Primo principio della termodinamica Il primo principio della termodinamica sancisce l’equivalenza tra calore e lavoro nelle trasformazioni termodinamiche. Esso è formulato con la seguente legge: In ogni trasformazione termodinamica di un sistema fisico, il calore assorbito dal sistema, Q, e il lavoro fatto sul sistema, L, sono legati dalla relazione: ΔU = Q + L (*) La grandezza U è detta energia interna del sistema. Ciò che è importante sottolineare è che l’energia interna è quella che si dice una funzione di stato. Essa, cioè, dipende solo dallo stato in cui si trova il sistema in questione. Più correttamente, la differenza di energia interna ΔU dipende solo dallo stato iniziale e dallo stato finale del sistema, e non da quale particolare trasformazione si è eseguita per portare il sistema da uno stato all’altro. Q ed L, invece, dipendono non solo dagli stati iniziale e finale, ma anche dalla trasformazione. Osservazione: poiché U è una funziona di stato, in una trasformazione ciclica (cioè che torni nello stato iniziale) è ΔU = 0, e quindi Q + L = 0 in una trasformazione ciclica. (*) Nota A volte si trova scritto ΔU = ΔQ + ΔL, usando il simbolo Δ anche per il lavoro e il calore scambiati. Si trova anche ΔU = δQ + δL, dove il simbolo δ (il cui significato matematico non interessa in questa sede) invece di Δ è usato per “ricordarci” che, a differenza delle variazioni di U, Q ed L dipendono dalla particolare trasformazione eseguita. Si può anche trovare un segno “-” invece di “+”: ΔU = Q – L. In questo caso c’è un cambio di convenzione: L rappresenta non il lavoro fatto dall’esterno sul sistema, ma il lavoro fatto dal sistema sull’esterno. Con la convenzione sopra adottata: Q>0 ⇒ calore assorbito dal sistema; Q<0 ⇒ calore ceduto dal sistema; L>0 ⇒ lavoro fatto sul sistema; L<0 ⇒ calore fatto dal sistema; Roberto Di Capua Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 141 Trasformazioni, energia interna, calore, lavoro Il fatto che l’energia interna sia una funzione di stato, cioè che dipenda solo dallo stato del sistema, non è una cosa banale: infatti, al contrario, il calore e il lavoro scambiati dal sistema non dipendono solo dallo stato iniziale e dallo stato finale del sistema fisico prima e dopo la trasformazione. Per calcolarli occorre anche conoscere quale trasformazione termodinamica è stata compiuta per portare il sistema dalla condizione di partenza a quella di arrivo. Il seguente esempio può chiarire il concetto. Si considerino due quantità, uguali, di acqua pura in due recipienti aperti, entrambe alla stessa temperatura. Poiché i recipienti sono aperti all’aria, l’acqua è sempre alla stessa pressione (alla pressione atmosferica) in entrambi i recipienti; e ovviamente il volume occupato è lo stesso. I due sistemi sono lo stesso sistema nello stesso stato iniziale. Recipiente metallico In entrambi i casi si passa dallo stesso stato A Recipiente (acqua fredda) allo stesso stato B (acqua calda), adiabatico ma con trasformazioni diverse: nel primo caso è scambiato solo calore, nel secondo solo lavoro. Un recipiente è metallico: si accenda un fuoco sotto esso, per un po’, fino a scaldare l’acqua ad una certa temperatura. L’altro recipiente è termicamente isolante, non lascia passare calore (si dice adiabatico): vi si ponga un frullatore, fino a che l’energia cinetica delle pale non abbia scaldato l’acqua, per attrito, alla stessa temperatura a cui è arrivata l’acqua nel primo recipiente. I due sistemi sono ora anche nello stesso stato finale, arrivatici con due trasformazioni diverse. Nel primo caso, al sistema è stato solo trasferito calore, senza fargli lavoro; nel secondo caso, al contrario, il riscaldamento è stato determinato dal lavoro fatto con le pale rotanti. Trasformazioni diverse fra stati identici sono avvenute con scambi di calore e lavoro differenti. La variazione di energia interna nei due casi è però la stessa, per il primo principio della termodinamica. Roberto Di Capua Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 142 Secondo