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L'olimpo Isabella Tokos, Mnemòsine, Ivone Tasso

L’Olimpo
Titolo | L’Olimpo
Autore | Mnemòsine
ISBN | 978-88-27861-21-9
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Prima stampa: dicembre 2018
Seconda stampa: gennaio 2019
Terza stampa: giugno 2019
«... un poemetto epico – fantastico,
declinato come un trattato di metafisica. La
‘ballata’ dell'iperuranio e dei suoi abitanti …»
(Federico Ligotti)
O
h, Dei! Voi, mie sorelle, parenti, miei amici
venite a ispirarmi e a farmi gli auspici
per rendere notoria l’impresa affidata
a me. Che la memoria sia ripristinata!
Prova del tempo, troppo a lungo fu celata
dall’Alba offuscata dei Mondi e trascurata;
troppo a lungo i suoni dei suoi vaghi ricordi
furono soffocati, o spenti, o discordi;
e forse ancora troppo è stata imprigionata,
ma giunto è il momento che, riabilitata,
si liberi ed emerga dai tempi più remoti,
per rivelare appieno i misteri a voi ignoti!
Le Fate Aragnae:
«Svaniti nel profondo abisso dell’oblio,
dentro il vorace occulto e continuo frullio
sarebbero il principio di quest’antica storia,
i suoi protagonisti, i fatti, la sua gloria.»
*
La giovane Mnemòsine,
l’ultima Dea della Memoria:
«Coperto di silenzio, in fondo a uno scrigno
degli avi dei miei nonni e tradito da un ghigno,
il ricordo di Magia, dall’era dell’Amore, dall’era
della Luce, col vetusto splendore,
risalga avvolgente, si faccia risentire!
Memoria del passato… che salvi l’avvenire!»
L
asciate che vi porti lontano, ai primordi
di una peripezia in cui agli esordi
erano i nostri cari e in cui, sol per un patto,
noi fummo pronti a tutto, persino al misfatto.
7
C’era una volta… in un luogo lontano
un popolo di Genii sia magico che strano.
Quel mondo era sobrio, di regole severe,
di antichi rituali e di antiche bandiere.
Lì non mancava niente e niente abbondava;
con tutto ciò scontento qualcun si ritrovava
e forse in dovere di aggiornare i tempi
a ottiche moderne su dei concetti scempi.
Sovente i ribellanti, in marcia di protesta
contro antiquati schemi, facevano richiesta
di un qualche cambiamento, rivendicando arguto
il voto del presente su arcaico statuto.
*
I Genii insoddisfatti, molto determinati,
erano ingegnosi e pure ostinati.
Avrebbero condotto la lotta in eterno
contro, a loro detta, le pecche del governo,
poiché i malcontenti, giovani ambiziosi,
estremamente dotti erano altezzosi;
non vane discussioni, né falsi compromessi
avrebbero accettato, né fare i sottomessi
loro: gli eredi, tutti, o i figli o i nipoti
dei capi conformisti, ‘i veri patrioti’.
Ma quelle convinzioni miranti al progresso,
diffuse ampiamente, non ebbero successo.
*
8
D'altronde gli Anziani optavano di offrire
una convenienza invece di punire.
Quindi, per conservare la pace tra i suddìti
chiamarono alla corte i quattro eruditi,
i Genii Genèrator, appena laureati,
presuntuosi troppo e troppo spudorati.
V’erano solo quelli portati a trasgredire,
per questo invitati furono a partire:
«Prendete il necessario che serve a ciascuno,
e poi andate via!» Aggiunse il tribuno:
«Cercate di creare il vostro proprio mondo,
su altri orizzonti impegnatevi a fondo.»
*
Sentenza fu espressa, i Genii avvisati,
per gli Anziani erano i problemi superati.
Gli amici impartivano consigli numerosi
a loro, i Genèrator, quei Genii coraggiosi.
C’erano ideali tanti da conseguire,
avevano i permessi e potevano partire.
Con gioia, impazienza, con voglia d’avventure,
con grand’entusiasmo, senz’ombra di paure,
decisero in fretta di riempire i carri
di tutti i loro averi, di doni assai bizzarri
da parte di amici, parenti e vicini,
che pur soffrendo il fatto non fecero casini.
*
9
Era, senz’alcun dubbio, la giusta occasione
per dimostrare a tutti la loro di ragione.
N’avrebbero perduto un istante a ripensare,
la via era quella. Dovevano andare.
Kronos, il più versatile dei prodi pionieri,
padroneggiava il grande paiolo dei pensieri.
Giacché il più sensato e il più misurato
fu nominato leader e quindi ascoltato.
Sì fu organizzata nei minimi dettagli,
fra loro, dal più saggio, più bravo coi bagagli,
quella partenza brusca, terribile addio,
viaggio fuor dal mondo, inaspettato avvio.
*
E che dispose infine l’astuto giovanotto?
Lui, di salire a guida del carro più vecchiotto,
quello più corto, insomma, più piccolo, più stretto
dove l’amica Enerra ci mise il bauletto.
Avrebbero avuto conforto nel viaggio
poiché entrambi snelli, un utile vantaggio.
Sì certo, non poteva negare, d’altro canto:
Enerra era vispa, un vizio più che un vanto.
Così pensava prima ancora di vedere
il carro pieno zeppo. Un posto da sedere,
trovarlo: un’impresa piuttosto assassina;
non c’era un baule bensì una dozzina.
*
10
E quando nei suoi occhi si spense la sorpresa
scoppiò in una sana risata, benché tesa,
guardandosi lo zaino con solo il paiolo,
qualche aggeggio strambo e fiale al vetriolo,
regali dai suoi nonni. Pensò fra sé e il cielo:
“Non fossi così saggio parrei quasi un vitello.”
Riprese il suo zaino e andò a passo tosto,
nel carro di Hyumeia, a prendere un posto.
Il colpo che subì poi, placò il suo ardore,
il suo ottimismo e il suo buon umore,
quando davanti agli occhi gli si mostrò disteso
l’enorme carro come schiacciato sotto il peso.
*
Decine di valigie, bauli, scatolette,
Hyumeia in cima stava immersa tra borsette.
L’altro amico, Kosmos, sedeva rassegnato
sdraiato sulla strada, solo e sconfortato.
Teneva sotto mano un piccolo borsello
e Kronos si sentiva il sangue nel cervello.
Non solo un’offesa, ma una prepotenza,
recata a loro due con tanta incoscienza;
Enerra e Hyumeia si erano impossessate
di tutti e due i carri; “Che femmine viziate!
Ah, ah!” si disse dentro, “Ve la farò pagare!
Ma giuro, non dovrete, stavolta, aspettare!
*
11
Avete preso i carri, va bene, guidate!
Noi due prenderemo le creature alate.”
Pensando in questo modo, per pareggiare i conti,
chiamò da lui in fretta un Grifone dei Tramonti,
a cui fece l’inchino chiedendo con rispetto
che li accompagnasse nel loro viaggetto,
che conducesse Kosmos verso il nuovo mondo
mostrando a lor la via. Continuò giocondo
a impartire assetti fingendo d’ignorare
le due amichette già pronte a decollare.
Ormai era disposto nei minimi dettagli
'l percorso da seguire per evitare abbagli.
*
E allora per sé scelse persino di chiamare,
da casa dei suoi nonni intenti ad aiutare,
l’uccello delle albe, la splendida Fenice,
l’eterno messaggero, l’indubbia curatrice.
Si presentò con gioia quell’essere divino
disposto a spalleggiare il nipote paladino
dei suoi padroni eterni, gli unici gerenti
dei tempi tutti, attivi o spenti o latenti.
In una atmosfera di festa travagliata,
scambiando con i cari il saluto per l’andata,
partirono chiassosi verso l’ovunque incerto,
col carico dei sogni portato come serto.
*
12
Fu lungo il loro volo e lungo il cammino,
più lungo fu, ancora, il filo di Destino
che li portò in alto nei mondi mai vissuti
tessendo loro tele di imprevisti astuti.
Lasciavano indietro spazi e Universi,
qualcuno uniforme, gli altri molto tersi,
e stavano per fare l’ingresso più temuto
nel sito dalle Aragnae e dai Fati intessuto.
Oh, il passaggio mostruoso l’avrebbero schivato
se fosse stato un altro ‘l tragitto immediato.
E c’era una fifa aguzza nei lor cuori
ma quel non era il giusto momento pei malori.
*
Destino era il Sovrano e Sorte sua consorte,
nel loro mondo occulto i gestori della morte,
di quello che sarebbe dovuto accadere,
anche di tutto quello che il proprio volere
avrebbe disegnato su tela, quell’ordita,
per ordini precisi nel piano di una vita.
Il governar dei due, avevano sentito,
non era liberale eppure mai fallito.
I giovani, in rallento del loro avanzamento,
prudenti e preparati per un appuntamento
(del tipo quello ‘al buio’ con un Fato Casuale)
erano un po’ ansiosi, di un’ansia ancestrale.
*
13
Ma un Fato, precisino, appena loro entrati
nel suo ‘territorio’, li aveva rintracciati
e si era presentato, sbarrando lor la via
con una insensata sciarada in elegia:
▼
«Son tutto quel che vedi e quel che senti, sono.
‘l padrone assoluto, dovunque è il mio trono.
In polvere o in vento se ti vuoi trasformare,
a me chiedi il permesso per poterti spostare.
Il tuo fiato anche, non solo il tuo piede,
si trova nel mio regno. Decido se si siede,
se no, tu non esisti perché non hai un posto
dove manifestarti. A qualsiasi costo.
E ora se davvero vuoi strada seguitare,
trova il mio nome! Ti basta pronunciare
le due, tre parole o quattro: quell’impegno
in grado di provare il tuo di ingegno.»
▲
Kronos un po’ distratto, privo di opinioni,
guardava i compagni chiedendo soluzioni.
«So io la risposta! È della Casa mia!
Lo Spazio, tu sei!» disse Kosmos con allegria.
«E hai ragione!» aggiunse il Fato soddisfatto,
«È questa la risposta! Ottieni il riscatto
per te e i tuoi amici. Potete continuare
il percorso iniziato. Un dono ho da fare
*
14
a quel che ha saputo rispondere: un velo
che gli sarà utìle, ma altro non gli svelo.»
Più ottimisti ancora, la strada a proseguire
ripresero veloci sperando di sfuggire
alle Aragnae scaltre, progenie assai famose,
di Sorte e di Destino le figlie giudiziose.
Sciocca quella speranza, di poter ingannare
le tre Fate Aragnae e di attraversare
il lor vasto dominio senza esser scoperti.
Avrebbero dovuto agire più solerti,
ma non lo avevan fatto e l’esitazione
per dubbi o per la fifa che c’era a discrezione,
*
portò i loro passi alla dimora adorna
di Parkae, la più grande, di Moira e di Norna.
Le belle, seducenti, di aspetto grazioso,
tramavano un filo di vita, laborioso,
in un disegno ampio tra i fili colorati,
qualcuno molto forte, altri più delicati.
Alzarono lo sguardo ai quattro viaggiatori,
coi loro occhi freddi ampliavano i timori.
«Per voi stiam lavorando, sapete, giovanotti?
Guardate qui che tela… senza dei fili rotti,
né nodi, né un solo errore nel disegno.
Abbiamo intessuto l’ordito più d’ingegno.»
*
15
Parlò la Fata Parkae, mostrando lo splendore
di quel capolavoro: «Tutto nel vostro onore.
Sappiamo che i Fati, i nostri fratellastri
che avete già incontrato, i dodici pilastri
del nostro mondo della Sottile Visione,
vi hanno regalato il Velo di Stazione.
Ma quella prova loro, scommetto una Vita,
non era tanto dura se l’avete capita.
E quindi abbiam pensato, io e le mie sorelle,
di porvi un quesito in due stroferelle.
Se non saprete invece la nostra soluzione
restate a servirci per questa di cagione.
