERI IN TERRENI LIQUIDI E SOLIDI Nei terreni liquidi si ha l’intorpidimento che può essere diffuso oppure limitato agli strati più superficiali. Sui terreni solidi i batteri possono crescere a formare una patina oppure in colonie isolate. I tipi di colonie di maggior rilievo sono quelle delle colonie S dalla consistenza liscia e cremosa, e le colonie R tipiche dei batteri provvisti di capsule. COLTURA PURA Quando una specie batterica semina in un terreno solido si ha una crescita microbica in colonie. Per mantenere questi batteri i fa il trapianto in un terreno di coltura nuovo. Questo procedimento di consente di effettuare l’isolamento in coltura pura di una singola specie batterica. La coltura pura si può ottenere con varie tecniche, tra le quali la più usata è quella dello strisciamenti su piastra. CAPITOLO 2 2.1 CELLULA BATTERICA: ORGANIZZAZIONE E STRUTTURA I batteri sono provvisti di una struttura e un’organizzazione cellulare essenziale che consente loro di svilupparsi, auto replicarsi e colonizzare qualsiasi ambiente. Se ne conoscono solo 5000 specie delle oltre 10 milioni stimate, ed essi possono causare anche gravi malattie nell’uomo. 2.1.1 DIMENSIONI, FORMA E COMPOSIZIONE La cellula procariote è una cellula di ridotte dimensioni e relativamente semplice. L’unità di misura utilizza per i batteri è il micrometro. I batteri possono essere di forma sferica e sono chiamati cocchi che nel riprodursi posso formare colonie: Diplococchi, a coppia Streptococchi, a catenella Stafilococchi, a grappolo Sarcine, otto cocchi a forma di cubo Tetradi, a gruppi di quattro cocchi Quelli di forma cilindrica sono comunemente detti bacilli e possono essere: Diplobacilli, a coppia Streptobacilli, a catenella Cocco bacillo, somiglianza con il bacillo vibroni se cilindrici con una curvatura lungo l’asse maggiore spirilli se a forma di sinusoide con poche e larghe volute spirochete se con sinusoidi molto numerose e ravvicinate COMPOSIZIONE CHIMICA L’acqua e il maggior costituente della cellula batterica e il solvente per le componenti organiche ed inorganiche. Fra le molecole inorganiche vi sono: sodio, potassio, zinco, ferro, calcio, fosforo, magnesio. Quelle organiche invece sono: proteine, zuccheri, lipidi ed acidi nucleici che differiscono le cellule batteriche tra di loro. 2.1.2 ARCHITETTURA GENERALE DELLA CELLLULA BATTERICA Sostanzialmente i batteri sono costituiti da una struttura cromosomica semplice immersa direttamente nel citoplasma delimitato all’esterno da una membrana citoplasmatica, l’insieme è racchiuso da una parete cellulare. Alcuni batteri possono avare appendici come flagelli per il movimento e i pili per l’adesione e lo scambio di materiale fra batteri. 2.1.3 PARETE BATTERICA E SUOI ANNESSI Quasi tutti i procarioti possiedono una robusta parete cellulare rigida e permeabile. La parete cellulare dei Gram-positivi è costituita da un unico strato omogeneo del polimero peptidoglicano. Esso è formato sempre da due carboidrati azotati legati fra loro, l’acido N-acetilmuramico e l’N-acetilglucosamina. Il peptidoglicano non appare in nessun’altra struttura biologica. La parete dei Gram-negativi è più complessa e comprende uno strato sottile di peptidoglicano circondato da una membrana esterna più spesso. STRUTTURE ESTERNE I batteri presentano un’ampia varietà di strutture collocate sulla superficie esterna della parete cellulare: Flagelli, appendici locomotorie filiformi e proteiche. In base al numero posso prendere vari nomi: monotrichi, un flagello anfitrichi, più flagelli lofotrichi, molti flagelli addensati a ciuffo peritrichi, uniforme distribuzione di flagelli su tutto il batterio atrichi, sprovvisto di flagelli Filamento assiale, nei batteri sprovvisti di flagelli, come cocchi e spirochete, il movimento è nei primi di tipo fisico,mentre nelle seconde è causato dalla contrazione di un sottile endoflagello detto filamento assiale, ancorato ai polo della cellula. Fibre e pili, originano dalla membrana citoplasmatica e si proiettano per vari micron dagli involucri cellulari, con funzione prevalente di ancoraggio. I pili sessuali servono alla coniugazione tra due batteri, per consentire il trasferimento di materiale genetico attraverso plasmidi. Glicocalice, stato S e capsula, il glicocalice è una rete stratificata di polisaccaridi che protrude dalla superficie cellulare. La struttura regolare di superficie di molti batteri, viene detta strato S il quale è uno strato protettivo esterno composto da sub unità proteiche. Per capsula invece si intende l’involucro mucoso che rimane aderente alla parete cellulare, essa protegge la parete dall’ambiente esterno e può presentarsi sian in batteri saprofiti che sia patogeni. 2.1.4 LA MEMBRANA CITOPLASMATICA E IL CITOPLASMA La membrana citoplasmatica si trova al disotto della parete cellulare e racchiude il citoplasma. Essa è costituita dal 60% di proteine e 40% di lipidi e forma un doppio strato simmetrico di fosfolipidi in cui sono immerse diverse proteine. La funzione più importante è quella di controllo degli scambi metabolici, ch può avvenire attraverso diffusione passiva oppure con trasporto attivo (mediante proteine carrier). In molti batteri, soprattutto Gram-positivi, la membrana presenta delle invaginazioni denominate mesosomi. La porzione più consistente della cellula è il citoplasma, costituito dall’80% di acqua e metaboliti. E’ privo di apparato del Golgi, reticolo endoplasmatico, mitocondri, cloroplasti, vacuoli e centrioli. L’unico organello presente sono i ribosomi, deputati alla sintesi proteica. 2.1.5 STRUTTURA NUCLEARE DEI BATTERI Nei procarioti non troviamo nucleo ma abbiamo una struttura nucleare costituita da una grande e singola molecola di DNA, a doppia elica circolare in grado di auto replicarsi, strettamente avvolta e immersa nel citoplasma. Il batterio però può possedere anche altre molecole di DNA extracromosomiche, poste nel citoplasma, chiamati plasmidi. 2.1.6 ANTIGENI E PIGMENTI DEI BATTERI ANTIGENI Svolgono un’azione antigenica le molecole superficiali come gli acidi teicoici e varie proteine nei Gram-positivi, la componente lipopolisaccaridica e le proteine della membrana esterna nei batteri Gram-negativi. PIGMENTI Sono sostanze colorate prodotte da batteri chemiosintetici utili per l’identificazione di una specie batterica su terreni solidi, in quanto colorano le colture. 2.2 DIVISIONE E CRESCITA BATTERICA 2.2.1 DIVISIONE CELLULARE I batteri saprofiti e parassiti attuano in gran parte riproduzione asessuata per scissione semplice. Le tappe essenziali sono le seguenti: Estensione della parete Replicazione del cromosoma Formazione del setto Ancoraggio del DNA alla membrana Separazione FASE L DEI BATTERI Alcuni batteri presentano una particolare forma di riproduzione detta fase L. Tali batteri in fase L sono caratterizzati dall’assenza di una parete cellulare rigida. 