L’AZIONAMENTO GLI AZIONAMENTI 1. 2. 3. 4. 5. 6. Operazionali filtri l’azionamento trasmissione meccanica elettronica di potenza Convertitori L’OPERAZIONALE: configurazioni principali • Amplificatore invertente • amplificatore non invertente • Inseguitore • sommatore invertente • Sommatore non invertente • differenziale • Comparatore a finestra • Comparatori con isteresi • Trigger di schmith invertente e non invertente • Convertitore frequenza-tensione Amplificatore invertente L’analisi di questo circuito può essere facilitata ricordando che l’impedenza d’ingresso di un operazionale ideale è infinita. L’impedenza d’ingresso infinita implica infatti una corrente d’ingresso nulla. Grazie inoltre al guadagno infinito tra i due ingressi non vi è alcuna caduta di tensione e pertanto, essendo l’ingresso non invertente a massa, anche la tensione all’ingresso invertente sarà zero. Per tale motivo si dice che l’ingresso invertente rappresenta una “massa virtuale”, ovvero a tensione nulla, come l’altro ingresso. Inoltre, poiché l’impedenza d’ingresso è infinita, la corrente attraverso Z1 sarà uguale a quella in Z2. I2 Z2 Z1 VIN 0V I1 VIN VO I1 = I2 Z2 Z1 IIN = 0 VO Si noti che le impedenze Z possono essere delle semplici resistenze oppure delle reti reattive anche complesse: in entrambi i casi varranno le formule d’ora in poi indicate I2 in sintesi: I1 VIN Z2 I1 = VIN / Z1 I2 = -VO /Z2 Z1 VO IINV = 0 VINV = 0 ma... I2 = I1 e quindi ingresso 50mV/div -VO / Z2 = VIN/Z1 da cui VO / VIN = - Z2/ Z1 e quindi inversione del segnale uscita 2V/div A V = - Z2 / Z1 guadagno di tensione ad anello chiuso Amplificatore non-invertente Applicando il segnale da amplificare all’ingresso non invertente e collegando le impedenze di retroazione fra uscita, ingresso invertente e massa, si ottiene lo schema riportato in figura, chiamato amplificatore noninvertente poiché il segnale d’uscita risulta in fase con quello d’ingresso. VIN 0V VO Z2 Z1 I1 = I2 Per analizzarne il funzionamento occorre partire dai medesimi presupposti già visti per l’invertente ovvero che, grazie alla resistenza d’ingresso infinita, risulta IIN = 0. Ne consegue che Z1 e Z2 sono percorse dalla medesima corrente. Ricordando poi che i due ingressi sono al medesimo potenziale (Av = infinito) si ha che la tensione ai capi di Z1 è uguale al segnale d’ingresso VIN. Z1·I1=VIN La tensione d’uscita sarà quindi la somma delle tensioni ai capi di ZI e Z2, ovvero: Vo = Z1·I1 + Z2·I1 = VIN + Z2·(VIN/Z1) = VIN·(1 + Z2/Z1) Si può quindi dedurre che il guadagno AV = VO/VIN è dato da: AV = 1 + Z2 / Z1 Si noti che - in base alla formula ottenuta - il guadagno non potrà mai essere inferiore all’unità, e se si desidera ottenere un guadagno unitario occorre porre Z2 = 0 oppure Z1 infinita (oppure ancora entrambe le condizioni). VIN AV = 1 + Z2 / Z1 VO Z2 Z1 ingresso 50mV/div I1 = I2 segnale amplificato Questa configurazione presenta un’impedenza d’ingresso infinita ed una resistenza d’uscita pressochè nulla; per questo motivo l’amplificatore non-invertente viene spesso usato come “buffer” per isolare la sorgente di segnale dal carico, in modo da evitare “effetti di carico” indesiderati. uscita 2V/div Inseguitore Dalle considerazioni viste a proposito dell’amplificatore non-invertente circa le condizioni che permettono di ottenere un guadagno unitario, si può disegnare lo schema del cosiddetto “inseguitore”, riportato in figura. A = 1, z2 = 0, Z1 = ∞ Vin Vout si tratta di un circuito in grado di riprodurre in uscita esattamente il segnale d’ingresso. Esso viene anche definito un “buffer” a guadagno unitario. Vout = Vin Spesso occorre infatti separare (si dice anche “disaccoppiare”) il carico dalla sorgente del segnale, ad esempio quando occorre un adattamento di impedenza fra l’uno e l’altro. Proprio poiché questo circuito non modifica il segnale applicato, a primo avviso può sembrare che non serva a nulla. In realtà, invece, . presenta un notevole vantaggio: amplifica la corrente, ed è esso quindi in grado di pilotare un carico di bassa impedenza, senza sovraccaricare la sorgente del segnale, utile qualora essa sia costituita da un trasduttore in grado di erogare poca corrente Sommatore invertente V1 V2 V3 R1 Il circuito detto “sommatore” può essere considerato una Rf variante dell’amplificatore invertente, nel caso in cui vengano applicati più segnali d’ingresso. R2 R3 Vout Nella figura a lato è riportato lo schema di un sommatore a tre ingressi. R5 Un tipico impiego di questo circuito è ad esempio quello dei mixer audio, dove in uscita si desidera avere una “miscelazione” di più sorgenti sonore. Il segnale d’uscita di questo circuito è, istante per istante, proporzionale alla somma algebrica (cambiata di segno) delle tensioni di ingresso V1 V2 I1 R1 I2 R2 I3 R3 IT Funzionamento RF Le tensioni V1 V2 V3 applicate agli ingressi danno origine alle rispettive correnti I1 I2 I3. 0V V3 VO R5 IT = I1 + I2 + I3 e poiché: se R1 = R2 = R3 = Rf Ovvero: Grazie all’impedenza di ingresso infinita e al concetto di “massa virtuale” prima esposti, l’ingresso invertente si trova all’incirca a 0 V e pertanto nessuna corrente entrerà in tale ingresso, ma fluirà tutta verso l’uscita. VO = – IT R F VO = – ( I1 + I2 + I3 ) ·RF VO = – ( V1 / R + V2 / R + V3 / R ) R VO = – (V1 + V2 + V3 ) L’equazione mostra che la tensione d’uscita, istante per istante, è la somma delle tensioni d’ingresso. Se gli ingressi fossero n, l’equazione diventerebbe VO = – (V1 + V2 + ••• + Vn ) Sommatore non invertente Per analizzarlo, usiamo sovrapposizione degli effetti, applicando prima il solo ingresso V1: Se si sceglie R1 = R2 = R si ha subito che: Poiché gli ingressi non assorbono corrente, le resistenze R1 e R2 risultano collegate in serie per cui La resistenza di ingresso, scegliendo R1 = R2 = R e pari a: Rin = R1 + R2 = 2 R Amplificatore differenziale Abbiamo visto che le principali configurazioni di amplificatori in cui il segnale d’ingresso viene applicato ad un solo ingresso, sono invertente oppure non invertente. Applicando invece i segnali ad entrambi gli ingressi dell’Op Amp si realizza un particolare tipo di amplificatore, detto “differenziale”, in quanto amplifica la differenza fra i due segnali. Per analizzare questo circuito si può applicare il principio di sovrapposizione degli effetti, per cui si ha che la tensione V- misurata all’ingresso invertente vale: R2 V1 V2 R1 R3 Vo R4 V- = V1·R2/(R1+R2) + Vo·R1/(R1+R2) mentre: V+ = V2·R4/(R3+R4) ma, grazie all’equipotenzialità degli ingressi, possiamo porre: V+ = V- Uguagliando quindi le due espressioni, si può notare in particolare che, se si fa sì che R2/R1 = R4/R3 (ovvero si realizza un “differenziale bilanciato”) si ottiene che: Vo = (V2-V1)·R2/R1 ovvero Ad = Vo/(V1-V2) = R2/R1 Mentre le configurazioni invertente e non-invertente vengono utilizzate con uno degli ingressi a massa, nell’amplificatore differenziale viene amplificata l’effettiva differenza fra i due segnali V1 e V2, anche se non riferiti a massa Quindi, se a V1 e V2 viene applicata la medesima tensione, essa non viene amplificata. Si noti che i due segnali d’ingresso non sono necessariamente continui, bensì la formula prima ricavata vale anche nel caso in cui V1 e V2 siano comunque variabili nel tempo. R3 V1 V2 R1 R2 Vout R4 Ciò significa che V1 e V2 possono essere anche segnali fra di loro molto differenti; ad esempio V1 può essere sinusoidale e V2 triangolare, oppure ancora V1 una tensione continua e V2 un’onda quadra. Comparatore a finestra Questo circuito non può funzionare "a vuoto" (cioè senza carico), ma solo in presenza di una resistenza RL che garantisce un passaggio di corrente sufficiente per polarizzare i due diodi in zona diretta . Se Vi risulta maggiore di VH o minore di VL, uno dei due diodi è in conduzione, circola una corrente in RL, si ha una caduta di tensione su di essa, Vo = VoH; se Vi risulta compresa tra VL e VH, entrambi i diodi sono interdetti, non circola corrente in RL, i suoi estremi sono equipotenziali, Vo = 0 Quando uno dei due diodi conduce in uscita si ha una Vout= Vsat - Vsoglia Trigger di Schmitt (comparatore con isteresi) Generalità In molte situazioni pratiche, è possibile che sulla linea d’ingresso compaiano delle fluttuazioni di tensione indesiderate (rumore) Per comprendere meglio le conseguenze negative del rumore in ingresso consideriamo un segnale sinusoidale a bassa frequenza applicato all’ingresso di un comparatore utilizzato come rivelatore di livello zero (fig. a). Dalla figura a lato è possibile vedere che quando la sinusoide si avvicina allo 0, le fluttuazioni dovute al rumore, costringono l’ingresso complessivo a oscillare varie volte al di sopra e al di sotto dello 0, producendo di conseguenza un andamento irregolare dell’uscita (fig. b). L’andamento irregolare della tensione d’uscita si verifica perché, a causa del rumore, il comparatore è costretto a commutazioni improprie. L’instabilità si innesca ogni volta che la Vin si avvicina alla tensione di riferimento. Per rendere il comparatore meno sensibile al rumore si può impiegare la tecnica chiamata isteresi , basata sulla retroazione positiva/negativa. Isteresi L’isteresi, fa in modo che quando la tensione d’ingresso sale, la commutazione avvenga ad una certa tensione mentre quando scende avvenga ad una tensione diversa, minore, Si definiscono due livelli di riferimento: UTP = Upper trigger point LTP = Lower trgger point Trigger di Schmitt invertente in quanto l'uscita commuta a -Vsat quando Vi cresce e supera la tensione di soglia superiore Se Vin = Vout (max) Vin R1 R2 Vout La tensione retroazionata all’ingresso non invertente è a livello alto «UTP» e vale VTH = R2 / (R1+ R2 ) [+Vout(max)] Se Vin > UTP Vin : 5V/div. Vout = - Vout(max) La tensione retroazionata all’ingresso non invertente è a livello basso» LTP» e vale Vout: 5V/div. T : 0.2ms/div. VTL = ( R2 / R1+ R2 ) [-Vout(max)] Prima che il dispositivo possa commutare nell’altro stato Vin dovrà scendere sotto LTP Ia differenze fra le due tensioni di riferimento «D» è un dato di progetto e consente di determinare il valore di R1 e R2 Trigger di Schmitt non invertente La configurazione più semplice è la seguente: La tensione presente al morsetto non invertente, che dipende sia dalla tensione di ingresso Vi che dalla tensione di uscita Vu, è confrontata con la tensione presente al morsetto invertente che in questo caso vale 0V. ( V- potrebbe anche essere diversa da zero) Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti sulla maglia di uscita avremo: In corrispondenza della commutazione V+ = 0 per cui 𝑅2 /(𝑅1 + 𝑅2) 𝑉o + 𝑅1 /(𝑅1 + 𝑅2) 𝑉i = 0 Vi = R1/R2*Vo tensione di riferimento a livello alto Vth = Vsat*R1/R2 tensione di riferimento a livello basso Vtl= -Vsat*R1/R2 D = Vth – Vtl = 2Vsat*(R1/R2) Convertitore frequenza-tensione La maggior parte dei convertitori tensione-frequenza possono lavorare in modo contrario tramite un'opportuna circuiteria esterna. l'ingresso del comparatore riceve il segnale di ingresso Vi di frequenza variabile fi. L'uscita dell'integratore fornira una tensione V0proporzionale alla frequenza fi del segnale di ingresso. Ogni volta che il segnale Vi scende al di sotto di -Vref il comparatore commuta a livello alto attivando il monostabile. L'impulso positivo del monostabile sposta il commutatore S per un tempo pari alla durata dell'impulso stesso. Durante questo intervallo il condensatore C dell'integratore tende a caricarsi per effetto della corrente I0. Alla fine dell'impulso il commutatore viene portato nella