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Vigilanza bancaria: Da Basilea III a Basilea IV

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Sommario
CAPITOLO 1, Il comitato di Basilea per la supervisione bancaria ........................................................ 1
1.1, Cenni storici, ruolo e funzioni delle banche ................................................................................ 1
1.2, Principi alla base della vigilanza bancaria ................................................................................... 3
1.3, Comitato di Basilea: Basilea 1 e 2 ............................................................................................... 6
CAPITOLO 2, Basilea III ..................................................................................................................... 11
2.1, La crisi e il contesto normativo alla base ................................................................................... 11
2.2, Il nuovo quadro normativo e un cambio di paradigma .............................................................. 13
Requisiti patrimoniali e di liquidità minimi ............................................................................. 13
Gestione del rischio di credito e di mercato .............................................................................. 17
Disciplina di mercato .................................................................................................................. 18
2.3, Impatto di Basilea III ................................................................................................................. 19
CAPITOLO 3, Basilea IV ..................................................................................................................... 22
3.1, Critiche al framework di Basilea III .......................................................................................... 22
3.2; Keypoints di Basilea IV ............................................................................................................. 24
3.3, Impatto della nuova normativa .................................................................................................. 28
CONCLUSIONE .................................................................................................................................. 30
3
VIGILANZA BANCARIA: DA BASILEA III DA BASILEA IV
CAPITOLO 1, Il comitato di Basilea per la supervisione bancaria
1.1, Cenni storici, ruolo e funzioni delle banche
Il sistema finanziario è il settore dell'economia che permette il trasferimento di
risorse tra coloro che hanno accumulato fondi in eccesso e quelli che, invece, ne
sono in deficit. Nel primo caso si parla, normalmente, di individui o famiglie che
non svolgono attività imprenditoriali; nel secondo caso ci si riferisce invece a
imprese o governi.
Sono due i circuiti attraverso cui il denaro degli investitori o risparmiatori
raggiunge i soggetti che lo necessitano: gli intermediari e i mercati finanziari.
Le banche sono gli attori chiave che operano all’interno del complesso sistema
degli intermediari finanziari. Esse si collocano tra coloro che offrono fondi e
coloro che li richiedono, sottraendo risorse finanziarie al pubblico e allocandole
alle imprese, o sotto forma di prestiti o acquisendo partecipazioni nelle stesse.
Il termine moderno "banca" deriva dall’italiano banco: nell'Italia di fine
Medioevo, la moderna attività bancaria veniva condotta da singoli mercanti
tramite una panchina portatile posizionata nei luoghi dove avvenivano i principali
scambi commerciali all’interno della città.
1
In Mesopotamia, circa 2000 anni prima di Cristo, vi era la possibilità di prendere
denaro a prestito dai templi e dai luoghi di culto. Più avanti coi secoli, a
Gerusalemme, i cambiavalute che si trovavano nel distretto del tempio offrivano
anche depositi di capitali presso di loro, offrendo in cambio un tasso d’interesse
al depositante.
Oggi l’Unione Europea fornisce la seguente definizione di banca:
«is an undertaking the business of which is to take deposits or other
repayable funds from the public and to grant credits for its own account»1
In generale, i sistemi finanziari possono essere distinti in bank-centred systems,
ad esempio Italia, Francia e Germania o market-centred systems2, Stati Uniti e
Regno Unito. I primi vedono un forte coinvolgimento dello Stato
nell'economia, che possiede anche direttamente gran parte del sistema
bancario; mentre nei secondi i maggiori flussi di denaro tra soggetti in surplus
e in deficit avvengono tramite i mercati, quindi tramite collegamenti diretti. Col
trascorrere del tempo tali differenze si sono sempre più assottigliate, ma
rimangono comunque tuttora visibili.
1
Regulation 575/2013, art. 4.1
2
Dow 2004, p.17 “Some research suggests that by providing more ready access to capital and more informed
monitoring by the firm, bank-centered systems may be particularly useful during times of economic downturn,
and may better allow firms to overcome temporary financial downturns Bank-centered systems, however, have
been increasingly criticized in regard to their monitoring effectiveness. Indeed, critics have noted that by
protecting firms from financial pressures, bank-centered systems may provide fewer incentives for firms to remain
competitive”
2
Le banche moderne svolgono quattro fondamentali funzioni nell’adempimento
del loro compito di intermediazione3:
I.
II.
Funzione monetaria, le banche creano nuovi strumenti di pagamento;
Trasferimento di liquidità, le banche forniscono liquidità ai propri clienti
al fine di sostenere consumi e investimenti;
III.
Intermediazione delle scadenze, agendo da abile negoziatore fra attività
e passività con durate e scadenze disallineate.;
IV.
Valutazione e rating, con la finalità di concedere prestiti solo ai soggetti
meritevoli
1.2, Principi alla base della vigilanza bancaria
La banca è un’azienda. Le aziende possono incappare in problemi più o meno
gravi che possono avere conseguenze importanti a livello macroeconomico e
sociale. Tuttavia, la particolarità dell’attività bancaria, in caso di dissesto, può
tramutarsi in un problema molto serio per i singoli risparmiatori, per
l’economia reale e per il sistema finanziario in generale.
