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MODALITÀ DI REALIZZAZIONE E DI ESECUZIONE
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DIMENSIONAMENTO E VERIFICHE DI STABILITÀ DI UNA DIGA A PARETE VETRICALE
Dimensionamento preliminare dell’opera
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Criteri per l’individuazione delle condizioni ondose dinanzi alla struttura
onda stazionaria
onda frangente
Bb = B = lunghezza della berma d’imbasamento
hb = altezza della berma
h = hs = profondità al piede dell’opera
d = hs – hb = tirante idrico sulla berma
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Nagai (1962) e successivamente Nagai e Otsubo (1974) basandosi su risultati di
prove sperimentali su dighe a paramento verticale composite, sono stati i primi a
fornire dei parametri adimensionali e i relativi campi di variazione, tramite i quali, al
variare delle caratteristiche ondose e della geometria dell’imbasamento, si può
valutare se si è in presenza o meno di frangimenti sulla struttura.
• dighe senza imbasamento (d/h>0.75), per le quali i campi delle onde stazionarie e
delle onde frangenti sono così individuati:
• dighe con “medio imbasamento” (0.5<d/h<0.75), per le quali le condizioni di
moto dipendono dai rapporti h/L, h/H, d/H, B/h;
• dighe con “alto imbasamento” (d/h<0.5), per le quali le onde si presentano
totalmente frangenti (qualora d non sia di per se stessa superiore ad almeno 1.5 H);
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Il limite di questa ricerca è rappresentato dall’utilizzo di onde regolari le quali, non
tenendo conto dell’effetto combinato delle onde incidenti e riflesse che si ha nel caso
di mareggiata random, non individuano la “reale” possibilità di occorrenza del
frangimento dell’onda sull’opera.
A seguito di alcuni casi di collasso di opere a parete verticale, nel 1935, la comunità
tecnico-scientifica internazionale si è pronunciata per limitare l’impiego di queste
opere unicamente a condizioni di onde non frangenti, come si evince dagli atti della
conferenza PIANC di Bruxelles (1935):
Condizioni necessarie per la stazionarietà dell’onda di fronte alla parete:
h > 2⋅H
e
d > 1.5 ⋅ H
H = Hmax atteso una sola volta in un lasso di tempo doppio della vita presunta
dell’opera.
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Le Istruzioni Tecniche per la Progettazione delle Dighe Marittime (Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici, 1996) pone come condizione di non frangimento:
d ≥ 1.5 ⋅ H
con H = H1/100 =1.67 Hs.
Tuttavia in tempi recenti sono divenuti numerosi gli esempi di dighe foranee a
paramento verticale costruite anche su fondali intermedi o bassi sui quali la frequenza
di apparizione di onde frangenti può essere elevata.
Il progetto di ricerca MAST III (Marine Advanced Science Technology) dal titolo
PRObabilistic design tools for VERtical BreakwaterS (1996-1999), sostenuto
finanziariamente dalla Comunità Europea, ha introdotto un normogramma
caratterizzato da parametri adimensionali legati alle caratteristiche ondose e
geometriche dell’imbasamento, mediante il quale è possibile individuare le
condizioni per cui si verifica o meno il frangimento sull’opera:
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Distribuzione delle pressioni sul paramento della struttura
ONDA STAZIONARIA
ONDA FRANGENTE
Sainflou (1928)
Hiroi (1919)
Miche (1944)
Minikin (1950)
Goda (1985)
Nagai (1968)
Goda (1985)
Partenscky (1988)
Takahashi (1994)
I modelli suggeriti dalle Istruzioni Tecniche per la Progettazione delle Dighe
Marittime sono:
Sainflou per dighe a parete soggette all’azione di onde non frangenti (onde
stazionarie)
Goda per dighe a parete che possono essere soggette all’azione di onde frangenti
(escludendo la condizione di violenti effetti impulsivi)
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Profili ondosi dinanzi l’opera e i rispettivi carichi agenti sul paramento verticale:
Onda stazionaria
Onda frangente
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Modalità di danneggiamento
I criteri di progettazione, comunemente utilizzati per le verifiche di stabilità delle
opere a parete, si basano sull’analisi dei tipi di danneggiamento. Le tipologie di
danneggiamento più frequenti possono essere così classificate:
• Danneggiamenti globali:
Scorrimento, Ribaltamento, Cedimenti seguiti da scivolamento.
