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MICROBIOLOGIA

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MICROBIOLOGIA
CAPITOLO 1
1.1.1 STORIA E SCOPO DELLA MICROBIOLOGIA
La microbiologia è la scienza che studia le forme di vita microscopiche: batteri, protozoi,
funghi, virus, alghe. Oggetto di studio sono i microrganismi, cioè tutti quei organismi invisibili
ad occhio nudo e visibili al microscopio.
I microrganismi sono elementi fondamentali per il nostro ecosistema: essi sono alla base di
numerosi cicli biogeochimici che si verificano nell’ambiente acquatico e terrestre.
Popolano il corpo umano in un numero impressionante in qualità di ospiti che svolgono effetti
benefici.
Esistono da un lato i microrganismi eucarioti (alghe, protozoi e miceti) che vengono inseriti
nel regno Protista e dall’altro microrganismi procarioti(batteri) che vengono riuniti nel regno
Monera.
Attualmente però sono classificati valutando il loro profilo evolutivo con metodo molecolare e
vengono suddivisi in tre domini principali:
 Bacteria (procarioti)
 Archaea (procarioti)
 Eukarya (eucarioti)
La maggior parte dei microrganismi svolge le proprie funzioni vitali in presenza di ossigeno e
sono detti aerobi mentre quelli che non hanno bisogno di ossigeno sono detti anaerobi.
I microrganismi che sono in grado di utilizzare l’azoto e l’anidride carbonica sono detti
autotrofi mentre quelli che dipendono da organismi superiori sono detti eterotrofi. Oltre
questi poi ci sono i saprofiti che decompongono materiale organico di piante e animali morti
reintroducendo i nutrienti inorganici nel terreno. Quelli che vivono da parassiti causando
danni all’ospite sono detti patogeni.
La maggior parte delle malattie infettive inizia con la colonizzazione che può provocare:
 l’eliminazione del microrganismo
 l’infezione, inducendo una risposta immunitaria o di altro tipo da parte dell’ospite
Le caratteristiche dei microrganismi sono:






Riproduzione, sono capaci di duplicare se stessi, sia in modo sessuato che asessuato
Metabolismo, le reazioni metaboliche possono essere di due categorie:
- anabolismo, reazioni con dispendio di energia
- catabolismo, reazioni che liberano energia
Crescita
Adattabilità
Mutazione, cambiamento del materiale genetico
Organizzazione
1.1.2 LA MICROBIOLOGIA E LE SUE SUDDIVISIONI
Possiamo dividere la microbiologia in varie suddivisioni che vanno a vedere il campo di
interesse:
 Batteriologia, disciplina che studia i batteri (o procarioti). Sono caratterizzati da una





parete cellulare rigida, non hanno un vero nucleo e sono sprovvisti di organuli adibiti alla
respirazione e alla fotosintesi
Algologia, disciplina che studia le alghe che sono microrganismi eucarioti diffusi in quasi
tutti gli habitat. Da loro si ricava l’agar, estratto per far solidificare i terreni di coltura
Micologia, studia i funghi che sono microrganismi eucarioti, non foto sintetici,
generalmente saprofiti
Protozoologia, scienza che studia i protozoi, microrganismi eucarioti unicellulari, non
fotosintetici. Sono presenti nel terreno umido, nelle acque e nei rifiuti organici. Possono
determinare malattie infettive ancora molto diffuse come malaria, dissenteria, ecc…
Virologia, studia i virus, particelle infettanti parassite intracellulari obbligate
Immunologia, studia i meccanismi difensivi dell’ospite uomo o di altro vertebrato nei
confronti di microrganismi invasori
1.1.3 GLI INIZI DELLA MICROBIOLOGIA
La microbiologia inizia con l’invenzione del microscopio intorno al XVII secolo, poiché
quest’oggetto permette di vedere gli organismi che fino ad allora non si riuscivano a vedere.
Lo scopritore di questo mondo microbiologico fu Antony Van Leeuwenhoek che perfezionò i
primi microscopi semplici. Egli nel 1677 scoprì dei microrganismi e gli chiamò “animalcules”.
Ora il problema che si ponevano era come questi microrganismi prendessero vita.
Nel XVIII secolo vi furono due gruppi antagonisti di scienziati, uno che credeva nella
generazione spontanea da materiale organico e l’altro che i microrganismi generassero da
altri microbi. Lo scienziato che confutò queste ipotesi fu Pasteur che nel XIX secolo dimostrò
la teoria della biogenesi rigettando la teoria della generazione spontanea. Lui con degli
esperimenti dimostrò che negli infusi di sostanze organiche, dopo ebollizione, se venivano
esposti ad aria trattata con il calore, non avveniva sviluppo di microrganismi.
1.1.4 TEORIA MICROBICA DELLE MALATTIE
La teoria della trasmissibilità delle malattie infettive si deve al medico italiano Gerolamo
Fracastoro che nel 1564 presentò il De Contagione et contagiosis morbis in cui descriveva la
trasmissibilità da persona a persona o tramite oggetti inanimati delle malattie, ipotizzando
anche che ci fossero anche organismi invisibili.
Nel 1840 a Vienna Ignàc Semmelweis chiarì il meccanismo della trasmissione indiretta delle
infezioni individuando nella mancata disinfezione delle mani da parte degli ostetrici la
responsabilità dell’alta mortalità materna per sepsi puerperale.
Da questa scoperta si iniziarono ad attuare delle procedure di disinfezione, come la
sterilizzazione dei ferri.
La dimostrazione diretta che dei microrganismi causavano una infezione fu di Koch, che
mentre studiava il carbonchio, scoprì nel sangue di bestiame morto i bacilli responsabili di
questa malattia. Egli coltivò questi microrganismi e li re inoculò in altri animali: costatò che si
ammalavano di carbonchio, quindi isolò di nuovo il bacillo.
COLTURE PURE
L’isolamento in coltura pura che Koch perfezionò, fu l’elemento che maggiormente contribuì
all’identificazione dei batteri come agenti di malattia. Nel 1882 riuscì ad isolare il
micobatterio della tubercolosi. Per distinguere il batterio saprofita da quello patogeno, Kock,
creò dei postulati:
 Il microrganismo deve essere presente in ciascun caso di una determinata malattia
 Il microrganismo deve essere isolato dall’ospite e fatto crescere in coltura pura
 Inoculando microrganismi di una coltura pura in un animale sano si deve riprodurre la
malattia specifica
 Nell’animale infetto deve essere possibile reperire di nuovo il microrganismo e
coltivarlo in coltura pura.
Esistono però alcune eccezioni ai postulati di Koch.
1.1.5 CHEMIORERAPIA
Per il controllo e il trattamento delle malattie infettive iniziò una nuova era con l’uso clinico
di sostanze chimiche in grado di uccidere i microrganismi e di interferire con la loro crescita,
senza nel contempo danneggiare l’individuo.
La definitiva affermazione di questi farmaci si ha nel 1926 con la scoperta della penicillina da
parte di Alexander Fleming. Questa sostanza rimane ancora oggi uno dei migliori e diffusi
antibiotici usati per la terapia e la profilassi di molte malattie infettive batteriche.
1.2 CARATTERISTICHE ESSENZIALI E CLASSIFICAZIONE DEI MICRORGANISMI
1.2.1 SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE BIOLOGICA E NOMENCLATURA
La tassonomia fornisce il nome e identifica le differenti forme di vita, disponendo gli essere
viventi in una serie allineata di categorie che riflette la propria parentela.
La classificazione è basata sulla somiglianza degli organismi e il modo ideale è il sistema detto
classificazione naturale, che organizza gli organismi in gruppi i cui membri hanno in comune
molti caratteri e quindi rispecchia il più possibile la natura biologica degli organismi.
La prima classificazione fu fatta da Linneo a metà settecento, dividendo gli organismi in due
grandi regni: Piante e Animali.
CARATTERI IMPIEGATI NELLA TASSONOMIA
I caratteri importanti dal punto di vista tassonomico sono divisi in classici e molecolari.
Caratteri classici:
 Caratteri morfologici – forma, dimensioni, ecc..
 Caratteri fisiologici e metabolici
 Caratteri ecologici
 Analisi genetica
Caratteri molecolari:
 Confronto delle proteine
 Composizione in basi degli acidi nucleici
 Ibridazione degli acidi nucleici
 Sequenziamento degli acidi nucleici
Attualmente vengono usati entrambi i caratteri per valutare il grado di somiglianza degli
organismi.
DENOMINAZIONE DEI MICRORGANISMI
Per denominare gli organismi si usa il sistema bi nominale di nomenclatura, nel quale tutti
gli organismi hanno il nome composto da due parole latine: la prima un sostantivo indica il
genere, la seconda un aggettivo che indica la specie.
Il genere indica un gruppo di organismi con alcune caratteristiche comuni, mentre la specie è
il gruppo tassonomico base della classificazione sistematica dei batteri.
1.2.2 DIVISIONE DEGLI ORGANISMI VIVENTI
REGNO PROTISTA
Nel 1886 venne creato un regno ad hoc per i microrganismi denominato Protista, quindi il
sistema di classificazione degli esseri viventi passo da due a tre gruppi.
Il regno dei protisti fu diviso in due sottocategorie nel 1957, procarioti (batteri) e eucarioti
(protozoi, funghi, alghe).
Le cellule eucariote è contraddistinta da:
 Nucleo racchiuso da membrana nucleare
 Esistenza di organelli nel citoplasma
 Presenza di un fuso mitotico
 Presenza di cromosomi e proteine cromosomiche
Le cellule procariote:
 Tipiche dei batteri
 Prive di tutte le caratteristiche esposte per gli eucarioti
 Parete rigida
 Zona nucleare al centro, denominata nucleoide
 Contiene un solo cromosoma
CLASSIFICAZIONE DEGLI ORGANISMI VIVENTI IN DOMINI E REGNI
Non tutti i microbiologi riconoscono la classificazioni in tre domini, ma usano la
classificazione a 5 regni proposta nel 1969da Whittaker.
Regno Animalia
Cellula eucariotica sprovvista di una parete cellulare rigida, gli animali sono pluricellulari,
mobili e si nutrono per ingestione.
Regno Plantae
Le piante sono organismi pluricellulari con cellule eucariotiche fornite di una parete cellulare
rigida. Sono immobili e sono organizzate in tessuti come gli animali
Regno Protista
Vi sono compresi i protozoi e le alghe unicellulari formanti colonie. Sono biologicamente
indipendenti. Sono organismi eucarioti e si nutrono attraverso varie forme.
Regno Funghi
Include i funghi, i lieviti e le muffe. Sono organismi saprofiti eucarioti e sono provvisti di
parete cellulare rigida.
Regno Procayotae (Monera)
Comprende tutti i batteri, cioè microrganismi unicellulari con organizzazione cellulare
procariotica, in grado di svolgere tutte le funzioni vitali. Si ritiene che a livello evolutivo dalla
cellula eucariotica ancestrale debbano essere comparsi i primi organismi, detti Archaeabacteria. Tali forme primordiali di batteri sarebbero poi sopravvissute fino ai giorni nostri,
andando a costruire il gruppo degli archeobatteri, capaci di vivere in condizioni limite.
1.3 METODI E TECNICHE DI OSSERVAZIONE E COLTIVAZIONE DEI MICRORGANISMI
1.3.1 IL MICROSCOPIO
Strumento in grado di ingrandire immagini di oggetti molto piccoli. Quello comunemente
usato in microbiologia è il microscopio ottico composto che è munito di due lenti.
Esistono poi microscopi elettronici del tipo a trasmissione o scansione.
MICROSCOPIO OTTICO
Ce ne sono di vari tipi:
 Microscopio in campo chiaro: costituito da due parti, lo stativo che è la parte
meccanica, e il sistema ottico che è formato da due gruppi di lenti, l’oculare e l’obiettivo
 Microscopio in campo oscuro: la luce è diretta lateralmente verso il campione, così che
a raggiungere il campione è la sola luce riflessa dal materiale, ne risulta che il corpo
esaminato sarà su sfondo scuro
 Microscopio a fluorescenza: usa come sorgente luminosa raggi ultravioletti che
illuminano l’oggetto, ma non passano nell’obiettivo del microscopio, è usato spesso nei
laboratori di immunologia per rivelare se anticorpi si sono combinati con specifici
antigeni batterici.
MICROSCOPIO ELETTRONICO
Ha determinato un salto di qualità sia in termini di ingrandimento che di risoluzione. Si serve
di un raggio di elettroni e di magneti per convergere il raggio.
1.3.2 ALLESTIMENTO DI PREPARATI E COLORAZIONI
Per poter osservare al microscopio i microrganismi occorre eseguire alcune procedre che
consentono il corretto allestimento di un vetrino:
 Distensione del materiale sul vetrino
 Essiccamento del materiale
 Fissazione
 Colorazione
ESAME A FRSCO
Evidenzia la motilità dei batteri e si esegue depositando una goccia di brodo coltura sul
vetrino. Verrà esaminato con microscopio ottico in campo chiaro con un obbiettivo a forte
ingrandimento.
ESAME CON FISSAZIONE E COLORAZIONE
Il materiale deve essere allestito su di un vetrino. Poi si prosegue con l’essiccamento che si
ottiene con l’aria calda della fiamma di un becco Bunsen. Il passaggio successivo è la
fissazione che si ha tramite passaggio del preparato su fiamma. A questo punto il preparato è
pronto per la colorazione che si esegue versando sul vetrino alcune gocce del colorante e
lasciando che agisca per alcuni minuti. Dopo la colorazione si lava con acqua per allontanare il
colorante in eccesso. Le colorazioni più comuni sono:
 Colorazione di Gram
 Colorazione di Ziehl-Neelsen
 Colorazione di Loeffler
 Colorazione di Fontana
 Colorazione di Alessandrini
COLORAZIONE DI GRAM
Consente di differenziare i battere in due gruppi: gram positivi e gram negativi. La colorazione
avviene in questo modo:
 Si ricopre il preparato fissato con il cristial-violetto per 1 minuto




