Aspetti interdisciplinari tra la biologia e la psicologia analitica di C. G. Jung Introduzione Vista la rarità, oserei dire quasi la unicità, delle conferenze in lingua inglese su questi argomenti qui in Corea del Sud a Seoul, posso dire di essere stato davvero fortunato a poter partecipare all’incontro svoltosi lo scorso 18 aprile all’ASAN Medical Center, patrocinato dalla Società Coreana di Psicologia Analitica, con il Prof. Hansueli Etter, noto studioso e analista junghiano nonchè presidente della Fondazione C. G. Jung di Zurigo. Il tema della conferenza è stato alquanto inusuale per i seguaci del pensiero junghiano ortodosso, ma offre lo spunto per una utile riflessione sulle infinite connessioni esistenti tra il simbolismo inconscio e le manifestazioni del mondo fisico, e ovviamente in primis con la struttura di base degli organismi viventi. Provo qui a riassumerne i contenuti per i lettori di Domine Cultural. Jung descrisse più che esaustivamente nella sua opera “Tipi Psicologici” gli aspetti caratterizzanti delle quattro funzioni psicologiche fondamentali, con le quali la psiche si relaziona col mondo esterno: Sensazione, Sentimento, Intuizione, Pensiero. Come è noto, alla funzione principale, dominante, che viene utilizzata in maniera preferenziale per interagire con la realtà al di fuori di noi, si oppone una funzione “inferiore”, dipendente, che è agli antipodi rispetto alla precedente e provvede alla interazione della psiche col mondo interiore: avremo così le coppie PensieroSentimento / Sensazione-Intuizione, e i loro rispettivi reciproci Sentimento-Pensiero / Intuizione-Sensazione. Etter si è chiesto se questo concetto junghiano delle quattro funzioni psicologiche fondamentali debba applicarsi solo alla psiche umana o non sia, in realtà, un modello valido più in generale, “le cui radici si protendono ben oltre l’umanità e affondano in profondità nella storia della vita”. Per fare un breve esempio di come operano le funzioni psicologiche nell’uomo, supponiamo ora che un bambino si presenti sulla porta della camera da letto dei genitori mentre essi dormono e li svegli, lamentando di non sentirsi bene. Un genitore “sensitivo” si preoccuperà dei fatti: misurerà la temperatura, chiederà al bambino se sente qualche dolore, si farà mostrare la lingua e si comporterà di conseguenza. Un genitore “sentimentale” conforterà subito il bambino, lo tranquillizzerà e gli permetterà di dormire nel letto accanto a lui per farlo sentire meglio: si farà guidare dai suoi sentimenti per decidere se deve agire o no. Un genitore “razionale” rifletterà su un possibile contagio per qualche eventuale malattia in circolazione al momento, o su cosa il bambino abbia mangiato la sera prima che possa avergli fatto male, e agirà di conseguenza. Un genitore “intuitivo” avrà una sua immagine interiore di cosa sta accadendo, o potrà anche non averla, ma sarà perfettamente confidente nella sua reazione come di quella più appropriata. Nella letteratura di tutto il mondo infinite volte ci siamo imbattuti nella descrizione di questi tipi psicologici, e ciò rivela che essi costituiscono un modo comportamentale comune e innato nell’uomo, ossia un “modello archetipico” basato su una quaterna di possibilità (e non a caso il numero quattro da sempre simboleggia la completezza). Le corrispondenze anatomiche delle quattro funzioni psicologiche E’ possibile ipotizzare che queste quattro funzioni psicologiche abbiano una qualche corrispondenza anatomica? Sensazione Alla funzione della sensazione corrisponde la percezione attraverso i nostri organi sensoriali (occhi, orecchie, naso, lingua e pelle), che anatomicamente sono estensioni specializzate del sistema nervoso centrale, e la correlata area della corteccia cerebrale. A causa della nostra storia evolutiva, gli organi sensoriali dominanti nell’uomo sono quelli della faccia. Come i primati superiori, anch’essi attivi durante il giorno, abbiamo occhi che percepiscono i colori, ma spostati nel cranio in posizione più frontale per permettere la visione tridimensionale