Materia: anatomia 3 Argomento: Analisi delle singole cellule che compongono il sistema nervoso Data: 17/03/20 Prof: Elena De Santis Firma: Leonardo Ermini Il sistema nervoso centrale, detto anche nevrasse, comprende l’encefalo, contenuto nella scatola cranica e il midollo spinale contenuto nel canale vertebrale. Queste strutture del SNC sono costituite da tessuto nervoso. Fa parte del sistema nervoso anche il sistema nervoso periferico che si compone di altre strutture come gangli, nervi e terminazioni nervose (i nervi, a seconda da dove emergono, prendono il nome di nervi cranici, spinali e periferici). Sia il SNC che il SNP sono composti da tessuto nervoso, che comprende corpi cellulari dei neuroni (pirenofori), dendriti e cellule di sostegno (glia del sistema nervoso centrale). Quando si parla di SNP, parliamo di assoni rivestiti da guaina mielinica che emergono dall’asse centrale formato dall’encefalo, che andranno a costituire i nervi cranici (sono 12 paia presenti nell’uomo) oppure possono emergere dal midollo spinale, in quel caso andranno a costituire i nervi spinali. SNP e SNC sono un tutt’uno, la cui componente principale è il neurone con il suo corpo cellulare (pirenoforo) localizzato all’interno del SNC, mentre il prolungamento assonale si localizza perifericamente e andrà a costituire un nervo. N.B. le cellule che compongono il sistema nervoso hanno la stessa derivazione embrionale (neuroectoderma), fanno eccezione le cellule di Schwann e le cellule Satelliti che derivano dalla cresta neurale. Il SNC è composto da due classi principali di cellule: 1- I neuroni: cellule principali del tessuto nervoso, sono cellule eccitabili, che comunicano tra di loro ma anche con altri tipi cellulari come cellule muscolari o ghiandole esocrine, trasmettendo un potenziale d’azione (segnali elettrici). I neuroni rappresentano solo il 10% di tutte le cellule del tessuto nervoso. Le cellule più abbondanti sono le cellule gliali. 2- Cellule gliali: comunemente dette glia, rappresentano il 90% della componente cellulare del tessuto nervoso. Possono svolgere diverse funzioni: supporto fisico per i neuroni, mantengono un equilibrio della sostanza extracellulare permettendo ai neuroni di svolgere le proprie funzioni. Analizziamo ora la struttura del neurone: Il neurone si compone di 4 parti. Nel corpo cellulare (può essere chiamato pirenoforo, pericarion o soma) risiede il nucleo con il suo nucleolo e una serie di organuli comprendente un fitto RER, nel quale vengono sintetizzate diverse proteine, principalmente neurotrasmettitori, utilizzati dal neurone stesso per svolgere le proprie funzioni. Il pirenoforo corrisponde al centro trofico del neurone, in caso di danni ai dendriti o all’assone il neurone provvederà a “ripararli”, mentre nel caso dovesse subire danni al corpo cellulare il neurone andrà incontro a morte (ricordiamo inoltre che i neuroni sono cellule perenni, non in grado di andare incontro a mitosi). I dendriti sono dei prolungamenti citoplasmatici che sono presenti in un polo cellulare del neurone, sono adibiti a raccogliere il segnale proveniente da altri neuroni o da altre cellule. Nel polo opposto dove si ergono i dendriti troviamo un lungo prolungamento citoplasmatico, l’assone, il quale svolge la funzione di veicolare il potenziale d’azione lungo la membrana plasmatica e di trasmetterlo alla sua porzione terminale che termina in contatto con la cellula effettrice, sia essa una cellula muscolare oppure una ghiandola. Nel tessuto nervoso sia del SNC che del SNP i pirenofori si presentano in agglomerati e possiedono le stesse caratteristiche sia morfologiche che funzionali. Quando questi aggregati di somi sono presenti nel SNC parliamo di “nuclei”, quando invece questi ammassi di corpi cellulari neuronali si presentano nel SNP vengono definiti con il nome di “gangli “. Il neurone dispone di proprietà generali uniche, la prima è l’eccitabilità, infatti il neurone è capace di eccitarsi, ovvero di creare un potenziale d’azione. La seconda è la conducibilità che consente al neurone di condurre l’impulso sino al terminale assonico. La terza proprietà generale del neurone è la trasmissibilità, che consente al neurone di trasmettere l’impulso a valle, ad una cellula postsinaptica. L’eccitabilità è di pertinenza del pirenoforo e dei dendriti, la conducibilità dell’assone, mentre la capacità di trasmissione dell’impulso è associata al bottone sinaptico (terminale assonico). I neuroni sono classificati dal punto di vista strutturale secondo 3 tipologie: neuroni multipolari, dotati di più poli, possiedono un assone ma molti dendriti (ricorda che ogni neurone dispone al massimo di un assone), funzionalmente sono neuroni motori. La seconda tipologia è rappresentata dai neuroni unipolari o pseudounipolari i quali dispongono di un solo assone ma non presentano arborizzazione dendritica, l’assone si divide in due branche assoniche a forma di “T “, una si collega al SNC mentre l’altra porzione congiunge il pirenoforo ad altre cellule. Tutti i neuroni unipolari sono neuroni sensitivi che percepiscono lo stimolo dall’esterno (periferia) e lo trasmettono sino al SNC. L’ultima tipologia è rappresentata dai neuroni bipolari costituiti da un polo assonico e da un unico dendrite, che rappresenta il secondo polo, dal punto di vista funzionale sono classificati come neuroni sensoriali. A queste 3 tipologie di neuroni presenti nel tessuto nervoso si aggiunge un’altra classe rappresentata dagli interneuroni, i quali connettono un neurone sensitivo con un neurone motorio. Il compito