• Danneggiamenti locali:
Erosione sotto gli spigoli dell’opera lato mare e lato spiaggia, Impatto sugli
spigoli dell’opera lato mare e lato spiaggia, Escavazione ed erosione al piede.
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Molto spesso, le modalità e i meccanismi di rottura non sono solo molto complessi
ma anche interconnessi, così che non è possibile giustificare il danneggiamento con
uno e due soli dei meccanismi su indicati. Infatti, i fenomeni geotecnici, idraulici e
strutturali sono spesso coinvolti in modo diverso nell’intero processo e
contribuiscono, ognuno col proprio peso, all’indebolimento della struttura.
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Le formule per determinare i carichi ondosi agenti su una struttura a paramento
verticale sono basate su analisi di tipo quasi-statico ovvero dinamico.
Il primo tipo di approccio è quello comunemente adoperato per le verifiche della diga
allo scorrimento, al ribaltamento e alla capacità portante del sottosuolo.
A tal
proposito si ricorda che nelle applicazioni pratiche le verifiche di stabilità sono
effettuate con riferimento a normative nazionali (Consiglio Superiore dei Lavori
Pubblici, 1996) o estere (BSI, 1984-1991).
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Onde stazionarie: Modello di Sainflou linearizzato
Sainflou (1928) propose una espressione per la valutazione della pressione su di una
parete verticale soggetta all’attacco di un onda stazionaria. La distribuzione di
pressione dinamica, in cresta, è la seguente:
Il valore più elevato della pressione dinamica si ha in corrispondenza del l.m.m.:
⎧
H
⎫ η*
p1 = γ ⋅ ⎨d +
⎬⋅
*
⋅
cosh
(
k
d
)
⎩
⎭ d +η
η * − hc
p2 = p1 ⋅
η*
p2 è la pressione in sommità dell’opera:
H
h'
⎛ h'
⎞
⋅ − p1 ⋅ ⎜ − 1 ⎟
p3 è la pressione al piede dell’opera: p3 = γ ⋅
cosh(k ⋅ d ) d
⎝d
⎠
p4 = p3 ⋅
p4 è la pressione sul fondo dell’opera:
η = H + h0
*
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h0 =
18
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π ⋅H2
L
b
b+m
⋅
1
tanh(k ⋅ d )
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In corrispondenza della massima depressione del pelo libero sulla parete (cavo
dell’onda) il valore più elevato della pressione dinamica (diretta dal lato terra verso
il mare) è dato dall’espressione:
p1 = γ ⋅ η '
⎛ h' − η ' ⎞
⎛ h' − d
⎞
H
−
γ
=
⋅
⋅
−
⋅
1
p
p
⎜
⎜
⎟⎟
⎟
pressione al piede dell’opera: 3
1 ⎜
'
η
−
d
cosh(k ⋅ d ) ⎜⎝ d − η ' ⎠⎟
⎝
⎠
p4 = p3 ⋅
p4 è la pressione sul fondo dell’opera:
η = H − h0
'
h0 =
π ⋅H2
L
b
b+m
⋅
1
tanh(k ⋅ d )
E’ opportuno evidenziare che l’andamento delle sovrapressioni previste dalla teoria
di Sainflou è di tipo lineare e, quindi, è facilmente determinabile una volta noti i
valori di p1 e p3.
L’applicazione della teoria trocoidale comporta un sovralzo del medio mare in
corrispondenza dell’opera di ampiezza pari a h0, e pertanto, nei suindicati diagrammi
di sovrapressione il punto massimo in cresta e quello in cavo si trovano
rispettivamente alla quota (H + h0) e (H - h0) rispetto al livello idrico di riposo.
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Onde frangenti: Modello di Goda
Il modello di calcolo oggi più adoperato per il proporzionamento delle strutture a
parete verticale è quello proposto da Goda (1974,1985).