dell’ambiente e per poter consentire l’esatto riconoscimento delle distanze. Il nostro senso dell’udito si è leggermente ridotto: manchiamo, ad esempio, di padiglioni auricolari flessibili e pieghevoli per localizzare con precisione l’origine di un suono; il nostro sistema vestibolare nell’orecchio interno è più sviluppato nel nostro cervello a causa della locomozione bipede eretta. Il nostro senso dell’olfatto, comparato con quello di altri animali, è grandemente ridotto; tuttavia, siamo ancora in grado di riconoscere approssimativamente 10.000 diversi odori. Il nostro senso del gusto, poi, è davvero minimale poichè siamo in grado di distinguere solo quattro qualità: dolce, aspro, amaro e salato. Il nostro tatto è concentrato nel palmo della mano e nella pianta del piede, come pure nella lingua e nella pelle, che percepisce l’essere toccata. La vista è l’unico senso che possiamo “spegnere”: mentre dormiamo, i nostri occhi sono chiusi mentre gli altri organi sensoriali rimangono attivi per far sì che le percezioni continuino. Ma mentre smettono le percezioni provenienti dagli occhi, un altro tipo di percezione ottica viene favorita: quella delle immagini interiori scaturite sotto forma di sogni. Sentimento Grazie agli innovativi esperimenti del fisiologo di Zurigo Rudolf Hesse, premio Nobel per la medicina, sappiamo che le emozioni sono quasi totalmente prodotte nel sistema limbico: esso si trova al di sotto della neocorteccia, ed è strettamente connesso a questa; filogeneticamente è un sistema funzionale arcaico del sistema nervoso centrale, a cui tra l’altro appartiene anche l’ippocampo. Impiantando dei microelettrodi nel cervello di un gatto è stato possibile attivare artificialmente alcune aree del sistema limbico, il che ha reso manifesti alcuni comportamenti governati da emozioni quali la rabbia, la paura o l’affetto. Sappiamo oggi che l’intero sistema limbico è responsabile degli aspetti emotivi del comportamento, e che gioca un ruolo significativo nella memoria e nelle funzioni di apprendimento del cervello. La corrispondenza anatomica della funzione psicologica del sentimento è perciò, primariamente, nel sistema limbico. Pensiero I processi che riguardano la cognizione, l’attività intenzionale e il movimento risiedono nella neocorteccia, o corteccia cerebrale: qui si trovano ampie aree che sono in relazione col pensiero associativo. Così, la corteccia cerebrale è connessa con la funzione psicologica del pensiero e, sebbene non vi sia ancora alcuna prova che una specifica parte della corteccia cerebrale rappresenti il nostro io cosciente, tuttavia essa è fondamentalmente la responsabile di ciò che noi denominiamo coscienza. Intuito Non essendoci tuttora una risposta definitiva, benchè vi siano su ciò alcune ipotesi, su quale sia il substrato anatomico umano per l’intuito, il Prof. Etter ha preferito non approfondire questo specifico argomento. Nell’uomo, le quattro funzioni psicologiche sono una espressione generale di una inconscia, sovra-personale attività della psiche a cui Jung si riferisce come inconscio collettivo: egli scrive “collettivo perchè non è una acquisizione individuale ma piuttosto il funzionamento della struttura cerebrale ereditata, che è nelle sue linee generali la stessa in tutti gli esseri umani, e per alcuni aspetti è la stessa persino nei mammiferi”. In base alle risultanze della anatomia comparata, questa estensione delle osservazioni di Jung dall’uomo ai mammiferi potrebbe, oggi, essere allargata fino ad includere addirittura tutti gli invertebrati. Jung così scrive: “il cervello ereditato è il prodotto della nostra vita ancestrale. Esso consiste dei sedimenti strutturali, o suoi equivalenti, delle attività psichiche che furono ripetute innumerevoli volte durante la vita dei nostri antenati. Per contro, è al tempo stesso l’eterno modello esistente a priori e la causa delle corrispondenti attività. Lungi da me il decidere se sia venuto prima l’uovo o la gallina”. Così, a Jung era perfettamente chiaro che andava riferito l’effetto dell’inconscio