svolto dall’interneurone è quello di veicolare l’impulso, e quindi il segnale, tra le due classi di neuroni sopracitate. Colorazioni: Le tecniche di colorazione utilizzate nello studio delle componenti cellulari del sistema nervoso sono state adottate per la prima volta da Camillo Golgi, tramite colorazione cromo-argentica, attraverso l’utilizzo di sali d’oro o sali d’argento che permettevano di evidenziare il soma, l’assone e l’arborizzazione dendritica (lo stesso metodo viene utilizzato per le cellule della glia). successivamente Nissl nel 1900 adottò un’altra tecnica di colorazione per lo studio degli elementi cellulari del sistema nervoso (colorazione di Nissl), che gli permetteva di evidenziare il citosol del pirenoforo ed il nucleolo, attraverso un colorante (Cresyl Violet) capace di fissarsi agli elementi acidi attraverso una reazione acido-base, mettendo in risalto con toni violetti il RER, presente nel pirenoforo. N.B. questo tipo di colorazione non permette di colorare gli assoni o l’arborizzazione dendritica appunto per la mancanza di elementi acidofili. La tecnica fu perfezionata in seguito aggiungendo il Luxol Fast Blue, che evidenzia la guaina mielinica. Cellule della glia: 1- Astrociti, presentano forma stellata, connettono un capillare sanguigno al neurone. La loro funzione principale è quella di supportare fisicamente i neuroni anche dal punto di vista metabolico, inoltre regolano la concentrazione di ioni della matrice extracellulare (indispensabile per la funzionalità del neurone). Sono i principali costituenti della barriera emato-encefalica che impedisce a virus e batteri presenti nel sangue di apportare danni alle cellule nervose. Gli astrociti si dividono in altre due tipologie cellulari, gli astrociti protoplasmatici e fibrosi. I primi sono cellule molto grandi con nucleo ovale, dal corpo cellulare si dipartono numerose arborizzazioni dendritiche, corte e molto ramificate. Sono abbondanti nella sostanza grigia del sistema nervoso (dove sono concentrati i pirenofori). Inoltre, gli astrociti protoplasmatici prendono contatto con la pia madre, creando la membrana pia-gliale. I secondi (fibrosi) si trovano numerosi all’interno della sostanza bianca (dove prevalgono gli assoni). Il corpo cellulare ed il nucleo sono di dimensioni minori rispetto agli astrociti protoplasmatici, mentre i prolungamenti sono più lunghi e sottili e contengono numerosi filamenti intermedi apprezzabili tramite la glioproteina acida fibrillare ( immunoistochimica ). 2- Oligodendrociti, formano la guaina mielinica degli assoni localizzati nel SNC, un’unica cellula avvolge frammenti di assoni diversi. Gli oligodendrociti producono una proteina proteo lipidica (PLP1) che abbonda nella guaina mielinica degli assoni, una sua mutazione è responsabile della leucodistrofia, una malattia ereditaria del tessuto nervoso. Questa proteina occupa un ruolo fondamentale nell’avvolgimento dei due strati fosfolipidici della membrana plasmatica dell’oligodendrocita attorno all’assone per la formazione della guaina mielinica. In alcuni casi di malattie autoimmuni che interessano il tessuto nervoso gli oligodendrociti vengono aggrediti dagli anticorpi del soggetto, queste malattie, come ad esempio la sclerosi multipla sono responsabili della distruzione e del danneggiamento della guaina mielinica degli assoni, causando l’assenza di funzionalità del neurone interessato. 3- Microglia, derivano dai monociti ematici, sono cellule macrofagiche, fagocitano eventuali detriti di neuroni o di mielina. 4- Cellule ependimali, delimitano le cavità presenti nel SNC (come ad esempio i ventricoli cerebrali). Materia: anatomia III microscopica Argomento: cellule del tessuto nervoso (ultima parte) Data: 17/03/2020 Prof: Elena De Santis Firma: Beatrice Eligi In ematossilina eosina gli oligodendrociti appaiono con nucleo rotondo e un alone chiaro perinucleare dovuto a una vacuolizzazione delle proteine intorno al nucleo, un artefatto che ci aiuta a mettere in evidenza in maniera sicura che si tratta di questa cellula. L’ ematossilina-eosina colora nel neurone la membrana nucleare, l’eterocromatina, il nucleo, mentre intorno al nucleo rimane un alone chiaro che corrisponde al citoplasma del tipico neurone. La microglia ha funzione macrofagica e in ematossilina eosina è particolarmente evidente perché il nucleo appare appiattito e allargato con i poli rotondi. Con immunoistochimica si possono mettere in evidenza anche proteine tipiche delle cellule microgliali. Le cellule ependimali: presentano una forma cilindrica con dei prolungamenti al polo apicale, i microvilli, e rivestono internamente le cavità all’interno del SNC. Hanno la funzione di assorbire il liquido cefalorachidiano e in alcune aree di queste cavità le cellule ependimali si modificano, prendono relazione intima con i capillari sanguigni e si estroflettono nella cavità andando a formare i plessi corioidei. A questo livello, e solo a questo livello, le cellule ependimali hanno la funzione di produrre il liquor: assorbono plasma dai capillari sanguigni e lo trasformano in liquor, che poi decorre sia all’interno che all’esterno del SNC. Quindi, le cellule ependimali hanno una duplice funzione: le cellule cilindriche semplici che rivestono le cavità hanno la funzione di assorbire il liquor; le cellule modificate presenti ai livelli dei plessi corioidei hanno, invece, la funzione di produrre liquor. Vediamo questa sezione trasversa di midollo spinale con al centro il canale midollare. Se si ingrandisce l’area centrale appare una struttura