principio della termodinamica Il secondo principio della termodinamica può essere formulato secondo uno dei due seguenti enunciati: Enunciato di Clausius: non è possibile realizzare una trasformazione termodinamica il cui unico risultato sia il passaggio di calore da un corpo a temperatura inferiore ad un corpo a temperatura superiore Enunciato di Kelvin-Planck: non è possibile realizzare una trasformazione termodinamica il cui unico risultato sia la completa trasformazione in lavoro del calore assorbito da una sola sorgente Si tratta di enunciati negativi (“non è possibile...”). Occorre fare attenzione all’aggettivo “unico”. I risultati riportati nei due enunciati non sono impossibili: è possibile trasferire calore da un corpo freddo a uno caldo (il frigorifero lo fa continuamente), è possibile trasformare calore in lavoro (lo fanno tutti i motori termici). Ciò che non è possibile è che ciascuno di essi possa accadere come unico risultato, senza che avvenga niente altro. I due enunciati, il cui significato può essere più chiaro proseguendo nella trattazione del secondo principio, sono da pensarsi come il risultato di osservazioni sperimentali. Non sono derivabili “matematicamente” da altre leggi. Si tratta di un principio “vero” (l’unica risposta possibile alla domanda “perché non è possibile...?” è: “prova a fare il contrario!”). I due enunciati si riferiscono apparentemente a fenomeni differenti, ma se ne può dimostrare l’equivalenza (nel senso che se esistesse una macchina che viola il primo, sarebbe possibile costruire una macchina che violi il secondo, e viceversa). Roberto Di Capua Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 143 Due semplici esperimenti Si considerino i seguenti due semplicissimi, e ovvii, esperimenti: Una camera è riempita di gas, ed un rubinetto chiuso la separa da una camera in cui è fatto il vuoto. Il rubinetto sta per essere aperto. Una goccia di inchiostro scuro è stata fatta cadere verso un bicchiere di acqua limpida. La goccia sta per entrare nell’acqua. Come evolvono i due sistemi considerati negli esperimenti? Aprendo il rubinetto, dopo un certo tempo il gas diffonde e si distribuisce uniformemente nelle due camere. In acqua, dopo un certo tempo l’inchiostro diffonde e si distribuisce uniformemente nel bicchiere. Riprovando un numero enorme di volta, l’esperienza ci dice che il risultato dei due esperimenti sarà sempre lo stesso. ... MA PERCHÉ? Roberto Di Capua Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 144 Irreversibilità A livello microscopico, sia la diffusione del gas che quella dell’inchiostro sono dovute ad urti macroscopici tra le molecole (di gas, acqua, inchiostro) tra di loro e con le pareti dei recipienti. La conseguenza è il moto delle molecole stesse. Ma nessuna legge della meccanica ci dice che ripetendo l’esperimento milioni di volte, il risultato macroscopico debba essere sempre quello della distribuzione uniforme. Eppure, è proprio ciò che avviene. Alcune trasformazioni in natura sono irreversibili. Il gas diffonde nella camera vuota una volta che questa sia stata messa in comunicazione con quella piena. Ma non accadrà mai il contrario, il gas non ritornerà spontaneamente a concentrarsi in una sola camera. L’inchiostro diffonde nel bicchiere una volta che lo si sia lasciato cadere nell’acqua. Ma non accadrà mai il contrario, l’inchiostro non ritornerà spontaneamente a concentrarsi in forma di una singola goccia. Il primo principio della termodinamica non pone limiti alle possibili trasformazioni. Si limita a fornire un legame tra lavoro e scambi di calore che intervengono in una generica trasformazione termodinamica, ma nulla dice sulla possibilità o meno che una certa trasformazione abbia luogo. Nessuna legge della meccanica distingue un verso del tempo, il passato dal futuro. L’esperienza mostra invece che alcune trasformazioni non possono avere luogo. Ciò è legato all’irreversibilità di certe trasformazioni. L’irreversibilità è quello che ci fornisce la percezione del passato e del