Goda ha proposto un’unica relazione idonea a fornire la distribuzione delle pressioni
relative alle azioni quasi statiche e impulsive che hanno luogo durante la mareggiata.
p1 = 0.5 ⋅ (1 + cos β ) ⋅ (α 1 + α 2 ⋅ cos 2 β ) ⋅ ρ w ⋅ g ⋅ H max
η * − hc
p 2 = p1 ⋅
η*
p3 = α 3 ⋅ p1
η * = 0.75 ⋅ (1 + cos β ) ⋅ H max
p4 = 0.5 ⋅ (1 + cos β ) ⋅ (α 1 ⋅ α 3 ) ⋅ ρ w ⋅ g ⋅ H max
in cui η* è la massima distanza dal livello di quiete sulla quale il moto ondoso fa
sentire la sua azione e β è l'inclinazione del fronte d'onda rispetto alla ortogonale alla
parete (decurtato di 15° a vantaggio di sicurezza).
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I coefficienti α1, α2, α3, determinati empiricamente, hanno le seguenti espressioni:
⎡ ⎛ 4 ⋅ π ⋅ hs ⎞
⎢ ⎜ L ⎟
⎠
α1 = 0.6 + 0.5 ⋅ ⎢ ⎝
⎛ 4 ⋅ π ⋅ hs
⎢
⎢ sinh ⎜⎝ L
⎣
⎤
⎥
⎥
⎞⎥
⎟⎥
⎠⎦
2
⎧⎪⎡ (h f − d )⎤ ⎛ H ⎞ 2
d ⎫⎪
max
α 2 = min ⎨⎢
⎟ ;2 ⋅
⎥ ⋅⎜
⎬
H max ⎪⎭
⎪⎩⎢⎣ 3 ⋅ h f ⎥⎦ ⎝ d ⎠
⎡
⎛h ⎞ ⎢
1
α 3 = 1 − ⎜⎜ ⎟⎟ ⋅ ⎢1 −
⎝ hs ⎠ ⎢ cosh⎛⎜ 2 ⋅ π ⋅ hs
⎢
⎝ L
⎣
'
⎤
⎥
⎥
⎞⎥
⎟⎥
⎠⎦
Il coefficiente α1 tiene conto dell'influenza della profondità relativa hs /L sulle
azioni di tipo pulsating;
le azioni di tipo impact causate dall'altezza dell'imbasamento, sono stimate tramite
il coefficiente α2,
il coefficiente α3 tiene conto degli effetti congiunti dell'altezza relativa del cassone e
della profondità relativa sulla berma.
L'altezza d'onda di progetto è data da
H max = min (1.8 ⋅ H s , H f )
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g ⋅T 2
H f = 0.18 ⋅
2 ⋅π
(
⎧⎪
⎡ 3⋅π 2 ⋅ h f
4
⋅ ⎨1 − exp ⎢−
⋅ 1 + 15 ⋅ (tan θ ) 3
2
g ⋅T
⎪⎩
⎣⎢
)⎤⎥⎥⎫⎪⎬⎪
⎦⎭
hf = tirante idrico dinnanzi la struttura ad una distanza di 5 H1/3 dalla diga,
θ = angolo tra il fondo e l’orizzontale
Le principali critiche mosse al modello di Goda sono quelle di essere calibrato solo
su di una particolare tipologia strutturale Giapponese (dighe ad alto imbasamento),
di non essere adeguato in quei casi in cui sono prevedibili azioni fortemente
impulsive sull'opera e di non tener conto dell’influenza di tutti i parametri
geometrici dell’imbasamento sul fenomeno di interazione in esame (altezza della
berma, hb = (hs-d), angolo di scarpa, cotgα, e lunghezza della berma, Bb).
Recentemente, Takahashi et al. (1994), rielaborando le esperienze di Tanimoto,
hanno modificato il modello di Goda per tenere conto sia di azioni impulsive di
elevata intensità, sia dell'influenza su esse esercitata dalla lunghezza della berma, Bb.
