29/04/2021 GUELFI E GHIBELLINI UNA LOTTA «IMPORTATA» DALLA GERMANIA • Il nome delle principali fazioni politiche italiane in conflitto tra loro nel XIII e XIV secolo è la deformazione dei nomi di due famiglie rivali della Germania, dove nacque questa contrapposizione: Casata di BAVIERA WELFEN Casata di Svevia HOHENSTAUFEN signori di WAIBLINGEN GUELFI GHIBELLINI 1 29/04/2021 LOTARIO III E CORRADO III • La contrapposizione nacque nell’ambito delle lotte per la successione all’imperatore Enrico V, morto nel 1125 senza eredi: la fazione dei WELFEN fece eleggere al trono di Germania LOTARIO II (1125-1138), appoggiato dal capo della casata di Baviera Enrico il Superbo • Gli altri feudatari tedeschi, preoccupati dall’accresciuta potenza di questa dinastia, si stringono allora in alleanza intorno ai duchi di SVEVIA, capeggiati da FEDERICO II di HOHENSTAUFEN detto il GUERCIO, il cui fratello CORRADO, duca di FRANCONIA, nel 1127 viene contrapposto come re a Lotario, al quale succederà poi nel 1138 con il nome di CORRADO III, che priva Enrico il Superbo dei suoi territori ENRICO IL LEONE E FEDERICO IL BARBAROSSA • Il periodo più fiorente per i Welfen è quello in cui la casata di Baviera è nelle mani del figlio di Enrico il Superbo, ENRICO XII detto il LEONE, cui Corrado riconcede la Sassonia che aveva sottratto al padre • Nel 1150 Enrico invade la Baviera, che nel 1156 gli sarà restituita dal cugino, l’imperatore FEDERICO I il BARBAROSSA, il quale rappacifica così la Germania, in quanto discendente di entrambe le due opposte casate: è infatti figlio di FEDERICO II di HOENSTAUFEN, fratello di Corrado III, e di GIUDITTA di BAVIERA, zia di Enrico il Leone • Fondatore della città di Monaco di Baviera e marito di Matilde, figlia del re inglese Enrico II Plantageneto, Enrico si rifiuta di aiutare Federico contro i Comuni italiani, contribuendo così alla sconfitta imperiale a Legnano nel 1176: per questo nel 1180 il cugino lo priva dei ducati di Sassonia e di Baviera per poi esiliarlo 2 29/04/2021 IN ITALIA • In Italia la distinzione tra Guelfi e Ghibellini è attestata per la prima volta nel 1215 a Firenze, dove si inserisce nelle lotte interne tra le famiglie della città, mentre il mondo tedesco è ancora diviso dal conflitto tra l’imperatore OTTONE IV di Brunswick, figlio di Enrico il Leone, e FEDERICO II di Svevia: battuto a Bouvines nel 1214, Ottone, deposto, deve lasciare il titolo imperiale a Federico • Inizia allora un conflitto tra gli Hohenstaufen e il Papato: è a partire da questo momento che i sostenitori italiani dell’Impero sono chiamati GHIBELLINI GLI UBERTI, CAPI DEI GHIBELLINI • Nel 1239 l’imperatore Federico II si inserisce nel conflitto tra le famiglie fiorentine appoggiando gli UBERTI, che diventano così i capi dei GHIBELLINI • I GUELFI, guidati invece dai BUONDELMONTI, vengono banditi dalla città nel 1248 • La vittoria dei Ghibellini, però, è solo momentanea perché essi rappresentano la vecchia aristocrazia, mentre a Firenze sta ormai prendendo piede il ceto manifatturiero e commerciale • Nel 1251, l’anno seguente alla morte di Federico II, i guelfi riescono a riconquistare il governo della città, eleggendo come loro rappresentante un CAPITANO del POPOLO, che si affianca al PODESTÀ 3 29/04/2021 FIRENZE, ROCCAFORTE GUELFA • Tornati brevemente al potere nel 1260 con la vittoria di Montaperti, i Ghibellini sono cacciati da Firenze nel 1267 grazie all’intervento di CARLO d’ANGIÒ, nominato podestà, che con la vittoria di Colle Val d’Elsa del 1269 riesce a far trionfare i Guelfi anche