D I S T U D I R O M A G N O L I STILGRAF - CESENA LA ROMAGNA CONTEMPORANEA STUDI SU MARINO MORETTI STUDI VARI (2019) LXX STUDI ROMAGNOLI S O C I E T À Stampa: Stilgraf - Cesena ISSN 0081-6205 - ISBN 978-88-31413-04-6 Reg. Trib. di Ravenna n. 433 del 9 gennaio 1962 Direttore responsabile: Domenico Berardi © Cesena, 2020 – «Studi Romagnoli», LXX (2019) Società di Studi Romagnoli, c/o Biblioteca Malatestiana, piazza M. Bufalini 1, 47521 Cesena (FC) www.societastudiromagnoli.it I contributi sono valutati ai fini della pubblicazione, con procedura di peer review, da un componente del Comitato scientifico e da un revisore esterno, nella forma del doppio anonimato. Peer review con il patrocinio del Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali COMUNE DI CESENA Questo volume è stato pubblicato con il contributo di ANDREW WALLACE-HADRILL (Cambridge University; British Academy) MAURIZIO VIROLI (Princeton University) ANDRÉ VAUCHEZ (Institut de France) JEREMI SURI (University of Texas at Austin) LAURENT PERNOT (Institut de France; Université de Strasbourg) HELENA HAMEROW (Oxford University) XAVIER BARRAL I ALTET (Université de Rennes II Haute Bretagne) Comitato scientifico internazionale: ENRICO ANGIOLINI DANTE BOLOGNESI ANNA FALCIONI MANUELA RICCI CLAUDIO RIVA Comitato scientifico: MARINO MENGOZZI Vice Direttore: ALESSIA MORIGI (Università di Parma) Direttore: DOMENICO BERARDI GIUSEPPE RABOTTI PAOLO TURRONI COLLEGIO DEI PROBIVIRI GIANCARLO CERASOLI DAVIDE FAGIOLI PIER PAOLO MAGALOTTI REVISORI DEI CONTI Segretario PAOLA ERRANI Economo BRUNO CASTAGNOLI Consiglieri ENRICO ANGIOLINI DANTE BOLOGNESI ANNA FALCIONI MANUELA RICCI CLAUDIO RIVA Vicepresidente MARINO MENGOZZI Presidente ALESSIA MORIGI CONSIGLIO DIRETTIVO CARICHE SOCIALI PER IL TRIENNIO 2018-2020 13 17 31 47 69 81 87 101 125 161 175 193 211 221 ENRICO SANGIORGI, Trent’anni dopo: l’Università di Bologna in Romagna DIEGO SAGLIA, L’Università di Parma e la Società di Studi Romagnoli: prospettive storiche e intersezioni contemporanee lungo la Via Emilia ROBERTO BALZANI, Il patrimonio culturale romagnolo: geografia, istituzioni e processi di valorizzazione (1950-2020). Appunti di lettura CORRADO AZZOLLINI, ILARIA DI COCCO, Dalla tutela alla valorizzazione del patrimonio culturale. Strumenti e linee d’azione del Segretariato Regionale in Romagna GIORGIO COZZOLINO, Studi e ricerche sul territorio per una tutela attiva GIUSEPPE SASSATELLI, Le fondazioni e la valorizzazione dei beni culturali in Romagna VALENTINA ORIOLI, Come cambia l’urbanistica: la Romagna e la rigenerazione urbana GIORDANO CONTI, Dal recupero alla rigenerazione. La pianificazione urbanistica a Cesena negli ultimi cinquant’anni CARLO QUINTELLI, Giornata tributo Via Emilia. Tra Emilia e Romagna: un progetto per lo sviluppo identitario e turistico regionale PATRIZIA BATTILANI, Innovazione e sostenibilità: una rilettura del turismo di massa in Romagna MARCO MARCATILI, SARA CHINAGLIA, Un’agenda per la Romagna contemporanea: attrattività, specificità, risorse, strumenti e opportunità di sviluppo secondo gli indicatori Italy2Invest Nomisma CARLA GIOVANNINI, La geografia della Romagna. Nuove questioni VALENTINA ERMINIA ALBANESE, Place Image della riviera romagnola attraverso l’applicazione della Sentiment analysis LA ROMAGNA CONTEMPORANEA 7 MASSIMO CICOGNANI, L’Università in Romagna: il campus di Cesena Presentazione 295 EMANUELE DI FAUSTINO, Il comparto agroalimentare romagnolo: posizionamento e opportunità 391 401 413 GIULIO FERRONI, Il colore che non è più colore MAURO BIGNAMINI, «… raccontare è troppo difficile»: appunti sull’itinerario narrativo di Moretti VITTORIO COLETTI, Marino Moretti: l’onore restituito alla regolarità metrica RENZO CREMANTE, Storia esterna di Poesie 1905-1914 377 357 ALBERTO ANTONIAZZI, ALDO ANTONIAZZI, Prospettive di sviluppo delineate dall’assetto geologico della Romagna contemporanea STUDI SU MARINO MORETTI 343 329 PAOLO SEVERI, Risorse naturali e conoscenza geologica in Romagna. Valorizzazione e uso di acque sotterranee, idrocarburi e materie prime CLAUDIO CAVANI, FRANCESCA SOGLIA, La sostenibilità delle produzioni zootecniche per la valorizzazione del territorio 307 279 VALENTINA GRECO, Narrare lo spazio nel cyberspazio. Una guida visuale della città di Ravenna SONIA BLASIOLI, ENRICO