2.2.2 CRESCITA BATTERICA Si può definire crescita l’incremento dei vari costituenti cellulari. Nella scissione semplice ciascuna cellula cresce di volume e si divide in due cellule figlie delle dimensioni sostanzialmente uguali, in questo caso risulta più utile seguire i cambiamenti numerici che si verificano nella popolazione microbica nel suo complesso. CURVA DI CRESCITA DI UNA COLTURA MICROBICA La crescita dei microrganismi può essere ben rappresentata da un grafico nel quale si pone in ascisse il tempo di incubazione e in ordinate il logaritmo del numero di cellule batteriche vive presenti nella coltura incubata. Il tipo di grafico che ne emerge prende il nome di curva di crescita dei batteri. Essa è contraddistinta da 4 fasi sequenziali: - Fase di latenza, i germi non si moltiplicano ma si ha una crescita dei componenti cellulari preparatoria alla divisione cellulare. Appena gli enzimi vengono sintetizzati inizia una moltiplicazione batterica con aumento progressivo del numero di batteri - Fase di crescita esponenziale, inizia quando tutti i batteri sono in grado di portare a compimento i processi metabolici idonei alla riproduzione. In questa fase tutti i batteri sono vivi - Fase stazionaria, i batteri cessano di crescere ed entrano nella fase stazionaria. In numero dei batteri vivi è costante e gran parte dei batteri non si moltiplica più. - Fase di morte, aumentano le cellule morte e questa fase termina con la totale estinzione della popolazione microbica presente nel terreno di coltura. MISURAZIONE DELLA CRESCITA Esistono molti modi per misurare la crescita microbica. Le due tecniche più usate sono: la camera per la conta e gli apparecchi elettronici. La conta diretta viene effettuata con la camera da conta di Petroff-Hausser che oltre al numero di cellule indica le dimensioni e la morfologia di microrganismi. Vi sono poi strumenti elettronici come il coulter counter, apparecchio che conta direttamente i microrganismi più grossi. Esistono poi tecniche che consentono di contare direttamente cellule vive, come le tecniche colturali della piastratura e delle membrane filtranti. Nella piastratura si contano il numero delle colonie formatesi su una piastra di terreno solido. Nelle membrane filtranti si contano il numero di colonie che si sviluppano su particolari membrane filtranti che presentano pori molto piccoli in grado di intrappolare i batteri. MISURA DELLA MASSA Il metodo più tradizionale è quello è quello che consente di determinare il peso secco microbico. Le tecniche più rapide sono i metodi spettrofotometrici, che si basano sulla capacità che hanno le cellule microbiche di disperdere la luce che colpisce. EFFETTI DELL’AMBIENTE SULLA CRESCITA MICROBICA I batteri risentono di numerose variabili cimici-fisiche: umidità, concentrazione di sali, ph, temperatura, concentrazione dell’ossigeno, pressione, ecc… Disponibilità di acqua, i batteri necessitano di un mezzo esterno ricco di acqua, tuttavia possono resistere bene all’essiccamento così come alla liofilizzazione. I batteri che riescono a vivere in ambienti secchi sono detti xerofili. Concentrazione di soluti, gran parte dei batteri cresce in presenza di concentrazioni di cloruro di sodio dello 0,85%. Altri batteri possono tollerare fino al 6-7%, altri addirittura fino al 15-25% e sono detti alofili, batteri Gram-negativi. Quelli capaci di vivere in ambienti ricchi di zuccheri sono detti invece osmofili. Pressione osmotica, molto elevate non si confanno alla vita microbica pH, i batteri riescono a vivere in un determinato range di pH, compreso tra 4 e 9 si trovano i neutrofili, fra 10 e 11 gli alcalofili, a concentrazioni superiori troviamo gli acidofili. Temperatura, gran parte dei batteri vive a temperature comprese fra 20-45 °C e sono detti mesofili, quelli che vivono alla temperatura di 15-30 °C sono detti psicrofili, mentre quelli prediligono le alte temperature 50-85 °C sono detti termofili. Effetti dell’ossigeno, quelli che hanno bisogno dell’ossigeno sono detti aerobi, quelli che invece non ne hanno bisogno anaerobi. Radiazioni, molte radiazioni sono pericolose per i batteri, principalmente le radiazioni ionizzanti, come i raggi X e i raggi gamma 2.2.3 SPORE BATTERICHE E’ una prerogativa di alcuni batteri Gram-positivi quella di poter formare la spora, struttura protettiva, disidratata, pluristratificata, metabolicamente inerte, che contiene una copia completa del cromosoma batterico. Essa è costituita da una membrana interna, due strati di peptidoglicano e un rivestimento esterno. Tali spore sono dette endospore poiché originano all’interno della cellula madre, e lo scopo delle spore è di proteggere il DNA genomico dall’essicazione, potendo rimanere in vita per secoli. Esse possono presentare una forma sferica o ellittica e avere un diametro inferiore o superiore a quello della cellula madre. ULTRASTRUTTURA E CARATTERI FUNZIONALI DELLA SPORA La spora è formata da una parte centrale detta core circondata dalla membrana plasmatica, che è avvolta da una parete cellulare rudimentale provvista di peptidoglicano. Intorno a questa porzione centrale troviamo varie membrane, che sono dall’interno all’esterno, le seguenti: - Corteccia, sottile strato interno di peptoglicano, costituisce gran parte del volume della spora - Coat, rivestimenti simil-cheratinici - Esosporio, involucro più esterno che avvolge la spora ed è simile alla membrana citoplasmatica. SPOROGENESI Processo in cui una cellula batterica vegetativa diventa una spora. Inizialmente si verifica la trascrizione dell’mRNA della spora e l’addensamento del cromosoma, che si dispone a sbarra, cui segue la duplicazione del cromosoma e la separazione dei due nuovi nucleoidi, uno dei quali migra e viene racchiuso da contenuti citoplasmatici (core) e separato da un setto di membrana. La spora poi viene ricoperta di esosporio e liberata nell’ambiente. GERMINAZIONE DELLA SPORA La trasformazione delle spore in cellule vegetative viene detto germinazione, dura circa 90 minuti ed è formato da 3 parti: attivazione, iniziazione e crescita. 2.3 METABOLISMO E GENETICA BATTERICA I batteri devono soddisfare per sopravvivere esigenze metaboliche primarie, con un costante apporto di energia, rappresentata sotto forma di ATP. I metaboliti presenti nella cellula sono convertiti, tramite una o più vie metaboliche, in un intermedio universale, il piruvato. Nei batteri il glucosio è il metabolita più sfruttato per produrre ATP. 2.3.1 RICHIESTE METABOLICHE Composizione chimica, una cellula è composta dal 70-80% del suo peso di acqua. Il restante si chiamo peso secco, che per il 99% è composto da elementi essenziali principali, come carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, ai quali vanno aggiunti elementi essenziali secondari, come lo zinco, il manganese, il selenio. Composizione molecolare, oltre all’acqua sono presenti in notevole concentrazione sostanze organiche come: carboidrati, lipidi, proteine, RNA e DNA Nutrizione batterica, fra le esigenze primarie che i batteri devono soddisfare per la loro crescita vi sono: una sorgente di carbonio e azoto, una sorgente di energia, acqua e vari ioni. I batteri resistono a concentrazioni saline molto maggiori di quelle sopportate dalle cellule dei mammiferi, e sono detti batteri alofili quelli che resistono a livelli molto elevati di NaCl. Il materiale necessario per la crescita i batteri possono sia acquisirlo dall’esterno oppure sintetizzarlo usando altri materiali. In base a questo i batteri posso essere distinti in: - Autotrofi, utilizzano per la crescita CO2, sono batteri con esigenze nutrizionali minime e in grado di svolgere autonomamente i processi di sintesi - Eterotrofi, se utilizzano per la loro crescita il carbonio, presentano notevoli esigenze nutrizionali. Le maggiori o minori esigenze nutrizionali dipendono in gran parte dalla ricchezza o meno del corredo enzimatico cellulare. In base alla loro sede di azione gli enzimi possono essere classificati in: Esoenzimi, demoliscono le grosse molecole all’esterno favorendo il passaggio. Ectoenzimi, si trovano sulla membrana e svolgono funzioni di regolazione del transito attraverso membrana. Endoenzimi, svolgono funzioni catalitiche o anaboliche. 