a Siena • Da questo momento FIRENZE diventa la roccaforte guelfa dell’Italia IL GOVERNO DELLE «ARTI» • Dopo la fine del dominio d’Angiò, la guida della città viene affidata a un’ARISTOCRAZIA MERCANTILE: gli «ORDINANAMENTI DI GIUSTIZIA» emanati nel 1293 da GIANO DELLA BELLA impediscono ai membri della nobiltà fiorentina di accedere alle cariche pubbliche • Il governo delle arti passa così nelle mani delle sette maggiori «ARTI» (drappieri, fabbri, pellai, conciatori, sarti, calzolai, tagliatori di pietre), rappresentate da altrettanti PRIORI, affiancati dal GONFALONIERE di GIUSTIZIA e da quattordici BONI HOMINES. • A questi magistrati, eletti ogni due mesi, si aggiungono il consiglio dei CENTO, quello del PODESTÀ e quello del POPOLO • In circostanze straordinarie, a un uomo di riconosciute doti politiche si affida la BALÌA della città: gli vengono insomma attribuiti i pieni poteri per un periodo limitato 4 29/04/2021 GUELFI BIANCHI E NERI • Dopo aver di nuovo sconfitto nel 1289 i Ghibellini che avevano tentato di tornare in città, i Guelfi nel 1300 si dividono a propria volta in due fazioni: GUELFI BIANCHI GUELFI NERI guidati dalla capeggiati dalla FAMIGLIA CERCHI FAMIGLIA DONATI favorevoli a un compromesso rappresentanti della vecchia con i Ghibellini oligarchia e contrari a qualsiasi accordo con i sostenitori dell’Impero LO SCONTRO DEL 1300 • Il primo maggio del 1300, durante una festa in piazza Santa Trinita, nasce una rissa tra un gruppo di giovani dei Neri e altri dei Bianchi, tra i quali uno rimane ferito • Per evitare che l’odio tra le due fazioni possa degenerare a danno della città, i priori fiorentini, tra cui Dante, nel giugno del 1300 mandano in esilio i rappresentanti più compromessi di entrambi i partiti: tra loro Guido Cavalcanti, il poeta amico dell’Alighieri • Nel giugno del 1301, quindi, a causa di una tentata congiura da parte della fazione donatesca, tutti i capi dei Neri vengono espulsi dalla città 5 29/04/2021 IL «RIBALTONE» DEI NERI • Corso Donati si rivolge a papa BONIFACIO VIII, il quale nel novembre del 1301 manda a Firenze CARLO di VALOIS, ufficialmente con il compito di rappacificare i due partiti, ma in realtà con l’obiettivo di far trionfare i Neri • Un’ambasceria di cui fa parte Dante è inviata dal governo fiorentino a Roma per evitare una rottura con il Pontefice, che trattiene il poeta fino a quando non ha notizia certa della vittoria dei Donati, che mandano in esilio i capi dei Bianchi: Dante viene così a sapere sulla via del ritorno, a Siena, di essere stato espulso da Firenze con il bando di condanna emesso il 27 gennaio 1302. ENRICO VII di LUSSEMBURGO • I Bianchi espulsi guardano con speranza all’imperatore ENRICO VII di LUSSEMBURGO, che nel 1310 scende in Italia, invitato dal papa CLEMENTE V a rappacificare le fazioni in lotta • Tenta di restaurare l’autorità imperiale in Italia, sconfiggendo le città guelfe, tra cui Brescia, che avevano cacciato i ghibellini, allarmando il re di Napoli Roberto d’Angiò e Clemente V, che dopo aver favorito la sua discesa in Italia passa a ostacolarlo, difendendo gli interessi della Francia, cui è asservito: tant’è vero che nel 1309 ha trasferito la sede papale ad Avignone • Dopo essere stato incoronato a Roma dai legati del Papa nel giugno 1312, Enrico tenta di stringere d’assedio Firenze, che guida l’alleanza delle città guelfe, ma muore all’improvviso nell’agosto del 1313 a Buonconvento, vicino a Siena 6 29/04/2021 LA PROFEZIA DI CIACCO • Alle vicende politiche di Firenze che lo coinvolgono direttamente, Dante