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Carla Lonzi Scritti sullarte in il manif

Scrittura e “differenza”. Carla Lonzi critica d’arte
MICHELE DANTINI
Esiste un accorato fil rouge a connettere gli scritti di Carla Lonzi sull’arte, oggi finalmente raccolti in
un’unica, pregevole edizione da tre attente studiose della critica e teorica femminista. L’arte non è
consuetudine, non è programma e neppure “cultura”, se intendiamo il termine in senso cerimoniale.
Per Lonzi, che in un’iperbolica conversazione con Marisa Volpi giunge a confrontare se stessa con
Origene, arte è “autenticità”: condizione esistenziale di intimità con se stessi, estinzione della brama di
dominio e apertura al possibile, forse amor fati.
Eccettuato un breve testo del 1981, caustico e retrospettivo, gli scritti oggi ripubblicati datano agli anni
tra 1955 e 1970. Accolti a suo tempo da riviste come Paragone, L’Approdo o marcatré, da quotidiani come
Paese sera o L’Avanti, mostrano l’ampiezza di interessi, l’attenzione alle pratiche di scrittura, la varietà e
vivacità delle posizioni assunte.
Se l’insegnamento di Longhi produce conseguenze durevoli e impegna la giovane critica in taglienti
polemiche contro critici “dottrinari” di scuola venturiana, le aperture di Francesco Arcangeli sull’arte
americana contemporanea o gli “ultimi naturalisti” si rivelano non meno decisive. Con Pistoi,
longhiano a suo modo, Lonzi condivide l’ambizione di costruire come una “linea” per l’arte
italiana contemporanea, accogliendo, attorno al nome e al modello di Fontana, artisti capaci di
congiungere modernità e tradizione, compostezza e infrazione, rito della citazione e sprezzatura:
Castellani, Paolini e Fabro in primis.
L’eredità longhiana emerge con particolare rilevanza nel contesto di una querelle interpretativa su New
Dada e Pop a oggi priva di adeguata ricostruzione storico-critica. Nel discutere dell’informale e dei
nuovi orientamenti su marcatré, nell’estate del 1964, Lonzi irride i “critici d’arte provenienti da altri
settori culturali”, le letture “ideologiche” e “la sfasatura di un parlare sociologico privo di legami con
un metodo di lettura del linguaggio pittorico”. La posizione formalista - o neo-manierista, se si
preferisce - non avrebbe potuto essere esposta più chiaramente. Per scrupolo di tatto (scrive sulla
rivista della neoavanguardia, appunto il marcatré), Lonzi non nomina i riferimenti polemici immediati.
Possiamo tuttavia identificarli facilmente. E’ Sanguineti a presentare l’attività di Rauschenberg e Johns
in chiave novorealista, dunque come contestazione in nuce della società dei consumi. A fronte di punti
di vista che obiettano alla rispettabilità dell’arte nel contesto dell’industria culturale e propongono
politiche autoriali dislocate o inverse, Lonzi oppone de facto la ricerca di territori integri e immuni da
mercificazione - istanza in qualche misura “restaurativa”, come suggerisce lei stessa in una recensione a
Bacon; e come conferma nel discutere di Johns.
La Biennale del 1964, segnata dall’affermazione di Rauschenberg e più in generale dall’ironia Pop,
costituisce per Lonzi un momento di impasse: sembrano invalidati i presupposti di adesione
“poetica” (testimoniale o “affettiva”, potremmo dire citando Longhi) a opere e artisti. Nella seconda
metà del decennio mutano pratiche e politiche di scrittura critica, non però urgenze e punti di vista, che
troviamo confermati. Riconosciamo tratti scopertamente autobiografici e come testamentari nelle
parole di Fontana affidate a Autoritratto: “la mia arte è tutta portata su questa purezza, su questa
filosofia del niente... Non è un niente di distruzione, è un niente di creazione, capisci?”. E’ forse un
caso che, nel catalogo della mostra Accardi Castellani Paolini Pistoletto Twombly (galleria Notizie, 1965),
Lonzi desista (per la prima volta) dallo scrivere e appaia unicamente come spettatrice, riflessa in un
Quadro specchiante riprodotto a mo’ di illustrazione? Non è interessata a giochi di abilità e diffida di artisti
che puntano su disinvoltura, sfoggio liquidatorio, malizia.
(*) Carla Lonzi, Scritti sull’arte, a cura di Lara Conte, Laura Iamurri, Vanessa Martini, et al./EDIZIONI,
Milano 2012-03-23.