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Semiologia

MUSICOLOGIA GENERALE E SEMIOLOGIA - JEAN JACQUES NATTIEZ
PREFAZIONE:
Jean-Jacques Nattiez (30 dicembre 1945) è un musicologo francese che ha studiato semiologia con Georges
Mounin e Jean Molino, ha conseguito il dottorato in semiologia musicale e insegna presso l'Università di
Montréal dal 1970. E' uno studioso degli scritti del compositore e direttore d'orchestra Pierre Boulez. Ha
inoltre diretto l'Enciclopedia della musica per Einaudi.
La sua vocazione si sviluppa alla ricerca del senso prodotto dalla musica e di quello a essa inerente. Nattiez
comincia a lavorare proprio quando il dibattito sul significato e sullo statuto dei sistemi espressivi inizia a
prendere in considerazione anche il linguaggio musicale: a lui (ventiseienne) la redazione della rivista di
''Musique en Jeu'' nel 1971 affida la cura del n.5 dedicato alla semiologia musicale oltre che al saggio
introduttivo dal titolo ''Situation de la sémiologie musicale''. La scelta fu azzeccata poichè egli aveva già
pronto un libro sull'argomento, il cui saggio in questione era una sorta di riassunto; si tratta di
''Fondements d'une semiologie de la musique'' 1975. Già al I Congresso Internazionale di Semiotica
Musicale del 1973 Nattiez si era già affermato come uno dei più brillanti protagonisti nel dibattito intorno
alla definizione dell'oggetto e dei metodi di una semiologia della musica.
La questione del definire i metodi di una semiologia della musica si poneva allora nei termini di una scelta
fra la necessità di identificare categorie specifiche, capaci di supportare un nuovo approccio alle discipline
musicologiche, e la forte tendenza a utilizzare, nel discorso sulla musica, strumenti metodologici
provenienti da altre aree disciplinari, ad esempio la linguistica, considerata pilota per tutto il campo
umanistico. Bastava accettare il presupposto, difficilmente contestabile, che il significato si forma come
fenomeno relazionale, per allineare la musica a tutte le altre forme di comunicazione e per applicare a essa
i principio rivelatisi altrove vincenti.
Nattiez si affianca allora a Georges Mounin nella denuncia agli
a) annessionisti: coloro che trasponevano metaforicamente i concetti linguistici in altri campi.
b) prospettiva comparativista: ipotesi di considerare la musica istituzionalmente uguale al linguaggio
verbale.
La via maestra di Nattiez è quella di delineare i contorni di una teoria semiologica del fatto musicale totale.
Ripercorriamo le tappe più significative del lavoro teorico precedente, ''Fondements d'une semiologie de la
musique'':
- è stato uno dei libri più discussi e recensiti negli anni '70/'80. Questo libro è stato per circa un decennio un
punto di riferimento obbligato per coloro che si sono avvicinati ad argomenti riguardanti la semiologia della
musica e altre.
- c'era una tendenza a considerare quella parte del volume che tracciava una storia della generazione degli
intellettuali che della semiologia poteva essere ritenuta l'avanguardia. Si tendeva anche a riconoscere al
libro una grande apertura concettuale, ovvero il fatto che Nattiez parli di semiologie prima di provare a
tracciare i contorni della semiologia della musica, e che apra il discorso sulle semantiche musicali in attesa
che si risolva il problema del significato.
- il punto che suscitò più polemiche fu la ''teoria della tripartizione'' che Nattiez prese da Jean Molino:
secondo Molino il processo di simbolizzazione implica tre poli:
1) il messaggio stesso nella sua realtà materiale - analisi del livello neutro
2) le strategie di produzione del messaggio - poietica
3) le strategie della ricezione del messaggio - estesica
''Musicologia generale e semiologia'' nasce quindi da una revisione dei Fondements ma è molto diverso. La
base teorica di tutta l'argomentazione è ancora il modello semiologico tripartito elaborato da Jean Molino
ma tutte le osservazioni della preistoria della disciplina e le sue relazioni con campi limitrofi sono state tolte
e si inizia nella prima parte del libro con il dimostrare la pertinenza della tripartizione dell'esame di alcuni
dei principali temi della musicologia del '900 (concetto di musica e opera musicale, natura del simbolismo
musicale, statuto dell'oggetto sonoro nelle musiche elettroacustiche). Nattiez non è un teorico puro, le sue
radici sono più affondate nella prassi, leggendo questo libro si avverte la presenza di un retroterra che
affianca costantemente la via maestra prima delineata.
PREMESSA:
L'ipotesi fondamentale su cui si basa questo lavoro è che l'opera musicale non è costituita soltanto dal:
a) testo (insieme di strutture/configurazioni) ma anche dai
b) processi che lo hanno generato (atti compositivi)
c) e da quelli che l'opera determina (atti interpretativi e percettivi).
A queste 3 istanze che definiscono la modalità dell'esistenza del ''fatto musicale totale'', si da il nome di
livello neutro (o immanente), poietico ed estesico.
Considerando i postulati che reggono i diversi tipi di analisi musicale, sostenere che l'opera non può più
essere compresa se non si sa come è stata composta e come viene percepita, non è più così banale.
Posizione strutturalista (e dei musicologi tradizionalisti): secondo loro l'opera è interamente riducibile alle
sue proprietà immanenti
Posizione dei compositori: secondo loro l'opera interessa solo se rapportata a un atto compositivo o
all'insieme delle condizioni della sua creazione
Senso comune: secondo loro l'opera esiste unicamente all'atto della percezione
Se l'analisi musicale consiste nel mostrare come un'opera funziona, non è possibile ridurla a una sola di
queste 3 dimensioni:
1) le configurazioni immanenti non racchiudono in se stesse il segreto dei processi compositivi e dei
comportamenti percettivi.
2) la conoscenza della storia e della cultura non basta a spiegare perchè l'opera è com'è
3) l'opera non è neppure riducibile a ciò che ne percepiamo
Semiologia musicale: dato che l'essere dell'opera musicale è contemporaneamente la sua genesi, la sua
organizzazione e la sua percezione, allora la musicologia, l'analisi musicale e altri approcci hanno bisogno di
una teoria che tratti delle
1) conseguenze pratiche
2) conseguenze metodologiche
3) conseguenze epistemologiche
della posizione sopra espressa (che un'opera non è possibile ridurla a una sola delle 3 dimensioni). Questa
teoria è la semiologia musicale.