fa esplicito riferimento nella Divina Commedia, in particolare nel canto VI dell’Inferno, dove mette in bocca a Ciacco, un fiorentino non ben identificato punito per il peccato di gola, una «profezia» sul futuro della città divisa dalle lotte tra le due fazioni: il viaggio di Dante nell’oltretomba si svolge infatti nella primavera del 1300, prima dei fatti che avrebbero portato al suo esilio da Firenze IL DESTINO DELLA «CITTÀ PARTITA» Io li rispuosi: "Ciacco, il tuo affanno mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ’nvita; ma dimmi, se tu sai, a che verranno 60 li cittadin de la città partita; s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione per che l’ ha tanta discordia assalita". 63 E quelli a me: "Dopo lunga tencione verranno al sangue, e la parte selvaggia caccerà l’altra con molta offensione. 66 61. La città partita: la città divisa, Firenze, dilaniata dalle lotte tra guelfi bianchi e neri. 62. La cagione: la causa. 64. Dopo lunga tencione: dopo tanto scontrarsi a parole. 65. Verranno al sangue: il riferimento è alla rissa del primo maggio 1300 in piazza Santa Trinita. 65. La parte selvaggia: la fazione dei Bianchi, così chiamata perché la famiglia dei Cerchi era immigrata in città dalla campagna. Nel giugno 1301 manderà in esilio i capi dei Neri 7 29/04/2021 Poi appresso convien che questa caggia infra tre soli, e che l’altra sormonti con la forza di tal che testé piaggia. 69 Alte terrà lungo tempo le fronti, tenendo l’altra sotto gravi pesi, come che di ciò pianga o che n’aonti. Giusti son due, e non vi sono intesi; superbia, invidia e avarizia sono le tre faville c’ hanno i cuori accesi". (Dante, Inferno, Canto VI, vv. 58-75) 72 75 67. Convien che questa caggia: sarà il partito dei Bianchi a cadere 68. Infra tre soli: nel giro di tre anni. Nel 1302, infatti, i Neri cacceranno i Bianchi 69. Con la forza di tal che testé piaggia: con l’aiuto di un tale che terrà un atteggiamento ambiguo. Il riferimento è a papa Bonifacio VIII 70. Alte terrà lungo tempo le fronti: manterrà per lungo tempo il governo della città 72. Come che di ciò pianga o che n’aonti: per quanto si lamenti o si sdegni 75. Non vi sono intesi: non sono ascoltati. Non è chiaro chi siano i due giusti: secondo diversi interpreti, uno potrebbe essere Dante stesso ENRICO VII TRA I BEATI • Le speranze riposte dai Bianchi in esilio nella discesa dell’imperatore Enrico VII sono invece ben espresse da Dante, attraverso le parole che fa pronunciare alla sua guida Beatrice, nel canto XXX del Paradiso, dove vede nell’«Alto Arrigo» l’incarnazione del proprio ideale dell’impero come potere universale di origine divina, in grado di assicurare l’unità politica e la pace: per questo gli riserva un seggio nella rosa dei beati dell’Empireo, il luogo più vicino a Dio al di sopra dei nove cieli 8 29/04/2021 «L’ALTO ARRIGO» E 'n quel gran seggio a che tu li occhi tieni per la corona che già v'è sù posta, prima che tu a queste nozze ceni, 135 sederà l'alma, che fia giù agosta, de l'alto Arrigo, ch'a drizzare Italia verrà in prima ch'ella sia disposta. 138 La cieca cupidigia che v'ammalia simili fatti v'ha al fantolino che muor per fame e caccia via la balia. 141 E fia prefetto nel foro divino allora tal, che palese e coverto non anderà con lui per un cammino. 144 Ma poco poi sarà da Dio sofferto nel santo officio; ch'el sarà detruso là dove Simon mago è per suo merto, e farà quel d'Alagna intrar più giuso». (Dante, Paradiso, XXX, vv. 133-148) 148 135. Prima che tu a queste nozze ceni: prima che tu partecipi alla beatitudine del Paradiso, paragonata a un banchetto nuziale. Prima, quindi, che Dante muoia 136. L’alma, che fia giù agosta: l’anima che in terra fu augusta, in quanto investita del potere imperiale. 