CAPITOLO I
CONFORMAZIONE (COMPOSIZIONE CROSTA MANTELLO)
La tettonica delle placche studia la dinamica e la cinematica degli strati esterni del globo
terrestre che dall’esterno al nucleo sono:
 Crosta oceanica (7-10 km)
 Crosta continentale (5-70 Km)
 Mantello litosferico (limite inferiore tra 180 e 250 Km)
mantello superficiale
 Astenosfera (fino a 410 km)
 Zona di transizione (410-670 km)
 Mantello Inferiore (670-2900 km) (discontinuità cone mantle boundary) CMB
 Nucleo esterno
discontinuità ICB
 Nucleo interno
Le discontinuità tra due strati sono:
1) MOHO= mantello litosferico/crosta
2) GUTEMBERG= nucleo esterno/mantello inferiore
3) LEMAN= nucleo esterno/nucleo interno
1
Questi strati sono formati da miscugli solidi (rocce) e da minerali stabili a determinati range di
pressione e temperatura, le rocce possono contenere fasi liquide nelle porosità.
Tali rocce sono anisotrope, proprietà per la quale un determinato ente fisico ha caratteristiche
che dipendono dalla direzione lungo la quale viene considerato e quindi lo stato fisico dei
componenti cambia da punto a punto.
Idealmente ogni sistema di rocce può essere considerato come un numero finito di fasi
fisicamente e chimicamente omogenee la cui composizione mineralogica è descritta dai componenti
che rappresentano il nucleo minimo di formule chimiche necessarie per descrivere l'insieme delle
stesse fasi.
Per quanto riguarda gli strati della zona di transizione possiamo ipotizzare che la strutturazione
geologica a scala crostale e la considerevole differenza chimica sono il risultato del percorso della
tettonica globale durante gli ultimi 2.5-3 milioni di anni. La stratificazione è il risultato degli ultimi
stadi di formazione delle terre solide attraverso un percorso di separazione gravitazionale dei
materiali secondo i loro punti di fusione e densità.
CROSTA CONTINENTALE
La maggior parte di essa si è formata tra i 4 e i 12 milioni di anni da un oceano di magma
primordiale con composizione al 92% di IAB è al 8% di OIB.
Tra i 3.3 e 1.9 milioni di anni fa si è avuta una differenziazione a causa della rifusione del magma
basaltico originale che ha portato al collasso delle parti più dense e pesanti (contenenti Granato);
si è così formata la crosta continentale attuale divisa in:
1. Superiore (roccia ignea granodiorica)
2. Intermedia (anfibolica,roccia metamorfica con temperature comprese tra gli 0.3 e gli 0.8 giga
Pascal)
2
3. Inferiore (granulitica, roccia metamorfica con temperature comprese tra gli 0.3 e gli 1.2 giga
Pascal).
Lo spessore varia da 5 a 80 km, ha una densità di 2700 kg al metro cubo con una composizione
andesitica.
La percentuale di silicio è pari al 66,6% e diminuisce con la profondità. La divisione in parti si
ha anche tramite le variazioni delle onde P con velocità media di circa 7 km al secondo (8 km al
secondo nella crosta Inferiore e di 2 km al secondo nei sedimenti).
La crosta continentale è rimasta uguale a quella formatosi nell'archeano mentre è cambiato il
magmatismo intraplacca e quello di subduzione che fanno crescere molto lentamente tale crosta.
CROSTA OCEANICA
A partire da 25 milioni si forma e si distrugge in continuazione, la massima età riscontrabile è
di 200 milioni e si forma dalla dorsale oceanica.
Ha una densità di 2900 km al metro cubo e una profondità compresa tra 7 e 10 km con uno
spessore quasi costante.
Si forma dal MORB (middle Ocean Ridge basalts) che si ha per risalita adiabatica dell'astenosfera
che salendo prende il posto del vuoto creatosi. Quando c'è l'upwelling (risalita Acque profonde)
astenosferico non si può avere conduzione di calore perché la risalita è troppo veloce; la diffusività
dellaperidotite è bassissima.
Si è potuto studiare la composizione della crosta oceanica grazie alle sequenze opiolitiche, crosta
oceanica obdotta cioè che è sovrascorsa su un magma continentale quando si è verificata la
convergenza di due croste oceaniche con creazione di un arco insulare. Il prodotto finale
dell'upwelling atmosferico è il MORB con percentuale media di Silicio pari al 50% ma la crosta
oceanica è composta sia da basalti che da gabbri. La sequenza di cristallizzazione inizia dai 18 km
di profondità con il seguente ordine:
a. Olivine
b. Olivine + plagioclasi
c. Olivine + plagioclasi +cliopirosseni
La struttura della crosta oceanica derivante dalle ofioliti ed è basata su 3 layer:
La crosta oceanica mostra una struttura a strati molto regolare, a partire dall’alto si riconoscono:
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1. (strato 1, con uno spessore da 0 a 0,5 KM) modesto spessore di sedimenti poco o per niente
litificati, cioè non ancora compattati e induriti, con composizione carbonatica e perlitica;
2. (strato 2 con considerevole spessore di basalto):
a. Rocce estrusive da 30,5 a 0,75 KM di spessore che mantiene la magnetizzazione che serve per
la tettonica, basalti a Pillow)
b. Rocce intrusive1.5 KM di spessore, complesso di dicchi: Testimoniano la tettonica delle
placche in quanto si formano a partire da un dico centrale, successivamente al lato se ne formano
altri essendoci spazio dopo il movimento delle placche;
3. (strato 3, con uno spessore da 2 a 5 Km) di gabbro, la roccia magmatica che è il corrispondente
intrusivo del basalto
a. gabbro isotropico
b. gabbro stratificato (varia di spessore mentre i primi due leyer rimangono costanti).
La Moho segna il passaggio alle rocce ultrabasiche (peridotiti) del mantello.
OCT (Ocean continent transition zone)
Zone che interrompono la continuità della crosta oceanica (oltre ai limiti di placca) prima erano
chiamati COBS ora sono OCT cioè zone che indicano la transizione tra continente e oceano.
Il passaggio tra continente oceano dipende da 4 fattori:
1. Velocità di rifting
2. Presenza di anomalie termiche
3. Fertilità dell'astenosfera
4. Presenza di piccole camere astenosferiche
Il terzo il quarto fattore determinano due possibili margini:
o margini passivi vulcanici(presentano Vulcanismo intensivo, con upwelling attivato da mantle
plum; si ha tanto fuso e si formano delle strutture complesse lungo i margini continentali);
es.: CAMP (central Atlantic Magnetic province) crosta molto spessa formata da:
a. SDR (seaward dipping reflectors) discontinuità all'interno del layer estrusivo;
b. Crosta oceanica iniziale 20 km intrusiva.
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o margini passivi non vulcanici(presentano bassissima velocità di lifting è poco upwelling come
in Iberia, mantello riesumato (F=0) si ha conduzione. Si ha mantello litosferico senza crosta e acqua
che entra in contatto con esso che lo fa serpentivizzare fa diventare le rocce magmatiche).
CICLO DI WILSON
Le placche sono in continuo movimento, perciò i loro rapporti reciproci mutano nel tempo e le
strutture che si trovano ai margini possono migrare, invertire il loro movimento, originare nuove
zone di subduzione e nuovi centri di espansione.
Una dorsale oceanica che migra verso un margine continentale attivo, diventa inattiva, facendo
cessare l'espansione oceanica e può originare una faglia - come la faglia di San Andreas - che
diventa il nuovo limite di placca di tipo conservativo.
Anche i margini convergenti possono migrare, producendo una nuova subduzione e la
formazione di un arco vulcanico su crosta oceanica in prossimità del margine convergente
precedente. La prima fossa diventa inattiva e la catena vulcanica non viene più alimentata
(arcipelago indonesiano).
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Quando un continente si avvicina a una fossa oceanica, essendo più leggero, rimane in
superficie fino a collidere con l'arco vulcanico. Si forma così una catena montuosa di dimensioni
ridotte rispetto a quella che si formerebbe dalla collisione tra due continenti. Il verso di subduzione
si inverte e la crosta oceanica inizia a scorrere sotto quella continentale (Nuova Guinea
settentrionale).
Le dorsali e le fosse vengono dunque distrutte in un processo di collisione, ma gli stessi
mutamenti nei moti del mantello possono far nascere una nuova dorsale e un nuovo oceano
all'interno di un blocco continentale. L'oceano, però, prima o poi smette di espandersi per
l'inattivazione della dorsale e andrà a consumarsi subducendo in una nuova fossa. I continenti che
si erano separati si scontreranno nuovamente, deformando i sedimenti fino a formare una nuovo
continente con una catena montuosa. L'oceano può anche continuare ad espandersi facendo
collidere i continenti dalla parte opposta, per poi separarsi nuovamente in un continuo ciclo.
Questo ciclo, denominato ciclo di Wilson - teoria formulata nel 1988 da alcuni scienziati inglesi
e americani - ci mostra come nel corso della storia della Terra i continenti si sono riuniti più volte
in una singola massa, secondo un ciclo tettonico mediamente di 500 milioni di anni. In particolare
ogni supercontinente ha una vita media di circa 100 milioni di anni dopodiché si frammenta in
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blocchi che si espandono per circa 200 milioni di anni per poi riavvicinarsi a causa dell'incessante
movimento delle placche.
Il processo di creazione e distruzione della crosta terrestre è composto da quattro fasi:
1 rifting (continenti separati nella zona di Rift la quale si solleva a causa di un plum (punto
caldo) che erode la litosfera e la assottiglia fino a spaccarla facendo uscire il magma.
2 subduzione la distruzione di crosta oceanica, si flette e forma gli slab che vanno in profondità
con velocità di 30 mm all'anno. La litosfera diventa slub quando sia ha eclogitizzazione che la rende
più densa e tira verso il basso tutto quello che gli sta attaccato (slab pull).
3 spreading zone della dorsale, risalita di astenosfera che forma la nuova crosta oceanica (morb)
dovuta al raffreddamento del magma.
4 conclusione formazione nuove catene orogenetiche
La temperatura potenziale è la temperatura a cui si troverebbe un cubetto che solleva risalendo
isentropicamente è stato portato in superficie senza essere stato compresso o aiutato da forze
esterne visto che applicando una forza esterna cambia anche la temperatura, nella realtà il cubetto
di astenosfera salendo arriva in superficie e si raffredda maggiormente rispetto alla temperatura.
Non è possibile in realtà portare isentropicamente un cubetto alla pressione P0.
𝑇𝑃 = 𝑇(𝑍)𝑒 −𝑎𝑔𝑧/𝑐𝑝
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MELTING REGIME (regime di fusione)
(Astenosfera che risale da sotto la dorsale)
Zona al di sopra del wetShadow delle perdite in cui l'astenosfera ha una componente verticale
della velocità del flusso. Ai lati del melting Regime invece il flusso e orizzontale e prende la
conduzione e non la risalita adiabatica che invece si ha all'interno del melting regime. La velocità
dell'astenosfera che si sposta con la placca è uguale alla velocità della placca stessa mentre quella
più in basso ha velocità minore.
Si può dimostrare che la velocità di upwelling massima è U=v/π
Quindi se W e la larghezza del melting regime sarà w=u Dt.
Se W è l'ampiezza del melting regime e F il grado di fusione, la produzione di crosta spessa H
sarà perciò
H=π H/F
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Dimostrazione:
Il grado di fusione dipende dalla:
1) Velocità dello spreading rate
2) Fertilità dell'astenosfera (maggiore fertilità Maggiore spessore della crosta)
3) Dagli elementi in incompatibili (che tendono a rimanere nel fuso).
Se la fertilità è bassa non si crea nuova Crosta e si ha raffreddamento dell'astenosfera creando
il mantello riesumato, affiora la peridotite quando la velocità di spreading è bassissima.
MANTELLO LITOSFERICO
Litosfera= crosta + mantello litosferico
Il mantello litosferico è la parte inferiore della litosfera.
In seguito di osservazioni si è visto che la litosfera non ha le stesse proprietà meccaniche pur
avendo composizione chimica simile. Man mano che si raffredda il mantello litosferico assume
comportamenti diversi.
Moho = limite tra Crosta e mantello litosferico superficie di discontinuità sismica onde P da 7 a
8.1 KM/s onde S da 3.9 a 4.5 KM/sec.
È obdotto al passaggio chimico delle rocce basaltiche granolitiche della crosta alla peridotite del
mantello litosferico. Dopo la Moho inizia il TBL (thermal boundary layer). Sopra la linea del 630° la
litosfera ha comportamento elastico, sotto la linea del 650° la litosfera si comporta come un fluido
ad alta viscosità. Durante la risalita dell'astenosfera la parte diffuso che si sposta in orizzontale si
raffredda per conduzione perché nella parte superficiale del regime la temperatura è minore della
temperatura dell'astenosfera mentre nella parte inferiore sia più calore e non sia raffreddamento.
La base del TBL coincide con l'isoterma dei 1300° ed è anche il limite tra litosfera è astenosfera
LAB(lithosphere asthenosphere boundary) il confine tra litosfera è astenosfera è solo termico. Il
LAB è stato determinato dall'anisotropia delle onde sismiche poiché al confine tra due fluidi a
diversa viscosità si formano dei minerali orientati in un modo. Significa quindi che in questo verso
la velocità delle onde sismiche non sono uguali in tutte le direzioni.
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Differenze nel LAB:
1. Il LAB nei cratoni (parte più rigida, antica e stabile della crosta continentale) è molto profondo
circa 300 km.
2. Il LAB sotto la litosfera oceanica è uniforme perché dopo 80 milioni di anni non si ispessisce
più e rimane a 125 km.
Differenza tra mantello litosferico e astenosfera:
1 viscosità: Thermal boundary layer molto maggiore dell'astenosfera 1024 viscosità astenosfera
1020
2 elementi incompatibili presenti nell’astenosfera
Differenza tra mantello litosferico continentale e mantello litosferico oceanico:
1 il mantello litosferico oceanico si forma continuamente e si distrugge nelle zone di subduzione
tanto slab mentre quello continentale si è formato nella archeano insieme alla prima a crosta
continentale.
2 spessore TBL è di 300 km per i cratoni ed è molto variabile mentre è di 125 km per l'oceano
dove è costante.
3 il TBL continentale è arricchito in elementi incompatibili (potassio, torio, uranio) il TBL
cratonico e meno denso di quello oceanico ed è anche per questo che quello oceanico viene subdotto
e diventa slab.
ASTENOSFERA
1: Crosta (oceanica e continentale da 0 a 80 km); 2: Mantello (superiore, tra cui astenosfera e
mantello inferiore); 3:nucleo ; 3a:nucleo esterno ; 3b:nucleo interno; 4: Litosfera (Crosta e mantello
solido ); 5:astenosfera; 6:nucleo esterno liquido; 7: nucleo interno solido.
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Nel mantello litosferico (isoterma 1300°) a 410 km di profondità dove c'è aumento di velocità
sismica (associate alla trasformazione dell'olivina in spinello) nell'astenosfera troviamo la LVZ (low
velocity zone). L'astenosfera è sede di correnti vorticose e si pensa che la zona in cui si crea il morb
sia in prossimità della discontinuità dei 410 km questo perché si è visto che l'astenosfera ha una
ritenzione idrica minima mentre la zona di transizione riesce ad accumulare molta più acqua.
Nella zona di subduzione si ha un notevole contenuto di acqua compreso tra 5 e 6%. Quando
La litosfera oceanica viene Tirata giù si ha eclogitizzazione della litosfera e si perde acqua (meno
1%).
Andando sempre più in profondità quest'acqua è rimasta all'interno dei minerali abbassa il
punto diffusione delle rocce e provoca fusione parziale creando vulcanismo 0.2 0.5%. Dopo di ciò
La litosfera arrivata in profondità e ormai slab ed entra nella zona di transizione.
Questa zona avendo più materiali cerca di riequilibrarsi spingendo questo nuovo materiale nella
astenosfera visto che l'astenosfera non trattiene acqua. Il materiale appena entrato perde tutta
l'acqua attraverso un cambio di fase e si genera una zona basale dell'astenosfera idrata/fluida dove
avviene la fusione.
Qua e i fluidi Vengono convogliati verso la dorsale perché si crea un vuoto lasciato dalla
formazione di una nuova Crosta e si generano dei moti convettivi dell'astenosfera.
(La Geoelettrica che misura la resistenza del terreno che dipende dal contenuto di fluidi).
ZONA DI TRANSIZIONE
Ultimo layer del mantello superiore si estende dalla discontinuità dei 410 km a quella di 670
km ci sono due modelli che cercano di spiegare la composizione della zona di transizione:
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1 modello pirolitico o di Ringwood: Le discontinuità che si incontrano a 410 km e 670 km sono
il risultato di fasi di trasformazioni isochimiche di un ipotetico mantello fatto da una miscela di
pirosseni e olivine. Le trasformazioni avvengono a causa di diverse pressioni.
2 modello pillogitico o di Anderson e Bass: In questo modello le trasformazioni sono chimiche e
primitive perché il mantello quando si è formato aveva già composizioni diverse. Olivine da 410 km
diventa beta spinello, a 670 km diventa Magnesiowustite e perovskite. Il pirosseno 410 km diventa
majorite a 670 km diventa perovskite. Questo modello è coerente con le discontinuità sismologiche.
T=t(P) temperatura in funzione della pressione l'andamento dello....... per la discontinuità 410
km tra olivina e spinello è positivo mentre la pendenza di clapeyron a 670 km e negativa.
MANTELLO INFERIORE
Inizia con la barriera termica dei 670 Km è omogena in generale, osservando come si disperdono
le onde sismiche trovando un ostacolo (scattering).
