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Latino e greco
Decidere con il voto
Andrea Ercolani
7 Novembre 2016
La decisione come meccanismo strutturale
Ogni giorno prendiamo decisioni, e il più delle volte non ne siamo consapevoli, perché le
decisioni fanno parte del nostro quotidiano, del nostro muoverci nella realtà (scegliere i
vestiti la mattina, il cibo da un menù, il libro da leggere e via elencando).
Ci sono però scelte che non riguardano solo noi come individui, ma coinvolgono gli altri, la
comunità nella quale viviamo; in questo caso, quando la decisione investe la collettività (a
livelli diversi) ecco che i meccanismi decisionali cambiano. In primis cambia colui che prende
la decisione: non un individuo qualunque, ma l’individuo o il gruppo di individui investito
dell’autorità per compiere quella scelta. Insomma: determinate decisioni sono prerogativa e
compito di particolari individui con particolari caratteristiche. Quando la decisione è rimessa a
un gruppo, ove non entrino in gioco altri fattori (mi limito qui a ricordare gli estremi della
casistica: l’imposizione forzosa, e la piena, totale condivisione), a determinarla è o la sorte o il
parere della maggioranza.
Procedure decisionali
Diverse sono le procedure decisionali documentate per la cultura greca. Le principali sono
senz’altro il sorteggio e i diversi sistemi di votazione.
Il sorteggio è il meccanismo di scelta preferito e quasi sistematicamente applicato ad Atene
durante il periodo della cosiddetta democrazia radicale (grossomodo dalla metà del V sec.
a.C.), cioè quella fase della democrazia ateniese che rimette le decisioni importanti
all’assemblea. Per sorteggio vengono scelti funzionari dell’apparato giudicante e di quello
all’assemblea. Per sorteggio vengono scelti funzionari dell’apparato giudicante e di quello
amministrativo (ne restano escluse solo poco cariche, per lo più militari, come la strategia).
Ma il sorteggio è pratica ben più antica. Il primo caso di sorteggio di cui abbiamo notizia è la
scena omerica della scelta del campione acheo che deve raccogliere la sfida lanciata da
Ettore per risolvere in duello le sorti della guerra (cfr. Iliade 7, 175-189). I volontari
“segnarono ognuno una tessera / e le gettarono tutte nell’elmo di Agamennone Atride” (vv.
175-176). Quindi un araldo estrae a sorte una tessera e la mostra in giro: a riconoscere il
segno tracciato, e quindi ad essere scelto per sorteggio, è Aiace, il quale ˝conobbe a vederlo
il segno della tessera, e godette nell’animo˝ (v. 189).
Quanto ai sistemi di voto, i più diffusi e meglio documentati sono quello per alzata di mano
(χειροτονία, cheirotonia ) e la votazione tramite la deposizione in un contenitore di un
‘sassolino’ (ψῆφος, psephos ; di qui il verbo ψηφίζω, psephizo, che viene a indicare, col
tempo, non solo l’operazione del voto, ma anche quella del decidere tramite votazione).
Per chiarimenti e precisazioni a pronta presa, utili le seguenti voci enciclopediche:
http://www.treccani.it/enciclopedia/chirotonia_(Enciclopedia-Italiana)/
[http://www.treccani.it/enciclopedia/chirotonia_(Enciclopedia-Italiana)/]
Per il legame tra voto e democrazia, utile la voce di Luciano Canfora al seguente link:
http://www.treccani.it/enciclopedia/la-democrazia-nella-grecia-antica_(Dizionario-diStoria)/ [http://www.treccani.it/enciclopedia/la-democrazia-nella-grecia-antica_(Dizionario-di-Storia)/]
Una procedura a sé: l’ostracismo
Pratica esclusivamente ateniese (introdotta da Clistene nel 510 a.C., secondo alcune fonti),
l’ostracismo è così chiamato per il modo della votazione utilizzata, consistente nelle scrivere
su un ostrakon , cioè un pezzo di ˝coccio˝. L’ostracismo fu un vero e proprio sistema di lotta
politica. In maniera più o meno pretestuosa una fazione politica poteva mettere al bando uno
o più avversari della parte avversa senza dover formulare capi di accusa: bastava
semplicemente che, su un quorum di seimila cittadini, una maggioranza ritenesse pericoloso
un individuo per metterlo al bando. Così, ad esempio, Aristide (ca. 530-462 a.C.) fu
ostracizzato per la sua buona fama, ritenuta pericolosa perché avrebbe potuto aspirare a
diventare un tiranno, e più tardi fu ostracizzato Temistocle (ca. 530/520-459 a.C.), che pure
tanto aveva fatto per la salvezza di Atene (basti ricordare la vittoria di Salamina, 480 a.C.).