2.3.2 METABOLISMO ENERGETICO Il reperimento dell’energia può avvenire attraverso due meccanismi: captando luce solare oppure per ossidazione chimica. Nei batteri chemiosintetici l’energia viene prodotta attraverso l’ossidazione di composti chimici inorganici oppure organici. Queste reazioni sono delle ossido-riduzioni. L’ossidazione di composti organici comporta il più delle volte rimozione non di elettroni liberi ma di atomi di idrogeno, in genere a coppie. Questo processo è chiamato deidrogenazione, e queste reazioni si riscontrano nelle vie cataboliche, in cui sono demolite macromolecole dalle quali si formano molecole più semplici. FERMENTAZIONE BATTERICA Consiste in un processo biologico, in assenza di ossigeno. Nelle cellule, molecole organiche, come zuccheri, acidi o amminoacidi, giunte nel citoplasma dopo aver superato la membrana citoplasmatica, fungono da substrato per diversi enzimi ossidativi ch con un processo ossidoriduttivo basato sul trasferimento di elettroni degradano gli zuccheri producendo energia. Fermentazione dei carboidrati, rappresenta il più importante tipo di fermentazione per i batteri. La fermentazione tipica è quella del glucosio, che avviene nella cellula batterica in due stadi: nel primo il glucosio è convertito in acido piruvico, nel secondo le due coppie di idrogeno sottratti sono usate per ridurre il piruvato in cataboliti. Ciò avviene mediante l’azione di un ridotto corredo enzimatico (NAD). - Conversione del glucosio in acido piruvico, attraverso glicolisi si ha la - produzione di piruvato e 2 molecole di TP. Riduzione del piruvato in cataboliti, l’acido piruvico è degradato in cataboliti. RESPIRAZIONE BATTERICA Nella respirazione i composti organici macromolecolari vengono ossidati ad anidride carbonica e acqua. - Energia dei carboidrati, il composto organico da ossidare più comunemente è lo zucchero (glucosio), che viene degradato ad acido piruvico, che a sua volta è ossidato ad anidride carbonica e acqua con un efficace produzione di ATP tramite una lunga serie di reazioni denominate ciclo degli acidi tricarbossilici (ciclo di krebs). La catena respiratoria nei batteri è costituita da coenzimi e dai rispettivi substrati. Tali coenzimi costituiscono una catena sequenziale di reazioni di ossido-riduzione con cui gli elettroni sono trasferiti all’accettore finale. La liberazione di energia viene utilizzata per la sintesi di 3 moli di ATP per mole di NADH e 2 moli di ATP per mole di FADH. La respirazione anaerobia è prerogativa di batteri saprofiti del genere Desulfovibrio, di metano batteri e di batteri denitrificati anaerobi facoltativi, mentre quella aerobia è prevalente nei batteri eterotrofi. Gli organismi aerobi risultano più efficienti in quanto producono 38 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio. - Energia da lipidi e proteine, i trigliceridi sono scissi in glicerina e acidi grassi mediante aggiunta di acqua per mezzo degli enzimi lipasi; gli acidi grassi sono poi ossidati a acetilcoenzima-A il quale può entrare nel ciclo di Krebs. 2.3.3 METABOLISMO BIOSINTETICO L’anabolismo viene attuato utilizzando composti semplici come amminoacidi, ammoniaca, anidride carbonica, acqua, zuccheri e altri metaboliti intermedi prodotti dai processi di fermentazione e respirazione, da questi composti esso è in grado di sintetizzare macromolecole organiche quali le proteine, i lipidi, i polisaccaridi e gli acidi nucleici. BIOSINTESI MACROMOLECOLARI - Sintesi dei polisaccaridi, sono sintetizzati nei batteri autotrofi a partire dalla CO2 e dall’acqua, mentre in quelli eterotrofi a partire da zuccheri semplici come i monosaccaridi. I glucidi costituiscono per la cellula batterica la più importante fonte di energia e sono catabolizzati da enzimi specifici, come la cellulasi, l’amiasi, maltasi e aldolasi. - Sintesi del peptidoglicano, inizia con la sintesi dei precursori iniziali nel citoplasma, continua con il completamento di questi durante il trasporto nella membrana citoplasmatica e finisce con la loro allocazione nella parete cellulare. - Sintesi dei lipidi, sono sintetizzati grazie all’azione di enzimi specifici a partire da sub unità come glicerolo, alcoli e acidi grassi. - Sintesi degli amminoacidi, possono essere sintetizzati a partire da ammoniaca o azoto atmosferico assunti dall’ambiente (batteri autotrofi) oppure possono essere assunti direttamente dall’ambiente (batteri eterotrofi). - Sintesi degli acidi nucleici, la sintesi dei nucleotidi purinici parte dal ribosio-5-fosfato con costruzione a stadi dell’anello biciclico in presenza di zucchero fosforilato, da questa serie di reazioni scaturisce il nucleotide purinico inosina monofosfatico, che può essere convertito a guanosina o adenosina monofosfato. Replicazione del DNA, è attuata con un processo di auto duplicazione del cromosoma batterico: esso srotola la sua spirale e divarica le due catene elicoidali polinucleotidiche di cui è composto, consentendo ad ogni elica di essere uno stampo sul quale sono apposte le molecole costitutive (nucleotidi) che saranno poi legate all’enzima DNA polimerasi a formare una nuova catena complementare. Sintesi dell’RNA, si svolge in modo simile alla replicazione del DNA e impiega una specifica RNA-polimerasi Dna-dipendente che è in grado di legare i nucleotidi della sequenza; la sintesi parte dall’elica del DNA cromosomico, dopo che le due catene elicoidali si sono divaricate in modo complementare. - Sintesi proteica, è una sequenza di meccanismi che formano una proteina a partire da amminoacidi presenti nel citoplasma. Si svolge sui ribosomi ai quali si unisce l’mRNA a formare il polisoma, dopo che l’mRNA ha trascritto dal DNA cromosomico l’informazione della sequenza amminoacida desiderata, processo conosciuto come “trascrizione” Trascrizione, processo nel quale l’informazione genetica codificata nel DNA cromosomico viene trascritta in un mRNA necessario per la successiva traduzione in proteine. Traduzione, processo nel quale il codice genetico è convertito in una sequenza amminoacida, ovvero in una proteina; per attuarlo la sequenza nucleotidica dell’mRNA viene divisa in gruppi di tre nucleotidi consecutivo (codone) 2.3.4 GENETICA BATTERICA GENOMA DEI BATTERI Il genoma dei procarioti presenta alcune caratteristiche specifiche: Esiste un solo cromosoma (aplodia) Non sono presenti gli istoni La tendenza dei geni batterici a risultare legati in unità trascrizionali complesse dette operoni Mancano nel DNA batterico sequenze ridondanti Presenza di plasmidi CROMOSOMA BATTERICO La cellula batterica di norma provvista di una sola copia del cromosoma ed è quindi aploide, il cromosoma è in genere costituito da una singola molecola circolare di DNA. Prende il nome di codone la tripletta di basi azotate che codifica per uno specifico amminoacido su un RNA messaggero. I geni batterici possono essere distinti in base all’attività che da loro dipende in: Cistroni, geni codificati per proteine strutturali Promotori e operatori, sequenze di nucleotidi che controllano l’espressione di un gene PLASMIDI L’informazione genetica è situata in piccoli elementi genetici extracromosomici formati di DNA bi catenario a struttura circolare e dotati di replicazione autonoma. Essi contengono una serie di geni che codificano per tutta una serie di materiali indispensabili alla loro duplicazione. Alcuni plasmidi, detti plasmidi coniugativi, hanno un gruppo di geni che codificano per una serie di prodotti che possono favorire l’intimo contatto tra 2 cellule batteriche, così da rendere possibile il trasferimento orizzontale del plasmide con un ponte coniugativo. TRASPOSONI Sia il cromosoma batterico sia i plasmidi hanno la caratteristica di traslocare da una zona all’altra del genoma. Nel loro complesso tali elementi genetici vengono indicati come elementi trasponi bili e sono: trasposoni, elementi invertibili, e sequenze di inserzione. REPLICAZIONE DEL DNA Inizia in corrispondenza della specifica sequenza del cromosoma detta OriC. La sintesi del nuovo DNA avviene in forma semiconservativa in corrispondenza di due forcine di replicazione e procedendo bidirezionalmente. Un filamento viene copiato in modo continuativo in direzione 5’-3’, i vari frammenti sono poi legati fra loro da una DNA ligasi CONTROLLO TRASCRIZIONALE I batteri nel corso dell’evoluzione hanno acquisito la regolazione dell’espressione genetica, ovvero si sono dotati di meccanismi per adattarsi rapidamente ed efficientemente alle variazioni di concentrazioni dei nutrienti e dei metaboliti presenti nell’ambiente. Alla base di tale regolazione vi è l’organizzazione dei geni in un operone con appropriati meccanismi di controllo genetico, che permette al batterio la produzione coordinata