Si allontana il colorante in eccesso e si mordenza la colorazione con una soluzione di
iodio e ioduro di potassio lasciando agire il trattamento per 1 minuto
Si tratta il preparato con decolorante per 20 secondi
Il preparato viene trattato per 1-2 minuti con fucsina o safranina, dal colore rosso
Si allontana il colorante in eccesso e si asciuga il vetrino
I batteri che appariranno viola saranno gram positivi, quelli rosa-rosso saranno gram negativi.
1.3.3 COLTIVAZIONE DEI MICRORGANISMI
I batteri possono essere coltivati in laboratorio attraverso opportune tecniche dette terreni di
coltura.
TERRENI DI COLTURA PER BATTERI
Possono essere distinti in solidi e liquidi. Per solidificare un terreno c’è bisogno dell’aggiunta
di Agar . Un terreno solido con agar può tornare liquido a temperature superiori agli 80 °C e
risolidificarsi al di sotto di 45°C.
Essi sono substrati forniti di sostanze nutritive che permettono la crescita dei batteri.
I terreni di base sono: il brodo normale e l’agar normale.
Il brodo normale è il terreno di coltura liquido fondamentale, è costituito da una soluzione
allo 0,5% di peptoni arricchita con lo 0,3% di carne. Lo sviluppo di batteri in terreni liquidi
viene evidenziato con l’intorbidamento.
L’agar normale è il terreno solido per eccellenza e si ottiene addizionando al brodo normale
1,5% di agar. Esso è in grado di fornire migliori vantaggi come la coltivazione di batteri in
colonie isolate.
STERILIZZAZIONE DEI TERRENI E INCUBAZIONE DELLE COLTURE
Sia i terreni che i recipienti devono essere resi sterili. Il modo più accurato è l’autoclave. In
questa macchina si forma vapore che raggiunge la pressione di una atmosfera e la
temperatura si eleva a 121 °C, e questi valori sono sufficienti a sterilizzare in tempi brevi (1520 minuti). Una volta che il terreno è sterilizzato e seminato, affinché la coltivazione abbia
successo occorre dare al terreno l’ambiente adatto alle esigenze del batterio. Ogni batterio ha
la propria temperatura ideale:
 I patogeni sono di norma mesofili – 36 °C
 Psicrofili – 20 °C
 Termofili – 56 °C
L’incubazione di norma dura 48 ore, ma può prolungarsi per vari tipi di batteri come il bacillo
tubercolare.
SVILUPPO DEI BATTERI IN TERRENI LIQUIDI E SOLIDI
Nei terreni liquidi si ha l’intorpidimento che può essere diffuso oppure limitato agli strati più
superficiali.
Sui terreni solidi i batteri possono crescere a formare una patina oppure in colonie isolate.
I tipi di colonie di maggior rilievo sono quelle delle colonie S dalla consistenza liscia e
cremosa, e le colonie R tipiche dei batteri provvisti di capsule.
COLTURA PURA
Quando una specie batterica semina in un terreno solido si ha una crescita microbica in
colonie. Per mantenere questi batteri i fa il trapianto in un terreno di coltura nuovo. Questo
procedimento di consente di effettuare l’isolamento in coltura pura di una singola specie
batterica. La coltura pura si può ottenere con varie tecniche, tra le quali la più usata è quella
dello strisciamenti su piastra.
CAPITOLO 2
2.1 CELLULA BATTERICA: ORGANIZZAZIONE E STRUTTURA
I batteri sono provvisti di una struttura e un’organizzazione cellulare essenziale che consente
loro di svilupparsi, auto replicarsi e colonizzare qualsiasi ambiente.
Se ne conoscono solo 5000 specie delle oltre 10 milioni stimate, ed essi possono causare
anche gravi malattie nell’uomo.
2.1.1 DIMENSIONI, FORMA E COMPOSIZIONE
La cellula procariote è una cellula di ridotte dimensioni e relativamente semplice. L’unità di
misura utilizza per i batteri è il micrometro.
I batteri possono essere di forma sferica e sono chiamati cocchi che nel riprodursi posso
formare colonie:
 Diplococchi, a coppia
 Streptococchi, a catenella
 Stafilococchi, a grappolo
 Sarcine, otto cocchi a forma di cubo
 Tetradi, a gruppi di quattro cocchi
Quelli di forma cilindrica sono comunemente detti bacilli e possono essere:
 Diplobacilli, a coppia
 Streptobacilli, a catenella
 Cocco bacillo, somiglianza con il bacillo



vibroni se cilindrici con una curvatura lungo l’asse maggiore
spirilli se a forma di sinusoide con poche e larghe volute
spirochete se con sinusoidi molto numerose e ravvicinate
COMPOSIZIONE CHIMICA
L’acqua e il maggior costituente della cellula batterica e il solvente per le componenti
organiche ed inorganiche. Fra le molecole inorganiche vi sono: sodio, potassio, zinco, ferro,
calcio, fosforo, magnesio. Quelle organiche invece sono: proteine, zuccheri, lipidi ed acidi
nucleici che differiscono le cellule batteriche tra di loro.
2.1.2 ARCHITETTURA GENERALE DELLA CELLLULA BATTERICA
Sostanzialmente i batteri sono costituiti da una struttura cromosomica semplice immersa
direttamente nel citoplasma delimitato all’esterno da una membrana citoplasmatica, l’insieme
è racchiuso da una parete cellulare.
Alcuni batteri possono avare appendici come flagelli per il movimento e i pili per l’adesione e
lo scambio di materiale fra batteri.
2.1.3 PARETE BATTERICA E SUOI ANNESSI
Quasi tutti i procarioti possiedono una robusta parete cellulare rigida e permeabile.
La parete cellulare dei Gram-positivi è costituita da un unico strato omogeneo del polimero
peptidoglicano. Esso è formato sempre da due carboidrati azotati legati fra loro, l’acido
N-acetilmuramico e l’N-acetilglucosamina. Il peptidoglicano non appare in nessun’altra
struttura biologica.
La parete dei Gram-negativi è più complessa e comprende uno strato sottile di peptidoglicano
circondato da una membrana esterna più spesso.
STRUTTURE ESTERNE
I batteri presentano un’ampia varietà di strutture collocate sulla superficie esterna della
parete cellulare:
 Flagelli, appendici locomotorie filiformi e proteiche. In base al numero posso
prendere vari nomi:
 monotrichi, un flagello
 anfitrichi, più flagelli
 lofotrichi, molti flagelli addensati a ciuffo
 peritrichi, uniforme distribuzione di flagelli su tutto il batterio
 atrichi, sprovvisto di flagelli