circolare, presente per tutta la lunghezza del midollo spinale, e colorate di blu si vedono le cellule cilindriche ependimali deputate a riassorbire il liquor contenuto all’interno di questa cavità che è contigua con le altre grandi cavità ripiene di questo liquido presenti all’interno dell’encefalo (ai due ventricoli laterali, al terzo e al quarto ventricolo). Questo riportato nell’immagine è un tipico plesso corioideo: le strutture indicate con VI sono le cellule ependimali, aree cubiche che si estroflettono con il polo apicale; il lume del ventricolo è indicato dall’asterisco *. Qui siamo all’interno della cavità e da questa cavità le cellule modificate si estroflettono e vanno a formare il plesso corioideo dove il polo apicale della cellula ependimale è in contatto con il ventricolo, mentre quello basale è in contatto con i capillari sanguigni. Il sangue a questo livello viene filtrato dalla cellula ependimale e il liquor secreto nel ventricolo. In questa immagine riassuntiva viene evidenziata un’area di sostanza grigia della corteccia cerebrale dove sono più o meno evidenti quasi tutte le cellule che sono state elencate prima. Ci sono quei due nuclei rotondi indicati con A che appartengono a due astrociti protoplasmatici; le cellule indicate con O che presentano un alone perinucleare, segno di vacuolizzazione, appartengono agli oligodendrociti del SNC. Si può apprezzare come l’oligodendrocita sia a contatto con un neurone, indicato con N, che presenta il suo nucleo con il nucleolo e il citoplasma. Per concludere: per comprendere in linea di massima se il nucleo che si sta osservando si tratta di un neurone o di una cellula gliale si ricorre a delle osservazioni: Il nucleo di un neurone ha dimensioni almeno 6-7 volte superiori a quello della cellula gliale; La certezza assoluta viene data dall’osservazione del nucleolo, poiché è possibile evidenziarlo sono nel neurone Materia: anatomia III (macroscopica) Argomento: midollo spinale (prima parte) Data: 17/03/2020 Prof: Marco Artico Firma: Beatrice Eligi Il midollo spinale è un lungo stelo cilindrico della lunghezza di 45 cm che si estende in senso cranio caudale dal bulbo fino al cono midollare dove termina inferiormente. Possiede un diametro anteroposteriore di 1 cm, un diametro trasverso di 1,5 cm, una consistenza abbastanza rilevante rispetto all’encefalo, colore bianco porcellanaceo e segue esattamente le curvature della colonna vertebrale. È contenuto in essa ed è sospeso a livello della sua locazione usuale grazie alla presenza dei legamenti denticolati di forma triangolare, molto importanti come mezzi di fissità del midollo stesso, e grazie alle radici dei nervi spinali che sono 33 paia e collegano il midollo alla periferia del corpo. Come abbiamo detto, questo segue la curvatura della colonna vertebrale che ha la forma di una doppia S italica sovrapposta ed è caratterizzato da un incurvamento che mantiene anche se viene allontanato dalla sua posizione. Il suo aspetto è caratterizzato inoltre da un calibro non uniforme: possiede un rigonfiamento a livello cervicale, uno a livello lombare e uno a livello della sua terminazione con il cono terminale il quale è ancorato tramite un filamento di colore bluastro (filum terminale) a strutture poste in basso. Il filum terminale talvolta può essere più corto di quanto dovrebbe e può portare ad una sindrome neurologica nota come sindrome della “tethered cord”. Presenta anche dei solchi: una fessura mediana anteriore molto profonda, un solco mediano posteriore meno profondo del precedente, un paio di solchi posterolaterali e un paio anterolaterali, per un totale di sei solchi che permettono di suddividerlo in cordoni di sostanza bianca. Inoltre, ha la particolarità di essere contraddistinto da una radice anteriore, motoria, e una radice posteriore, sensitiva. La sostanza bianca esterna viene suddivisa in sei cordoni proprio grazie alla penetrazione (radice posteriore) o alla fuoriuscita (radice anteriore) dei filamenti radicolari corrispondenti alle radici che entreranno poi nella costituzione del nervo spinale che vanno poi a costituire un tronco unico come nervo misto, e quindi la presenza di solchi anterolaterale e postero laterale su ciascuna metà midollo contribuisce a delimitare con precisione i tre cordoni. Su ciascuna metà del midollo avremo quindi un cordone anteriore, uno laterale e uno posteriore. All’interno della sostanza bianca troviamo la sostanza grigia che in sezione trasversale appare come una lettera H o una farfalla ad ali aperte contenente corpi di cellule nervose, contrariamente alla sostanza bianca che invece è formata solo da fasci di fibre mieliniche. Nella sostanza grigia distinguiamo la presenza di due corna posteriori molto sottili grazie alle quali penetra nella sostanza bianca la radice posteriore, sensibile, mentre dai corni anteriori fuoriesce la radice anteriore, motoria: questa ha origine dal corno anteriore e si porta all’esterno del midollo spinale fuoriuscendo dal solco anterolaterale dove viene a essere delimitata dalle radicole anteriori motorie e dalla fessura mediana anteriore, mentre invece attraverso il solco posterolaterale entrano nel midollo spinale le radici posteriori. Tra il solco posterolaterale e il mediano posteriore troviamo il cordone posteriore; tra il solco anteroposteriore e il mediano anteriore troviamo il cordone anteriore; tra i due solchi laterali troviamo il cordone laterale. Questa suddivisione è importante soprattutto per avere una disposizione dei tre cordoni di sostanza bianca dei fasci del