Infatti, nel caso in cui un gran numero di depositanti ritiri i propri investimenti,
la banca può non essere in grado di soddisfare le loro richieste dovendo
liquidare le proprie attività e incassare anzitempo gli investimenti a lungo
termine, incorrendo in una perdita. Un problema di liquidità si trasformerà così
3
Gerratana, L’importanza delle banche nel sistema economico, Daily Finance Institute
3
rapidamente in un problema di solvibilità in quanto le attività finiranno per
avere un valore inferiore alle passività in bilancio. I correntisti, preoccupati per
la possibilità di sopravvivenza della banca, potrebbero generare la cosiddetta
“corsa agli sportelli”4. Sorge, quindi, la necessità di monitorare costantemente
l’operato degli istituti bancari al fine di limitare siffatti accadimenti.Il
principale obiettivo dei sistemi di vigilanza bancaria è, quindi, quello di tutelare
la fiducia del pubblico e dei risparmiatori, garantendo stabilità e garanzia di un
corretto funzionamento sia a livello dei singoli istituti, sia a livello di sistema
bancario, limitando l’insorgere di situazioni patologiche al suo interno5. I
modelli di vigilanza prevedono principalmente quattro principi e requisiti alla
base della corretta gestione degli istituti bancari6:
I.
Requisiti patrimoniali, che rappresentano un cuscinetto per il valore
delle attività e riducono il rischio di insolvenza in conseguenza alla loro
diminuzione. Infatti, quanto maggiori sono le riserve di capitale, tanto
maggiori sono le perdite che la banca può sostenere prima di non essere
in grado di far fronte ai propri debiti;
4
Con il termine “corsa agli sportelli” ci si riferisce al ritiro dei depositi effettuato in un arco temporale ridotto da
parte di un elevato numero di correntisti di una certa banca. Si tratta di fenomeno tipico delle crisi finanziarie e si
manifesta in seguito ad una generale mancanza di fiducia nella solidità e solvibilità dell’istituto bancario o, più in
generale, del sistema economico.
5
BCBS, Core principles for effective banking supervision, 2012, pp. 9-16
6
BCBS, Core principles for effective banking supervision, 2012, pp. 9-16
4
II.
Requisiti di liquidità7, che prevedono il mantenimento da parte degli
istituti di una quota di liquidità, col fine di ridurre la probabilità di non
essere in grado di soddisfare le richieste di prelievo, di crisi di liquidità
e di insolvenza di terzi debitori;
III.
Requisiti di governance, definiti come l’insieme di regole in base alle
quali nell’istituto si determinano gli obiettivi, si governano le relazioni
tra manager, azionisti e altri stakeholder, si controllano performance e
operatività;
IV.
Schemi di assicurazione sui depositi, atti a garantire in ogni momento al
correntista l’accesso ai fondi depositati presso la banca.
In fine, è possibile articolare la vigilanza degli istituti bancari secondo tre
distinti modelli8:
I.
Modello accentrato o del regolatore singolo, nel quale è presente una
sola autorità preposta alla vigilanza dell’intero sistema finanziario;
II.
Modello decentrato, che prevede più autorità di vigilanza, ognuna
operante sulle diverse attività o funzioni assunte dagli istituti creditizi;
III.
Modello ibrido, utilizzato in Italia, che costituisce un mix tra i possibili
diversi modelli decentrati
7
Board of International organization of securities commissions 2013, p.3 “The responsible entity should set
appropriate liquidity thresholds which are proportionate to the redemption obligations and liabilities of the CIS
(customer integrated system).
8
Financial Stability Institute, Financial supervisory architecture, 2018, pp 32-38
5
1.3, Comitato di Basilea: Basilea 1 e 2
Nei primi anni ‘70, una grave perturbazione all’interno dei mercati valutari e
del sistema bancario impose un cambio di paradigma in tema di supervisione e
vigilanza. Infatti, nel 1974, il fallimento dell’istituto di credito tedesco
Bankhaus Herstatt, molto attivo sui mercati valutari, causò una reazione a
catena che destabilizzò l’intero sistema finanziario, in particolare i sistemi di
pagamento e regolamento. Venne alla luce come la mancata supervisione sulle
attività di transazione di valute condotte dall’istituto, generò un effetto domino
che mise in ginocchio il sistema finanziario internazionale.
In questo scenario, nel 1975, i governatori delle banche centrali dei paesi del
G10 istituirono il Comitato di Basilea, inizialmente denominato “Comitato per
la regolamentazione bancaria e le prassi di vigilanza”. Esso nacque con lo
scopo di migliorare la stabilità finanziaria attraverso un rafforzamento dei
sistemi di supervisione bancaria e di incentivare cooperazione tra i suoi paesi
membri in materia di vigilanza bancaria. In un primo momento, un obiettivo
importante del lavoro del Comitato fu quello di colmare le lacune riguardo il
monitoraggio degli istituti in modo che nessuno potesse sfuggire alla vigilanza,
e che essa fosse adeguata e coerente alle giurisdizioni dei vari membri. Vennero
quindi implementati una serie di regole e direttive con lo scopo di stabilire i
principi per la condivisione della responsabilità tra le autorità di vigilanza del
6
paese ospitante e della casa madre in caso di succursali estere delle banche, di
controllate e joint venture9.
In seguito al rafforzamento dei sistemi di supervisione, l'adeguatezza
patrimoniale è diventata ben presto il fulcro delle attività del Comitato. In seguito
al deterioramento dei coefficienti patrimoniali delle principali banche
internazionali, è scaturita l’esigenza di un approccio analitico e ponderato
riguardo la rischiosità delle attività detenute in bilancio dagli istituti. Nel luglio
del 1988 venne quindi approvato un sistema di misurazione del capitale a
bilancio, comunemente denominato Accordo di Basilea sui requisiti
patrimoniali10. Esso prevedeva che entro la fine del 1992, i diversi istituti
dovessero avere a bilancio un rapporto minimo dell'8% tra capitale e riskweighted assets11. Questo quadro di riferimento venne introdotto non solo nei
Paesi membri del G10, ma anche in quasi tutti i Paesi aventi banche attive a livello
internazionale. Nel settembre 1993, il Comitato di studio rilasciò una serie di
documenti in cui venne confermato che le banche internazionali dei paesi del G10
soddisfacevano i requisiti minimi previsti dall'Accordo.