Al suo interno si hanno le LLSVPs (low large scale velocity provence zone) anomale con alta
densità e temperatura che costituisce regioni chimiche diverse dal resto del mantello inferiore.
Sono chiamate superplumes che si trovano sotto il Pacifico e l’Africa ed hanno enorme
estensione.
Dalla tomografia sismica si vede che il plumin profondità è ristretto e si allarga procedendo verso
la sua superficie. Alla base c’è anomalia di densità positiva quindi è più pesante, è neutro al centro
e ha anomalia negativa in superficie.
Rispetto alla temperatura si osserva una controtendenza al momento perché il superplum alla
base è il più freddo e poi si scalda andando verso l’alto.
Anomalie termodinamiche
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Anomalie sia chimiche che composizionali mentre a livello meccanico sono omogenee
In realtà questi superplum non c'entrano niente con quei plum che stanno nella composizione
del mantello superiore.
Alcuni autori però pensano che attorno al superplum ci sono delle anomalie che generano i
plumsuperficiali.
CAPITOLO II
CINEMATICA PLACCHE
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TEOREMA DI EULERO
Per ogni rotazione esiste un asse che consente di compiere la stessa rotazione, quindi
anche le placche terrestriruotano intorno ad un asse.
Tale asse interseca la superficie terrestre in 2 punti: polo euleriano ed antipolo.
Qualsiasi punto nella placca che ruota può essere descritto da un vettore e una velocità tangente
alla superficie terrestre.
La velocità tangenziale cambia da posizione a posizione, mentre la velocità angolare è costante.
Il vettore euleriano (ω=) rappresenta una rotazione istantanea,il modulo di v è v=ωr
cosθ=0 con θ= 30° (equatore) velocità massima, con θ=0° (poli) velocità minima.
Questo teorema è importante perché ricostruisce il movimento che ha avuto o che avrà
una placca da unaposizione attuale a una futura e consente di studiare la cinematica.
La rotazione serve a confrontare le varie posizioni occupate dalla placca nel passato.
questi punti sono espressi
dalle coordinate x, y, z.
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MOR (MID OCEAN RIDGE)
Limite di estensione negli oceani formato da serie di segmenti che possono essere divisi
da faglie trasformi(faglie verticali trasformate a causa delle discontinuità batimetriche
( linee di frattura che indicano l'allontanamento delle placche)che sigenerano lontano dalle dorsali).
Tali faglie mettono in contatto 2 punti con età diverse:
il più vecchio va in profondità per subsidenzamentre: il più giovane rimane in alto
il più giovane rimane in alto formando così le faglie a movimento verticale.
Le zone di frattura rappresentano il gap batimetrico tra due placche.
Segmenti di dorsale più faglie trasformi sono un unico limite di placca e compongono il MOR.
ZONE DI SUBDUZIONE
Limite convergente dove La litosfera oceanica si getta nell'astenosfera.
La geometria delle zone disubduzione è un arco di cerchio minore, ogni zona di
subduzione presenta un'attività di retroarco attiva o spenta.
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L'attività di retroarco può portare a estensioni o contrazioni e influire sulla geometria
della zona
di subduzione.
Dietro
la
fossa
c'è
l'arco insulare che si forma per fusione parziale di litosfera
o
astenosfera inseguito all'emissione di acqua in profondità con lo slab.
Il magma sale sfruttando la frattura nella zona disubduzione e crea i vulcani.
Dietro l'arco c'è il bacino di retroarco che come detto sopra può essere in estensione
o in compressione.
CINEMATICA DELLA ZONA IN SUBDUZIONE
Quando un corpo è a contatto con un fluido che si muove il punto di contatto ha velocità
continua.
Quando una placca si muove con una certa velocità e va in subduzione si creano delle
correnti atmosferiche che danno rotazioni nel corner flow ( Angolo tra la placca A e la
placca B).
Questa corrente crea estensioni di retroarco, la grandezza del cornerflow dipende dalla velocità di
subduzione.
La linea di cerniera si muove insieme alla Placca che sta sopra, se la placca che va in
subduzione non ha velocità la subduzione si ha solo per peso, arretra (roll-back) e si ha trench
( fossa oceanica depressione lineare del fondo oceanico ) retreat con valore = 0 che
porta a compressione di retroarco.
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STRIKE –SLIPS FAULTS (FAGLIE TRASCORRENTI)
Caratterizzate da movimento laterale destro e sinistro puro o prevalente, nel contesto
continentale la faglia trascorrente è associata a struttura fiore della crosta terrestre.
Struttura positiva con t ranspressione (crosta si solleva con faglie inverse), oppure
negativa con transtensione (faglie dirette).
Sono estensioni con complessi sistemi di faglie normali.
Ci sono differenti modelli che spiegano i rift:
A. McKenzie: Stretching crostale generato da forze uniformi di "pure schear".
Nella litosfera si hanno deformazioni attive mentre nella crosta si ha assottigliamento
fragile con faglie normali con concavità verso l'alto.
Il processo inizia con la upwelling astenosferico, continua quando le isoterme si sollevano ed
erodono una litosfera.
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B.Wernicke: Crede che ci siano faglie a basso angolo e "simple shear"
ZONE COLLISIONALI
Sono il prodotto di collisione dopo la distruzione di un oceano, si ha raddoppio della
crosta e inspessimento della litosfera dopo la collisione i due continenti si saldano.
GIUNZIONI TRIPLE (confine placche, sono l'incontro tra plate boundaries).
Per ordine di una placca si intende il numero di giunzioni triple che la determinano.
Quando c'è instabilità delle giunzioni si formano delle microplacche.
Sono regolate dalla regola di chiusura che viene utilizzata per prevedere la cinematica delle gi
unzioni triple.
WAB+WBC+WCA=0
Le tre placche sono collegate in un unico punto J che appartiene a tutte e tre le placche.
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MODELLI ROTAZIONI DELLE PLACCHE
I modelli di rotazione spiegano i
movimenti che hanno avuto i diversi
elementi tettonici nel passato.
Il range temporale è diviso in
intervalli di tempo in cui imovimenti
relativi degli elementi tettonici
diversi possono essere descritti come
rotazioni attorno all'asse di Eulero
fisso con velocità angolare costante.
Due placche che hanno un margine
in comune ed hanno un movimento relativo tramite una rotazione attono ad un asse euleriano
sono dette coniugate.
I movimenti delle placche vengono ricostituiti attraverso uno schema adalbero che mette inrelazio
ne solo le placche coniugate.
Si può dimostrare che su scala globale le grandi placche hanno subito delle trasizioni
mentre a piccola scala non sono sincrone.
I limiti di stadio sono l'età in cui cambia la rotazione.
La matrice di rotazione di ogni stadio si chiama polo di stadio.
Per mettere in relazione lo stadio
attuale con quello passato si usa il polo di ricostruzione totale (matrice di rotazione).
La ricostruzione finita combina diversa rotazione di stadio.
MODELLO DI ROTAZIONE
È una tabella dove si scrive il risultato dell'albero delle rotazioni.
RICOSTRUZIONI TETTONICHE
Bisogna ricostruire la configurazione iniziale precedente allo sviluppo dei margini.
Sono presenti due tipi di visti iniziali: pre-rift post-rift.
MOVIMENTI ATTUALI PLACCHE
Primo modello:
o Slip Vector nelle zone di subduzione
o Azimut Transformer oceaniche
o Tasso di spreading negli ultimi tre milioni di anni
Combinando tutte queste caratteristiche risultano 12 placche.
Nella tabella manca la placca pacifica perché è stata presa come riferimento in quanto
ha l'ordine più grande.
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Nuovo modello:
N N R (NO NET ROTATION) modello del movimento delle placche che si basa su un
sistema di riferimento paleomagnetico.
Con tale modello si analizzano i movimenti delle placche rispetto al centro della terra
ipotizzato fisso, il modello non tiene conto del movimento delle placche rispetto al
Mantello sottostante.
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CAPITOLO III
MAGNETISMO
Premesso che la corrente elettrica è definita come lo spostamento complessivo delle cariche
elettriche dal polo negativo al polo positivo un campo magnetico viene creato da una corrente
elettrica.
Data una superficie s, la corrente elettrica che passa attraverso la superficie è data dalla
quantità di carica che la attraversa in una unità di tempo considerando una superficie
infinitesimale (ds=nds). È un vettore perché può essere orientata secondo n.
𝐵=
𝜇0 𝐼
2𝜋 𝑑
Un campo magnetico è generato da cariche in movimento.
La legge di Biot-Savart spiega quant’è il campo magnetico generato da un filo in cui passa
corrente elettrica.
Campo magnetico generato da un filo: la legge di Biot-Savart
Sappiamo che un filo conduttore percorso da corrente elettrica costante genera un campo
magnetico: lo scoprì, quasi per caso, il fisico danese Hans Christian Ørsted, con un
famoso esperimento.
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La rappresentazione del campo magnetico intuitivamente più efficace è quella che utilizza
le linee di campo: queste linee possono essere visualizzate grazie alle proprietà magnetiche della
limatura di ferro, che si dispone naturalmente secondo il campo magnetico, dato che ogni
minuscola scheggia di ferro funge da ago magnetico. Nella figura sottostante, della limatura di ferro
è stata posto attorno ad un filo elettrico, posto al centro, in cui viene fatta scorrere della corrente.
Come vediamo, le linee di campo sembrano essere delle circonferenze concentriche, che
hanno come centro proprio il cavo elettrico. Intuiamo quindi che la direzione del campo
magneticoB debba essere tangente a queste circonferenze; ma essendoB un vettore, ci occorrono
ancora le informazioni sul suo modulo ed il suo verso per descriverlo correttamente.
Attorno al 1820, i fisici francesi Jean-Baptiste Biot e Félix Savart svolsero numerosi studi e
riuscirono a formulare, dopo ampie verifiche sperimentali, quella che oggi va sotto il nome di legge
di Biot-Savart: serve a determinare il campo magneticoB prodotto in un punto dello spazio da un filo
rettilineo percorso da corrente elettrica. Essa afferma quanto segue.
Si consideri un filo rettilineo, percorso da corrente di intensità II, e ci si ponga in un
punto P nello spazio, posto ad una distanza r dal filo. Allora in P è presente un campo
magnetico B=B(P) dotato di:
 Modulo dato dalla seguente formula:
(la m è una costante detta permeabilità magnetica del vuoto, ed il suo valore in unità del
sistema internazionale è
 Direzione individuata dalla retta tangente alla circonferenza di raggio r passante per P,
giacente nel piano perpendicolare al filo e passante per PP.
 Verso indicato dalla regola della mano destra: se indichiamo con il pollice della mano destra
il verso di percorrenza della corrente all’interno del filo e chiudiamo le altre dita sul palmo, avremo
il verso in cui punta B.
La figura seguente vale più di mille parole:
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Si può riassumere il tutto facendo ricorso all’uso del prodotto vettore. Consideriamo il piano
perpendicolare al filo e che passa per P: questo piano lo chiamiamo α, ed il punto in cui esso
interseca il filo lo battezziamo Q. Indichiamo conr il vettore QP, e con I il vettore di piede Q,
direzione del filo, verso concorde con quello della corrente e modulo pari all’intensità di corrente II.
Con queste definizioni ausiliarie possiamo condensare la legge di Biot-Savart in una sola
formula:
La forza di Lorentz e il campo elettromagnetico: formula e definizione
Sin dalla prima metà del XIX secolo era chiaro che sussistesse una profonda relazione
tra corrente elettrica, ossia un moto ordinato di cariche elettriche all’interno di un conduttore, e
i campi elettrico e magnetico. Ma dal punto di vista della dinamica newtoniana, la legge che
descrive le interazioni del campo elettrico e del campo magnetico su corpi elettricamente carichi fu
spiegata dal fisico olandese Hendrik Lorentz solo verso il 1890.
Questa legge asserisce che, in presenza di un campo magnetico B, un corpo dotato di
una carica q e di una velocità istantanea) \v è soggetto a una forza, detta forza di Lorentz, pari
a
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l simbolo “×” è il simbolo di prodotto vettoriale tra due vettori. Grazie alle proprietà del prodotto
vettore, campo magnetico B, velocità v del corpo carico e forza F sono sempre tra loro
perpendicolari. Nella figura sottostante una particella carica è immersa in un campo magnetico
uniforme e stazionario (cioè, rispettivamente, sempre uguale ad un vettore fissato nello spazio, e
invariante nel tempo), pensato entrante nella pagina.
In assenza di campo elettrico, cioè quando E=0, la traiettoria di una carica elettrica
puntiforme immersa in un campo magnetico uniforme e stazionario è determinabile in base
alla seconda legge della dinamica F=m a: sostituendo in questa espressione la forza di Lorentz,
otteniamo l’equazione
Tramite calcoli che eludono dalla presente trattazione, è possibile
determinare che il moto descritto da una particella soggetta ad una forza di Lorentz puramente
magnetica, prodotta da un campo uniforme e stazionario, è un moto circolare uniforme, dotato
di accelerazione centripeta pari a q v B: dall’espressione dell’accelerazione centripeta otteniamo
Un utilizzo pratico della forza di Lorentz si può vedere con lo spettrometro di massa. Lo
spettrometro di massa è un dispositivo che viene utilizzato per misurare il rapporto carica / massa
di particelle portatrici di carica.
Inizialmente, le particelle sono accelerate tramite un metodo qualsiasi (per esempio,
l’applicazione di un campo elettrico E sino a raggiungere una velocità nota v. Eliminando la forza
che imprime tale accelerazione, le particelle cariche si muovono di moto rettilineo uniforme.
Successivamente, esse vengono convogliate in una regione in cui è presente un campo magnetico
B, quanto più possibile uniforme e stazionario, che è possibile regolare e di cui quindi è nota
l’intensità B. A causa della forza di Lorentz, una volta entrate in questa regione le particelle
inizieranno a descrivere delle circonferenze. Su una barriera perpendicolare al tratto rettilineo è
situato un dispositivo in grado di rilevare il passaggio di particelle cariche (come uno schermo
fotografico). In base alla posizione in cui la particella ha incontrato il dispositivo, è possibile risalire
al raggio della traiettoria descritta e, quindi, al rapporto carica / massa della particella in questione:
difatti, dall’equazione precedente si può desumere che il raggio della circonferenza descritta è
proporzionale al rapporto
24
Ma che cosa succede se, oltre ad un campo magnetico B, è presente anche un campo elettrico E?
In generale infatti si parla di campo elettro-magnetico. Sappiamo, dalla definizione di campo
elettrico, che un corpo carico in un campo elettrico è soggetto alla forza qE, e quindi è più corretto
indicare la forza di Lorentz (alcuni la chiamano “forza di Lorentz generalizzata”) come
La descrizione di una traiettoria di un corpo soggetto ad una forza di questo tipo è assai
complicato: in generale, campo elettrico e campo magnetico variano nel tempo e nello spazio. Un
caso considerevolmente più semplice è quello in cui il campo elettrico E e il campo
magnetico B sono a loro volta mutualmente perpendicolari (situazione che si produce
naturalmente in presenza di cariche elettriche oscillanti, generatrici di onde elettromagnetiche), ed
entrambi stazionari ed uniformi.
In questo caso possiamo illustrare il moto scomponendolo in due moti indipendenti: uno
nella direzione individuata dal campo elettrico E, e uno nel piano perpendicolare a tale direzione.
Lungo la prima direzione, abbiamo un moto uniformemente accelerato di accelerazione a=mq E.
Nel piano, invece, per quanto appena detto riguardo alla forza di Lorentz, abbiamo un moto
circolare uniforme di velocità angolare ω=rv che, sostituendo l’espressione del raggio trovata
precedentemente, diventa pari a ω=mqB. La composizione di un moto uniformemente accelerato
lungo una direzione e un moto circolare uniforme, il quale avviene sul piano normale alla direzione
individuata dal moto uniformemente accelerato, è un moto a spirale:
25
La forza di Lorentz (in giallo nell’illustrazione) può essere usata per spiegare numerosi fenomeni
elettromagnetici: in realtà, è sufficiente a spiegare completamente l’elettrodinamica classica.
Indagare il moto di singole cariche è una cosa; la situazione più comune però, è quella in cui
abbiamo un insieme di cariche che si muove entro una regione confinata: sappiamo infatti che
la corrente elettrica altro non è che un moto ordinato di cariche, all’interno di un materiale
conduttore. Se un campo magnetico agisce, mediante la forza di Lorentz, su una singola carica
elettrica, è ben comprensibile che avrà degli effetti su un flusso di carica elettrica nel suo
complesso. In effetti, si registra che un filo conduttore, immerso in un campo magnetico, si muove:
responsabile di questo spostamento è proprio la forza di Lorentz.
Supponiamo allora di avere un tratto di filo conduttore, di lunghezza l, inserito in un campo
magnetico B stazionario ed uniforme, e percorso da una corrente di intensità i. Se indichiamo con