BUSCAROLI, KATIA DI PRODI, ILARIA BRASCHI, Pesticidi su colture in campo in Romagna dal 2007 al 2016 255 239 MARCO DUBBINI, STEFANO TEMPESTI, La Romagna e la sua forma dal plastico di Pietro Zangheri al 3D STEFANO PIASTRA, A dieci anni dal passaggio dell’Alta Valmarecchia dalle Marche all’Emilia-Romagna. Aree protette e politiche ambientali tra problemi e prospettive 423 431 455 483 509 535 547 585 603 619 639 671 685 707 735 753 FURIO ISOLANI, L’origine della Provincia Castellorum (594-666) PAOLA NOVARA, Documenti epigrafici nelle chiese rurali della Romagna: una nuova analisi del ciborio della chiesa di San Pietro in Sylvis di Bagnacavallo VITTORIO BASSETTI, L’amministrazione papale della Romandiola del Trecento: entrate-uscite degli anni 1328-1329 e 1330-1331 MAURIZIO ABATI, MARINO MENGOZZI, Le origini della cattedrale di Cesena AUGUSTO BACCHIANI, Una metamorfosi complessa: da chiesa di San Francesco a Tempio Malatestiano SIMONE BIONDI, Il pittore di Andromeda. Una maiolica istoriata dal Museo di Montefiore Conca MARINO MENGOZZI, Dante nel Caos di Giuliano Fantaguzzi FRANCESCO VITTORIO LOMBARDI, Riccio da Parma (campione della sfida di Barletta) a Pennabilli e nel Montefeltro? SARA NAVACCHIA, Il palazzo delle cento finestre. Ipotesi sulle fasi evolutive del castello ANNA FALCIONI, Una relazione militare di Giacomo Malatesti di Sogliano dal manoscritto 6624 della Österreichische Nationalbibliothek di Vienna NICOLA MARCHI, Il mestiere delle armi. Gli aspetti giuridici del mercenarismo in area padana tra Tardo Medioevo e Antico Regime MARIA ILARIA GARAVELLI, Cesena trionfante: dall’effimero alla memoria iconografica del pontificato di Pio VI CLAUDIO RIVA, Nascita e diffusione delle Società cattoliche di mutuo soccorso nel Cesenate MARINO MENGOZZI, CLAUDIO RIVA, Reazioni politiche alla Lettera pastorale Ai lavoratori della terra (1907) del vescovo Giovanni Cazzani ENRICO PEVERADA, Riflessi ferraresi in due studi di Augusto Campana nel XXV della morte PAOLA ERRANI, Le puntine di Guglielmina, ovvero il restauro di un codice greco del XIV secolo STUDI VARI 1 G. C. BOJANI (a cura di), Ceramiche fra Marche e Umbria dal Medioevo al Rinascimento, Atti del convegno di Fabriano 9 aprile 1989, Bologna, Litotecnica, 1992. 2 E. P. SANI, C. LEPRINCE, J. RACCANELLO (a cura di), Back to Deruta. Sacred and Profane Beauty. Italian Renaissance Maiolica, Catalogo della mostra (Deruta, Museo Regionale della Ceramica, 19 maggio - 30 giugno 2018), Perugia, Bertoni, 2018; G. BUSTI, Museo Regionale della Ceramica di Deruta. Ceramiche policrome, a lustro e terrecotte di Deruta dei secoli XV e XVI, Milano, Electa, 1999; C. FIOCCO, G. GHERARDI, Ceramiche Umbre dal Medioevo allo Storicismo. Orvieto e Deruta. Gubbio, altri centri, lo stoicismo, «Faenza», Faenza, Litografie artistiche Faentine - M.I.C., voll. 2, 1998-1999; C. R. GUIDOTTI (a cura di), “Maioliche della più bella fabbrica”. Selezioni dalle civiche collezioni bresciane e da collezioni private, Brescia, Gruppo Delfo, 2006; C. FIOCCO, G. GHERARDI, Aspetti dell’istoriato derutese: l’opera tarda di Giacomo Mancini detto il Frate, «Faenza», LXXXI, 1995, Faenza, EDIT Faentine-M.I.C., 1995, pp. 5-9. 3 G. C. BOJANI, J. T. SPIKE (a cura di), Le Collezioni di Casteldurante dai delle Rovere agli Ubaldini. 8. Disegni, Fonti, Ricerche per la Maiolica Rinascimentale di Casteldurante, Catalogo della mostra (Urbania, Palazzo Ducale, 20 luglio - 28 settembre 1997), Pesaro, Il Lavoro editoriale, 1997; C. FIOCCO, G. GHERARDI (a cura di), Ceramiche di Deruta, Firenze, S.P.E.S., Memofonte, 1990; G. PAGAGNI, La maiolica del rinascimento in Casteldurante Urbino e Pesaro. Da Pellipario ed i Fontana ai Patanazzi, Torino, Offset Stampa, 1978; S. BALZANI, M. REGNI, Pittori a Casteldurante tra XV e XVI secolo. Primi dati di un’indagine in corso. I Della Rovere nell’Italia delle corti, Atti del Convegno 16-19 settembre 1999, vol. IV, in G. C. BOJANI (a cura di), Arte della maiolica, Urbino, Quattro Venti, 2002, pp. 11-48. 