Filamento assiale, nei batteri sprovvisti di flagelli, come cocchi e spirochete, il
movimento è nei primi di tipo fisico,mentre nelle seconde è causato dalla
contrazione di un sottile endoflagello detto filamento assiale, ancorato ai polo della
cellula.
Fibre e pili, originano dalla membrana citoplasmatica e si proiettano per vari
micron dagli involucri cellulari, con funzione prevalente di ancoraggio. I pili
sessuali servono alla coniugazione tra due batteri, per consentire il trasferimento
di materiale genetico attraverso plasmidi.
Glicocalice, stato S e capsula, il glicocalice è una rete stratificata di polisaccaridi
che protrude dalla superficie cellulare.
La struttura regolare di superficie di molti batteri, viene detta strato S il quale è
uno strato protettivo esterno composto da sub unità proteiche.
Per capsula invece si intende l’involucro mucoso che rimane aderente alla parete
cellulare, essa protegge la parete dall’ambiente esterno e può presentarsi sian in
batteri saprofiti che sia patogeni.
2.1.4 LA MEMBRANA CITOPLASMATICA E IL CITOPLASMA
La membrana citoplasmatica si trova al disotto della parete cellulare e racchiude il citoplasma.
Essa è costituita dal 60% di proteine e 40% di lipidi e forma un doppio strato simmetrico di
fosfolipidi in cui sono immerse diverse proteine. La funzione più importante è quella di
controllo degli scambi metabolici, ch può avvenire attraverso diffusione passiva oppure con
trasporto attivo (mediante proteine carrier).
In molti batteri, soprattutto Gram-positivi, la membrana presenta delle invaginazioni
denominate mesosomi.
La porzione più consistente della cellula è il citoplasma, costituito dall’80% di acqua e
metaboliti. E’ privo di apparato del Golgi, reticolo endoplasmatico, mitocondri, cloroplasti,
vacuoli e centrioli. L’unico organello presente sono i ribosomi, deputati alla sintesi proteica.
2.1.5 STRUTTURA NUCLEARE DEI BATTERI
Nei procarioti non troviamo nucleo ma abbiamo una struttura nucleare costituita da una
grande e singola molecola di DNA, a doppia elica circolare in grado di auto replicarsi,
strettamente avvolta e immersa nel citoplasma. Il batterio però può possedere anche altre
molecole di DNA extracromosomiche, poste nel citoplasma, chiamati plasmidi.
2.1.6 ANTIGENI E PIGMENTI DEI BATTERI
ANTIGENI
Svolgono un’azione antigenica le molecole superficiali come gli acidi teicoici e varie proteine
nei Gram-positivi, la componente lipopolisaccaridica e le proteine della membrana esterna nei
batteri Gram-negativi.
PIGMENTI
Sono sostanze colorate prodotte da batteri chemiosintetici utili per l’identificazione di una
specie batterica su terreni solidi, in quanto colorano le colture.
2.2 DIVISIONE E CRESCITA BATTERICA
2.2.1 DIVISIONE CELLULARE
I batteri saprofiti e parassiti attuano in gran parte riproduzione asessuata per scissione
semplice. Le tappe essenziali sono le seguenti:
 Estensione della parete
 Replicazione del cromosoma
 Formazione del setto
 Ancoraggio del DNA alla membrana
 Separazione
FASE L DEI BATTERI
Alcuni batteri presentano una particolare forma di riproduzione detta fase L. Tali batteri in
fase L sono caratterizzati dall’assenza di una parete cellulare rigida.
2.2.2 CRESCITA BATTERICA
Si può definire crescita l’incremento dei vari costituenti cellulari. Nella scissione semplice
ciascuna cellula cresce di volume e si divide in due cellule figlie delle dimensioni
sostanzialmente uguali, in questo caso risulta più utile seguire i cambiamenti numerici che si
verificano nella popolazione microbica nel suo complesso.
CURVA DI CRESCITA DI UNA COLTURA MICROBICA
La crescita dei microrganismi può essere ben rappresentata da un grafico nel quale si pone in
ascisse il tempo di incubazione e in ordinate il logaritmo del numero di cellule batteriche vive
presenti nella coltura incubata. Il tipo di grafico che ne emerge prende il nome di curva di
crescita dei batteri.
Essa è contraddistinta da 4 fasi sequenziali:
- Fase di latenza, i germi non si moltiplicano ma si ha una crescita dei componenti cellulari
preparatoria alla divisione cellulare. Appena gli enzimi vengono sintetizzati inizia una
moltiplicazione batterica con aumento progressivo del numero di batteri
- Fase di crescita esponenziale, inizia quando tutti i batteri sono in grado di portare a
compimento i processi metabolici idonei alla riproduzione. In questa fase tutti i batteri
sono vivi
- Fase stazionaria, i batteri cessano di crescere ed entrano nella fase stazionaria. In
numero dei batteri vivi è costante e gran parte dei batteri non si moltiplica più.
- Fase di morte, aumentano le cellule morte e questa fase termina con la totale estinzione
della popolazione microbica presente nel terreno di coltura.
MISURAZIONE DELLA CRESCITA
Esistono molti modi per misurare la crescita microbica. Le due tecniche più usate sono: la
camera per la conta e gli apparecchi elettronici.
La conta diretta viene effettuata con la camera da conta di Petroff-Hausser che oltre al numero
di cellule indica le dimensioni e la morfologia di microrganismi.
Vi sono poi strumenti elettronici come il coulter counter, apparecchio che conta direttamente
i microrganismi più grossi.
Esistono poi tecniche che consentono di contare direttamente cellule vive, come le tecniche
colturali della piastratura e delle membrane filtranti.
Nella piastratura si contano il numero delle colonie formatesi su una piastra di terreno solido.
Nelle membrane filtranti si contano il numero di colonie che si sviluppano su particolari
membrane filtranti che presentano pori molto piccoli in grado di intrappolare i batteri.
MISURA DELLA MASSA
Il metodo più tradizionale è quello è quello che consente di determinare il peso secco
microbico. Le tecniche più rapide sono i metodi spettrofotometrici, che si basano sulla
capacità che hanno le cellule microbiche di disperdere la luce che colpisce.
EFFETTI DELL’AMBIENTE SULLA CRESCITA MICROBICA
I batteri risentono di numerose variabili cimici-fisiche: umidità, concentrazione di sali, ph,
temperatura, concentrazione dell’ossigeno, pressione, ecc…

Disponibilità di acqua, i batteri necessitano di un mezzo esterno ricco di acqua, tuttavia
possono resistere bene all’essiccamento così come alla liofilizzazione. I batteri che
riescono a vivere in ambienti secchi sono detti xerofili.

Concentrazione di soluti, gran parte dei batteri cresce in presenza di concentrazioni di
cloruro di sodio dello 0,85%. Altri batteri possono tollerare fino al 6-7%, altri addirittura
fino al 15-25% e sono detti alofili, batteri Gram-negativi. Quelli capaci di vivere in
ambienti ricchi di zuccheri sono detti invece osmofili.

Pressione osmotica, molto elevate non si confanno alla vita microbica

pH, i batteri riescono a vivere in un determinato range di pH, compreso tra 4 e 9 si
trovano i neutrofili, fra 10 e 11 gli alcalofili, a concentrazioni superiori troviamo gli
acidofili.

Temperatura, gran parte dei batteri vive a temperature comprese fra 20-45 °C e sono
detti mesofili, quelli che vivono alla temperatura di 15-30 °C sono detti psicrofili, mentre
quelli prediligono le alte temperature 50-85 °C sono detti termofili.

Effetti dell’ossigeno, quelli che hanno bisogno dell’ossigeno sono detti aerobi, quelli che
invece non ne hanno bisogno anaerobi.

Radiazioni, molte radiazioni sono pericolose per i batteri, principalmente le radiazioni
ionizzanti, come i raggi X e i raggi gamma
2.2.3 SPORE BATTERICHE
E’ una prerogativa di alcuni batteri Gram-positivi quella di poter formare la spora,
struttura protettiva, disidratata, pluristratificata, metabolicamente inerte, che contiene
una copia completa del cromosoma batterico. Essa è costituita da una membrana interna,
due strati di peptidoglicano e un rivestimento esterno.
Tali spore sono dette endospore poiché originano all’interno della cellula madre, e lo
scopo delle spore è di proteggere il DNA genomico dall’essicazione, potendo rimanere in
vita per secoli.
Esse possono presentare una forma sferica o ellittica e avere un diametro inferiore o
superiore a quello della cellula madre.
ULTRASTRUTTURA E CARATTERI FUNZIONALI DELLA SPORA
La spora è formata da una parte centrale detta core circondata dalla membrana
plasmatica, che è avvolta da una parete cellulare rudimentale provvista di peptidoglicano.
Intorno a questa porzione centrale troviamo varie membrane, che sono dall’interno
all’esterno, le seguenti:
- Corteccia, sottile strato interno di peptoglicano, costituisce gran parte del volume
della spora
- Coat, rivestimenti simil-cheratinici
- Esosporio, involucro più esterno che avvolge la spora ed è simile alla membrana
citoplasmatica.
SPOROGENESI
Processo in cui una cellula batterica vegetativa diventa una spora. Inizialmente si verifica la
trascrizione dell’mRNA della spora e l’addensamento del cromosoma, che si dispone a sbarra,
cui segue la duplicazione del cromosoma e la separazione dei due nuovi nucleoidi, uno dei
quali migra e viene racchiuso da contenuti citoplasmatici (core) e separato da un setto di
membrana. La spora poi viene ricoperta di esosporio e liberata nell’ambiente.
GERMINAZIONE DELLA SPORA
La trasformazione delle spore in cellule vegetative viene detto germinazione, dura circa 90
minuti ed è formato da 3 parti: attivazione, iniziazione e crescita.
2.3 METABOLISMO E GENETICA BATTERICA
I batteri devono soddisfare per sopravvivere esigenze metaboliche primarie, con un costante
apporto di energia, rappresentata sotto forma di ATP. I metaboliti presenti nella cellula sono
convertiti, tramite una o più vie metaboliche, in un intermedio universale, il piruvato.
Nei batteri il glucosio è il metabolita più sfruttato per produrre ATP.
2.3.1 RICHIESTE METABOLICHE
 Composizione chimica, una cellula è composta dal 70-80% del suo peso di acqua. Il
restante si chiamo peso secco, che per il 99% è composto da elementi essenziali
principali, come carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, ai quali vanno aggiunti elementi
essenziali secondari, come lo zinco, il manganese, il selenio.