l il vettore individuato dalla direzione del filo e avente il verso della corrente ii, il campo magnetico
allora esercita una forza pari a
Per semplicità, deduciamo tale espressione solo nel caso in cui filo e campo
magnetico siano mutualmente ortogonali.
Supponiamo che il filo abbia una sezione di area S, i portatori di carica abbiamo una carica q,
ve ne siano in numero n per unità di volume, e che si spostino con una velocità media v. Allora
l’intensità di corrente elettrica è pari a
Su ciascun elettrone conduttore agisce una forza di Lorentz
26
che è diretta perpendicolarmente a campo magnetico e filo, come mostrato
nell’illustrazione, e in modulo vale f=q v B. Per ottenere la forza totale, occorre sommare i contributi
dei singoli elettroni: sul tratto lungo l questi sono in numero di n S l, e dunque la forza di Lorentz
sarà di intensità pari a
Seguendo un ragionamento affine, si può dare una spiegazione all’esperimento di
Ampére sull’attrazione o repulsione reciproca di fili conduttori percorsi da corrente: ognuno dei due
fili, percorso da corrente, produce un campo magnetico, secondo la legge di Biot-Savart, che attrae
(o respinge, conformemente al verso della corrente) l’altro filo.
La legge di Lorenz mi da la forza che viene esercitata dal campo magnetico su una particella
carica che si muove.
L'equazione del moto di una particella che si muove in un campo magnetico e:
Supponendo il moto di una particella carica che viaggia in direzione del campo magnetico diretto
come l'asse Z:
27
Una particella carica nel campo magnetico si muove in maniera spirale poiché la componente
orizzontale è circolare mentre quella verticale è costante (poiché nell'equazione della traiettoria sono
presenti seno e coseno).
MOMENTO MAGNETICO
Consideriamo una spira rettangolare incentrata di Teta rispetto al piano xy. Ogni tratto
infinitesimale è soggetto alla forza di Lorentz. Le forze nei lati incernierati F1 e F2 Si compensano
perché hanno stesso modulo e verso opposto. F3 F4 hanno lo stesso modulo ma sono in dislivello
a causa di Teta. Queste due forze genero una coppia di forze che tendono ad allineare le spira con
il piano xy, quindi si ha una torsione a momento torcente. N = F x r.
Consideriamo un altro esempio: Un elettrone che si muove lungo un'orbita circolare di raggio r
con velocità v (equivalente a spira circolare). Se T è il periodo orbitale si ha:
28
Visto che sia corrente sia anche un momento magnetico m = I x S ma visto che la carica e
negativa (elettrone) il momento magnetico avrà assegno negativo (verso il basso). Per descrivere il
movimento circolare della corrente serve il vettore L (momento angolare).
Ora assumiamo che la corrente si muova in un campo magnetico B inclinato di Teta rispetto a
Z: Si combinano le formule precedenti:
29
Il dL si dice come cambierà l'orbita dell'elettrone. Se cambia il campo magnetico B anche dL
cambia e di conseguenza L e m. Il momento magnetico m precede dattorno la direzione del campo
magnetico B. La velocità di precessione vale:
La velocità di precessione è direttamente proporzionale al campo magnetico.
Questa quantità
è alla base del magnetometro.
Nel magnetometro si allineano tutti gli spin degli elettroni verso un campo elettrico arbitrario.
Poi si toglie il campo e gli elettroni iniziano a precedere perché sono spostati del campo magnetico
terrestre. Questo movimento genera una piccola corrente elettrica.
DIPOLO
30
Immaginiamo di avere una Spira molto piccola in cui passa corrente. Questa corrente genera
un campo magnetico (campo magnetico dipolare). Questo campo è simmetrico e descrive in modo
eccellente il campo paleomagnetico è molto bene quello geomagnetico attuale terrestre. Per due
motivi:
1 perché il campo magnetico terrestre attuale non è allineato al piano equatoriale come quello
di polare
2 il momento magnetico m attuale terrestre è diretto verso il basso mentre linea di forza attuali
hanno verso opposto.
Un dipolo è un circuito di corrente che genera un campo dipolare ossia simmetrico rispetto
all'asse del momento magnetico(m).
A grande distanza il campo magnetico generato è:
Il campo generato da un dipolo dipende dall'inverso del cubo della distanza. La forza del dipolo
dipende invece dal momento magnetico. Se si vuole calcolare le componenti di B in un punto si
può fare perché i campi paleomagnetici dividono la formula in due componenti.
31
Dovete Teta è l'angolo tra m er nel caso del campo magnetico teta è la colatitudine.
MAGNETIZZAZIONE
I campi magnetici sono creati da:
1 Grandi correnti macroscopiche (una ionosfera)
2 Grandi correnti microscopiche
Ogni sostanza posta in un campo magnetico acquisisce una magnetizzazione che è la
manifestazione dei dipoli magnetici a scala atomica. I dipoli derivano dalle correnti microscopiche
generate da:
1 Orbitali atomici
2 Spin (movimento magnetico intrinseco alle particelle)
Se sommiamo tutti i momenti magnetici che si trovano in un corpo si ottiene la magnetizzazione
totale:
È la somma vettoriale dei momenti magnetici diviso in unità di volume di un corpo uguale circa
al momento magnetico netto per unità di volume.
Si hanno due diversi tipi di magnetizzazione:
1 Magnetizzazione indotta (magnetizzazione acquisita da un corpo in presenza di un campo
magnetico esterno B ext). La relazione tra M e B ext è diversa per le tre classi di magnetismo:
- diamagnetismo
- paramagnetismo
32
- ferromagnetismo
2 Magnetizzazione rimanente
DIAMAGNETISMO
Quando il momento magnetico netto degli atomi è pari a zero in assenza di un campo esterno.
Mentre quando si applica un campo si generano delle piccole correnti opposte al campo esterno. Il
momento magnetico netto è zero perché in condizioni normali i movimenti orbitali sono casuali e
si annullano (magnetizzazione indotta e reversibile).
PARAMAGNETISMO
Altre sostanze hanno atomi con momento magnetico permanente in assenza di campo esterno
(spin). Se mettiamo queste sostanze in un campo magnetico, i momenti magnetici permanenti (spin)
hanno la tendenza ad allinearsi lungo la direzione del campo esterno, non riuscendoci a causa
dell’agitazione termica, per cui la risposta è affiancata da una forma aggiuntiva di magnetismo che
rinforza il campo applicato, ed ha un modulo maggiore. (Se invece riescono ad allinearsi
perfettamente Allora si ha la magnetizzazione di saturazione). Questa risposta detta
paramagnetismo è piuttosto debole in quanto le forze allineanti sono piccole rispetto alle forze
associate all'agitazione termica che tendono a distruggere l'allineamento. Questo tipo di
magnetismo dipende dalla temperatura. La magnetizzazione indotta è reversibile e per piccoli valori
del campo esterno B la M è proporzionale ai valori del campo esterno B.
FERROMAGNETISMO
La magnetizzazione indotta dei corpi esterni ha un modulo molto grande e contribuisce al campo
magnetico totale. Questo comportamento ha grande importanza nelle scienze della terra e ti può
osservare in alcuni solidi cristallini. Nei minerali ferromagnetici ho:
1 Magnetizzazione rimanente (viene acquisita soltanto al momento della formazione delle rocce)
2 magnetizzazione indotta
Tutti i minerali presentano un comportamento diamagnetico quindi in presenza di un campo
esterno generano un momento angolare aggiuntivo che dà luogo a una magnetizzazione. La
magnetizzazione totale si ha sommando tutti i momenti magnetici di un corpo:
Se conosco H come il corpo esterno più le correnti macroscopiche corrispondenti posso scrivere
la magnetizzazione indotta come:
33
PROPRIETA MAGNETICHE DELLE ROCCE
Le proprietà ferromagnetiche di alcuni solidi cristallini Sono alla base della rivoluzione della
tettonica delle placche degli anni '60. Nei minerali ferromagnetici i momenti magnetici permanenti
di atomi vicini non sono indipendenti a causa dell'interruzione elettrostatica, che determinano il
loro allineamento e una magnetizzazione che può essere molto maggiore della risposta
geomagnetica indotta dal campo esterno. Magnetizzazione è la conseguenza della tendenza degli
elettroni spaiati di atomi vicini di non condividere i loro orbitali. In questo caso acquisiscono spin
opposti ed allineano i loro momenti magnetici intrinseci. Quindi questa interazione esiste anche in
assenza del corpo esterno e questo determina un allineamento spontaneo degli Spin, determinato
da un fenomeno elettrostatico combinato con il principio di esclusione di Pauli, attraverso distinte
regioni del cristallo, chiamate Domini magnetici.
In condizioni normali una sostanza ferromagnetica non mostra magnetizzazione in quanto ogni
granulo cristallino una direzione degli spin diversa dagli altri granuli (mostra una direzione
preferenziale di magnetizzazione).
In presenza di campo esterno i domini vengono riorganizzati e cercano di allenarsi con il campo
esterno. Si ottiene così una magnetizzazione netta. A piccola intensità di H il percorso è reversibile,
34
mentre a grandi quantità i domini si distruggono e distruggendosi conservano energia e si creano
anche delle correnti che consumano ulteriore energia facendo diventare il processo irreversibile
(difetti cristallini).
Ad elevati valori di H la maggior parte del lavoro e far ruotare un po' gli spin per ottenere un
migliore allineamento con l'asse del corpo esterno. In queste condizioni ci sono piccoli aumenti
della magnetizzazione. Nei minerali ferromagnetici irreversibilità del processo determina le la
comparsa di un loop di isteresi nella curva di magnetizzazione.
Il loop di isteresi implica implica che una parte della magnetizzazione persiste quando rimuovo
H0.
Per togliere la magnetizzazione rimanente (l’allineamento rimasto) bisogna applicare un campo
chiamato campo coercittivo (HC).Ogni solido ferromagnetico che ha subito magnetizzazione ha una
magnetizzazione totale:
La suscettività è positiva e dipende dalla T.
35
Un campione di magnetite viene scaldato da 0°C a 650°C.
Si osserva che la suscettività aumenta fino a vedere che si comporta asintoticamente perché ha
raggiunto la magnetizzazione di saturazione.
Si verifica un loop di isterasi a causa dell’irreversibilità della magnetizzazione.
La T alla quale si verifica un brusco calo della suscettività è circa 585°C che è la T di Curie (Tc),
poiché l’energia termica supera l’energia degli spin determinando una disposizione causale dei
momenti magnetici, che dipende dal materiale.
Per temperature minori di temperature di Curie ogni minerale Ferro magnetico diventa
paramagnetico, quindi le sue caratteristiche magnetiche. Ad alte temperature l'energia termica
supera l'energia di allineamento dagli spin, determinando un completo riallineamento dei momenti
magnetici. Il valore della magnetizzazione di saturazione (MS) è una funzione decrescente della
temperatura.
RAPPORTO DI KOENIGSBERGR
Misura l'importanza relativa tra magnetizzazione rimanente e indotta.
36
Le rocce mafiche (ricca di ferro e magnesio) hanno una magnetizzazione spontanea maggiore. I
basalti sono più magnetici delle rioliti, il gabbri chiude graniti. Per le rocce della stessa
composizione le rocce effusive hanno una maggiore magnetizzazione rimanente e una minore x
rispetto alle intrusive. Le rocce sedimentarie e metamorfiche hanno bassi valori di magnetizzazione
rimanente e x.La grandezza dei grani di un minerale è importante in quanto influenza il numero
dei domini magnetici. Un grano con singolo dominio mantiene un'efficace magnetizzazione
rimanente nel tempo mentre uno con più domini no. In geologia ci sono dei minerali magnetici
fondamentali come gli ossidi di ferro-titanio (diagramma ternario):
1 TITANO MAGNETI: Hanno la struttura dello Spinello. Il ferro sostituisce il titanio. Il progressivo
contenuto di titanio abbassa la temperatura di Curie e la magnetizzazione di saturazione, rendendo
Perciò il minerale meno ferromagnetico.
2 TITANO EMATITI: Sono una porzione minore dei minerali ferromagnetici, vendita e dominante
nelle rocce sedimentarie rosse ma magnetismo è alto. Se si trova nelle rocce vulcaniche il
magnetismo è alto e durevole nel tempo in quanto ci sono piccoli grani che sono pertanto a singolo
dominio (fainegrained).
Cristallizzano entrambi a circa 1300°C. La struttura dei Domini magnetici dipende molto dal
tasso di raffreddamento. L'editto magnetici si formano nelle rocce vulcaniche che sono a grani fini,
quindi sono degli ottimi registratori magnetici. In genere le rocce effusive sono preferite alle
intrusive negli strati paleomagnetici.
TIPI DI FERROMAGNETISMO
1 Atiferromagnetismo: i reticoli cristallini Si possono dividere in sottoreticoli A e B. Quando la
direzione degli Spin in A è parallela ma di verso opposto a B si ha un allineamento, se invece, i
momenti magnetici degli spin sono uguali a 0 si sa che la risultante della magnetizzazione e zero
(nichel).
2 Atiferromagnetismo canted: In alcuni minerali e imperfetto (ematite). Quando i momenti
magnetici di A e B non sono perfettamente antiparalleli si ha una magnetizzazione netta diversa da
zero.
37
3 Ferrimagnetismo: I sottoreticoli A e B hanno atomi magnetici diversi e a volte anche diverso
numero di atomi. Quindi dalla somma dei vettori risulta una magnetizzazione netta più forte del
precedente.
TIPI DI MAGNETIZZAZIONE RIMANENTE
Situazione rimanente si divide in:
1 primaria: Acquisita durante la formazione della roccia.
2 secondaria (cap 6):
La magnetizzazione primaria(NRM) si divide in tre tipi:
1 Termorimanente (TRM): Acquisita durante il raffreddamento a temperatura minore della
temperatura di Curie. Tipica delle rocce ignee.
2 Chimica (CRM): Dalla crescita dei grani ferromagnetici sotto la temperatura di Curie. Mica
delle rocce sedimentarie.
3 Detritica (DRM): Dai processi di accumulo e litificazione dei sedimenti minerali ferromagnetici
CAPITOLO IV
IL CAMPO GEOMAGNETICO
I primi studi riguardanti il campo magnetico vennero fatti da Gauss (1800) con l'introduzione
del metodo di rappresentazione delle armoniche sferiche tutt'ora ancora in uso.
Il campo magnetico si genera attraverso la geodinamo (nucleo esterno liquido) ed è il prodotto
principale del nucleo esterno. Il campo magnetico che ha origine nelle rocce crostali è di ordine più
basso del campo principale, mentre il mantello non è magnetico.
Una Dinamo trasforma energia meccanica in energia elettrica, la corrente elettrica si produce
da:
1.
2.
un campo elettrostatico
un campo magnetico variabile.
Faraday scoprì che avvicinando ad una spira un campo magnetico variabile, si induce una
corrente elettrica nella spira.
38
Su di un disco rotante intorno al proprio asse immerso in un campo magnetico entrante nel
disco si genera una differenza di potenziale in quanto, per la forza di Lorentz, gli elettroni nel disco
si muovono verso l'esterno. Tale campo magnetico è variabile in quanto il disco ruota.
Modello che spiega il campo magnetico terrestre
Considero un solenoide con all'interno il disco di Faraday che metto in contatto alla periferia
con il solenoide mentre al centro metto in contatto il disco e l'asse di rotazione.
A questo punto applico un campo iniziale facendo passare corrente nel solenoide generando così
un campo magnetico. Muovendo il disco si genera corrente indotta sullo stesso disco che migra
verso la periferia ed essendoci un contatto col solenoide la corrente migra in esso.
Così oltre alla corrente iniziale del campo, avrò una corrente indotta dal campo iniziale che a
sua volta genera un ulteriore altro campo magnetico.
Si crea così una dinamo auto eccitante poiché nonostante lo stacco della corrente il meccanismo
continua a funzionare e spiega il campo magnetico terrestre dove:
- la componente meccanica è la rotazione terrestre che equivale alla rotazione del disco rotante
- per attivarsi il campo magnetico terrestre ha avuto bisogno di un semino-seed (piccolo campo
magnetico che crea corrente indotta nel fluido che si muove nel nucleo terrestre per la legge di
Ampère) che a sua volta ha generato un campo magnetico che genera corrente più forte. Questo
meccanismo di feedback continua finché il sistema non si stabilizza.
39
VARIAZIONI SECOLARI
Inclinazione magnetica: angolo dalla direzione del campo geomagnetico (B) e il piano orizzontale
in ogni punto della superficie terrestre.
Declinazione magnetica: angolo tra il nord e la componente orizzontale del campo.
Il campo generato dal nucleo esterno è la componente più importante del campo geomagnetico.
Questo campo è assimilabile per il 90% ad un campo generato da un dipolo localizzato al centro
della Terra con un'inclinazione dell'asse di 11° rispetto all'asse di rotazione terrestre. L'asse di
questo dipolo intercetta la superficie terrestre nei poli geomagnetici. I punti sulla superficie
terrestre dov'è il campo è effettivamente verticale sono chiamati poli magnetici (90% del campo) che
si trovano a centinaia di chilometri da quelli geomagnetici. Nel polo geomagnetico si ha inclinazione
ipotetica uguale a 0 ma in realtà non è 0 in quanto si ha una componente non dipolare che
rappresenta il 10% del campo totale perciò si avrà un'inclinazione pari a 0 nei poli magnetici che
non sono molto distanti dai poli geomagnetici.
L'intensità del campo geomagnetico varia considerevolmente sulla superficie terrestre e con il
tempo le componenti dei vettori di F sono suborizzontali all'equatore e subverticali ai poli.
Si è poi osservato che il campo magnetico a scala di mesi e anni ha delle variazioni dette
variazioni secolari di circa 80 nT/anno.
Alle variazioni secolari sono legati tre fenomeni:
1.