posizione partenza e il condensatore comincia a scaricarsi sul resistore R. Al variare della frequenza del segnale in ingresso, varia proporzionalmente il valore medio della corrente in ingresso a C e quindi il valore medio della tensione in uscita. Convertitore frequenza-tensione / tensione frequenza integrati Gli integrati in grado di convertire una frequenza in una tensione possono effettuare anche l'operazione inversa, cioè riescono a convertire una tensione in una frequenza. Se quindi applichiamo sul loro ingresso una tensione continua variabile da 1 a 1 O volt, possiamo prelevare dalla loro uscita una frequenza ad onda quadra proporzionale al valore della tensione. Attualmente gli integrati che possiamo reperire per convertire una frequenza in una tensione o una tensione in una frequenza hanno queste sigle: LM.131 -LM.231 -LM.331 -XR.4151. Questi quattro integrati sono equivalenti e poiché hanno la stessa piedinatura possiamo sostituirli uno con l'altro senza problemi. Le sole differenze riguardano le temperature di funzionamento ed il valore della tensione massima di alimentazione, ma poiché in un circuito si utilizza sempre una tensione compresa tra i 12 e i 15 volt, uno vale l'altro. L'unica differenza che esiste tra i tre tipi di integrati riguarda la max temperatura che può raggiungere il loro corpo senza danneggiarsi. L'integrato LM.331, il più diffuso, può raggiungere un massimo di 70°, l'integrato LM.231 può raggiungere un massimo di 85°, mentre l'integrato LM.131 un massimo di 125°. CONVERTITORE FREQUENZA/TENSIONE Per convertire una frequenza in una tensione si deve utilizzare lo schema visibile in figura, la frequenza, che viene applicata sul piedino d'ingresso 6, deve risultare necessariamente ad onda quadra. Dal piedino 1 preleviamo una tensione che risulta proporzionale al valore della frequenza. L'ampiezza del segnale da applicare sull'ingresso non dovrà risultare minore di 3 volt picco/picco, né superare il valore della tensione di alimentazione, quindi se si alimenta l'integrato con 15 volt, consigliamo di non superare gli 11 volt. Per convertire una tensione in una frequenza si deve utilizzare lo schema visibile in figura. FILTRI ATTIVI: configurazioni principali • Generalità • Filtro passa basso ideale • Filtro passa basso reale • Filtro passa alto ideale • Filtro passa alto reale Approsimazione delle risposte • Approsimazione butterword • Approsimazoioen Chebyshet • Approsimazione Bessel GENERALITA I filtri sono particolari quadripoli, funzionanti in regime alternato che si comportano in modo selettivo rispetto alle frequenze di funzionamento a cui sono soggetti ( a secondo del tipo lasciano passare un certo tipo di frequenze e bloccano le altre) Nel settore dell’elettronica sono utilizzati per: - attenuare i disturbi, il rumore e le distorsioni applicati al segnale utile; - separare due segnale trasmessi sullo stesso canale; - elaborazione dei segnali nella riproduzione audio e video; - ricostruzione di segnali ottenuti con tecniche digitali, ecc. I filtri passivi Sono costituiti da reti più o meno complesse di elementi passivi, R-L-C. ma sono caratterizzate da una risposta ben lontana dalle curve ideali, oltre che la risposta dipende fortemente dal carico applicato. Filtri passivi con buone caratteristiche di selettività sono realizzati con reti comprendenti solo elementi reattivi (L e C). I filtri attivi I filtri attivi sono realizzati con A.O. e reti di reazione RC, presentando parecchi vantaggi rispetto ai filtri passivi, come il basso costo, la semplicità di progetto e circuitale, ingombro e prestazioni. Il limite principale consiste nel fatto di disporre di un’alimentazione in continua. Integratore (filtro passa basso ideale) Se la rete di retroazione di un amplificatore invertente è di tipo capacitivo, il circuito viene detto “integratore”, poiché è in grado di eseguire l’operazione matematica di integrazione nel tempo del segnale d’ingresso. La “massa virtuale” dell’ingresso invertente fa sì che la resistenza R venga attraversata da una corrente iR = Vin / R. L’elevata impedenza d’ingresso fa però sì che tale corrente attraversi la capacità C, caricandola, per cui si ha: iC iR = iC. iin C Vin R Vout Ciò significa che la tensione d’uscita varia secondo la carica (o la scarica) del condensatore, che infatti “integra” la corrente nel tempo. Si può quindi scrivere che: It = CV Icdt = Cdvo Ir=Vi/R = -C(dvo/dt) 1 t 1 t Vin 1 t Vout idt dt Vindt C C R RC Un circuito di questo tipo viene quindi anche chiamato “generatore di rampa”, e trova largo impiego ad esempio negli oscilloscopi, nei convertitori A/D dei voltmetri digitali, ecc. A = - X/R = -1/6,28*f*C*R Nella realizzazione pratica per f 0 (segnale d’ingresso a bassa frequenza o presenza di disturbi), A ∞ l'uscita satura al valore della tensione di alimentazione Vcc rendendolo instabile Vout = -Vi*Xc/R =- Vi*/(6.28fCR) Per evitare l’effetto di saturazione si usa porre in serie alla capacita una resistenza che stabilizza il filtro ma rende l'integratore non ideale Filtro passa basso reale Alle basse frequenze il condensatore non è percorso da corrente e il circuito equivalente è quello di un amplificatore invertente. Vout = - R2/R1 Vin alle basse frequenze (ω=0) Alle alte frequenze (ω→∞) il condensatore si comporta come un cortocircuito per cui R2 risulta cortocircuitata e dunque il guadagno del circuito alle alte frequenze è zero: Vout = 0 alle alte frequenze (ω→∞) Lo schema di partenza riguarda per cui la configurazione di un filtro passa-basso attivo, in quanto alle basse frequenze presenta un guadagno pari a R2/R1 (tralasciando il segno meno che non viene rappresentato sul grafico del modulo) mentre alle alte frequenze il guadagno è pari a zero L'andamento del modulo della risposta in frequenza è La pulsazione di taglio in questo circuito vale: ωt = 1/(R2C) ft = 1/(6.28*R*C) Derivatore (filtro passa alto ideale) Se il segnale viene applicato tramite un condensatore il circuito viene denominato “derivatore”, poiché è in grado di eseguire l’operazione matematica di derivata nel tempo del segnale d’ingresso. R C VIN VO Anche in questa configurazione l’elevata impedenza d’ingresso dell’operazionale fa sì che la corrente che attraversa la capacità sia la stessa che circola attraverso la resistenza, ovvero: iC = iR Icdt = cdv Ir=ic= - vo/R Vo =RCdv/dt Il circuito è un derivatore puro, ovvero si comporta come un filtro passa alto con frequenza di taglio infinita. Questo filtro presenta problemi di stabilità in quanto nella realizzazione pratica l'uscita satura al valore della tensione di alimentazione Vcc positiva per valori di frequenza tendenti all’infinito: A = - R/X =- 6,28*f*C*R per f ∞ A ∞ Se la pulsazione w è elevata (segnale d’ingresso ad alta frequenza o presenza di disturbi), l’uscita tende a saturare per evitare questo effetto, si usa porre in serie alla capacita una resistenza di piccolo valore filtro passa alto reale R R VIN C 2 1 VO Alle basse frequenze il segnale di ingresso Vin non arriva all'operazionale, a causa del condensatore aperto, per cui: Vout = 0 alle basse frequenze (ω=0) Alle alte frequenze il condensatore si comporta come un cortocircuito e dunque lo schema equivalente diventa quello dell'amplificatore invertente: Vout = - R2/R1 Vin alle alte frequenze (ω→∞) Lo schema rappresenta per cui un filtro passa-alto attivo, con guadagno R2/R1 alle alte frequenze e con pulsazione di taglio pari a a ωt = 1/(R1C) che si comporta da derivatore per frequenze inferiori a ft = 1/6,28·R1·C, mentre per frequenze superiori si comporta da invertitore. Andamento del modulo della risposta in frequenza La pulsazione di taglio vale ωt = 1/(R1C) Filtri: caratteristiche delle risposte Poiche la funzione di trasferimento di un filtro ideale non è fisicamente realizzabile vengono utilizzate opportune funzioni approssimanti che ne riproducono l’andamento entro tolleranze prefissate. Esistono vari tipi di funzioni approssimanti che danno origine a varie classi di filtri Chebyshev, Bessel, ecc). (Butterworth, Ciascun tipo di risposta (Passa Basso, Passa Alto, Passa Banda o Elimina Banda), può essere opportunamente sagomata attribuendo certi valori ai componenti circuitali. Si ottengono così la caratteristica Butterworth, di Chebyshev e quelIa di Bessel. Ognuna di queste è riconoscibile dalla risposta in frequenza vantaggiosa delle altre a seconda delle applicazioni Definendo con wo = 6.28*fo pulsazione naturale « delimita la banda passante» Q = 1/2*ζ coefficente di risonanza ζ coefficiente di smorzamento E possibile rappresentare la f.d.t di ogni tipo di filtro che può risultare più o meno In cui : Filtri pb: Ao guadagno per f0 pa: Ao guadagno per A->in A banda: centro banda Wo = 1/RC pulsazione naturale non viene riportata In tabella In quanto dipende dalla pulsazione di taglio in particolare Per i filtri alla Butterworth il valore della pulsazione naturale (ω0) coincide con quello della pulsazione di taglio (ωT) ; negli altri due casi nota wt si calcola wc ω0 = ωT • fC per i filtri passo-basso ω0 = ωT / fC per i filtri passa-alto dove Fc è il coefficiente di conversione riportato da apposite tabelle Wo dipende dai componenti circuitali RC e consente di calcolare la frequenza naturale Wt pulsazione di taglio I filtri attivi” che impiegano amplificatori operazionali con elementi realizzabili solo al di sotto dei 500 Khz poiché l'amplificatore operazionale ha bisogno di un guadagno ad anello aperto elevato sulla banda di funzionamento. 1 - Caratteristica di Butterworth Q = 1/2ε = 0.707 (Q: fattore di merito) •Garantisce la massima piattezza della risposta in banda passante. • I polinomi di grado n presenti a denominatore della f.d.t. vengono detti polinomi di Butterworth e sono qui appresso elencati, avendo assunto wo=1 rad/s = wt All’aumentare dell’ordine del filtro la risposta in frequenza si avvicina a quello ideale. Per w=0 la risposta di tipo Butterworth è detta massimamente piatta, per w=w0 = wt il modulo di H vale 1/1,41 , che corrisponde a 3 dB. Per w>w0 il guadagno decresce con pendenza –n*20 dB/decade. Dove n è l’ordine del filtro 2. Caratteristica di Chebyshev 0.707 < Q = 1/2ε < 1.306 Risposta in frequenza caratterizzata da una serie di ondulazioni nella banda passante contenute in 3 db (ripple) banda di transizione meno larga rispetto a Butterworth la pulsazione naturale, ω0 , NON COINCIDE con quella a - 3 dB, per ogni ordine del filtro risposta all’impulso priva di overshot (picco dell’amplificazione) Anche in questo caso per il progetto dei filtri si fa riferimento tabelle in cui sono forniti i fattori di merito/smorzamenti e i fattori di conversione per ogni tipo di filtro attraverso i quali si risale ai parametri circuitali R,C Caratteristica di Bessel • • • • • Q = 1/2ε = 0.577 Risposta in frequenza meno piatta nella banda passante. roll-off iniziale minore di -20 dB/decade per polo banda di transizione meno larga rispetto a Butterworth la pulsazione naturale, ω0 , NON COINCIDE con quella a - 3 dB, per ogni risposta all’impulso priva di overshot. ordine del filtro Consente di ottenere una buona linearità della curva di fase in banda passante. il filtro di Bessel viene utilizzato come linea di ritardo. Per valori elevati di ε (ε = 0.866 per un filtro del secondo ordine) la risposta al gradino non ha carattere oscillatorio Filtro passa-basso VCVS del secondo ordine Є = 3*Rb/2*(Rb+Ra) Esempio: Determinare come può essere strutturato un filtro passa-basso del 6° ordine, con pulsazione di taglio ωH=1000 