137-138. L’alto Arrigo, ch’a drizzare Italia verrà prima ch’ella sia disposta: il nobile Enrico, che scenderà in Italia per rappacificarla, prima che essa sia pronta. Il riferimento è alla discesa di Enrico VII in Italia, tra il 1310 e il 1313, quando morirà 139. La cieca cupidigia che v’ammalia: la cieca brama di potere che vi abbaglia 140. Fantolino: bambino 142-144. E … cammino: diventerà allora Papa un tale che apertamente mostrerà di favorire Enrico, ma di nascosto lo ostacolerà. Si tratta di Clemente V 146-147. sarà .. merto: sarà sprofondato là dove Simon mago è punito con il meritato castigo. Il rimando è al canto XIX dell’Inferno, dov’è descritta la bolgia dei simoniaci, coloro che fanno compravendita delle cariche ecclesiastiche, così chiamati da Simon mago, un samaritano che, come si legge negli Atti degli Apostoli, tentò di comprare col denaro il potere di trasmettere il dono dello Spirito Santo attraverso l’imposizione delle mani 148. e…giuso: farà sprofondare più in basso Bonifacio VIII, nativo di Anagni (Alagna). I simoniaci sono a testa in giù dentro buche: l’ultimo arrivato ha i piedi fuori, finché non giunge un altro dannato a spingerlo più in basso 9 29/04/2021 L’IDEALE POLITICO DI DANTE: I DUE SOLI Dante ben esprime la sua alta concezione dell’impero nel trattato «De monarchia», in particolare nel terzo libro, nel quale espone la teoria dei Due Soli: le due autorità universali, quella temporale dell’Imperatore e quella spirituale del Papa, sono distinte e autonome, l’una indirizzata al raggiungimento della felicità terrena degli uomini e l’altra alla felicità eterna: in quanto anche la prima ha come scopo la seconda, l’imperatore deve comunque un rispetto filiale al pontefice, ma dev’essere politicamente indipendente. Questa teoria è espressa anche nel canto XVI del Purgatorio: «'l pastor che procede / rugumar può, ma non ha l'unghie fesse» Ciò significa che il Papa può interpretare la Scrittura, ma non ha le «unghie separate», cioè la capacità di distinguere bene e male nell’amministrazione della giustizia, che per Dante spetta invece al potere politico Proprio l’importanza del ruolo storico attribuito da Dante all’impero potrebbe fondare l’ipotesi di un suo passaggio, dopo il suo esilio, dalla componente guelfa a quella ghibellina: tant’è che Ugo Foscolo, nei Sepolcri, lo definisce «GHIBELLIN FUGGIASCO» DANTE CONTRO LA TEOCRAZIA DI BONIFACIO VIII • La concezione politica dantesca si oppone a quella teocratica di cui è espressione la teoria «curialista» del SOLE e della LUNA, sostenuta anche da BONIFACIO VIII: tesi che subordina l’autorità temporale dell’Imperatore, paragonata a quella della Luna che brilla di luce riflessa, a quella spirituale del Papa, che come vicario di Cristo e tramite tra il cielo e la terra è fonte anche del potere politico • Il nemico di Bonifacio VIII, peraltro, non è l’Imperatore, ma il re di Francia Filippo IV il Bello, contro il quale il Pontefice emana nel novembre 1302 la bolla «Unam Sanctam Ecclesiam», nella quale riprende la dottrina, formulata la prima volta da papa Gelasio I alla fine del V secolo, delle DUE SPADE, simboleggianti il potere spirituale e quello temporale, entrambe affidate da Cristo alla Chiesa, dalla quale dipende dunque ogni sovranità anche politica. Anche questa teoria è rifiutata da Dante nel «De Monarchia» 10