9
BCBS 1983, Concordat, “Principles for the supervision of banks’s foreign establishments”.
10
BCBS 1988 “International convergence of capital measurement and capital standards”.
Con il termine Risk-weighted assets ci si riferisce ad un sistema di classificazione delle attività che viene
utilizzato per determinare il capitale minimo che le banche dovrebbero tenere come riserva per ridurre il rischio
di insolvenza.
11
7
Il Comitato, inoltre, perfezionò successivamente il quadro di riferimento per
affrontare i rischi diversi dal rischio di credito, che rappresentava il fulcro
dell'accordo del 1988. Nel gennaio 1996 venne pubblicato l'Emendamento
all'Accordo sui requisiti patrimoniali per incorporare i rischi di mercato (Market
Risk Amendment), entrato in vigore a partire dalla fine del 1997. L'obiettivo fu
quello di incorporare nell'accordo un requisito patrimoniale per i rischi di mercato
derivanti dalle esposizioni delle banche al mercato cambiario, ai titoli di debito
negoziati ed al mercato azionario. Venne, inoltre, consentito per la prima volta
alle banche di utilizzare modelli interni come base per la misurazione dei loro
requisiti patrimoniali per i rischi di mercato, sempre nel rispetto di rigorosi
standard quantitativi e qualitativi.
Nel giugno 1999, il Comitato formulò una proposta per un nuovo quadro di
adeguatezza patrimoniale in sostituzione dell'Accordo del 1988. Ciò portò, nel
giugno del 2004, alla pubblicazione di un nuovo schema di regolamentazione del
capitale, noto come Basilea 212, basato su tre pilastri che consentivano alle
autorità di vigilanza di valutare adeguatamente i vari rischi cui erano esposte le
banche. In particolare Basilea 2 prevedeva requisiti patrimoniali minimi,
confermando all’8% il coefficiente ottenuto rapportando l'ammontare minimo di
12
BCBS 2004, “International convergence of capital measurement and capital standards”.
8
patrimonio di vigilanza13 al complesso delle attività ponderate in base al loro
rischio creditizio. Vennero, inoltre, introdotti i concetti di rischio operativo, ad
esempio in casi di frode o di pratiche discriminatorie, e di rischio di mercato,
definito come il rischio di perdite derivanti da negoziazione di strumenti
finanziari sui mercati. In aggiunta, per la misurazione del rischio di credito, le
banche potranno utilizzare nuove varie metodologie di calcolo dei requisiti di
rischio. Venne, inoltre, previsto che le Banche Centrali avessero una maggiore
discrezionalità nel valutare l'adeguatezza patrimoniale delle banche, potendo
imporre una copertura superiore rispetto ai requisiti minimi stabiliti. Infine, fu
introdotto un obbligo di maggiore trasparenza nei confronti del mercato e del
pubblico.
La crisi finanziaria del 2008, tuttavia, fece emergere la necessità di un
fondamentale rafforzamento del quadro di Basilea II. Il settore bancario entrò
nella crisi finanziaria con una leva finanziaria14 sui prestiti eccessiva e con riserve
di liquidità inadeguate. Queste debolezze erano, inoltre, accompagnate da una
carente ed inoculata gestione dei rischi di credito e di mercato. Tutto ciò contribuì
notevolmente allo scoppio della crisi finanziaria e al suo propagamento dagli
Con il termine “Patrimonio di vigilanza” ci si riferisce al capitale che ogni banca deve detenere per soddisfare
i requisiti di vigilanza prudenziale.
13
Borsa Italiana, Glossario finanziario, la “leva finanziaria” o “rapporto di indebitamento” è definito come il
rapporto tra debiti e mezzi propri (capitale e riserve patrimoniali) di un'impresa. Il termine fa anche riferimento.
La definizione di leva finanziaria fa anche riferimento all'uso del debito per migliorare la redditività netta dei
mezzi propri di un'impresa, grazie all'effetto fiscale favorevole della deducibilità degli interessi passivi dal reddito
imponibile.
14
9
USA ai principali mercati mondiali. Nacque, quindi, nuovamente, l’esigenza di
rinnovare il quadro normativo, in modo da rafforzare la tenuta del sistema
bancario non solo a livello delle singole istituzioni, ma a livello globale, con lo
scopo di evitare un nuovo tracollo finanziario di portata internazionale.
10
CAPITOLO 2, Basilea III
2.1, La crisi e il contesto normativo alla base
La crisi finanziaria del 2008, tra le sue conseguenze negative, ebbe quella di
mettere in ginocchio il settore bancario. Alcune istituiti fallirono, altri furono
salvati dai governi e altri ancora furono costretti a fondersi con partner più forti.
Sulla scia di questi avvenimenti, il Comitato di Basilea affrontò il difficile
compito di diagnosticare quali furono i fattori critici scatenanti della crisi e di
aggiornare le normative volte ad evitare un nuovo collasso del sistema
finanziario globale. Dall’analisi effettuata a posteriori emerse immediatamente
che la maggior parte delle banche detenevano una quantità di capitale
inadeguata rispetto al valore delle operazioni finanziarie che detenevano in
bilancio. Inoltre, anche le banche adeguatamente capitalizzate entrarono in
difficoltà a causa dell'insufficiente riserva di liquidità detenuta. Ci si rese, in
fine, conto che la forte interconnessione tra i diversi istituti finanziari trasmise
lo shock dal sistema finanziario all'economia, causando una recessione di
portata internazionale15.