degli idonei enzimi in risposta a stimoli nutrizionali. MODIFICAZIONI GENETICHE E RICIMBINAZIONE BATTERICA I batteri si riproducono con il meccanismo della scissione semplice ed esistono due meccanismi in grado di determinare un cambiamento genetico nei ceppi batterici: le mutazioni e la ricombinazione batterica. MUTAZIONI DEL DNA Consiste in un qualsiasi cambiamento nella sequenza di basi del DNA del cromosoma batterico. La mutazione spontanea ha luogo spontaneamente in natura e può attuarsi al momento della replicazione del DNA cromosomico, oppure durante il processo di divisione cellulare. Una mutazione indotta si verifica invece quando agenti fisici (radiazioni UV, gamma, X) reagiscono con il DNA creando un errore nella sequenza del DNA cromosomico dei batteri. La mutazione è perciò contraddistinta da una sostituzione, perdita, integrazione o inversione di nucleotidi in modo permanente e quindi ereditari. La mutazione può essere di tipo: Missenso, dà luogo all’inserzione nella proteina di un amminoacido diverso dall’originale. Nonsenso, modifica un codone che codifica per un amminoacido in un codone di stop che, inducendo il distacco del ribosoma dall’mRNA, terminerà anzitempo la proteina. MECCANISMI DI RIPARO DEL DNA I processi di riparazione possono essere suddivisi in 5 gruppi: Riparo diretto del DNA Riparo per escissione, viene escisso il segmento di DNA che presenta il danno e sostituito Riparo postreplivativo, è attuato per ricombinazione genetica al fine di ripristinare le informazioni perse Risposta S.O.S., a seguito del danno al DNA o dopo un’interruzione della replicazione si verifica l’induzione di molti geni Riparo prima di morire, si tratta di un riparo che può non essere esente da errore e che la cellula batterica attua come ultima risorsa in mancanza di filamento stampo indispensabile per un riparo preciso MECCANISMI DI RICOMBINAZIONE In natura la ricombinazione consiste nello scambio di porzioni omologhe fra due molecole i DNA di due cellule diverse. Nei batteri aploidi lo scambio di materiale genetico può avvenire attraverso quattro diversi meccanismi: Trasformazione, consiste nella capacità di acquisire frammenti di DNA nudo presente in forma solubile nell’ambiente ed integrarli nel genoma batterico. Trasduzione, trasferimento genico mediato da virus batterici che possono occasionalmente trasferire geni batterici da un batterio donatore a un altro accettore. Coniugazione, viene effettuata attraverso particolari annessi della parete batterica denominati pili. Il processo è unidirezionale con la cellula donatrice che entra in contatto, attraverso particolari pili sessuali, con quella ricevente e vi trasferisce materiale genetico, cromosomico o citoplasmatico. La cellula batterica per essere maschile deve possedere un elemento genetico chiamato fattore sessuale F. I batteri quindi possono essere distinti in F+ e F-. Al fattore F che si trova in posizione integrata nel cromosoma batterico si dà il nome di HFr perché è responsabile del trasferimento di parti del cromosoma con una frequenza molto elevata. Conversione lisogena, è un’acquisizione da parte di una cellula batterica di caratteri portati dal DNA di un virus dei batteri. Nei batteri lisogeni il DNA del profago attua una replicazione in contemporanea con il cromosoma in cui è inserito, ma i suoi geni non sono di norma trascritti ed espressi, di conseguenza non influenzano il fenotipo della cellula batterica ospite. FENOMENI DI VARIAZIONI NEI BATTERI Con l’espressione variazione batterica si fa riferimento al fatto che in una certa popolazione procariotica si verifica un cambiamento, che può essere fenotipico, di morfologia delle colonie, di virulenza, antigenico o metabolico. Variazioni morfologiche, le colonie possono assumere i seguenti aspetti: o Forma S, colonie lisce e tipico aspetto lucente. o Forma R, colonie rugose e aspetto opaco. o Forma M, colonie mucose, aspetto trasparente, lisce e vischiose. Modificazioni colturali e biochimiche, le più frequenti sono la produzione di pigmenti, attuata ad una certa temperatura di incubazione. Variazioni di virulenza e sensibilità agli antibiotici Batteri in fase L, alcuni batteri possono trasformare la loro cellula spontaneamente o sotto l’azione di alcune sostanze. Queste cellule trasformate sono prive di di una parete cellulare rigida, con assenza di peptoglicano, e sono dette forme L, che risultano fragili e sensibili alle modificazioni ambientali. RICOMBINAZIONE MEDIANTE INGEGNERIA GENETICA Con queste nuove tecniche è possibile ottenere precisi frammenti di DNA, che codificano per una proteina, tagliando con enzimi di restrizione il frammento del resto del cromosoma e identificando la sequenza del DNA con tecniche d’ibridazione. Successivamente il frammento di DNA può essere legato a un vettore di clonaggio in grado di trasferire il frammento di DNA in una cellula batterica. Il legame del vettore con i frammenti di DNA genera una molecola detta DNA ricombinante. 2.4 PATOGENICITA’ DEI BATTERI La maggior parte dei batteri vive nell’ambiente a spese di materiale inanimato e sono perciò a vita saprofitica. Solo una minoranza conduce una vita parassitaria a carico di organismi superiori: tale parassitismo può essere facoltativo o obbligatorio. I tipi di rapporti che si istaurano fra i batteri e l’organismo superiore parassitato possono andare dall’essere utile alla reciproca indifferenza, fino ad arrivare ai batteri che si insediano nei tessuti dell’ospite parassitato alterandone le funzionalità e quindi danneggiandolo e perciò detti batteri patogeni. 2.4.1 MECCANISMO DELL’AZIONE PATOGENA NEI BATTERI In situazioni mediche, un rilievo importante nella patogenicità batterica lo hanno le strutture di superficie dei batteri in grado di agire in vari modi: Alterando nell’ospite le barriere per la permeabilità Utilizzando adesine per attaccare e aderire a superfici specifiche Impiegando enzimi per specifiche reazioni sulla superficie della cellula batterica Impiegando strutture contro la fagocitosi Adottando mimetismi antigenici Impiegando proteine sensoriali in grado di rispondere a particolari stimoli ambientali La carica batterica infettante è data dal numero di batteri patogeni che penetrano nell’organismo con il contagio e determinano infezione. Un batterio è definito patogeno quando è in grado di invadere i tessuti di un organismo ospite danneggiando il funzionamento normale dell’ospite. Mentre la virulenza misura il grado di patogenicità del microrganismo. L’invasività è la capacità di moltiplicazione in vivo. La virulenza di una specie batterica è espressa con un indicatore: la dose letale 50%, che rappresenta il numero di batteri in grado di uccidere il 50% degli animali di laboratorio inoculati. La dose minima letale (DML) si ottiene inoculando in gruppi di animali omogenei concentrazioni scalari dei germi da saggiare, la concentrazione minima ancora in grado di uccidere tutti gli animali di un gruppo è indicata come DML. MOLTIPLICAZIONE BATTERICA IN VITRO Il batterio deve prima colonizzare la mucosa, superarne i meccanismi difensivi, e solo allora riesca a diffondere nell’organismo e danneggiarlo. In un batterio altamente patogeno risultano fattori di virulenza sia l’invasività sia la capacità di elaborare tossine, fattori tossici responsabili della sintomatologia morbosa e a volte della morte dell’ospite. Il primo stadio dell’infezione è la colonizzazione, la peculiare attitudine di alcune cellule batteriche a legarsi con le loro strutture di superficie a determinati siti recettoriali delle cellule bersaglio dell’organismo dell’ospite è detta adesività alle superfici mucose. Le strutture batteriche che sono responsabili dei fenomeni di adesione sono dette nell’insieme adesine. I batteri sprovvisti di tali strutture non attuano adesività e sono facilmente trasportati via dai liquidi organici. Le strutture di adesione per eccellenza sono le fimbrie (pili) presenti