futuro. Tutto ciò è sancito dal secondo principio della termodinamica. Roberto Di Capua Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 145 Il secondo principio e l’irreversibilità Come sono legati gli esiti dei due esperimenti agli enunciati del secondo principio? I due enunciati dicono che le seguenti due trasformazioni (se accade niente altro) sono impossibili: Corpo “freddo” Calore Calore Corpo “caldo” “Vietata” dall’enunciato di Clausius Macchina termica Lavoro “Vietata” dall’enunciato di Kelvin-Planck Le trasformazioni inverse sono però possibili: - è possibile trasferire calore da un corpo caldo a uno freddo senza che accada niente altro; anzi, ponendo a contatto i due corpi è quello che accade spontaneamente (senza altro intervento!); - è possibile trasformare tutto il lavoro fornito da una macchina integralmente in calore; anzi, è ciò che avviene spontaneamente quando, ad esempio, l’attrito ferma il moto dei corpi. In sostanza, gli enunciati del secondo principio formalizzano l’osservazione, comune, che in natura esistono delle trasformazioni spontanee (producono un qualche cambiamento senza che avvenga niente altro), e irreversibili (non si torna indietro senza che avvenga niente altro). Questo è esattamente ciò che avviene nei due banali esperimenti del gas nelle due camere e dell’ inchiostro nel bicchiere! Un legame col secondo principio appare chiaro da queste considerazioni. Ancora una volta, si osservi che è possibile riportare il gas tutto in una camera, con una pompa da vuoto; ed è possibile isolare l’inchiostro dall’acqua, con un qualche processo di distillazione. Ma tutto ciò non avviene se non accade anche qualcosa altro (ad esempio, si spende lavoro, energia, per far funzionare la pompa e per distillare). Quindi, non si torna esattamente allo stato iniziale (le diffusioni iniziali sono avvenute spontaneamente, senza altro cambiamento circostante). Roberto Di Capua Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 146 Entropia e disordine Nei due esperimenti proposti, è intuitivo affermare che le situazioni iniziali sono più “ordinate” di quelle finali: all’inizio il gas è tutto stivato in una camera e l’altra è vuota, poi c’è stata diffusione ovunque; all’inizio la goccia di inchiostro è separata dall’acqua, poi si ha una miscela indistinta. A quanto pare, i sistemi naturali tendono a evolvere verso situazioni più disordinate. “Tendono a evolvere” vuol dire che lo fanno spontaneamente, e irreversibilmente! Il disordine aumenta anche nel passaggio di calore da un corpo caldo a uno freddo e nel convertire lavoro in calore, (energia termica diffusa in maniera uniforme, lavoro trasformato in calore, che è una forma di energia “degradata”, poco manipolabile), e i processi sono irreversibili. T1 T2<T1 Disordine crescente Impossibile T1=T2 Lavoro Disordine crescente Impossibile Disordine crescente Impossibile Disordine crescente Impossibile Calore Possiamo allora riformulare il secondo principio della termodinamica dicendo che il disordine dei sistemi isolati non può che aumentare (“isolati” è importante: senza alcun intervento “esterno”). Si può introdurre in modo rigoroso (non lo faremo) una funzione di stato, detta entropia, che formalizza il concetto di disordine. Il secondo principio della termodinamica si può in definitiva esprimere dicendo: l’entropia di un sistema fisico isolato non può che aumentare (disordine e entropia dei sistemi isolati restano costanti, ma non diminuiscono, solo in processi reversibili). Roberto Di Capua Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 147 Motori termici Un motore termico è un qualunque apparato per la conversione di calore in lavoro. È ovvio che un motore termico deve lavorare in maniera ciclica: prima o poi deve ritornare nello stesso stato di partenza, e ripetere il ciclo. Infatti, se così non fosse il motore non potrebbe lavorare molto a lungo. Se un parametro continuasse a variare sempre nello stesso senso, prima o poi arriveremmo a un limite, di principio o tecnico, che fermerebbe il