In risposta all’esigenza di rinnovare il quadro normativo ritenuto ormai obsoleto,
nello stesso mese in cui Lehman Brothers fallì, il Comitato di Basilea cominciò
15
International journal of disclosure and governance, “Causes of the global financial crisis: learning from the
competing insights”, 2010, pp. 55-62
11
con l’emanare “Principi per una sana gestione e supervisione del rischio di
liquidità”.
Nel luglio 2009 venne emanato un ulteriore pacchetto di documenti per
rafforzare lo schema patrimoniale di Basilea II, in particolare per quanto
riguarda il trattamento di alcune complesse posizioni di cartolarizzazione e
strumenti fuori bilancio. Nel settembre 2010, il Gruppo dei Governatori e dei
Capi di Stato e di Governo (GHOS) annunciò standard patrimoniali minimi più
elevati per le banche commerciali operanti a livello internazionale. Essi furono,
poi, concordati e pubblicati ufficialmente dal Comitato a metà del dicembre
successivo con il nome di “Basel III: A global regulatory framework for more
resilient banks and banking systems” Gli obiettivi di questa nuova riforma di
supervisione bancaria erano quelli di:16
I.
II.
Perfezionare e migliorare la governance e la gestione dei rischi;
Migliorare la capacità del settore bancario di assorbire uno shock
economico e finanziario;
III.
Rafforzare le regole di trasparenza nei confronti del mercato a cui le
banche devono sottostare;
IV.
Ridurre la probabilità che insorgano nuove crisi economiche e
finanziarie;
16
Basel Committee on Banking Supervision, 2020, “Scope and definitions”, pp. 8-13
12
2.2, Il nuovo quadro normativo e un cambio di paradigma
Mentre le riforme introdotte in Basilea I e II sono state realizzate quasi
esclusivamente a livello micro-prudenziale o di singola istituzione, Basilea III
introdusse una serie di strumenti e standard a livello macro-prudenziale con lo
scopo di affrontare il rischio sistemico all'interno del sistema finanziario
globale. Il framework si compone infatti dei tre seguenti pilatri17:
I.
II.
Maggiori requisiti patrimoniali minimi e di liquidità;
Processo di revisione potenziato per la gestione del rischio e la
pianificazione del capitale a livello aziendale;
III.
Miglioramento della divulgazione dei rischi e della disciplina di
mercato;
Requisiti patrimoniali e di liquidità minimi
Requisiti patrimoniali
Dal punto di vista dei requisiti di tipo patrimoniale, la riforma di Basilea III cerca,
innanzitutto, di garantire che la base di capitale di ogni banca attiva a livello
internazionale sia sostenuta da un buffer18 di alta qualità in grado di assorbire le
perdite durante i periodi recessivi. Il requisito secondo cui il patrimonio totale di
17
Banks for International Settlement, “Basel Committee on Banking Supervision reforms: Basel III”
Treccani, Dizionario di economia e finanza, “Scorte cuscinetto di prodotto o di capitale che hanno la funzione
di stabilizzare le fluttuazioni di un'attività costituendo uno stock di sicurezza a fronte di shock imprevisti”.
18
13
una banca deve essere pari ad almeno l'8% dei suoi RWAs viene, infatti, ampliato.
Si richiede che almeno il 75% del patrimonio totale di una banca sia costituito da
patrimonio di base, di tipo Tier 119, mentre non più del 25% può essere costituito
da patrimonio supplementare, Tier 220. Inoltre, il patrimonio di base viene
suddiviso in due categorie: il Common Equity Tier 121 e l’Additional Tier 122. Il
Common Equity Tier 1 deve rappresentare almeno il 4,5% dei RWAs, pari quindi
al 75% del patrimonio di base della banca.
Il comitato richiese, inoltre, l’implementazione di due buffer addizionali destinati
a servire da ulteriore difesa contro eventuali perdite future: un buffer di
conservazione del capitale (Capital conversation buffer) e il buffer di capitale per
andamenti anticiclici (Countercyclical buffer). Infatti, anche durante le prime fasi
della crisi, alcune banche continuarono a distribuire dividendi e a concedere
ingenti premi al proprio personale. Ciò, probabilmente, contribuì ad erodere le
riserve di capitale e ridusse la capacità delle banche di assorbire perdite
19
Borsa Italiana, Glossario finanziario, “Il Tier I capital è chiamato patrimonio di base o di qualità primaria
perché costituisce il nocciolo duro del capitale di ogni banca del mondo. Al Tier 1 capital concorrono: il capitale
versato, le riserve (compreso il sovrapprezzo azioni) e gli utili non distribuiti”
Borsa Italiana, Glossario finanziario, “Il Tier II è rappresentato dalla somma degli elementi patrimoniali di
qualità secondaria, ossia le riserve di valutazione, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione (passività
irredimibili e altri strumenti rimborsabili su richiesta dell’ emittente col preventivo consenso della Banca d’Italia),
le passività subordinate e gli altri elementi positivi, previa deduzione delle minusvalenze nette sui titoli e di altri
possibili elementi negativi”.
20
Corporate Finance Institute, What is Common Equity Tier 1 (CET1)?, “Common Equity Tier 1 (CET1) is a
component of Tier 1 Capital, and it encompasses ordinary shares and retained earnings”
21
Il Sole 24 ore, “Gli strumenti di Additional Tier 1 capital possono essere considerati i bond più vicini ai titoli
azionari. Si tratta di obbligazioni «perpetue», che assicurano alle banche emittenti la stabilità patrimoniale
necessaria per far fronte ad eventuali scenari di stress finanziario”.