l'asse del campo dipolare procede in modo regolare attorno all'asse di spin terrestre
2.
variazioni nella magnitudo del momento magnetico
3.
la componente non dipende dal campo sembra migrare verso ovest ad un tasso di 0.4°
per anno (migrazione delle linee di campo verso Ovest).
Per ovviare ai problemi relativi alla variazione secolare, visto che la componente dipolare è circa
del 90% si è pensato di assumere il campo geomagnetico mediato nel tempo come un campo
dipolare assiale (ipotesi GAD, dipolo assiale geocentrico)
Supponendo di misurare la declinazione del campo su un campione di … lana, esso cambia a
seconda della rotazione del polo geomagnetico. Quindi per ottenere una declinazione media occorre
sommare tutti i momenti magnetici nell’arco di tempo che si vuole indagare; il risultato è un vettore
assiale.
La media ponderata di tutte le declinazioni mi dàA un anomalia di declinazione AD che secondo
l’ipotesi GAD è approssimabile a 0
(Anomalia dell'inclinazione approssimabile a zero e
quindi porta all'annullamento della variazione secolare).
Infatti se assumessimo un momento magnetico allineato con l’asse di rotazione terrestre, la
declinazione del vettore momento magnetico sarà 0 (l’ipotesi GAD annulla la variazione secolare)
40
Il
campo
geomagnetico
mediato
nel
tempo
avrà
come
componenti:
L'equazione del dipolo consente di trasformare l'inclinazione in colatitudine e viceversa.
Permette anche di convertire l'inclinazione osservata in una roccia antica in paleolatitudine.
È importante perché dimostra dove si trovava quella roccia in passato, prova della tettonica delle
placche. Se l'ipotesi Gad è vera allora anche l'anomalia delle inclinazioni deve essere uguale a zero.
L'anomalia di inclinazione la si ottiene prendendo una piccola fascia attorno a una colatitudine
e vedo quanto vale l'anomalia.
CAMPO MAGNETICO TERRESTRE
1.
2.
3.
CORE FIELD 25000-60000 nT
CRISTAL FIELD <2000nT
EXTERNAL FIELD (ionosfera/magnetosfera)
INVERSIONI DI POLARITA
Un altro fenomeno che influenza il campo geomagnetico è l'inversione di polarità, che è a scala
più grande delle variazioni secolari. Si assiste a questo fenomeno con periodicità tra i 10 4 e 108
anni. Tale inversione determina in ogni punto della terra un cambio di 180° nella declinazione.
L'inversione consiste nel cambio di verso del vettore momento magnetico rispetto al verso di
quello attuale (sud).
La scoperta dell'esistenza di queste inversioni fece costruire già dagli anni 60 le prime scale di
polarità geomagnetica. In queste scale il periodo con polarità magnetica costante è chiamato
CHRON (intervallo di tempo in cui la polarità è sempre la stessa diviso in:
1.
CHRON normali (polarità attuale orientata verso sud) (nero)
41
2.
CHRON inversi (polarità opposta a quella attuale) (bianco)
1 Inversioni di polarità del campo magnetico terrestre durante gli ultimi 5 milioni di anni. Le bande
scure rappresentano la polarità normale, cioè corrispondente a quella attuale; le zone più chiare
invece indicano la polarità opposta.
La prima Scala aveva un range temporale ristretto perché datata con il Potassio-Argon,
nonostante ciò uscì fuori un pattern caratteristico da cui si distinsero quattro epoche (eventi):
1.
2.
3.
4.
BRUNHES
MATSUYAMA
GAUSS
GILBERT
42
Per estendere la scala di polarità magnetica indietro nel tempo si deve ricorrere a un'altra tecnica
in quanto quella proposta da Heirtzler nel 1968 aveva troppe incertezze basata sulle anomalie
magnetiche dei fondali oceanici.
Nuova crosta oceanica si forma dalla dorsale, dal raffreddamento del MORB, essa acquisisce
una magnetizzazione primaria termorimanente (TRM) con la stessa direzione del campo nello stesso
istante. Quando il campo si inverte, l’evento si registra nella crosta oceanica, che acquista una
polarità invertita rispetto al CHRON precedente, questo implica che il pattern di magnetizzazione
degli oceani è formato da lunghe strisce parallele con polarità alternata, che si allontanano dalle
dorsali.
Questa struttura fu descritta per la prima volta da Vine e Matthews (1963). Heirtzler osservò le
sequenze di polarità in diversi oceani fatte con la tecnica delle ship-track. Per ogni profilo magnetico
costruirono un modello di magnetizzazione totale le cui anomalie magnetiche previste dovessero
coincidere con i profili osservati. Per far coincidere i profili teorici e osservati cambiarono più volte
lo spessore dei chron. Questa procedura portò alla formazione di una scala di distanza dei blocchi
(chron) la dorsale (x, x2, x3, xn...).
Queste alternanze sono indicate come anomalie e sono misurate progressivamente recando una
specifica nomenclatura.
Assumendo la velocità di spreading costante (v) si convertirono le anomalie (xi) in ere (Ti).
Nessuno ci assicura che il tasso di spreading sia sempre costante nel tempo per ogni profilo
geomagnetico.
Perciò Heirtzler fece una calibrazione tra due punti di due eventi con la stessa età conosciuta.
Confrontandoli in grafico a 2x veniva una retta con una certa inclinazione e si nota come la velocità
di spreading sia diversa nelle due dorsali.
Si nota da questo grafico che i tassi di spreading del Sud Pacifico sono troppo variabili mentre
quelli del sud Atlantico sono più costanti, per questo motivo prese come profilo standard il tasso
di Spreading del Sud Atlantico.
La scala geomagnetica che venne fuori arriva a 80 mila anni (cretaceo superiore).
43
Furono stabiliti dei punti di calibrazione biostratigrafici tramite l'investigazione
magnetostratigrafica delle sequenze sedimentarie marine. Il più importante di questi studi è stato
fatto sulla successione Umbro marchigiana che ha esteso la scala al mesozoico (fino al Giurassico).
Quindi si ottiene una scala finale divisa in due parti:
1.
serie C: Comprende i chrons del tardo Cretaceo e del cenozoico, da c3,4 a c1 dai 120
milioni di anni ad oggi. Comprende un lungo chron a polarità normale (c3,4) chiamato superchron
cretaceo (da 120 a 80 milioni). Durante questo intervallo di tempo la polarità rimane costante.
2.
serie M: Comprende i CHRONS dal Giurassico medio al Cretaceo iniziale, da 200 a 120
milioni. È basata sulla sequenza hawaiana e umbro-marchigiana. Si osserva una lunga sequenza
di brevi chron prima dei 25 milioni di anni. Queste zone sono caratterizzate da segnale magnetico
basso che rende difficili le analisi.
Per ogni CHRON a polarità normale
polarità inversa.
c'è un CHRON corrispondente, più antico, a
(n = normale; r = invertito).
IONOSFERA E MAGNETOSFERA (EXTERNAL FIELD)
La magnetosfera è la regione di spazio circostante un corpo celeste entro la quale il campo
magnetico, da esso generato, domina il moto delle eventuali particelle (plasma) cariche presenti di
origine solare terrestre. Il campo magnetico terrestre fa da scudo alla superficie della Terra dalle
particelle cariche del vento solare.
Quando il vento solare impatta sulla magnetosfera le linee di campo vengono deviate. Per questo
a grande scala il campo geomagnetico non è dipolare mentre piccola scala lo è. Se alcune particelle
di vento solare entrano nella magnetosfera si hanno le aurore boreali.
A livello interplanetario c'è un altro campo magnetico chiamato campo magnetico interplanetario
(IMF) che ha linee di flusso subparallele. Anche anch’esse vengono deviate quando incontrano la
magnetosfera. Il bow shock (onda d'urto) è la superficie dove il vento solare cade bruscamente a
contatto con la magnetopausa (magnetoguaina). Quello che influisce sulle misurazioni del campo
44
magnetico sono le tempeste solari (impulsi ad alta velocità di vento solare). Le quali impattano sulla
magnetosfera causandone la diminuzione del campo magnetico. Queste tempeste sono causate da:
1.
2.
espulsione di masse coronali (CME) (coronal mass ejection).
solar flare(lampi solari)
Dipendono dal ciclo solare di 11 anni. È stato stimato un indice k (indice di disturbo) basato
sulla media fatta dall'osservazione di 13 stazioni. Un altro più piccolo contributo al campo esterno
terrestre è fatto dalla ionosfera (regione con atomi ionizzati, ma con carica totale uguale a zero). Gli
atomi sono ionizzati grazie al vento solare. Si formano le correnti che generano campi magnetici
inferiori a 40 nT.
CAMPO MAGNETICO CROSTALE (CRUSTAL FIELD)
Il campo magnetico crostale è generato dai minerali che si trovano al di sotto dell’isoterma della
temperatura di Curie. L'isoterma sotto i continenti coincide con la MOHO che si trova a circa a 20
km sotto la crosta continentale e a circa 2 km sotto la crosta oceanica (strato 2A). Dai componenti
di roccia continentale la componente rimanente è separata da quella indotta tramite semplici
procedure di laboratorio. Nel caso della crosta oceanica è più difficile a volte impossibile separare i
campioni in quanto la componente indotta è molto minore di quella rimanente (nel MORB).
Nel campo crostale si può considerare con buona approssimazione come il prodotto di una TMR
sia corrispondente al tempo della Scala storica.
Per estrapolare il campo crostale bisogna isolare il contributo crostale dal campo totale (totale =
crostale + esterno + nucleare). Viene utilizzata la tecnica delle armoniche sferiche che rimuove il
contributo del campo nucleare.
CAMPO NUCLEARE
Viene calcolato con un modello international geomagnetic reference field (IGRF). Calcolato dalla
IAGA (International Association of Geomagnetism and Aeronomy) aggiornato ogni 5 anni.
CAPITOLO V
ANOMALIE MAGNETICHE MARINE
Le anomalie magnetiche marine sono una componente importante nella cinematica delle
placche perché riflettono le evoluzioni della crosta oceanica nel tempo geologico.
Anomalie magnetiche sui fondali oceanici
La produzione di carte delle anomalie magnetiche dei fondali oceanici fu possibile grazie allo
sviluppo di magnetometri di nuova generazione, che consentivano registrazioni in continuo del campo
magnetico.
I risultati mostrarono l’esistenza in tutti gli oceani di bande allungate di anomalie magnetiche
interrotte e dislocate da grandi linee di frattura trasversali. La loro interpretazione fu estremamente
complessa.
45
(Magnetic ‘stripes’along the Reykjanes Ridge. From Vine 1966)
Vine e Matthews (1963) proposero la loro teoria sulla formazione delle anomalie magnetiche
utilizzando due nuove ipotesi:
-La teoria di Hess (1962) sull’espansione dei fondi oceanici.
-Gli studi di Cox (1963) sulle inversioni del campo magnetico.
Le stesse conclusioni vennero raggiunte, contemporaneamente, da Morley, che però si vide rifiutare
la loro pubblicazione prima da Nature e poi da JGR.
Vinee Matthews(1963) interpretano le bande di anomalie magnetiche utilizzando il concetto di
inversione del campo magnetico.
Il modello di Vine e Matthews non fu accettato subito per diversi motivi:
-Le anomalie non erano così simmetriche come avrebbero dovuto.
-Sembrava strano che, nel tempo, le eruzioni avvenissero sempre dalle stesse fratture.
46
-La scala delle inversioni magnetiche non era ancora sufficientemente precisa.
Il modello complessivo è quello illustrato nella figura (Vine, 1966). Le anomalie sono simmetriche
e sono relative al modello di magnetizzazione della crosta dedotto dalla scala geomagnetica..
Vine (1966) dimostra che i profili magnetici ottenuti nelle diverse dorsali sono correlabili tra loro.
Le
anomalie
magnetiche
sono
chiaramente
simmetriche
rispetto
alle
dorsali.
Heirtzler et al. (1968) estendono la scala delle polarità magnetiche fino a 80 Ma, utilizzando le
anomalie dei fondali oceanici ed assumendo un tasso di espansione costante negli oceani.
47
Heirtzler et al. (1968) producono la prima carta delle isocrone dei fondali oceanici.
Lo studio e l’interpretazione delle anomalie magnetiche sui fondali oceanici rappresentò il punto
di partenza per l’accettazione da parte della comunità scientifica internazionale della teoria
dell’espansione dei fondali oceanici.
Allo stesso tempo la definizione delle anomalie, insieme all’assunzione di un tasso di espansione
costante, consentì l’estensione della scala delle polarità magnetiche molto indietro nel tempo (80 Ma).
Nel giro di pochissimi anni fu possibile conoscere l’età di formazione della crosta oceanica quasi
ovunque. Per ottenere lo stesso risultato sui continenti erano stati necessari diversi secoli.
Vine e Matthews scoprirono come la magnetizzazione nell'oceano era formata da fasce con
alternanza di polarità. In effetti è possibile tracciare una linea che attraversa tutte le inversioni di
48
polarità con la linea delle zone di frattura per trovare le isocrone magnetiche (servono per
ricostruire i poli di rotazione euleriani).
Abbiamo visto che il campo geomagnetico osservato in un punto r della superficie terrestre è
uguale a
esterno e
dove F è il campo nucleare, S campo
campo crostale anomalo.
Mentre
dipendono dal
tempo,
Non dipende dal tempo perché cambia in milioni di anni. Si
chiamano Maria magnetica la differenza tra il modulo del campo totale è quello del Campo
nucleare.
FOREWARD MODELLING PROCEDURES (procedure di modellazione crosta)
In questo modello si assume un pattern (modello) di magnetizzazione della crosta oceanica
iniziale che è stato costruito partendo dalla scala della polarità geomagnetiche e assumendo la
velocità di spreading (diffusione) come funzione del tempo.
Quindi un computer genera un modello di anomalie magnetiche
che si compara con
dati osservati
, successivamente si cambia il pattern di magnetizzazione in modo da farlo
combaciare con i dati osservati.
Procedura:
1.
raccolta dati tramite ship track
2.
proiezione dei dati lungo una linea di proiezione con strike noto
3.
si riassumono le fasce di anomalie magnetiche come prismi adiacenti (si
modernizzano i dati raccolti come prismi, si modernizza il fondo oceanico come una sequenza di
prismi con polarità inverse e normali. Questi prismi si approssimano come infinitesimamente
lunghi).
49
4.
si assume una certa posizione apparente del Polo nord, se si prendesse una roccia
formata in passato essa sarebbe la testimonianza di un polo nord diverso da quello attuale
considerando il campo GAD attuale.
5.
Per trovare la posizione del polo apparente si ricorre al paleomagnetismo,
si inseriscono i dati in un software che prevede il modello delle anomalie data una certa
velocità; quindi definisco lo “strike”, il “paleopolo”, la “velocità di spreading” ed ottengo così un
profilo della carta delle anomalie magnetiche.
Questo profilo cambia a seconda della latitudine con anomalia magnetica all'equatore pari a 0
mentre l’ anomalia è massima al Polo Nord; a seconda direzione; a seconda del orientazione
rispetto al Polo magnetico.
Il profilo cambia anche con lo strike/direzione del profilo quindi a seconda dell’orientazione
rispetto al polo magnetico.
Altre complicazioni sono i ridge jump.
Il profilo delle fasce bianche e nere viene alterato con il diagramma “età – distanza” che ci dà
una discontinuità che può indurre errori nell'interpretazione.
Quello che si osserva nella realtà, cioè se facciamo un diagramma reale tra età e distanza e
mettiamo dei puntini (chron) che corrispondono alle osservazioni e facciamo il modello tramite la
procedura del software (modello ideale) con le osservazioni reali troviamo la velocità di spreading.
A questo punto il modello di magnetizzazione è perfetto.
In questo grafico si nota come cambia la velocità per ogni anomalia (es: nella anomalia tra 6 e
7 c'è un cambio di velocità dove metto un puntino chiamato “crossing”). Facendo questo per tutte
le anomalie e mettendo in un grafico si osserva che per molti milioni di anni il tasso di spreading
è costante.
COSTRUZIONE MAPPE ISOCRONE
1.
2.
3.
La dorsale viene divisa in segmenti
a fianco dei segmenti vengono riportati i crossing per una certa anomalia
i crossing trovati ci danno un'allineamento
50
4.
digitalizzando le zone di frattura e fornendo i crossing coniugati da tutte e due le parti
della dorsale facendo ruotare icrossing verso la parte opposta coniugata per rimuovere la parte di
cresta più grande di quella di anomalia (2a) viene ricostruito il punto esatto dove si trovava il
punto 2a.
In questo modo si trova l'isocrona.
La prima carta digitalizzata è quella di Royer dove non ho isocrone coniugate ho subduzione.
CAPITOLO 6
PALEOMAGNETISMO (Studia la direzione fossile del campo magnetico terrestre attraverso la
magnetizzazione acquisita al momento della formazione delle rocce)
PROCEDURE DI CLEANING PALEOMAGNETICO
La magnetizzazione (NMR) di un campione è formata da:
1.
2.
Magnetizzazione primaria (acquisita durante la formazione delle rocce)
Magnetizzazione viscosa (acquisita durante la storia geologica del campione)a
Per fare le analisi paleomagnetiche bisogna pulire la magnetizzazione secondaria(cleaning) con
una demagnetizzazione parziale.
Cleaning:
 Demagnetizzazione a campo alterato (Si demagnetizza la componente secondaria più
instabile tramite esposizione a campo esterno).
 Demagnetizzazione termica (Si riscalda il campione)
Il cleaning dà come risultato una magnetizzazione caratteristica (CHRM).
Di questo risultato ci interessano l’inclinazione e la declinazione utili per trovare la posizione
del paleopolo.
DIREZIONE PALEOMAGNETICHE
51
Utilizzando le trasformazioni inverse riusciamo a ricavare la declinazione e l’inclinazione del
vettore risultante.
L’incertezza nel risultato viene calcolato con la statistica di Fisher e viene espressa attraverso
2 parametri:
1.
Parametro di precisione: 𝑘 =
𝑁−1
N−R
il valore massimo di R è N
I paleomagnetisti considerano valori solamente i valori per K<80