midollo spinale. Questi fasci sono caratterizzati da una precisa disposizione topografica e a livello dei diversi segmenti midollari troviamo che la sostanza bianca e grigia non hanno la stessa distribuzione poiché sono più estese a livello del tratto cervicale e lombare in quanto in corrispondenza di questi punti avranno origine i nervi per l’arto superiore e i nervi per l’arto inferiore. Questo rigonfiamento è normalmente presente a meno che non ci siano delle condizioni malformative, come successe ad esempio negli anni ’60 con l’introduzione di un calmante, la talidomide, dato a donne in stato di gravidanza che presentavano stadi d’ansia dovute alla gestazione che diedero alla luce nascituri con amelia (mancanza totale) o focomelia (parziale sviluppo) degli arti superiori e inferiori. Troviamo maggiore sostanza grigia a livello di C5 fino a T1 dove trae origine il plesso brachiale; a livello lombare la sostanza grigia ha maggiore estensione in L1 e L2 per la formazione del plesso lombare e del plesso sacrale. Il midollo spinale termina a livello di L2: questo è da tenere presente quando si deve fare una rachicentesi, o puntura lombare, che deve essere eseguita al di sotto di L2 per evitare di perforare il midollo spinale e danneggiarlo. La colonna vertebrale con i suoi miomeri e i suoi frammenti ossei si accrescono più velocemente rispetto alla formazione del midollo spinale per cui le radici all’inizio nel segmento cervicale hanno un decorso più o meno allo stesso livello del mielomero da cui prendono origine; mentre scendendo verso il basso la radice si inclina inferiormente rimanendo nel canale vertebrale per poi uscire dal forame di coniugazione all’esterno della colonna a un livello più basso rispetto a dove la radice ha origine. Quindi si assiste ad una progressiva inclinazione obliqua delle radici spinali verso il basso tale che le radici diventano parallele le une alle altre andando a formare la cosiddetta cauda equina, in italiano “coda di cavallo”. In pratica, scendendo verso il basso l’inclinazione delle radici spinali non è come mostrato in questa immagine, ma bensì tende a diventare da prima obliqua e poi verticale con andamento parallelo. La presenza di queste caratteristiche nell’inclinazione delle radici spinali e il fatto che ci siano delle radici anteriori che sono visibili e riconoscibili, come pure quelle posteriori, facilmente riconoscibili anche per il fatto che sul decorso della radice posteriore è intercalato l ganglio spinale. Questo perché, mentre l’origine della radice anteriore è dal corno anteriore della midollo spinale, viceversa la radice posteriore non nasce nel midollo spinale, ma all’interno del ganglio spinale. A livello di questa struttura troviamo dei neuroni che hanno un assone molto particolare che si divide a T, con l’andamento del neurone pseudo unipolare, e questo fa sì che anche se il pirenoforo è contenuto nel ganglio spinale poi un prolungamento si porta all’esterno del canale vertebrale, verso il forame di coniugazione per poter uscire fuori dall’astuccio osteo-legamentoso che costituisce l’involucro protettivo del midollo spinale, e quindi prosegue verso la periferia in modo tale da poter raccogliere come radice sensitiva l’informazione che arriverà da un distretto e, una volta che questa informazione è stata elaborata dal neurone, poi riparte dal ganglio stesso e va a penetrare il cordone postero laterale ai lati della linea mediana in modo tale da far pervenire l’informazione sensitiva all’interno della sostanza grigia limitatamente al corno superiore e alle zone di entrata della radice stessa che hanno un ruolo cruciale nel gestire l’informazione sensitiva che deve proseguire all’interno del midollo spinale per poi ascendere verso l’alto, verso l’encefalo. Una volta rimossi gli involucri protettivi del midollo spinale, questo si apre a libro davanti a noi. L’involucro di protezione del midollo spinale è formato dalle meningi spinali (dura madre, aracnoide e pia madre) che hanno forma diversa rispetto a quelle encefaliche, ovvero posseggono forma grossolanamente cilindrica e verso il basso si assottigliano in modo tale da mettere in condizioni le meningi stesse di adattarsi al cono midollare. Da questa immagine è possibile mostrare la presenza di mezzi di sospensione che sono dati sia dai legamenti denticolati (visibile più o meno a metà dell’immagine a destra) e dalle radici spinali che sono responsabili dell’ancoraggio del midollo spinale. All’esterno della dura madre è presente uno strato di tessuto adiposo epidurale che ha la funzione di cuscinetto ammortizzante per evitare che gli urti possano danneggiare il midollo spinale e questo strato si assottiglia verso il basso come si verifica in casi di stenosi (restringimento) del canale vertebrale. Inoltre, la pia madre aderisce in maniera perfetta alla superficie del nevrasse seguendo il parenchima nervoso e tra questa e l’aracnoide troviamo lo spazio sub aracnoideo dove si trova il liquido cefalorachidiano, incolore e trasparente che ha il compito di costituire un sostituto della linfa che svolge funzioni omeostatiche e di equilibrio in altri organi che non è presente a livello del SNC. Il liquido viene riversato a livello dei ventricoli: questi sono quattro e sono contenuti nell’encefalo, mentre un quinto ventricolo è presente nella vita fetale e corrisponde al cono midollare: questo è chiamato ventricolo terminale di Krause e si oblitera alla nascita. A livello del midollo spinale il liquor è contenuto in una cavità che prende il nome di canale centrale