Il programma della semiologia musicale così definito sembra molto ambizioso, visto che ognuno dei 3 punti
è competenza di specialisti, ma vi è la convinzione che le contraddizioni e le difficoltà delle diverse forme
d'analisi musicale derivino proprio dal fatto che raramente si tenga conto dell'esistenza dei 3 livelli. Quindi
si crede necessario effettuare un'ampia sintesi sulle conseguenze dell'applicazione alla riflessione musicale
della concezione tripartita della semiologia.
Non esiste teoria semiologica che non si basi su una definizione del segno.
Strategia:
1) esposizione del modello semiologico tripartito di Jean Molino e dei punti indispensabili della riflessione
semiologica generale come il ''concetto di interpretazione'' di Pierce nella formulazione di Granger.
2) confronto della teoria della tripartizione con quella di Jakobson e di Eco al fine di precisare la posizione
qui adottata ovvero: la semiologia non è la scienza della comunicazione.
3) analisi delle nozioni fondamentali e dei campi d'attività classici in musicologia: concetto di musica e di
opera musicale, statuto dell'oggetto sonoro nella musica elettroacustica, natura del simbolismo musicale.
4) analisi del problema degli universali musicali e degli orientamenti dell'estetica musicale.
UNA TEORIA SEMIOLOGICA:
IL SEGNO
Definizione di segno:
1) Ferdinand de Saussure: il segno linguistico unisce non una cosa e un nome, ma un concetto e
un'immagine acustica la cui rappresentazione è sensoriale. Chiamiamo segno la combinazione del concetto
e dell'immagine acustica (parola). Proponiamo di conservare la parola segno per designare il totale e di
sostituire concetto e immagine acustica rispettivamente con significato e significante. Il segno dunque
risulta dall'unione del significato e del significante, puramente fisico.
I tratti irriducibili della definizione del segno dunque sono:
a) un segno è costituito da due entità.
b) la relazione tra queste due entità è caratterizzata dal rinvio (semiosi). Sant'Agostino: aliquid stat pro
aliquo.
c) la relazione è stabile, biunivoca e arbitraria.
d) il segno è caratterizzato dal suo valore: esso esiste all'interno di un sistema di segni solo per
opposizione e differenza con gli altri segni dello stesso sistema.
e) non vi è struttura possibile nel linguaggio senza una relazione stabile tra significante e significato
(concezione statica del segno? questo dubbio è giustificato in campo musicale).
2) Pierce secondo Granger: un segno è una cosa legata a un secondo segno, il suo oggetto, in modo tale da
mettere in relazione un terzo segno, il suo interpretante, con quello stesso oggetto, e ciò in maniera tale da
mettere in relazione una quarta cosa con quell'oggetto e così all'infinito. Chiamiamo forma simbolica un
segno o un insieme di segni al quale sia collegato un complesso infinito di interpretanti.
''Collected Papers'' 3 definizioni del segno e dell'interpretante:
Sunto) un segno è qualcosa che rappresenta qualcosa per qualcuno, esso crea nella mente un segno
equivalente (interpretante), ogni segno genera un altro segno.
Caratteristiche delle definizioni del segno di Pierce:
a) il segno è analogo al significato di Saussure
b) il segno rinvia ad altro da sè per qualcuno
c) ciò cui il segno rimanda, l'interpretante, è anch'esso un segno
d) il rimando effettuato da un segno è infinito
e) l'oggetto del segno è in realtà un oggetto virtuale che esiste solo all'interno e grazie all'infinita
molteplicità degli interpretanti attraverso i quali il fruitore del segno cerca di definirlo (ciò a cui il segno
rinvia è il vissuto dei suoi fruitori.
IL SIGNIFICATO:
Nozione di significato:
1) un oggetto (parola, concetto) qualsiasi assume un significato per un individuo (scambio interpersonale,
collettivo) che lo apprende ( il significato esiste tanto per il ricevente quanto per l'emittente) quando egli lo
pone in relazione con ambiti del suo vissuto, cioè con l'insieme degli altri oggetti che appartengono alla sua
esperienza del mondo.
2) vi è significato quando un oggetto è messo in relazione con un orizzonte.
3) Granger: il significato di un oggetto è la costellazione degli interpretanti attinti dal vissuto dell'utente del
segno, sia esso emittente o ricevitore, in una situazione data. (significato: insieme degli interpretanti (o
segni equivalenti) del vissuto dell'utente stesso)
LA TRIPARTIZIONE SEMIOLOGICA:
Gioco letterario usato da Molino nelle presentazioni pubbliche della sua concezione semiologica: consiste
nel produrre un enunciato formulato così ''A sta a B come X sta a Y'' sostituendo alle lettere termini a caso,
ne venivano fuori frasi assurde a cui potevano essere attribuiti più sensi (Pirandello), ma per quanto
assurde erano possibili essendo costruite paradossalmente sul modello di una relazione logica chiara,
secondo una regola di gioco esplicita; ciò prova che anche nel caso di totale assenza di significato o di senso
assurdo, questi enunciati rimangono analizzabili. (Es: lo spazzolino da denti sta a Dio come Verdi agli
italiani).
Così si delineeranno le 3 dimensioni del fenomeno simbolico:
a) Dimensione poietica: anche se priva di significato intenzionale, la forma simbolica è il risultato di un
processo creatore che è possibile descrivere o ricostruire.
b) Dimensione estesica: di fronte a una forma simbolica, i ricettori vi assegnano uno o più significati, il
significato del messaggio lo si costruisce attraverso un processo attivo di percezione.
c) La Traccia: la forma simbolica si manifesta fisicamente e materialmente sotto l'aspetto di una traccia
accessibile ai sensi.
Terminologia:
- Estesico: neologismo di Paul Valery. E' la facoltà di percepire; comprende la fruizione, la contemplazione,
l'interpretazione musicale.