4 Per la documentazione d’archivio sono a disposizione degli studiosi le trascrizioni manoscritte lasciate da Carlo Grigioni al comune di Forlì, conservate nella biblioteca. Per lo più inedite Gli studi più recenti sulla produzione istoriata del primo rinascimento, nel periodo di fioritura della maiolica fra il 1470 e il 1530, nelle botteghe di Siena 1, Deruta 2, Castel Durante 3, Urbino 4, Gub- A Piergiorgio e Marinella IL PITTORE DI ANDROMEDA. UNA MAIOLICA ISTORIATA DAL MUSEO DI MONTEFIORE CONCA SIMONE BIONDI 9 A. MARCHIE, G. SPINA (a cura di), Il Quattrocento a Fermo. Tradizione e avanguardie da Nicola di Ulisse a Carlo Crivelli, Catalogo della mostra (Fermo, 21 aprile - 2 settembre 2018), Il termine “arti congenere” è usato dal Vasari per indicare le arti minori dell’oreficeria, della ceramica, quella vetraia e e altre. Si rimanda a A. R. BELLOSI (a cura di), Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri. Nell’edizione per i tipi di Lorenzo Torrentino. Firenze 1550, Roma, Einaudi, 2 voll., 2015; C. PAOLINELLI, C. GIARDINI (a cura di), La ceramica nello scaffale, Fano, Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, 2018. 8 7 C. R. GUIDOTTI, Ceramiche italiane datate dal XV al XIX secolo per il “corpus della maiolica italiana” di Gaetano Ballardini, «Faenza», Faenza, EDIT Faenza, 2004; 6 A. CIARONI, Maioliche del Quattrocento a Pesaro. Frammenti di storia dell’arte ceramica dalla bottega dei fedeli, Firenze, Centro Di, 2004; L. BAFFONI VENTURI, V. ALBERTINI, La maiolica al tempo degli Sforza di Pesaro. Storie degli Sforza pesaresi, Milano, Feltrinelli, 2019. 5 G. C. BOJANI (a cura di), La maiolica italiana del Cinquecento: il lustro eugubino e l’istoriato del ducato di Urbino, Atti del Convegno di studi a Gubbio, 21, 22, 23 settembre 1998, Firenze, Centro Di, 2002; C. FIOCCO, G. GHERARDI, Museo Nazionale del Bargello, Maioliche umbre del secolo XVI, Orvieto, Gubbio, «Lo specchio del Bargello», 36, Firenze, 1991. sono il risultato di anni di lavoro di spoglio compiuto negli archivi forlivesi, con attenzione particolare ad artisti, ceramisti e artigiani in genere. C. GRIGIONI, Figuli romagnoli a Roma nel Quattro e nel Cinquecento, «Faenza» XXXI, Faenza, EDIT Faenza, 1943-1945, p. 80; ID., Figuli romagnoli a Roma nel Quattro e nel Cinquecento, «Faenza» XXXVII, Faenza, EDIT Faenza, 1951, pp. 58-61; ID., Figuli romagnoli a Roma nel Quattro e nel Cinquecento, «Faenza» XXXIX, 1953, Faenza, EDIT Faenza, 1951, pp. 177-186, 178-180; ID., Figuli romagnoli a Roma nel Quattro e nel Cinquecento, «Faenza» XLI, 1955, Faenza, EDIT Faenza, 1951, pp. 39-43, 109-113; G. GARDELLI, Maiolica per l’architettura. Pavimenti e rivestimenti rinascimentali di Urbino e del suo territorio, Urbino, Accademia Raffaello di Urbino, 1993. A. TURCHINI, I Malatesta Signori di Rimini e Cesena, Cesena, «Il Ponte Vecchio», 2013. AA.VV., Capolavori della maiolica rinascimentale Montelupo “fabbrica” di Firenze 1400-1630, Catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 31 maggio - 27 ottobre 2002), Montelupo Fiorentino, AEDO, 2002; M. CAROSCIO, La maiolica in Toscana tra Medioevo e Rinascimento. Il rapporto fra centri di produzione e di consumo nel periodo di transizione, Borgo San Lorenzo (FI), All’insegna del Giglio, 2007; T. WILSON, E. P. SANI (a cura di), Le Maioliche Rinascimentali nella collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, Città di Castello-Perugia, Petruzzi, 2007; A. ALINARI, M. SPALLANZANI, Maioliche al Bargello in ricordo di Terenzio Bucci, Firenze, S.P.E.S., 1991. 12 11 10 C. PAOLINELLI, T. WILSON (a cura di), Raphael Ware. I colori nel Rinascimento, Catalogo della mostra (Galleria Nazionale delle Marche, 31 ottobre 2019 - 13 aprile 2020), Torino, Allemandi, 2019; G. ALBARELLI, G. C. BOJANI, C. F. BONINI, Documenti sulle fabbriche pesarsi di ceramica nei secoli XIV-XVI. Periodo Malatestiano, «Faenza» IV-V, 1936, Faenza, EDIT Faenza, 1936, pp. 101-112. Cinisello Balsamo, Silvana, 2018; S. ZUFFI, Il Quattrocento, Milano, Electa, 2004; S. ZUFFI, Il Cinquecento, Milano, Electa, 2005; S. BLASIO (a cura di), Marche e Toscana, terre di grandi maestri tra Quattro e Seicento, Firenze, Pacini, 2007; T. WILSON, C. MARITANO (a cura di), L’Italia del Rinascimento. Lo splendore della maiolica. Catalogo della mostra (Torino, 13 giugno - 14 ottobre 2019), Torino, Allemandi, 2019. che nel Rinascimento lavorarono nelle Marche o per conto dei loro signori, prima i Della Rovere, poi i Montefeltro. Le corti feudali dei territori più settentrionali delle Marche e specialmente il Montefeltro che si incunea nell’Appennino