dell’ependima nel quale sono presenti cellule ependimali che ne tappezzano la superficie interna. In questa immagine è visibile una sezione trasversale di midollo spinale riferibile a un segmento alto della colonna vertebrale, sezione cervicale. Perché si afferma questo? Anche se non si vedono bene, dovrebbero esserci i forami trasversari alla base del processo trasverso dove dovrebbe essere presente l’arteria vertebrale che a partire dal sesto forame trasversario entra e costeggia la colonna cervicale salendo verso l’alto; ma poi la forma del canale vertebrale è diverso in base al segmento che andiamo a considerare. Ha una forma grossolanamente triangolare, come in questo caso, nel segmento cervicale. Diventa, più o meno, tondeggiante a livello dorsale, o toracico; assume forma circolare ma slargato trasversalmente, quindi con un diametro trasverso maggiore rispetto a quello anteroposteriore, se scendiamo a livello lombare. Inoltre, nell’immagine è ben evidente il midollo spinale diversificato nella sostanza bianca e grigia, ancorato dai legamenti denticolati che lo tengono sospeso nel mezzo. Si osserva anche la radice anteriore (fascio bianco più vicino al corpo vertebrale) che esce sul solco anterolaterale e quella posteriore (fascio parallelo) che proviene dal ganglio ed entra nel solco posterolaterale per raggiungere il corno posteriore del midollo spinale. Al centro sono visibili il corno posteriore, quello anteriore, la commessura grigia e al centro di questa il canale dell’ependima. Da notare la presenza del grasso epidurale che ricopre la dura madre (l’involucro giallo). A livello dei nervi periferici troveremo molte fibre di cui alcune sono dotate di un rivestimento mielinico il quale ha il compito di perfezionare le caratteristiche di conduzione delle fibre nervose e anche fibre amieliniche le quali ad esempio raccolgono segnali da recettori cutanei (prurito, tatto oppure temperatura). Tra le fibre mieliniche abbiamo quelle più robuste dei motoneuroni oppure quelle dei fusi neuromuscolari, o ancora fibre per la meccanocezione e nocicezione con diametro e velocità di conduzione intermedi. Tramite tali fibre le informazioni possono essere veicolate o lungo un percorso ascendente e arrivare all’encefalo in particolare a livello del talamo oppure possono seguire un percorso discendente: sono quelle informazioni che non hanno bisogno di essere integrate ad un livello superiore (a livello cerebrale) ma danno luogo a risposte che si realizzano per una interconnessione che coinvolge lo stesso punto del midollo spinale a livello del quale vengono creati: un esempio di tali informazioni è rappresentato dai ROT, ovvero i riflessi osteotendinei; se infatti prendiamo un piccolo martello da neurologo e percuotiamo il tendine che si trova al di sotto della rotula otteniamo un’estensione della gamba che non ha bisogno di un’attività cerebrale in quanto non dipende dalla nostra volontà. Materia: Anatomia umana III Argomento: Midollo spinale - Terza parte Data: 17/03/2020 Prof.: Marco Artico Firma: Elettra Eboli Se si prende un piccolo martelletto da neurologo e si percuote il tendine che si trova al di sotto della rotula, al livello sottopatellare, otteniamo una estensione dell'arto inferiore senza intervento della volontà, detto “riflesso rotuleo”, che viene elicitato direttamente dalla percussione del tendine interessato. Queste informazioni possono poi essere integrate anche da messaggi a livello cosciente, ma la risposta è pressoché immediata al livello spinale quando viene stimolato il riflesso stesso. Ciò si può osservare in questa immagine, che propone lo schema dell’arco diastaltico riflesso, nel quale avviene appunto la stimolazione a partire da una regione periferica collegata alla regione in cui è stato effettuato il colpo di martelletto neurologico sul tendine e da lì l’informazione entra con la branca periferica nel ganglio, arriva al neurone pseudounipolare o bipolare, poi passa attraverso la radice dorsale, arriva al corno posteriore e poi al neurone intercalato (internunciale, secondo tipo di Golgi) che va a stimolare la risposta andando ad attivare il motoneurone alfa, che provoca la contrazione del muscolo e quindi l'estensione dell'arto inferiore. Ecco spiegato come si realizza la risposta in estensione dell’arto inferiore. Ciò viene anche ripreso in quest’altra immagine: la parte centrale dell’immagine in azzurro rappresenta il neurone del ganglio e poi il neurone intercalato di collegamento, che va a connettere direttamente al neurone alfa, situato nel corno anteriore, la radice posteriore; invece una parte di questa formazione prende un'altra strada, perché attraverso il neurone di associazione commessurale va a dare l’informazione attraverso un sistema polisinaptico ad un livello differente rispetto a quello a cui viene recepita l’informazione dovuta alla stimolazione del tendine. Quindi esiste una duplice modalità di raccolta dell’informazione, di trasmissione a più livelli. All'interno della sostanza grigia infatti è possibile, a seconda del segmento di midollo spinale considerato, riscontrare la presenza di una serie di colonne. Quello che si vede nelle immagini trasversali è solamente una struttura fatta ad H, ma in realtà quest’ultima si deve considerare allungata longitudinalmente per tutta la lunghezza del midollo spinale. Le sezioni trasversali mostrano, infatti, solo una fettina, una sezione di questa sorta di trave fatta ad H simile alle travi di ferro che si usano per sostenere le volte degli edifici. Questa estensione così