*
Fate ora attenzione, non voglio replicare
in van l’indovinello. Complesso è, mi pare.»
Così disse l’Aragna quando in suon d’ottave
di arpe, le sorelle cantavano. Soave.
▼
«Ti sto passando accanto, però tu non mi vedi.
Ti sfioro e ti spingo… tu non mi senti mai.
Mi conti il respiro, mi ami e mi odi;
le tue colpe, spesso, soltanto a me le dai.
Non sono il tuo servo, ma questo lo ignori;
nemmeno son un gioco d’incerte leggi. Nonché,
addirittura, a volte se curo i tuoi dolori,
lo faccio perché voglio… sicuro non per te.»
▲
16
La musica si spense, la quiete si infittiva,
ma una creatura di opera abusiva,
di mole un po’ bizzarra e sguardo appuntito
si stava agitando a rifare il quesito.
«Trovate la risposta e da qui potete andare,
volendo con la tela, che poi è un vero affare.»
Parkae era seccata da quello impiccione,
per gaffe e imbarazzi il vero campione.
Perciò, nella paura che avrebbe suggerito,
anche se sol per sbaglio, il responso travestito,
lo prese dal collare con un traino supremo:
«Ventura, ora zitto! Non fare più lo scemo!
*
Che numeri stai dando?! Son chiusi gli accordi.
Non devi aprire bocca, tu questo te lo scordi.»
Intanto, i giovanotti di teste infiammate
provavano a trovare risposte non scontate,
poiché la soluzione, pensavano, dannata,
era in bella vista ma bene camuffata.
E quando tanto afflitti tendevano a darsi
per vinti in quella prova, Kronos a ricordarsi
i consigli dei suoi nonni prese e all’istante
capì quello enigma. Lui disse trionfante:
«Il Tempo sei, ‘cipicchia, ma come che ho fatto
a non pensarci prima? Era troppo scontato.
*
17
Avete insinuato un quiz più complicato,
invece il responso veniva immediato.»
«Va bene, riconosco di aver un po’ mentito,
pensavo con l’astuzia provarvi l’intuìto.
Ottimo! Mi accorgo che siete preparati.
Prendetevi la tela per cui siam concordati.
Potete continuare il vostro itinerario
ma prima… ecco, tieni un piccolo cifrario.»
Parkae fece un segno a Norna che veloce
si avvicinò a Kronos. Con tenera di voce
gli sussurrò all’orecchio una frase ingarbugliata,
poi mise a lui in palmo una pietra intagliata.
*
Rimase inerme Kronos come ipnotizzato.
Quelle parole strambe lo avevano stregato.
Celavano di certo una qualche profezia
però non ne capiva il senso. Tuttavia
le scrisse nel suo memo, con tanto di fomento,
per ragionarci sopra in un altro momento.
E mentre ragionava quei suoi ragionamenti,
Hyumeia ed Enerra facevano commenti
su come era stupendo il disegno su quel telo,
o come intrecciare i fili in parallelo…
Di conseguenza Moira, che prese le cesoie,
si trovò un po’ come… messa nelle strettoie
*
18
dalle due ragazze grintose e risolute.
Ridurre gli orpelli?! Speranze sconosciute.
«Ci avete detto prima che avete tratteggiato
per noi, in nostro onore, il telo assai pregiato.
Perciò qui è lo schizzo delle nostre imprese,
i fili sono i nostri, ma questo è palese.
Che vuoi adesso fare con quella forbicina?
Tagliare quale filo? Son più di una dozzina.
Li abbiamo guadagnati, il telo ci appartiene.
Il telo, i colori e i fili che contiene.»
Così parlò Hyumeia mentre spingeva via
la Fata contrariata indietro in sartoria.
*
«Poi…» intervenne Enerra ancor più adirata:
«La tela è incompleta, dev’esser completata.
Per questo ci arrangiamo, è il nostro influire;
e spetta a noi, nel quadro, la scelta di guarnire.»
Le Aragnae, stranamente, stavano ascoltando
Enerra, silenziose, con un sorriso blando.
E quando la ragazza finì di protestare
si misero il telo e i fili a imballare.
«Ecco, ora è vostro, con grande leggerezza
vogliamo a voi donarlo e senza amarezza.
Giacché il nostro patto è stato sigillato
con la parola quale da legge funge al Fato.
*
19
Andate! Via, via! Meglio non indugiare.
In posti come questo, non c’è altro da fare.
Il mondo vi aspetta, trovate un vostro senso
e ovunque vi assettiate usate il compenso.»
I quattro temerari Genii ambiziosi
partirono di nuovo nel viaggio, fiduciosi.
E quando, infiacchiti, furono arrivati
al margine dei mondi da loro studiati,
lì dove mai un Genius aveva messo il piede,
neppure mai pensato di alzarsi una sede,
trovarono un deserto oscuro, smisurato.
Sembrava il posto giusto, il posto assai sognato.
*
“Non è che la stanchezza ci burla dritto in faccia?
Da dov’è ch’è spuntato 'sto luogo senza traccia?
È forse un miraggio!? Un dono di Ventura...?
E se non fosse altro che una fregatura?”
Rifletté il saggio Kronos invaso dai sospetti…
Provando a cacciar via i pensieri circospetti
si misero veloci in esplorazione,
un giro dopo l’altro, con quell’attenzione
di chi non crede affatto in tutto ciò che vede
e cerca un inganno sul quale farsi fede.
Ma lì non c’era altro che il nulla assoluto.
Di un vuoto così vuoto non si era mai saputo.
*
20
Nemmeno una luce, buio talmente pesto
da innescare il dubbio che fosse un contesto
incerto e impreciso, assai approssimato,
reale e concreto di aspetto figurato.
Enerra gettò dentro un paio d’energie.
Hyumeia aperse una scatola di lucìe
che svuotò a piacere in quel sito selvaggio,
dove furono loro portati dal viaggio.
E con le luci accese si erano spinti oltre
paure o titubanze, nel proseguire; inoltre,
arrendersi al palese dovettero accettare:
non c’era da temere, bensì da festeggiare.
*
21
I
ndubitabilmente le stelle collegate
al lor concepimento non furono sprecate;
scelte accuratamente a sconfiggere i timori
in circostanze buie eran astri tutori.
22
E fu così che Kosmos, il quale dal Grifone
scese con eleganza come l’anfitrione
di una casa grande, si assise al banchetto
di quella nuova vita: Fortuna col fiocchetto!
Estasiato troppo, oltre ogni misura,
si stese, comodone, su tutta la largura.
Perché decise, appunto, essa era l’alloggio
del suo benedetto riposo e l’appoggio
che offriva volentieri alla sua compagnia.
Ovunque sparpagliato sfruttava l’anomia.
Si tolse il borsello. Da dentro una tasca
fuoriusciva il velo che foggiò come vasca.
*
Lo fissò con dei punti, poi, lungo la frontiera
dove per amor proprio infisse la bandiera.
«Ho messo i confini, protetti dal Grifone,
e tocca a voi adesso la manutenzione
di tutto questo spazio che avete a piacere.
Lasciatemi dormire, ho fatto il mio dovere.»
«Eh, no! Caro amico, tu non vuoi riposare.»
gli urlò contro Hyumeia. «Vuoi solo oziare.
Sai, questo non è giusto!» aggiunse alterata
e gli lanciò in testa di colpo una borsata.
Poi prese una cassa, la rizzò furibonda
mirando un'altra volta quel cappellone a gronda.
*
23
«Sei approfittatore, uno scansafatiche!
È l’ora che ti alzi, non venderci vesciche!»
Prima che diventasse, l’attacco, più atroce
da dentro il cassone sentirono una voce.
Un pianto, un lamento, un gemito bizzarro.
Hyumeia atterrita abbandonò il carro.
Nei suoi bagagli c’era qualcosa d’angosciante
e lei non conosceva quel bàule parlante.
Di corsa scesa via, si mise al riparo
al petto vigoroso di Kosmos, il boiaro.
«Che diamine succede?» le chiese il giovanotto,
«Magari nella fretta hai preso un passerotto?»
*
«Che blateri tu, zitto! Non sono così sciocca!
Ho preso elementi e cristalli poi, di rocca.
Ma nulla c’è che parli, di quello che è mio.
La cassa urlatrice, l’afflitto lamentio…
non sono roba mia. Kronos dovrà indagare,
perché io dentro il carro non voglio ritornare...
finché questa faccenda non sarà ben chiarita.
Che cosa c’è lì dentro e come ci è finita?»
Sentendo il suo nome, il Genius dirigente,
si avvicinò a loro, con sguardo un po’ saccente.
Era appen tornato dal giro d’ispezione,
contento di fondare la sua nazione.
*
24
«Ehi! Voi due, piccioncini, vi siete accasati?
Beh, cominciamo bene, non carri assestati,
non tolti i bagagli, non sciolti i destrieri…
D’accordo, ho capito: scopriamo i misteri
nei quali è avvolto il baule clandestino.»
accondiscese il Genius e rise birichino.
Ma poco duraturo fu il suo godimento.
Rimosso il coperchio, un pianto violento
esplose in faccia a Kronos, rimasto sbalordito.
Una ragazza mora con volto arrossito
tremava e urlava chiedendo indulgenza
nell’essere punita per tale invadenza.
*
Lei mica intendeva recare alcun torto.
Voleva impedire il piano assai contorto
di un suo amico birbo, si era intrufolato
nell’altro carro e, quindi, lì anche lui portato.
«Ma che razza di storia è questa che racconti?
Chi sei e come osi prenderci per dei tonti?»
«Hyumeia, tieni calma, non serve aggredire!»
pregò con garbo, Kronos, l’intrusa di uscire.
«Quindi, ricominciamo. Tranquilla, non temere.
Chi sei, piccola Genia, lo spieghi per piacere?»
«Io... Alàk, Divino, son Genius della Norma.
La mia è l’antica casata Muta-forma.»
*
25
«Tu sei di quella casa dei miei parenti stretti!?»
Hyumeia ammansita le si accostò. «In effetti,
parenti d’altro ramo, il ramo dei Titani;
non siete dei Genèrator, ma Genii Artigiani.»
«È proprio come dici, Magnifica cugina,
siamo un po’ piccini, ma bravi in officina;
e ho portato anche tutti i miei profili;
saranno pochi forse ma utili utensili.»
«Un mondo senza forme e norme non perdura;
ma anche se hai ragione, c’è una procedura
nel trasferirsi, ed io non posso accettare
che tu rimanga senza l’assenso di emigrare.»
*
« Ma ho pensato a questo, Divino, e l’ho fatto.
Ho preso il visto, guardi, è tutto approvato.
Non serve niente altro che... il vostro permesso,
per me e per il mio amico compromesso.»
«Ah, sì! Dicevi prima, con te c’è qualcun altro.
Chi è? Dov’è finito quel tuo amico scaltro?»
Alàk alzò la mano puntando l’altro carro:
«Se non vado errata, lì sotto quel tabarro,
nel barile ancorato alla trave di codino.
Il mio amico è Kaos, di Enerra fratellino.»
«Kaos, mio fratello? Assurdo, non potrebbe!
Lui sa che non lo voglio. Sfidarmi oserebbe?»
*
26
Con ansia crescente Enerra brontolava
assai contrariata in errore confidava.
«Non credo, non esiste, su questo hai sbagliato!
Ma che sia chiaro a tutti, se fosse capitato
che quel birbante viscido, sguaiato impiccione
avesse ignorato la mia decisione,
non solo ammazzarlo, l’avrei disintegrato.
E questo argomento è chiuso, sigillato.
Non posso accettare che non mi ha dato ascolto,
di fatto è che non voglio il peso di uno stolto.
Quindi non insistete sarebbe insensato.
Quel mostro, mio fratello, è stato avvisato.»
*
«Però, Enerra, cara, puoi essere gentile
di controllare il carro e dentro il barile?
Non vorrei contestare le tue convinzioni,
ma...» insistette Kronos, «… né complicazioni.