22
14
aggiuntive. Il buffer di conservazione del capitale richiede che le banche
detengano un ulteriore 2,5% del capitale totale sotto forma di Common Equity
Tier 1, oltre al minimo del 4,5% citato precedentemente. Di conseguenza, il
requisito del Common Equity Tier 1 viene, di fatto, portato al 7% dei RWAs. Il
buffer di capitale per andamenti anticiclici mira, invece, ad assicurare che una
frazione dei requisiti patrimoniali sia calibrata in funzione delle condizioni
macroeconomiche in cui i soggetti creditizi si trovano ad operare nel corso del
ciclo finanziario: nei periodi di espansione del ciclo finanziario ha lo scopo di
arginare un eccessivo aumento dell’ offerta di credito e della leva finanziaria;
nelle fasi recessive assicura che gli istituti di credito possano continuare a
svolgere la propria attività creditizia nonostante i limiti imposti dalla
regolamentazione micro-prudenziale.23
Il Comitato adottò, inoltre, una misura supplementare per rafforzare i requisiti
patrimoniali basati sul rischio esistenti, l’Indice di leva finanziaria, calcolato
confrontando il patrimonio di base con l’esposizione totale, senza riferimento ai
RWAs. L'obiettivo è che tale indice non risulti mai superiore al 3%.
Requisiti di liquidità
Quanto meno nelle sue fasi iniziali, però, la crisi finanziaria globale non si
manifestò a seguito di una crisi di capitale quanto piuttosto di una crisi di
23
Banking and financial services, Policy Report, “Basel III: an overview”, pp. 3-5
15
liquidità.24Riconoscendo questa problematica, il BCBS introdusse due standard
di liquidità minimi: il Liquidity Coverage Ratio (LCR) e il Net Stable Funding
Ratio (NSFR). Il LCR fu concepito per garantire che una banca attiva a livello
internazionale disponga di attività liquide di alta qualità sufficienti a compensare
i flussi di cassa in uscita che potrebbero manifestarsi in uno scenario di stress
acuto che può includere shock sia sistemici che specifici dell'istituto.
𝐿𝐢𝑅 =
π‘ π‘‘π‘œπ‘π‘˜ π‘œπ‘“ β„Žπ‘–π‘”β„Ž π‘žπ‘’π‘Žπ‘™π‘–π‘‘π‘¦ π‘™π‘–π‘žπ‘’π‘–π‘‘π‘–π‘‘π‘¦ π‘Žπ‘ π‘ π‘’π‘‘π‘ 
≥ 100%
π‘‘π‘œπ‘‘π‘Žπ‘™ 𝑛𝑒𝑑 π‘π‘Žπ‘ β„Ž π‘œπ‘’π‘‘π‘“π‘™π‘œπ‘€π‘  π‘œπ‘£π‘’π‘Ÿ π‘‘β„Žπ‘’ 𝑛𝑒π‘₯𝑑 30 π‘‘π‘Žπ‘¦π‘ 
Il numeratore di questa formula è lo stock di attività liquide di alta qualità
detenuto dalla banca, asset caratterizzati per avere un basso rischio di credito e di
mercato. La formula richiede che tale stock di attività sia almeno pari al totale dei
flussi di cassa netti in uscita per i successivi 30 giorni.
Il NSFR promuove, al contrario, l’accantonamento di importi minimi di liquidità
basati sul valore delle attività, rapportandosi però su un periodo di stress
prolungato pari a un anno. Tale requisito richiede che l’Available Stable Funding
(ASF) sia quanto meno pari al Required Stable Funding (RSF).25
𝑁𝑆𝐹𝑅 =
Available Stable Funding
≥ 100%
Required Stable Funding
International journal of disclosure and governance, “Causes of the global financial crisis: learning from the
competing insights”, 2010, pp. 55-62
24
25
Banking and financial services, Policy Report, “Basel III: an overview”, 2012, pp. 3-5
16
Gestione del rischio di credito e di mercato
La crisi finanziaria è stata, inoltre, in grado di sottolineare le debolezze nelle
pratiche di gestione del rischio associate agli strumenti derivati 26. Ciò ha spinto
il Comitato di Basilea ad includere nel framework un significativo rafforzamento
del suo quadro di riferimento, in particolare riguardo al rischio di credito della
controparte (Counterparty credit risk). Vennero infatti introdotti ulteriori
strumenti di tutela e misurazione della rischiosità degli asset detenuti in bilancio,
alcuni di questi sono27:
I.
Credit valuation adjustment, oltre ai fondi propri per il rischio di
insolvenza, le banche saranno tenute a detenere capitale a fronte di
perdite derivanti da una diminuzione del merito creditizio della
controparte;
II.
Wrong-way risk, tale rischio sorge quando l'esposizione di una banca nei
confronti di una controparte aumenta man mano che il merito creditizio
della controparte diminuisce;
III.