Composizione molecolare, oltre all’acqua sono presenti in notevole concentrazione
sostanze organiche come: carboidrati, lipidi, proteine, RNA e DNA

Nutrizione batterica, fra le esigenze primarie che i batteri devono soddisfare per la
loro crescita vi sono: una sorgente di carbonio e azoto, una sorgente di energia, acqua e
vari ioni. I batteri resistono a concentrazioni saline molto maggiori di quelle
sopportate dalle cellule dei mammiferi, e sono detti batteri alofili quelli che resistono
a livelli molto elevati di NaCl. Il materiale necessario per la crescita i batteri possono
sia acquisirlo dall’esterno oppure sintetizzarlo usando altri materiali. In base a questo i
batteri posso essere distinti in:
- Autotrofi, utilizzano per la crescita CO2, sono batteri con esigenze
nutrizionali minime e in grado di svolgere autonomamente i processi di
sintesi
- Eterotrofi, se utilizzano per la loro crescita il carbonio, presentano
notevoli esigenze nutrizionali.
Le maggiori o minori esigenze nutrizionali dipendono in gran parte dalla ricchezza o meno del
corredo enzimatico cellulare. In base alla loro sede di azione gli enzimi possono essere
classificati in:
 Esoenzimi, demoliscono le grosse molecole all’esterno favorendo il passaggio.
 Ectoenzimi, si trovano sulla membrana e svolgono funzioni di regolazione del transito
attraverso membrana.
 Endoenzimi, svolgono funzioni catalitiche o anaboliche.
2.3.2 METABOLISMO ENERGETICO
Il reperimento dell’energia può avvenire attraverso due meccanismi: captando luce solare
oppure per ossidazione chimica.
Nei batteri chemiosintetici l’energia viene prodotta attraverso l’ossidazione di composti
chimici inorganici oppure organici. Queste reazioni sono delle ossido-riduzioni.
L’ossidazione di composti organici comporta il più delle volte rimozione non di elettroni liberi
ma di atomi di idrogeno, in genere a coppie. Questo processo è chiamato deidrogenazione, e
queste reazioni si riscontrano nelle vie cataboliche, in cui sono demolite macromolecole dalle
quali si formano molecole più semplici.
FERMENTAZIONE BATTERICA
Consiste in un processo biologico, in assenza di ossigeno. Nelle cellule, molecole organiche,
come zuccheri, acidi o amminoacidi, giunte nel citoplasma dopo aver superato la membrana
citoplasmatica, fungono da substrato per diversi enzimi ossidativi ch con un processo ossidoriduttivo basato sul trasferimento di elettroni degradano gli zuccheri producendo energia.
 Fermentazione dei carboidrati, rappresenta il più importante tipo di fermentazione
per i batteri. La fermentazione tipica è quella del glucosio, che avviene nella cellula
batterica in due stadi: nel primo il glucosio è convertito in acido piruvico, nel secondo
le due coppie di idrogeno sottratti sono usate per ridurre il piruvato in cataboliti. Ciò
avviene mediante l’azione di un ridotto corredo enzimatico (NAD).
- Conversione del glucosio in acido piruvico, attraverso glicolisi si ha la
-
produzione di piruvato e 2 molecole di TP.
Riduzione del piruvato in cataboliti, l’acido piruvico è degradato in
cataboliti.
RESPIRAZIONE BATTERICA
Nella respirazione i composti organici macromolecolari vengono ossidati ad anidride
carbonica e acqua.
- Energia dei carboidrati, il composto organico da ossidare più comunemente è lo zucchero
(glucosio), che viene degradato ad acido piruvico, che a sua volta è ossidato ad anidride
carbonica e acqua con un efficace produzione di ATP tramite una lunga serie di reazioni
denominate ciclo degli acidi tricarbossilici (ciclo di krebs).
La catena respiratoria nei batteri è costituita da coenzimi e dai rispettivi substrati. Tali
coenzimi costituiscono una catena sequenziale di reazioni di ossido-riduzione con cui gli
elettroni sono trasferiti all’accettore finale.
La liberazione di energia viene utilizzata per la sintesi di 3 moli di ATP per mole di NADH e 2
moli di ATP per mole di FADH. La respirazione anaerobia è prerogativa di batteri saprofiti del
genere Desulfovibrio, di metano batteri e di batteri denitrificati anaerobi facoltativi, mentre
quella aerobia è prevalente nei batteri eterotrofi.
Gli organismi aerobi risultano più efficienti in quanto producono 38 molecole di ATP per ogni
molecola di glucosio.
- Energia da lipidi e proteine, i trigliceridi sono scissi in glicerina e acidi grassi mediante
aggiunta di acqua per mezzo degli enzimi lipasi; gli acidi grassi sono poi ossidati a
acetilcoenzima-A il quale può entrare nel ciclo di Krebs.
2.3.3 METABOLISMO BIOSINTETICO
L’anabolismo viene attuato utilizzando composti semplici come amminoacidi, ammoniaca,
anidride carbonica, acqua, zuccheri e altri metaboliti intermedi prodotti dai processi di
fermentazione e respirazione, da questi composti esso è in grado di sintetizzare
macromolecole organiche quali le proteine, i lipidi, i polisaccaridi e gli acidi nucleici.
BIOSINTESI MACROMOLECOLARI
- Sintesi dei polisaccaridi, sono sintetizzati nei batteri autotrofi a partire dalla CO2 e
dall’acqua, mentre in quelli eterotrofi a partire da zuccheri semplici come i monosaccaridi.
I glucidi costituiscono per la cellula batterica la più importante fonte di energia e sono
catabolizzati da enzimi specifici, come la cellulasi, l’amiasi, maltasi e aldolasi.
- Sintesi del peptidoglicano, inizia con la sintesi dei precursori iniziali nel citoplasma,
continua con il completamento di questi durante il trasporto nella membrana citoplasmatica e
finisce con la loro allocazione nella parete cellulare.
- Sintesi dei lipidi, sono sintetizzati grazie all’azione di enzimi specifici a partire da sub unità
come glicerolo, alcoli e acidi grassi.
- Sintesi degli amminoacidi, possono essere sintetizzati a partire da ammoniaca o azoto
atmosferico assunti dall’ambiente (batteri autotrofi) oppure possono essere assunti
direttamente dall’ambiente (batteri eterotrofi).
- Sintesi degli acidi nucleici, la sintesi dei nucleotidi purinici parte dal ribosio-5-fosfato con
costruzione a stadi dell’anello biciclico in presenza di zucchero fosforilato, da questa serie di
reazioni scaturisce il nucleotide purinico inosina monofosfatico, che può essere convertito a
guanosina o adenosina monofosfato.
 Replicazione del DNA, è attuata con un processo di auto duplicazione del
cromosoma batterico: esso srotola la sua spirale e divarica le due catene
elicoidali polinucleotidiche di cui è composto, consentendo ad ogni elica di
essere uno stampo sul quale sono apposte le molecole costitutive (nucleotidi)
che saranno poi legate all’enzima DNA polimerasi a formare una nuova catena
complementare.
 Sintesi dell’RNA, si svolge in modo simile alla replicazione del DNA e impiega
una specifica RNA-polimerasi Dna-dipendente che è in grado di legare i
nucleotidi della sequenza; la sintesi parte dall’elica del DNA cromosomico, dopo
che le due catene elicoidali si sono divaricate in modo complementare.
- Sintesi proteica, è una sequenza di meccanismi che formano una proteina a partire da
amminoacidi presenti nel citoplasma. Si svolge sui ribosomi ai quali si unisce l’mRNA a
formare il polisoma, dopo che l’mRNA ha trascritto dal DNA cromosomico l’informazione della
sequenza amminoacida desiderata, processo conosciuto come “trascrizione”
 Trascrizione, processo nel quale l’informazione genetica codificata nel DNA
cromosomico viene trascritta in un mRNA necessario per la successiva
traduzione in proteine.
 Traduzione, processo nel quale il codice genetico è convertito in una sequenza
amminoacida, ovvero in una proteina; per attuarlo la sequenza nucleotidica
dell’mRNA viene divisa in gruppi di tre nucleotidi consecutivo (codone)
2.3.4 GENETICA BATTERICA
GENOMA DEI BATTERI
Il genoma dei procarioti presenta alcune caratteristiche specifiche:
 Esiste un solo cromosoma (aplodia)
 Non sono presenti gli istoni
 La tendenza dei geni batterici a risultare legati in unità trascrizionali complesse dette
operoni
 Mancano nel DNA batterico sequenze ridondanti
 Presenza di plasmidi
CROMOSOMA BATTERICO
La cellula batterica di norma provvista di una sola copia del cromosoma ed è quindi aploide, il
cromosoma è in genere costituito da una singola molecola circolare di DNA.
Prende il nome di codone la tripletta di basi azotate che codifica per uno specifico
amminoacido su un RNA messaggero.
I geni batterici possono essere distinti in base all’attività che da loro dipende in:
 Cistroni, geni codificati per proteine strutturali
 Promotori e operatori, sequenze di nucleotidi che controllano l’espressione di un gene
PLASMIDI
L’informazione genetica è situata in piccoli elementi genetici extracromosomici formati di
DNA bi catenario a struttura circolare e dotati di replicazione autonoma. Essi contengono una
serie di geni che codificano per tutta una serie di materiali indispensabili alla loro
duplicazione.
Alcuni plasmidi, detti plasmidi coniugativi, hanno un gruppo di geni che codificano per una
serie di prodotti che possono favorire l’intimo contatto tra 2 cellule batteriche, così da
rendere possibile il trasferimento orizzontale del plasmide con un ponte coniugativo.
TRASPOSONI
Sia il cromosoma batterico sia i plasmidi hanno la caratteristica di traslocare da una zona
all’altra del genoma. Nel loro complesso tali elementi genetici vengono indicati come elementi
trasponi bili e sono: trasposoni, elementi invertibili, e sequenze di inserzione.
REPLICAZIONE DEL DNA
Inizia in corrispondenza della specifica sequenza del cromosoma detta OriC. La sintesi del
nuovo DNA avviene in forma semiconservativa in corrispondenza di due forcine di
replicazione e procedendo bidirezionalmente.
Un filamento viene copiato in modo continuativo in direzione 5’-3’, i vari frammenti sono poi
legati fra loro da una DNA ligasi
CONTROLLO TRASCRIZIONALE
I batteri nel corso dell’evoluzione hanno acquisito la regolazione dell’espressione genetica,
ovvero si sono dotati di meccanismi per adattarsi rapidamente ed efficientemente alle
variazioni di concentrazioni dei nutrienti e dei metaboliti presenti nell’ambiente.
Alla base di tale regolazione vi è l’organizzazione dei geni in un operone con appropriati
meccanismi di controllo genetico, che permette al batterio la produzione coordinata degli
idonei enzimi in risposta a stimoli nutrizionali.
MODIFICAZIONI GENETICHE E RICIMBINAZIONE BATTERICA
I batteri si riproducono con il meccanismo della scissione semplice ed esistono due
meccanismi in grado di determinare un cambiamento genetico nei ceppi batterici:
le mutazioni e la ricombinazione batterica.
MUTAZIONI DEL DNA
Consiste in un qualsiasi cambiamento nella sequenza di basi del DNA del cromosoma
batterico.
La mutazione spontanea ha luogo spontaneamente in natura e può attuarsi al momento della
replicazione del DNA cromosomico, oppure durante il processo di divisione cellulare.
Una mutazione indotta si verifica invece quando agenti fisici (radiazioni UV, gamma, X)
reagiscono con il DNA creando un errore nella sequenza del DNA cromosomico dei batteri.
La mutazione è perciò contraddistinta da una sostituzione, perdita, integrazione o inversione
di nucleotidi in modo permanente e quindi ereditari.
La mutazione può essere di tipo:
 Missenso, dà luogo all’inserzione nella proteina di un amminoacido diverso
dall’originale.
 Nonsenso, modifica un codone che codifica per un amminoacido in un codone di stop
che, inducendo il distacco del ribosoma dall’mRNA, terminerà anzitempo la proteina.
MECCANISMI DI RIPARO DEL DNA
I processi di riparazione possono essere suddivisi in 5 gruppi:
 Riparo diretto del DNA
 Riparo per escissione, viene escisso il segmento di DNA che presenta il danno e
sostituito
 Riparo postreplivativo, è attuato per ricombinazione genetica al fine di ripristinare le
informazioni perse
 Risposta S.O.S., a seguito del danno al DNA o dopo un’interruzione della replicazione
si verifica l’induzione di molti geni
 Riparo prima di morire, si tratta di un riparo che può non essere esente da errore e
che la cellula batterica attua come ultima risorsa in mancanza di filamento stampo
indispensabile per un riparo preciso
MECCANISMI DI RICOMBINAZIONE
In natura la ricombinazione consiste nello scambio di porzioni omologhe fra due molecole i
DNA di due cellule diverse. Nei batteri aploidi lo scambio di materiale genetico può avvenire
attraverso quattro diversi meccanismi:




Trasformazione, consiste nella capacità di acquisire frammenti di DNA nudo presente
in forma solubile nell’ambiente ed integrarli nel genoma batterico.
Trasduzione, trasferimento genico mediato da virus batterici che possono
occasionalmente trasferire geni batterici da un batterio donatore a un altro accettore.
Coniugazione, viene effettuata attraverso particolari annessi della parete batterica
denominati pili. Il processo è unidirezionale con la cellula donatrice che entra in
contatto, attraverso particolari pili sessuali, con quella ricevente e vi trasferisce
materiale genetico, cromosomico o citoplasmatico.
La cellula batterica per essere maschile deve possedere un elemento genetico chiamato
fattore sessuale F. I batteri quindi possono essere distinti in F+ e F-.
Al fattore F che si trova in posizione integrata nel cromosoma batterico si dà il nome di
HFr perché è responsabile del trasferimento di parti del cromosoma con una frequenza
molto elevata.
Conversione lisogena, è un’acquisizione da parte di una cellula batterica di caratteri
portati dal DNA di un virus dei batteri. Nei batteri lisogeni il DNA del profago attua una
replicazione in contemporanea con il cromosoma in cui è inserito, ma i suoi geni non
sono di norma trascritti ed espressi, di conseguenza non influenzano il fenotipo della
cellula batterica ospite.
FENOMENI DI VARIAZIONI NEI BATTERI
Con l’espressione variazione batterica si fa riferimento al fatto che in una certa popolazione
procariotica si verifica un cambiamento, che può essere fenotipico, di morfologia delle colonie,
di virulenza, antigenico o metabolico.
 Variazioni morfologiche, le colonie possono assumere i seguenti aspetti:
o Forma S, colonie lisce e tipico aspetto lucente.
o Forma R, colonie rugose e aspetto opaco.
o Forma M, colonie mucose, aspetto trasparente, lisce e vischiose.
 Modificazioni colturali e biochimiche, le più frequenti sono la produzione di
pigmenti, attuata ad una certa temperatura di incubazione.
 Variazioni di virulenza e sensibilità agli antibiotici
 Batteri in fase L, alcuni batteri possono trasformare la loro cellula spontaneamente o
sotto l’azione di alcune sostanze. Queste cellule trasformate sono prive di di una parete
cellulare rigida, con assenza di peptoglicano, e sono dette forme L, che risultano fragili
e sensibili alle modificazioni ambientali.
RICOMBINAZIONE MEDIANTE INGEGNERIA GENETICA
Con queste nuove tecniche è possibile ottenere precisi frammenti di DNA, che codificano per
una proteina, tagliando con enzimi di restrizione il frammento del resto del cromosoma e
identificando la sequenza del DNA con tecniche d’ibridazione. Successivamente il frammento
di DNA può essere legato a un vettore di clonaggio in grado di trasferire il frammento di DNA
in una cellula batterica. Il legame del vettore con i frammenti di DNA genera una molecola
detta DNA ricombinante.
2.4 PATOGENICITA’ DEI BATTERI
La maggior parte dei batteri vive nell’ambiente a spese di materiale inanimato e sono perciò a
vita saprofitica. Solo una minoranza conduce una vita parassitaria a carico di organismi
superiori: tale parassitismo può essere facoltativo o obbligatorio.
I tipi di rapporti che si istaurano fra i batteri e l’organismo superiore parassitato possono
andare dall’essere utile alla reciproca indifferenza, fino ad arrivare ai batteri che si insediano
nei tessuti dell’ospite parassitato alterandone le funzionalità e quindi danneggiandolo e
perciò detti batteri patogeni.
2.4.1 MECCANISMO DELL’AZIONE PATOGENA NEI BATTERI
In situazioni mediche, un rilievo importante nella patogenicità batterica lo hanno le strutture
di superficie dei batteri in grado di agire in vari modi:
 Alterando nell’ospite le barriere per la permeabilità
 Utilizzando adesine per attaccare e aderire a superfici specifiche
 Impiegando enzimi per specifiche reazioni sulla superficie della cellula batterica
 Impiegando strutture contro la fagocitosi
 Adottando mimetismi antigenici
 Impiegando proteine sensoriali in grado di rispondere a particolari stimoli ambientali
La carica batterica infettante è data dal numero di batteri patogeni che penetrano
nell’organismo con il contagio e determinano infezione.
Un batterio è definito patogeno quando è in grado di invadere i tessuti di un organismo
ospite danneggiando il funzionamento normale dell’ospite.
Mentre la virulenza misura il grado di patogenicità del microrganismo.
L’invasività è la capacità di moltiplicazione in vivo.
La virulenza di una specie batterica è espressa con un indicatore: la dose letale 50%, che
rappresenta il numero di batteri in grado di uccidere il 50% degli animali di laboratorio
inoculati. La dose minima letale (DML) si ottiene inoculando in gruppi di animali omogenei
concentrazioni scalari dei germi da saggiare, la concentrazione minima ancora in grado di
uccidere tutti gli animali di un gruppo è indicata come DML.
MOLTIPLICAZIONE BATTERICA IN VITRO
Il batterio deve prima colonizzare la mucosa, superarne i meccanismi difensivi, e solo allora
riesca a diffondere nell’organismo e danneggiarlo.
In un batterio altamente patogeno risultano fattori di virulenza sia l’invasività sia la capacità
di elaborare tossine, fattori tossici responsabili della sintomatologia morbosa e a volte della
morte dell’ospite.
Il primo stadio dell’infezione è la colonizzazione, la peculiare attitudine di alcune cellule
batteriche a legarsi con le loro strutture di superficie a determinati siti recettoriali delle
cellule bersaglio dell’organismo dell’ospite è detta adesività alle superfici mucose.
Le strutture batteriche che sono responsabili dei fenomeni di adesione sono dette nell’insieme
adesine. I batteri sprovvisti di tali strutture non attuano adesività e sono facilmente
trasportati via dai liquidi organici.
Le strutture di adesione per eccellenza sono le fimbrie (pili) presenti nella parete di molti
Gram-negativi, e quelli sprovvisti di fimbrie attuano in prevalenza adesività con la
componente polisaccaridica della parete batterica.
Un altro fattore che aumenta l’invasività è l’aggressività di un batterio da cui il nome
aggressine, che sono enzimi che generalmente hanno la funzione di favorire la demolizione
dei tessuti dell’ospite e quindi permette la diffusione dei germi.
Diversi batteri Gram-positivi e alcuni Gram-negativi provvisti di capsula contenente materiale
polisaccaridico, svolgono con questa struttura funzione antifagocitaria. I polissaccaridi
capsulari impediscono infatti l’attacco dei fagociti, permettendo ai germi di diffondersi nei
tessuti e nel torrente circolatorio.
La capsula oltre a svolgere una funzione antifagocitaria, è in grado nel contempo di favorire
l’adesività del batterio patogeno alle cellule epiteliali della mucosa umana.
Molti batteri possono produrre veleni macromolecolari che causano tossicità nei tessuti
dell’uomo e degli animali. Tali sostanze vengono chiamate tossine e si distinguono in
endotossine, sintetizzate da Gram-negativi, ed esotossine, sintetizzate dai Gram-positivi.
Le esotossine per via della loro natura proteica risultano validi antigeni che stimolano
un’ottima risposta immunitaria. Le tossine proteiche di interesse medico esibiscono una
specificità d’azione e in base all’organo bersaglio principale colpito possono essere distinte in:
 Tossine citolitiche, in grado di ledere le membrane delle cellule bersaglio
 Tossine pantrope, in grado di ledere quelle cellule che sono provviste di specifici
recettori che fissano la tossina
 Enterotissine, se attive sulle cellule della mucosa uterina causano diarrea
 Tossine neurotrope, se le cellule bersaglio sono localizzate nel sistema nervoso
centrale o periferico
Le endotossine sono relativamente resistenti al calore e l’attività biologica è determinata da
un lipide che, liberato per lisi del corpo batterico, danneggia i lisosomi delle cellule dell’ospite.
I lisosomi danneggiati liberano a loro volta sostanze capaci di provocare la febbre, e questa
caratteristica è detto effetto pirogeno.
CAPITOLO 3
3.1 MICETI: CARATTERI GENERALI E PATOGENI DELL’UOMO
Il gruppo tassonomico dei funghi comprende organismi eucarioti. I funghi sono organismi che
si nutrono per assorbimento, sono saprofiti o parassiti. I principali tipi di funghi sono quelli a
cappello, le muffe e i lieviti. I miceti di interesse microbiologico sono le muffe e i lieviti,
rispettivamente microrganismi multicellulari e unicellulari, eucarioti ed eterotrofi.
I funghi sono caratterizzati da cellule con nucleo provvisto di membrana nucleare e parete
cellulare composta di norma da chitina; attuano la riproduzione sessuata o asessuata
generalmente per mezzo di spore. I funghi saprofiti sono diffusissimi in natura.
3.1.1 PROPRIETA’ GENERALI DEI MICETI E CLASSIFICAZIONE
Le muffe si manifestano nella forma familiare di patine azzurre e verdi sui vegetali e alimenti
come pane, marmellata e frutta, mentre i lieviti sono comunemente usati in vari processi di
fermentazione.
Solo un centinaio risultano di interesse medici e sono capaci di causare nell’uomo le malattie
infettive, dette micosi.
Le micosi sono classificate in base al sito, interno o esterno, in cui si verifica l’infezione:
 Micosi cutanee, quando limitate all’epidermide
 Micosi sottocutanee, quando l’infezione penetra in modo significativo nello strato
sottocutaneo
 Micosi sistemiche, quando l’infezione interessa i tessuti corporei profondi
I funghi possono causare altre patologie, come l’avvelenamento, in quanto producono e
secernono un’ampia varietà di prodotti metabolici particolari alcuni dei quali, se ingeriti,
risultano altamente tossici per gli animali, incluso l’uomo, il cancro e le allergie.
ORGANIZZAZIONE CELLULARE
I miceti presentano cellule eucariotiche, provviste quindi di membrana nucleare, mitocondri,
apparato di Golgi, reticolo endoplasmatico, ribosomi, oltre alla membrana citoplasmatica e
alla parete cellulare. Possiedono una parete cellulare rigida e pluristratificata, composta in
prevalenza da polisaccaridi come la cellulosa o più frequentemente chitina.
La membrana citoplasmatica contiene per lo più steroli al posto del colesterolo. Le cellule
fungine possono contenere uno o più nuclei con cromosoma multipli.
HABITAT E NUTRIZIONE
I funghi crescono meglio all’ombra e in presenza di umidità. Il glicogeno costituisce il
principale polisaccaride di riserva; sen sintetizzare i propri amminoacidi e le proteine
utilizzano di norma i carboidrati e i composti azotati.
Essi sono organismi chemiorganoeterotrifi. Tutti i funghi sono eterotrofi e non ingeriscono le
particelle alimentari, ma la loro alimentazione dipende dal trasporto di nutrienti solubili
attraverso la membrana citoplasmatica. Perciò l’habitat naturale di gran parte dei funghi è
rappresentato dal suolo o dall’acqua, contenenti materiale organico in decomposizione.
I miceti sono in gran parte aerobi obbligati, a eccezione dei lieviti, essendo capaci di ricavare
energia dalla fermentazione e di moltiplicarsi in profondità nei liquidi.
Spesso i funghi possono riprodursi a elevati livelli di acidità, di sali e di temperatura, oppure
svilupparsi in substrati con minime sostanze nutritive.
MODALITA’ DI CRESCITA FUNGINA
Si ha:
 Crescita filamentosa, le muffe sono miceti a prevalente organizzazione pluricellulare,
filamentosi, che presentano un corpo vegetativo, il tallo, formato da due filamenti
tubulari e ramificati dette ife, che possono essere settate (cioè pluricellulari mono o
plurinucleate) o cenobitiche ( cioè monocellulari e plurinucleate). Le ife si accrescono
con processi di estensione apicali e ramificazioni laterali, aggregandosi a formare una
struttura simile a una ragnatela, la cui massa viene denominata micelio.
 Lieviti, presentano forma allungata e ovale, hanno una parete cellulare spessa e le
singole cellule non sono collegate fra di loro. Mancano di un vero e proprio micelio in
quanto il tallo è formato da singole cellule mononucleate che si riproducono
sessualmente per gemmazione e divisione trasversale.
 Dimorfismo, alcuni miceti patogeni possono presentare una duplice morfologia:
sviluppo sia miceliale sia lievitoforme.
RIPRODUZIONE DEI FUNGHI
La sporulazione costituisce il sistema principale con cui i funghi si riproducono e si
disperdono attraverso l’ambiente. Le spore fungine sono cellule protette, dormienti, rilasciate
dal micelio in quantità enormi; possono essere trasportate dall’aria o dall’acqua in altri siti,
dove germinano formando colonie.
La maggior parte dei miceti attuano mediante le spore una riproduzione di tipo sessuale e tale
fase fungina viene detta riproduzione perfetta, mentre viene indicata come fase imperfetta
quella dei funghi che ne sono sprovvisti.
 Sporulazione sessuale, si ha la formazione di una spora sessuale diploide mediante
un processo di fecondazione di due cellule gametiche aploidi e compatibili, in cui un
nucleo di una cellula donatrice penetra e si fonde con quello della cellula ricevente,
formando una cellula diploide transitoria. Il nucleo diploide dello zigote, tramite
meiosi, ripristina la condizione aploide cellulare, dando origine a una fase di sviluppo
vegetativo che porta alla formazione di un nuovo elemento fungino con tallo aploide.
 Sporulazione asessuata, un nuovo elemento fungino si origina senza la presenza di
gameti e fecondazione; ciò può avvenire prevalentemente tramite spore asessuali
oppure per gemmazione, in cui dalla cellula madre origina una gemma figlia in cui
passa materiale nucleare; quindi la gemma si separa mediante un setto dalla cellula
madre o vi rimane adesa.
CLASSIFICAZIONE
I funghi d’interesse microbiologico sono tradizionalmente distinti in 4 differenti gruppi in
base alle loro caratteristiche strutturali, al tipo di habitat e alle modalità di crescita e
riproduzione.
 Classe I. Ficomiceti, sono funghi molto diffusi nel suolo e nelle acque e presentano 2
caratteristiche essenziali:
o Presentano spore asessuali endogene