- Poietico: secondo Gilson è il fare, il lavoro dietro un'opera dotata di empiricità e realtà. Poietico è la
determinazione delle condizioni di possibilità e di creazione del lavoro dell'artista grazie al quale esiste
qualcosa che non sarebbe esistita senza l'artista. Comprende 3 momenti: la riflessione (studio delle
tecniche e regole), l'operazione (analisi delle strategie di produzione per avere un modello di fabbricazione)
e la produzione (espressione).
Definizione del Livello Neutro: è un livello di analisi della traccia materiale in cui non si decide a priori se i
risultati ottenuti da un procedimento esplicito sono pertinenti dal punto di vista estesico o poietico. Neutro
significa che le dimensioni poietiche ed estesiche dell'oggetto sono state neutralizzate e si va fino infondo a
una procedura data indipendentemente dai risultati ottenuti.
Es. del Fumetto:
inside jocke tra amici, lo scopo del disegnatore era di rompere le scatole ai semiologi riducendo i
personaggi a niente (Zyx) rendendone impossibile l'analisi, ma il suo fumetto resta ugualmente analizzabile.
Tra processo poietico e processo estesico esiste una traccia materiale che non è portatrice in se stessa di
significati immediatamente leggibili, ma senza la quale il significato non potrebbe esistere, una traccia
analizzabile.
- La semiologia non è la scienza della comunicazione: è lo studio delle specificità del funzionamento delle
forme simboliche e dei fenomeni di rinvio cui esse danno luogo. Questa teoria semiologica di Molino non è
una negazione della comunicazione, ma una teoria del funzionamento simbolico secondo la quale la
comunicazione è una delle conseguenze possibili dei processi di simbolizzazione.
Il programma semiologico ha dunque 3 oggetti:
1) processi poietici (livello poietico - Molino)
2) processi estesici (livello estesico - Molino)
3) l'opera nella sua realtà materiale, ovvero la traccia fisica frutto del processo poietico (livello neutro Molino) (organizzate in strutture e non processi come i primi due)
A cui corrispondono 3 famiglie di analisi:
1) analisi poietica
2) analisi estesica
3) analisi delle configurazioni immanenti dell'opera, della traccia (analisi del livello neutro).
SEMIOLOGIA E COMUNICAZIONE:
La semiologia non è la scienza della comunicazione.
Schema della comunicazione di Molino: Emittente-->Messaggio-->Ricettore
Schema collegato alla teoria dell'interpretante: Emittente--Processo Poietico-->Messaggio (livello neutro)<-Processo Estesico--Ricettore.
Secondo la teoria semiologica di Molino:
a) una forma simbolica non è l'intermediario di un processo di comunicazione destinato a trasmettere a un
uditorio i significati intenzionati da un autore
b) una forma simbolica è il risultato di un complesso processo di costruzione (processo poietico)
riguardante sia la forma che il contenuto dell'opera
c) una forma simbolica è anche il punto di partenza di un processo complesso di ricezione (processo
estesico) che ricostruisce il messaggio.
d) i due processi poietico ed estesico non necessariamente si corrispondono, per Molino ''il poietico non ha
necessariamente vocazione alla comunicazione, può non lasciare traccia o può non essere percepita se c'è
- La Teoria di Molino non è una negazione della comunicazione, ma una teoria del funzionamento
simbolico, secondo la quale la comunicazione non è che un caso particolare all'interno dei diversi modi di
scambio, una delle conseguenze possibili dei processi di simbolizzazione.
- Musicologi e musicisti spesso non la pensano così, per essi deve esserci comunicazione tra compositore e
pubblico, il sentimento/spirito dell'autore deve essere ritrovato dall'ascoltatore, poichè la musica è volta a
commuoverci.
- Altrimenti tra la struttura dell'opera e le attese degli ascoltatori c'è una feconda coincidenza.
Queste posizioni di ordine più normativo che empirico non corrispondano alla realtà perchè non
considerano la caratteristica essenziale dei fatti umani secondo la semiologia: il loro aspetto dinamico e
costruttivo.
Mito della comunicazione:
1) Schema di Jakobson: Emittente-->Contesto/Messaggio/Contatto/Codice-->Destinatario. Per essere
operante il messaggio richiede il riferimento un contesto, poi esige un codice comune, infine necessita di un
contatto, ovvero un canale fisico o psicologico che consenta di stabilire e mantenere la comunicazione. Ciò
che consente l'esistenza della comunicazione è il Codice. Per mezzo di ciò viene giustificato l'approccio
strutturalista: se non sussistono discrepanze tra emittente e ricettore l'analisi semiologica dei sistemi di
comunicazione può essere ricondotta allo studio delle strutture.
2) Eco è un semiologo che ha offerto una sintesi originale delle varie correnti semiologiche, la sua opera
assicura al suo pensiero una dimensione internazionale che poche teorie semiologiche possono vantare,
dunque la semiologia generale di Eco ha un carattere ecumenico. La sua semiologia si basa sulle parole
chiave ''struttura'', ''codice'' e ''comunicazione''. Il fine dell'opera di Eco è quello di definire i limiti della
semiologia per costituirla disciplina autonoma e separata, proponendo una teoria unificata basata sulla
nozione di codice. I punti fondamentali della sua ricerca sono:
a) intende proporre una sua logica della cultura, ovvero fare della semiotica una teoria generale della
cultura
b) parlare di logica equivale a parlare di struttura, ovvero di un modello costruito secondo certe operazioni
semplificatrici che permettono di uniformare fenomeni diversi da un solo punto di vista
c) le strutture possono essere descritte grazie all'identificazione di codici. Codice: sta sopra le convezioni
culturali e istituisce una corrispondenza tra significante e significato.
- Nucleo del pensiero di Eco: la semiotica studia tutti i processi culturali in quanto processi di
comunicazione; essa è volta a dimostrare come, sotto i processi culturali, esistano dei sistemi; la dialettica
sistema-processo porta ad affermare la dialettica codice-messaggio. Eco si allontana dal modello di
Jakobson insistendo sul concetto che i codici sono molteplici (codici e sottocodici) e non sono comuni a
emittente e destinatario ma possono esistere anche in uno stesso individuo o gruppo, inoltre riconosce la
discrepanza tra poietico ed estesico. Ciò vuol dire che lo stesso messaggio può essere decodificato da
diversi punti di vista.