Ci è stato affidato, forse un po’ forzato,
un compito audace che abbiamo accettato.
Gli inganni delle Aragnae li abbiamo raggirati.
Tu credi, ci conviene agire d’avventati?»
«Ora che ci ripenso, io non avevo messo
alcun barile; e quindi quel deficiente fesso
potrebbe aver eluso il vieto a lui imposto.
Intendo decifrare l’enigma a ogni costo.»
*
27
Agile, impetuosa, puntando la bacchetta
fece spaccare il fermo. La botte maledetta
saltando rotolava e, presto, ribaltando,
le si arrestò di fianco, frignando e protestando.
«Stranissimi rumori emette questa botte.
Saranno o quel furfante o le doghe corrotte,
se non addirittura uno strambo sortilegio,
intento disperato di farmi uno spregio.»
Celiando in questo modo, alzò il coperchio tondo
e poi guardò l’interno. Un essere sul fondo,
accovacciato stretto, piangeva intimorito.
Enerra si commosse: «Lo sciocco è convertito.»
*
Estrasse, tuttavia, con tosta sfacchinata,
tirando per l’orecchio, il fratello e stremata
aggiunse: «Grande scemo, ma non ti avevo detto
che tu non puoi venire? Che resti non ammetto.»
«Perdonami ti prego, sono mortificato!
Non so che mi abbia preso, non so che ho pensato,
ma umile ti chiedo di non mandarmi via,
ammiro troppo Kronos e amo la magia.
È assai elettrizzante apprendere e provare.
Che senso studiarla se non la puoi usare?
A casa, tu sai bene, non mi sarà concesso,
maldestro come sono. Qui non sarei oppresso.
*
28
Tu che mi hai insegnato di non abbandonare
i progetti ambiziosi; ed è quel che intendo fare.»
Sembrava innocente e schietto il giovanotto
ma non per sua sorella che gli arrestò il fiotto.
«E quindi, questo mondo che stiamo per creare
nemmeno hai pensato che puoi annientare!?
No, caro fratellino! Qui non puoi rimanere.
E credo che il ministro ha firmato con piacere
il tuo visto. Certo, contento l’hai lasciato,
ma non godrà a lungo, presto sarai tornato.
Tu sei la peggior cosa mai stata inventata,
calamità vivente, catastrofe innata.»
*
«Enerra, stella mia, io son sconcertato
da come hanno agito, ma pure ammirato.»
si interpose Kronos fra lei e quel monello.
«Lasciamoli restare, portiamoci il fardello.
Saranno incoscienti, saranno impreparati,
ma loro ci hanno scelti. Non siamo onorati
vuoi dire?! Una sfida, l’insolita vicenda
sarà per me. Stai certa che rimarrà leggenda.»
«Ah! Quindi hai deciso. Rispondi tu per loro,
però ti ho avvertito che Kaos, non tesoro,
tutt’altro temo sia: azzardo incombente,
disastro camminante, sciagura imminente.»
*
29
«Mi credi se ti dico di averlo già capito?
O che mi assumo anche il rischio implicìto?
Che acconsento ai due la loro permanenza,
e non per farti un torto, ma solo per decenza?
Non so se tu ricordi ma, penso all’età loro,
ero anch’io vispo, seppure barbassoro.
Avevo, che or rammento, scambiato per scherzare
il tempo dello studio con quello per giocare.»
«Sia come credi Kronos, saprai anche gestire
le circostanze ardue nel prossimo avvenire.
Adesso per piacere vogliamo sistemare
il posto e i bagagli di tutti ordinare?»
*
«Perfetto, posso dire, proposta tempestiva.
Ma lascia che spedisca come definitiva,
col messo, la Fenice, conferma di alloggio
per quei disgraziati e... pure di appoggio.»
Kronos prese un papiro dal plico di Hyumeia
e ignorò i ricorsi di Enerra, leguleia,
la quale continuava a tornare sui suoi passi
per dissuadere Kronos a non seguir le prassi:
«Aspetta d’inviare indietro la Fenice,
dobbiam verificare se è vero quel che dice
Kaos, mio fratello. Io non son convinta.»
ma Kronos le rispose: «Obiectio respinta.»
*
30
Ancora si scorgeva volare il messaggero
quando, ormai sicuro del suo sentiero,
Kaos più rilassato, provava a contenere
l’impeto di una gioia tenuta a tacere.
Però, poco esperto persino nel frenare,
cominciò come matto, saltando, a cantare:
di come la sua vita era la più stupenda,
oppure la Fortuna non solo una leggenda.
Elogiando Sorte, Destino e Ventura
non si accorse quando inciampò nella sicura
del carro di Enerra, che fu scaraventato
sull’altro carro, grande; l’ultimo rovesciato.
*
Senza aver badato a quel che era successo,
cantava alquanto forte di pace e di progresso.
Ma, mentre si esibiva in canti dilettato,
prendeva la contezza del carro fracassato.
E si fermò a scrutare con sguardi pivotanti
i bagagli sparpagliati e i bàuli volanti.
Molti erano aperti, dispersi gli elementi
e tante energie e forme e strumenti.
Enerra e Hyumeia, dapprima adirate,
tardarono ad agire. Parevano stregate.
Cose tanto pregiate, a loro assai vitali,
mischiate a diventare materie astrali.
*
31
«Mi spieghi come ha fatto ‘l gaglioffo diavoletto,
magia che ha usato, la formula, il trucchetto
per scompigliare i carri con tanta speditezza?
Che Genius è capace di assai scelleratezza?»
«Non ha uguale Kaos purtroppo, riconosco.
È unico in tutti i mondi che conosco.
Sarà mio fratello ma, a meno avrei fatto
di lui, del suo senso artistico astratto.»
«Eh, non esagerate, vi ha fatto un piacere!
Quella robaccia vostra… doveva accadere
che fosse sistemata. Ma siete avvantaggiate
che Kosmos sta dormendo, e quindi: assestate!»
*
Un venticello pigro si generò d’un tratto
poi prese a mulinare spirando mentecatto.
E tutto roteava, brillava, risuonava
caotico nel caos che si amplificava.
Sì deliziato Kronos stava a osservare
le forze e materie in moto circolare.
Seguì un forte boato, un altro, cinque ancora.
Il ritmo rallentava: nasceva Aurora.
Nel tuono di un tamburo che ovunque echeggiava,
rosea e leggera, lo spazio tinteggiava.
La luce tuttavia brillava con freddezza.
A stento esalava sfavillii di chiarezza.
*
32
Kronos più che stupito, rimase impedito,
perso nei suoi pensieri, solenne, irrigidito.
Discreto il suo senno riprese a farsi vivo
tra le riflessioni muovendosi furtivo.
«Io mi ricordo ancora l’astrusa lezione
di ‘Geniusgenerare, prassi da calderone’,
quando il docente aveva mischiato elementi,
forme ed energie con magiche correnti.
Ottenne, come omaggio per l’ospite Destino,
quel buffo animaletto di aspetto serpentino
che nominò Ventura e gli assegnò il ruolo
di sorvegliare accorto l’animo vitaiolo.
*
E una Titanessa si generò allora.
Fu nominata Sorte, ma anche revisora
di circostanze occulte, per farle adattare
ai piani di Destino; i falli ad aggiustare.
In quella lezione i complessi esperimenti
furono eseguiti dai Genii competenti.
Io non avev però compreso il meccanismo
di come funziona di fatto l’empirismo.
Perciò vi dico ora: ragazze mi dispiace,
ma non so cosa fare, mi trovo incapace.
Se questo incidente genera dei Titani,
per come animarli, lo sanno gli Anziani.»
*
33
« Oh, che piacere dirti: ma Kronos, tu ti sbagli!
Lo sanno solo loro?! Guarda nei miei bagagli!
C’è una energia che fa al caso nostro.»
Enerra esultava. Annotò con l’inchiostro
sotto altri ricordi, sul velo, ai suoi piedi:
«Gran Kronos sprovveduto!... Dai Genii per gli eredi.»
Fra tante cianfrusaglie si mise a rovistare.
Trovò una provetta e la svuotò nel mare;
quel mare di barbagli, di venti scintillanti,
di fuochi d’artificio e di corpi vaganti.
Manco si scomodava a guardare gli effetti
poiché lei conosceva fin troppo i precetti.
*
«E ora, mio caro, non resta che spruzzare
del tuo misto arcano, per poi accreditare
i Titani generati che noi riconosciamo,
mentre quegli ignoti li imbottigliamo.»
Enerra adorava spiegare il sapere,
spartire i ruoli infatti per lei era il dovere.
Quindi molto paziente, con garbo ed eleganza
a Kronos presentava la basilare usanza.
«Tra poco le correnti si rinvigoriranno,
in venti turbolenti strutture cambieranno
secondo la essenza dell’ente generato,
che è il nostro indizio. Niente di complicato.
*
34
Facciamo i controlli richiesti necessari
per identificare nature e i ruoli vari.
Hyumeia protocolla, Alàk conferma forma,
e tu consegni il tempo in base alla norma.»
In un arduo lavoro si immersero con gioia.
Kronos tenendo il ritmo scelse una scappatoia.
Per non contare il tempo di ogni fialetta
lo pareggiò in tutte con calma e senza fretta.
Allineò con cura all’incirca una ventina
e non ne aggiunse altre. Pigrizia sopraffina!
Enerra all'opposto notava e calcolava.
Di forze e di energie gli effetti confrontava.
*
Spedita nell’agire, ma anche scrupolosa
pare’ una millemani di spinta curiosa.
Kosmos stava dormendo ignaro del trastullo;
per lui era, il dormire, il sogno da fanciullo.
Hyumeia osservava, provava, analizzava,
essenza prevalente dei corpi constatava.
Cambiava gli elementi per niente amalgamati
in leghe di alcun tipo, con gli altri neo creati.
Alàk, la graziosa, faceva dei ritocchi
e Kaos fu mandato a raccogliere i ‘balocchi’,
quelli rimasti ancora in giro sparpagliati,
interi e fra di loro ancor non combinati.
*
35
Difatti lui avrebbe dovuto ordinare
i carri rovesciati e i bàuli sistemare.
Portare dallo spazio indietro il fugato
che fosse integrale, quindi non alterato.
Ed era così preso nell’onere accettato
da non far proprio caso al cielo colorato.
Et, voila! Aurora fu pronta finalmente.
Nata per un errore com’essere vivente,
le fu riconosciuto il diritto al primato
e assunta, incaricata del Lume del passato,
quando, contento, Kronos le aveva messo in pegno
del tempo da gestire. Un premio per sostegno.
*
36
M
agia prodigiosa, maestra procedura
avevano impiegato in quella congiuntura.
Erano riusciti persino ad animare
un Titano e ambivano con gli altri a... continuare.
37
In una sventagliata di botti rimbombanti,
da dentro il mulinello, tra i giri lampeggianti,
uscì Iperione, un nobile brillante.
Lui ricevé in cura la Luce sfavillante
e il tempo da contare con molta diligenza,
perché ne aveva poco per una imprudenza.
Poi arrivò avvolto in veli avviluppati,
dai tratti misteriosi, sfuggenti e sfumati
il più bizzar Titano, pesante e… leggero,
da tutti conosciuto, il Titano del Pensiero.
Kronos si chiese dentro: “Gli devo un inchino?
Io son un Genèrator, lui Ceo, l’Acciarino.
*
Non credo sia il caso.” concluse risoluto.
In seguito gli porse il tempo a lui dovuto.
Fu un’attesa lunga finché da quel turbìne,
in abito di seta con larghe crinoline,
con volto imporporato e sguardo languoroso
uscì la nota Febe di aspetto decoroso.
Si avvicinò discreta con passo circospetto
la soave Titanessa garante dell’Affetto,
delle Emozioni, anche dei Sentimenti
e ricevé il tempo per coinvolgimenti.
Con tamtam assordanti, in un’esplosione,
schizzò come sparato Zàund, il Chiacchierone.
*
38
Per lor non c’era verso di metterlo a tacere.