Gli Autori sostituiscono il coefficiente α2 con il coefficiente di pressione dinamica:
α * = max(α 2 ,α I )
A sua volta il coefficiente αI è espresso dal prodotto di due altri coefficienti αI0 e αI1
che tengono conto, rispettivamente, della altezza d'onda sull'imbasamento e della
geometria di quest’ultimo:
α I0 =
H
d
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per
H
≤ 2, o α I0 = 2
d
22
- -
per
H
> 2,
d
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α I1 =
cos δ 2
cos δ 1
per
δ 1 = 20 ⋅ δ 11
δ 2 = 4.9 ⋅ δ 22
δ2 ≤ 0 , o
α I1 =
per
δ 11 ≤ 0
per
δ 22 ≤ 0
e
e
1
0.5
cosh δ 1 ⋅ (cosh δ 2 )
δ 1 = 15 ⋅ δ 11
per
δ 2 = 3 ⋅ δ 22
per
δ2 > 0
δ 11 > 0
per
δ 22 > 0
⎡ (h − d )
⎤
⎡⎛ Bb ⎞
⎤
− 0.6 ⎥
⎟ − 0.12 ⎥ + 0.36 ⋅ ⎢ s
⎣⎝ L ⎠
⎦
⎣ hs
⎦
δ 11 = 0.93 ⋅ ⎢⎜
⎡ (h − d )
⎤
⎡⎛ Bb ⎞
⎤
− 0.6 ⎥
⎟ − 0.12 ⎥ + 0.93 ⋅ ⎢ s
⎣⎝ L ⎠
⎦
⎣ hs
⎦
δ 22 = −0.36 ⋅ ⎢⎜
Il coefficiente αI , influenza la distribuzione delle pressioni sulla struttura quando la
profondità sull'imbasamento è relativamente bassa e la sua geometria è tale da
causare pressioni impulsive.
L'estensione di Takahashi non modifica la forma della distribuzione delle pressioni
di Goda ma ne incrementa semplicemente i valori mediante un coefficiente di
amplificazione costante. Gli andamenti e i valori delle sottopressioni rimangono,
invece, inalterati in entrambi i modelli.
Protezione al piede del cassone lato mare
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La berma di protezione al piede viene realizzata con una scogliera con pendenza lato
mare 2/1. Brebner e Donnelly (1962) hanno studiato la stabilità dei massi della
berma al piede della struttura (SPM) e hanno valutato il peso minimo dei massi con
una formula tipo Hudson:
γ s ⋅ H s3
P= 3 3
Ns ⋅ Δ
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Tanimoto (1982) suggerisce un valore di Ns valutato con prove sperimentali con
onde random:
Ns = max{1.8 ,1.3 ⋅ α + 1.8 ⋅ exp[− 1.5 ⋅ α ⋅ (1 − k )]}
⎧ (1 − k )⎫ ⎛⎜ h' ⎞⎟
α = ⎨ 1 ⎬⋅
⎩ k 3 ⎭ ⎜⎝ H 1 3 ⎟⎠
k = k1 ⋅ k 2
(4 ⋅ π ⋅ h )
'
k1 =
L'
⎛ 4 ⋅ π ⋅ h' ⎞
senh⎜
⎟
'
L
⎝
⎠
⎛ 2 ⋅ π ⋅ βM ⎞
K 2 = sen 2 ⎜
⎟
L'
⎝
⎠
L’ = lunghezza d’onda corrispondente a Ts
h’ = profondità di imbasamento della parete
βM = larghezza della berma della scogliera di fondazione.
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Il masso guardiano a protezione del piede dell’opera deve avere un peso minino
variabile con H:
Pmin = 15 ÷ 50 ⋅ t
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Verifiche di stabilità
Approccio di tipo pseudo statico
Si considerano le forze idrodinamiche massime applicate staticamente alla struttura.
Le verifiche di stabilità sono eseguite secondo i criteri classici della Scienza delle
Costruzioni.