- Analisi sul Livello Neutro: il messaggio si presenta come una forma vuota alla quale si possono attribuire
diversi sensi possibili.
- Eco riconosce come fondamentali anche gli interpretanti di Pierce: la nozione di interpretante ci mostra
come la comunicazione circoscriva le unità culturali che sono continuamente poste come suo oggetto;
questa circolarità ininterrotta è la condizione normale della comunicazione.
- Natura dei codici di Eco: codici di denotazione (forti e primari) e connotazione (secondari e facoltativi,
sottocodici): per denotazione s'intende il riferimento immediato che un temrine suscita nel destinatario del
messaggio; la denotazione è il riferimento immediato che il codice assegna al termine in una data cultura.
(Es. deserto).
- Per dotare di un metodo la semiologia, Eco ha ritenuto necessario conservare l'esistenza di strutture: la
descrizione di codici e sottocodici consisterà dunque in una collezione di campi semantici analizzati nella
prospettiva strutturale, ovvero secondo assi d'opposizione che facciano apparire un sistema generale della
forma del contenuto. Il numero dei codici sarà infinito come quello degli interpretanti di conseguenza è una
contraddizione in termini il voler proporre una teoria strutturale dei codici. Denotazione dunque designa
una costellazione di interpretanti comuni al poietico e all'estetico; non appena un'interpretazione si colloca
da un lato o dall'altro si entra nel campo della connotazione; è impossibile stabilire un criterio a priori di
distinzione tra denotazione e connotazione. Eco era cosciente della contraddizione che percorreva il suo
libro ''La struttura assente'' e delle due linee di discorso:
a) da un lato la descrizione di singole semiotiche come sistemi chiusi e strutturati
b) dall'altro un modello comunicativo di un processo aperto dove il msg varia a seconda dei codici che
dipendono dalle ideologie e dalle circostanze e tutto il sistema si ristruttura continuamente.
Per Eco i due aspetti non si contraddicono rendendo il processo semiologico una successione di universi
chiusi e formalizzati. Il problema è che Eco ha voluto contemporaneamente raccogliere l'eredità di Saussure
e Pierce ma i fatti semiologici non sono chiusi e aperti a un tempo.
Se i campi semantici e strutture si dimostrano insostenibili, perchè conservarli? Eco possiede tutti gli
strumenti necessari per voltare le spalle allo strutturalismo (la tripartizione, gli interpretanti e il concetto di
circostanza di comunicazione) eppure egli sembra credere alla possibilità di una formalizzazione delle
circostanze. Egli comunque rinuncia a qualsiasi pretesa d'oggettività assoluta nel campo della semantica
strutturale. Eco è uno strutturalista non strutturalista; ne ''La struttura assente'' si apriva uno spiraglio che
gli avrebbe permesso di sfuggire alle aporie dello strutturalismo; così il codice di Eco si disgrega (motivo per
cui qui si è rinunciato a utilizzare questo concetto di codice).
Fine del tentativo di rendere conto del significato attraverso la struttura: Eco riallaccia i rapporti col
mentalismo e riconosce il fallimento della semiologia strutturale identificando i significati dal punto di vista
del ricettore, infine sostituisce all'ipotetica ricerca dei codici la sperimentazione psicologica. La fuga dalle
strutture è un dato caratteristico del post-strutturalismo, ma lo strutturalismo puro e semplice ha avuto il
merito di ricnoscere al testo un livello d'immanenza materiale dal quale non è possibile prescindere.
La teoria di Molino apre dunque la strada a un superamento delle difficoltà incontrate oggi dalla
generazione formatasi nel grembo strutturalista (come conciliare descrizione formale ed ermeneutica,
analisi del livello neutro e rete d'interpretanti?)
SITUAZIONE DELLA TRIPARTIZIONE:
Strutturalismo: ha avuto da un lato il torto di voler spiegare le opere umane limitandosi al piano delle loro
configurazioni immanenti, ha avuto dall'altro lato il merito storico di aver indicato che il testo letterario ed
esempio possiede un'altra dimensione oltre alle sue fonti biografiche e storiche.
Anche se uno degli aspetti specifici della teoria semiologica di Molino risiede proprio nel riconoscimento
della necessità di superare le struttura immanenti degli oggetti studiati, il principio della sua analisi del
livello neutro viene tratta dallo strutturalismo; è per questo che quando ci occuperemo dell'analisi del
livello neutro troveranno spazio i modelli della linguistica strutturale.
Differenza tra lo strutturalismo e l'analisi del livello neutro:
a) non si ha la certezza la conoscenza sia riducibile al solo livello immanente.
b) l'analisi del livello neutro eredita dallo strutturalismo l'acquisizione che i messaggi presentano un grado
d'organizzazione specifica che occorre descrivere (fase sistematica che passa la descrizione strutturale di un
oggetto/messaggio), ma non ci si può fermare ad esso: il poietico affiora nell'immanenza, e l'immanenza è il
trampolino dell'estesico.
c) il compito della semiologia consiste nell'identificare gli interpretanti secondo i 3 poli della tripartizione e
nello stabilire le loro relazioni reciproche.
d) dunque l'analisi del livello neutro non può costituire che uno dei capitoli del programma semiologico qui
presentato.
Se si ammette che nelle opere umane i fenomeni di produzione, le tracce che ne derivano e i fatti di
percezione non necessariamente coincidono fra loro, diviene possibile una prima applicazione della nostra
prospettiva semiologica. Dobbiamo dunque tener conto della tripartizione nei diversi campi di studio della
musicologia. Si può progredire nella conoscenza solo se si distinguono le 3 dimensioni poietica, estesica e
neutra.
Quali sono i limiti dell'analisi musicale:
1) discrepanza tra poietico ed estesico: ''Nel fatto musicale vi sono 3 punti di vista, quello dell'autore,
dell'interprete, dell'ascoltatore. I loro rapporti sono differenti, talora contraddittori e confusi.