Nel chiasso che faceva, il cerimoniere
un po’ imbarazzato lo prese con fermezza
e dentro una cassa lo chiuse in sicurezza.
Ma prima di girare la chiave nella toppa,
la carica del Suono gli misero in groppa.
E Kronos gli infilò il tempo a lui spettato
lì dentro nella cassa, per quanto era scocciato.
Avrebbe preferito un Titano più tranquillo,
ma si propose quello fastidioso assillo.
Promise a se stesso di non accreditare
nessun altro Titano d’indoli poco chiare.
*
Leggiadra si univa a loro sorridente
a passi contenuti dall’abito aderente
ed elegante, ornato da veli drappeggiati,
la splendida Armonya dai tratti aggraziati.
Kronos le venne incontro da lei affascinato
porgendole un inchino e tempo smisurato,
poiché lui riteneva, l’onore era immenso,
presenza assai illustre non richiedeva assenso.
E quindi le propose di scegliersi i ruoli.
Lei grata accondiscese e prese i monopoli
del fragile Equilibrio, anche dell’Armonia,
dell’Ordine assoluto: quel della giusta via.
*
39
Intanto il vorticello girando implacato
cambiò la consistenza e ormai fluidificato
si apriva in una nebbia sotto plumbee nubi,
assiduo e scrosciante. Insoliti connubi
di alcuni elementi si eran evidenziati
plasmando una figura coi tratti raffinati.
Quell’apparizione assai particolare,
amorfa e tuttavia di forma singolare,
in testa col cappello di nuvole brinanti,
‘l corpetto sagomato, le gonne turbinanti,
dal viso modanato da linee incurvate,
pareva scivolare su onde congelate.
*
I Genii intrigati vollero consultarsi,
poiché nessun di loro in grado di vantarsi
di aver mai incontrato di tale stirpe un altro.
Inedita casata, eccentrica peraltro.
Siccome non erano in grado di approvare
un’entità ignota prima di analizzare
l’identità, l’essenza, il ruolo e la natura,
gli elementi strani poi della sua struttura,
dovettero sbrigarsi con frasi di magia
in una bottiglietta racchiuderla e… via!...
Ripresero i posti, un’altra estrazione
fu annunciata forte a colpi di cannone.
*
40
Dovevano accogliere un nuovo candidato
il qual si componeva sul lembo vorticato
da polveri abbrunite e granelli sabbiosi,
materie sconosciute in strati argillosi.
Si alzava a rallento. Greve il suo distacco
da quel girare fosco. Pareva assai fiacco.
I Genii eran stupiti, di nuovo a disagio,
per non capire affatto quell’essere randagio,
di stazza ingombrante e grezza, irredenta,
di sordida portata e camminata lenta.
Un’altra bottiglietta fu subito riempita,
ma il gorgo girellava, non era ancor finita.
*
Riaperto, il turbinio aumentava i giri
in ritmo di sirtaki nell’alternar di aspiri.
E quando il roteare sembrava eccitato,
da dentro la spirale un essere alato
di mole vaporosa, incerta, indefinita
sbucò fuori ballando in tenue salita.
Avvolto nelle chiome ondose, evanescenti
stava inseguendo addentro cadenze effervescenti.
Si avvicinò assente nei passi della danza
e tolse dalle mani di Kronos la sostanza
del tempo da curare e poi l’investitura
per Shu, il Titano noto dell’Aria fresca e pura.
*
41
Il vento vorticato si infiammò ancora.
Di foggia scatenante, d’essenza eversora,
presenza arroventata con gli occhi di rubino
in salti tentennanti un finto arlecchino.
Hèlios, il più ambiguo, quell’entità di Fuoco,
Titan dai mille volti, assai incline al gioco,
apparse oscillante tra fiamme e lapilli,
si prese il suo tempo e lo mise fra i gingilli.
Aveva tasche piene: bazzecole e carbone;
balzava crepitante facendo accensione.
Si spense in un baleno come se nulla fosse.
Non salutò nemmeno. Solite sue mosse.
*
Dei suoni cristallini si effusero ovunque.
‘na musica divina su note strane. Dunque,
il mulinello adagio ruotava diventando
sempre più trasparente, bocca moltiplicando
per tredici. Al centro un calice agiato
da dodici uguali coppette accerchiato,
svogliato il suo tratto ma ricco di splendore;
e quando fu compiuto il giro, il bagliore,
cosparso in ogni dove, andò a ritmi soavi
dei tredici turbini in tredici di chiavi.
Pian piano una forma che si intuiva appena
nella raffinatezza di quella cantilena,
*
42
coi gesti indolenti, vissuti ed eleganti
sfiorava il diamante dei bordi vorticanti.
Riflessi abbaglianti di luci colorate
correvano giocosi su tracce intrecciate.
I Genii sprofondati nell’inedito incanto
si misero a danzare scosti dal velo spanto.
Leggero il passo, lento e delicato l’atto;
si eran dimenticati persino il loro fatto.
Themi, la Titanessa di tutto ciò che è puro,
perfetto o che aspira a esserlo in futuro,
con sottigliezza scese sul velo ad afferrare
la fiala del suo tempo e il compito da fare.
*
Poi, senza una parola, si disgregò all’istante
in polvere di stelle, soffice e brillante.
Frattempo, nella pausa che seguì ai lor balli,
i Genii incantati, di tutti i ‘vassalli’
fecero l’inventario e pure degli artisti
che avevano accolto, che si eran fatti visti.
La quiete in un soffio s’infilò in ogni dove,
finché non fu oppressa dalle comparse nuove,
da uno scatenato e trepido tifone
di flash ininterrotti e qualche esplosione,
in stretta alternanza con pause serene
in oasi silenti di pace e di bene.
*
43
L’impeto del tornado, piuttosto incostante
faceva che l’impegno duro, certificante
dei Genii diventasse sempre più faticoso
ma all’ultimo momento il Genius borioso,
che era Kronos certo, cominciò a veder chiaro
in tutto il trambusto: quell’essere magliaro
di cui aveva letto nei libri dei suoi avi.
«Questa è la Titanessa degli oscurati scavi.»
mormorò pensieroso. «Ci siamo un po’ fregati,
poiché lei custodisce memoria a strati.
Senza un volto e senza un corpo da mostrare,
presente ma sfuggente, sempre a vagheggiare.
*
Se chiedi il suo appoggio, passi per la trafila
dei suoi contorti scherzi; in testa ti si infila
se provi a ignorarla, non hai alcuno scampo.
Ti acchiappa con fermezza, decisa, in un lampo.»
«S’è arrivata Mneme, Destino l’avrà chiesto.
Vorrà salvaguardare ricordi come questo?!...
L’abbiamo studiata nella ‘psicogenìa’,
non credo sia un male che usi la magia
nei modi inusuali, o che è assai severa.»
parlò con convinzione Enerra battagliera.
«Si dice che inganna se la vuoi ingannare.
È onesta…» lei aggiunse, «se ben la sai trattare.»
*
44
«Forse tu hai ragione a non essere inquieta,
però censire tutto per nulla mi allieta.
È forse imbrogliona solo coi truffatori,
gentile e generosa con i suoi curatori,
ma io son reticente a confermarle un ruolo.
Benché di Casa nostra, dovrò fare il pignolo.»
«Capisci, mio caro, hai niente da temere.
Mneme è importante ed è il mio dovere
riceverla, non posso negarle il diritto
di essere integrata. Sarebbe un delitto
poiché la conosciamo, l’abbiamo studiata…
Le assegnerai il tempo e qualifica firmata!»
*
Kronos in imbarazzo a vuoto deglutendo
si disse: «Non è tanto quello che io pretendo,
sol d’essere ascoltato, ma forse chiedo troppo?!
Tie’ le credenziali, malgrado sia… d’intoppo.»
Con Mneme usualmente il cerimoniale
chiudeva, ma il vento che diventò glaciale
più intenso mulinava ‘no strampalato abisso
scuro e un po’ ferrigno e anche un po’ eclisso.
Un attimo si apriva ampio, il baratro fosco,
per scomparire quasi, come un concetto losco,
in un ulteriore momento transitorio,
di cui né una traccia lasciava di notorio.
*
45
«Che cosa or succede? Pensav d’aver finito,
perché sta turbinando e ancora più ardito?
Quest’ vento mi angoscia, mi pare troppo cupo.
Guardate, si è fermato! E… sembra un dirupo.
No! Ricomincia, uffa! Di nuovo a roteare.
Io non riconosco l’ente da generare.»
«Enerra, resta calma! Agiti tutti quanti.»
la ammonì il Capo. « Che elementi erranti,
sono rimasti in giro, che forme, che strumenti
ancora incustoditi, chi sono gli assenti?»
La lista dei dispersi che fu esaminata
non rivelava alcuna mancanza registrata.
*
«A noi niente più manca, è tutto incassato»
Hyumeia assicurava. « Ma… forse… ho pensato…»
si intromesse Alàk, «… qualcuno s’è lì in centro,
uscirne non potrebbe se non gettiamo dentro
una qualunque forma dal mio bauletto.»
«Magari tu hai ragione! Sì, questo lo ammetto,»
rifletté serio Kronos «ma non una qualunque,
perché poi rifiutata la sarebbe comunque
se non fosse adatta. Non dico dell’offesa
recata al Titano per tutta quest’attesa.»
«Allora vado io, con forme una dozzina,
e scelga lui.» propose la Genia, genuina.
*
46
«Alàk, sei impazzita? Ma come puoi pensare
di scender nell’abisso? Da sola poi, ti pare?
Nemmeno a sentirlo, non voglio, che sia chiaro!
Non voglio e non ammetto, non son così ignaro
da non capire quali azzardi stai sfidando.
Persino a fare questa proposta stai sbagliando.»
«E tu esagerando, Kaos, non ti ci mette’,
ho già deciso e ora se Kronos mi permette,
io e le mie forme entriamo nel turbine
e sia quel che sia, l’attesa avrà un fine.»
«Che dirti, Piccolina, tu sei molto grintosa,
ci tieni.» ammise Kronos. «Vai pure, coraggiosa!»
*
Alàk prese uno zaino di forme svariate
e si lanciò decisa con mosse studiate
dentro la bocca oscura che l’assorbì veloce.
Rimasero incordati i Genii. A sottovoce
parlavano in attesa del nuovo generato
il quale non gradiva essere attuato.
Almeno era quello che dava a capire
poiché non intendeva affatto, lui, uscire.
I venti ancor più forti, l’abisso più abisso.
Pesante il silenzio del roteare visso.
Nulla era cambiato. Di Alàk e delle forme
non c’era una traccia, non si vedevan orme.
*
47
Kaos più impaziente, le mani strofinando
avanti e indietro spedito camminando,
non sopportò un altro istante i tormenti.
Lunga, ansiosa attesa! Così nelle correnti
senz’un permesso e senza essere preparato
si gettò privo anche d’un piano ragionato.
Piuttosto sbalordito il Genius conduttore
da quell’impulso folle e svelante dell’amore,
era commosso quasi. Kaos innamorato!
Ma chi l’avrebbe detto? Neppure mai pensato.
Per quanto commovente, la novità atterriva,
poiché il ragazzo era una bomba esplosiva.
*
E fu davvero quello che subito avvenne.
Il vortice impazzito sbuffava in transenne,
finch’esse sgretolate svanirono del tutto
in un rimbombo sordo, un suono secco, asciutto.
Ma il paradosso proprio dell’episodio intero
non fu la distruzione del cerchio foriero.
Fu un’esplosione invece, travagliata,
tanto misteriosa quanto inaspettata.
Sembrava che il turbine avesse finalmente
smesso di girellare, sparita la corrente.
Sol giù proprio in punta, o do’ sarebbe stata,
s’intravedeva una distorta sagomata
*
48
di un’ombra, la più nera nel nero abissale,
ed era in movimento scattante e brutale.
I Genii con prudenza s’avvicinaron, tesi
alla deforme massa, al groviglio di arnesi.