tra Romagna e Toscana, si aprirono presto alla cultura che fece da strada alla stagione del primo Cinquecento. Sono i Montefeltro a Urbino come gli Sforza a Pesaro 10, i Malatesta di Rimini e di Cesena 11, ad accogliere nelle loro corti e nei loro territori i maestri che vengono di Toscana 12, rappresentanti della cultura nuova che là si va elaborando. Aspetto, quest’ultimo, che marca un’origine geograficamente differenziata nelle produzioni ma caratterizzata da una serie di rimandi tipologici e formali affini, legati da una parte alle tradizioni artistiche locali e dall’altra alle novità del panorama culturale. A conferma della circolazione tanto dei ceramisti quanto dei loro prodotti da una bottega all’altra. La documentazione d’archivio per l’Italia centrale relativa a questo periodo è per altro relativamente numerosa. Già dalla prima metà del Quattrocento sono attestati spostamenti frequenti di manodopera specializzata dall’Umbria, e in particolare da Deruta e Gubbio attive sin dalla fine del Duecento e più tardi da Gualdo Tadino, verso Siena e la Romagna, dal capo opposto da Faenza verso Firenze e le province toscane settentrionali come Siena, Arezzo e altrettanto dalle Marche salendo per Ravenna e Faenza fino a Bologna, Ferrara, Venezia bio 5, come nelle aree di dipendenza da Pesaro 6, Rimini e in qualche misura Forlì 7, riflettono ancora oggi lo stretto legame che qualificava le arti congeneri 8 con le arti maggiori del Rinascimento e dell’antichità: pittura, scultura e architettura. Dalla seconda metà del Quattrocento questi centri, così come altre più piccole realtà sono interessati da due fenomeni fra loro strettamente dipendenti, la grande eccellenza in numero di maestri vasai, e lo stretto rapporto dei ceramisti con i maggiori esponenti della pittura centro italica. In questo ambito la produzione del periodo è quanto mai variegata per qualità e tecniche. Al di là di di ogni distinzione tra arti maggiori e arti minori, il genio delle tante botteghe si mostra nel compendio delle idee messe a confronto che trova compimento nella copia dei figuli delle pitture di artisti da Perugino, Pinturicchio, Signorelli, Raffaello e altri, sulle forme delle produzioni minori. E fra queste in particolare la pittura su ceramica. A Firenze come a Roma gli artisti di scuola umbra e marchigiana raccolsero strepitosi successi, arrivando a fornire alcuni dei contributi fondamentali alla definizione della Maniera moderna cinquecentesca 9. Straordinaria è la serie degli artisti 537 IL PITTORE DI ANDROMEDA. UNA MAIOLICA ISTORIATA DAL MUSEO DI MONTEFIORE CONCA SIMONE BIONDI 536 XIV al XVII 16 C. RAVANELLI GUIDOTTI, Maioliche con dipinture tratte dai lavori del divino pittore, Raffaello, in Il sole delle arti, a cura di G. BARUCCA, S. FERINO-PAGDEN, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2015, pp. 119-155. 15 S. BIONDI, Le maioliche istoriate da parata dalla rocca malatestiana di Montefiore Conca di Rimini nelle produzioni ceramiche pesaresi, «Studi pesaresi. Rivista della società di studi storici pesaresi» 5/2017, Pesaro, Il Lavoro editoriale, 2017, pp. 35-39. 14 P. BERARDI, Famiglia dell’istoriato, in ID., L’antica maiolica di Pesaro. Dal secolo, Firenze, Sansoni, 1984, pp. 111-191. 13 T. BIGANTI, Lo stato attuale delle ricerche archivistiche sull’attività dei vasai in Umbria dal XIII al XVII secolo, in Ceramica fra Marche e Umbria, Atti del convegno “Ceramica fra Marche e Umbria dal Medioevo al Rinascimento” (Fabriano 9 aprile 1989), a cura di G. C. BOJANI, Fabriano, Archeo club d’Italia sede di Fabriano, 1992, pp. 65-75. 18 C. PAOLINELLI, L’Aquila e la Quercia. Maioliche al Palazzo Ducale di Urbino, in PADINELLI, WILSON, Raphael Ware. I colori nel Rinascimento, cit., p. 23. 