nella parete di molti Gram-negativi, e quelli sprovvisti di fimbrie attuano in prevalenza adesività con la componente polisaccaridica della parete batterica. Un altro fattore che aumenta l’invasività è l’aggressività di un batterio da cui il nome aggressine, che sono enzimi che generalmente hanno la funzione di favorire la demolizione dei tessuti dell’ospite e quindi permette la diffusione dei germi. Diversi batteri Gram-positivi e alcuni Gram-negativi provvisti di capsula contenente materiale polisaccaridico, svolgono con questa struttura funzione antifagocitaria. I polissaccaridi capsulari impediscono infatti l’attacco dei fagociti, permettendo ai germi di diffondersi nei tessuti e nel torrente circolatorio. La capsula oltre a svolgere una funzione antifagocitaria, è in grado nel contempo di favorire l’adesività del batterio patogeno alle cellule epiteliali della mucosa umana. Molti batteri possono produrre veleni macromolecolari che causano tossicità nei tessuti dell’uomo e degli animali. Tali sostanze vengono chiamate tossine e si distinguono in endotossine, sintetizzate da Gram-negativi, ed esotossine, sintetizzate dai Gram-positivi. Le esotossine per via della loro natura proteica risultano validi antigeni che stimolano un’ottima risposta immunitaria. Le tossine proteiche di interesse medico esibiscono una specificità d’azione e in base all’organo bersaglio principale colpito possono essere distinte in: Tossine citolitiche, in grado di ledere le membrane delle cellule bersaglio Tossine pantrope, in grado di ledere quelle cellule che sono provviste di specifici recettori che fissano la tossina Enterotissine, se attive sulle cellule della mucosa uterina causano diarrea Tossine neurotrope, se le cellule bersaglio sono localizzate nel sistema nervoso centrale o periferico Le endotossine sono relativamente resistenti al calore e l’attività biologica è determinata da un lipide che, liberato per lisi del corpo batterico, danneggia i lisosomi delle cellule dell’ospite. I lisosomi danneggiati liberano a loro volta sostanze capaci di provocare la febbre, e questa caratteristica è detto effetto pirogeno. CAPITOLO 3 3.1 MICETI: CARATTERI GENERALI E PATOGENI DELL’UOMO Il gruppo tassonomico dei funghi comprende organismi eucarioti. I funghi sono organismi che si nutrono per assorbimento, sono saprofiti o parassiti. I principali tipi di funghi sono quelli a cappello, le muffe e i lieviti. I miceti di interesse microbiologico sono le muffe e i lieviti, rispettivamente microrganismi multicellulari e unicellulari, eucarioti ed eterotrofi. I funghi sono caratterizzati da cellule con nucleo provvisto di membrana nucleare e parete cellulare composta di norma da chitina; attuano la riproduzione sessuata o asessuata generalmente per mezzo di spore. I funghi saprofiti sono diffusissimi in natura. 3.1.1 PROPRIETA’ GENERALI DEI MICETI E CLASSIFICAZIONE Le muffe si manifestano nella forma familiare di patine azzurre e verdi sui vegetali e alimenti come pane, marmellata e frutta, mentre i lieviti sono comunemente usati in vari processi di fermentazione. Solo un centinaio risultano di interesse medici e sono capaci di causare nell’uomo le malattie infettive, dette micosi. Le micosi sono classificate in base al sito, interno o esterno, in cui si verifica l’infezione: Micosi cutanee, quando limitate all’epidermide Micosi sottocutanee, quando l’infezione penetra in modo significativo nello strato sottocutaneo Micosi sistemiche, quando l’infezione interessa i tessuti corporei profondi I funghi possono causare altre patologie, come l’avvelenamento, in quanto producono e secernono un’ampia varietà di prodotti metabolici particolari alcuni dei quali, se ingeriti, risultano altamente tossici per gli animali, incluso l’uomo, il cancro e le allergie. ORGANIZZAZIONE CELLULARE I miceti presentano cellule eucariotiche, provviste quindi di membrana nucleare, mitocondri, apparato di Golgi, reticolo endoplasmatico, ribosomi, oltre alla membrana citoplasmatica e alla parete cellulare. Possiedono una parete cellulare rigida e pluristratificata, composta in prevalenza da polisaccaridi come la cellulosa o più frequentemente chitina. La membrana citoplasmatica contiene per lo più steroli al posto del colesterolo. Le cellule fungine possono contenere uno o più nuclei con cromosoma multipli. HABITAT E NUTRIZIONE I funghi crescono meglio all’ombra e in presenza di umidità. Il glicogeno costituisce il principale polisaccaride di riserva; sen sintetizzare i propri amminoacidi e le proteine utilizzano di norma i carboidrati e i composti azotati. Essi sono organismi chemiorganoeterotrifi. Tutti i funghi sono eterotrofi e non ingeriscono le particelle alimentari, ma la loro alimentazione dipende dal trasporto di nutrienti solubili attraverso la membrana citoplasmatica. Perciò l’habitat naturale di gran parte dei funghi è rappresentato dal suolo o dall’acqua, contenenti materiale organico in decomposizione. I miceti sono in gran parte aerobi obbligati, a eccezione dei lieviti, essendo capaci di ricavare energia dalla fermentazione e di moltiplicarsi in profondità nei liquidi. Spesso i funghi possono riprodursi a elevati livelli di acidità, di sali e di temperatura, oppure svilupparsi in substrati con minime sostanze nutritive. MODALITA’ DI CRESCITA FUNGINA Si ha: Crescita filamentosa, le muffe sono miceti a prevalente organizzazione pluricellulare, filamentosi, che presentano un corpo vegetativo, il tallo, formato da due filamenti tubulari e ramificati dette ife, che possono essere settate (cioè pluricellulari mono o plurinucleate) o cenobitiche ( cioè monocellulari e plurinucleate). Le ife si accrescono con processi di estensione apicali e ramificazioni laterali, aggregandosi a formare una struttura simile a una ragnatela, la cui massa viene denominata micelio. Lieviti, presentano forma allungata e ovale, hanno una parete cellulare spessa e le singole cellule non sono collegate fra di loro. Mancano di un vero e proprio micelio in quanto il tallo è formato da singole cellule mononucleate che si riproducono sessualmente per gemmazione e divisione trasversale. Dimorfismo, alcuni miceti patogeni possono presentare una duplice morfologia: sviluppo sia miceliale sia lievitoforme. RIPRODUZIONE DEI FUNGHI La sporulazione costituisce il sistema principale con cui i funghi si riproducono e si disperdono attraverso l’ambiente. Le spore fungine sono cellule protette, dormienti, rilasciate dal micelio in quantità enormi; possono essere trasportate dall’aria o dall’acqua in altri siti, dove germinano formando colonie. La maggior parte dei miceti attuano mediante le spore una riproduzione di tipo sessuale e tale fase fungina viene detta riproduzione perfetta, mentre viene indicata come fase imperfetta quella dei funghi che ne sono sprovvisti. Sporulazione sessuale, si ha la formazione di una spora sessuale diploide mediante un processo di fecondazione di due cellule gametiche aploidi e compatibili, in cui un nucleo di una cellula donatrice penetra e si fonde con quello della cellula ricevente, formando una cellula diploide transitoria. Il nucleo diploide dello zigote, tramite meiosi, ripristina la condizione aploide cellulare, dando origine a una fase di sviluppo vegetativo che porta alla formazione di un nuovo elemento fungino con tallo aploide. Sporulazione asessuata, un nuovo elemento fungino si origina senza la presenza di gameti e fecondazione; ciò può avvenire prevalentemente tramite spore asessuali oppure per gemmazione, in cui dalla cellula madre origina una gemma figlia in cui passa materiale nucleare; quindi la gemma si separa mediante un setto dalla cellula madre o vi rimane adesa. CLASSIFICAZIONE I funghi d’interesse microbiologico sono tradizionalmente distinti in 4 differenti gruppi in base alle loro caratteristiche strutturali, al tipo di habitat e alle modalità di crescita e riproduzione. Classe I. Ficomiceti, sono funghi molto diffusi nel suolo e nelle acque e presentano 2 caratteristiche essenziali: o Presentano spore asessuali endogene o Hanno micelio senza setti trasversi Classe II. Ascomiceti, caratterizzati dalla presenza di un micelio settato e spore asessuali esogene. Classe III. Basidiomiceti Classe IV. Deuteromiceti, sono compresi gran parte dei miceti patogeni dell’uomo e responsabili delle micosi. 