PERFETTI SCONOSCIUTI Media che uniscono e non dividono “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese nel ciclo di film proposto da Ucs e Cnvf per la 52a Giornata delle comunicazioni “Il male […] si muove di falsità in falsità per rubarci la libertà del cuore. Ecco perché educare alla verità significa educare a discernere, a valutare e ponderare i desideri e le inclinazioni che si muovono dentro di noi, per non trovarci privi di bene ‘abboccando’ ad ogni tentazione”. È un passaggio della riflessione di papa Francesco nel Messaggio per la 52a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. I vari device, insieme ai social media, ci schiudono opportunità informative e relazionali, ma posso diventare spazio di insidie e smarrimenti. È pertanto necessario rapportarsi ai media con slancio autentico ma prudente, come fruitori consapevoli e responsabili. Una riflessione che ben si lega al tema centrale del film “Perfetti sconosciuti” (2016) di Paolo Genovese, fotografia di un gruppo di famiglie e amici che testano la sincerità delle loro relazioni, mettendo in condivisione segreti e insicurezze che si annidano nei propri smartphone. Il film è il tredicesimo titolo proposto dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e dalla Commissione nazionale valutazione film della CEI per il ciclo dedicato alla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2018. L’importanza del dialogo faccia a faccia Con “Perfetti sconosciuti” (2016) il regista Genovese – “Immaturi” (2011), “Una famiglia perfetta” (2012), “Tutta colpa di Freud” (2013), “The Place” (2017) – ha ottenuto un convincente successo in Italia e all’estero. Tanti i premi, tra cui: il David di Donatelo come miglior film e sceneggiatura, il Globo d'oro come migliore commedia e i Nastri d'argento per miglior commedia, canzone originale e cast. La commedia si è imposta in breve tempo all’attenzione di pubblico e critica principalmente per la capacità di cogliere, tra ironia e denuncia, uno dei nodi problematici della società odierna: gli smartphone, i media, ci aiutano nel dialogo e nel fortificare le relazioni oppure sono ostacoli e occasioni di smarrimento? L’impianto della storia è tanto geniale quanto semplice nello sviluppo narrativo. Una serata tra amici a Roma. I padroni di casa sono il medico Rocco (Marco Giallini) e la psichiatra Eva (Kasia Smutniak): come da abitudine organizzano una cena con gli amici di vecchia data. Sono così presenti Bianca (Alba Rohrwacher) e Cosimo (Edoardo Leo), Lele e Carlotta, sposati con figli, e Peppe, apparentemente il single del gruppo. Tutto scorre come al solito, tra una battuta e una risata. Durante la serata poi Eva chiede a tutti di mettere il proprio cellulare sul tavolo, per testare l’autenticità della loro amicizia, il grado di confidenza reciproca, andando a condividere ad alta voce ogni messaggio, chiamata o interazione con WhatsApp e altri social media. Un gioco innocente che rischia però di deragliare in una resa di conti, tra cose non dette e irrisolti personali. È un film che in apparenza si presenta con la veste della commedia, ma ben presto nel corso della narrazione scivola in un dramma sempre più intenso e aspro. Genovese punta il dito contro i cellulari, gli smartphone, che da un lato favoriscono dialogo e prossimità, ma dall’altro si rivelano pericolosi spazi di non verità, dove le persone spesso vivono segreti e identità altre, del tutto insospettabili. Su questo tema papa Francesco era già intervenuto nel 2014, sempre per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: “Non basta passare lungo le ‘strade’ digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero”. In “Perfetti sconosciuti”, dunque, Paolo Genovese ci mostra gli eccessi di una comunicazione che invece di favorire la prossimità, genera fratture e incomprensioni. Ci propone coppie che vivono la solitudine del loro matrimonio, solitudine che riversano nei social media in cerca di evasione. Cellulari che invece di generare occasioni di condivisione e dialogo si risolvono in spazi di inganno e invidia. Il film, quindi, nel suo complesso non è una demonizzazione dei media, tra smartphone e social; è piuttosto una suggestione sulle possibili derive delle relazioni quando manca l’incontro vero, quell’approccio umano sincero e fecondo. Se non accompagnati da una relazione autentica, i media si esauriscono in un involucro vuoto, traghetto di relazioni superficiali e dispersive. Valutazione pastorale della Commissione film Cei : I nuovi dispositivi telefonici sono ormai in grado di accogliere tutti gli aspetti più imprevedibili della nostra vita quotidiana. Sono memoria, archivio, agenda, posta, conversazione. Dopo quella pubblica e quella privata - dice Genovese - sono diventati la nostra vita segreta. Quella che non vogliamo far sapere e della quale ci accorgiamo però sempre troppo tardi. Il 'non detto' che diventa il 'tutto in piazza' è al centro del copione scritto da Genovese con alcuni collaboratori e diretto con la consueta scioltezza narrativa. L'unità di luogo e di tempo rafforza il taglio di una dialettica serrata e incalzante, e opportunamente il copione si allarga a coinvolgere non solo argomenti di coppia e affettivi ma anche di lavoro, professionali, più realistici. Ne emerge uno spaccato di forte modernità, a definire con esattezza la finta 'libertà nella quale abbiamo tutti l'illusione di essere coinvolti. Mentre è esattamente il contrario. Tra equivoci, sorprese, colpi di scena, il racconto procede con crescente disappunto dei protagonisti, affidati ad un gruppo di attori che si muove e dialoga in bella e stringente sintonia. Film dunque piacevole, non privo di qualche passaggio un po' compiaciuto, e tuttavia nell'insieme di esatta attualità. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.