17 C. PAOLUCCI ET ALII (a cura di), L’eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio, Catalogo mostra (Forlì, Musei San Domenico, febbraio - giugno 2018), Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2018. alla scuola del Signorelli e di Michelangelo con risultati del pictor vasorum più vicini al gusto delle botteghe fra Marche e Romagna 17. In questo contesto a cavallo fra il 1470 e il primo ventennio del Cinquecento, fra l’ultimo periodo dello stile severo e il preclassicismo dei primi anni del secolo successivo, si data il ciclo di ceramiche istoriate da pompa ritrovate durante gli scavi archeologici all’interno delle fosse da butto nella rocca malatestiana di Montefiore Conca, oggi esposte nella sezione archeologica permanente del Museo. Di questi esemplari, di particolare interesse, è il piatto con la raffigurazione del mito di Andromeda attribuibile alle botteghe durantine o forse a qualche centro delle Marche interne 18. L’attribuzione già proposta in passato trova oggi però confronti puntuali tanto sul piano stilistico formale quanto sul piano iconografico. Il linguaggio figurato, sia nella graphìa che nella tecnica, oltre alle qualità nella resa formale propone di legare i reperti di Montefiore alla mano di un unico maestro del quale resta impossibile per ora il riconoscimento con una bottega specifica, soprattutto in assenza di segni picti di distinzione. Le maioliche istoriate da Montefiore sono contraddistinte negli elementi accessori dal recupero di un repertorio decorativo ancora chiaramente tardo gotico, unitamente a una resa classicistica e intimamente naturalista del soggetto, che sarà una delle caratteristiche dello stile bello della prima metà del Cinquecento. Sono convinto che la conoscenza degli artisti, grandi o piccoli che siano, non sia esauribile nelle opere da essi prodotte e che sia lecito invece, anzi proficuo, guardarle come documenti di orientamento culturale, storie individuali, politiche e che a tal fine sia essenziale rivolgere l’attenzione anche al di fuori dello studio dell’artista. Il che non significa ovviamente negare l’utilità della lettura stilistica, tanto più importante in quanto in molto casi – e Montefiore è uno di questi – questa costituisce l’unico strumento per affrontare problemi attributivi e cronologici altrimenti irresolubili, ma è, a mio avviso, d’obbligo affermare che lo studio stilistico non può in alcun modo esaurire il significato delle fonti visive. La storia delle produzioni d’arte minori se impegnata a evitare questioni fondamentali a cominciare dall’esigenza di capire come le immagini ope- e viceversa 13. Intorno alla prima metà del Cinquecento l’orizzonte delle officine ceramiche marchigiane risulta, alla stregua di molti altri centri italiani, profondamente influenzato da questa commistione artistica e dalla nuova cultura umanista che stava prendendo piede nelle diverse corti italiane del tempo. Fra il 1460 e il 1510 le testimonianze su Pesaro e il pesarese sono molte e permettono di tracciare tanto il numero dei vasai nelle botteghe, i traffici e le produzioni, quanto i riconoscimenti pubblici di prestigio ai maestri vasai 14. I ceramisti più sensibili a questa nuova corrente incominciarono a sperimentare con grande successo un moderno filone artistico sempre più apprezzato e richiesto, legato principalmente alle illustrazioni dei testi come la Hypnerotomachia Poliphili o Sogno di Polifilo, le Metamorfosi di Ovidio, le Decadi di Tito Livio o le figure descritte nella Bibbia 15. Altrettanto rapido è il periodo di declino nella metà del Quattrocento della produzione pesarese. Crisi lunga e profonda destinata a risolversi in parte solo dalla seconda metà del Quattrocento fino al termine della dominazione sforzesca nel 1512. In particolare l’incontro con i modelli grafici dei cartoni e delle xilografie ripresi dagli originali raffaelleschi, almeno dal 1520 in poi, dopo una prima fase incerta nella resa dei soggetti da parte dei maestri maiolicari incomincia un nuovo e profondo assorbimento della moderna cultura figurativa impregnata ancora di richiami classici 16 ma con produzioni diversificate da zona a zona. Ecco allora come il modello figurativo raffaellesco viene ad accostarsi con puntale accuratezza al classicismo delle forme nelle botteghe faentine, come nel piatto con Andromeda datato al 1510 oggi esposto al Victoria and Albert Museum (fig. 1) o diversamente troviamo soluzioni più vicine 539 IL PITTORE DI ANDROMEDA. UNA MAIOLICA ISTORIATA DAL MUSEO DI MONTEFIORE CONCA SIMONE BIONDI 538 23 E. IVANOVA, Il secolo d’oro della maiolica italiana. Ceramica italiana dalla raccolta del Museo Statale dell’Ermitage, in Il secolo d’oro della maiolica italiana. Ceramica italiana dei secoli XV-XVI dalla raccolta del Museo Statale dell’Ermitage, a cura di E. IVANOVA, Milano, Electa, 2003, pp. 19-25. 