rad/sec, secondo la tecnica di approssimazione di Butterworth. Soluzione: la f.d.t. non ha zeri e presenta a denominatore un polinomio di 6° grado (n=6), scomponibile nel prodotto di 3 forme quadratiche, pertanto si realizza disponendo in cascata tre celle filtranti LP (Low-pass) del 2° ordine. Per ciascuna cella si assume ωo = ω t = 1000 rad/s mentre diversi sono i valori di ε forniti dai polinomi di Butterworth di ordine 6°, pertanto si trova: ω t = 1/RC ricavare RC At = A1*A2*A3 A1,2,3 = 3-2E Si progetta RB e RA ( Amp non invertente) Dimensionare due filtri passa-basso del 5° ordine, alla Butterworth con frequenza di taglio ft = 4 kHz e guadagno in banda passante A0 =10 . La pulsazione di taglio vale ω t = = 2 *3.14*ft= 25133 rad/s ) Dalla TABELLA si rilevano i fattori di conversione dei tre stadi fc1=fc2=fc3=1 per cui le pulsazioni naturali dei tre stadi coincidono con quella di taglio del filtro: ω1= ω2 = ω3 = ωt = 25133 rad/s; di conseguenza fissando C1=C2=C3 = 4,7 nF si ricavano le resistenze R1=R2=R3 = 1/wo*C = 1/25133* 4,7* 10 ^-9 = 8,47 kΩ Dalla TABELLA A si rilevano i valori di smorzamento dei due stadi del 2° ordine ξ2 = 0,809, ξ3 = 0,309 che consentono di dimensionare i resistori RA e RB che ne determinano il guadagno: 2° stadio: A02 = 3 - 2ξ =1,38. Fissando RA2= 47 kΩ, si ricava RB2= (A02− 1)RA2= 17,9 kΩ. 3° stadio: A03 = 3 - 2ξ = 2,38. Fissando RA3= 47 kΩ, si ricava RB3= (A03− 1)RB3= = 64,9 kΩ. 1° stadio: il guadagno del primo stadio deve essere tale da rendere il guadagno in banda passante complessivo pari a: A0 = A1*A2*A3 = 10 A 2 0 ⋅ =3 10; per cui A1 = A0 / A2*A3 =3 ,04 Fissando RA1= 27 kΩ, si ricava RB1= (A01− 1)RA1= = 55,1 kΩ. L’AZIONAMENTO 1. Elementi introduttivi 2. Gli attuatori 3. Tipi di attuatori 4. tipi di motori rotanti 5. motori lineari 6. Sintesi sul motore asincrono 7. avviamento stella triangolo 8. Criteri di scelta dei motori elettrici 9. Criteri di dimensionamento dei sistemi di trasporto 10. circuito di potenza 11. scelta del convertitore 12. sistemi di controllo 1. Elementi introduttivi Un azionamento è un sistema che converte l’energia elettrica in meccanica con l’uso di apparecchiature elettroniche di potenza ed è individuato da tre elementi fondamentali: - L’ALIMENTATORE - IL CONVERTITORE STATICO DI POTENZA - IL DISPOSITIVO DI CONTROLLO L’alimentazione rappresenta l’insieme delle apparecchiature che creano l’accoppiamento tra la sorgente di alimentazione e il convertitore La parte di potenza dell'azionamento (elettronica di potenza) si occupa di erogare l'energia elettrica al motore nel modo opportuno. Il dispositivo di controllo è l’insieme delle apparecchiature che controllo il moto Il motore (macchina elettrica) che é l'elemento che deve essere controllato attraverso schede digitali che analizzano e elaborano i segnali provenienti dai sensori e la macchina azionata sono da considerarsi componenti esterni Le caratteristiche dell'azionamento devono soddisfare le esigenze richieste dall'utilizzatore (la macchina azionata). I moderni azionamenti elettrici costruiti integrato un sistema di controllo a elettromeccanica di trasformazione della presenza di reti dedicate (comunicazioni) flessibilità da un dispositivo elettronico nei quali viene microprocessore che gestisce una parte potenza elettrica in potenza meccanica. La consente di gestire l’azionamento con elevata Si hanno azionamenti per motori DC a magneti permanenti, per motori senza spazzole «Brusless», per motori asincroni, per motori sincroni; per piccole potenze si utilizzano per motori a passo. Tutte le problematiche legate all'emissione elettromagnetica e all'immunità ai disturbi (EMC: compatibilità elettromagnetica) devono essere trattate negli azionamenti con molta cura per ottemperare le normative di macchina. 2.0 Gli attuatori Si considerano attuatori quei dispositivi elettromeccanici che, soggetti a una sollecitazione di tipo elettrico, forniscono una risposta di tipo meccanico. Spesso si rende necessario prelevare energia elettrica in una certa forma (per esempio da un sistema trifase in corrente alternata) ed eseguire la conversione in una forma che sia compatibile con il tipo di motore da utilizzare (ad esempio in corrente continua) L’efficienza della conversione gioca un ruolo di importanza fondamentale nel caso che le potenze in gioco siano di notevole entità, questa viene garantita dall’utilizzo di dispositivi elettronici che funzionando in modalità on-off garantiscono una dissipazione praticamente nulla. I dispositivi elettronici attualmente più utilizzati sono i transistor di potenza BJT e MOS e soprattutto gli IGBT; questi ultimi hanno ormai soppiantato, per applicazioni anche fino a 1000 kW, i tradizionali SCR che restano ancora validi in settori di elevatissima potenza oppure come ricambi in azionamenti già esistenti. I dispositivi sono utilizzabili sia nel funzionamento delle macchine elettriche come motori (conversione di potenza elettrica in potenza meccanica) che come generatori (conversione di potenza meccanica in potenza elettrica). In relazione alla potenza meccanica trattata dalla macchina elettrica si può scrivere: Pm = Cm * w in cui Cm è la coppia meccanica (o momento torcente) w è la velocità angolare dell’albero del motore. Si può rappresentare il comportamento meccanico della macchina elettrica su un piano Cm, w come indicato in figura . Se il flusso d’energia fluisce dalla sorgente al motore elettrico e quindi alla macchina azionata la macchina elettrica funziona da “motore” viceversa funziona da generatore se riceve energia meccanica dalla macchina azionata e la trasforma in energia elettrica. le macchine elettriche sono reversibili, cioè possono funzionare sia da “motore” che da “generatore ”). E possibile distinguere quattro quadranti di funzionamento in ognuno dei quali è indicata la relativa modalità di funzionamento della macchina elettrica. Assumendo come riferimento l’albero del motore si possono individuare le seguenti condizioni di funzionamento della macchina: ◗ eroga energia meccanica (e assorbe energia elettrica) = motore (quadranti 1 e 3); ◗ assorbe energia meccanica (e eroga energia elettrica) = freno (quadranti 2 e 4). Il funzionamento come freno si ha nei MAT invertendo il senso di rotazione del campo rotante o commutando la velocità da alta a bassa (si supera la velocità di sincronismo); nei motori CC si ha quando l’energia meccanica fornita è tale da far superare la velocità a vuoto o si sostituisce l’alimentazione con una resitenza di frenatura Un esempio di frenatura in avanti è quello della trazione elettrica, un esempio di frenatura indietro si ha nel caso del montacarichi durante la discesa. Non tutto il piano Cm, w è disponibile per il funzionamento del motore ma sono consentite solo opportune regioni dello stesso. Un limite è stabilito dalla massima potenza meccanica PMAX che la macchina è in grado di trasmettere o ricevere, due ulteriori limiti al funzionamento nel piano cartesiano sono la coppia massima CmMAX e la velocità di rotazione massima wMAX. La zona di effettivo funzionamento della macchina elettrica è allora quella indicata in figura b. Si noti che la coppia massima non coincide con la coppia nominale del motore e può essere anche 4-5 volte maggiore di essa. 2.1 macchine elettriche Le macchine elettriche vengono tradizionalmente divise in due grandi gruppi: macchine statiche e macchine rotanti. - Le macchine statiche, così dette perché prive di parti in movimento, modificano il valore della corrente o della tensione alternata forniti in ingresso mantenendo pressoché inalterato il valore della potenza: il trasformatore. - Le macchine rotanti, nelle quali è presente una parte che ruota attorno ad un asse, appartengono a tre tipi fondamentali: il tipo sincrono, che opera in regime sinusoidale e con velocità di rotazione costante; il tipo asincrono, che funziona sempre in regime sinusoidale con una velocità di rotazione dipendente dal campo magnetico interno alla macchina e variabile con il carico; il tipo a corrente continua, che opera in regime stazionario, poiché l’energia viene fornita o prodotta in corrente continua 2.2 Principio di funzionamento dei motori elettrici. Il motore elettrico è il dispositivo maggiormente utilizzato per la generazione del moto nei sistemi meccanici che compongono la base dei sistemi automatici di produzione. I motori elettrici utilizzati negli azionamenti sono di due tipi rotanti e lineari con il seguente il principio di funzionamento : I primi, più usuali, rendono disponibile il moto come rotazione attorno all’asse del “rotore”; movimento può essere di tipo continuo o di tipo incrementale I secondi, invece, producono un movimento “movente” del motore). il in direzione lineare (direzione di spostamento del 2.3 Struttura di un motore elettrico Dal punto di vista strutturale il motore elettrico può essere suddiviso in due parti strettamente interagenti tra loro: una parte fissa detta statore, ed una parte mobile detta rotore (nel caso di moto rotatorio) o movente (nel caso lineare). Le parti fissa e mobile di un motore interagiscono tramite il campo elettromagnetico prodotto dalla alimentazione del motore. Quest’interazione si traduce in una coppia (coppia elettromagnetica) disponibile all’asse del rotore o in una forza (forza elettromagnetica) lungo la direzione del movente, rispettivamente per motori rotanti e lineari. Ai fini del progetto del convertitore statico e del dispositivo di controllo, il (rotante o lineare) può essere rappresentato mediante due blocchi funzionali: motore elettrico -La parte elettromagnetica, che rappresenta il comportamento degli avvolgimenti di statore e rotore della macchina elettrica (formazione delle correnti, dei campi magnetici e della coppia elettromagnetica) -la parte meccanica che rappresenta il comportamento meccanico per quanto attiene alla parte mobile del motore (comprende l’inerzia delle masse rotanti e le coppie resistenti interne alla macchina) La parte meccanica e quella elettromagnetica interagiscono tra loro in modo diretto mediante la coppia elettromagnetica ed in modo retroattivo mediante la velocità di rotazione ω, che influenza i circuiti elettrici del motore (a livello di tensioni indotte). 