collettivo – l’effetto degli archetipi – sugli equivalenti strutturali nel cervello come ad “un modello e una causa a priori”; egli esternò questi concetti nel maggio del 1924, ma solo verso la fine della sua esistenza egli chiamò gli archetipi psicòidi e quindi espresse l’idea che essi possano manifestarsi nella psiche così come nel mondo materiale. Successivamente, tuttavia, egli non parlò più degli archetipi come “causa” ma piuttosto vide il loro manifestarsi nella materia come un processo “indefinito”. Le quattro funzioni psicologiche nel regno animale Nonostante diamo per scontato che gli animali non abbiano una coscienza altamente sviluppata che possa essere comparabile con la coscienza umana, tuttavia le quattro funzioni psicologiche operano continuamente in essi, benchè in maniera inconscia, perchè anche gli animali hanno le stesse strutture anatomiche che con esse si correlano. Essi vedono, odono, odorano, assaporano e percepiscono il tatto sebbene la loro coscienza non si sia ancora sviluppata. In alcune specie la implementazione delle quattro funzioni è di molto superiore a quella negli umani, e inoltre essi hanno gli stessi, se non quanto meno dei corrispondenti, fondamenti anatomici. La sensazione negli animali Alcuni lepidotteri, ad esempio le falene, sono in grado di riconoscere una singola molecola di un odore: il maschio può odorare una femmina a miglia di distanza con il vento a sfavore. Un anguilla, parimenti, può riconoscere la singola molecola di un sapore nell’acqua, caratteristica che è alle soglie del limite assoluto della percezione. I granchi di fiume possono odorare il cadavere di un pesce controcorrente. Oppure, prendiamo in considerazione le facoltà uditive dei pipistrelli, che usano le onde sonore per trovare l’orientamento nel volo notturno, o l’udito del cane che è di gran lunga superiore a quello degli esseri umani. Lo spettro di colori che può essere riconosciuto dall’organo frontale di senso delle api supera quello degli umani in quanto include i raggi ultravioletti. La peluria sensibile su arti e faccia di maggior parte dei mammiferi è una parte essenziale della loro funzionalità sensitiva. Alcuni insetti e granchi hanno antenne sensibili al tatto che fungono da organi ottici di senso. Tutte queste queste sorprendenti acquisizioni degli organi sensoriali possono avvenire negli animali senza la loro consapevolezza cosciente. Il sentimento negli animali Similmente, i mammiferi manifestano un comportamento empatico, ad esempio atteggiamenti di simpatia, cura e perfino spirito di sacrificio verso i loro piccoli o i loro simili. Spesso gli animali che sono stati respinti dal loro branco sono adottati da animali di razza diversa. Possono essere citati molti esempi di animali domestici che mostrano un atteggiamento empatico verso i loro possessori. Le dimensioni assolute del sistema limbico corrispondono, per molti mammiferi, alle dimensioni del sistema limbico dell’uomo, a dispetto del fatto che il nostro cervello è notevolmente più grande: ad esempio, il sistema limbico della lepre e dell’uomo hanno la stessa grandezza. E’ probabile che vi siano molti mammiferi nei quali la funzione del sentimento, senza alcuna coscienza riflessiva, sia significativamente migliore di quella dell’uomo. E anch’essi ne hanno una corrispondente parte nel cervello: il sistema limbico. Il pensiero negli animali I mammiferi hanno capacità di apprendimento, il che significa che possono riconoscere relazioni causali complesse e adattare il loro comportamento di conseguenza. In biologia, questo viene riferito come comportamento intelligente. Persino i pesci e i gli invertebrati superiori sono chiaramente capaci di pensiero, sebbene siano privi di una coscienza che abbia la capacità di riflettere. Tutti hanno la neocorteccia che è, tuttavia, notevolmente più piccola che nell’uomo. L’intuito negli animali I cani sembrano sapere in anticipo quando il loro padrone è sulla via di casa; gli animali selvatici sentono in anticipo che sta per accadere un disastro naturale e si cercano per