o Hanno micelio senza setti trasversi
Classe II. Ascomiceti, caratterizzati dalla presenza di un micelio settato e spore
asessuali esogene.
Classe III. Basidiomiceti
Classe IV. Deuteromiceti, sono compresi gran parte dei miceti patogeni dell’uomo e
responsabili delle micosi.
3.1.2 MICETI DI INTERESSE MEDICO
Le caratteristiche dei funghi patogeni per l’uomo consentono tuttavia la classificazione in
diversi gruppi in funzione dei tessuti interessati dall’infezione:





Miceti superficiali, possono causare infezioni degli strati più superficiali e non vitali
dell’epidermide
Miceti cutanei, causano infezioni contagiose dette dermatofitosi limitate ai tessuti
cheratinizzati come l’epidermide, le unghie e i peli.
Miceti sottocutanei, sono miceti saprofiti del suolo e dei vegetali che in genere penetrano
con qualche forma di lesione traumatiche e possono creare infezioni dei tessuti
sottocutanei, delle ossa e dei fasci muscolari.
Miceti opportunisti e delle mucose, prevalgono i miceti saprofiti liberi i quali possono
causare infezioni fungine nella mucosa orale, respiratoria e genitale.
Miceti sistemici, sono miceti saprofiti del suolo che inalati possono determinare infezioni
che coinvolgono sempre l’apparato respiratorio e poi gli organi interni e i visceri.
PATOGENESI DEI FUNGHI E CARATTERI CLINICI DELLE MICOSI
Gli effetti dei funghi sono accorporati in 3 principali categorie:





Micotossicosi, sono patologie causate dall’ingestione di funghi come la Aspergillus flavus,
micete fonte di tossine riconosciute essere potenti agenti cancerogeni.
Ipersensibilità da funghi, patologia indotta dall’inalazione ripetuta di spore e altri
prodotti fungini che fungono da stimolo antigenico e possono indurre ipersensibilità.
Micosi, l’infezione micotica e la malattia fungina si manifestano quando si manifesta una
distruzione delle barriere protettive della cute e della mucosa, oppure quando esiste un
deficit immunitario che favorisce la penetrazione, colonizzazione e riproduzione dei
funghi ospiti dell’uomo.
Micosi esogene, sono in genere malattie accidentali che possono insorgere per inalazione,
ingestione o penetrazione, attraverso ferite cutanee, di spore di miceti saprofiti liberi
ambientali.
Micosi endogene, causate da miceti opportunisti che vivono in commensalismo sulla cute
o nelle mucose che possono virulentarsi in particolari condizioni dell’ospite: malattie
altamente debilitanti, intense terapie farmacologiche, gravidanze, obesità, sudorazione
eccessiva e macerazione della pelle.
Vari fattori possono contribuire all’instaurarsi delle micosi esogene ed endogene:




Contatto delle spore con la cute, i peli e le unghie.
Umidità.
Temperatura favorevole.
Sudorazione eccessiva.