2.4 Tipi di motori rotanti I motori elettrici rotanti utilizzati nella m ovimentazione autom atica si possono suddividere in quattro grandi famiglie: motori a collettore, motori sincroni, motori asincroni, motori, passo passo e servo motori a) Motori a collettore. Sono caratterizzati dalla presenza del collettore-spazzole che svolge le funzioni di un convertitore di potenza, possono essere suddivisi in motori in c.c. con avvolgimento di eccitazione, motori in c.c. a magneti permanenti in disuso per l’alto costo, motori Brushless che hanno buone prestazioni e basso costi b. Motori sincroni Sono motori alimentati con una tensione alternata e la velocità di rotazione è rigidamente legata alla frequenza della tensione di alimentazione. Si suddividono in motori sincroni con avvolgimento di eccitazione e in motori sincroni a magneti permanenti. Non sono autoavvianti e sono utilizzati per grosse potenze. Anche se più costosi sono a abbastanza diffusi per la loro flessibilità di utilizzo c. Motori asincroni Questi motori, in cui la velocità non dipende dalla frequenza, sono alimentati con una tensione alternata e sono ormai largamente diffusi nell’industria, si dividono in: c.1 Motori asincroni monofase usati per potenze piccole < 1 Kw .hanno un bassissimo rendimento e non sono usatiper la movimentazione automatica (non sono facilmente controllabili) c.2 Motori asincroni trifase, usati, soprattutto quelli a gabbia di scoiattolo, che oltre ad essere robusti hanno un basso costo. Negli azionamenti a velocità variabile per avere elevate prestazioni (coppia, velocità), occorre usare dei motori asincroni progettati appositamente per gli inverter. Motori passo passo, servomotori si utilizzano gli stessi convertitori dei motori senza spazzole e sono utilizzati per azionamenti di piccola potenza 2.5. Motori lineari elettrici I motori lineari sono particolari attuatori elettrici in grado di produrre il moto direttamente in forma lineare. Si può pensare di ottenere un motore rotativo lineare da una qualsiasi macchina rotativa mantenendo lo stesso principio di funzionamento, ma disponendo in modo opportuno le superficie di accoppiamento magnetico in modo che la distribuzione dei campi sia disposta lungo un asse piuttosto che su una circonferenza. Il motore consiste di due sole parti: il cursore «slider» e lo statore. Il cursore è prodotto con magneti al neodimio inseriti in un tubo in acciaio inox di alta precisione. Nello statore sono collocati gli avvolgimenti, il cuscinetto per il cursore, il sensore di posizione ed il sensore di temperatura per il monitoraggio termico del motore. Il pilotaggio di tali motori è reso possibile attraverso comuni convertitori che pilotano le correnti nel primario al fine di ottenere uno sfasamento di 90° elettrici rispetto ai poli magnetici così da massimizzare la spinta. L'attuazione diretta del moto in forma lineare consente di eliminare la trasmissione meccanica che si ha fra il motore rotativo e il carico, eliminando quindi tutte le limitazioni introdotte da tali cinematismi (usura, vibrazioni, qualità posizionamento, rendimento e dinamica dell’intero azionamento) ; tutto questo migliora la_stabilità generale del sistema e riduce gli interventi di manutenzione. Inoltre, grazie alle minori inerzie che vantano i motori lineari, la realizzazione particolarmente semplice il tutto a favore di dinamiche più elevate. del moto risulta 2.6) Sintesi sul motore asincrono Il motore asincrono trifase viene alimentato da un sistema di tensioni trifasi sfasate tra di loro di 120° ( V in valore efficace = 400 v, frequenza f = 50 Hz) La rotazione del rotore avviene grazie al campo magnetico rotante generato da tre correnti sfasate di 120 gradi elettrici (rotazione di vettori simbolico associato ad una grandezza elettrica) che circolano in tre bobine doppie disposte l’una rispetto all’altra di 120° meccanici nsincronismo = 60f/Ncoppie polari g/m Il rotore non ruota a una velocità costante, cioè la velocità di sincronismo, ma rallenta al variare del carico; per cui il motore non è detto sincrono ma asincrono, in quanto non rispetta la velocità di sincronismo imposta dallo statore. Si definisce con scorrimento s = (ns-nr)/ns = ws-wr/ws Nei MAT è importante la caratteristica meccanica che rappresenta l'andamento della coppia motrice C (Newtom*m) in funzione dello scorrimento (o della velocità di rotazione del rotore nr: giri/min) Se il punto di lavoro si trova nel tratto stabile un aumento della coppia resistente provoca una diminuzione ella velocita e di conseguenza un aumento della coppia motrice che ripristina la posizione; accade il contrario se la pendenza della retta diminuisce. Nel tratto instabile se la coppia resistente aumenta si ha il rallentamento del motore di conseguenza la coppia motrice diminuisce sempre di più non riuscendo a trovare l'equilibrio: il motore finirà col fermarsi. Accade il contrario se la CR diminuisce. 2.6.1 Ciclo di funzionamento: avviamento stella triangolo Per MAT sono previsti una sequenza di cicli di funzionamento identici comprendenti una fase di avviamento, un periodo di funzionamento a carico costante, una fase di frenatura elettrica rapida e un periodo di riposo. Nella fase di avviamento, il motore assorbe un’elevata corrente di spunto; l’energia assorbita, non potendo ancora convertirsi in energia meccanica essendo il motore fermo, é quasi totalmente convertita in calore per effetto Joule. Con l’avviamento del rotore la corrente si riduce fino ad assumere il valore nominale in corrispondenza di una velocità vicina a quella massima. La corrente di spunto può assumere valori che vanno generalmente dalle sei alle otto volte il valore della corrente nominale. Per la protezione si possono utilizzare due dispositivi distinti, il fusibile e il relè termico, che proteggono rispettivamente contro cortocircuiti e sovraccarico termico. Il relè termico si rivela adatta per la protezione del motore alle basse correnti. Oltre un certo limite il relè termico rischia la distruzione e subentra quindi il fusibile, il cui campo di protezione può spingersi a correnti superiori per giungere fino a quella di cortocircuito. Fra i diversi metodi che si utilizzano per ridurre la corrente di spunto MAT consideriamo l’avviamento stella triangolo. all’avviamento di un Questo avviamento consiste in una partenza con avvolgimento predisposto a stella e, successivamente all’avvio, il passaggio al definitivo collegamento a triangolo La riduzione della corrente di spunto viene effettuata, sempre a parità della tensione di rete Vf, collegando inizialmente gli avvolgimenti a stella Vf = Vc/1,73 Istella =Itriang/3 La coppia di spunto, che dipende dal quadrato della tensione, si riduce di 3 volte rispetto alla coppia che lo stesso motore fornirebbe se avviato a triangolo Al raggiungimento di una certa velocità del motore si effettua la commutazione a triangolo. Ogni bobina dell’avvolgimento risulta nella nuova condizione di funzionamento alimentata alla tensione concatenata Vc della rete trifase, cioè alla tensione 1,73 volte maggiore della precedente 3. - Criteri di scelta dei m otore elettrico La macchina elettrica, destinata ad essere collegata con una macchina operatrice deve essere scelta con cura nell’intento di ottimizzare il motore in coppia e in potenza sia in regime permanente che in transitorio. I dati particolarmente importanti necessari per la selezione di motore asincrono trifase (MAT) sono la potenza nominale, tensione, frequenza, velocità nominale, temperatura massima del mezzo refrigerante, tipo di servizio (continuo, limitato, intermittente ) , classe di isolamento, la coppia e velocità, le prestazioni dinamiche che dipendono dall'inerzia rotorica, la coppia di spunto Cs, e la corrispondente corrente Is A tale scopo è necessario conoscere il diagramma coppia-velocità dell’azionamento nel quale sono definite le tre coppie: coppia in servizio continuo (1), la coppia di picco (2) limite di coppia dovuto alla massima tensione (3) w = 6.28*n/60 n = ngiri/secondo C1,2,3 coppie N.m In funzione del tipo di servizio previsto per il motore deve essere garantito il funzionamento anche in condizioni di sovraccarico termico di breve durata e di conseguenza le condizioni di utilizzo delle tre coppie A- Coppia di servizio La curva di coppia in servizio continuo (1) è la coppia che il motore riesce ad erogare in modo continuativo, mantenendo la temperatura entro valori accettabili senza che lo stesso si danneggi. La coppia in servizio continuo dipende dalle caratteristiche elettriche del motore e dalle caratteristiche termiche che provocano la smagnetizzazione del materiale magnetico. Può capitare di dover utilizzare il motore in condizioni più sfavorevoli rispetto a quelle per cui è stata definita la coppia a servizio continuo, in questo caso occorre declassare il motore ( funzionamento a valori inferiori ai valori di targa) b - La coppia di picco è la massima coppia (2) che può erogare il motore senza problemi, normalmente è 2 + 5 volte la coppia in servizio continuo. Il tempo massimo di utilizzo di dipende dal tempo necessario per raggiungere la sovratemperatura critica.(si deve limitare la coppia per non superarla) Di solito la massima coppia di picco erogabile dal motore non viene mai utilizzata completamente per non sovradimensionare il DRIVER (scheda di gestione dello stato di funzionamento del motore c. Limite di coppia dovuto alla massima tensione di alimentazione Nella figura sottostante è rappresentato il campo di lavoro di un motore asincrono alimentato da un convertitore (inverter) Da 0 a fn La tensione fornita dall’inverter al motore è proporzionale a f Da fn in poi tensione fornita dall’inverter al motore V è costante La tensione nominale che si ottiene in corrispondenza della frequenza nominale non si può aumentare per problemi d’isolamento, e di conseguenza la coppia, essendo proporzionale al quadrato della tensione di alimentazione verrà limitata da Vmax Il superamento della frequenza nominale comporta una del motore a potenza costante (P= C*w) diminuzione della coppia e il funzionamento Durante il funzionamento la coppia di sovraccarico non potrà mai non generare l’arresto del motore superare la coppia massima per CRITERI DI DIMENSIONAMENTO PER L’INSTALLAZIONI DEI MOTORI ASINCRONI Nella installazione di motori in dispositivi di sollevamento e movimentazione (montacarichi, nastri trasportatori, coclee «contenitori» ed argani) il dimensionamento e la scelta del motore di trascinamento viene effettuata in funzione delle caratteristiche del carico. Si sceglierà quel motore in base alla coppia (Cnom>Cresist). La velocità di sollevamento o movimentazione sarà quella corrispondente al numero di giri nominale del motore Si esaminano di seguito i grafici coppia-potenza in funzione delle condizioni specifiche di carico, 1) Per le machine in cui si richiede una potenza costante (macchine avvolgitrici, tornio) il coppia potenza sarà: P = C*𝛀 = cost C coppia P potenza 𝛀 velocit angolare oppure P=F·v=cost. grafico 2) Per le macchine in cui la coppia resistente è costante non dipende dalla velocità (ascensori, paranchi, argani) coppia C=F·D/2=costante; e F = PESO 3) Nel caso di macchine con coppia di carico proporzionale alla velocità ( calandre per la lavorazione di materiali tessili, carta, plastica, fogli di gomma ecc.. con generazione di attrito viscoso) si ha C=k·Ω ; P=C·Ω= 4) – Nel caso di macchine con coppia di carico proporzionale alla velocità al quadrato ( ventilatori, pompe centrifughe, sbattitori, centrifughe C=k·Ω2 ; P=C·Ω=k·Ω3 k·Ω2 4. Circuito di potenza. La parte di potenza è quella parte che deve convertire l'energia elettrica proveniente dalla sorgente di alimentazione nella forma adatta per poter alimentare in modo opportuno il motore elettrico. La sorgente di alimentazione primaria è in genere la rete in correte alternata (trifase per azionamenti di potenza superiore a qualche kW, monofase per potenze inferiori ad 1-2 kW); in casi particolari può trattarsi di una rete elettrica in corrente continua (azionamenti per trazione su rotaia) oppure batterie di accumulatori (trazione su ruote). L'amplificatore di potenza si può - convertitore di potenza - sezione di alimentazione - circuito di frenatura considerare suddivisa in tre sezioni: 1) Il convertitore di potenza ha i l compito di alimentare i l motore e quindi conversione DC/AC o DC/DC, la sua struttura dipendo dal motore stesso. effettuare una Per la realizzazione dei convertitori si utilizzano componenti di potenza quali transistor SCR, IGBT, GTO ecc... La scelta del convertitore dipende dal tipo di motore, dal relativo drive «dispositivo di comando >, dal tipo di carico meccanico, dal rapporto fra l’inerzia del carico e l’inerzia del motore, dal tipo di utilizzo dello stesso e viene effettuata sulla base delle specifiche tecniche forniti dai cataloghi tecnici dei costruttori (V, I, vn, C ecc..) Si hanno le seguenti tipologie di convertitori: - CONVERTITORE AC/DC non controllato, «raddrizzatore» ( V e f costanti) CONVERTITORE AC/DC controllato , (V di ampiezza variabile) CONVERTITORE DC/DC, «chopper», (aumenta/diminuisce la tensione di un valore prestabilto) CONVERTITORE DC/AC, «inverter», (V di ampiezza e frequenza variabili) CONVERTITORE AC/AC, «convertitore di frequenza» (V di ampiezza e frequenza variabili Ogni convertitore statico è provvisto di un opportuno sistema di protezione, il quale assicura che non accadano condizioni operative tali da danneggiare in modo irreparabile i semiconduttori di potenza. Fra le protezioni, quella di massima corrente riveste un ruolo particolarmente rilevante, in quanto deve disinserire rapidamente l’alimentazione quando avvengono gravi disturbi quali corto-circuiti o surriscaldamenti 2) La sezione di alimentazione dipende dalla sorgente di alimentazione che è normalmente monofase o trifase, i l suo compito è quello di effettuare la trasformazione da tensione alternata in continua o viceversa in modo da ottenere il controllo del moto richiesto. 