3.1.2 MICETI DI INTERESSE MEDICO Le caratteristiche dei funghi patogeni per l’uomo consentono tuttavia la classificazione in diversi gruppi in funzione dei tessuti interessati dall’infezione: Miceti superficiali, possono causare infezioni degli strati più superficiali e non vitali dell’epidermide Miceti cutanei, causano infezioni contagiose dette dermatofitosi limitate ai tessuti cheratinizzati come l’epidermide, le unghie e i peli. Miceti sottocutanei, sono miceti saprofiti del suolo e dei vegetali che in genere penetrano con qualche forma di lesione traumatiche e possono creare infezioni dei tessuti sottocutanei, delle ossa e dei fasci muscolari. Miceti opportunisti e delle mucose, prevalgono i miceti saprofiti liberi i quali possono causare infezioni fungine nella mucosa orale, respiratoria e genitale. Miceti sistemici, sono miceti saprofiti del suolo che inalati possono determinare infezioni che coinvolgono sempre l’apparato respiratorio e poi gli organi interni e i visceri. PATOGENESI DEI FUNGHI E CARATTERI CLINICI DELLE MICOSI Gli effetti dei funghi sono accorporati in 3 principali categorie: Micotossicosi, sono patologie causate dall’ingestione di funghi come la Aspergillus flavus, micete fonte di tossine riconosciute essere potenti agenti cancerogeni. Ipersensibilità da funghi, patologia indotta dall’inalazione ripetuta di spore e altri prodotti fungini che fungono da stimolo antigenico e possono indurre ipersensibilità. Micosi, l’infezione micotica e la malattia fungina si manifestano quando si manifesta una distruzione delle barriere protettive della cute e della mucosa, oppure quando esiste un deficit immunitario che favorisce la penetrazione, colonizzazione e riproduzione dei funghi ospiti dell’uomo. Micosi esogene, sono in genere malattie accidentali che possono insorgere per inalazione, ingestione o penetrazione, attraverso ferite cutanee, di spore di miceti saprofiti liberi ambientali. Micosi endogene, causate da miceti opportunisti che vivono in commensalismo sulla cute o nelle mucose che possono virulentarsi in particolari condizioni dell’ospite: malattie altamente debilitanti, intense terapie farmacologiche, gravidanze, obesità, sudorazione eccessiva e macerazione della pelle. Vari fattori possono contribuire all’instaurarsi delle micosi esogene ed endogene: Contatto delle spore con la cute, i peli e le unghie. Umidità. Temperatura favorevole. Sudorazione eccessiva. Sfregamento/macerazione della cute Penetrazione delle muffe nei tessuti Il trattamento terapeutico delle micosi si avvale di pochi e selezionati principi attivi, di norma chemioterapici che agiscono prevalentemente sugli steroli di membrana. CAPITOLO 4 VIRUS E AGENTI SUBVIRALI 4.1.1 GENERALITA’ SUI VIRUS Con virus si indicano gli agenti di infezioni in grado di attraversare i filtri da batteriologia, di essere invisibili al microscopio ottico e non coltivabili sui consueti terreni colturali abiotici da batteriologia. I virus si delineano come un gruppo numeroso ed eterogeneo di agenti infettivi formati da particelle ultramicroscopiche, di dimensione dell’ordine del nanometro, che non presentano organizzazione cellulare, ma risultano costituiti semplicemente da materiale genetico (DNA o RNA) avvolto da membrane proteine. 4.1.2 COMPOSIZIONE, STRUTTURA, E CLASSIFICAZIONE DEI VIRUS ANIMALI COMPOSIZIONE CHIMICA E STRUTTURA DEL VIRUS Per effettuare il ciclo vitale i virus hanno bisogno di una cellula ospite e si possono distinguere due fasi: extracellulare e intracellulare. In ciascuna di queste due fasi i virus assumono strutture diverse che lo sviluppo delle tecniche della microscopia ha permesso di definire. Nella fase intracellulare si verifica la replicazione delle componenti virali, nella fase extracellulare la particella virale, detta virione, risulta completa, libera e infettante. I virioni presentano una parte centrale (core), costituita dal genoma e da proteine, protetta da un rivestimento detto capside costituito da sub unità strutturali denominate protomeri. Alcuni virus possiedono esternamente al capside un ulteriore involucro lipoproteico, detto pericapside. L’insieme del capside e del core di acido nucleico costituisce il nucleocapside. I nucleocapsidi di gran parte dei virus presentano una struttura a forma di elica, oppure a forma di icosaedro con i capsomeri disposti in forma tale da comporre un solido di 20 facce triangolari. L’envelope, involucro tipico dei virus animali a simmetria elicoidale è costituito da un frammento lipoproteico di una membrana delle cellula ospite modificata per sostituzione di parte delle proteine cellulari con proteine virus-specifiche. Esso viene acquisito di norma nella fase di liberazione dalla cellula ospite, gemmando dalla membrana cellulare o nucleare. I virioni primi di envelope sono detti virioni nudi. STRUTTURA DEL GENOMA VIRALE Il genoma virale è composto da una sola specie di acido nucleico: DNA o RNA. Le molecole degli acidi nucleici possono essere a doppio filamento oppure a singolo filamento. L’acido nucleico di tutti i virus animali è a DNA e a doppio filamento, mentre quello di tutti i virus a RNA è a singolo filamento. CLASSIFICAZIONE E NOMENCLATURA DEI VIRUS I criteri più importanti sono: - tipo di acido nucleico numero di filamenti di acido nucleico polarità del genoma virale presenza o assenza di rivestimento lipidico simmetria del capside: 1. virioni a simmetria icosaedrica 2. virioni a simmetria elicoidale, spesso a forma di bastoncino 3. virioni a struttura complessa La nomenclatura ufficiale delle famiglie e delle sottofamiglie è stata latinizzata aggiungendo al nome per le famiglie il suffisso –virdae e il suffisso –virnae per le sottofamiglie. 4.1.3 INTERAZIONI VIRUS-CELLULA MOLTIPLICAZIONE DEI VIRUS Risulta di importanza centrale l’RNA messaggero virale, punto di partenza di qualsiasi sintesi. I passaggi fondamentali sono i seguenti: Attacco del virone alla superficie della cellula, conseguenza del legame che si istaura fra recettori specifici posti sulla membrana cellulare e i siti specifici per l’adsorbimento posti sulla superficie del capside o dell’envelope del virone. Internalizzazione del virus nella cellula, è la fase di ingresso del genoma virale nella cellula ospite. La penetrazione avviene in gran parte dei virus per endocitosi oppure per fusione. Esposizione del genoma, fase endocellulare nella quale si verifica la rimozione dell’involucro virale e la liberazione citoplasmatica del genoma virale. Viene indicata con eclissi la lunga fase che corre tra la spoliazione e la comparsa nel citoplasma di nuove particelle virali visibili al microscopio. E’ in questa fase che si verifica la replicazione biochimica del virus. Sintesi delle macromolecole virus specifiche e montaggio dei virus, ogni virus ha un suo peculiare ciclo replicativo, di seguito vengono schematizzati i principali cicli replicativi: VIRUS A RNA - Reovirus, per la replicazione occorre la formazione di RNA messaggero mediante trascrizione del genoma virale da parte di un trascrittasi virale presente nel virione. - Genoma con singolo filamento positivo, l’RNA virale funge da messaggero senza che vi sia bisogno della trascrizione del genoma virale. - Retrovirus, presentano il genoma costituto da una coppia uguale di RNA lineare e filamento positivo che non è in grado di fungere da RNA messaggero. La sequenza nucleotidica dell’RNA virale viene trascritta dalla trascrittasi cellulare a partire da un DNA intermedio complementare prodotto nella cellula ospite per mezzo dell’enzima trascrittasi