rilevante determina la presenza di gruppi di neuroni chiamati colonne, i quali hanno il compito di andare a controllare proprio specifici muscoli. In passato quando non c'era una legislazione molto rigorosa a tutela degli animali da esperimento, uno studioso Bror Rexed aveva studiato con grande dispendio di tempo, energia e fatica tutte le colonne grigie del midollo spinale usando dei gatti e ricostruendo praticamente tutta la conformazione della sostanza grigia del midollo spinale, nella quale possiamo addirittura suddividere queste colonne con una serie di numeri romani da I a X. Ciò consente di identificare le colonne somatomotrici, quelle sensitive, quelle visceromotrici, quelle somatiche, quelle viscerali identificabili a seconda del livello in cui ci troviamo. È importante notare sempre la differenza di dimensione tra il corno posteriore, più sottile e quello anteriore, più ampio e come il corno posteriore sia in realtà disomogeneo nell’aspetto per la presenza della sostanza gelatinosa (di Rolando), della sostanza spugnosa (di Waldeyer) e della zona marginale (di Lissauer), una serie di aree di filtro dell’informazione sensitiva che la radice posteriore porta con sé penetrando all'interno del corno grigio posteriore. Questo configura quella che viene denominata dagli autori anglosassoni DREZ, cioè “dorsal root entry zone” (zona di entrata della radice dorsale). Questa è una zona di importanza cruciale per la corretta elaborazione, ricevimento, gestione e smistamento dell’informazione sensitiva che dovrà poi proseguire verso l'alto per poter raggiungere le strutture craniali del nevrasse. In questa immagine più schematica e semplice si possono riconoscere i cordoni posteriori, identificabili con il fascio gracile (di Goll) e cuneato (di Burdach), che sono compresi tra il solco posterolaterale e il solco mediano posteriore. Invece, spostandosi lateralmente tra i due solchi posterolaterale e anterolaterale è presente il cordone laterale del midollo spinale e viceversa tra il solco anterolaterale e la fessura mediana anteriore è presente il cordone anteriore. Si vede ancora meglio la presenza nel corno grigio posteriore delle 3 zone in successione dall’interno all’esterno: ● la zona marginale di Lissauer ● la sostanza spugnosa del Waldeyer (da non confondere con l’anello linfatico di Waldeyer, regione importante del tessuto linfoide associato alle mucose o MALT) ● la sostanza gelatinosa di Rolando Queste tre zone hanno un ruolo cruciale nella gestione dell’informazione sensitiva. La disposizione di queste colonne grigie e il controllo delle strutture corporee di pertinenza delle stesse è qui semplificata. Si possono distinguere: ● centri somato-motori, che fanno capo al corno anteriore ● centri esterocettivi, che fanno capo al corno posteriore ● centri propriocettivi, situati alla base del corno posteriore ● centri interocettivi e viscero-motori, situati nelle immediate vicinanze del canale centrale dell’ependima e nella massa intermedia grigia che collega il corno anteriore a quello posteriore. Questa è la localizzazione di queste strutture nella sostanza grigia. Quindi il sistema di conduzione permette di riconoscere la zona di entrata con le afferenze, che corrispondono alle strutture dei fasci che portano l’informazione dalla radice posteriore sensitiva verso la sostanza gelatinosa e poi, dalla parte opposta, si vedono le diverse colonne, identificabili con quelli che possono essere i neuroni spinali, commessurali indicati con i numeri 3 e 4 e i motoneuroni del corno anteriore indicati con il numero 1. L’immagine precedente mostra l'insieme delle strutture della sostanza grigia, con l'aggiunta dei cordoni della sostanza bianca, che sono identificabili attraverso i solchi presenti sulla superficie del midollo: ● ● ● ● la fessura mediana anteriore il cordone anteriore, da ciascun lato della precedente il cordone laterale, compreso tra il solco anterolaterale e posterolaterale il cordone posteriore, compreso tra l’entrata della radice dorsale, cioè il solco posterolaterale e il solco mediano posteriore Perché è importante questa suddivisione nei tre cordoni per ogni metà midollo per un totale di sei cordoni di sostanza bianca? Perché ovviamente all'interno di questi cordoni è presente una precisa distribuzione topografica dei fasci di sostanza bianca in essi contenuti. All'interno del midollo spinale sono presenti: ● fasci con decorso ascendente, che provengono dalla periferia del corpo, penetrano nel midollo spinale e poi risalgono in alto verso l’encefalo (fasci sensitivi) ● fasci con decorso discendente, che provengono dall'encefalo, penetrano nel midollo spinale e poi si portano al di fuori verso la periferia del corpo (fasci motori) ● fasci di associazione, che collegano un’area del nevrasse ad un’altra Quindi, all'interno della sostanza bianca se si considera il cordone anteriore, il cordone laterale oppure il cordone posteriore nel suo complesso si trovano dei fasci ben definiti che si collocano in quel determinato cordone. Ad esempio, se si prende il cordone posteriore si trova il fascio gracile (di Goll), vicino al solco mediano posteriore oppure il fascio cuneato (di Burdach), i quali trasportano la propriocezione, le sensibilità profonde. Ad esempio, se io prendo un diapason tenendolo in pugno con una mano e lo colpisco con l'altra mano in modo tale da farlo vibrare e poi lo appoggio sulla rotula o sul gomito di un paziente otterrò che la sensibilità vibratoria, che viene raccolta dalle strutture recettoriali della regione al livello della quale