L'originalità e la difficoltà della concezione di Molino risiede nell'aver postulato la necessità di un analisi
intermedia, quella del livello neutro:
Analisi del livello neutro:
a) permette unità, funziona come un promemoria, è possibile attribuirvi un carattere propedeutico.
b) occorre rimaneggiarla e trasformarla ogni volta che vengono introdotte nuove informazioni e variabili
descrittive e organizzative.
c) è un momento dell'analisi, non contiene tutte le info necessarie agli approcci poietici ed estesici
d) è in continuo movimento, si sposta via via che il progetto progredisce
In una parola l'analisi del livello neutro è ''descrittiva'', mentre le enalisi poietiche ed estesiche sono di
natura esplicativa.
Il compito della semiologia consiste nell'identificare gli interpretanti secondo i 3 poli della tripatizione e
nello stabilire le loro reazioni reciproche.
LA ''SEMIOLOGIA SILENZIOSA'' E LA SPECIFICITÀ' DEL SIMBOLICO:
Teoria semiologica di Molino: la sua caratteristica fondamentale consiste nel riconoscere le specificità del
fenomeno simbolico con un proprio livello di organizzazione di cui occorre rendere conto.
Questa teoria però non è l'unica a riconoscere l'esistenza del simbolico:
a) epistemologia: esiste una tradizione epistemologica all'interno della quale la riflessione sui sistemi
simbolici è d'importanza fondamentale, non vi è psicoanalisi senza simbolo.
b) antropologi: anche gli antropologi si interessano al ruolo svolto da simbolo nella società, essi hanno
interpretato lo studio dei miti, del linguaggio e dell'arte come studio di forme simboliche.
c) fisica: la presenza del simbolico non è riconosciuta soltanto nell'ambito delle scienze umane, le stesse
leggi della fisica non sono altro che costruzioni simboliche. La fisica teoria non afferma la realtà delle cose,
ma si limita a rappresentare le apparenze sensibili per mezzo di segni, di simboli.
d) economia: i fattori simbolici hanno un ruolo decisivo anche nei fenomeni economici.
Esiste da molto tempo una semiologia silenziosa che considera fondamentale la presenza del simbolico.
La prospettiva di Molino è dunque l'unica a proporre esplicitamente l'abbozzo di una semiologia
organizzata dei fenomeni simbolici. Il nostro lavoro consiste nell'esplorare l'articolazione delle 3
componenti dell'oggetto simbolico in campo musicale e quindi nel far progredire la conoscenza del
musicale nel quadro di tale teoria.
La semiologia non esiste: ovvero non c'è una semiologia generale, come la linguistica generale, intesa come
un insieme di concetti, metodi e regole che possa permettere l'analisi del simbolico in qualunque campo
Riassumiamo le caratteristiche principali del simbolico e le conseguenze metodologiche che ne derivano:
1) il simbolico è un fenomeno costruttivo e dinamico, caratterizzato essenzialmente dal rinvio. I significai
veicolati dal simbolico non sono immediatamente leggibili nelle strutture della traccia che li trasmette,
occorre distinguere 3 modi d'analisi autonome: quella del livello neutro, dei processi poietici e dei processi
estesici.
2) Il simbolico è un campo autonomo nell'insieme dei fatti sociali, è necessario analizzarlo e descriverlo
separatamente prima di metterlo in rapporto con altri settori.
3) Il simbolico è una cosa, si conserva, dura, evolve, agisce. Il simbolico è uno strumento: la parola non
agisce in modo più misterioso del martello, agisce diversamente. Grazie ad esso l'uomo influenza il proprio
ambiente e lo modifica.
4) Il simbolo esiste: non è più mentale che materiale. La cultura non è una cosa mentale ma una
configurazione di condotte simboliche. Il simbolico non è meno reale di quanto non lo sia l'immaginario
visto come costruzione simbolica.
Il nostro progetto di semiologia musicale intende proprio dimostrare l'esistenza della musica come forma
simbolica.
IL CONCETTO DI SIMBOLO:
Definizioni e accezioni di simbolo, simbolico:
1) Si parla di funzione simbolica per indicare la capacità di rappresentare l'assente. La teoria di Molino si
pone in questo senso come teoria generale dei fatti simbolici
2) Simbolo: oggetto di una esegesi. L'ermeneutica è basata sul simbolo e sul simbolico. Non c'è simbolo
senza interpretazione.
3) La parola simbolo può avere altri significati: il simbolo saussuriano è un genere di segno caratterizzato da
un legame analogico tra simbolizzante e simbolizzato per opposizione al segno arbitrario (icone); il simbolo
peirciano concorda con la nozione di segno arbitrario in Saussure. Lalande vede il simbolo come ogni segno
concreto che evoca, attraverso un rapporto naturale, qualcosa di assente o di non percepibile, ma naturale
non significa necessariamente analogico più di quanto arbitrario non sia sinonimo di convenzionale.
4) le precedenti ambiguità portano Paulus a definire il legame tra simbolizzante e simbolizzato come ciò che
li collega e fa si che l'uno evochi l'altro, come la comunanza di reazioni affettive che essi provocano,
comunanza derivata sia da leggi psichiche innate sia da abitudini culturali, sia da esperienze e associazioni
individuali. Analogia: il simbolo può degradarsi o purificarsi in segno quando si annulla la componente
affettiva che l'ha fatto nascere. Ne rimane allora solo un sostituto allo stato puro, spogliato di qualsiasi
rassomiglianza sia percettiva sia affettiva con l'oggetto. (es: il simbolo del togliere il cappello è divenuto
segno di rispetto)
Definizione affettiva del simbolo: è la componente espressiva e sentimentale dell'opera d'arte che giustifica
(in particolare per gli studiosi di estetica della musica) il ricorso al concetto del simbolo.
L'esegesi lessicologica mostra le difficoltà parlando del simbolismo musicale a partire da questo concetto
semiologico: per questo occorre considerare l'espressione ''forma simbolica'', con cui ci si riferisce alla
capacità della musica, come di ogni altra forma simbolica, di dar luogo a una complessa e infinita rete
d'interpretanti. Bisogna quindi scoprire come gli interpretanti si distribuiscono tra il neutro, il poietico e
l'estesico.