Un curiosum : l’analisi della scrittura di molti ostraka recanti il nome di Temistocle
indica chiaramente che sono stati scritti da una medesima mano, il che ha fatto
pensare a brogli elettorali. In realtà, il fatto che poche ‘mani’ abbiano scritto molti
ostraka è coerente con il livello di alfabetizzazione del tempo. E qui giova riportare un
aneddoto riferito da Plutarco ( Vita di Aristide , 7), proprio in relazione all’ostracismo di
Aristide: un contadino, volendo votare per mandare Aristide in esilio, chiese a un
passante che gli scrivesse sull’ ostrakon il nome di Aristide. Quel passante, per
l’appunto, era Aristide.
Foto con ostrakon Temistocle:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:AGMA_Ostrakon_Th%C3%A9mistocle_1.jpg
Il voto di Atena
Nei tribunali di Atene e molto probabilmente anche in altre aree del mondo greco, la parità di
voti andava a vantaggio dell’imputato. Il contesto storico in cui si fa strada tale norma è
piuttosto articolato. Secondo consolidate e antiche logiche di giustizia privata, i delitti di
sangue erano vendicati dai membri della famiglia (in senso allargato: il ghenos ): un sistema
di vendetta che, nell’Atene di V sec. a.C., si scontrava apertamente con il nuovo stato di
diritto e che imponeva un suo superamento. Esattamente in questo conflitto tra leggi della
polis e leggi del ghenos si iscrive la riforma di un collegio, chiamato Areopago, che diviene un
tribunale preposto a giudicare i fatti di sangue, allo scopo di sottrarre alla vendetta privata la
punizione del colpevole e rimetterla al giudizio della polis. L’assoluzione dell’imputato a parità
di voti rientra in questo contesto di diritto riformato, per così dire. La ‘spiegazione’ di tale
principio è data dal cosiddetto ˝voto di Atena˝, di cui racconta Eschilo nelle Eumenidi .
Richiamo qui l’essenziale: Oreste ha ucciso la madre Clitemestra per vendicare il padre
Agamennone, da lei ucciso; è un matricida, e viene inseguito e perseguitato dalle Erinni che
vogliono vendetta di sangue. Entra in gioco Atena, che sottrae Oreste alla vendetta e impone
che venga sottoposto al giudizio di un tribunale. Le regole sono stabilite da Atena stessa, ed
è il suo voto, dichiaratamente, a fare salvo Oreste in caso di parità (a parlare è Atena): ˝È mio
compito esprimere per ultima il mio giudizio, e aggiungerò questo voto in favore di Oreste”
(vv. 734-735) e quindi ˝Così non farò prevalere la morte di una donna che ha ucciso lo sposo
custode della sua casa. Oreste vincerà anche se a parità di voti. Estraete al più presto le sorti
dalle urne, o giudici cui fu affidato tale incarico˝.
Una breve scena delle Eumenidi con la comparsa in scena di Atena e l’avocazione a
sé del giudizio di Oreste:
https://www.youtube.com/watch?v=lgWLvQNKuq8
[https ://www.youtube.com/watch?
v=lgWLvQNKuq8]
Il principio ispiratore di questa pratica corrisponde, in buona sostanza, a quello della
giurisprudenza latina sancito icasticamente dall’adagio in dubio pro reo (Digesto 50. 17.
125): ove sussista dubbio, ossia ove non vi sia certezza di colpevolezza, l’imputato deve
andare assolto.
Una giustizia doverosamente garantista.
(Crediti immagini: Wikipedia e Wikimedia Commons )
TAG
democrazia ateniese, Grecia, voto
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