Nel mentre osservavan attenti il ginepraio
sentirono le urla di Alàk, forse nel guaio.
E allora fu che avevan capito il mistero
di quel ch’era accaduto. Come su un destriero
Kaos stava aggrappato a un esser tenebroso
e Alàk sopra i due, con volto litigioso,
menava Kaos e anche furente lo strigliava
per essersi immischiato. Perché ancor sbagliava.
*
Aveva imprigionato, secondo lei, lo scemo,
uno dei più speciali Titani, un Supremo,
uno degli Eremiti. Non era quello il modo
di accogliere il fratello di Mneme: agir di frodo.
«Scendete ora, via!» dispose il Principale.
«Fatemi colloquiare coll’ospite astrale.»
I due allontanati ribelli, brontolando,
lasciavan liberato da quell’assalt nefando,
l’assai disgraziato Titano Eremita
più scuro della notte, di dignità ferita.
Ma non sembrava affatto né triste né arrabbiato,
anzi mostrava quasi un sorriso mal celato.
*
49
Kronos fece un inchino «Vogliamo, se permette,
scusarci per il nostro ‘oprare con le strette’
ma soprattutto chiedo d’essere perdonato
di aver completamente di Voi dimenticato.
Come di Casa mia, lo zio solitario,
avrei dovuto certo capire lo scenario.»
«Non serve or’ scusarVi» rispose il Titano,
«Son stato trascurato, abituato al Vano.
Mi pare poi normale che Voi non ricordiate
di avere studiato le tecniche obliate,
materie, pensieri, o circostanze amare,
per Voi spesso concetti. Pratiche molto rare.»
*
«Adesso ho capito.» si avvicinò Enerra.
«Oblìo, il Gran Temuto, il Signore ch’afferra
e serba ogni cosa morente, in tutti i mondi,
mandata al riposo eterno nei Profondi.»
Oblìo le sorrise, ancora più astruso:
«Sì, io son custode di quel che è concluso.»
«Hònor ineffabile, aiuto insperato
ci avete elargito essendoVi mostrato.
Però non ho un tempo fisso e garantito
d’offrirVi, invece ecco… un tempo infinito.
Riguardo al Vostro ruolo: le pratiche avvezzate,
chiediamoVi cortese di essere accettate.»
*
50
Oblìo prese il ruolo e il tempo sconfinato,
con un saluto caldo s’era già congedato.
Preciso nell’istante in cui si eclissava,
da dietro si sentiva Kosmos che sbadigliava.
«Sei sveglio!?» disse Kronos. «Facciamo allora i patti:
chissà se indovini i cambiamenti fatti?!»
«I patti, i cambiamenti, ma di che stai parlando?»
rumoreggiava Kosmos mentre si stava alzando.
«È vero! Lor chi sono? Da dove son venuti?»
chiese indicando Alàk e Kaos «Sconosciuti
mi appaiono, ma forse sarò io rimbambito,
mi dite lor chi sono e… quanto ho dormito?»
*
51
P
er un momento Kronos fissò il suo amico
con uno sguardo cupo. «Ti credi l’ombelico
del nostro Nuovo Mondo o sol ti sei montato
la testa? Dai Hyumeia, ravviva lo svogliato.»
52
«Dormito! Ecco, guarda, nemmeno ti rispondo:
è tutto registrato sul velo sullo sfondo.
Se vuoi sapere quanto noi abbiam lavorato
mentre che ti sognavi nei sogni affaticato,
ti dico solo questo: leggi e prendi note
perché poi ti aspettiamo per pattuir le quote.»
«Hyumeia, ora basta, diventi odiosa!
Che sono questi modi, perché così scontrosa?
Avevo chiesto solo di essere aggiornato.
Tu vuoi che legga tutto il poema annotato?!
Sei sadica per caso?! Dai, fammi il resoconto,
ti prego stella mia, risparmiaci il confronto.»
*
«Sempre un ipocrita e sempre opportunista.
Ti prego!... Stella tua!?... Sei proprio un artista
nel lusingare eppure, non mi hai ancor convinta.
Fai pena fannullone, ti occorre una spinta.
Sennò… ora ti metti a studiare il quanto
i tuoi cari amici, con te russando accanto,
avevano potuto da soli lavorare.
Vediam se sei capace. Comprendi quest’affare!»
Hyumeia lasciò Kosmos un po' scombussolato.
Si era completamente scocciata e bastato
le era di tutte quelle dolcigne frase vuote,
dei falsi complimenti, per le promesse, cote.
*
53
Ma Kosmos era Kosmos, uno com nessun altro.
Rifiuti accettati?… Lui era troppo scaltro.
Amava quella sfida, di rabbonir con stile
la sua indomata Hyumeia, a volte ostile.
E quindi bisognava agire, più prudente.
Difendere la sua nomea d’indecente.
Perciò le corse dietro, spedito e umìle
e quando la raggiunse, coll’impeto febbrile
le si impuntò davanti, se la tirò al petto,
quanto lei fosse cara a lui, sussurrò schietto.
E, caparbio guardava, gl’occhi negl’occhi saldi,
la solita incredula, fra i lunghi baci caldi.
*
Lei come una candela accesa per l’impatto,
si ammorbidiva piano, sciogliendosi al tatto,
ma dentro si aspettava a qualche impostura
per come conosceva di Kosmos la natura.
E lui ne abusava, di certo abituato,
chiedendo un’altra volta ‘l racconto accorciato.
«Senti, tu non hai cura, però ti voglio bene,
mi arrendo, a questo punto. Andiamo! Ci conviene.
Poi ti racconto quanto siam stati fortunati,
intanto tu incontra i Titani accreditati.»
Raggiunsero gli altri nel loro prim raduno
do’ stavano allestendo un posto per ciascuno.
*
54
Gli undici Titani che furono invocati
a tavola rotonda, si erano accomodati
fra i Genii Genérator e accanto agli Artigiani,
ma n’erano avanzati dei posti. Forse inani
tutti gli altri inviti, perciò, gli associati
proposero che ai due, in letargo conservati,
fossero riservate le sedie concernenti;
vacanti solo quelle per gli Onorati assenti
rimasero. I presenti aspettavano inquieti
l’arrivo dei Ministri Anziani e dei Profeti,
perché a loro Kronos preghiere animate
fece. Sperava che esse venissero ascoltate.
*
Cosicché quando al fine di un attesa… tesa,
sì, materializzati, entraron di sorpresa
Nulla insieme a Tutto, e Sorte a Destino.
I Genii e i Titani fecero a lor l’inchino.
Ma come un’utopia pareva un altro ingresso:
Primario fra i maghi, Telfus, il Tempo stesso.
Seguirono i saluti e i ringraziamenti,
le presentazioni, vari rallegramenti.
Pian piano l’atmosfera più sciolta diventava
e Kronos, ufficioso, infine presidiava;
in modo ufficiale annunciò l’apertura
del primo degli incontri di quella avventura.
*
55
All’ordine del giorno, che stava presentando
solenne e tuttavia un po’ giocherellando
in mano con la pietra che Norna a lui diede,
Kronos aveva immesso il creare di una sede
centrale e, del nome del suo Universo,
decidere il da farsi. Ma anche se diverso
o anticonformista, pensava a un progetto
alquanto originale, senz’orma di un difetto.
E mentre che parlava spiegando e rispiegando,
lo sguardo di sfuggita, per caso scivolando,
cadde su quella pietra, girata e rigirata,
proprio sulla parola lì scritta, intagliata.
*
‘OLIMPUS’ lui leggeva. Rilesse e rilesse.
«OLIMPO! Ecco il nome!» con gioia si espresse.
Gli amici e i Titani accolsero frizzanti
tale interessante pensiero. «E… vada avanti!»
gli chiese il grande Telfus, «Ci serve un po’ capire
come v’organizzate, come volete agire;
sapere se decisa è la tipologia
di quello che creato, diventerà etnia.»
«Certo.» rispose Kronos. «Aggiungere potrei,
‘l creato a cui pensiamo è un popolo di Dei.
Vogliamo costruire una città grandiosa,
per farvi un’idea… la mappa scrupolosa…»
*
56
Preciso ed elegante, dai gesti risoluti,
fece concretizzare i suoi prospetti arguti.
Con la tecno-magia: lo schermo dei migranti
che, opportunamente, diviso fra gli astanti
fu acceso e il quale in ogni parte utente
mostrava per intero l’immagine corrente.
La mappa sullo schermo fu stesa e fissata;
nei minimi dettagli essendo analizzata,
fin quando gli ologrammi non furono spiegati
minuziosamente e in seguito approvati.
Ognuno dei Titani si espresse l’opinione
riguardo il proprio apporto in quella missione.
*
Poi Kronos in un solo sfoggiare di bacchetta
sul tavolo, in centro, portò una cassetta
e disse: «Tutti i nostri valori e i principi
si trovano qui dentro, non servono gli stipi;
potrebbe risultare poco, non abbastanza,
sicuro sono invece che basta e avanza.
Da ora in avanti, per sempre, nel creare,
questi riferimenti, tenuti a operare,
staremo a inseguire con coscienziosa cura.
Decreto: vietato l’improvvisar premura
per i valori, i quali saranno rispettati,
com obbligo. I principi ovunque applicati.»
*
57
Nel pubblico un brusio si alzò all’istante.
Il veto decretato, ch’era un po’ pesante,
come decisione pareva tuttavia
gradito e accettato in ton di sintonia.
«Dispongo in quest’istanza di punta l’avviare
d’equi provvedimenti e misure tutelare.
Le leggi dell’Olimpo di poco permissive
saranno il nostro punto di forza, quando attive.»
Fu quella, quella volta in cui, stra-animata,
la sala del consiglio divenne e la durata
delle emanazioni adagio si accorciava.
Kronos da parte stando a regnar fantasticava.
*
Ma presto le mozioni furono presentate,
discusse e approvate di forma un po’ cambiate.
E quando finalmente le lunghe trattative,
sui pro e su i contra, d’altronde esaustive,
furono definite, il Genius, confermato
come il prim Sovrano del mondo appena nato,
annunciò col diletto della soddisfazione
chiusura del consiglio e l’invito a un boccone.
Lo schermo all’istante fu riunificato
e tolto con prontezza dal tavolo assestato,
che sontuoso come fosse per un convito
da pedante magia fu presto imbandito.
*
58
In quella atmosfera i Genii e i Titani
brindando alla Fenice tornata dai lontani
mondi con la notifica delle accettazioni,
e al Grifone, Grìffon, guardiano dei bastioni,
davan così inizio al lor banchetto astrale,
con la magnificenza di un rito singolare.
Hyumeia ed Enerra sotto un impulso estroso
ornarono il cielo, che diventava brioso
cosparso di stelline e addobbi reinventati
splendenti, in moto lento e pure colorati.
I due Artigiani stavano ancor seduti;
l’incanto del momento rendeva loro muti.
*
Nulla era felice che tutto fosse chiaro,
e Tutto appagato che… di nulla fosse ignaro.
Telfus faceva doni a destra e a sinistra:
«… ‘n aggeggio che il tempo perduto lo registra…»
spiegava esaltato, come se fosse un bimbo
avvolto nel mantello di un grigio oscuro nimbo.
Sorte, di buon umore e anche generosa
spartiva i suoi favori mettendosi in posa.
L’unico ancora preso in diatribe ardenti
con Kronos e gli altri Genèrator sapienti
era l’Anziano Mago Destino, affascinato,
che annunciò concludendo: «Dichiaro: DESTINATO»
*
59
Che Olimpo un destino avesse, come omaggio,
era un insperato e unico vantaggio.
«Ormai non ci son dubbi.» pensò Kronos. «È noto:
chi prende un destino, non vive mai a vuoto.»
Più tardi estenuati da chiacchiere e danza
i cinque Onorati, attenti alla creanza,
s’accorsero: arrivata era l’ora di andare
ognuno a casa sua, la festa abbandonare.