ho appoggiato il diapason, veicolerà l'informazione all’interno del midollo spinale passando attraverso i cordoni posteriori, gracile (di Goll) e cuneato (di Burdach). Quindi il compito, la posizione e il decorso del fascio che trasporta quel tipo di sensibilità sono ben definiti. Ad esempio, il fascio spinotalamico è diviso in una componente anteriore ed una laterale, le quali collegano il midollo spinale al talamo (Il nome di un fascio nel nevrasse prende il nome dalla stazione di partenza (ex. midollo spinale) e da quella di arrivo (ex. talamo)). Invece, i fasci discendenti possono essere riconducibili a sistemi motori e tra questi fasci si riconoscono in particolare i fasci del sistema piramidale, così chiamato perché l’origine delle fibre ad esso appartenenti è collocata al livello dei neuroni piramidali, tipicamente rappresentati nella corteccia motoria, i quali con i loro motoneuroni vanno a costituire gli assoni, le fibre bianche motrici del sistema piramidale. Il sistema piramidale infatti garantisce la motilità volontaria, utilizzata quando si decide con la propria volontà di compiere un movimento contraendo determinati gruppi muscolari. La motilità, però, non necessita solamente della componente volontaria garantita dal sistema piramidale e attivata tramite la neurotrasmissione, ma anche di una componente involontaria affidata al sistema extrapiramidale. Il sistema extrapiramidale, così denominato perché anatomicamente distinto, localizzato altrove rispetto a quello piramidale, garantisce una serie di azioni volte ad assecondare, completare e rendere più fluido il movimento volontario. È responsabile della gestione di tutte le informazioni relative ai movimenti involontari automatici e associati, che sono addirittura più importanti di quelli volontari. Infatti, in alcune patologie, come il morbo di Parkinson, proprio a causa di un danno al sistema extrapiramidale l’esecuzione dei movimenti volontari risulta difficoltosa e complessa nell’esecuzione, poiché l’azione di moderazione e perfezionamento svolto solitamente dal sistema extrapiramidale sono compromesse. La stessa via piramidale, di cui abbiamo parlato in termini estremamente semplificati, è in realtà molto complessa, anche a seconda delle specie che andiamo a considerare. Man mano che si sale nella scala zoologica la complessità del sistema piramidale aumenta. Quindi troveremo un maggior grado di complessità in senso ascendente nei cetacei, nelle scimmie non antropomorfe, nelle scimmie antropomorfe e infine nell’uomo. Difatti nell’uomo vi è il maggior grado di complessità del sistema piramidale, il quale oltretutto presenta una componente, corrispondente ai 3/4 o 75% del totale, che decorre in modo tale da determinare il controllo della metà di corpo da parte dell'emisfero controlaterale. L'emisfero cerebrale destro, infatti, è principalmente responsabile dell'attivazione dei movimenti volontari dell’emisoma sinistro e viceversa. Questo perché la via piramidale per il 75% delle sue fibre va a incrociare in modo tale che quello che si trova a sinistra passi sul lato destro e quello che si trova a destra passi sul lato sinistro. Questo incrocio avviene al livello delle piramidi bulbari, ossia al livello della porzione anteriore del segmento più caudale del tronco cerebrale, il quale è formato dal bulbo, dal ponte e dal mesencefalo in senso caudo-craniale. Una quota minoritaria, invece, corrispondente al 25% delle fibre, costituisce il fascio piramidale diretto, cosiddetto perché le fibre non finiscono dal lato opposto, ma si mantengono sullo stesso lato rispetto alla loro origine. In realtà le fibre di pertinenza del fascio piramidale diretto, che non si trova nel cordone laterale come quello crociato, ma nel cordone anteriore vicino alla fessura mediana anteriore, hanno una doppia decussazione, una di Wernekinck e una di Forel, le quali gli permettono di ritornare dallo stesso lato dal quale erano partite (quando uno incrocia due volte è come se non incrociasse, poiché l’incrocio superiore viene annullato da quello inferiore). In questa immagine sono identificabili le colonne, corrispondenti alle lamine di Rexed, relative al corno anteriore e a quello posteriore. Si può osservare la numerazione con i numeri romani a partire dall’inizio del corno posteriore nella sua porzione più dorsale. Ad esempio, la VII corrisponde alla regione grigia vicina al canale centrale dell’ependima e la X corrisponde a quella nel canale centrale dell’ependima, nella zona viscero effettrice. Questa immagine invece ingrandisce quello che è l'aspetto istologico del corno anteriore. Viene ipertrofizzato per una visualizzazione migliore un motoneurone alfa (in realtà microscopico) del corno anteriore del midollo spinale con le sue ramificazioni dendritiche. Ci saranno migliaia e migliaia di motoneuroni come questo in uno spazio piccolissimo come quello del corno anteriore grigio. Da questo pirenoforo scuro parte l’assone, che fuoriuscirà come radice anteriore motoria per partecipare alla costituzione del nervo spinale all’altezza del mielomero corrispondente. La presenza di queste strutture a livello microscopico è identificabile in questa immagine, che rappresenta un segmento di corno anteriore del midollo spinale di Macacus Rhesus, scimmia molto spesso impiegata negli studi per le somiglianze con l’uomo. Si vede la presenza dei pirenofori, con la sostanza tigroide, del cono di emergenza assonale, dell’assone, ecc. L’unità motrice che viene a costituirsi è rappresentata: ● dal motoneurone con il grosso pirenoforo