Enhanced counterparty credit risk management, viene posta particolare
attenzione all'operatività delle procedure per la valutazione del rischio di
controparte in periodi di forte turbolenza dei mercati. Anche i sistemi e
International journal of disclosure and governance, “Causes of the global financial crisis: learning from the
competing insights”, 2010, pp. 55-62
26
27
Banking and financial services, Policy Report, “Basel III: an overview”, 2012, pp. 7-8
17
le procedure di gestione del rischio devono essere rivisti almeno una
volta all'anno e le banche devono disporre di un'unità di controllo del
rischio indipendente, separata dalle altre unità operative, che effettua
valutazioni giornaliere delle misure di rischio e dell'esposizione
creditizia;
Disciplina di mercato
Viene introdotto l’obbligo, a carico degli istituti di credito di grandi dimensioni
(Global sistemically important banks, G-SIBs), d’informazione al pubblico con
apposite tabelle informative riguardo la propria adeguatezza patrimoniale e le
caratteristiche generali dei sistemi di gestione, controllo e monitoraggio dei
rischi, con lo scopo di rafforzare la disciplina di mercato a cui gli istituti devono
sottostare28. È possibile distinguere le informazioni richieste alle banche in due
principali categorie:
I.
informazioni qualitative, con lo scopo di fornire al mercato una
descrizione delle strategie e metodologie adottate nella misurazione e
gestione dei rischi;
II.
informazioni quantitative, con l’obiettivo di quantificare il patrimonio
degli istituti, i rischi cui essi sono esposti e l’effetto delle politiche di
utilizzo dei software CRM (Customer Relationship management);
28
Banking and financial services, Policy Report, “Basel III: an overview”, 2012, p. 11
18
2.3, Impatto di Basilea III
L’ approccio della riforma fu, in sostanza, quello di cumulare una serie di
requisiti patrimoniali e di liquidità col fine di garantire una maggior stabilità
del mercato. Questo approccio fu in parte criticato, soprattutto da coloro che
sottolineavano che le singole misure potessero entrare in conflitto tra di loro,
riducendo il loro impatto positivo sulla stabilità finanziaria. Al contrario,
numerosi studi successivi, dimostrarono che l’impatto congiunto dei vari
strumenti micro-prudenziali adottati, fu notevolmente maggiore della somma
dei contributi dei singoli strumenti alla stabilità del settore.29 Tuttavia, ad
eccezione del buffer di conservazione del capitale (CCB), che rappresenta uno
strumento indispensabile per contrastare il comportamento pro-ciclico degli
istituti, l'impatto congiunto derivante dagli strumenti adottati al livello
macroprudenziale risulta essere marginale, se non addirittura negativo.
Per quanto riguarda la regolamentazione micro-prudenziale, i suoi strumenti
(requisiti patrimoniale e di liquidità) sono risultati essere interdipendenti e
complementari. Infatti, il loro impatto congiunto aumenta il tasso medio di
sopravvivenza delle banche del +52,5%, mentre il loro impatto autonomo
(+15,2% per il Capital Adequacy Ratio e +8,2% per il Liquidity Coverage
Ratio) è piuttosto moderato30. Inoltre, l'implementazione del buffer di
29
30
Krug, Legnick, Vohltmann, 2013, “The impact of Basel III on financial instability”, pp. 1-3
Basel Committee on Banking Supervision, Basel III Monitoring Report, 2017, pp. 8-15
19
conservazione del capitale (CCB), che obbliga le banche a detenere capitale al
di sopra del requisito minimo durante i periodi di congiuntura favorevole,
rappresenta uno strumento altrettanto indispensabile in quanto riduce
l’accentuazione della fluttuazione del ciclo economico (il CCB ha un impatto
autonomo del +14,4%). La stretta connessione di questi tre strumenti citati è
chiaramente dimostrata dal fatto che il loro impatto tridimensionale risulta
essere molto forte ed invasivo (+66,7% sul tasso medio di sopravvivenza degli
istituti).31
Troviamo, inoltre, che l'indice di leva finanziaria ha un impatto maggiore se la
base di capitale è piuttosto bassa. Aveva, infatti, un effetto positivo del 12,8% in
Basilea II, che aveva requisiti patrimoniali meno stringenti, rispetto al 2% con la
riforma di Basilea III. Sembra, quindi, che, con un numero crescente di vincoli
imposti, l'aggiunta dell'indice di leva finanziaria massimo limiti la flessibilità
delle banche in modo tale da limitare una parte cruciale dell'impatto positivo degli
altri strumenti normativi32.
In conclusione, l’impatto positivo degli strumenti utilizzati a livello
macroprudenziale, risultò molto più limitato e, soprattutto se si considera la
loro finalità di rafforzare il sistema finanziario contro gli shock e, cosa molto
31
Basel Committee on Banking Supervision, Basel III Monitoring Report, 2017, pp. 8-15
32
Basel Committee on Banking Supervision, Basel III Monitoring Report, 2017, pp. 27-28
20
più importante, di mantenere il suo funzionamento in tempi di stress, ci si pose
il dubbio che questi obiettivi potessero essere raggiunti con regolamentazione
a livello macroprudenziale prevista dall'accordo.33
33
Basel Committee on Banking Supervision, Basel III Monitoring Report, 2017, pp. 22-27
21
CAPITOLO 3, Basilea IV
3.1, Critiche al framework di Basilea III
Nel corso dell’ultimo decennio, nonostante la lenta e graduale applicazione del
pacchetto normativo di Basilea III, non sono mancate le critiche ai nuovi
strumenti di regolamentazione.
Le critiche riguardo le esternalità negative del framework si sono concentrate,
come già detto, sulla regolamentazione adottata a livello macroprudenziale,
volta a fronteggiare il rischio sistemico insito nel complesso apparato degli
intermediari finanziari. Le considerazioni negative riguardo a questo tipo di
strumenti nascono dal fatto che risulta molto complesso valutare sia i loro
effetti, sia le interazioni reciproche che intercorrono tra di essi. Tutto ciò è
dovuto, in particolare, al fatto che non venne, parallelamente alla loro adozione,
instaurato un apparato tecnico in grado di valutarne a pieno il funzionamento.34
In secondo luogo, venne individuato un continuo affidamento ai modelli interni
per il calcolo dei requisiti patrimoniali, sistematicamente utilizzati dagli istituti
con lo scopo di ridurre la stima dell’ammontare di capitale da accantonare per far
fronte ai rischi. Essi, infatti, non riflettono l’effettiva misura del rischio e portano
34
Ingves, 2018, Basel III: are we done now?