Inchini e saluti, abbracci e auguri
furono alternati a rombi di tamburi.
E poi lasciati soli i vispi promotori
di quell’originale impresa d’amatori.
*
Ma i Genii e i Titani sapendo di sapere,
d’essere preparati per l’ostico dovere,
non fecero alcun caso alle allusioni
sottili sull’esito di sperimentazioni,
le varie, che loro avrebbero dovuto
fare com necessarie per rendere, il compiuto,
provato e attestato d’essere funzionale,
seguendo procedure trattate nel manuale.
E forse gli Onorati avevano serbato
dei dubbi sul progetto appena approvato,
sbagliando a pensare ch’era sol un capriccio
pei Genii generare sì creando un pasticcio.
*
60
Perché era invece più seria la vicenda,
non solo uno sfizio, ‘na nota nell’agenda!
Era un ideale, un sogno concretato,
per cui si eran battuti e tanto lavorato
e avevano deciso con pratiche virtuali
di scrivere una storia nuova negli annali.
Quindi, i propri posti ripresero in fretta
al tavolo rotondo; ciascuno in perfetta
intesa con gli altri riguardo all’urgenza
di evidenziare, con estrema diligenza,
intero il percorso di tutto lo staff e anche
di quell’individuale, ‘usando lunghe zanche’.
*
Avevan stabilito d’ampliare quella sala
per varie cerimonie, per gli incontri di gala,
e costruire intorno quartieri su quartieri,
oasi e piazzali, giardini e sentieri,
e boschi e arene e teatri e palazzi
e templi torreggianti e fari con i razzi,
e ancora quartieri e porti d’atterraggio,
poste per le Fenici e un libero passaggio
per qualche emergenza, per qualche operazione
Divina o Astrale oppure del Grifone.
Furono messe a punto diverse strategie
per fare tutto presto, senza troppe magie,
*
61
soltanto col pensiero, coll’immaginazione
che proiettata dopo, la rappresentazione
come un ologramma in cinque dimensioni,
era concretizzata da varie conversioni.
Intorno, una sfera di energia astrale
di pura e difensora materia spettrale,
che grevi sortilegi e forze conteneva,
la sede ideata appena racchiudeva.
Era spettacolare il centro di commando;
splendente come un sole che brucia a fuoco blando.
Mancavano i decori e forse altre sedi
per giochi, per la scuola, per l’arte o i rimedi.
*
Di conseguenza Themi, Kosmos e Armonya,
vi usarono i principi della astrometria
e quindi applicarono le leggi imparate
spostando sì i carri da zone frequentate.
Hyumeia ed Enerra si aggiunsero a loro
per collocare altri oggetti nel decoro.
Avevano plasmato palline e creature
di tutti i colori e tutte le misure.
Nel mentre gli altri e Kronos fecero un disegno
di una grande scuola; e tutti coll’impegno
si misero a trasporlo dentro un ologramma
che poi fu inserito d’urgenza nel programma.
*
62
Davvero colossale fu il loro operato;
e non mancava altro di tutto il creato
previsto, solo razze di esseri divini,
nemmeno troppo grandi e né tanto piccini;
ingegni come i Genii, forti come i Titani,
astuti, retti e belli, empatici e sani.
Per farli, tuttavia, seguendo prassi note
non c’era d’aspettarsi a estrazioni ignote.
Sapevano che cosa avrebbero ottenuto
sperimentando ancora col solito statuto.
Perciò seppur incerto l’esito eventuale,
dovevano trovare un metodo inusuale.
*
Intanto era chiarito, gli avrebbero chiamati
gli Dei. In linee grandi, piuttosto ben tracciati,
ciascuno dei Titani fu allora invitato
ad abbozzare il proprio essere ideato;
perciò, per correttezza e per non sollevare
alcuna frustrazione e polemiche evitare
s'eran d’accordo messi a mischiare gli attributi
ciascuno con ciascuno, nei modi convenuti.
Quindi ogni Titano avrebbe ritoccato
gli schizzi degli altri e avrebbe accennato,
in nota sul disegno, i suoi suggerimenti
sui doni recessivi e quelli prevalenti.
*
63
Poi i Genii, ripensando all’organizzazione,
trovarono opportuno che la lor posizione
non fosse distaccata in quella fase nuova,
anzi, e di conseguenza cercavano una prova
per dimostrare loro a loro il vantaggio
di un utile ingerenza nell’ultimo passaggio.
Sì, presero gli schizzi che furon condivisi;
tutti toccaron tutti gli abbozzi imprecisi
finché ognuno d’essi non diventò corretto,
disegno accurato preciso e perfetto,
dai quattro Genèrator e dai due Artigiani,
agli Specializzati, gli undici Titani.
*
Centoquarantaquattro disegni in totale,
centoquarantaquattro, gli Dei; e proverbiale
sarebbe diventata 'na tale produzione,
per loro un onore. Però la gestione
di tante creature che forse ricreato
avrebbero ancora, al lor tempo arrivato,
non era uno spasso, nemmeno a pensare,
ma obblighi e impegni. Non c’era da scherzare.
Kronos era indubbio e tutti un po’ sconvolti,
guardavano distratti i disegni mal raccolti,
per scegliere tra tutti a quale rinunciare
sarebbe stata una… tortura, uno sbagliare.
*
64
Analizzava Kronos la triste situazione,
chiedendo dei consigli o qualche soluzione.
Nessuno era disposto a fare sacrifici
e allora il Sovrano per non scorar gli amici,
propose, reticente a quello stesso dato
che poi già si pentiva di averlo accettato,
di inserire dentro nell’oloproiettore,
i fogli dei disegni con firma d’autore,
le altre controfirme, le note allegate
e materializzare gli Dei nelle sfilate.
Ognuno dei Titani doveva aspettare,
il turno d’ogni Dio per farlo registrare.
*
Così che i Genèrator apposta ritirati
per un riposo breve, si eran addormentati.
Si dissero fra loro che per la lunga attesa
sarebbe stata adatta misura di difesa.
Invece i Titani, gioiosi ed esaltati,
‘sfornavano’ di lena Dei neo-progettati.
E quando l’olografo o l’oloproiettore
si era arrestato per guasto al motore,
gli Dei erano quasi del tutto concretati;
forse qualche ritocco serviva e chiamati
furono allora i Genii, per dare il benvenuto
ai nuovi arrivati e legger lo Statuto.
*
65
Kronos farfugliava assai poco contento
di avere approvato una sala che a stento
riusciva a contenere, coi margini compresi,
i cento e sessanta soggetti lì sorpresi.
Non chiese più agli altri di far modificare,
ampliando l’anfiteatro, per oltre rimandare.
Creò lui un pensiero a vol determinato:
“Voglio che l’edificio diventi smisurato!”
Poi molto soddisfatto del suo intervento
si mise a controllare su ogni documento
la foto e il nome, un segno peculiare
chiamando ogni Dea e Dio all’altare.
*
66
U
dienze singolari, accordi e promesse,
il governante a tutti faceva le premesse;
ed era affatturato dai solenni discorsi,
con cui si impegnavan gli Dei nei concorsi.
67
Centoquarantaquattro nomi da registrare,
Centoquarantaquattro facce da ricordare,
Centoquarantaquattro tempi da definire,
Centoquarantaquattro impieghi da impartire.
E avevano concluso il titanico dovere
i Genii, alla fine con tanto di piacere.
Kronos però, indugiava oziando sul suo trono.
Pensando alla casata di cui era il patrono
si accorse: “Non so proprio come si son divisi
gli Dei, su che criteri? Precisi o imprecisi?”
Perciò si alzò di nuovo e chiese: «Le casate?
Nessun le ha indicate negli atti. Son create?»
*
Un borbottio acuto si alzò, pare’ uno sciame,
dai gruppi in mescolanza come il brulicame,
sopra le teste chine parecchio agitate.
«Nessuno ha pensato finora alle casate?»
Kronos, da parte sua, un po' se l’aspettava.
«Nessuno, ci dispiace.» Rispose Alàk, grava.
«Ma presto analizziamo di nuovo le creature,
e poi le collochiamo secondo le nature,
scegliamo d’ogni casa il Dio principale,
ed eterniamo tutto, iscritto nel verbale.»
«Ottimo!» disse Kronos. « Però i rappresentanti
saranno istruiti per esser comandanti.»
*
68
La legge è la legge, nessuno a trattare
si mette se il Sovrano dà l’ordine di fare.
Anche la malavoglia trasmuta in bravura
quando lo chiede Kronos, di sana arrabbiatura.
Gli Dei allineati in dodici, di righe,
per dodici colonne orientate a spighe
furono esaminati meticolosamente.
I capi, segnalati e in altro ambiente
mandati in attesa, dovettero imparare
dalla costituzione le leggi d’applicare,
le norme, lo statuto, e tutta la morale,
perché, come e quando, in quale, di casale.
*
Kronos fece un giro fra tutti i candidati
pei ruoli: Comandante o Vice, presentati,
e si fermo davanti a un Dio più glaciale
che aveva osservato per tutto il rituale.
Condotta e prontezza, i modi di agire
piacquero troppo al Genius. “Penso, dovrei sancire
l’attribuzione a questo abile Dio biondo,
distinto e gagliardo dagli occhi blu profondo.”
«Tu, come ho sentito, sei Zeus, se non sbaglio,
sei stato, devo dirlo, bravo a questo vaglio
perciò ora ti nomino di tutti i Capi, il Capo.
Prim Dio dell’Olimpo, il tuo segno: il lampo.»
*
69
«Ringrazio, mio Divino, per questo grande onore.
M’impegno di servirVi: sia in mente che in cuore,
in mo’ che la mia razza rimanga evoluta.
Sarò la Vostra scelta mai stata ravveduta.
Poiché la casa a quale son stato designato
è la casata prima, del tempo continuato,
farò del mio meglio a non recare danno,
provvederò io stesso ai tempi che verranno.»
Kronos sorrise fiero, aveva certamente
gradito le parole, il discorso suadente
del suo favorito. Gli aveva inculcato
quella convinzione del tutto ormai scontato.
*
“Anche se…” pensò Kronos, “mi pare un po’ superbo,
magari sto errando, dovrei tenere in serbo
sto dubbio che mi sorge, chissà se fosse stato
migliore l’altra scelta… dell’altro… il Dio astato;
ora che ci ripenso, nella magia oscura
è stato il campione… Canaglia di Ventura,
quel mascalzone indegno, ‘l serpétto delle Fate,
sol lui ne userebbe le tecniche dannate:
confondere e gestire. Mi ha fatto premiare
un Dio presuntuoso e non considerare
quest’altro, che a dire il vero più m’aggrada.
La storia mi intriga com fosse una sciarada.
*
70
Ciò nonostante, se il serpétto maledetto,
s’è intromesso deve avere un progetto;
nel mio di Olimpo nemmeno invitato
è stato, di entrare. I-o son di-sgu-sta-to.
Pretenderò a Destino indagini scrupolose
le mosse di Ventura sono pe-ri-co-lo-se.
Però a questo punto vorrei intervenire,
su dell’Olimpo sorte starò a influire.”
Così il neo Sovrano chiamò davanti al trono,
un altro giovanotto vestito di kimono
scurissimo, i capelli corvini e assai folti,
un’asta fra le mani, gli occhi neri e colti.
*
C’era in lui qualcosa di tanto affascinante,
il viso, il portamento, lo sguardo penetrante.
Fece l’inchino al suo Supremo e quieto
restò in piedi, alto, spettrale e discreto.
Kronos, che aveva chiesto del Dio la cartella
era profondamente assorto dalla stella,
la quale accompagnava il nome e il lignaggio.
Onnàrit era il Dio, d’Oblìo primo paggio.
“Un paggio… “ pensò Kronos, “…quindi un favorito.
Dovevo prevederlo, il ragazzo è riuscito.”
«Quindi, ora vediamo; a me tu sei piaciuto.
Sarai d’Olimpo il Vice. N’accetto un rifiuto.