3)Per evitare che durante la frenatura del motore la tensione ai capi del convertitore superi valori elevati, si introduce un circuito di frenatura che ha il compito di scaricare su una resistenza (detta di frenatura) l'energia in eccesso prodotta durante la frenatura 5) Dispositivo di controllo E` l’elemento che determina il valore della grandezza di comando del convertitore statico sulla base del tipo di controllo da adottare per l’azionamento; si hanno due tipi di controllo in catena aperta e in catena chiusa (o in “contro-reazione”) a. Controllo a catena aperta Con questa modalità di controllo la grandezza da controllare non viene misurata, ma viene individuata, in modo univoco, dalla grandezza di riferimento (di comando); ne consegue che a regime non viene assicurato che la grandezza da controllare sia uguale valore di riferimento. L’eventuale scostamento dipende dalla presenza di disturbi che intervengono sul sistema controllato, e precisamente dalla: - caratteristica dei carichi (statici e dinamici) della macchina azionata; - cadute di tensione nel convertitore; - variazioni parametriche nel sistema controllato. I disturbi possono essere, se noti, compensati a livello della legge di controllo, ma se si vuole assicurare uno scostamento nullo bisogna ricorrere al controllo in catena chiusa. b. Controllo a catena chiusa Con questa modalità di controllo la grandezza da controllare virne misurata attraverso un opportuno sensore è confrontata nel nodo comparatore con la grandezza di riferimento. La loro differenza (“errore” o “scarto” di regolazione) diventa l’ingresso del blocco di controllo in catena diretta. Il controllo in catena chiusa è adottato quando con un azionamento in catena possono assicurare le prestazioni desiderate nelle regolazioni, in particolare: - aperta non si si vuole che l’errore a regime sia nullo si desidera che le prestazioni dinamiche (velocità di risposta) 4 Gli azionamenti di elevate prestazioni sono del tipo a catena chiusa, e vengono indicati come servo-azionamenti Le frecce tratteggiate indicano i fenomeni di controreazione, per segnali di natura diversa tra la macchina azionata ed il motore, tra il motore e il convertitore, tra il convertitore la sorgente primaria (disturbi elettromagnetici sulla rete elettrica) Le frecce larghe indicano il flusso di potenza I segnali di controllo (bassa potenza) a tratto continuo, quelli di protezione con tratto-tratto Nei moderni azionamenti il dispositivo di controllo è realizzato mediante dedicati al controllo dei motori elettrici. microprocessori trasmissione meccanica • Trasmissione meccanica • Cinghie • riduttori di giri TRASMISSIONE MECCANICA In un azionamento elettrico un motore aziona un carico meccanico. Capita molto spesso che il carico meccanico sia caratterizzato da una alta coppia e una bassa velocità, mentre i normali motori elettrici forniscono invece buone prestazioni ad alta velocità, cui corrisponde una bassa coppia. In queste situazioni non è possibile un accoppiamento diretto tra carico meccanico e motore. Si rende necessaria l’interposizione di una trasmissione meccanica per adattare i valori di coppia e velocità. La trasmissione meccanica può essere realizzata mediante: •Cinghia e catena •Riduttore di giri •Conversione del moto rotatorio in traslatorio •Sistema pignone e cremagliera •vite senza fine e a ricircolo di sfere Negli accoppiamenti meccanici nascono delle elasticità torsionali dovute al fatto che l’albero non è rigido e sono dovute a due coppie di momento uguale e contrario che agiscono su piani perpendicolari all’asse geometrico. Tali elasticità possono presentarsi sia tra motore e carico che tra motore e tachimetro, queste ultime sono dannosissime in quanto producono un errore di misura della grandezza su cui si basa il controllo in retroazione, la velocità, e per questo l'accoppiamento tachimetrico risulta essere il più critico. Per diminuire l'effetto delle elasticità torsionali dovute all'accoppiamento tachimetro il metodo migliore è ridurne l'entità delle torsioni attraverso: motore il montaggio del tachimetro direttamente sull'albero motore piuttosto che tramite dei giunti (riduzione della costante elastica); - riducendo l'inerzia del sensore (usando sensori leggeri tipo encoder); - il montaggio ravvicinato del tachimetro, all'interno del motore, fatto direttamente dal costruttore. - Introducendo un filtro elimina banda “notch” che riduca i problemi legati all'elasticità. - Per evitare grandi oscillazioni sul carico occorre tenere basso il guadagno proporzionale Kp, ma soprattutto evitare il più possibile qualsiasi accoppiamento elastico (con cinghia), in quanto si ridurrebbero notevolmente le prestazioni del sistema. CINGHIA La cinghia realizza una trasmissione meccanica elastica, ma comunque di buon rendimento ( ~ 95%). La cinghia è avvolta su due o più pulegge, dello stesso diametro oppure diverso, in funzione delle applicazioni. La grande richiesta di cinghie ha stimolato l’industria, che ne ha prodotte di diversi tipi, rendendole convenienti anche in applicazioni tradizionalmente riservate alle catene. Tipi di cinghia: cinghia piatta, Cinghia trapezoidale, Cinghia dentata Rapporto di riduzione: (o di trasmissione): R = w2/W1 =R1/R2 RIDUTTORE DI GIRI Il rapporto di trasmissione/riduzione a seconda di come altera i parametri in gioco, si definisce come: •Riducente: nel caso il rapporto sia minore di 1, •Imparziale, nel caso il rapporto sia uguale a 1, •Moltiplicante, nel caso il rapporto sia maggiore di 1, Tipi di riduttori: A vite senza fine, A ingranaggi, Epicicloidale, Armonico Ro/Rm = Wm/Wo = Co/Cm Cm*Wm = Co*Wo Wm *Rm = Ro*Wo L’AZIONAMENTO ELETTRONICA DI POTENZA Generalità Transistor ( BJT, MOSFET, IGBT, SCR, CONTROLLO DI FASE, TRIAK) Pilotaggio dei dispositivi a semiconduttori Generalità L'elettronica di potenza si occupa della regolazione della potenza erogata a un carico che lavora con tensioni e/o correnti elevate mediante componenti elettronici. Questa soluzione è superiore a quella che fa uso di componenti elettromeccanici come relè e contattori perché questi ultimi: richiedono correnti di pilotaggio superiori sono molto più lenti (quindi adatti per impieghi tipo marcia-arresto ma certamente non per la regolazione PWM!) sono meno affidabili La soluzione circuitale e i componenti da utilizzare si scelgono in base ai valori di corrente e tensione e al tipo di circuito - in alternata o continua. I principali componenti utilizzati sono: transistor: BJT, darlington, MOSFET e IGBT tiristori: SCR, DIAC, TRIAC e GTO Transistor I transistor sono indicati per potenze minori (fatta eccezione per gli IGBT) e per circuiti in continua. L'impiego è quello da interruttore dove il transistor si comporta: come un interruttore aperto nello stato OFF come un generatore di tensione costante (VCEsat) per i BJT o come una resistenza (Ron) per i MOSFET nello stato ON In entrambi i casi si ha una dissipazione di potenza sul componente calcolabile con: PD= VCEsatICt PD= RonICm Questa potenza è contenuta, perché i valori di VCEsat e Ron sono molto bassi (meno di un Volt e meno di un Ohm per transistor di potenza), ma non trascurabile e va dissipata sotto forma di calore ceduto all'ambiente Il pilotaggio dei transistor è abbastanza semplice e richiede piccole correnti, erogabili entrambi casi con tensione nulla si ha lo stato OFF mentre per lo stato ON: anche da porte logiche. In per i BJT occorre dimensionare la resistenza RB, considerando la tensione di comando e il carico, per portare il BJT in saturazione per per i MOSFET basta imporre una VGS maggiore di quella di soglia indicata nei datasheet per avere piena conduzione Nelle applicazioni di potenza si usa la connessione a emettitore comune che permette di pilotare correnti elevate con piccole correnti i parametri che occorre prendere in particolare considerazione sono la corrente massima (lcmax arriva anche di 500A) le tensioni massime (VCE e varie tensioni di rottura), la potenza dissipabile (PDmax). Possono commutare ad elevata frequenza (10 kHz), ma non resistono alle tensioni inverse e le applicazioni sono perciò limitate ad inverter e chopper alimentati in corrente continua I MOSFET sono utilizzati per pilotare carichi di potenza perché sopportano tensioni di rottura superiori rispetto ai BJT (tensioni di rottura di 1 Kv con correnti di qualche centinaio di Ampere) e presentano i seguenti vantaggi sono facili da pilotare non assorbono corrente a riposo sono più stabili nell'utilizzo tempi di commutazione più brevi e frequenze di lavoro più elevate; controllo di potenze elevate (si arriva ai 150 kW) mediante potenze di pilotaggio trascurabili; facilità di interfacciamento con logiche TTL e CMOS Darlington. Si tratta di due BJT con il collettore il comune e l'emettitore del primo collegato alla base del secondo. Questa configurazione equivale ad un BJT con un guadagno che è il prodotto dei due guadagni e una VCEsat aumentata di 0,7 Volt (pari alla VBE del secondo transistor) Sono usati come interruttori per pilotare relè solenoidi, motori in corrente continua e passo-passo (step motor). IGBT (insulated gate bipolar transistor) E un particolare tipo di transistor che combina un MOSFET in ingresso e un BJT in uscita. Questa soluzione sta soppiantando le precedenti tecnologie nelle applicazioni in commutazione per potenze medio-alte (inverter, alimentatori) perché offre sia i vantaggi dei BJT (tensioni di lavoro elevate e bassa VCE) che quelli dei MOSFET (alta impedenza di ingresso e facilità di pilotaggio). Lo scopo viene raggiunto mediante la realizzazione di una struttura a transistor BJT di tipo PNP in configurazione Darlington in cui il transistor pilota viene sostituito da un MOSFET a canale N; Le caratteristiche d'uscita sono uguali a quelle di un transistore bipolare che viene però controllato in tensione come il MOSFET. Quanto la tensione è applicata tra gate ed emettitore, la capacità equivalente d'ingresso si carica attraverso il resistore di gate fino a una tensione di soglia che fa accendere l'IGBT; viceversa, quando la capacità tra gate ed emettitore si scarica, l'IGBT torna nello stato di off Essendo l’IGBT un dispositivo a tensione controllata richiede solo una piccola tensione sul gate per mantenere la conduzione attraverso il