22
le banche a farne uso in considerazione del risparmio di capitale e dei vantaggi
competitivi ottenibili.
Venne fatto, inoltre, notare che il framework non modificò il metodo di
ponderazione e classificazione del rischio degli asset detenuti in bilancio,
ritenuto una delle principali cause che portò allo scoppio della crisi dei mutui
subprime negli Stati Uniti. È, inoltre, possibile applicare lo stesso discorso alla
valutazione dei crediti erogati dalle banche, effettuata quasi per intero dalle
agenzie di rating che si sono spesso dimostrate non esenti da errori nella
valutazione del valore delle attività.
In conclusione, venne criticato il progetto di armonizzazione delle diverse
legislazioni bancarie in quanto istituti provenienti da paesi diversi, devono
interagire con requisiti e sistemi normativi completamente diversi tra di loro.
Alcuni studi accademici suggeriscono, infatti, che alcuni paesi adottano quadri
normativi migliori rispetto ad altri e che quando essi vengono armonizzati si tende
a confluire maggiormente in direzione di quelli meno complessi e sofisticati,
portando a un’ involuzione del quadro normativo.35
In questo scenario, il 7 dicembre del 2017, il Comitato di Basilea per la
supervisione bancaria ha pubblicato un documento con lo scopo di finalizzare
il pacchetto di riforme introdotto con Basilea III, noto più informalmente come
35
Perez, 2014, Must-know: Basel’ III’s shortcomings
23
Basilea IV. La pubblicazione del documento conclude un lungo periodo di
proposte e consultazioni in corso dal 2014, ampliando l’intervento di
supervisione in relazione a numerosi temi lasciati, secondo molti, indietro dal
precedente framework normativo, quali: l’analisi e la valutazione del rischio di
credito e del rischio operativo, il Credit Value Adjustment risk e una
rivisitazione dell’output floor e del leverage ratio. L’accordo prevede, in ogni
caso, una lunga fase di implementazione: le prime modifiche saranno operative
solo a partire dal 1° gennaio 2022 e l’accordo sarà pienamente a regime solo
nel 2027.
3.2; Keypoints di Basilea IV
La fase finale di Basilea III, a cui il settore fa riferimento come Basilea IV, è
volta principalmente a ripristinare la credibilità del calcolo dei RWAs delle
banche e migliorare la comparabilità dei coefficienti patrimoniali delle banche
tra diverse istituzioni e giurisdizioni
Revisione del metodo standard
Uno delle principali modifiche attuate al framework è la revisione del metodo
standard per il calcolo dei requisiti patrimoniali da detenere per far fronte al
rischio di credito. Si è voluto accrescere il ruolo dei modelli standardizzati allo
scopo di ridurre la variabilità osservata dei RWAs, ciò a scapito dei modelli
interni. L’obiettivo è, infatti, quello di rendere i modelli per la valutazione del
24
rischio semplici, comparabili ed efficaci. La revisione del metodo standard
porta con se:
I.
L’adozione di un approccio più risk-sensitive: con il precedente
framework, infatti, il metodo standard risultava poco reattivo alle
differenze di rischio ed effettuava distinzioni relativamente grezze nei
livelli di rischio tra i vari istituti;
II.
Viene ridotta la dipendenza da sistemi di rating esterni, imponendo alle
banche di effettuare autonomamente l'attività di approfondimento di dati
e di informazioni relative ai vari asset e sviluppando un approccio nuovo
e dettagliato per le istituzioni operanti in un regime normativo che non
concede di fare affidamento su di essi;36
Revisione dell’approccio IRB
Il comitato ha introdotto nuove regole per limitare l'uso dei sistemi Internal
Rating-Based al solo calcolo del rischio di credito con lo scopo di ripristinare la
credibilità nel calcolo delle valutazioni del rischio di credito, nonché di migliorare
la comparabilità dei coefficienti patrimoniali tra diverse istituzioni. Sebbene
inizialmente venne proposto di eliminare completamente l'uso del metodo IRB
per una serie catalogata di portafogli, successivamente venne deciso di vincolarlo
all’utilizzo di un Foundation IRB approach, prevedendone all’interno nuovi
36
Feridun and Ozun, 2020, Basel IV implementation: a review of the case of the European Union, pp 3-7
25
coefficienti prescritti dagli organismi di vigilanza quali la Probability of Default,
Exposure at Default e Loss Given Default.37
Rischio operativo
È stato, inoltre, introdotto un nuovo metodo standardizzato volto al calcolo del
rischio operativo della banca, che deve essere utilizzato obbligatoriamente da tutti
gli intermediari creditizi. Il calcolo del capitale volto alla copertura del rischio
operativo si basa su una misura del reddito lordo, denominata Business Indicator,
e su una misura delle perdite interne della banca nell'arco degli ultimi dieci anni
di operatività, denominata Internal Loss Multiplier. Tale metodo si basa, quindi,
sull'ipotesi che il rischio operativo aumenti ad un tasso crescente con il reddito di
una banca e che l'esistenza di perdite nel passato sia indice di una maggiore
probabilità di perdite future. L'adozione del nuovo metodo richiede alle banche
di individuare, raccogliere e conservare i dati relativi alle perdite operative. Essi
saranno, poi, sottoposti a un controllo indipendente da parte delle funzioni di
revisione interna o esterna e da parte delle autorità di vigilanza nazionali.38
Revisione del Credit Valuation Adjustement Risk
Sono stati intorodotti quattro diversi approcci per il calcolo dei requisiti