2.
Parametro ALFA 95: cono di confidenza di un cerchio in cui ho la probabilità del 95%
la media vera.
PALEOPOLI E PERCORSI APPARENTI DI VARIAZIONI DI POLI
La declinazione l'inclinazione di una roccia sono quantità che dipendono dalla posizione
geografica della formazione della roccia e della storia tettonica del continente.
Tramite la magnetizzazione che una roccia ha avuto nel tempo acquisita con esposizione della
roccia stessa un campo dipolare, sì calcolare il paleopolo.
Per un dipolo l'inclinazione (I) e associata alla distanza dal Polo tramite l'equazione del dipolo,
la declinazione ci spiega dove trovare il polo.
𝑡𝑔 𝐼 = 2𝑐𝑜𝑡𝑔𝜃
52
Serve per calcolare la paleocolatitudine dove con teta indico la distanza dal sito del dipolo.
Per calcolare la colatitudine si utilizza: (legge del cos in forma sferica)
Per calcolare la longitudine del paleopolo: (teorema del seno)
Assumo beta come differenza di longitudine tra il paleopolo e il sito. Avendo trovato le
coordinate di p, ho trovato ho trovato la posizione apparente del Polo Nord geografico per la roccia
di misurato la magnetizzazione.
Per calcolare il vettore momento magnetico bisogna congiungere gli con il centro della terra
(asse di spin paleomagnetico).
Il paleopolo di età t è una grandezza globale (non dipende dalla posizione geografica).
Pernottare lo spostamento del paleopolo si attua una rotazione euleriana, così facendo viene
modificato il sistema di riferimento paleo magnetico in un sistema di riferimento Gad. Questo
procedimento porta ad avere un incertezza nella paleo longitudine perché si possono avere
infinite rotazioni che portano a far coincidere P con N.
Considero l'incertezza nelle direzioni D e I:
53
I paleopoli Sono quantità fondamentali nella cinematica delle placche perché ci permettono di
predire le paleolatitudini e le declinazioni ad ogni sito di riferimento su una determinata placca.
Combinando paleopoli di età differenti relative ad uno stesso sito è possibile costruire una curva
che descrive le variazioni di latitudine e declinazione durante il tempo geologico. Queste curve
sono chiamate Apparent Polar Wander (APW). Se abbiamo Poli diversi per una certa età si deve
costruire un paleopolo medio (media ponderata di più paleopoli).
Le APW sono il più importante risultato del paleomagnetismo per lo studio degli spostamenti
continentali.
Sono una serie temporale di paleopoli medi.
Per la loro costruzione ci sono varie tecniche:
 Slinding window method (metodo della finestra scorrevole):
Paleopoli che cadono all'interno di un intervallo temporale sono mediati per determinare un
unico paleopolo con età uguale alla media di tutti i popoli presenti nell'intervallo di tempo. Il
problema è questo metodo e che i cerchi di confidenza sono tanto grandi da inglobare anche altri
poli per cui non si può sapere che fanno parte tutti della stessa distribuzione.
 Butler:
Si scelgono pochi paleopoli affidabili di età diverse senza fare medie temporali (superpaleopoli).
I paleopoli affidabili sono quelli sono quelli che risultano dal maggior numero di campioni
sottoposti a procedure di cleaning. Questo processo si basa su un dato soggettivo. Oggi nella
scelta dei palio Poli si considera che anche la migliore direzione paleomagnetica possa dare un
paleopolo errato se gli viene attribuita un'età sbagliata.
 Splines sferici:
Questo metodo cerca di rimediare ai limiti dei precedenti con tecniche di regressione
statistiche. Ogni tratto della curva si calcola utilizzando un polinomio calcolato da altri polinomi.
CAPITOLO 6
54
PALEOMAGNETISMO (Studia la direzione fossile del campo magnetico terrestre attraverso la
magnetizzazione acquisita al momento della formazione delle rocce)
PROCEDURE DI CLEANING PALEOMAGNETICO
La magnetizzazione (NMR) di un campione è formata da:
3.
4.
Magnetizzazione primaria (acquisita durante la formazione delle rocce)
Magnetizzazione viscosa (acquisita durante la storia geologica del campione) a
Per fare le analisi paleomagnetiche bisogna pulire la magnetizzazione secondaria(cleaning) con
una demagnetizzazione parziale.
Cleaning:
 Demagnetizzazione a campo alterato (Si demagnetizza la componente secondaria più
instabile tramite esposizione a campo esterno).
 Demagnetizzazione termica (Si riscalda il campione)
Il cleaning dà come risultato una magnetizzazione caratteristica (CHRM).
Di questo risultato ci interessano l’inclinazione e la declinazione utili per trovare la posizione
del paleopolo.
DIREZIONE PALEOMAGNETICHE
Utilizzando le trasformazioni inverse riusciamo a ricavare la declinazione e l’inclinazione del
vettore risultante.
55
L’incertezza nel risultato viene calcolato con la statistica di Fisher e viene espressa attraverso
2 parametri:
3.
Parametro di precisione: 𝑘 =
𝑁−1
N−R
il valore massimo di R è N
I paleomagnetisti considerano valori solamente i valori per K<80
4.
Parametro ALFA 95: cono di confidenza di un cerchio in cui ho la probabilità del 95%
la media vera.
PALEOPOLI E PERCORSI APPARENTI DI VARIAZIONI DI POLI
La declinazione l'inclinazione di una roccia sono quantità che dipendono dalla posizione
geografica della formazione della roccia e della storia tettonica del continente.
Tramite la magnetizzazione che una roccia ha avuto nel tempo acquisita con esposizione della
roccia stessa un campo dipolare, sì calcolare il paleopolo.
Per un dipolo l'inclinazione (I) e associata alla distanza dal Polo tramite l'equazione del dipolo,
la declinazione ci spiega dove trovare il polo.
𝑡𝑔 𝐼 = 2𝑐𝑜𝑡𝑔𝜃
Serve per calcolare la paleocolatitudine dove con teta indico la distanza dal sito del dipolo.
56
Per calcolare la colatitudine si utilizza: (legge del cos in forma sferica)
Per calcolare la longitudine del paleopolo: (teorema del seno)
Assumo beta come differenza di longitudine tra il paleopolo e il sito. Avendo trovato le
coordinate di p, ho trovato ho trovato la posizione apparente del Polo Nord geografico per la roccia
di misurato la magnetizzazione.
Per calcolare il vettore momento magnetico bisogna congiungere gli con il centro della terra
(asse di spin paleomagnetico).
Il paleopolo di età t è una grandezza globale (non dipende dalla posizione geografica).
Pernottare lo spostamento del paleopolo si attua una rotazione euleriana, così facendo viene
modificato il sistema di riferimento paleo magnetico in un sistema di riferimento Gad. Questo
procedimento porta ad avere un incertezza nella paleo longitudine perché si possono avere
infinite rotazioni che portano a far coincidere P con N.
Considero l'incertezza nelle direzioni D e I:
I paleopoli Sono quantità fondamentali nella cinematica delle placche perché ci permettono di
predire le paleolatitudini e le declinazioni ad ogni sito di riferimento su una determinata placca.
Combinando paleopoli di età differenti relative ad uno stesso sito è possibile costruire una curva
che descrive le variazioni di latitudine e declinazione durante il tempo geologico. Queste curve
sono chiamate Apparent Polar Wander (APW). Se abbiamo Poli diversi per una certa età si deve
57
costruire un paleopolo medio (media ponderata di più paleopoli).
Le APW sono il più importante risultato del paleomagnetismo per lo studio degli spostamenti
continentali.
Sono una serie temporale di paleopoli medi.
Per la loro costruzione ci sono varie tecniche:
 Slinding window method (metodo della finestra scorrevole):
Paleopoli che cadono all'interno di un intervallo temporale sono mediati per determinare un
unico paleopolo con età uguale alla media di tutti i popoli presenti nell'intervallo di tempo. Il
problema è questo metodo e che i cerchi di confidenza sono tanto grandi da inglobare anche altri
poli per cui non si può sapere che fanno parte tutti della stessa distribuzione.
 Butler:
Si scelgono pochi paleopoli affidabili di età diverse senza fare medie temporali (superpaleopoli).
I paleopoli affidabili sono quelli sono quelli che risultano dal maggior numero di campioni
sottoposti a procedure di cleaning. Questo processo si basa su un dato soggettivo. Oggi nella
scelta dei palio Poli si considera che anche la migliore direzione paleomagnetica possa dare un
paleopolo errato se gli viene attribuita un'età sbagliata.
 Splines sferici:
Questo metodo cerca di rimediare ai limiti dei precedenti con tecniche di regressione
statistiche. Ogni tratto della curva si calcola utilizzando un polinomio calcolato da altri polinomi.
CAPITOLO 7
STRESS E STRAIN
IL TENSORE DELLO STRESS
Un elemento di volume infinitesimo dV di un corpo omogeneo è soggetto a forze di volume
esterne che agiscono su ciascun atomo del corpo (forza di gravità nel caso della terra). Oltre a
queste, agiscono forze di superficie, che vengono esercitate sulla superficie, da parte delle
molecole circostanti attraverso interazioni a livello atomico e molecolare (pressione in un fluido).
Le forze di superficie sono l’espressione di interazioni tra l’elemento di volume considerato ed
elementi lungo la superficie.
Lo stress è definibile come una forza superficiale per una unità di area (pressione).
L'orientazione di un elemento di superficie infinitesimale dS avente orientazione arbitraria
all'interno di un mezzo omogeneo in equilibrio statico
58
(T(-n) = -T(n)) può essere specificata mediante un versore n, normale al piano in cui agisce dS.
La forza per unità di area esercitata attraverso queste superficie da parte delle molecole del corpo
viene chiamata trazione ed è rappresentata da un vettore T=T(n) la cui direzione e ampiezza
dipendono da n.
Le componenti di T normale e parallela al piano dS vengono chiamate rispettivamente stress
normale e stress di taglio. Nel caso di un fluido lo stress di taglio e sempre nullo.
La risultante delle forze superficiali che vengono esercitate in un punto qualsiasi può essere
scomposta in tre componenti, puntate vettori di trazione agenti su tre superfici infinitesimo
ortogonale ortogonali e normali agli assi cartesiani nel punto considerato.
Ponendo e1~x e2~y e3~z dove (x, y, z) sono i versori associati agli assi cartesiani, possiamo
descrivere le forze superficiali attraverso un tensore di ordine 3. Chiamiamo tensore di stress la
grandezza.
Consente di determinare l'attrazione esercitata su qualsiasi superficie all'interno di un corpo.
Un elemento di superficie dS = ndS orientato secondo il versore n con la forma della superficie
che si ottiene intersecando il piano perpendicolare ad n con i piani coordinati xy, xz e yz, con le
facce di dSi perpendicolari agli assi cartesiani e avente direzione –ei l'area delle facce dSi si ottiene
con la formula:
dSi = dS ei=(n ei)dS = nidS
59
Poiché l'attrazione è una forza per unità di area, la componente i-esima della forza di superficie
totale esercitata su un corpo si trova moltiplicando la corrispondente componente della trazione
per l'area di ciascun elemento infinitesimo ed integrando su tutta la superficie:
In condizioni di equilibrio statico tutte le componenti della forza di superficie totale devono
essere nulle. Si ha:
Dividendo per l'area dS si ottiene infine:
60
Il tensore di stress è simmetrico (figura 1.4). Il tensore di stress può essere considerato come
l'operatore lineare che genera un vettore di trazione T a partire da un vettore di direzione n.
Generale le sue componenti variano al variare della posizione. Dato un qualsiasi insieme di
componenti tij è sempre possibile trovare una direzione n per la quale non esiste alcun tipo di
stress di taglio su un elemento di superficie normale a n. Quando ciò avviene, n e T(n) hanno la
stessa direzione.
Utilizziamo la formula precedente per calcolare una direzione n che soddisfi questa equazione
e otteniamo:
Dove I è la matrice identità di ordine 3.
Per Calcolare le componenti del tensore di stress Nel sistema degli assi principali, semplice
trasformazione di similarità. Sia N la matrice formata con le componenti dei tre autovettori n(t) :
La trasformazione è la seguente:
Nel caso particolare in cui risulti tI1~ tI2~ tI3, il campo di stress è chiamato idrostatico. In un
fluido il tensore di stress può essere scritto come:
61
La pressione idrostatica aumenta rapidamente con la profondità all'interno della terra. Lo
stress di taglio e in proporzione molto più piccolo andando in profondità.
IL TENSORE DELLO STRAIN
In seguito a una deformazione ciascun punto del corpo, identificato da un vettore di posizione
r = (x1, x2, x3) subisce uno spostamento rispetto alla posizione originaria r 0=r(t0) al tempo iniziale
t=t0.
La posizione assunta può essere rappresentata per mezzo di un campo vettoriale, spostamenti
u:
u (r0) = r-r0
Fornisce una misura assoluta delle variazioni di posizione dei punti apparenti del corpo
continuo. A te, possono venire anche in assenza di deformazioni. La deformazione è associata al
fatto che i punti vicini possono subire uno spostamento differenziale. Lo strain (%) rappresenta
una misura delle variazioni relative del campo degli spostamenti (dei gradienti spaziali del
campo). (Se una barra di metallo lunga 100 m e avente una estremità fissa viene allungata
uniformemente fino ad assumere una lunghezza di 101 m, allora il campo degli spostamenti
62
varierà da zero a 1 metro lungo la barra, mentre il campo di strain sarà costante e pari a 0,01
cioè l’1%).
Per calcolare la rotazione rigida (che non determina deformazione) dallo spostamento totale si
può scomporre la matrice Jij = dui/dxj in una parte simmetrica ed una antisimmetrica:
J = ε+ω (%)
Dove il tensore simmetrico εij ha componenti:
Mentre il tensore antisimmetrico ωij ha componenti:
Il tensore ω descrive una rotazione rigida del corpo senza alcuna deformazione associata. L'ha
dato che ho Magari asimmetrico, sono tutti nulli e vi sono solo tre componenti indipendenti.
Questo implica che il secondo termine (antisimmetrico) rappresenta una rotazione rigida
attorno all'asse Ώ, per cui non si ha alcuna deformazione associata a questo termine. Invece, il
primo termine, implica una deformazione netta e viene chiamato tensore di strain. Le componenti
di questo tensore simmetrico sono tutte adimensionali e dipendono dalle derivate del campo degli
spostamenti.
Le componenti diagonali determinano il modo in cui lo spostamento varia lungo l’asse.
Se un elemento diagonale εij (tensore di strain) è costante all’interno di un corpo che si
deforma, esso rappresenta la variazione di lunghezza per unità di lunghezza nella direzione x i.
63
Anche il tensore di strain può essere rappresentato il sistema di coordinate nel quale le sue
componenti diagonali sono nulle. Gli assi principali di strain possono essere calcolati imponendo
che la variazione del campo di spostamento du abbia la stessa direzione della variazione di
posizione dr.
du = λdr = ε(r)dr
La traccia del tensore di strain si chiama dilatazione ed è uguale alla divergenza del campo di
spostamento.
Determina il cambiamento in volume per unità di volume. Un elemento di volume dV = dx 1 dx2
dx3 viene trasformato nel volume:
Se εkk (componenti diagonali) = 0, la dilatazione è 0 e si ha pure shear.
Se invece, > 0 c’è dilatazione e si ha un simple shear.
EQUAZIONI MOMENTO DI CAUSHY
L'equazione del momento di cauchy descrivere la dinamica di un corpo continuo (quando si
muove) ed è espressione della seconda legge di Newton:
64
Se però consideriamo un cubetto di volume dV = dxdydz che si deforma, la seconda legge di
Newton che dipende dalla traiettoria non ci dà le informazioni sulla traslazione della
deformazione.
Indi per cui bisogna usare come accelerazione la derivata seconda di un vettore spostamento.
Le differenze con la dinamica tradizionale sono:
1.
2.
Non si hanno derivate seconde del vettore posizione ma di quello suo di spostamento
Non si hanno forze di volume ma di superficie
Considerando sempre il nostro volume la forza diventa:
Immaginiamo di avere il corpo deformato con delle forze (trazioni) di superficie che agiscono
lungo le 6 facce del cubo.
Consideriamo una coppia di facce con versori opposti, mentre una rimane ferma l'altra si
sposta in avanti. La forza sulla faccia ferma ha componenti:
Teorema Cauchy
Nella faccio apposta sia uno spostamento con la componente diagonale ε j con versore positivo:
Se il campo di stress è omogeneo la somma delle due forze è 0, poiché qui non lo è perché si
ottiene solo su una faccia si ha come risultato una forza netta risultante diversa da zero.
65
Estendendo questo a tutte le coppie del volume dV otteniamo che la forza di superficie totale è:
Si hanno forze di superficie quando questa derivata è diversa da zero, quindi quando il tensore
di stress non è omogeneo. Per avere la forza totale di superficie bisogna introdurre la densità di
forza di volume (fi)
Per ottenere l'equazione del momento di cauchy basta sostituire la seconda legge di Newton al
posto della forza totale:
In sismologia posso trascrivere il contributo delle forze di volume in quanto gli spostamenti
sono piccoli. Basta considerare l'accelerazione come una derivata parziale.
66
MODELLI REOLOGICI DI BASE ED EQUAZIONI COSTITUTIVE
Il comportamento di un materiale dipende dallo Stato di materia (pressione temperatura) e
dalla sua reologia, cioè la relazione tra stress e strain che si esprime tramite un'equazione
costitutiva.
Tutti i materiali, indipendentemente dal loro stato fisico, a certe condizioni termodinamiche, si
comportano come i fluidi (fluiscono).
Esistono diverse categorie di materiali:
1.
CORPI ELASTICI PURI: (molla)
𝜏(𝑡) = 𝑌𝜀(𝑡) (legge di hooke)