*
71
Un’asta tieni in mano e ben la sai usare,
con occulte movenze ci hai fatto incantare.
Di conseguenza il segno che io ti assegno
è l’asta scettro della magia, il tuo ‘regno’.»
Il giovane Onnàrit, un Dio molto strano,
scrutò negli occhi Kronos che aspettava invano
di esser ringraziato, un piccolo segnale
di un qualche gradimento, vocale o gestuale.
Ma il Dio né un sorriso, nemmeno ‘na parola.
‘no sguardo, un inchino e, ‘l ritiro nella folla.
Kronos rimase male, un po’ scombussolato,
“Io l’ho fat’ un Vice, non uno sventurato.
*
Possibile che la mia prodiga attenzione
sia presa come insulto o peggio, derisione?
Boh, stiamo a vedere, è troppo prematuro
rispondere a questo quesito assai oscuro.”
Kronos scacciò i pensieri e le preoccupazioni
tornando al dovere delle assegnazioni
dei titoli di Capo casa, del sostituto,
ne dichiarò aperto il rito convenuto.
A sua manca Onnàrit e Zeus alla destra,
uno leggeva i nomi con grazia maestra
e l’altro impartiva le nomine conferite,
nomine che parevan d’essere assai gradite.
*
72
E Kronos giubilava sul suo trono insigne,
seguendo, deliziato dalle scorse benigne
dei suoi amici Genii, il susseguir di voti,
di nomi e di promesse di quegli Dei devoti.
A poco a poco il suo pensiero volò via
verso il periodo in cui studiava la magia,
quando lui stesso ottenne il più bramato dono,
ch’era il conferimento di un casat patrono.
Il primo, era quello dei Tempi, tutti quanti:
passati e futuri, presenti e continuanti;
dei Tempi interrotti, di quei recuperati,
dei Tempi persi e anche dei Tempi obliati.
*
Secondo: il casato di Kosmos, suo amico,
dell’infinito Spazio, un casato assai antico;
e lì c’erano anche i Fati incidentali,
le più strane strutture, le proiezioni astrali,
e tutte le chimere, i sogni, i desideri
dispersi e perduti com tutti gli averi.
Il terzo: un casato grave per eccellenza
volubile e ambiguo, di vana quintessenza;
materie, elementi di ogni qual natura,
erano da Hyumeia gestite con bravura;
a lei dava una mano Alàk dal senno grato,
perché era il loro, appunto, quel casato;
*
73
Il quarto era uno piuttosto singolare.
D’Enerra e il dominio di Kaos. Vigilare
su tutte le energie, magie e pensieri,
‘l casato del sottile oscuro e dei misteri.
E lì le energie per quanto variate
stavano indipendenti ma anche mescolate.
Il quinto: un casato un po’ raccapricciante,
di Tutto e di Nulla, di Oblìo, il garante.
Chiunque fosse stato una volta registrato,
prima o poi sarebbe andato nel casato,
quell’ultimo, col Tutto in ritiro di addio,
poi metamorfosato al Nulla dell’Oblìo.
*
Era ormai finito il solenne protocollo
e Kronos sui pensieri riprese il controllo;
guardava intenerito la fila degli scelti,
tra Zeus e Onnàrit tutti sembravan svelti.
Mnemòsyne, la Dea di tutte le memorie,
proposta come Vice del Tempo; tante storie
furono fatte quando era stata chiamata,
perché aspettava anche d’essere confermata
come la capa della casa dell’Energia,
e non pareva equo, piuttosto… una follia?!
Così che questa Dea dalle due mansioni,
diventò più vanesia di tutti i pavoni.
*
74
Thot del casato quarto, Dio della Sapienza.
Phebe, delle Emozioni, Chò della Attinenza.
“Ma“ rifletteva Kronos “qualcosa non mi quadra,
qui sono tre di Vice e uno Caposquadra,
comunque se si sono in questo mo’ accordati
io non intervengo, aspetto i risultati.”
Hushu, il casato della… Materializzazione,
il terzo, anche d’Era la Dea dell’Unione;
poi Tìnifty e Cosmos del secondo casato:
la Dea dei viaggi, e il Dio dissennato.
Seth, del casato quinto, d’Onnàrit sostituto,
delle metamorfosi era il Dio temuto.
*
Uno ad uno, loro, a Kronos molto grati,
fecero il deferente inchino e andati
se n’erano ormai tutti, verso le proprie sedi
disposti a valutare i progetti e i rimedi
per qualche fallimento del tutto accidentale,
inaspettato o forse soltanto eventuale.
Però difficilmente Zeus si concentrava
a quei problemi seri. Il pensiero ritornava
nell’anfiteatro dove aveva conosciuto
Mnemòsyne, la Dea più astuta in assoluto;
bella, intelligente, spontanea, spiritosa,
esuberante e, forse, purtroppo presuntuosa.
*
75
Ma quell’era un difetto alquanto marginale,
di qualità ne aveva invece un quintale.
Perciò Zeus si disse: “Devo agire in fretta
sennò posso trovarla con altro a far coppietta.”
Lui liberò la casa per tutta quell’urgenza.
Fece chiamar la Dea ambita in udienza;
e quando finalmente gli si mostrò, sfrontata,
lui si sentì d’avere la gola assai seccata,
le gambe com spezzate, pesante e minuto,
gli occhi irritati, il cervello un po’ svenuto;
le guance arrossite, la mano trepidante,
il suo sangue in fiamme andò in quell’istante.
*
“Credo sia necessario usare la mia forza
di volontà affinché non sembri una scamorza.”
pensò imbarazzato Zeus, “Che devo fare?”
«Mnemòsyne, che gioia! Cara, fatti abbracciare.
Ti ho convocata ora, per chiederti un favore:
non è che sei disposta a darmi il tuo cuore?!
Cioè, volevo dire… non questo intendevo,
aspetta, tu mi piaci, è questo che dicevo.»
«Ah, Zeus, sei il Capo dei Capi, di noi tutti,
ma stai usando quelle mosse da farabutti,
e io ti rammento che non gli è permesso
l’abuso di potere nemmeno a Zeus stesso.
*
76
Se proprio t’interessa però, devi sapere,
io non ho più ‘n cuore, l’ho dato con piacere
al tuo Vice, Onnàrit; è stato più maliardo;
ti dico, mi rincresce, ma arrivi in ritardo.»
Mnemòsyne lo aveva da molto salutato;
lui si sentiva triste e parecchio umiliato,
e anche un po’ deluso e anche infelice,
era confuso tanto da quell’incantatrice.
“Non posso accettare questa condizione.
Non posso e non voglio. È una situazione
che io non gradisco e dovrò ribaltare
a mio di favore. Lui se ne deve andare.”
*
Così dicendo Zeus incominciò a pensare
a una strategia sol per allontanare,
dal suo di Olimpo, Onnàrit, il rivale,
mandarlo il più lontano, in via ufficiale.
Ed ecco, quando il Dio, Thot, quello di cultura
venne da lui con una richiesta di apertura
di una scuola vera per la futura prole,
il suo entusiasmo faceva capriole.
Acconsentì ancora prima di aver finito
di ascoltar l’intero progetto esibito,
ma vincolò l’accordo a una prudenziale
misura, impegnando il suo potenziale.
*
77
Difatti intendeva lui, di certo, a impegnare
risorse come… Onnàrit. Fu facile creare
quindi l’illusione della filantropia,
quando informò il ‘nemico’ che aveva la regia
di quel progetto urgente di peso universale
che avrebbe poi diretto in veste ufficiale.
E il Caso fece a Zeus un altro favorino;
la scuola di magia del lor mondo divino,
fu situata, occhio, lì proprio al confine
del nuovo Universo con quel delle Fatine,
dei Fati e di Destino; vicino alla frontiera
Onnàrit fu mandato a farsi una carriera.
*
La scuola fu fondata e inaugurata
come Gòndury, scuola dell’arte occultata
della magia, della prassi tradizionale
della psicogenìa moderna, anche rituale.
Onnàrit s’impegnava con buoni risultati
ch’erano poi da Zeus sempre analizzati,
dopodiché lui, Zeus, mandava i complimenti
al ‘benvoluto’ Vice e i suggerimenti
su cose da cambiare, o varie altre cose
che avrebbero tenuto occupato con noiose
attività a lungo Onnàrit, e il regnante
sarebbe riuscito a piegare la sfidante.
*
78
Successe una volta, che perse la pazienza
Zeus, e approfittando, d’Onnàrit, dell’assenza,
di costui le sembianze prese esattamente,
e andò da Mnemòsyne, con un piano in mente.
E tutto filò liscio, lui non fu sospettato.
Notti e giorni insieme avevano passato
fino a un certo punto quando per distrazione
fece un grosso sbaglio di troppa presunzione:
commiserando Zeus perché fu rifiutato,
da lei, e implicito, l’amore dichiarato
nella veste di Zeus, la veste sua reale
scordando un istante il piano iniziale.
*
Mnemòsyne, invece, Dea della Memoria,
gli chiese: “Come hai fatto a saper di questa storia,
di cui ricordo bene di non aver parlato
e a nessuno, infatti, di avere raccontato?”
Così fu che la Dea comprese quell’inganno.
Purtroppo era tardi per riparare il danno,
aveva partorito appena le gemelle:
Illusya e Delusya, le eccentriche sorelle.
Con tutto il dolore serbato nel suo cuore
per quella situazione, con tutto il rancore
verso il più vigliacco di tutti gli imbroglioni,
lanciò addosso a Zeus aspre maledizioni.
*
79
«Tu, Zeus, il peggiore furfante generato,
sia che ogni volta in cui avrai truffato,
il tuo godimento sparisca appen raggiunto,
che il piacere sia per te sempre defunto;
e che l’amore, il vero, che qui hai ingannato
per te diventi il sogno più bello, mai sognato,
tesoro che ogni istante tu bramerai di avere;
la pace in eterno perder fra le chimere;
e sia che tu cerchi ovunque e senza sosta,
l’affetto e la premura, la simpatia… onesta.
E sai che ancor ti dico? Non troverai mai niente;
dimenticherai tutto, sarai sempre un perdente.»
*
Ma Zeus per dispetto, o sol per dimostrare
a Mnemòsyne che era in grado di trovare
qualsiasi cosa avesse in mente d’ottenere,
sposò la Dea Era e poi, com per piacere,
con impudenza crassa e scrupolo prescisso,
chiese a sua sorella, la Dea dell’Abisso,
del Rimpianto, Èrzevetd, d’andare al confine
a Gòndury, alla scuola, cercare poi, infine
Onnàrit; di sedurlo, di farlo innamorare
nel mo’ che si potesse dell’altra lui scordare.
Èrzevetd conosceva però suo fratello.
«So Zeus che i rimpianti per te non son fardello;
*
80
ti senti di ferire, d’eluder la fiducia,
bensì tua sorella, l’agir tuo mi brucia.
Non voglio ingannare Onnàrit, pei tuoi sfizi,
nemmeno incoraggiare ancora questi vizi.
Ora ti sei sposato, fatti una ragione
e cercati la pace o ‘n’altra missione.»
Ed Èrzevetd decisa abbandonò la sede,
partì verso Gòndury, portandosi la fede
intatta, inalterata, poiché doveva dare
conforto a Onnàrit, Mnemòsyne aiutare.
E fu lei la madrina della lor neonata:
la piccola Speranza, l’unica Dea Fata.
*
81
S
plendente era l’Olimpo, non conosceva pari;
ovunque era famoso negli ambiti stellari;
ma nonostante questo, per quanto… invidiato,
era sempre deriso, spesso discriminato.
82
Kronos però seguiva attento e rigoroso
il ben funzionamento del creato talentuoso.
Sperava che i disagi fossero superati,
che i tempi complicati ormai oltrepassati.