LA NOZIONE DI MUSICA (SEMIOLOGIA DEL FATTO MUSICALE):
LA DEFINIZIONE DELLA MUSICA E' UN PROBLEMA SEMIOLOGICO:
Oggetto della semiologia musicale è la musica: un fatto sonoro qualsiasi viene riconosciuto come musicale
quando si distingue tra musica e non-musica, cioè nel momento in cui si associano a esso gli interpretativi
veicolati dal concetto di musica o di musicale.
In un contesto occidentale Molino è riuscito a mostrare che i contorni del concetto di musica variano a
seconda che vi si includano le variabili poietiche, immanenti o estesiche. ''La musica è l'arte di combinare i
suoni in base a regole (variabili a seconda dei luoghi e delle epoche), di organizzare una durata con
elementi sonori'', viene definita dalle sue condizioni di produzione (è un arte) e dai suoi materiali costitutivi
(i suoni).
Secondo un'opinione diversa, quella di Bourgeois, lo studio dei suoni compete ala fisica, mentre all'estetica
musicale appartiene la scelta dei suoni piacevoli: i suoni devono essere piacevoli.
Secondo altri ancora la musica si confonde con l'acustica.
Il numero e il tipo di variabili che possono intervenire nella definizione del musicale è illimitato.
Molino, citando Marcel Mauss, considera la musica un fatto sociale totale la cui definizione varia a seconda
delle epoche e delle culture, e i cui tratti caratteristici, attinti nell'insieme dei fenomeni associati al fatto
musicale si suddividono tra i 3 poli della tripartizione.
In una data epoca e in una data società, soprattutto in Occidente, non vi è mai un'unica concezione
culturalmente dominante della musica, ma un insieme sfumato di concezioni. I casi limite (la non-musica
della radio music, il rumore) dimostrano paradossalmente che non è possibile parlare di musica senza
riferirsi, anche in maniera sottintesa, al sonoro: il suono è la condizione minima del fatto sonoro. E' molto
difficile separe anche il musicale dal cinestesico e dal visuale, i CD per esempio ci privano dalle dimensioni
di un concerto, e questo riduce la nostra concezione culturale di musica alla sola dimensione sonora.
L'avvento delle tecniche multimediali ha coinciso con l'affermarsi del concetto di musica pura, ma
l'esperienza in vivo conferma che non si può rinunciare facilmente a quella ''impurItà''.
IL RUMORE COME FENOMENO SEMIOLOGICO:
Pierre Schaeffer si chiede: qualsiasi suono è adatto al musicale?
L'intera produzione musicale del 20 esimo secolo è caratterizzata da uno spostamento del confine tra
musica e rumore.
Suono: è il risultato di vibrazioni periodiche e regolari
Rumore: è il risultato di vibrazioni aperiodiche. Una vibrazione erratica intermittente o statisticamente
aleatoria. Ogni suono che assume per noi un carattere sgradevole, inaccettabile. La nozione di rumore è
anziutto una nozione soggettiva. I criteri che qualificano come rumore un suono sono l'intensità troppo
elevata, l'assenza di alteza definita o la mancanza di organizzazione (complessità, cacofonia). Il rumore è ciò
che si riconosce come ciò che disturba ed è sgradevole.
Il confine tra musica e rumore è sempre definito culturalmente quindi raramente c'è consenso.
Se si dà l'equazione suono/rumore=musica/non-musica si scopre che la maggior parte dei suoni musicali
appartengono alla categoria dei suoni complessi e che i suoni spontanei, considerati rumori dall'orecchio,
hanno a volte la stessa struttura acustica dei suoni musicali.
Molto ricorrenti in questo campo sono le nozioni di fissità, purezza e ordine quindi non stupisce il fatto che
alcuni compositori, avendo utilizzato suoni considerati dei rumori, vengano definiti rivoluzionari come i
rumoristi italiano del 1913.
Livelli di analisi di suono e rumore (alcuni suoni accettati come musicali dal compositore sono ritenuti
sgradevoli dagli ascoltatori):
livello poietico
-
(scelta del compositore)
livello neutro
-
(definizione fisica)
livello estesico
(giudizio percettivo)
suono musicale
(rumore (non musicale)
suono di spettro armonico
rumore (suono complesso)
suono gradevole
rumore sgradevole
L'ATTEGGIAMENTO DEI COMPOSITORI DI FRONTE AL RUMORE:
Il concetto di musica, ovvero ciò che si considera musicale, corrisponde all'accettazione di fenomeni sonori
considerati come rumori.
Olivier Alaim ha mostrato che la storia della musica non è soltanto quella della trasformazione delle forme
e delle strutture, ma anche al tempo stesso l'integrazione di nuovi materiali sonori.
L'iniziativa dell'estensione musicale è attribuibile in generale ai compositori.
Atteggiamenti di alcuni compositori che hanno contribuito a spostare il confine tra musica e rumore:
1) Russolo: parte dalle definizioni di Helmholtz di
a) suono: quello dovuto a una successione regolare e periodica di vibrazioni; una sensazione musicale
appare all'orecchio come un suono perfettamente calmo, uniforme, invariabile.
b) rumore: è quello dovuto a movimenti irregolari tanto per il tempo, quanto per l'intensità. Appare
frammentario e irregolare.
Questo carattere di continuità che ha il suono rispetto al rumore non è però un elemento sufficiente per
poter fare una distinzione netta fra suono e rumore. Bisogna parlare di vibrazioni: perchè si produca un
suono è necessario che un corpo vibri regolarmente e che queste vibrazioni siano tanto rapide da far
persistere nel nervo uditivo la sensazione della prima vibrazione fino all'arrivo della vibrazione seguente,
allora le impulsioni periodiche si fonderanno insieme per formare un suono musicale continuo. Occorre
quindi che le vibrazioni siano non meno di 16 al (minuto) secondo. Ora se io riesco a riprodurre un rumore
con questa rapidità, ottengo un suono fatto dall'insieme di tanti rumori, o meglio un rumore il cui
successivo ripetersi sarà sufficientemente rapido per dare una sensazione di continuità pari a quella del
suono.