Y=modulo elastico che dipende dal materiale
Stress e strain sono proporzionali. Lo stress dipende linearmente dallo strain.
Risposta strain istantanea
67

Reversibilità deformazione (per piccole deformazioni comportamento crosta terrestre)
(sismologia)

Se supero una certa soglia (Yield stress) ho la rottura
2.
CORPI FLUIDI NEWTONIANI: (comportamento viscoso) (dashpot)
𝜏(𝑡) = 2𝜂 𝜀(𝑡) − 𝑝
2η=viscosità dipende dal materiale e dalla T e P
(inversamente proporzionale alla temperatura)




Stress proporzionale allo strain rate (variazione stress ε)
Non dipende direttamente dallo strain
La pressione è idrostatica (determina stress anche quando non ho deformazione)
Sotto la crosta
68

Risposta non istantanea (crescita deformazione lineare) quando τ ritorna a 0, ε = > 0
per cui il corpo rimane deformato permanentemente.

Se stress costante derivata strain costante (creep lineare)
3.
CORPI VISCOELASTICI: (combinazione reologia elastica + viscosa):
 Reologia maxwell (molla + dashpot)

Deformazione in parte reversibile e in parte irreversibile

Strain totale è: 𝜀(𝑡) = 𝜀𝑆(t)+εD(t)
1
1

𝜏(𝑡) = 𝑌𝜀𝑆(𝑡), 𝜏(𝑡) = 2𝜂𝜀𝐷(𝑡); 𝜀(𝑡) = 𝜀𝑆(𝑡) + 𝜀𝐷(𝑡), 𝜀(𝑡) = 𝜏(𝑡) + 𝜏(𝑡)
γ
2𝜂

0<t<t0 non ha nello stress in quanto è costante (derivata stress = 0)

Se stress costante lo strain varia linearmente

Risposta elastica immediata ma dopo si comportano come fluidi newtoniani

Componente viscosa descrive il creep (continua deformazione)

Stress relaxation (se porto a 0 lo strain lo stress non va via immediatamente ma cala
esponenzialmente)
I corpi di Maxwell furono utilizzati per calcolare il postglacial rebound.
Per calcolare lo strain bisogna integrare lo stress rate:
69
 Reologia kelvin:

Molla e dashpot in parallelo

Stress ripetuto tra molla e dashpot

Risposta non istantanea ma con andamento esponenziale sia in crescita che in
decrescita (t decrescita maggiore con Y grande e η piccolo)

Non prevede deformazione permanente
70

Non prevede risposta elastica istantanea
Un modello che ovvia alla mancanza di risposta elastica è il modello Zender che aggiunge una
molla in serie al modello di Kelvin.
 Modello di burgers:

Unisce il modello di maxwell

Risposta istantanea e non

Strain non recuperabile
Modelli tutti utilizzabili per descrivere l’interno terrestre.
4.




CORPI ELASTICI
Yield stress sotto l’astenosfera
Creep continuo (deformazione costante)
Massa su superficie rugosa
No sismologia
71
5.