Sfregamento/macerazione della cute
Penetrazione delle muffe nei tessuti
Il trattamento terapeutico delle micosi si avvale di pochi e selezionati principi attivi, di norma
chemioterapici che agiscono prevalentemente sugli steroli di membrana.
CAPITOLO 4
VIRUS E AGENTI SUBVIRALI
4.1.1 GENERALITA’ SUI VIRUS
Con virus si indicano gli agenti di infezioni in grado di attraversare i filtri da batteriologia, di
essere invisibili al microscopio ottico e non coltivabili sui consueti terreni colturali abiotici da
batteriologia.
I virus si delineano come un gruppo numeroso ed eterogeneo di agenti infettivi formati da
particelle ultramicroscopiche, di dimensione dell’ordine del nanometro, che non presentano
organizzazione cellulare, ma risultano costituiti semplicemente da materiale genetico (DNA o
RNA) avvolto da membrane proteine.
4.1.2 COMPOSIZIONE, STRUTTURA, E CLASSIFICAZIONE DEI VIRUS ANIMALI
COMPOSIZIONE CHIMICA E STRUTTURA DEL VIRUS
Per effettuare il ciclo vitale i virus hanno bisogno di una cellula ospite e si possono distinguere
due fasi: extracellulare e intracellulare. In ciascuna di queste due fasi i virus assumono
strutture diverse che lo sviluppo delle tecniche della microscopia ha permesso di definire.
Nella fase intracellulare si verifica la replicazione delle componenti virali, nella fase
extracellulare la particella virale, detta virione, risulta completa, libera e infettante.
I virioni presentano una parte centrale (core), costituita dal genoma e da proteine, protetta da
un rivestimento detto capside costituito da sub unità strutturali denominate protomeri.
Alcuni virus possiedono esternamente al capside un ulteriore involucro lipoproteico, detto
pericapside.
L’insieme del capside e del core di acido nucleico costituisce il nucleocapside. I nucleocapsidi
di gran parte dei virus presentano una struttura a forma di elica, oppure a forma di icosaedro
con i capsomeri disposti in forma tale da comporre un solido di 20 facce triangolari.
L’envelope, involucro tipico dei virus animali a simmetria elicoidale è costituito da un
frammento lipoproteico di una membrana delle cellula ospite modificata per sostituzione di
parte delle proteine cellulari con proteine virus-specifiche.
Esso viene acquisito di norma nella fase di liberazione dalla cellula ospite, gemmando dalla
membrana cellulare o nucleare.
I virioni primi di envelope sono detti virioni nudi.
STRUTTURA DEL GENOMA VIRALE
Il genoma virale è composto da una sola specie di acido nucleico: DNA o RNA. Le molecole
degli acidi nucleici possono essere a doppio filamento oppure a singolo filamento.
L’acido nucleico di tutti i virus animali è a DNA e a doppio filamento, mentre quello di tutti i
virus a RNA è a singolo filamento.
CLASSIFICAZIONE E NOMENCLATURA DEI VIRUS
I criteri più importanti sono:
-
tipo di acido nucleico
numero di filamenti di acido nucleico
polarità del genoma virale
presenza o assenza di rivestimento lipidico
simmetria del capside:
1. virioni a simmetria icosaedrica
2. virioni a simmetria elicoidale, spesso a forma di bastoncino
3. virioni a struttura complessa
La nomenclatura ufficiale delle famiglie e delle sottofamiglie è stata latinizzata aggiungendo al
nome per le famiglie il suffisso –virdae e il suffisso –virnae per le sottofamiglie.
4.1.3 INTERAZIONI VIRUS-CELLULA
MOLTIPLICAZIONE DEI VIRUS
Risulta di importanza centrale l’RNA messaggero virale, punto di partenza di qualsiasi sintesi.
I passaggi fondamentali sono i seguenti:
 Attacco del virone alla superficie della cellula, conseguenza del legame che si
istaura fra recettori specifici posti sulla membrana cellulare e i siti specifici per
l’adsorbimento posti sulla superficie del capside o dell’envelope del virone.
 Internalizzazione del virus nella cellula, è la fase di ingresso del genoma virale
nella cellula ospite. La penetrazione avviene in gran parte dei virus per endocitosi
oppure per fusione.
 Esposizione del genoma, fase endocellulare nella quale si verifica la rimozione
dell’involucro virale e la liberazione citoplasmatica del genoma virale. Viene
indicata con eclissi la lunga fase che corre tra la spoliazione e la comparsa nel
citoplasma di nuove particelle virali visibili al microscopio. E’ in questa fase che si
verifica la replicazione biochimica del virus.
 Sintesi delle macromolecole virus specifiche e montaggio dei virus, ogni virus
ha un suo peculiare ciclo replicativo, di seguito vengono schematizzati i principali
cicli replicativi:
VIRUS A RNA
- Reovirus, per la replicazione occorre la formazione di RNA messaggero mediante
trascrizione del genoma virale da parte di un trascrittasi virale presente nel virione.
- Genoma con singolo filamento positivo, l’RNA virale funge da messaggero senza
che vi sia bisogno della trascrizione del genoma virale.
- Retrovirus, presentano il genoma costituto da una coppia uguale di RNA lineare e
filamento positivo che non è in grado di fungere da RNA messaggero. La sequenza
nucleotidica dell’RNA virale viene trascritta dalla trascrittasi cellulare a partire da un
DNA intermedio complementare prodotto nella cellula ospite per mezzo dell’enzima
trascrittasi inversa.
- Genoma con singolo filamento negativo, nel citoplasma avvengono sia la
trascrizione del genoma virale a opera di una trascrittasi presente nel virione, sia la
replicazione del genoma e il montaggio nel nucleo capside.
VIRUS A DNA
Nei virus a DNA è nel nucleo della cellula infettata che avvengono la sintesi degli RNA
messaggeri del virus, a opera della trascrittasi cellulare, sia la replicazione del genoma virale e
l’assemblaggio del capside.
Quando è stato prodotto un numero sufficiente di copie del genoma e delle proteine virali, si
verifica l’assemblaggio del virione. Nei virus provvisti di envelope il montaggio completo del
virione implica l’opposizione di un ulteriore rivestimento che richiede il coinvolgimento di
una membrana cellulare.
- Liberazione della progenie virale e maturazione, la fase di rilascio del virus
avviene per gemmazione o esocitosi. Nella gemmazione il core del virus migra verso
la superficie interna della membrana cellulare, viene quindi rivestito con una
membrana contenente le proteine virali e successivamente si verifica il distacco della
particella virale .
EFFETTI CELLULARI VIRUS-INDOTTI
I virus possono moltiplicarsi solo su cellule viventi, l’infezione virale di una cellula può
portare a varie interazioni e manifestazioni:
- Infezione integrativa, qualora si verifichi con alcuni virus un infezione che porta
all’integrazione stabile del materiale genetico virale con quello della cellula ospite
- Infezione produttiva, si verifica quando si ha la formazione e la liberazione di nuovi
virioni.
- Infezione abortiva, se cellule non permissive infettate da un virus non consentono lo
sviluppo e la produzione di nuovi virioni
- Infezione persistente, si ha quando all’attacco e alla penetrazione del virus nella
cellula ospite segue la lenta liberazione di virus senza la morte cellulare
- Inclusioni e alterazioni cellulari, furono evidenziate al microscopio ottico nei
tessuti infetti particolari strutture intracellulari, denominate corpi inclusi, che erano
associate ad alcune malattie virali e batteriche. I corpi inclusi sono corpi eosinofili o
basofili presenti nel citoplasma e/o nel nucleo delle cellule infettate da virus e
risultano caratteristici del virus infettante.
4.1.6 AGENTI ANTIVIRALI
Gli agenti chimici e fisici attivi sui virus assolvono a due funzioni:
- distruggere i virioni liberati dall’individuo infetto nell’ambiente
- distruggere le particelle virali nel paziente
DISINFETTANTI
I vironi vengono degradati dal calore già a una temperatura di 55-60 °C, i virus vengono
facilmente inattivati anche dalle radiazioni e risultano stabili a valori di pH compresi fra 5 e 9.
Fra i disinfettanti chimici a elevato potere virucida possiamo citare le sostanze che
denaturano le proteine come i detergenti, gli acidi e alcali forti, gli agenti ossidanti come i
perossidi, le sostanze alchilanti, il cloro e i suoi composti, la formaldeide e i suoi derivati.
FARMACI ANTIVIRALI
I farmaci antivirali possono agire in 5 modi diversi:
 sulle fasi precoci di interazione virus-cellula
 sulla replicazione degli acidi nucleici virali
 sulla traduzione degli RNA messaggeri virali
 sulle fasce di assemblaggio dei virus
 sull’inibizione della proteasi
I farmaci eziologici attualmente impiegati con buona efficacia presentano ancora un limitato
spettro di azione antivirale. Tra i farmaci più efficaci vi sono oltre all’interferone, l’aciclovir,
l’amantadina, la vidarabina, l’idoxuridina.
4.2 VIROLOGIA SPECIALE: VIRU DI INTERESSE MEDICO
CLASSIFICAZIONE E NOMENCLATURA DEI VIRUS PATOGENI PER L’UOMO
Attualmente è accettata la classificazione proposta dal Comitato Internazionale della
Tassonomia dei Virus, la quale è basata sui caratteri costanti dei virus.
I criteri della classificazione sono:
- proprietà del genoma
- proprietà morfologiche del virione
- proprietà fisiche
- tipo di moltiplicazione
- proprietà biologiche
VIRUS DI INTERESSE ODONTOIATRICO
PICORNAVIRIDAE: ENTEROVIRUS
Prevalente localizzazione intestinale ed eliminazione fecale in moltissime specie animali. Essi
sono costituiti da RNA monocatenario e capside formato da 30 facce rombiche, sono
sprovvisti de envelope. Sono molto resistenti all’azione di agenti chimico-fisici e vengono
inattivati dai raggi ultravioletti, dall’essiccamento, dallo iodio e dal cloro.
COXSACKIEVIRUS
Vengono distinti due gruppi sulla base del tipo di patologia che provocano nel topo neonato:
- coxsavirus di gruppo A
- coxsavirus di gruppo B
Possono essere trasmessi per contagio indiretto aereo od oro-fecale.
Causano patologie che possono interessare qualsiasi parte dell’organismo e lasciano
un’immunità di tipo-specifica:
- disturbi respiratori
- erpangina, grave faringite febbrile causata da coxsavirus A
- meningite asettica, causata da coxsavirus B
- pericarditi, sostenute da coxsavirus B e possono lasciare alterazioni permanenti
della funzionalità cardiaca
- danni alla muscolatura striata, causata da cixsavirus B ed è caratterizzata da dolori
toracici ed addominale
- infezioni perinatali, possono portare a grave epatite e/o encefalite
- manifestazioni esantematiche, di tipo maculare o maculo-papulare
RETROVIRIDAE: LENTIVIRUS e HIV
I retrovirus sono rinovirus con un genoma diploide che si replicano formando un intermedio a
DNA, hanno capside elicoidale ed è provvisto di envelope. Il genoma diploide è costituito da