dispositivo a differenza dei BJT che richiedono che la corrente di base sia continuamente alimentata in quantità sufficiente a mantenere la saturazione. Per portare l’IGBT in condizioni si applica in modo continuo una tensione positiva superiore alla tensione di soglia che è dell’ordine di 5- 6v; per spegnerlo si porta Vge al di sotto della tensione di soglia L’IGBT è un dispositivo unidirezionale a differenza dei MOSFET che hanno capacità di commutazione di corrente in maniera bidirezionale; la corrente circola in una sola direzione, dal collettore verso l’emettitore. L’impiego degli IGBT è legato in particolare al controllo dei motori a velocità variabile, al controllo di trazione, agli schemi per inverter e alimentatori. Tiristori I tiristori in senso stretti sono gli SCR ma spesso, con questo termine, si intendono anche altri componenti a semiconduttore della stessa famiglia come i DIAC, i TRIAC e i GTO. Questo tipo di dispositivi si usano prevalentemente in alternata (fanno eccezione i GTO) e richiedono un circuito di innesco per il loro pilotaggio. L’SCR è adatto ad applicazioni anche industriali e può controllare potenze rilevanti e correnti di centinaia e centinaia di ampere Un triac corrisponde a due Scr in antiparallelo, cioè con il catodo di uno collegato all'anodo dell'altro. Il controllo può avvenire con un solo dispositivo per entrambe le semionde. Il triac, più flessibile, relativamente ridotte. è utilizzato in genere per applicazioni domestiche con potenze SCR L'SCR (Silicon Controlled Rectifier) è un diodo controllato che dispone di un terzo terminale, oltre ad anodo e catodo, detto gate. Per portare in conduzione un SCR occorre: polarizzarlo direttamente con una VAK positiva applicare un impulso di corrente al gate Non si possono utilizzare per elevatissime frequenze di commutazione ma consentono il passaggio di elevate correnti (3.5÷4 kA) e di conseguenza possono gestire grandi potenze. Per velocizzare l’entrata in conduzione è opportuno che il fronte di salita dell’impulso di gate sia molto ripido. Questo è importante ad elevate frequenze di commutazione. Solitamente non si da un unico impulso ma un treno di impulsi, per evitare elevate perdite e possibili spegnimenti involontari La corrente applicata al gate che porta in conduzione l'SCR non è più necessaria una volta avvenuto l'innesco. Per spegnere l'SCR bisogna che la corrente tra anodo e catodo scenda sotto un valore minimo detto corrente di mantenimento IH (holding current) o che si inverta la tensione tra anodo e catodo. Questo tipo di funzionamento permette di pilotare un SCR (quindi grandi correnti) con correnti impulsive di breve durata ma presenta una serie di complicazioni per l'innesco e lo spegnimento, in particolare Per entrare in conduzione, è necessario superare la corrente di latching IL; Un SCR può entrare in conduzione anche senza corrente di gate se la tensione tra anodo e catodo supera la tensione di breakover VBO. Questa condizione indesiderata di auto-innesco potrebbe verificarsi anche in seguito a brusche variazioni di tensioni - ad esempio per fenomeni induttivi - e va evitata ricorrendo a circuiti smorzatori da porre in parallelo all'SCR Per evitare commutazioni indesiderate si inseriscono reti RLC (rete snubber) in cui l’induttanza . in serie si oppone alla variazione di corrente limitando la variazione di tensione L’SCR può essere interdetto solamente riducendo momentaneamente a zero la sua corrente anodica, o comunque al di sotto del valore minimo di aggancio o di tenuta. Nei circuiti in alternata, lo spegnimento interviene automaticamente ogni volta che la sinusoide di rete attraversa lo zero. L'impulso di gate, regolato e sincronizzato con la tensione di alimentazione con un apposito circuito di innesco, porta in conduzione l'SCR nella semionda positiva, parzializzando la tensione e regolando così la potenza al carico. Si chiama con: •angolo di innesco, quello che corrisponde al ritardo dell'impulso di corrente •angolo di conduzione, quello durante il quale l'SCR conduce Regolando l'angolo di innesco si ritarda l'entrata in conduzione dell'SCR regolando la potenza. Controllo di fase Per il controllo di potenza dei motori in alternata si utilizza il controllo di fase in cui si varia il valore efficace della tensione sul carico (utilizzatore), e come conseguenza, la potenza assorbita. Nei controlli di piccola potenza (corrente regolabile di 40A) viene utilizzato il TRIAK mentre per potenze superiori vengono utilizzati due SCR (diodi controllati o tiristore) collegati in antiparallelo Il principio di funzionamento di un controllo simmetrico è che l’angolo di conduzione α deve essere uguale sia nella semionda positiva che in quella negativa. Il controllo, sincronizzato con la rete, permette di variare l’angolo di conduzione determinando il valore di tensione desiderato sul carico. Il sistema a controllo di fase caratterizzato da una notevole variazione di corrente in un intervallo di tempo breve provoca una notevole produzione di segnali interferenti(radiodisturbi) ed inquinamenti nella rete di alimentazione dell’energia elettrica (disturbi in rete). Con opportuni filtri è possibile ridurre questi fenomeni riportandoli entro limiti definiti dalle normative. Al fine di avere una corretta utilizzazione dei variatori è opportuno conoscere i limiti di funzionamento imposti dal tipo di carico forniti dai costruttori del regolatore ( CARICHI OHMICI, - CARICHI INDUTTIVI -– CARICHI CAPACITIVI, ecc…) che forniscono l’eccesso di corrente assorbita, la diminuzione della coppia, la potenza minima controllabile ecc.. Un possibile circuito che realizza il controllo di fase è quello in figura Il ramo con la resistenza variabile e il condensatore permette di innescare l'SCR nel momento desiderato (aumentando la R la carica del condensatore rallenta e l'innesco avviene più tardi); il diodo fa sì che la tensione sul gate sia solo positiva. Nei circuiti n corrente continua si rende necessario l’uso di circuiti di spegnimento aggiuntivi che raggiungono lo scopo forzando la polarizzazione inversa del componente, solitamente mediante condensatori che rendono la Vak negativa polarizzando inversamente l’SCR Le reti RC inserite in parallelo all’SCR vengono utilizzate nei sistemi di controllo dei carichi induttivi per smorzare le brusche variazioni di tensione limitandole anche in ampiezza TRIAC e DIAC I TRIAC sono dispositivi bidirezionali con caratteristiche e simili agli SCR: Si comportano come due SCR in antiparallelo con un unico terminale di gate. La caratteristica di un TRIAC è simile a quella di un SCR ma si differenzia perché: può condurre sia nel primo che nel terzo quadrante il verso della corrente di gate non è importante e il TRIAC entra in conduzione sia con corrente entrante che con corrente uscente Come per l'SCR occorre tener conto della corrente di mantenimento IH, sotto la quale il TRIAC si spegne, e della tensione di breakover VBO, oltre la quale il TRIAC si innesca anche in assenza di corrente sul gate. I DIAC sono componenti bidirezionali come i TRIAC ma privi del terminale di gate. Senza una corrente di innesco entrano in conduzione solo superando la tensione di breakover, che ha un valore tipico intorno ai 30 Volt. Il simbolo di un DIAC è questo: L'impiego più comune dei DIAC è nei circuiti di innesco dei TRIAC per generare una corrente di gate sincronizzata con la tensione alternata che sarà parzializzata con il TRIAC. Il circuito che segue contiene una TRIAC che regola la potenza su un carico (ad esempio una lampada) con controllo di fase; per l'innesco viene utilizzato un DIAC. Alcune osservazioni: regolando R si ritarda l'innesco (aumenta l'angolo di innesco e diminuisce quello di conduzione) a innesco avvenuto il ramo con il condensatore risulta cortocircuitato con un carico induttivo è necessario porre uno smorzatore RC in parallelo al TRIAC (per una lampada o un carico resistivo non serve) in questo tipo di applicazioni si usa sempre un filtro LC per limitare i disturbi dovuti alla forma d'onda della tensione parzializzata i valori di resistenza e capacità vanno dimensionati opportunamente la regolazione non funziona bene per angoli di innesco elevati (potenze basse) e bisogna ricorrere a circuiti di innesco più complicati una resistenza posta tra DIAC e gate del TRIAC migliora le prestazioni (limita la corrente e prolunga l'impulso di corrente per avere un innesco certo) Pilotaggio dei dispositivi a semiconduttore in commutazione Blanking time Nei circuiti di comando con dispositivi antagonisti “ interruttori” se accesi contemporaneamente si spreca tanta energia a seguito di una commutazione,. L’uso di un blanking time, tecnica che invia il segnale di innesco su un interruttore che giunga in ritardo rispetto a quello di spegnimento, può impedire questa situazione Per realizzarla è sufficiente un comparatore a doppia soglia (si imposta una soglia per la commutazione in salita e un’altra per la discesa). Circuiti di snubber e soft switching L’accensione e lo spegnimento di un dispositivo elettronico non è mai ideale: la presenza di fenomeni parassiti (recovery di diodi interni “capacità del diodo di generare impulsi brevi”, induttanze parassite) causano picchi di vario tipo su tensione e corrente. I circuiti di snubber fungono da limitatori per implementare commutazioni smorzate (soft switching) per smorzare eventuali fenomeni elettrici critici che sono conseguenza della commutazione del circuito e possono mettere a repentaglio gli elementi del circuito stesso. Tipicamente, gli snubber operano come: • limitatori di sovracorrente all’accensione; • limitatori di sovratensione allo spegnimento; • limitatori di stress durante il funzionamento (per impedire che V e I siano contemporaneamente elevate, e quindi la potenza sia alta). L’AZIONAMENTO Il convertitore statico Raddrizzatori AC/DC Raddrizzatori non controllati (sintesi). Raddrizzattori semicontrollati Raddrizzattori Controllati ALIMENTATORI CC SWITCHING Alimentatore chopper Convertitori CC-CA "inverter« PWM Inverter VSI-PWM «VSI step six> Convertitori CA CA Armoniche Il convertitore statico La produzione industriale dell'energia elettrica viene fatta, come è noto, quasi esclusivamente sotto forma di corrente alternata trifase. L'impiego della corrente alternata (c.a) consente, tramite i trasformatori, un agevole adattamento dei livelli di tensione ai valori che risultano di volta in volta più opportuni. La scelta del sistema trifase deriva invece dalla sua maggiore economicità rispetto ad altre soluzioni. Esistono però: - una serie di importanti applicazioni, sia industriali che civili, che richiedono alimentazioni a corrente continua (c.c) o frequenza diversa da quella di rete, (casi di applicazioni elettrochimiche, delle linee di trasmissione a c.c., dei forni a induzione , dei sistemi di carica degli accumulatori). - quando è richiesta una rapida regolazione dell'ampiezza o della frequenza della corrente erogata al carico (caso di molti alimentatori regolabili e degli azionamenti a velocità variabile di motori a corrente continua o a corrente alternata) - quando l’alimentazione deve essere garantita anche in caso di guasto della rete di distribuzione (alimentazioni a continuità assoluta:sale operatorie, centri di calcolo, ecc.), in cui si ha l'esigenza di operare una conversione dell'ampiezza della frequenza della tensione di rete; a tale scopo e si chiamano convertitori (converters) i dispositivi capaci di operare questa conversione I