AB = deformazione elastica (movimento molla)
BC = creep plastico (a yield stress raggiunto la massa inizia a muoversi)
CD = recupero elastico (τ tendente a zero la molla si contrae)
DE = deformazione permanente
Si nota come all'interno della terra il comportamento dei materiali cambia a seconda della
temperatura e della pressione di confinamento
BRITTLE DEFORMATION
Si ottiene tra la superficie e la crosta Superiore (15- 20 chilometri) quando il materiale si faglia
e si frattura. Regolato dalla legge di Amontons (seconda legge di Gay Lussac):
72
τs = μs Gn
τs è shear stress lungo il piano di Faglia
Gn è il pure stress lungo il piano di Faglia (stress verticale) (pgh)
μs è coefficiente di attrito statico
Lo stress verticale è anche la pressione di confinamento che aumenta andando verso il basso
ed è proporzionale a pressione e accelerazione di gravità.
Il cedimento che si crea è una fratturazione e la deformazione avviene lungo il piano massimo
di stress di taglio (avviene per slip).
Le leggi di Byerlee vengono divise in brittle e ductile.
Per strass piccoli < o = 200 MPa
τs= 0,86 Gn (elastico)
Per stress grandi > 200 MPa
τs = 60 + 10 + 0,6 Gn, man mano che si va verso la crosta
inferiore e il mantello superiore, troviamo un comportamento elastico-plastico.
Andando ancora più in profondità o teniamo una deformazione duttile che prevede due
modelli:
1.
2.
Plastico
Viscoso
Per calcolare tale deformazione si utilizza la legge empirica di Dorn o Power law Creep
𝜀 = 𝜏s 𝑛 𝑒 −𝐸/𝑅𝑇
Descrive il flusso viscoso non lineare senza componente elastica. Nel modello plastico quando
τ< τc (yield stress) una deformazione elastica, mentre una volta raggiunta l'uguaglianza tra τ e τc
ho uno strain rate.
Nel modello plastico no no componente elastica ma ho un creep.
Lo strain rate non è una costante predefinita.
PROFILO REOLOGICO
73
Ci spiega come varia lo yield stress con la profondità (linee nere)
CAPITOLO 8
SISMOLOGIA
LEGGE DI HOOKE
Il comportamento elastico della terra È descritto dalla legge di Hooke (proprietà fisiche = in
tutte le direzioni).
τj (r,t) = λ(F) δj εkk (r,t)+2μ(r)εj(r,t)
Si può dividere in due parti:
1.
τj = λδj εkk
Influenza solo la diagonale e ci spiega che c'è proporzionalità tra stress applicato e variazione volumetrica.
λ=resistenza
2.
τj = +2μεj
influenza tutte le componenti
del tensore
μ = resistenza al taglio
τj = campo tensoriale dello stress dinamico perché dipende dal tempo
εj = campo di strain dinamico
εkk = somma componenti diagonali degli strain (dilatazione volumetrica relativa)
λ e μ sono chiamati parametri di Lamé δij è il delta di Kronecker. Questi parametri
determinano assieme alla densità del mezzo alla velocità di propagazione delle onde sismiche.
Nel caso di pure shear εkk = 0
Altre costanti elastiche utilizzate nella descrizione di un comportamento meccanico di corpi
isotropi sono:
74
 Modulo di Young (𝐸 =
(3λ+2μ)μ
𝜆+𝜇
)
Rappresenta il rapporto tra stress estensionale ed associata deformazione estensionale.
2
 Modulo di compressione uniforme (𝑘 = λ + 𝜇)εkk =kΔ
3
k=bulk modulus
Δ= dilatazione
Fornisce una misura delle incomprensibilità di un materiale ed è definito come rapporto tra
pressione idrostatica applicata e cambiamento di volume.
 Rapporto di Poisson (𝜎 =
𝜆
)
2(𝜆+𝜇)
Rappresenta il rapporto tra la contrazione laterale di un cilindro che viene tirato da entrambi i
lati e la sua estensione longitudinale.
EQUAZIONI DEL MOTO PER I MEZZI ELASTICI
Il risultato dell'equazione nel campo degli spostamenti valido solo per i mezzi non omogenei.
μi = μi (r, t)
Ci dà il movimento oscillatorio dei terremoti perché con il campo degli spostamenti conosco il
sismogramma sintetico.
Sismometro = converte la velocità o accelerazione al suolo in segnale elettrico con altezza
proporzionale. I parametri che servono per risolvere l'equazione vengono chiamati i parametri
meccanici (λ, μ e ρ).
Nei mezzi omogenei i parametri di lame sono costanti per cui ho una nuova equazione d'onda:
ONDE SISMICHE
75
A questa equazione (equazione di d’Alambert) ci si arriva dall’equazione d’onda semplificata e
dalla divergenza avendo fatto le opportune derivate sull’asse x di tutti le componenti.
La velocità di perturbazione nei mezzi omogenei è: 𝛼 =
√𝜆+2𝜇
p
Si assume che la Δ è costante lungo qualsiasi piano in cui si ha ζ come distanza dall’origine (ζ
= r n= r cos θ).
La dilatazione ad ogni tempo t è funzione r della distanza ζ = ζ (t) del piano dell’origine Δ(r, t) =
φ (r n, t) = φ (ζ, t), consideriamo il gradiente della dilatazione Δ(r,t) = n δφ/δζ
Con vari processi matematici e sostituzioni si ricava l’equazione delle onde piane semplificata:
76
Le soluzioni sono:
φ(η,ξ) = φ1(η)+ φ2(ξ); φ(ζ,t) = φ1(t-ζ/α)
L'onda è funzione di spazio e tempo quindi i valori che si trovano in una regione a un certo
tempo t, si possono trovare in un'altra regione con un velocità costante. Le onde descritte fino ad
adesso sono onde P ovvero onde associate alla propagazione di variazione di volume che viaggiano
a velocità α. Sono le prime ad arrivare alla stazione sismica e viaggiano longitudinalmente e
determinano compressione ed estensione. Propagazione e deformazione lungo l'asse x.
ONDE S
77
β=
λ= 0 perché non si propaga nei liquidi
Sono dette onde di taglio. Il vettore spostamento ha due componenti:
 Sv= onde polarizzate verticalmente (spostamento lungo z)
 SH =onde polarizzate orizzontalmente (spostamento lungo y)
Le onde P sono più veloci delle onde S.
MODELLO PREM
Mostra l’andamento della velocità sismica e della densità nell’interno terrestre.
Calcola le α e le β assumendo la crosta come un solido di Poisson.
λ= μ= 3∙1010 Pa
p= 3∙103 Kg/m3
Le onde P nella crosta hanno un velocità α pari a 5.5 Km/s; le onde S una velocità β pari a 3.2
Km/s.
78
1)
Nella crosta e nell’astenosfera le velocità sono molto variabili.
2)
Nel mantello inferiore le velocità crescono linearmente. Quando le onde arrivano al
CMB c’è un brusco calo, le onde S si azzerano poiché il nucleo esterno è liquido mentre le onde P
rallentano.
3)
Nel nucleo esterno le onde P tornano ad accelerare ma sempre con α < rispetto al
mantello.
4)
Nell’ICB ritornano con le rispettive velocità (normali) perché il nucleo interno è solido.
ONDE SUPERFICIALI
Si creano dalla fusione delle onde P e delle onde S con l’incontro di una superficie di
discontinuità (moho).
Si propagano lungo la superficie e perdono energia in modo esponenziale all’ampiezza della
profondità. Hanno maggiore ampiezza delle onde secondarie.
Classe importante di soluzioni per le onde piane sono le onde monocromatiche rappresentate
da funzioni di seni e coseni.
Δ(r, t) = Δ0(r) cos(ωt+θ)
θ= fase
79
Sostituendola nell’equazione di d’Alambert si ottiene l’equazione di Helmortz:
Le cui soluzioni sono seni e coseni:
La soluzione generale delle onde piane è:
CAPITOLO IX
La velocità di propagazione delle onde P ed S dipende dalle proprietà fisiche dei materiali attraverso cui
si propagano, volare dalla loro densità e dalla loro elasticità. Le onde sismiche attraversano un materiale
omogeneo procedono in linea retta con velocità costante. Se invece incontrano un materiale non omogeneo
subiscono variazioni di velocità e direzione. Questo avviene perché le onde sismiche vanno incontro a
fenomeni di rifrazione e riflessione. Un raggio sismico è una semiretta che ha origine nel ipocentro ed è
perpendicolare al fronte d'onda. Le onde sismiche sono onde sferiche è il fronte d'onda è l'insieme dei punti
che in data istante sono interessati dalla stessa vibrazione. Ce l'angolo che il raggio incidente forma con la
normale alla superficie di discontinuità è inferiore a un certo valore (angolo critico) si scompone in un raggio
riflesso è un raggio rifratto (deviato). (1A). Il raggio riflesso torna indietro nel primo mezzo in modo tale che
L'angolo di riflessione (r) sia uguale all'angolo di incidenza (i) (legge della riflessione). Il raggio rifratto
prosegue nel secondo mezzo è l'angolo di rifrazione r' è diverso dall'angolo di incidenza e delegato dalla
𝑠𝑒𝑛 𝑖
𝑣
relazione 𝑠𝑒𝑛 𝑟′ = 𝑣1
2
La formula utilizzata si chiama la legge di Snell. Da tale forma si ricava che la velocità nel secondo mezzo
(2) è maggiore rispetto a quella del primo(v1). L'angolo di rifrazione r e maggiore dell'angolo di incidenza i e
quindi il raggio rifratto è più distante dalla normale. Ti verifica passa da una zona meno densa a una più
densa di uno stesso materiale (1B) se dice versa il passaggio avviene da una zona più densa una meno densa
80
del (1C) il raggio rifratto, della minore velocità, risulta vicino alla normale. Se L'angolo di incidenza coincide
con l'angolo critico, l'angolo di rifrazione assume il valore di 90 gradi. In questo caso il raggio rifratto giace
lungo la superficie di discontinuità. Per valori dell'angolo incidente maggiori all'angolo critico l'onda viene
totalmente riflessa.
EQUAZIONE DI EIKONALE
Permette di studiare la propagazione dell'onda sismica.
LEGGE DI SNELL
Descrive la modalità di rifrazione nella transizione tra due mezzi con indice di rifrazione diverso,
equazione di iconale.
81
Nel caso di n2 maggiore di n1, la luce ha una velocità di fase più bassa nel secondo mezzo. Il raggio
luminoso "PO" proveniente da sinistra che colpisce l'interfaccia dando un angolo chiamato θ1 prosegue nel
mezzo di destra "OQ" formando un angolo con la normale chiamato angolo di rifrazione (teta 2). La legge di
Snell fornisce la relazione tra gli angoli θ1 e θ2. Un raggio incidente nel mezzo in modo perpendicolare alla
superficie (interfaccia) non viene mai deviato.
Gli stessi percorsi sono validi anche nella direzione opposta.
Il raggio è sempre più vicino alla normale del lato del mezzo più denso.
La legge di snello è valida solo per i mezzi isotropi. Mezzi anisotropi il fenomeno della birifrangenza può
dividere in due il raggio rifratto. Si hanno così due raggi uno ordinario (raggio Zero) che segue la legge di
Snell, e uno straordinario (raggio e) che può non essere complanare con quello incidente.
𝜕
𝜕𝑛
(𝑛𝑠̂ ) −
𝑟̂ = ⃗0
𝜕𝑥
𝜕𝑥
Dove x è l'ascissa curvilinea lungo il cammino ottico; n è l'indice di rifrazione; s il versore ottico.
Effettuando il prodotto vettoriale con il versore della posizione si ottiene: 𝑟̂ x
𝜕
(𝑛𝑠̂ )
𝜕𝑥
=0
La legge di Snell diventa:
𝜕
𝜕𝑥
̂ = ⃗0
(𝑛𝑟̂ x 𝑠)
MEZZO UNIFORME
L'indice di rifrazione e uniforme lungo l'ascissa curvilinea:
𝑛(𝑥) = cos 𝑡(𝑥)𝑥
La traiettoria del raggio risulta rettilinea con l'inclinazione uniforme:
82
𝜃 = cos 𝑡 (𝑥)
MEZZO SFERICO
Il raggio risulta inclinato in ogni punto della sua traiettoria del con la legge:
cos 𝑡
𝜃(𝑥) = sin−1(
)
𝑥
Questo comporta uno spostamento della derivazione lungo la traiettoria: Portando il limite all'infinito
notiamo che l'inclinazione risulta essere nulla:
𝜃∞ = sin−1 0 = 0
RIFRAZIONE INTERNA TOTALE
L'angolo di incidenza del raggio blu Teta2 è maggiore dell'angolo critico: Il raggio viene riflesso
(riflessione totale).
Nel passaggio da un mezzo più denso a uno meno denso si può verificare l'equazione
𝑛1 sin 𝜃1 = 𝑛2 sin 𝜃2 che è priva di soluzioni quando teta uno supera un valore che viene chiamato
angolo critico.
𝑛
𝜃𝑐 arcsin( 2)
𝑛1
Quando θ1 è maggiore di θc non appare alcun raggio. Si genera un'onda superficiale o un'onda
evanescente (leaky Wave), che decade esponenzialmente all'interno del mezzo con indice di
rifrazione e n2.
A
83
Se il mezzo nel quale le velocità α e β (a seconda del tipo d’onda) dipendano solo dalla
profondità z anche la lentezza risulta in funzione della z.
Si ha quindi una omogeneità laterale ed una approssimazione della terra piatta.
P= parametro del raggio; si conserva in un raggio per cui è costante
θ= angolo di incidenza fra la verticale in un punto e la tangente (della curva) al raggio sismico.
84
Dal grafico si nota che la velocità nel mezzo cambia con la profondità. Il raggio forma una curva
storta poiché il mezzo non è omogeneo lungo z.
L’angolo di take off θ0 è l’angolo tra la verticale passante per il punto di superficie e il raggio
sismico.
Andando in profondità la velocità del raggio cambia ma il prodotto tra la lentezza e il coseno di θ
no.
Se aumenta la lentezza l’angolo diminuisce, se invece, aumenta la velocità l’angolo aumenta.
N.B
Fino al punto di flesso la velocità aumenta, quindi l’angolo di incidenza aumenta; dopo il
punto di flesso diminuisce e di conseguenza diminuisce anche l’angolo di incidenza.
Nel caso della terra sferica (omogenea) la lentezza e l’angolo d’incidenza dipendono dalla
distanza dal centro della terra.
85
Anche in questo caso i raggi giacciono su piani verticali. Rimane costante r sen θ.
La legge di Snell a questo punto diventa:
L’angolo d’incidenza di un raggio lineare cambia spostandosi sulla sfera in quanto cambiano le
verticali (linee tratteggiate).
In entrambi i casi la legge di Snell non considera eterogeneità laterali quindi la si applica
quando la velocità sismica dipende da z e r.
MODELLI LATERALMENTE OMOGENEI
Un’onda piana che si propaga in un materiale omogeneo ha lentezza uniforme s, ed una
superficie orizzontale. I fronti d’onda al tempo t ed al tempo t + Δt sono separati da un distanza Δζ
lungo il raggio.
Δζ = Δt/s = Δx sin θ
Δt/Δx = sin θ = p
p = lentezza apparente perché la lentezza reale è: s = Δt/Δx
86
Un’onda piana diretta verso il basso che incide in modo obliquo sull’interfaccia orizzontale che
delimita due strati omogenei aventi velocità differenti (s2 < s1).
La legge di Snell prevede che l’angolo di incidenza dopo la discontinuità aumenti per cui p = s(z)
sen θ(z).
Se aumenta θ allora aumenta Δζ a parità di Δx perché Δx sin θ = Δζ perciò si spiega
θ2 > θ1. (RIFRAZIONE SISMICA).
Dato che θ2 <= 90° esisterà un angolo critico θc oltre il quale non si ha alcuna onda trasmessa.
Quando l’onda entrante ha un angolo d’incidenza θ 1 coincidente con θc,
θ2 = 90° ed il raggio è orizzontale (punto di inversione). Si ottiene che:
θc = arcsin(s2/s1).
Si osserva inoltre che poiché Δt/Δx = sin θ = p la lentezza al punto di inversione deve risultare
uguale al punto di raggio.
In definitiva, vento della velocità nel passaggio allo Stato inferiore, lo strato inferiore può