due molecole identiche di RNA monocatenario a polarità positiva. Il genoma dei retrovirus più
semplici è formato da tre geni principali che codificano per le proteine: gag, pol ed env.
Il virione contiene inoltre integrasi, due tRNA e l’enzima DNA-polimerasi RNA-dipendente
detto trascrittasi inversa.
Il DNA complementare a filamento positivo neoformato dal virione si integra nel genoma della
cellula infettata, dal quale verrà poi trascritto l’RNA virale per l’assemblaggio delle nuove
particelle virali. La replicazione dei retrovirus umani inizia con il legame della glicoproteina
dell’envelope virale al recettore CD4 della superficie della cellula ospite.
Ai Lentivirus appartengono di norma i virus che causano gravi infezioni al SNC a lunga
incubazione, decorso lento e progressivo. L’unica patologia certa che da attribuire a questa
famiglia è la sindrome di immunodeficienza acquisita (AIDS) causata dal virus HIV che
presenta una notevole variabilità genetica, il che determina la circolazione di molteplici stipiti
virali.
L’AIDS aggredisce e distrugge i linfociti T-helper dell’uomo, determinando così l’instaurarsi
dell’AIDS nei soggetti contagiati.
L’infezione da HIV decorre nell’adulto in genere per anni in forma asintomatica, la malattia
poi progredisce dopo un lungo periodo di latenza nell’AIDS.
La diagnosi eziologica dell’infezione da HIV si basa sulla dimostrazione egli anticorpi anti-HIV
mediante test ELISA e sulla rivelazione degli antigeni e dell’RNA virali. La terapia si avvale dei
chemio antibiotici a base di: inibitori analoghi nucleosidici della trascrittasi inversa.
PAPILLOMAVIRDAE: HPV
Genoma formato da una molecola di DNA bicatenaria a struttura circolare. Sono virus
responsabili di tumori benigni e maligni nei mammiferi e nell’uomo.
Sulla cute formano verruche comuni o volgari, papule bianco-grigiastre o brune e piatte.
Vi sono lesioni mucose benigne che sono in gran parte condilomi acuminati e condilomi piatti
che si localizzano di norma a livello del pene e dei genitali femminili, dell’utetra, dell’area
perianale e del retto e vengono trasmesse per contatto diretto o indiretto.
HERPESVIRIDAE: HSV
Comprende virus a DNA che parassitano sia l’uomo sia gli animali, sono provvisti di envelope
e di capside icosaedrico. Il capside racchiude un nucleoide costituito da un rocchetto proteico
su cui è avvolto il DNA bicatenario e lineare. Possono causare nell’uomo numerose malattie
con manifestazioni cliniche primarie oppure ricorrenti.
Vengono distinti due tipi di virus dell’herpes simplex, tipo 1 e tipo 2. Tali virus inducono
lesioni cutanee caratterizzate da vescicole riunite a grappolo, risultano dolorose e vanno
incontro a rottura lasciando erosioni che crostificano e guariscono spontaneamente.
Le infezioni primarie avvengono in soggetti senza specifica protezione immunitaria.
Herpesvirus di tipo 1, è il principale agente causale delle lesioni erpetiche della cute nella
zona periorale o nella mucosa buccale. Si verifica in genere nell’infanzia, provoca un’infezione
primaria oppure si manifesta come gengivo-stomatite vescicolo-ulcerosa acuta nella cavità
orale, più spesso sulle labbra.
Herpesvirus di tipo 2, localizzato sulla cute e sulle mucose genitali maschili e femminili.
Nella donna la lesione primaria si manifesta con lesioni vescicolo-ulcerative del collo
dell’utero, della vulva, della vagina, nell’uomo le vescicole sono a carico del pene e dell’uretra.
HEPADNAVIRIDAE: EPATITE B
Tali virioni presentano un capside icosaedrico, sono provvisti di envelope e hanno un core
contenente una DNA-polimerasi DNA-dipendente e una proteina chinasi attive. Il genoma è
costituito da una molecola di DNA circolare e la sede della replicazione è il nucleo.
Diversi virus possono infettare gli epatociti.
HBV è l’agente eziologico dell’epatite B, affezione a lunga incubazione, questo virione si
presenta con una forma sferica. Il capside comprende il DNA circolare a doppia elica, la
replicazione avviene attraverso un intermedio a RNA e presenta quattro geni principali che
codificano per:
- gene C, proteina C che forma il capside
- gene P, per l’enzima polimerasico
- gene S, per le proteine di superficie
- gene X, per una proteina ad attività trans-attivante sulla trascrizione
L’epatite B si presenta in forma acuta che colpisce alcuni gruppi a rischio come
tossicodipendenti, politrasfusi e individui che attuano un’alta promiscuità sessuale. Risulta
malattia grave che a volte può risultare fatale. Insorge dopo un lungo periodo di incubazione e
presenta un quadro clinico simile all’epatite A ma di maggiore gravità e con decorso più
prolungato, nonché riacutizzazioni e frequente evoluzione in cirrosi e in carcinoma
epatocellulare primario.
HEPACIVIRUS: HCV
E’ un virione provvisto di envelope con genoma formato da una molecola di RNA
monocatenaria lineare e a polarità positiva che codifica un’unica molecola proteica da cui
originano per clivaggio 3 proteine strutturali e 5 proteine non strutturali enzimatiche.
L’epatite C è trasmessa prevalentemente per via parenterale, ha una lunga incubazione con
esordio insidioso con anoressia, vaghi fastidi addominali, nausea e vomito, con progressione
verso l’ittero.
HAPATOVIRUS: HAV
E’ una particella sprovvista di envelope con genoma composto da una molecola di RNA lineare
di polarità positiva. Il virus si lega all’epatocita mediante recettore specifico che penetra per
endocitosi ed compie la replicazione nel citoplasma.
L’epatite A è una malattia endemica che colpisce di più i bambini e comunità con condizioni
igieniche scadenti. La malattia si diffonde attraverso il circuito oro-fecale e il contatto può
essere diretto interumano o indiretto attraverso oggetti.
Il virus raggiunge l’intestino e quindi il fegato dove si riproduce massivamente causando una
malattia sistematica con lesioni a carico di quest’organo. L’infezione è asintomatica e
anitterica e ha inizio con febbre, nausea, dolori addominali, anoressia, seguiti da ittero che
può persistere per 1-3 settimane. In genere la malattia è benigna con guarigione spontanea e
completa senza ricadute.
CAPITOLO 5
5.1 AGENTI ANTIMICROBICI AMBIENTALI
I modi per inattivare, distruggere o eliminare i patogeni possono essere disponibili
nell’ambiente oppure inventati dall’uomo.
DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
-
Disinfezione, si intende un processo che è in grado di distruggere microrganismi
patogeni nell’ambiente.
Sterilizzazione, è un procedimento diretto alla distruzione di tutte le forme di vita
microbiche.
Antisepsi, si intende l’impiego di agenti capaci di impedire l’accrescimento e la
moltiplicazione dei microrganismi
Asepsi, ai intende un insieme di metodi e norme idonee a impedire una
contaminazione microbica di un substrato o ambiente.
5.1.2 AGENTI NATURALI E DISINFEZIONE
Fra i più importanti possiamo citare la frazione ultravioletta della luce solare e il calore della
luce solare. Altro fattore importante è la concorrenza vitale attuata dai microrganismi
ambientali sui germi patogeni.
Esistono poi in natura processi meccanici di allontanamento dei microrganismi come la
filtrazione, la diluizione, la sedimentazione.
5.1.3 AGENTI ARTIFICIALI DI DISINFEZIONE
Si distinguono due tipi: agenti fisici e agenti chimici.
AGENTI FISICI
Insieme alla pulizia degli ambienti, così come il lavaggio delle mani c’è un altro processo di
disinfezione meccanica ed è rappresentato dagli aspiratori per la filtrazione dell’aria. Essi
utilizzano filtri elettrostatici o meccanici, come filtri in fibra di vetro.
Gli agenti fisici sono:
- I filtri presentano fori piccolissimi in grado di trattenere i batteri, miceti o virus presenti nel
materiale che si vuole sterilizzare.
- Gli ultrasuoni sono vibrazioni meccaniche ad alta frequenza che esercitano un’azione
battericida sui germi contenuti in un mezzo liquido. Esercitano attività battericida sia per
azione meccanica diretta, distruttiva, sia per il continuo formarsi e dissolversi di bolle
(cavitazione).
- Le radiazioni sono formate da raggi UV, che presentano la migliore attività microbicida e
sono prodotti artificialmente da lampade a valori di mercurio a bassa pressione, e radiazioni
gamma, che sono ionizzanti perché hanno un’energia sufficiente a far espellere elettroni dalle
molecole colpite ionizzandole.
- Alte temperature, il calore può essere usato in forma di fiamma diretta sia in batteriologia
sia nei forni inceneritori. Nelle stufe a secco la temperatura dell’aria viene innalzata a valori
di disinfezione (100 °C per un’ora) o sterilizzazione (180 °C per un’ora).
L’ebollizione è un modo rapido di disinfezione ma non fornisce garanzie perché la
temperatura di ebollizione non è in grado di uccidere le spore, ma solo le forme vegetative.
L’autoclave costituisce l’apparecchio di sterilizzazione più usato, utilizza vapore d’acqua
saturo che sotto pressione raggiunge temperature sterilizzanti di 120-130 °C che sono in
grado di distruggere qualsiasi virus e microrganismo, comprese le spore.
La pressione in genere è di 1 ATM a cui corrisponde una temperatura di 121 °C per 15-20
minuti.
- Basse temperature, il freddo si configura come agente batteriostatico che può uccidere solo
una frazione della popolazione microbica esposta.
AGENTI CHIMICI
Sono comunemente detti disinfettanti se vengono usati per la decontaminazione di oggetti e
ambienti, antisettici se vengono usati su tessuti viventi.
I disinfettanti sono aspecifici, e quindi possono ledere qualunque struttura cellulare, e per
essere di comune uso non devono essere pericolosi per chi li usa, non emanare odori
sgradevoli, non danneggiare il materiale da disinfettare. Nella scelta di un disinfettante
occorre tener conto di altre importanti caratteristiche:
- natura del materiale da trattare
- tipi di microrganismi
- condizioni ambientali
Gli agenti chimici sono:




Alogeni e ossidanti, il cloro è uno dei disinfettanti più usati, l’uccisione dei
microrganismi deriva dalla sua potente azione ossidante, perché capace di liberare in
acqua ossigeno nascente.
Metalli pesanti, esercitano un’azione dannosa sui microrganismi, fra i più efficaci il
mercurio, l’argento e il rame.
Acidi e alcali, Trovano applicazione come disinfettanti soprattutto le basi e gli acidi
forti, che risultano addirittura sporicidi ma altamente corrosivi e caustici.
Alcoli, Sono solventi dei lipidi e capaci inoltre di denaturare le proteine. Il migliore
potere battericida è fornico dall’alcol etilico, efficace sui batteri vegetanti ma
inefficace sulle spore batteriche.
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