Timbro: in Russolo e in Schaeffer risulta un'attenzione privilegiata per il timbro (qualità), dove risiedono le
possibilità massimali dell'estensione del musicale. Così la differenza vera e fondamentale fra i suono e il
rumore si riduce a questa: è il rumore molto più ricco di suoni armonici di quanto non lo sia generalmente il
suono esistono delle varietà di timbro in uno stesso rumore. Questa è la ragione della varietà grandissima
dei timbri dei rumori, rispetto a quella limitata dei suoni. Si parla di ascolto ridotto che si effettua secondo
la percezione reiterata di uno stesso suono. L'ascolto ridotto può considerarsi acusmatico (suono che si
sente senza individuarne la causa originaria), il rumore deve perdere tutto il suo carattere di risultato e di
effetto legato alle cause che lo producono (futurismo italiano).
2) Varese: rimprovererà Russolo e Schaeffer per aver introdotto i rumori della città nelle sale da concerto.
In Varese il genere compositivo (aspetto poietico) rimane predominante: anche se si proponeva di aprire
tutto l'universo sonoro alla musica, di fare musica con tutti i suoni possibili, per lui era il compositore che
decide quali di essi conviene inserire nell'opera.
3) Schaeffer: secondo lui il compositore deve mantenersi sul terreno degli oggetti adatti, quelli per i quali
sentiamo istintivamente che sono più favorevoli al musicale. Per caratterizzarli, l'autore usa tre criteri di
costruzione (impulso, suono prolungato, costruzione iterativa) e tre criteri di massa (carattere tonico,
massa complessa, massa variata) ai quali aggiungere un criterio di equilibrio temporale. L'istinto del
musicale rimane soggettivo, in quanto varia con l'utilizzatore e il contesto del suono. Questa è la prova che
il musicale altro non è che il sonoro accettato da un individuo, da un gruppo o da una cultura.
4) Cage: definisce un nuovo atteggiamento dell'ascolto ''più si scopre che i rumori del mondo esterno sono
musicali e più c'è musica. Cos'è allora il musicale? Ogni rumore ci sembrava che potesse diventare musicale
per il solo fatto che lo si faceva entrare in un pezzo musicale.'' Da qui la predilezione per l'esecuzione
simultanea delle sue opere, per esempio il concerto per 20 giradischi. Il rumore non è altro che la somma di
una moltitudine confusa di suoni diversi che si fanno sentire insieme. L'atteggiamento di Cage si oppone
radicalmente a quello di Schaeffer per il quale l'ascolto ridotto deve farci dimenticare l'origine del suono.
Secondo Cage è nella città stessa che occorre andare per captare la musica. (la separazione dei suoni
dall'ambiente è funesta)
5) Murray Schaefer: propone un'interessante sintesi, riprendendo sia le osservazioni di Cage che quelle di
Russolo, Varese e Schaeffer. Egli si mise all'ascolto della città di Vancouver, cercando dei rumori
musicalmente interessanti e immaginando una nuova disciplina, l'acoustic design. Attento alla sinfonia del
mondo, l'orecchio musicale seleziona e il compositore riemerge.
MUSICHE E CULTURE
Musiche di tradizione orale: significato per gli indigeni il concetto di musica.
1) Prendiamo ad esempio i Mapuche dell'Argenita, studiati da Carol Robertson: questo popolo non ha
l'equivalente della parola ''musica'' ma distingue le forme strumentali e improvvisate, i canti cerimoniali e
un genere a parte, il tayil. Quest'ultimo è la forza vitale che un individuo divide coi membri della
discendenza paterna. L'interpretazione del tayil è riservata alle donne e si chiama eltun (tirare),
l'esecuzione del tayil infatti tira l'anima del lignaggio paterno di un individuo mediante una combinazione
specifica di contorni melodici. Robertson ci invita a sospendere il giudizio su ciò che è o non è musica visto
che il tayil non è musica nel senso occidentale del termine, e rispettare le articolazioni culturali dei
fenomeni. Non esiste un concetto universale e inter-culturale di musica.
2) Gli studi sulla musica degli Inuit (eschimesi) forniscono un esempio in cui la distinzione musica/nonmusica si deduce da comportamenti e non da concettualizzazioni esplicite come nel caso del tayil, genere
concettualizzato in termini non musicali dai Mapuche. Per gli inuit non esiste alcuna parola per indicare ciò
che noi intendiamo per musica e sembra che sia assente anche il concetto stesso di musica. Gli inuit però
riconoscono i canti di danza col tamburo e il katajjaq (gioco di gola). Dal punto di vista occidentale,
quest'ultimo è musica; ma nella pratica sociale degli inuit esso è solo un gioco, poichè consiste
nell'esecuzione, da parte di due donne, di un breve motivo finchè una delle due non è obbligata a fermarsi
sia per mancanza di fiato che per cedimento della voce, c'è dunque una vincitrice e una perdente. Nella
nostra cultura il parametro sonoro resta dominante.
3) Analizziamo una situazione in cui l'analisi del livello neutro è la sola via per comunicare col musicista: la
zoomusicologia. Il compositore Mache ha dimostrato che i canti degli uccelli sono organizzati secondo un
principio di ripetizione/trasformazione, quindi quest'ultimo viene considerato un tratto universale i tutte le
musiche. E' corretto pensare alla musica come qualcosa di umano? Ebbene, è l'uomo a decidere ciò che è
musicale e ciò che non lo è, nonostante il suono non sia di origine umana.
4) Come ultimo caso analizziamo le forme intermedie tra linguaggio e musica che Goerge List ha cercato di
descrivere nelle diverse culture. Queste forme ci sembrano intermedie solo perchè in Occidente poniamo il
linguaggio parlato e la voce cantata su poli opposti e da ciò deriva il nostro stupore per la voce mezza
cantata mezza parlata. Egli propone una cartografia in cui ogni forma specifica si inscrive in un continuum, il
quale può essere esteso ad altri insiemi di forme simboliche (ad esempio il continuum parola-musica-giocodanza nella musica degli inuit).