funzionamento del motore (ad esempio, se la temperatura diminuisse sempre prima o poi si arriverebbe al limite dello zero assoluto; se un volume aumentasse sempre, arriveremmo a un qualche limite tecnico, costruttivo). Consideriamo lo schema a lato. Un motore termico assorbe calore da una sorgente a temperatura T=Tc e lo trasforma in lavoro, tornando poi nello stesso stato per riprendere il ciclo. Un motore del genere non può esistere, perché violerebbe l’ enunciato di Kelvin-Planck: del calore è stato trasformato in lavoro senza che niente altro sia accaduto (la sorgente è sempre a T=Tc, il motore è tornato nello stato iniziale). Il più semplice motore termico lavora tra una sorgente “calda” (T=Tc) e una “fredda” (T=Tf<Tc): prendendo calore |Qc| dalla sorgente calda, ne trasforma in lavoro L solo una parte, e il resto lo dà come calore |Qf| alla sorgente fredda. |Qf| = |Qc| - L per la conservazione dell’energia Tc Calore Motore termico Lavoro Questo motore non può esistere, perché viola l’enunciato di Kelvin-Planck Tc Calore |Qc| Motore termico Lavoro L Calore |Qf| Tf < Tc Per scrivere questa relazione è importante che il motore torni nello stato iniziale: così infatti si può dire che al termine del ciclo non varia la sua energia interna, e nel bilancio energetico vanno considerati solo calore e lavoro scambiati con l’esterno. Roberto Di Capua Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 148 Rendimento e prestazioni Tc Calore |Qc| Motore termico Calore |Qf| Tf < Tc Si definisce rendimento di un motore termico la quantità: Lavoro L η rappresenta quindi la frazione di calore assorbito η = L |Qc| che il motore è capace di convertire in lavoro. (motore “inutile”) L=0 0 < η < 1: η = 0 L = |Qc| (motore perfetto, che non esiste) η=1 |Qc| - |Qf| |Qf| L Si può anche scrivere: η= = = 1|Qc| |Qc| |Qc| L’espressione scritta ed evidenziata per η è valida in generale (definizioni o ricavate dalla conservazione dell’energia). Le seguenti relazioni, meno ovvie, si possono invece dimostrare: η≤ 1- Tf Tc Roberto Di Capua Il segno di uguale vale se il motore lavora solo con processi reversibili (macchine ideali, o reversibili). Quindi anche nel caso di macchine reversibili resta vero che η < 1. È da questo risultato che si introduce l’entropia, S, e si dimostra che per un sistema isolato deve essere ΔS ≥ 0) Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 149 Manifestazioni del secondo principio In definitiva, i seguenti fenomeni, apparentemente disconnessi tra loro, costituiscono differenti manifestazioni del secondo principio della termodinamica Impossibilità di eseguire determinate trasformazioni termodinamiche, come formulato negli enunciati di Clausius e di Kelvin-Planck Irreversibilità di molte trasformazioni in natura. A ciò è legata la percezione del verso in cui scorre il tempo. Inesistenza di motori (e frigoriferi, si può mostrare) perfetti. Non esiste il motore con rendimento 1. Macchine perfette contraddirebbero i due enunciati del secondo principio (alla seconda delle seguenti implicazioni si arriva con considerazioni simili a quelle che portano alla prima): Enunciato di Kelvin-Planck Inesistenza del motore perfetto Enunciato di Clausius Inesistenza del frigorifero perfetto Evoluzione dei sistemi verso stati più disordinati. Le trasformazioni spontanee portano tutte all’aumento del disordine. Questo concetto è formalizzato dalla funzione di stato, l’entropia, che descrive (tramite una interpretazione statistica microscopica) il disordine di un sistema fisico. L’entropia di un sistema isolato non può diminuire. Non significa che per qualche sistema il disordine e l’entropia non possano diminuire. Ciò può accadere, ma solo se c’è un qualche intervento dall’esterno del sistema. Non accade per un sistema isolato. Se consideriamo l’Universo, pensandolo come un sistema isolato (tutto è al suo interno...), allora va da sé che l’entropia dell’Universo non può diminuire. Roberto Di Capua Fisica Applicata Fisica Applicata (Scienze Infermieristiche) Termodinamica 150