22 N. DEGLI AGOSTINI, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral in verso vulgar con le sue allegorie in prosa. Per Nicolò Zoppino e Vincentio di Pollo, Libro IV, Venezia, 1522 (edizione originale); R. REGIO, Metamorphoseon Pub. Ovidii Nasonis libri XV di Simon Bivilacqua, Venezia, Libro IV, f. 19, 1493 (edizione originale). 21 G. BOCCACCIO, De Perseo XXXII Iovis filio, qui genuit Gorgophonem, Stelenum et Eritreum et Bachemonem,, Genealogie deorum gentilium libri, XII, cap. XXV; G. DE’ BONSIGNORI, Come Perseo trovò Andromada, Capitulo XL; E. ARDISSIMO (ed. critica a cura di), Ovidio Metamorphoseos vulgare, cap. XL-XLII; Bologna 2001; F. GHISALBERTI, Giovanni del Virgilio espositore delle Metamorfosi, «Il giornale dantesco», XXXIV, 1931, nuova serie IV, n. 27, p. 72; C. SAMARAN (ed. critica a cura di), Petrus Berchorius. Reductorium morale. Liber XV, Ovidius moralizatus 2, Cap. I. De formis figurisque deorum, Parigi, Nambu Press, 1967, pp. 124-125; V. ROMANO, Giovanni Boccaccio, Genealogie deorum gentilium, XII, cap. XXV, Roma-Bari, Laterza, 1951. Le indagini archeologiche sono state dirette e seguite interamente dal sottoscritto sotto il coordinamento della dott.ssa Maria Grazia Maioli, ex funzionario M.I.B.A.C.T. 20 19 S. BIONDI, Le maioliche istoriate da parata dalla rocca malatestiana di Montefiore Conca di Rimini nelle produzioni ceramiche pesaresi, «Studi pesaresi. Rivista della società di studi storici pesaresi», cit., pp. 39-41. 29 F. SCHULZ, Solis, Ulrich Thieme et Felix Becker, allgemeines lexikan der bildenden kùnstler von der antike bis zur gegenwart, t. XXXI, Leipzig 1937, pp. 248-253; E. BENEZIT, Dictionnaire critique et documentaire des peintres, sculputers, dessinateurs et graveurs, tomo IX, Paris, 28 Per un richiamo sommario sull’iconografia tardo medievale su Andromeda si rimanda a R. L. HUNTER, Written in the Stars; Poetry and Philosophy in Aratus’ Phaenomena, «Arachnion», 2, s.l. 1995, pp. 1-34; E. DEKKER, Andromède sur les globes cèlestes des XVIe et e XVII siècles, F. SIGURET, K. LINCKSIECK (a cura di), Andromède ou le héros a l’épreuve de la beauté, Parigi 1996, pp. 403-423. 27 Aratos, Phaenomena, M.S. Voss. Lat. Q. 79, University of Canterbury, Christchurch, New Zealand, Douglas Kidd, August 1997. 26 A. SOFO, V. CALABRESE, Occhi al cielo: percorsi didattici di astronomia, Milano, Fabbri, 1995, pp. 3-4. 25 G. BONSIGNORI, Ovidio Methamorphoseos vulgare, Venezia, f. 34v 1501, (prima edizione originale 1497), edizione critica e riveduta da B. GUTHMULLER, Mito, poesia, arte: saggi sulla traduzione ovidiana nel Rinascimento, Roma, Bulzoni, 1997; M. BACCI, L’opera completa di Piero di Cosimo, Milano, Rizzoli, 1976; L. BERTI, Il Primato del disegno, in Firenze e la Toscana dei Medici nell’Europa del Cinquecento, voll. II, Firenze, Electa, 1980; S. FERMOR, Piero di Cosimo. Fiction, Invention and Fantasia, Londra, Reaktion books, 1993; A. FORLANI TEMPESTI, ET ALII, Piero di Cosimo, Firenze, Octavo Franco Cantini, 1996. 24 Inv. SBAER n. 250756, dimensioni: altezza 5,5 cm, diametro max 31,6 cm, piede 12,4 cm; ricomposto. Il piatto di Montefiore (fig. 2) 24 restituisce nella scena centrale una versione che richiama la figura di Andromeda in una resa del soggetto non canonica, ma comunque conosciuta e diffusa, tanto nelle produzioni librarie e ceramiche quanto nei grandi dipinti a olio del tempo. Andromeda è legata ad un albero e non a uno scoglio. Questo è spiegabile con la struttura complessiva della scena, organizzata come un dramma teatrale, che probabilmente si riaggancia alle rappresentazioni classiche del mito 25. La versione latina dei Phenomena di Arato di Soli diede origine ad una serie di manoscritti redatti in epoca carolingia che gli studiosi hanno chiamato, dal suo autore, Aratea 26. Fra questi anche il Ms. Voss. lat. Q 79 conservato a Leida 27. Questo ultimo in particolare è composto da quattro immagini con altrettante costellazioni tra quelle presenti nel manoscritto e, precisamente quelle di Andromeda, Perseo, Cassiopea e Pegaso. La rappresentazione di Andromeda con le mani distese e strette a due alberelli o come in altre versioni con le braccia legate dietro la schiena al fusto di una pianta – e non ad un promontorio roccioso come in Ovidio – riprende l’idea