Erano avanzati di tre generazioni
di Dei, da quando aveva assegnato le funzioni
a Zeus; e malgrado l’indole libertina
di costui, l’operato nella sede divina
gli risultava retto e assai determinato;
il Dio Vice, Onnàrit, a Gòndury inviato
faceva ancora il Preside, ed era assistito
dai Titani, i quali l’avevano istruito.
*
Nell’Universo ch’era come un formicaio,
brillava la centrale, l’Olimpo, un vespaio
cosparso di complessi astro-residenziali
e tanto rumorosi quanto convenzionali.
La Gòndury era fra le gemme più pregiate,
do’ avevan studiato gli Dei, a ondate.
Ed erano arrivati, strana coincidenza,
gli Dei a diplomarsi, di terza discendenza;
portandone perfino i nomi dei lor avi:
‘l nipote Zeus junior, il capo dei più bravi.
Mnemòsine, la figlia della Dea Speranza,
teneva il nome della nonna, e somiglianza.
*
83
Lei era la maggiore di nove sorelline,
le Dalie dell’Olimpo, anche esse Fatine.
Erano studentesse piuttosto apprezzate,
magari birichine e molto ostinate.
Kronos le adorava, un po’ le favoriva,
forse pensando al loro nonno. Lui non capiva
perché un Dio come Onnàrit, singolare,
ebbe scelto Gòndury e non di governare,
lasciare poi l’Olimpo, nè una spiegazione,
e nulla che chiarisse la sua decisione.
Ma Kronos era Genius e non un ficcanaso,
seppure curioso lasciò il fatto al Caso.
*
Adagio camminava pensoso nel loggiato;
il suo era, certo, un Universo beato;
ma ricordava triste un qualche conoscente,
qualche compagno anche, qualche suo parente,
che si faceva beffe sempre del suo mondo,
e lui stava maluccio per quel vezzo immondo.
Ma il pensiero vola, il suo era volato,
da quelle frustrazioni al vivido passato;
si ricordò i Titani, i due sconosciuti,
ancora conservati ‘n bottiglie, sperduti,
e si promise dentro di far recapitare
le bottigliette a scuola. “Son da esaminare.”
*
84
Cullando quel pensiero si mise in bella pace
l’animo agitato e tanto audace.
fin dall’inizio, di quella avventura
coi suoi amici accanto, stravinse la bravura.
Ed era orgoglioso dei suoi coadiutori,
felice di ottenere d’Enerra i favori,
pensando che a volte non ce l’avrebbe fatta
senza di lei al fianco, al impegno assuefatta.
Insieme erano stati a creare un Universo,
sebbene ella, spesso, guardava di traverso
lui, per poi cambiare e diventare attenta,
gentile e premurosa, carina e contenta.
*
Ch’era capricciosa lo aveva… accettato,
fra furie tempestose e la calma dell’agiato;
poich’era così bella e piena d’energia,
per star da lei lontano, serviva una magia.
E lui rammemorando ancora dei momenti
in cui la osservava con degli sguardi scienti,
si ancor di più accorgeva che lei era il mondo,
per lui, da tutelare con cura fino in fondo.
“No, dico, menomale che ci siam conosciuti
fin da bambini, e ora che siamo ben cresciuti,
sappiamo che ci legano dei forti sentimenti,
però, sol di amicizia, nulla di quei nocenti.”
*
85
Così dialogava fra sé e sé il Sovrano:
“Il meglio, come certo, di tutto il pantano,
è che noi siamo amici. Amici per la pelle.
Ti pare innamorati… se fossimo… imbelle
mi sto sentendo ora di fronte a sto pensiero.
Assurdo, e che mi ha preso?” si biasimò altero
Kronos. “Considerare idee così strane.
L’amore non fa altro se non piantare grane.”
«Che cosa mi combini? Ti stavi nascondendo?»
Sentì d’un tratto Enerra, gioiosa a lui chiedendo.
«Oppure… zitto, fammi da sola indovinare.
Infine hai capito… Tu senti di amare…
*
Non dico, ME, ma… forse, sarebbe interessante…»
«Amare, bleah! Che dici? C’è niente più scocciante.
No, cara! Stai sbagliando. Non fa per me l’amore.
Io son cerebrale, non andrò mai di cuore.
Ma dimmi che ti porta da questa parte? Ero
sicuro d’incontrarti tra poco al ministero.»
«Per questo son passata, infatti, ho saputo
ch’è stato invitato al congresso il paffuto,
quello scortese tuo parente. Che insidia!
Però tu non reagire. Ignora la perfidia!»
«Ancora?!» “Io invece trovo le soluzioni.
Dovrò pure fermare queste umiliazioni…”
*
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Non si era mai sentito così imbarazzato,
o tanto infastidito, o tanto arrabbiato.
Aveva l’impressione anche di soffocare
perciò disse a Enerra: «Me ne vorrei andare.»
Salirono nel carro in silenzio assoluto.
Lei pensierosa e triste, lui molto abbattuto.
Ma si arrestò d’un tratto, Kronos, come smarrito.
Teneva in mano il sasso da Norna conferito.
“OLIMPUS” lui fissava la scritta lì incisa.
Il nome del suo mondo, parola assai derisa.
«Eppure son sicuro, c’è qui la chiave nostra,
capire il suo senso difficile si mostra.»
*
«Ma tu ricordi, spero, la frase delle Aragnae?
Potresti a me ridirla e smetter con le lagne?!»
«Ridirla? Te la scrivo, dammi la tua piuma,
vediam… son quattro versi, se il capo non mi sfuma:
QUANDO IL GIRAVITE PRIVO D’OGNI MAGIA
CON SOLAMENTE UN GIRO D’ANTICA MAESTRIA
AVRÀ INTRODOTTO VITE SU VITE IN CIRCUITO,
SAPRETE IL RISPONSO ALL’ULTIMO QUESITO.»
Lui scribacchiò veloce il testo memorizzato
e tese alla compagna il foglio scribacchiato.
Restò rimuginando su acide ironie
fatte dai suoi ‘amici’ e fondate su bugie.
*
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“Io ancora non capisco, che gusto può trovare
nel canzonare, uno che manco sa campare?!”
Enerra concentrata invece sul papiro
pensava e ripensava: “Con solamente un giro…
Il giravite… cioè? Forse non quell’attrezzo.
E allora?! Un congegno, qualcosa come un mezzo
che serve a operare d’ingegno e senza trucchi …”
«Mi fan venire, guarda, il nervoso, quei bacucchi
che non altro da fare hanno, sol motteggiare
il mio generato e il mio governare…»
«Tu non pensare a questo, sei stato molto bravo,
il nostro è un mondo speciale e non pravo …
*
Chissà se con la ‘vite’ s’intende quel gingillo?!
Magari… è un plurale, e preso in uno stillo
sei stato fino ad ora; non hai pensato affatto
che il giravite gira la vita del tuo fatto?»
«Del mio fatto? Enerra sei proprio geniale.»
«Son Genius, che pensavi?! Che fossi dozzinale?»
«Noo, ma davvero, credo tu abbia azzeccato
il senso di sto rebus che ci ha perseguitato.
Si tratta perlomeno di concretizzazioni.
Del ciclo materiale. Le nostre creazioni.
E c’era qui già scritto, prima d’aver trovato
un posto. Prima ancora di aver noi generato.
*
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Ora mi è tutto chiaro. Ti dico, non è un caso
che siano diversi i nostri Dei. Persuaso
sarò, vedrai. Appena arriviamo al congresso.
Convincerò gli Anziani. Serve un confronto adesso.»
«Non so perché stai male per quelle idiozie.
Loro ti stuzzicano morsi da gelosie.»
«Lo so, ma questa volta ho io tutti gli assi
non voglio più subire, non voglio che incassi.
La sala è sempre piena e noi siamo entrati.
Calmo e risoluto andrò dai capi agiati
fingendo il piacere di esservi fra loro.
Tu invece stai attenta, nascosta nel decoro.»
*
E quando il cugino lontano, altolocato,
come di consueto faceva, un po' sfrontato,
prese a dileggiare con insistente mola
Kronos, il suo mondo e la sua nuova scuola,
con frasi di quel tipo: «I vostri scolaretti
son troppo trascurati, se proprio mi permetti.
Voi non avete una cultura, una storia,
o validi insegnanti, poi Mneme di memoria…
per forza caro Kronos, tra poco alla rinfusa
andrà la tua stirpe e non sarà una scusa
l’impreparazione, perché avete fatto
sempre i petulanti. Il dado è ormai tratto.»
*
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Ma il Genius sibillino sorrise sbarazzino
perché aveva in mente un piano malandrino.
Era più rilassato. Pensava addirittura
a come far pagare i sarcasmi e la puntura.
«Se credi veramente quel che hai affermato
io ora ti propongo un accordo registrato.
Gare di destrezza una sfida per le scuole.
E che il torneo a te smentisca le parole!»
«Tu?! Sfidi me?! Ti pare?! Ma come puoi pensare,
che Dei tanto anonimi potranno trionfare
in gara con i nostri Titani competenti,
assai sperimentati, indubbi eminenti?»
*
«Non so, forse hai ragione, però se per pur caso
la mia scuola vince, per voi sarà l’occaso.
Mi dite che i miei Dei sono degli incapaci…
E io son convinto che loro son audaci
e molto preparati, curiosi, entusiasti.
Sbagliarmi posso e allora son solo degli orgiasti.
Ma io non ci credo, non posso accettarlo,
non ho sgobbato invano, intendo dimostrarlo.
Per questo or propongo che la creatività
sia messa in gara con… le astute… abilità.»
Infervorato, Kronos aprì la pergamena
facendola vedere a tutti di gran lena.
*
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«Ho un indovinello riguardo un giravite,
però le soluzioni non sono ancor uscite.
Per questo vi propongo un progetto vincolato.
Titolo: 'GIRAVITE'. Che sia ideato
in collaborazione da tutti gli studenti,
con esiti provati da tanti esperimenti.
Che sia realizzato, seguito e curato;
condizioni a patti e tempo limitato.
E qui ci impegniamo da oggi per inscritto;
chi vince è nominato, c’onore è descritto.»
Or gli Anziani avevano sentito la proposta,
e nelle loro logge attendevan la risposta.
*
I Presidi, i Ministri, volevano arretrare.
Si misero insieme proposta a esaminare
con più attenzione, criteri e reticenza,
ma non trovaron come bocciarla con decenza.
Perciò costretti loro furono ad accettare,
l’ingresso nella gara dovettero firmare.
E gli Anziani furono a fare i testimoni
di quell’accordo stretto per ottime ragioni.
Trovarono eccitante l’idea di una sfida,
da tanto non fu fatto un annuncio con le grida.
Rimasero a lungo a fissar le condizioni,
per qualche prova e per le collaborazioni.
*
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La gara creativa poteva rilevare
talenti fantasiosi, astuzie far scattare.
Lo spirito di squadra, ottimo governante,
avrebbe funzionato, forse, come collante.
Trovare un progetto inedito, pensare
a quell’enigma che si doveva decifrare…
Ma quel che nessun altro riusciva a capire
era l’indovinello, il senso a chiarire.
Tornavano Enerra e Kronos, contentati,
nel loro adorato Olimpo e candidati
primi su una lista di tutti gli Universi;
“Adesso o vinciamo oppure sarem persi.”
FINE
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I miei nonni
che mi hanno portata, attraverso i loro racconti,
nelle misteriose terre fatate.
Mio zio
che mi ha tenuto per mano insegnandomi che tutto è possibile.
Mia mamma
che ha saputo spiegarmi il mondo nell’unico modo, forse, in
cui io l’avrei potuto capire e amare.
I miei undici amici
che hanno accettato di accompagnarmi in questa avventura
nelle vesti dei protagonisti.
Me
che ho finalmente compreso che i sogni
si devono seguire.
Sempre.
*
… perciò questa storia… continua!
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Prologo
5
CANTO I - La Chance
7
CANTO II - I Genii
22
CANTO III - I Titani
37
CANTO IV – Olimpus
52
CANTO V – Gòndury
67
Epilogo
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Ringraziamenti
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Indice
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