convertitori statici, attualmente utilizzati, sono basati sull'impiego di interruttori elettronici allo stato solido startici (diodi, transistori, tiristori, IGBT) le cui aperture e chiusure vengono controllate in modo da operare la conversione desiderata. Le di tensione che ne risultano sono spesso ricche di componenti armoniche indesiderate, sicchè spesso i convertitori impiegano anche induttori o condensatori in funzione di filtri. L'alimentazione del convertitore può essere continua o alternata e la sua uscita può essere ancora continua o alternata, a frequenza ed ampiezza fisse o variabili. I legami tra tipo di energia in ingresso ed uscita dei diversi tipi di convertitore sono indicati della seguente tabella riassuntiva: Raddrizzatori AC DC I raddrizzatori più comuni sono quelli a ponte in versione monofase o trifase; questi ultimi, pur essendo più costosi, sono più diffusi in quanto presentano ondulazione di tensione e contenuto armonico di corrente molto più piccoli. Essi possono essere costituiti: da soli diodi (raddrizzatori non controllati), da diodi e SCR (raddrizzatori semicontrollati), sono semplici e poco costosi ma possono operare in un solo quadrante poiché non consentono l'inversione né della tensione né della corrente (casi tipici di utilizzazione si hanno negli azionamenti per ventilatori e per pompe), o da soli SCR (raddrizzatori totalcontrollati), sono più complessi e costosi ma possono funzionare in due quadranti in quanto consentono l'inversione della tensione. Per ottenere il funzionamento in tutti e quattro i quadranti si devono utilizzare due raddrizzatori totalcontrollati connessi in antiparallelo. Nei raddrizzatori a ponte trifasi ad ogni istante solo due dei sei elementi (diodi o SCR) conducono: uno del gruppo inferiore ed uno del gruppo superiore, purché non appartenenti allo stesso ramo Se è costituito da diodi l'elemento conducente del gruppo superiore é quello connesso alla tensione di alimentazione più positiva (gruppo inferiorenegativa), se è costituito da SCR la conduzione avviene solo dopo che é stato inviato un impulso di accensione al suo gate, In un periodo si verificano quindi sei commutazioni alternativamente nella parte superiore e in quella inferiore del ponte. Raddrizzatori non controllati monofase e trifase onda intera su carico resistivo Il raddrizzatore o rectifier è un dispositivo che serve a raddrizzare un segnale alternato in un segnale unidirezionale (sempre positivo o sempre negativo). Il raddrizzatore, collegato ad altri componenti, è usato per trasformare la corrente alternata in corrente continua Nei raddrizzatori non controllati la conduzione avviene in modo naturale in funzione delle caratteristiche del segnale d’ingresso Monofasi trifase a semionda trifase a onda intera Un buon raddrizzatore deve avere un basso fattore di ripple; nel caso del raddrizzatore a semionda monofase r vale 1,21 (121% in forma percentuale), a onda intera r=48% trifase a semionda r=17,7% trifase a onda intera 5% Si definisce con rendimento di conversione il rapporto fra la potenza continua fornita al carico (di tipo resistivo o di tipo ohmico induttivo) e la potenza erogata dal generatore Il raddrizzatore a onda intera sia monofase che trifase è migliore di quello a semionda in quanto consente un aumento del valore medio, una riduzione del fattore di ripple e un miglior rendimento Raddrizzatori semicontrollati (R) Il 50% dei Diodi sono sostituiti da SCR, la conduzione avviene attraverso un impulso di innesco applicato agli SCR, lo spegnimento avviene come per i Diodi (“naturale”) lI valor medio della tensione lato DC si può solo abbassare (rispetto al caso di raddrizzatore non controllato a Diodi) e varia in funzione dell’angolo di innesco ® Raddrizzatore controllato ad onda intera (R) monofase e trifase Derivano direttamente dai corrispondenti non controllati sostituendo tutti i diodi con SCR • trifase a semi-onda (mezzo ponte) • trifase ad onda intera (ponte completo) il valor medio della tensione lato DC può essere solo abbassato (rispetto al caso di raddrizzatore non controllato a Diodi) e varia in funzione dell’angolo di innesco Il ponte trifase totalmente controllato puo lavorare anche sulle semionde tensioni sinusoidali a seconda della posizione dell’angolo di innesco negative delle - Per α < 90 la tensione media e positiva (raddrizzatore) - Per α = 90 la tensione media è uguale a 0 - Per α > 90 la tensione media è negativa (inverter) Per α = 0 si ha la massima tensione in uscita Raddrizzatori utilizzati nei motori elettrici DC per potenze fino a 150 KW alimentatori switching (convertitori CC/CC) Nei convertitori in cui la la tensione di uscita non è controllata si ha la necessità di stabilizzarla al variare della tensione di ingresso e del carico. Esistono in commercio circuiti, chiamati regolatori switching, che sentono la tensione di uscita ed agiscono sul duty cycle dell'interruttore in modo da stabilizzare Vout IL principio di funzionamento si basa sull’interruzione del collegamento tra l’alimentazione e il carico elettrico in modo che l’energia venga inviata al carico non con continuità ma attraverso una sequenza di onde rettangolari controllando la durata delle quali è possibile variare la tensione media sul carico I componenti utilizzati nella realizzazione dei convertitori sono condensatori e induttanze. Su di essi (uno dei due componenti, o entrambi, a seconda dellavviene un procedimento ciclico di carica e scarica che si ripete molte volte al secondo. Per risolvere il problema di isolare il carico dalla rete viene introdotto un trasformatore di ridotte dimensioni che deve lavorare alle alte frequenze Il vantaggio di un alimentatore di tipo switching è il suo minore ingombro e maggiore efficienza. Lo svantaggio è che si ha un ripple a frequenza intorno ai 50KHz che può creare problema di rumore e in generale il circuito potrebbe creare problemi di compatibilità elettromagnetica. Gli alimentatori buck (STEP-DOWN), boost STEP-UP) , Buck-boost (STEP-UP-DOWN) sono utilizzati per convertire basse tensioni in altre basse tensioni, (da 20 volt a 12 volt, da 3 a 12 volt) gli alimentatori Cuk converter sono usati per ottenere tensioni negative (da 12 v a -12 v) L’uscita non è galvanicamente isolata dall’ingresso, assenza di un trasformatore, quindi non sono utilizzabili per convertire dalla 220 direttamente al valore voluto. I sistemi flyback e forward, il cui schema di principio sostanzialmente differerisce da quelli esaminati fin ora dalla presenza di un trasforamtore, sono usati quando la tensione d’ingresso è molto diversa dalla tensione d’uscita da ottenere. Prevedono un piccolo trasformatore dall’uscita a bassa tensione. che isola galvanicamente la parte sotto alta tensione Schema di un alimentatore switching del tipo «Forward» per applicazioni in alta potenza Schema di un alimentatore switching del tipo» «flyback» per applicazioni in bassa potenza Per alimentazioni trifasi si utilizzano chopper a ponte a transistori in cui la tensione di ingresso è fornita da una rete trifase tramite un raddrizzatore a ponte trifase non controllato e la cui tensione di uscita è applicata al circuito di armatura di un motore a corrente continua a eccitazione indipendente Braking: frenatura C: filtro di spianamento del ripple ( passa basso del secondo ordine) Dei quattro interruttori del chopper, ognuno costituito da un transistore con antiparallelo, solo due sono attivi contemporaneamente: T1T1’ oppure T2T2’. un diodo in I due transistori di ogni lato del ponte hanno un funzionamento complementare, se attivati allo stesso istante potrebbero trovarsi entrambi per un breve periodo nello stato di conduzione, con conseguente corto circuito. Per evitare ciò è previsto un piccolo ritardo temporale, attraverso una porta NOT inserita sulla base di uno dei due transistor, tra l'istante in cui avviene il passaggio dallo stato di conduzione a quello di interdizione di un transistore e l'istante in cui avviene il passaggio inverso dell'altro transistore presente sulla stessa gamba del ponte Modulando contemporaneamente i transistori T1 e T1’ (regolandone cioè i tempi di apertura e di chiusura) e in modo complementare i transistori T2 e T2’, si può regolare il valore medio della tensione di uscita in modo tale da ottenere un controllo del moto in tutti e 4 i quadranti del piano C-Ω, conferendo al sistema alte prestazioni dinamiche con un ondulazione di corrente che risulta però piuttosto elevata alle basse velocità. Modulando invece un solo transistore per volta (ad esempio T1) e in modo complementare l'altro transistore della stessa gamba (T2) l'ondulazione di corrente risulta minore, ma il controllo è limitato ad un solo quadrante e l'arresto del motore avviene secondo le caratteristiche inerziali del carico applicato Con la conduzione di T1 e T1’ si ha un funzionamento come motore (funzionamento nel primo quadrante), con la conduzione di T2 e T2’ la macchina funziona come freno (Va > E: funzionamento nel quarto quadrante). Nel secondo e terzo verso opposto quadrante il funzionamento e simile con la differenza che la tensione la corrente hanno Se si desidera realizzare un azionamento ad alta dinamica (robot, azionamenti per macchine utensili, ecc.) si devono necessariamente utilizzare convertitori a commutazione forzata, cioè chopper a tiristori Convertitore CC-CA Inverter Il controllo del moto dei motori in corrente alternata trifasi (asincroni, sincroni, brushless) avviene utilizzando convertitori statici di frequenza a due stadi che operano una duplice conversione passando per uno stadio intermedio a tensione/corrente continua. Il convertitore lato rete (raddrizzatore) ha il compito di raddrizzare ed eventualmente regolare la tensione o la corrente della rete di alimentazione, quello lato motore (inverter) ha invece il compito di invertirle regolando la frequenza ed eventualmente l'ampiezza della fondamentale della tensione/corrente alternata in uscita. Il convertitore lato rete è un raddrizzatore che può essere ti tipo a ponte trifase non controllato o a ponte trifase controllato, gli inverter totalmente differenti nel loro comportamento sono di tipo CSI «corrente impressa» o VSI «tensione impressa» Nel 1° caso all’ingresso del convertitore (VSI) vi è un condensatore in derivazione per sostenere la tensione costante, nel 2° caso (CSI) un induttore in serie per sostenere la corrente costante Il controllo puo essere ad onda quadra in cui la tensione alternata in uscita presenta ampiezza costante (onda quadra: ampiezza non controllabile), oppure può essere di tipo PWM in cui la tensione alternata in uscita è ad ampiezza variabile (onda traingolare: segnale di controllo) L’inverter a corrente impressa (CSI: current source inverter), in cui l’ingresso D.C dell’inverter è assimilabile a un generatore di corrente continua (costante), è adatto per potenze dell'ordine dei MW e utilizza in genere SCR a commutazione forzata con i relativi circuiti di spegnimento. E utilizzato con tecniche di controllo PWM o a onda quadra (six-step) ed è particolarmente adatto per azionamenti di grande potenza funzionanti su quattro quadranti, che non richiedono elevate prestazioni dinamiche ma il recupero dell'energia durante le fasi di frenatura. E' costoso e comporta elevate ondulazioni di coppia a causa della forma d'onda praticamente rettangolare della corrente che causano problemi di riscaldamento, coppie pulsanti e disturbi elettromagnetici. Il convertitore è progettato infine con un picco di potenza