dall’iconografia antica della principessa 28. Solo a partire da Euripide i paletti e i rami verranno poi sostituiti da una roccia, più spesso uno scoglio, sistemazione preferita dagli artisti rinascimentali 29. rassero, quale significato emotivo portassero, quali diverse funzioni esercitassero, rischia di ripiegarsi negli studi di settore ai soli addetti al mestiere. Il che obbliga invece gli studiosi stessi a ricercare e conoscere la volontà di maestri e committenti nell’uso delle immagini, e quindi di cercare di capire il mondo di interessi e aspirazioni che in esse si manifesta anche a prescindere dai loro esiti formali. Il piatto da esposizione con il mito di Andromeda, descritto nel presente saggio, è parte di un ciclo plastico narrativo composto da più pezzi e recuperato insieme a un secondo piatto a tema erotico-figurato 19 analogo per forma, dimensioni e stile ad altri frammenti di tesa di almeno un terzo piatto da pompa, forse anche un quarto, provenienti dallo stesso contesto di butto 20. Il soggetto richiama nella scena dipinta miti classicheggianti della tradizione delle fabulae pictae riprese dalle fonti medievali 21 e rinascimentali 22. Oltre ai testi scritti, un elemento importantissimo per il mercato delle idee e dei motivi iconografici fra Quattrocento e Cinquecento fu l’incisione 23. La versione grafica delle opere dei principali artisti le rendeva accessibili di fatto ai ceramisti e all’artigianato minore in genere, ebanisti, gioiellieri, ecc., che le riproducevano adattandole al materiale e alla forma accontentando le richieste dei compratori sempre più attenti alla cultura del tempo. 541 IL PITTORE DI ANDROMEDA. UNA MAIOLICA ISTORIATA DAL MUSEO DI MONTEFIORE CONCA SIMONE BIONDI 540 30 C. RAVANELLI GUIDOTTI, Fatti di scrittura. Istorie profane e favole nella maiolica Italina del Cinquecento, in Fabulae Pictae. Miti e storie delle maioliche del Rinascimento, a cura di M. MARINI, Giunti, Firenze, 2012, pp. 35-43. Librarie Gründ, 1976, p. 690; G. BODO, Mito, Poesia, Arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Roma, Bulzoni, 1997, pp. 213-216. 33 C. PAOLINELLI, L’Aquila e la Quercia. Maioliche al Palazzo Ducale di Urbino, in PADINELLI, WILSON, Raphael Ware. I colori nel Rinascimento, cit., p. 23, fig. 2. Curiose, oltre la somiglianza dell’ornato sulla tesa, le dimensioni pressoché identiche della vasca e del diametro dei piatti. Quello di Montefiore con un diametro max di 36,6 cm e quello dell’Ermitage con un diametro max di 36 cm. 32 E. A. VAN MOÉ, Les manuscrits a peintures a la Bibliothèque Nazionale, «Archives et Bibliothèques», 3, Parigi 1937-1938, pp. 161-169. 31 B. GUTHMULLER, Mito, poesia, arte: saggi sulla traduzione ovidiana nel Rinascimento, Roma, Bulzoni, 1997; G. DEI BONSIGNORI, Ovidio Metamorphoseos vulgare, Venezia, Giovanni Rosso da Vercelli per Lucantonio Giunta, IV 1497, 2° t. su disegno di diversi maestri tra cui Benedetto Bordon (?) e il Secondo Maestro del Grifo (?), e incisione di Jacopo da Strasburgo e altri maestri, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Inc. Ven. 578 capelli aranciati di Andromeda o gli alberi dalle chiome ritoccate in giallo-ferraccia appare quasi una monocromia in blu. Cartoni di soggetto comune con elementi di confronto e/o di ispirazione si ritrovano ne Il Perseo libera Andromeda (1513-1515) di Piero di Cosimo esposto agli Uffizi e nella xilografia dell’Ovidio Methamorphoseos vulgare stampato da Giovanni Bonsignori a Venezia nel 1501 in seconda edizione (una prima edizione censurata è datata al 1497) su commissione di Luca Giunta 31. Nel piatto di Montefiore manca a differenza del racconto di Ovidio anche il paesaggio marino sfondo canonico dell’episodio. Elemento quest’ultimo che non troviamo anche in altre produzioni rinascimentali dall’iconografia sicura come nel piatto di attribuzione faentina (fig. 1), o ancora nel codice miniato Ms. français 137, f. 61r esposto nella Bibliothèque Nationale di Parigi 32. Tornando all’istoriato da Montefiore, il quadro nella vasca è chiuso da una serie di filettature concentriche in cobalto e ferraccia che fermano la scena dall’ampia tesa, decorata con registro continuo ad alberelli che trova confronto nel piatto con san Crescentino conservato al Museo dell’Ermitage (fig. 3). Quest’opera con attribuzione