inversa. - Genoma con singolo filamento negativo, nel citoplasma avvengono sia la trascrizione del genoma virale a opera di una trascrittasi presente nel virione, sia la replicazione del genoma e il montaggio nel nucleo capside. VIRUS A DNA Nei virus a DNA è nel nucleo della cellula infettata che avvengono la sintesi degli RNA messaggeri del virus, a opera della trascrittasi cellulare, sia la replicazione del genoma virale e l’assemblaggio del capside. Quando è stato prodotto un numero sufficiente di copie del genoma e delle proteine virali, si verifica l’assemblaggio del virione. Nei virus provvisti di envelope il montaggio completo del virione implica l’opposizione di un ulteriore rivestimento che richiede il coinvolgimento di una membrana cellulare. - Liberazione della progenie virale e maturazione, la fase di rilascio del virus avviene per gemmazione o esocitosi. Nella gemmazione il core del virus migra verso la superficie interna della membrana cellulare, viene quindi rivestito con una membrana contenente le proteine virali e successivamente si verifica il distacco della particella virale . EFFETTI CELLULARI VIRUS-INDOTTI I virus possono moltiplicarsi solo su cellule viventi, l’infezione virale di una cellula può portare a varie interazioni e manifestazioni: - Infezione integrativa, qualora si verifichi con alcuni virus un infezione che porta all’integrazione stabile del materiale genetico virale con quello della cellula ospite - Infezione produttiva, si verifica quando si ha la formazione e la liberazione di nuovi virioni. - Infezione abortiva, se cellule non permissive infettate da un virus non consentono lo sviluppo e la produzione di nuovi virioni - Infezione persistente, si ha quando all’attacco e alla penetrazione del virus nella cellula ospite segue la lenta liberazione di virus senza la morte cellulare - Inclusioni e alterazioni cellulari, furono evidenziate al microscopio ottico nei tessuti infetti particolari strutture intracellulari, denominate corpi inclusi, che erano associate ad alcune malattie virali e batteriche. I corpi inclusi sono corpi eosinofili o basofili presenti nel citoplasma e/o nel nucleo delle cellule infettate da virus e risultano caratteristici del virus infettante. 4.1.6 AGENTI ANTIVIRALI Gli agenti chimici e fisici attivi sui virus assolvono a due funzioni: - distruggere i virioni liberati dall’individuo infetto nell’ambiente - distruggere le particelle virali nel paziente DISINFETTANTI I vironi vengono degradati dal calore già a una temperatura di 55-60 °C, i virus vengono facilmente inattivati anche dalle radiazioni e risultano stabili a valori di pH compresi fra 5 e 9. Fra i disinfettanti chimici a elevato potere virucida possiamo citare le sostanze che denaturano le proteine come i detergenti, gli acidi e alcali forti, gli agenti ossidanti come i perossidi, le sostanze alchilanti, il cloro e i suoi composti, la formaldeide e i suoi derivati. FARMACI ANTIVIRALI I farmaci antivirali possono agire in 5 modi diversi: sulle fasi precoci di interazione virus-cellula sulla replicazione degli acidi nucleici virali sulla traduzione degli RNA messaggeri virali sulle fasce di assemblaggio dei virus sull’inibizione della proteasi I farmaci eziologici attualmente impiegati con buona efficacia presentano ancora un limitato spettro di azione antivirale. Tra i farmaci più efficaci vi sono oltre all’interferone, l’aciclovir, l’amantadina, la vidarabina, l’idoxuridina. 4.2 VIROLOGIA SPECIALE: VIRU DI INTERESSE MEDICO CLASSIFICAZIONE E NOMENCLATURA DEI VIRUS PATOGENI PER L’UOMO Attualmente è accettata la classificazione proposta dal Comitato Internazionale della Tassonomia dei Virus, la quale è basata sui caratteri costanti dei virus. I criteri della classificazione sono: - proprietà del genoma - proprietà morfologiche del virione - proprietà fisiche - tipo di moltiplicazione - proprietà biologiche VIRUS DI INTERESSE ODONTOIATRICO PICORNAVIRIDAE: ENTEROVIRUS Prevalente localizzazione intestinale ed eliminazione fecale in moltissime specie animali. Essi sono costituiti da RNA monocatenario e capside formato da 30 facce rombiche, sono sprovvisti de envelope. Sono molto resistenti all’azione di agenti chimico-fisici e vengono inattivati dai raggi ultravioletti, dall’essiccamento, dallo iodio e dal cloro. COXSACKIEVIRUS Vengono distinti due gruppi sulla base del tipo di patologia che provocano nel topo neonato: - coxsavirus di gruppo A - coxsavirus di gruppo B Possono essere trasmessi per contagio indiretto aereo od oro-fecale. Causano patologie che possono interessare qualsiasi parte dell’organismo e lasciano un’immunità di tipo-specifica: - disturbi respiratori - erpangina, grave faringite febbrile causata da coxsavirus A - meningite asettica, causata da coxsavirus B - pericarditi, sostenute da coxsavirus B e possono lasciare alterazioni permanenti della funzionalità cardiaca - danni alla muscolatura striata, causata da cixsavirus B ed è caratterizzata da dolori toracici ed addominale - infezioni perinatali, possono portare a grave epatite e/o encefalite - manifestazioni esantematiche, di tipo maculare o maculo-papulare RETROVIRIDAE: LENTIVIRUS e HIV I retrovirus sono rinovirus con un genoma diploide che si replicano formando un intermedio a DNA, hanno capside elicoidale ed è provvisto di envelope. Il genoma diploide è costituito da due molecole identiche di RNA monocatenario a polarità positiva. Il genoma dei retrovirus più semplici è formato da tre geni principali che codificano per le proteine: gag, pol ed env. Il virione contiene inoltre integrasi, due tRNA e l’enzima DNA-polimerasi RNA-dipendente detto trascrittasi inversa. Il DNA complementare a filamento positivo neoformato dal virione si integra nel genoma della cellula infettata, dal quale verrà poi trascritto l’RNA virale per l’assemblaggio delle nuove particelle virali. La replicazione dei retrovirus umani inizia con il legame della glicoproteina dell’envelope virale al recettore CD4 della superficie della cellula ospite. Ai Lentivirus appartengono di norma i virus che causano gravi infezioni al SNC a lunga incubazione, decorso lento e progressivo. L’unica patologia certa che da attribuire a questa famiglia è la sindrome di immunodeficienza acquisita (AIDS) causata dal virus HIV che presenta una notevole variabilità genetica, il che determina la circolazione di molteplici stipiti virali. L’AIDS aggredisce e distrugge i linfociti T-helper dell’uomo, determinando così l’instaurarsi dell’AIDS nei soggetti contagiati. L’infezione da HIV decorre nell’adulto in genere per anni in forma asintomatica, la malattia poi progredisce dopo un lungo periodo di latenza nell’AIDS. La diagnosi eziologica dell’infezione da HIV si basa sulla dimostrazione egli anticorpi anti-HIV mediante test ELISA e sulla rivelazione degli antigeni e dell’RNA virali. La terapia si avvale dei chemio antibiotici a base di: inibitori analoghi nucleosidici della trascrittasi inversa. PAPILLOMAVIRDAE: HPV Genoma formato da una molecola di DNA bicatenaria a struttura circolare. Sono virus responsabili di tumori benigni e maligni nei mammiferi e nell’uomo. Sulla cute formano verruche comuni o volgari, papule bianco-grigiastre o brune e piatte. Vi sono lesioni mucose benigne che sono in gran parte condilomi acuminati e condilomi piatti che si localizzano di norma a livello del pene e dei genitali femminili, dell’utetra, dell’area perianale e del retto e vengono trasmesse per contatto diretto o indiretto. HERPESVIRIDAE: HSV Comprende virus a DNA che parassitano sia l’uomo sia gli animali, sono provvisti di envelope e di capside icosaedrico. Il capside racchiude un nucleoide costituito da un rocchetto proteico su cui è avvolto il DNA bicatenario e lineare. Possono causare nell’uomo numerose malattie con manifestazioni cliniche primarie oppure ricorrenti. Vengono distinti due tipi di virus dell’herpes simplex, tipo 1 e tipo 2. Tali virus inducono