tempo un rifugio sicuro; gli uccelli migratori trovano la loro via verso il sud lungo le rotte di volo tradizionali senza averne alcuna esperienza precedente. Se l’albatro viene liberato nell’emisfero settentrionale, troverà la via verso il nido nell’oceano polare antartico senza alcuna deviazione. Gli animali in mandria, d’altro canto, sono capaci di prendere un percorso alternativo se sentono in anticipo che un branco di predatori si sta muovendo verso di essi. La capacità della funzione intuitiva probabilmente è più grande nei mammiferi che non nell’uomo, nonostante essi non abbiano una coscienza capace di riflessione. Noi non sappiamo quale organo corrisponda a questa funzione. Per riassumere: il comportamento istintivo, negli animali come nell’uomo, è basato sulle quattro funzioni psicologiche, le quali operano al di fuori della coscienza. Parimenti, le quattro funzioni psicologiche così come sono state definite da Jung – sensazione, sentimento, intuizione e pensiero – sono funzioni biologiche o archetipiche o esperienze che vanno ben oltre l’esperienza dell’uomo. Con la sua teoria della tipologia psichica, Jung creò una nuova possibilità per capire anche il comportamento degli animali – sia esso innato, appreso o intelligente – in un nuovo modo , cioè come una espressione di un evento archetipico che include in sè le quattro funzioni psichiche. Cervello e Psiche La reale opera del cervello consiste nel mantenere l’ordine interno del corpo, cioè proteggere l’organismo da disturbi che provengono sia dal suo esterno che dal suo interno. Primariamente, il cervello produce un immagine dello stato del corpo per mezzo di neurormoni o attraverso segnali dei nervi periferici, o anche con segnali che sono generati dalla composizione del sangue che raggiunge il cervello e con segnali che gli organi interni inviano al cervello attraverso le connessioni nervose. Gli organi sensoriali periferici del corpo trasferiscono al cervello le informazioni sui cambiamenti del mondo esterno attraverso portali sensoriali che sono estrusioni del cervello, e che hanno lo scopo di attivare le necessarie reazioni nell’organismo. Lo scopo di ogni reazione è ristabilire l’equilibrio interno ed esterno dell’organismo, un equilibrio basato sulla immagine, o modello, dello stato del corpo quando è in equilibrio. Questo modello è in parte innato, ma è anche definito e concretizzato dalle esperienze primordiali. E’ qui che la psiche gioca il suo ruolo. Questo è un modello archetipico che si manifesta con immagini concrete. Il calore e l’odore del liquido amniotico, ad esempio, così come i suoni e i ritmi del corpo materno e del mondo esterno riempiono il modello “a priori” archetipico, ancorchè nel suo stadio embrionale di sviluppo, con esperienze che sono individuali. Queste sono rafforzate e memorizzate per mezzo delle immagini dei sogni primordiali, e gradualmente viene costituito un archivio di esperienze personali e collettive che hanno coinvolto tutti gli organi di senso. Etter ci tiene a precisare che non vuole assolutamente ridurre la psiche a pura biologia, in quanto tale tentativo equivarrebbe a un materialismo scientifico che vede la psiche come mero epifenomeno della fisiologia cerebrale. Come enfatizzato da Jung, “Questa insostenibile ipotesi ‘psicofisica’ ha trovato crescente accoglienza nel corso di tutto il 19esimo secolo ed ha ancora oggi seguaci nel campo della moderna genetica del 21esimo secolo”. Questo sembrerebbe corrispondere al concetto stesso di Jung della psiche, sebbene le sue osservazioni fossero basate solo sull’uomo. Egli scrive, “Questo intero organismo psichico corrisponde esattamente al corpo che ... nel suo svilupparsi e strutturarsi, ancora conserva elementi che lo collegano agli invertebrati e in ultima analisi ai protozoi”. Da ciò Jung conclude che gli animali originari debbono aver avuto una parte nella psiche collettiva in quanto “dovrebbe essere possibile ‘sbucciare’ l’inconscio collettivo, strato dopo strato, fino a che non si incontra la psicologia del verme, o perfino