e con il lunghissimo assone (fino ad 1m) ● dalla fibra muscolare da esso dipendente ● dalla placca motrice o sinapsi neuromuscolare Il motoneurone con il suo lunghissimo assone raggiunge la membrana della fibra muscolare, presso la quale costituisce la placca motrice o sinapsi neuromuscolare, responsabile dell’attivazione, tramite liberazione del neurotrasmettitore acetilcolina, delle fibre muscolari che formano l’unità motoria. Questa immagine mostra la caratteristica struttura di una sinapsi neuromuscolare. Si intravede l’assone che sta entrando nella compagine del tessuto, nel quale va poi a formare una sorta di espansione all'interno e a ridosso della fibra muscolare striata scheletrica. Qui avviene il trasferimento dell'impulso tra nervo e fibra muscolare attraverso la liberazione del neurotrasmettitore acetilcolina, rilasciata nello spazio tra fibra nervosa e muscolare presso la sinapsi o placca motrice per determinare la contrazione della fibra muscolare. L’acetilcolina è veicolata a partire dal pirenoforo tramite il flusso assonico lungo tutto l’assone, il quale arriva fino alla fibra muscolare per formare la placca motrice. Tra l’assone e la fibra muscolare si crea, però, una fessura sinaptica, interspazio non appartenente né al terminale assonico né alla fibra muscolare, terra di nessuno, nella quale è possibile il transito dell’impulso tramite l'acetilcolina. Quest’ultima all’interno di vescicole, micro-serbatoi multipli raggiunge il terminale assonico per essere riversata in questo spazio e così si realizza la neurotrasmissione. Ovviamente questo non è un processo continuo, ma a intervalli: il neurotrasmettitore viene liberato nella fessura sinaptica attraverso la quale passa l’impulso e raggiunge la fibra muscolare, innescando la trasmissione neuromuscolare e quindi la contrazione muscolare. Poi il neurotrasmettitore, che permane all'interno della fessura sinaptica, viene ricaptato dal terminale assonico, cosicché non vada perduto o consumato irreversibilmente, ma al contrario venga utilizzato nuovamente dal neurone per formare nuove molecole di acetilcolina con la colina acetilasi. Il recupero del neurotrasmettitore è necessario per garantire l’attivazione a intervalli, progressiva, ritmica o continua di gruppi muscolari ad esempio durante l'attività fisica. Inoltre, è importante ricordare che la presenza del neurotrasmettitore e il conseguente passaggio dell'impulso richiedono l'interazione del neurotrasmettitore con la superficie della membrana della fibra muscolare grazie a strutture recettoriali, situate sulla fibra muscolare in corrispondenza della placca motrice. Ciò è estremamente importante da un punto di vista anche farmacologico, perché la fibra muscolare ha una caratteristica particolare, ossia possiede un sito di legame per il neurotrasmettitore altamente specifico, basato su una perfetta coincidenza fra la conformazione del neurotrasmettitore e quella del recettore (ex. Chiave-serratura). L’acetilcolina, quindi, ha una conformazione sterica ben precisa e affine al recettore della fibra muscolare. Esistono, però, anche altre molecole biologiche, altri farmaci (analoghi del curaro), altri veleni che possono avere una notevole affinità per il recettore in questione. Esistono degli inibitori reversibili e altri irreversibili del recettore per l'acetilcolina, un esempio di questi ultimi è il curaro usato dagli indigeni dell'Amazzonia per uccidere gli animali, il quale può essere assunto assieme al prodotto della caccia senza provocare, in assenza di lesioni, di fissurazioni del tubo digerente, alcun problema. Viceversa, se il curaro viene a contatto con il circolo sanguigno, come nel caso delle prede trafitte dalle frecce immerse nella suddetta pianta, provoca la paralisi neuromuscolare e di conseguenza la morte. Il curaro, infatti, si lega al recettore per l’acetilcolina creando un blocco irreversibile della neurotrasmissione. L’acetilcolina, come anche alcuni farmaci che vengono usati nell'anestesia generale, è invece in grado di legarsi reversibilmente al suo recettore. Questi farmaci analoghi del curaro, simili alla tubocurarina, vanno a legarsi al recettore per il tempo strettamente necessario a ottenere la paralisi neuromuscolare indispensabile per far lavorare il diaframma e l’apparato respiratorio del paziente in maniera congrua con quelli che sono gli atti del respiratore automatico, che determina la ventilazione del paziente durante l’anestesia generale. Se il paziente non avesse il tubo endotracheale e non fosse collegato al respiratore automatico morirebbe, perché non avrebbe la possibilità di far funzionare i suoi polmoni e il suo diaframma. Questi farmaci da una parte causano la paralisi muscolare, non facendo trovare un addome contratto al chirurgo che deve incidere per effettuare ad esempio un’appendicectomia, ma dall’altra vanno a bloccare l’attività del diaframma, condannando il paziente a morte se quest’ultimo non fosse collegato al respiratore automatico. Quando la procedura chirurgica è terminata si interviene con un antagonista in grado di spezzare il legame reversibile tra il farmaco e il recettore per l’acetilcolina così da ripristinare la possibilità della neurotrasmissione al livello della fibra muscolare. Esistono, però, anche degli inibitori irreversibili dell’acetilcolina, come quelli contenuti in alcuni veleni di serpenti, ad esempio in quello del Bungarus Multicinctus, il cui morso purtroppo causa in pochi minuti la paralisi neuromuscolare, l'interruzione delle funzioni respiratorie e quindi la morte.