incerta tra Faenza e Deruta potrebbe esser oggi ricondotta per le evidenti somiglianze nel decoro accessorio, oltre alle altrettanto evidenti implicazioni formali e stilistiche, all’ambito urbinate e feltresco della fine del 1400 33. Aspetto che permette di ipotizzare una manifattura comune attribuibile alla mano di un maestro non identificato dalle fonti ma riferibile credo a una stessa bottega o tutt’al più alla cerchia di una maestranza comune e locale. Interessante e certamente non casuale è la scelta della foglia di pioppo sul bordo e dalla duplice simbologia, rappresentata da un lato come immagine propiziatoria dell’unione matrimoniale e dall’altro quale simbolo di salvezza. Non bisogna peraltro dimenti- Nell’iconografia del piatto da Montefiore l’osservatore è pienamente sedotto dalla figura della giovane legata al fusto di un grande albero dipinto al centro del cavetto, a cui fa da sfondo una quinta scenica arretrata e divisa, con il bosco a chiusura delle fughe laterali e delimitata in lontananza dal paesaggio montano. La figura di Andromeda riprende le forme morbide del gusto del tempo per la donna, insieme al richiamo a una classicità che è rappresentata dai seni a coppella e dal panno sul pube. Rispetto all’iconografia più comune, qui, mancano i personaggi canonici come l’eroe Perseo, il mostro marino e la testa della Gorgone, che ritroviamo invece nelle produzioni dell’istoriato più maturo. Stilisticamente si possono comunque osservare una serie di elementi che richiamano le prime fatture del classicismo urbinate e pesarese, contraddistinte dal segno sciolto nel contorno delle figure che prendono a modello le pitture di scuola raffaellesca e botticelliana dalle quali si allontano per alcuni particolare del tratto non sempre corretto ma spesso nervoso che porta a trascurarne alcuni dettagli a vantaggio di un’esecuzione grafica più veloce. L’ambito che si avvicina di più a questa produzione stando alla documentazione nota e ad alcuni particolari della fattura c.d. “a calza” sul verso, diversa dalle opere faentine coeve, è quello marchigiano e propriamente feltresco. In particolare i confronti più stringenti riguardo alcuni aspetti dell’anatomia femminile, con i seni piccoli e plastici nella forma come ritroviamo nei cartoni di copie michelangiolesche, il ginocchio della rotula a occhiello, il segno di contorno in blu a pennello del corpo, che concordano col il repertorio pesarese della fine del Quattrocento 30. Questa tipologia decorativa sfocerà dalla prima decade del XVI secolo, con una maggior maturità stilistica, in una seriazione affine detta dei “putti ludenti” che comprende per atro importanti testimonianze di scuola urbinate. Anche la tavolozza cromatica conserva alcuni accorgimenti che rimandano da vicino alla scuola marchigiana e centro-italica. I colori sono luminosi nel disegnare la figura della giovane e altrettanto nella resa del paesaggio, in un quadro che salvo alcuni particolari, come i lunghi 543 IL PITTORE DI ANDROMEDA. UNA MAIOLICA ISTORIATA DAL MUSEO DI MONTEFIORE CONCA SIMONE BIONDI 542 SIMONE BIONDI 34 G. DUBY, I peccati delle donne nel Medioevo, Roma-Bari, Laterza, 2008. Fig. 1 Piatto con Andromeda e Perseo, 1510 ca., maiolica, produzione faentina, London, Victoria and Albert Museum. care l’etimologia e il significato sotteso all’immagine e al nome di Andromeda, dal greco Androméde, cioè “che signoreggia sugli uomini”. La poesia d’amore del periodo, in tutte le sue rappresentazioni, sottende e richiama frequentemente temi erotici dell’amore libero o sue allusioni allegoriche. Dall’amore cortese idealizzato ma pieno di sensualità descritto dai trovadori francesi del XII secolo si passa in pochi decenni all’amore sensuale della lirica petrarchesca e boccacciana che sarà per molti maestri pictori una nuova importante linfa di ispirazione, capace di vivificare il linguaggio lirico in direzione di un repertorio figurativo sempre più ricco 34. 544 Fig. 2 – Piatto con Andromeda, fine XV - inizi XVI secolo, maiolica, piatto da pompa, produzione pesarese-urbinate, Montefiore Conca, Castello. Piatto con san Crescentino e vessillo araldico, ultimo quarto del XV secolo, maiolica, Urbino o altro centro del Montefeltro (attribuito), San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage. Fig. 3