lesioni cutanee caratterizzate da vescicole riunite a grappolo, risultano dolorose e vanno incontro a rottura lasciando erosioni che crostificano e guariscono spontaneamente. Le infezioni primarie avvengono in soggetti senza specifica protezione immunitaria. Herpesvirus di tipo 1, è il principale agente causale delle lesioni erpetiche della cute nella zona periorale o nella mucosa buccale. Si verifica in genere nell’infanzia, provoca un’infezione primaria oppure si manifesta come gengivo-stomatite vescicolo-ulcerosa acuta nella cavità orale, più spesso sulle labbra. Herpesvirus di tipo 2, localizzato sulla cute e sulle mucose genitali maschili e femminili. Nella donna la lesione primaria si manifesta con lesioni vescicolo-ulcerative del collo dell’utero, della vulva, della vagina, nell’uomo le vescicole sono a carico del pene e dell’uretra. HEPADNAVIRIDAE: EPATITE B Tali virioni presentano un capside icosaedrico, sono provvisti di envelope e hanno un core contenente una DNA-polimerasi DNA-dipendente e una proteina chinasi attive. Il genoma è costituito da una molecola di DNA circolare e la sede della replicazione è il nucleo. Diversi virus possono infettare gli epatociti. HBV è l’agente eziologico dell’epatite B, affezione a lunga incubazione, questo virione si presenta con una forma sferica. Il capside comprende il DNA circolare a doppia elica, la replicazione avviene attraverso un intermedio a RNA e presenta quattro geni principali che codificano per: - gene C, proteina C che forma il capside - gene P, per l’enzima polimerasico - gene S, per le proteine di superficie - gene X, per una proteina ad attività trans-attivante sulla trascrizione L’epatite B si presenta in forma acuta che colpisce alcuni gruppi a rischio come tossicodipendenti, politrasfusi e individui che attuano un’alta promiscuità sessuale. Risulta malattia grave che a volte può risultare fatale. Insorge dopo un lungo periodo di incubazione e presenta un quadro clinico simile all’epatite A ma di maggiore gravità e con decorso più prolungato, nonché riacutizzazioni e frequente evoluzione in cirrosi e in carcinoma epatocellulare primario. HEPACIVIRUS: HCV E’ un virione provvisto di envelope con genoma formato da una molecola di RNA monocatenaria lineare e a polarità positiva che codifica un’unica molecola proteica da cui originano per clivaggio 3 proteine strutturali e 5 proteine non strutturali enzimatiche. L’epatite C è trasmessa prevalentemente per via parenterale, ha una lunga incubazione con esordio insidioso con anoressia, vaghi fastidi addominali, nausea e vomito, con progressione verso l’ittero. HAPATOVIRUS: HAV E’ una particella sprovvista di envelope con genoma composto da una molecola di RNA lineare di polarità positiva. Il virus si lega all’epatocita mediante recettore specifico che penetra per endocitosi ed compie la replicazione nel citoplasma. L’epatite A è una malattia endemica che colpisce di più i bambini e comunità con condizioni igieniche scadenti. La malattia si diffonde attraverso il circuito oro-fecale e il contatto può essere diretto interumano o indiretto attraverso oggetti. Il virus raggiunge l’intestino e quindi il fegato dove si riproduce massivamente causando una malattia sistematica con lesioni a carico di quest’organo. L’infezione è asintomatica e anitterica e ha inizio con febbre, nausea, dolori addominali, anoressia, seguiti da ittero che può persistere per 1-3 settimane. In genere la malattia è benigna con guarigione spontanea e completa senza ricadute. CAPITOLO 5 5.1 AGENTI ANTIMICROBICI AMBIENTALI I modi per inattivare, distruggere o eliminare i patogeni possono essere disponibili nell’ambiente oppure inventati dall’uomo. DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE - Disinfezione, si intende un processo che è in grado di distruggere microrganismi patogeni nell’ambiente. Sterilizzazione, è un procedimento diretto alla distruzione di tutte le forme di vita microbiche. Antisepsi, si intende l’impiego di agenti capaci di impedire l’accrescimento e la moltiplicazione dei microrganismi Asepsi, ai intende un insieme di metodi e norme idonee a impedire una contaminazione microbica di un substrato o ambiente. 5.1.2 AGENTI NATURALI E DISINFEZIONE Fra i più importanti possiamo citare la frazione ultravioletta della luce solare e il calore della luce solare. Altro fattore importante è la concorrenza vitale attuata dai microrganismi ambientali sui germi patogeni. Esistono poi in natura processi meccanici di allontanamento dei microrganismi come la filtrazione, la diluizione, la sedimentazione. 5.1.3 AGENTI ARTIFICIALI DI DISINFEZIONE Si distinguono due tipi: agenti fisici e agenti chimici. AGENTI FISICI Insieme alla pulizia degli ambienti, così come il lavaggio delle mani c’è un altro processo di disinfezione meccanica ed è rappresentato dagli aspiratori per la filtrazione dell’aria. Essi utilizzano filtri elettrostatici o meccanici, come filtri in fibra di vetro. Gli agenti fisici sono: - I filtri presentano fori piccolissimi in grado di trattenere i batteri, miceti o virus presenti nel materiale che si vuole sterilizzare. - Gli ultrasuoni sono vibrazioni meccaniche ad alta frequenza che esercitano un’azione battericida sui germi contenuti in un mezzo liquido. Esercitano attività battericida sia per azione meccanica diretta, distruttiva, sia per il continuo formarsi e dissolversi di bolle (cavitazione). - Le radiazioni sono formate da raggi UV, che presentano la migliore attività microbicida e sono prodotti artificialmente da lampade a valori di mercurio a bassa pressione, e radiazioni gamma, che sono ionizzanti perché hanno un’energia sufficiente a far espellere elettroni dalle molecole colpite ionizzandole. - Alte temperature, il calore può essere usato in forma di fiamma diretta sia in batteriologia sia nei forni inceneritori. Nelle stufe a secco la temperatura dell’aria viene innalzata a valori di disinfezione (100 °C per un’ora) o sterilizzazione (180 °C per un’ora). L’ebollizione è un modo rapido di disinfezione ma non fornisce garanzie perché la temperatura di ebollizione non è in grado di uccidere le spore, ma solo le forme vegetative. L’autoclave costituisce l’apparecchio di sterilizzazione più usato, utilizza vapore d’acqua saturo che sotto pressione raggiunge temperature sterilizzanti di 120-130 °C che sono in grado di distruggere qualsiasi virus e microrganismo, comprese le spore. La pressione in genere è di 1 ATM a cui corrisponde una temperatura di 121 °C per 15-20 minuti. - Basse temperature, il freddo si configura come agente batteriostatico che può uccidere solo una frazione della popolazione microbica esposta. AGENTI CHIMICI Sono comunemente detti disinfettanti se vengono usati per la decontaminazione di oggetti e ambienti, antisettici se vengono usati su tessuti viventi. I disinfettanti sono aspecifici, e quindi possono ledere qualunque struttura cellulare, e per essere di comune uso non devono essere pericolosi per chi li usa, non emanare odori sgradevoli, non danneggiare il materiale da disinfettare. Nella scelta di un disinfettante occorre tener conto di altre importanti caratteristiche: - natura del materiale da trattare - tipi di microrganismi - condizioni ambientali Gli agenti chimici sono: Alogeni e ossidanti, il cloro è uno dei disinfettanti più usati, l’uccisione dei microrganismi deriva dalla sua potente azione ossidante, perché capace di liberare in acqua ossigeno nascente. Metalli pesanti, esercitano un’azione dannosa sui microrganismi, fra i più efficaci il mercurio, l’argento e il rame. Acidi e alcali, Trovano applicazione come disinfettanti soprattutto le basi e gli acidi forti, che risultano addirittura sporicidi ma altamente corrosivi e caustici. Alcoli, Sono solventi dei lipidi e capaci inoltre di denaturare le proteine. Il migliore potere battericida è fornico dall’alcol etilico, efficace sui batteri vegetanti ma inefficace sulle spore batteriche.