5) Per Merriam ci sono tre componenti sempre presenti nel fatto musicale:
a) il concetto
b) il comportamento
c) il suono
Nel momento in cui la musicologia riconosce che la musica è probabilmente un fatto universale poichè non
c'è civiltà senza musica, e che la capacità di musica è inscritta nel nostro destino genetico dell'umanità allo
stesso modo della capacità di linguaggio, essa deve relativizzare il concetto di musica e ammettere che la
musicologia occidentale è essa stessa una forma di sapere culturalmente condizionato. Non esiste la musica
ma le musiche e anche fenomeni musicali. Questo permette alla musicologia di interessarsi anche ai
fenomeni musicali che non sono considerati come musica nella cultura a cui appartengono. Concludendo
bisogna affrontare i fenomeni musicali da un punto di vista antropologico, pur facendo ricorso agli
strumenti dell'analisi del livello neutro, proprio perchè la musicologia è capace di descrivere la specificità
sonora di generi come il tayil e il kaajjaq, tenendo conto anche delle funzioni di queste manifestazioni che
permettono di comprendere la loro specificità culturale. Bisogna cioè abbinare all'analisi del livello neutro
le suddivisioni culturali ricavate dalla ricerca etnografica.
Distinzione concettuale: se dovessimo limitarci ad un approccio emico (che riflette il punto di vista degli
autoctoni) non potremmo analizzare le musiche senza ricorrere ai nostri strumenti concettuali. Mentre
l'approccio unicamente etico (analisi fatta a partire dai soli strumenti e dalle sole categorie del ricercatore)
fallisce, e non esiste neppure un approccio emicamente puro, siamo condannati a un dialogo tra la cultura
straniera e quella del ricercatore.
La stessa difficoltà si ritrova nella ricerca degli universali della musica: noi riconosciamo ovunque l'esistenza
della musica, ma ciò che noi ammettiamo come fatto musicale non lo è necessariamente per tutti; questa
ricerca è necessariamente etica anche se spesso basata su fenomeni definiti emicamente. E' comunque
certo che, se si ammette la validità del concetto tripartito del fatto musicale, non si possono cercare gli
universali soltanto nella materia sonora, ma debbono essere prese in considerazione anche le strategie
poietiche ed estesiche a essa collegate.
GLI UNIVERSALI DELLA MUSICA:
Difficoltà della designazione di universali immanenti:
a) per poter stabilire che un certo tratto è universale, bisogna provare che si può incontrare effettivamente
ovunque e non risenta di contro-esempi. In un certo senso, qualsiasi tratto presentato come universale lo è
sempre per ipotesi, poichè la conoscenza delle civiltà musicali del mondo non è mai conclusa. La ricerca
degli universali presuppone un'enorme conoscenza delle musiche, sia in estensione (in tutte le culture) sia
in profondità (in una cultura) ma il paradosso di questa ricerca è che più si accumulano informazioni, meno
possibilità si hanno di trovare dei tratti generali a causa del numero e della complessità delle variabili.
b) problema dello statuto delle generalizzazioni: la validità delle conclusioni dipende dall'operazione
intellettuale mediante la quale si riuniscono sotto uno stesso tratto osservazioni specifiche.
c) Blacking ricerca gli universali più nei comportamenti che nelle strutture; secondo lui in musica esistono
dei principi strutturali universali, ma essi sono delle manifestazioni immanenti, che si possono rilevare nel
materiale sonoro. Una caratterizzazione universale dipende in primo luogo strettamente dai tratti
dell'oggetto. La difficoltà degli universali immanenti si spiega dunque col carattere simbolico dell'oggetto
musicale e del discorso musicologico, come la semiologia evidenzia. L'analisi musicale sarà mai
sufficientemente unificata perchè i suoi risultati forniscano le informazioni richieste nella ricerca degli
universali?
d) infine tornando alla necessità per una ricerca di adottare al tempo stesso i punti di vista etico ed emico, i
fatti della materia sonora considerati identici dal musicologo non hanno necessariamente lo stesso senso
per gli autoctoni.
La nostra esperienza fa nascere l'idea che esistano alcune possibilità di comunicazione tra le culture: la
spiegazione va trovata nel fatto che a livello delle strutture profonde in musica ci sono degli elementi
comuni alla psiche umana, anche se non appaiono nelle strutture di superficie: fenomeni eticamente simili
possono essere emicamente diversi, e da fenomeni eticamente distinti possono risultare le stesse categorie
emiche--> gli universali non vanno più cercati a livello delle strutture immanenti ma a livelli più profondi. In
questo modo si afferma che gli universali della musica non vanno cercati nelle strutture immanenti, ma nei
comportamenti collegati ai fenomeni sonori.
Blacking si ricollega alla posizione espressa da Leonard Meyer: ''ciò su cui ci si dovrebbe interrogare,
quando si considera il problema degli universali, non è se gli stessi dati sono comuni alle diverse culture;
bisognerebbe piuttosto chiedersi se, al di sotto della profusione di dettagli diversi e divergenti, esistano
principi universali di funzionamento.'' Egli crede di trovarli nei processi psicologici collegati alla musica,
ovvero nelle connotazioni e nei valori. Dobbiamo capire che il processo di comprensione e di introduzione
nel comportamento musicale può essere più universale del contenuto dell'azione musicale.
Considerazioni finali su queste riflessioni:
a) bisogna cercare gli universali nelle strutture profonde (universali di strategia - Molino) senza dimenticare
che
b) si tratta di strategie collegate a fenomeni.
c) esistono 2 famiglie di universali di strategia: strategie di produzione e di percezione.
La tripartizione permette una classificazione efficace dei dati senza generalizzare riguardo la ricerca degli
universali:
1) il suono è un dato irriducibile del musicale, perfino quando è assente è tuttavia presente per allusione
2) il musicale equivale al sonoro costruito, organizzato e concepito da una cultura
3) non c'è limite a priori al numero e ai generi di interpretanti
4) non c'è semiologia musicale possibile se non si tiene conto dell'ambiente culturale del fenomeno
studiato
5) l'analisi semiologica risulta dalla combinazione delle categorie e delle suddivisioni proprie di una cultura
e dall'analisi del livello neutro.
6) se la musica appare realmente come un fatto universale, esistono gli universali della musica, ma bisogna
cercarli sul versante delle strategie (processi) poietiche ed estesiche, piuttosto che al livello delle strutture
immanenti.