patrimoniali, consentendo alle banche con differenti livelli di dimensione e
37
Feridun and Ozun, 2020, Basel IV implementation: a review of the case of the European Union, pp 7-8
38
Feridun and Ozun, 2020, Basel IV implementation: a review of the case of the European Union, pp 8-9
26
complessità di calcolare i propri requisiti patrimoniali utilizzando l'approccio più
appropriato alla loro situazione. Tuttavia, sostenendo che il Credit Value
Adjustement Risk, che si riferisce alla variazione del valore di mercato delle
esposizioni di una banca verso le sue controparti in derivati, non può essere
pienamente modellato internamente dalle banche, il comitato ha deciso di
eliminare l'uso di un approccio sviluppato completamente internamente e ha
introdotto un nuovo approccio standardizzato denominato CVA Standardised
Approach come metodologia predefinita per il loro calcolo.39
Output floor
In risposta alle preoccupazioni relative all'ampia volatilità dei RWAs, derivante
dall’utilizzo di modelli interni di calcolo da parte delle banche, la nuova
normativa introduce un output floor pari al 72,5% dei requisiti in materia di fondi
propri derivanti dall’utilizzo di metodi standardizzati. Ciò significa che i
guadagni in conto capitale derivanti dall'utilizzo di modelli interni di calcolo non
potranno essere superiori al 27,5% dei requisiti calcolati con i metodi
standardizzati, il che rappresenta un'enorme sfida per le banche che negli ultimi
anni hanno utilizzato numerose risorse nell’implementazione di metodi interni di
modellizzazione.40
39
Axelsen, 2018, Basel IV: analyzing post-crisis reforms
40
Axelsen, 2018, Basel IV: analyzing post-crisis reforms
27
3.3, Impatto della nuova normativa
Successivamente alla stesura del framework, il Comitato ha pubblicato i risultati
ottenuti dagli studi quantitativi effettuati, fornendo delle previsioni dell’impatto
che la nuova normativa avrà sul settore bancario.
L'analisi si basa su un campione totale di 101 banche. Esse si distinguono in due
gruppi: 38 banche appartenenti al Gruppo 1, in cui vi rientrano le banche attive a
livello internazionale con un capitale Tier 1 superiore ai 3 miliardi di euro, e 63
banche del Gruppo 2, in cui vi rientrano tutte quelle che non rispettano questo
requisito minimo. Lo studio evidenzia che gli impatti patrimoniali più
significativi si avranno sulle G-SIB, a causa, principalmente, del diffuso utilizzo
che fanno di approcci IRB per il calcolo del rischio di credito.
L'analisi sottolinea, infatti, come le riforme approvate aumenteranno in media del
23 % i requisiti patrimoniali minimi di Tier 1 per quanto riguarda le banche
appartenenti al primo gruppo. I principali fattori che contribuiscono a questo
fenomeno sono:
I.
L'output floor, che causa un aumento dei requisiti patrimoniali
complessivi basati sul rischio pari al 6,5% (5,4% per le G-SIB);
II.
I requisiti di rischio operativo sono causa di un aumento dei requisiti di
capitale del 6,4 % (7,5 % per le G-SIB) e l’impatto maggiore si ha sulle
banche che migrano dal metodo di misurazione avanzato e sulle banche
con elevate perdite operative pregresse a bilancio;
28
III.
I requisiti di rischio di credito contribuiscono ad aumento del 4,5% dei
requisiti patrimoniali minimi richiesti agli istituiti (4,7% per le G-SIB).
IV.
La revisione del Credit Valuation Adjustement Risk contribuisce a dun
aumento del 3,8% dei requisiti patrimoniali minimi (5,4% per le G-SIB);
V.
I requisiti per il rischio di mercato sono causa, invece, di un aumento
pari solo al 2,3% (3,4% per le G-SIB). La nuova normativa richiede un
sostanziale aumento medio dei requisiti patrimoniali minimi (il 52% per
le grandi banche UE attive a livello internazionale e il 70% per le G-SIB)
che si traduce, però, in un impatto relativamente modesto sui requisiti
patrimoniali complessivi poiché, per la maggior parte delle banche, il
rischio di mercato è una componente relativamente piccola delle
esposizioni totali ponderate per il rischio;41
41
Mckinsey&Company, 2017, Basel IV: What’s next for banks?, pp 9-15
29
CONCLUSIONE
In conclusione, anche se la regolamentazione e la normativa implementata
costituiscono il nucleo della supervisione a livello bancario, anche gli organismi
vigilanti ha un fondamentale ruolo da svolgere, non solo nel raggiungimento della
stabilità finanziaria, ma anche nel promuovere cambiamenti culturali e di
governance che aiuterebbero a ripristinare la fiducia del pubblico nel sistema
finanziario.
La vigilanza può integrare la regolamentazione nell'affrontare la continua
innovazione e la crescente complessità del settore finanziario. Un uso più
proattivo degli strumenti di vigilanza può contribuire ad alleggerire in parte la
regolamentazione, riducendo la necessità di modifiche troppo frequenti e
repentine delle regole, promuovendo così la stabilità della regolamentazione.
Inoltre, la vigilanza può andare oltre i meri requisiti quantitativi della
regolamentazione, con lo scopo di affrontare anche questioni più qualitative quali
la corporate governance delle varie istituzioni bancarie.
In breve, c'è molto che le autorità di vigilanza possono e devono fare per
contribuire a rendere le banche non solo più resistenti, ma anche più affidabili,
30
con lo scopo che esse possano svolgere al meglio la funzione economica e sociale
a loro assegnata42.
42
Karuana, 2015, Regulatory stability and the role of supervision and governance, pp 5-6
31
32
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