Le verifiche di stabilità convenzionali sono quattro:
1. verifica al ribaltamento
2. verifica allo scorrimento dell’opera sull’imbasamento
3. verifica allo schiacciamento dell’imbasamento a scogliera
4. verifica a rottura del terreno di fondazione
Le forze agenti sul sistema sono:
1. P = peso proprio dell’opera
2. W = spinta di galleggiamento (P* = P-W)
3. F0 = spinta idrodinamica
4. S = sottospinta
5. R0 = forza di attrito
Fo
P*
Ro
S
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Verifica al ribaltamento:
Fase di cresta
Fo
P*
lo
l*
lW
S
Fase di cavo
l*
Fo
P*
lo
lW
S
fase di cresta
fase di cavo
•
P* = P − W
P* = P − W
•
M R = F0 ⋅ l0 + SW ⋅ lW
M R = F0 ⋅ l0 − SW ⋅ lW
•
M S = P* ⋅ l *
M S = P* ⋅ l *
MS
≥ CR
MR
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C R = 1.5
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Verifica allo scorrimento:
Fo
P*
Ro
•
R0 = f ⋅ P*
f = 0. 6
R0
≥ CS
F0
C S = 1.4
Verifica allo schiacciamento dell’imbasamento a scogliera:
M
N
b
B=1
•
M = MS − MR,
N = P* − S ,
1° Caso:
e≤b
2° Caso:
e>b
6
6
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e
σ max =
σ max =
u
u=
(M
S
− MR)
,
N
e=
b
−u
2
N Ne N 6 ⋅ Ne
+
=
+
A W
A
b2
2⋅ N
3⋅u
kN ⎞
⎛
⎜ σ max < 500 ⋅ 2 ⎟
m ⎠
⎝
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Verifica a rottura del terreno di fondazione (carico limite in fondazione):
q
γ1
D
γ2 , C, ϕ
B=2 b
qlim = N q + γ 1 ⋅ D + N c ⋅ C + N γ ⋅ γ 2 ⋅ b
coefficiente di sicurezza
Cf ≅ 2 ÷ 4
Verifica di stabilità globale:
• superfici di rottura cilindriche
• applicazione di un metodo classico di stabilità (es. Bishop)
• determinazione, per tentativi, del coefficiente di sicurezza minimo, CS (CS ≅ 1.3)
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Una critica a questo tipo di schematizzazione convenzionale è dovuta, non solo
all’incertezza legata alle condizioni di carico, ma anche alle complessità del sistema
dinamico onda-struttura-fondazione.
Approccio di tipo dinamico
Tiene conto della variabilità temporale della forza. I modelli di calcolo di recente
generazione per le verifiche di stabilità delle dighe a parete si basano sull’analisi
dell’equilibrio dinamico del complesso struttura – imbasamento - terreno di
fondazione. Il problema è di notevole complessità in quanto il modello dinamico da
esaminare deve tener conto delle proprietà elasto-plastiche del vincolo costituito dal
suolo di fondazione, della durata caratteristica delle sollecitazioni dovute ad onde
frangenti sulla struttura e del periodo proprio di oscillazione proprio del sistema.
Modello dinamico di Goda
Il modello dinamico proposto da Goda (1994) consente la valutazione degli
spostamenti subiti da una diga a parete verticale a causa di una azione di tipo
impulsivo. La scogliera, costituente l’eventuale imbasamento della diga, e il terreno
di fondazione, sono schematizzati da una massa e da una duplice molla, per gli
spostamenti orizzontali e le rotazioni.
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Modello dinamico di Oumeraci e Kortenhaus
Il modello proposto da Oumeraci e Kortenhaus (1994) ha come obiettivo quello di
interpretare il comportamento dinamico di una diga a paramento verticale, sottoposta
ad azioni impulsive ripetute. Lo schema di calcolo ipotizza una struttura fondata su
un sottosuolo deformabile che soggetta ad azioni di tipo impulsivo subisce
oscillazioni forzate e libere. Gli Autori considerano unicamente gli spostamenti
orizzontali e le rotazioni della struttura.
Appare chiara nell’applicazione del modello l’estrema importanza che giocano sui
risultati finali l’intensità e la frequenza di occorrenza dell’azione impulsiva e la
schematizzazione delle caratteristiche geotecniche del terreno-imbasamento di
fondazione.
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