della ameba”. Tanto più ciò è vero, dunque, per quei vertebrati che sono più vicini a noi da un punto di vista evoluzionistico, come i mammiferi e, tra essi, i primati superiori incluse le grandi scimmie antropomorfe. E’ ora possibile comparare il fenomeno della psiche con le modalità di funzionamento del corpo umano, soprattutto con quella del cervello, e tirare le conclusioni relative. Al tempo di Jung, ciò era solo teoricamente possibile in quanto le conoscenze necessarie non erano disponibili e questo è il motivo per cui egli consapevolmente decise di non farlo. Alcuni moderni neurofisiologi, d’altro canto, stanno cercando di lavorare insieme agli psicologi in quanto i risultati delle loro ricerche li costringono ad accettare la realtà della psiche. Il neurobiologo Gerald Hüther di Goettingen pone ciò in questi termini, “La cosa di cui ogni essere vivente necessita e che lo rende vivo è prima di tutto un innato piano interiore, una matrice che governa la sua organizzazione interna e determina la sua struttura. In breve, necessita di una immagine interiore di come dovrebbe essere o potrebbe essere.” Nel nostro linguaggio, questo significa la sua immagine psichica già esistente ‘a priori’ che porta la vita nella materia. Hüther va significativamente un passo avanti e dichiara che le immagini psichiche innate sono il motore dello sviluppo, sia filogenetico che ontogenetico, in quanto sono esse che fanno realizzare i mutamenti nelle forme di vita già esistenti. Egli assegna delle caratteristiche alle immagini interiori, che vanno dalle semplici istruzioni su come fare le cose per sopravvivere sino alle visioni su come cambiare il mondo. Inoltre, egli ritiene che le immagini psichiche interiori abbiano potenzialità creative, e sembrano perciò essere intrinsecamente psichiche. Questa qualità che Hüther, come neurobiologo, ascrive a immagini interiori è vicina al concetto più ampio che Jung aveva degli archetipi: quest’ultimo descrive sia il concetto delle immagini archetipiche che degli archetipi su cui esse si basano in molti dei suoi saggi; di questi si riporta qui solo un sommario. Egli sviluppò la sua visione degli archetipi osservando le espressioni della psiche attraverso parole, suoni, immagini, figure e danze sia delle persone sane che di quelle malate. Per Jung, un archetipo è pura natura incontaminata ed esso è invisibile: diviene visibile nelle immagini archetipiche, che sono il mezzo attraverso il quale esso convoglia significato ed energia; questo è il motivo per cui gli archetipi sembrano avere uno ‘spirito’. I modelli archetipici stanno dietro ai modelli comportamentali specifici dell’uomo e degli animali; sono onnipresenti, regolatori biologicamente essenziali del regno degli istinti. Se diventano coscienti, prendono la forma di idee, pensieri o teoremi: nel nostro caso specifico, come concetto delle quattro funzioni psicologiche. Nel 1928 Jung giustamente dice, “Non abbiamo assolutamente alcun mezzo per dividere ciò che è psichico dai processi biologici in quanto tali”; nel 1937 scrive “Non abbiamo evidenze dell’obiettivo funzionamento della psiche separata da un cervello vivo”. Solo 15 anni dopo (1952) egli osò proporre la coraggiosa ipotesi, “... il cervello potrebbe essere una stazione di trasformazione, nella quale le relativamente infinite tensioni e intensità della propria psiche vengono trasformate in frequenze percepibili o ‘espansioni’. “ Per Marie-Louise von Franz, questa speculazione di Jung sembra “darci una chiave per spiegare alcune scoperte che sono state fatte da quando egli scrisse ciò”. Non conosciamo i ‘fatti’ a cui von Franz si riferisce, ma Etter trova molto convincenti quelli che riflettono ciò che le persone dicono quando sono in punto di morte: i loro resoconti provano che percezione e coscienza sono possibili persino quando si è in coma profondo o si sta morendo. “Queste esperienze sembrano mostrare che durante uno svenimento, dove, per tutti gli standard umani, c’è ogni garanzia del fatto che le attività coscienti e le percezioni sensoriali