limitato che può essere sostanzialmente inferiore a quello della macchina Inverter a tensione impressa (VSI: voltage source inverter), in cui l’ingresso D.C dell’inverter è assimilabile a un generatore di tensione continua «costante», è adatto per potenze che vanno dal kW alle centinaia di kW e utilizzano in genere come dispositivi di potenza i transistor bipolari, transistor ad effetto di campo (MOSFET) e anche IGBT Tutti gli inverter VSI sono dotati di una resistenza di frenatura in serie ad un transistor, disposta nello stadio intermedio tra raddrizzatore e inverter in parallelo al condensatore di spianamento. Per l’inverter a tensione impressa, la strategia di controllo è del tipo PWM. Sia l’inverter CSI sia l’inverter VSI permettono alla potenza e alla corrente di circolare in due direzioni; l’inversione della rotazione dell’azionamento non presenta alcun problema in quanto il cambiamento nella rotazione delle fasi è semplicemente ottenuto cambiando la sequenza di commutazione degli interruttori statici nell’inverter. La scelta fra questi due metodi influenza il comportamento e le caratteristiche dell’azionamento in modo fondamentale. Controllo PWM (motori cc) Un inconveniente del controllo di velocità lineare consiste nel fatto che il transistore che pilota il motore è chiamato a dissipare una notevole potenza, specie alle basse velocità, abbassando così il rendimento del sistema, inteso come rapporto fra la potenza fornita al motore e la potenza erogata dall'alimentazione. Per ridurre il valore della corrente di base, spesso al semplice BJT si sostituisce una configurazione Darlington. Questo inconveniente viene superato facendo lavorare il transistore in regime impulsivo, ossia in commutazione. In questo caso infatti la dissipazione di potenza è di molto inferiore, poiché si verifica o nella fase in cui il transistore è in saturazione, e quindi con bassa tensione ai suoi capi, o nella fase di commutazione, normalmente molto breve. In particolare con la tecnica di controllo basata sulla modulazione a larghezza dì impulsi (PWM: pulse width modulation) si ha un efficace controllo della velocità del motore Quest'ultimo viene alimentato con una tensione di armatura va che, anziché continua, a un andamento rettangolare o impulsivo, con ampiezza vam e periodo T costante e ciclo dì utilizzo (duty cycle) variabile. Con questo controllo la velocità e la coppia resa dipendono sostanzialmente dal valore medio Vm della tensione di armatura, che a sua volta dipende dal duty cycle secondo la relazione . Vm = (ton/T)Vam Controllo di velocità ad anello chiuso. Il circuito ad anello aperto, non consente un'autoregolazione della velocità; questa importante caratteristica è invece presentata dal circuito ad anello chiuso in figura Un amplificatore dì errore sente la differenza fra una tensione di riferimento Vi e la tensione di reazione Vf generata da un tachimetro collegato al motore, producendo in uscita una tensione di errore Ve Se, per un aumento della coppia di carico applicata al motore o una diminuzione della tensione di alimentazione, diminuisce la velocità del motore, cala anche la tensione Vf prodotta dal tachimetro, cresce di conseguenza Ve e quindi aumenta il duty cycle dell'uscita Vo del comparatore. Il circuito permette il controllo di velocità in PWM, attraverso la gestione di V e I che attraversano il motore Tra gli integrati appositamente previsti per il controllo in PWM dei motori in DC, si ricorda in particolare lo L292 della ST Microelectronics, che è capace di lavorare con tensioni tra 18 e 36 V, con una corrente massima di 2 A (senza aggiunta di dispositivi di potenza esterni). Controllo della velocità di un MAT Con la tecnica PWM (Pulse-Width Modulation) si costruisce una forma d’onda molto prossima alla sinusoide (fondamentale). Gli impulsi che vengono generati hanno ampiezza costante, ma larghezza variabile dipendente dall’ampiezza della modulante (onda sinusoidale). Gli istanti di chiusura e apertura degli interruttori elettronici del convertitore (transistori, gto, mosfet) vengono imposti in modo da ottenere la fondamentale voluta ed eliminare le armoniche indesiderate. Più alta è la frequenza della portante «segnale triangolare», minore risulta il contenuto delle armoniche della tensione generata dal convertitore. La modulante, prodotta nel blocco di controllo del sistema « amplificatore di potenza inverter), convertitore è produce una tensione di uscita variabile sia in ampiezza, sia in frequenza, Questo consente di utilizzare il motore trifase sia a coppia costante (controllo U-f), sia a potenza costante (controllo di frequenza e modulo della tensione costante). Se si adottano sistemi di controllo alimentati da generatori di corrente, anziché dai generatori di tensione (CSI) sul carico si inietta una corrente, variabile in ampiezza e in frequenza. Tra le diverse tecniche PWM basate sull'elaborazione di segnali analogici la più impiegata é quella della sottooscillazione sinusoidale in cui le commutazioni avvengono in corrispondenza delle intersezioni di due segnali (portante e modulante) con ampiezze e frequenze di valore opportuno Il rapporto ottimale tra le frequenze delle due tensioni consente di minimizzare l'effetto delle armoniche sul funzionamento del motore migliorandone il rendimento e riducendo le perdite per commutazione Nei MAT il controllo della velocità con la modulazione PWM con inverter comporta il controllo dei seguenti parametri vs Velocita di sincronismo 𝑓 è la frequenza dell’inverter, 𝑠 è lo scorrimento 𝑝 è il numero di coppie di poli del motore e della Im corrente media che scorre nell’avvolgimento di statore legati fra di loro dalla seguente espressione . Inverter VSI-PWM E' il tipo di inverter attualmente più diffuso é costituito da un raddrizzatore a ponte trifase non controllato, da un filtro L-C con una batteria di condensatori di bassa capacità per livellare la tensione, da un inverter lato motore con tre interruttori attivi che regolano sia la frequenza che l'ampiezza della fondamentale della tensione Per evitare il corto circuito della sorgente continua in ingresso, il comando dei due interruttori di ramo deve essere di tipo complementare, come indicato in Figura Negli interruttori reali (tempi di apertura e chiusura non nulli) è previsto un tempo morto ("dead time”) per garantire che ciascun interruttore di ramo sia effettivamente aperto quando l'altro chiude. Le tensioni concatenate di alimentazione dell’inverter sono costituite da una successione di impulsi (positivi e negativi) di ampiezza uguale alla tensione continua di ingresso e di larghezza variabile. Modulando opportunamente la durata di ciascun impulso si regola l'ampiezza della fondamentale di tensione ( e si spostano nel contempo le armoniche verso frequenze molto più alte, ottenendo così, grazie alla più energica azione di filtraggio dell'induttanza di dispersione del motore, una corrente pressoché sinusoidale rispetto al caso di inverter six-step. «L'inverter VSI six-step è costituito da: - un raddrizzatore a ponte trifase totalcontrollato ad SCR lato rete che raddrizza la tensione e ne regola il valore medio; - un filtro L-C nel circuito intermedio, con una batteria di condensatori di elevata capacità per livellare la tensione raddrizzata e fornire una via per le correnti rapidamente variabili prelevate dall'inverter; - un inverter lato motore, costituito da tre lati in ognuna delle quali sono disposti due interruttori funzionanti in modo complementare, che fornisce una terna simmetrica di tensioni concatenate in onda quadra - Il funzionamento di tale inverter consiste nel mantenere in stato di conduzione per metà periodo uno dei due interruttori di un lato e per l'altra metà l'altro interruttore; in modo analogo ma sfasati nel tempo sono fatti funzionare gli interruttori dei altre due lati.» Pertanto, gli azionamenti con inverter PWM presentano, rispetto a quelli con inverter six-step, molteplici vantaggi (che dipendono dal numero e dalla posizione delle commutazioni, tra cui: migliori prestazioni dinamiche, minore inquinamento in rete, maggiore rendimento e quindi minore declassamento del motore, ecc.. Tali vantaggi sono ottenuti a spese di un circuito di controllo più complesso, di più alte perdite di commutazione e di un maggior rumore acustico (che può essere eliminato spostando la frequenza di commutazione nella zona non udibile >16 kH Convertitori ca/ca. I convertitori statici che eseguono la conversione diretta ca-ca senza stadio intermedio in corrente continua appartengono a due tipologie: - parzializzatori di tensione modificano solo l'ampiezza della fondamentale della tensione di uscita agendo sui ritardi di innesco degli SCR, In questo é possibile parzializzare in più o meno la tensione di alimentazione e quindi variare il valore efficace della componente fondamentale della tensione di alimentazione Tale sistema di regolazione é particolarmente adatto per ottenere piccole variazioni della velocità di pompe e ventilatori entro limiti del 10% in meno della velocità a pieno carico e consente di limitare la corrente di spunto. Presenta però i seguenti inconvenienti: rendimento, fattore di potenza e coppia di spunto ridotti, notevole inquinamento della rete di alimentazione e sensibili stress termici e meccanici del motore. Cicloconvertitori modificano sia l'ampiezza che la frequenza della fondamentale della tensione di uscita mediante una opportuna successione di impulsi di accensione ripetuta ciclicamente si riesce a variare nel tempo il “valor medio della tensione raddrizzata”, approssimando una forma d'onda sinusoidale di ampiezza e frequenza voluta. possono essere vantaggiosamente utilizzati per alimentare, in un campo di frequenze più basse (< 1/3) di quella della rete di alimentazione, motori asincroni o sincroni in applicazioni di elevatissima potenza (5-20 MW) con forti coppie e basse velocità, quali ad esempio laminatoi o mulini per cementifici. Pregi: reversibilità in tensione e corrente;, elevato rendimento, ripple di coppia abbastanza contenuti Difetti: basse frequenze in uscita rispetto, complessità del circuito di controllo, basso fattore di potenza ed elevato contenuto armonico Armoniche. Per proteggere gli utenti dagli effetti delle armoniche causate dai carichi non lineari, le aziende distributrici hanno stabilito che ogni utilizzatore deve, mediante l'adozione di idonei dispositivi, ridurre le armoniche ad un livello tale da non superare determinati valori del fattore di distorsione totale THD, che per i sistemi a bassa tensione è l'8%. Si devono adottare alcune delle seguenti strategie per ridurre il livello di contenuto armonico della corrente. 1) Utilizzare dove possibile raddrizzatori trifasi, che comportano correnti con un contenuto armonico minore (circa il 30%) di quello dei monofasi di pari potenza. 2) Inserire induttanze addizionali in serie all'ingresso di un azionamento. 3) Utilizzare raddrizzatori con un numero di impulsi il più alto pari ad N la più bassa armonica presente è la (N-1) 4) possibile; con numero di impulsi Utilizzare filtri armonici passivi costituiti da più rami LC connessi in parallelo al carico da filtrare. 5) Utilizzare filtri armonici attivi, cioè dispositivi che praticamente annullano la distorsione nel nodo a cui sono collegati iniettando nella rete correnti armoniche uguali ma di fase opposta alle correnti da filtrare 6) Sostituire al raddrizzatore a ponte a diodi o ad SCR uno stadio di ingresso attivo con inverter a IGBT