siano sospese, la coscienza, le idee riproducibili, gli atti di giudizio e le percezioni possono tuttavia continuare ad esistere. La concomitante sensazione di stare levitando ... indica uno spostamento nella localizzazione della coscienza, una sorta di separazione dal corpo, o dalla corteccia cerebrale o dal cervello che si ipotizza siano la sede dei fenomeni coscienti. Se siamo nel giusto in questa ipotesi, allora dovremo chiederci se in noi ci sia qualche altro substrato nervoso, oltre al cervello, che possa pensare e percepire, o se i processi psichici che avvengono in noi durante le perdite di coscienza siano fenomeni sincronistici, cioè eventi che non abbiano alcuna connessione causale con i processi organici. ... Dove le percezioni sensoriali sono impossibili per principio, difficilmente si può trattare di altro che non di sincronicità”. La vita psichica è acausale e inoltre esiste al di fuori della materia, ma è anche intimamente legata ad essa. Questo è qualcosa che i nostri sogni ci indicano continuamente; ciò spiega perchè Jung, nei suoi ultimi scritti, si riferisce agli archetipi come a degli psicoidi. Conclusioni Terminiamo con un sommario delle asserzioni del Prof. Etter. Con la sua tipologia psicologica, Jung descrisse un modello archetipico che non è solo pertinente all’uomo ma che si riferisce anche a tutti gli esseri viventi fino ai protozoi. Persino i protozoi hanno una percezione del mondo esterno (sensazione) e distinguono tra ciò che è confortevole e ciò che è sgradevole (sentimento); se possiamo postulare l’esistenza di queste due funzioni, allora possiamo assumere l’esistenza delle loro funzioni opposte – intuito e pensiero – in questo più basso livello di sviluppo, poichè le funzioni operano sempre in coppia. Se questo è vero per i protozoi, allora dobbiamo anche ipotizzare che le quattro funzioni operano anche nelle piante in quanto anch’esse sono composte da un gran numero di singole cellule. Le quattro funzioni corrispondono forse a qualità basilari della materia? Possiamo addirittura estendere le quattro funzioni di base alle reazioni chimiche? Gli atomi e le molecole strisciano gli uni contro gli altri (sensazione?), si riconoscono reciprocamente (pensiero?), si attraggono o respingono vicendevolmente (sentimento?) e si possono combinare tra loro per creare molecole più grandi (intuizione?). E’ impossibile concepire la natura senza pensare che essa abbia una psiche o uno spirito: la psiche si manifesta, tra l’altro, nell’immagine archetipica della completezza nelle quattro funzioni psicologiche. Finora abbiamo riferito delle quattro funzioni psicologiche come di un concetto comprendente la sensazione, l’intuizione, il sentimento e il pensiero; ora espanderemo questo concetto partendo dal contesto umano per includere i risultati del Prof. Etter nell’ambito delle scienze naturali. L’attitudine alle immagini esteriori corrisponde alla sensazione e l’attitudine alle immagini interiori corrisponde all’intuizione; inoltre, la valutazione per mezzo dell’attrazione o la repulsione corrisponde al sentimento, e la valutazione per mezzo del vantaggio o dello svantaggio corrisponde al pensiero. Questo modello archetipico di base è probabilmente il presupposto ai modelli di comportamento di tutta la natura, dalla materia all’uomo. Per questo motivo, la tipologia di Jung è molto più che un utile strumento per distinguere tra i diversi modelli comportamentali umani; con la sua formulazione dei tipi psicologici, Jung scoprì un principio di base in natura, un modello archetipico di completezza che agisce oltre i confini di materia e psiche, e che si esprime in entrambi i regni con fenomeni paralleli: nel comportamento, da un lato, e in anatomia e fisiologia dall’altro lato. Quindi questo modello archetipico dovrebbe essere considerato come psicoide, e corrisponde a ciò a cui gli alchimisti si riferiscono come ad unus mundus. Etter chiude la conferenza con l’augurio che le ipotesi illustrate siano per noi lo stimolo ad ulteriori considerazioni. Francesco Scaglione, PMP®