avvenire solo quando L'angolo di incidenza dell'onda nello strato superiore e minore di θc, mentre
per valori superiori sia solo riflessione. Per θ1 = θc Il raggio trasmesso si propaga in orizzontale con
velocità pari a 1/s2. Durante il movimento l'onda trasmessa determina un disturbo nella zona di
interfaccia e quindi, per il principio di Huygens, si comporta come una sorgente di onde secondarie
che si propagano verso l'alto secondo raggi che hanno un angolo di incidenza uguale a quello
dell'onda originaria.
Osserviamo inoltre che mentre la velocità d'onda si propaga verso l'alto è 1/s1,
87
Quella della perturbazione in movimento lungo l'interfaccia è maggiore. Pertanto ogni fronte
d'onda generato nel mezzo superiore viene sempre superato dalla sua sorgente. Le onde rifratte
sono chiamate onde coniche perché hanno le geometrie del fronte simile a un semicono avente il
vertice sull'interfaccia. Questo è il concetto di base per fare la sismica a rifrazione. In generale le
onde sismiche con la z aumentano la velocità e di conseguenza anche l'angolo di incidenza e per
questo ho delle onde di testa secondarie che tornano sempre nella situazione sferica. Le onde
primarie quando raggiungono il loro θc tornano verso l'alto. Le onde p e le onde S provengono dal
basso. Ho quelli che mentre il raggio viaggia in un mezzo con velocità che cresce costantemente
con z, esso aumenta l'angolo di incidenza fino a quando non arriva ad essere 90°. A questo punto il
raggio torna verso la superficie, ma poiché si passa da velocità maggiore a velocità minore L'angolo
di incidenza diminuirà. La z massima (θ2 = 90°) dipende dall'angolo di take off (θ 0) e di
conseguenza anche Δx (range del raggio sismico in superficie) dipende dall'angolo di take off.
Al diminuire dell’angolo di take off il raggio va più in profondità e aumenta anche Δ x.
θ01 < θ02 < θ03 < θ04
Con θ01 ho Δx max; con θ04 invece Δx min.
Al minuire dell’angolo di take off il raggio va più in profondità ed aumenta anche Δ x.
P = s1 sinθ1 = s2 sinθ2 = …. = sn sinθc = sn+1 questo ci spiega come nel punto di inversione
raggio, il parametro p assume il valore della lentezza sn+1.
del
Dato questo parametro posso calcolare il tempo di arrivo ti è il range Δ x.
Quando c'è un terremoto o tantissime stazioni che misurano il tempo di arrivo delle onde e queste
stazioni sono poste a diverse x. Graficamente:
88
Assumo approssimativamente la terra piatta con c=c(z). L'unione di tutti i punti mi danno una
curva T = T(x) detta curva di Travel Time o semplicemente dromocrona. Tramite suddetta curva è
possibile prevedere il tempo di arrivo di un'onda ad una certa distanza. Se il tempo di arrivo si
disco vuol dire che in profondità ci sono delle discontinuità. Questo principio e alla base della
tomografia sismica.
La componente orizzontale del vettore di lentezza s = s(z) coincide con il parametro del raggio
che è dato dalla formula
dalla formula
mentre la componente verticale invece è data
.
Al punto di inversione si ha p = s ed η = 0. Per trovare le espressioni integrali che consentono di
calcolare le grandezze x = x(p) e T (p).
Per la legge di Snell (p = s(z) sin θ(z)) si ottiene:
la quale formula , se applicate le note regole di derivazione, diventa:
89
Questa equazione può essere facilmente integrata per ottenere x. Dato che il raggio è
simmetrico rispetto al punto di inversione, allora la distanza x alla quale viene registrato il raggio
avente parametro p è il doppio della distanza orizzontale. Se z p è la profondità del punto di
inversione si ottiene:
Un procedimento analogo consente di calcolare il tempo di arrivo.
DROMOCRONE E FUNZIONI DI RITARDO
Nella zona B la velocità aumenta più rapidamente poiché quando le onde ritornano su passano
per la zona B incontrano una brusca diminuzione di velocità perché andando verso l'alto la
diminuzione di θ corrisponde a una diminuzione di ΔX. La dromocrona assumerà questo aspetto:
90
Primo tratto progrado, secondo tratto retrogrado delimitato da 2 cuspidi caustiche e terzo tratto
progrado.
Nella zona t r o la triplicazione ovvero una zona in cui vanno ad impattare più onde sismiche del
dovuto. Quindi è presente molta più energia sismica.
LOW VELOCITY ZONE
All'interno di una zona a bassa velocità i raggi sismici vengono deviati verso il basso per cui
nessun raggio avente origine in prossimità della superficie può avere il punto di inversione in
91
questo intervallo di profondità. I raggi aventi un elevato angolo iniziale di incidenza hanno tutti un
punto di inversione al di sopra delle LVZ. Non appena questo angolo diminuisce al di sotto di un
certo valore critico, i raggi entrano nella zona a bassa velocità e l'attraversano tutta senza invertire
direzione di propagazione. Il punto di inversione di questi raggi è invece nella zona sottostante,
dove il gradiente di velocità torna nuovamente positivo. La presenza di una LVZ crea una zona
d'ombra nelle curve T= T(x), e τ = τ(p). L'assenza di punti di inversione nelle LVZ rende difficile
determinare la sua struttura di velocità. Un altro fenomeno interessante, legato alla presenza delle
LVZ, si ottiene quando un raggio ha origine nella stessa zona a bassa velocità. In questo caso,
alcuni raggi rimangono intrappolati nella stessa zona. La stessa zona si comporta come una guida
d'onda.
È utile il delay time che viene calcolato facendo l'intercetta di una tangente nella dromocrona. È
una funzione continua anche nel caso di triplicazione.
È un metodo alternativo per verificare un PUNTO nella Travel Time. Basta conoscere l'intercetta
τ(p) e lo slope p.
Nel caso di una LVZ le curve di travel ed è delay sono:
92
Travel
Delay
In questa ragione si presenta il fenomeno dello scattering (allineamenti di raggi associate alla
presenza di piccole eterogeneità casuali, onde di coda, arrivano dopo le onde P ed S perché
inciampano sugli scatters). Le LVZ sono associate a presenza di fluidi. Nella terra la maggiore LVZ
è quella della zona a bassa velocità nell'astenosfera superiore quindi non tutti i fluidi risalgono per
formare le dorsali ma rimango immagazzinati nell'astenosfera.
FASI SISMICHE
Sono gli arrivi delle onde registrate sismometro. Il prodotto del sismometro è il sismogramma
che va orientato con l’asse x verso la sorgente, l’asse y verso il nord e l’asse z verso il basso. Per
distinguere le fasi sismiche bisogna fare prima un filtraggio iniziale per togliere le onde che non ci
interessano. Ogni funzione temporale viene considerata come un numero infinito di sinusoidi con
il filtraggio si eliminano alcune frequenze. Dopo ti faccio stabilire l'inizio delle case. Le onde P sono
93
le prime che arrivano, le onde S e infine le onde superficiali. Un cambiamento di fase si nota dal
cambiamento di ampiezza e dal cambiamento di frequenza.
NOMENCLATURA FASI
Pg = onde p ground. Sono le prime che arrivano se siamo vicini all'ipocentro. Hanno il punto di
inversione nella crosta.
Pn = onde P che viaggiano lungo la moho orizzontalmente e poi tornano in superficie (onde
riflesse)
PmP = onde riflesse dalla moho (arrivano sempre dopo le precedenti).
La stessa nomenclatura vale per le onde s.
Ad una certa distanza la fase Pn arriva prima della fase Pg perché lungo la moto la velocità
aumenta. La distanza è chiamata Crossover Point.
FASI SUPERFICIALI
Onde di Rayleigh
Quando un'onda S assieme ad un'onda P incide sulla superficie libera vengono in parte riflesse
ed in parte si genera un'ulteriore onda, data dalla composizione vettoriale delle due, che si propaga
sulla superficie stessa, chiamata Onda di Rayleigh.
Onde di Love
Le Onde di Love sono onde superficiali, anch'esse generate dall'incontro delle Onde S con
superficie libera del terreno, ma vengono generate solo nei mezzi in cui la velocità delle Onde S
aumenta con la profondità (quindi siamo in presenza di un mezzo disomogeneo). La velocità delle
onde di Love è maggiore di quella delle onde S negli strati più superficiali della crosta, ma minore
della stessa negli strati più bassi.
94
95
Ci sono due tipi di stazioni near-field e far-field.
Tutte le Travel Time, analizzando il tempo di arrivo di milioni di terremoti, sono state messe nel
grafico delle fasi sismiche e vengono utilizzate per analizzare l’interno terrestre.
CAPITOLO X
I TERREMOTI
Sono causati principalmente dal repentino movimento relativo tra due blocchi di roccia a
contatto lungo una faglia. Questi blocchi possono avere dimensioni molto variabili. Il movimento
tra i blocchi non è in genere continuo (cioè un creep asismico) ma procede a scatti, ed è regolato
dalle leggi dell’attrito. Durante le pause del movimento l’energia elastica viene accumulata in
piccole zone di saldatura temporanea tra gli elementi tettonici lungo il piano di faglia. Tale
accumulo di energia non prosegue per sempre ma ad un certo punto causa una rottura nelle
zone di saldatura. A questo punto la fratturazione delle rocce determina un rilascio di energia in
un brevissimo periodo di tempo, il cui effetto è il terremoto. Altre cause che possono provocare
terremoti sono associate al movimento dei magmi all’interno dei vulcani ed alle frane.
Il primo modello per la formazione dei terremoti fu proposto da H. Reid con il nome di rimbalzo
elastico (elastic rebound). Con il passare del tempo si arriva ad una situazione per cui la
deformazione accumulata nelle rocce supera la loro resistenza. A questo punto si ha un
movimento repentino lungo la faglia ed il conseguente rilascio di energia che dà origine al
terremoto.
96
Si pensa che i terremoti facciano parte di un processo chiamato ciclo sismico (che si sviluppa
dalle centinaia alle migliaia di anni).
Tali fenomeni si compongono di due fasi:
 Stadio intersismico: è riassumibile in una deformazione di tipo elastico (accumulo energia
elastica) e comprende la maggior parte del ciclo
 Fase cosmica: rilascio energia elastica, si verifica la maggior parte del fenomeno.
97
Il terremoto avviene nella “zone stick” (ipocentro), zona nella quale si vince l’attrito statico.
FAGLIE
Nel caso di faglie non verticali il blocco inferiore e quello superiore vengono indicati
rispettivamente come foot wall e hanging wall. Il vettore di slip è quindi definito come lo
spostamento dell’hanging wall rispetto al foot wall.
L’angolo λ tra il vettore di slip e lo strike viene chiamato rake. La faglia viene detta inversa se l’
hanging wall si muove verso l’alto; diretta o normale se essa si muove verso il basso. Nel caso di
faglie inverse aventi un angolo di dip δ minore di 45° si usa in genere il termine thrust per
indicare la faglia. In generale, le faglie normali sono l’espressione di una cinematica di
allontanamento dei blocchi, mentre quelle inverse indicano convergenza. Il movimento relativo
orizzontale di due blocchi a contatto viene chiamato strike-slip e la faglia corrispondente viene
detta trascorrente.
Se il blocco adiacente si muove verso destra allora il movimento viene detto right-lateral strikeslip e la faglia viene chiamata trascorrente destra. Nel caso contrario invece il movimento viene
detto leftlateral e la faglia corrispondente è trascorrente sinistra.
Per definire il rake nel caso di faglie verticali, si assume che l’ hanging wall sia il blocco alla
destra.
λ = 0° nel caso di una trascorrente sinistra e λ = 180° nel caso di una trascorrente destra lo
strike il dip e il rake definiscono il meccanismo focale di una faglia.
98
Il piano di faglia ha una direzione (strike) φ rispetto al Nord ed una immersione (dip) δ. Lo
strike è l’angolo tra la linea di intersezione del piano di faglia in superficie il N (tra 0° e 360°). Il
vettore di slip descrive il movimento del blocco di hanging wall rispetto al foot wall (angolo tra la
linea di faglia e il vettore λ). Il sistema di coordinate viene scelto in modo che l’asse x 3 sia verticale
rispetto alla superficie terrestre e rivolto verso l’alto. L’asse x 1 viene orientato lungo la faglia nel
piano (strike) della superficie terrestre, in modo che l’angolo di dip δ, misurato dalla direzione -x2,
sia minore di 90°.
99
Lo strike, il dip, il rake e l’ampiezza D del vettore di slip definiscono il meccanismo focale.
Ci dà la cinematica della sorgente del terremoto e quindi le caratteristiche della sorgente
stessa.
Il problema fondamentale della teoria della sorgente del terremoto è il pattern radiale degli
spostamenti. Si parte dall’equazione del momento di Cauchy non omogenea nel comportamento
elasto-statico, immaginiamo avere nell’origine una forza di volume. Questa forza esiste solo in
quel punto (verso l’asse x). Tutto il mezzo circostante si deforma. Per capire tale deformazione
bisogna partire come detto dall’equazione del momento di Cauchy nella reologia elastica e porre
l’accelerazione = a 0.
Il risultato dell’equazione sarà il pattern di radiazione degli spostamenti.
100
Se ho dei punti sull’asse x ho il massimo spostamento radiale e il minimo spostamento
tangenziale, sulla y ho solo quello tangenziale. Nei quadranti ho entrambi le componenti.
Nel caso di un terremoto ho una coppia di forze quindi nella modellazione sismica si introduce
un’altra coppia di forze che non mi dà il momento opposto.
Consideriamo l’elastostatica delle 2 coppie il cui pattern ha quattro lobi:
Invece, per quanto riguarda il comportamento elastodinamico si considera il primo
spostamento nel far field.
101
Neri: compressionali;
Bianchi: dilatazionali;
Asse T: tensionale, al centro del quadrante compressionale;
Asse P: pressione, al centro del quadrante di dilatazione;
Linee nodali: movimento onde P = 0
IL TENSORE DEI MOMENTI
È l’insieme di tutte le coppie che ho sui tre assi con orientazioni nelle tre rispettive direzioni. Si
hanno quindi 9 componenti.
È simmetrico e la traccia è 0.
Poiché simmetrico si può tracciare la diagonale:
 Asse T
 Asse P
102
La polarità (verso l’alto o il basso) registrata dal sismogramma indica che il raggio sismico ha
lasciato il quadrante compressionale (su) o dilatazionale (giù) della sfera. Per determinare i punti
sulla sfera focale che sono attraversati dai raggi sismici che collegano l’ipocentro al ricevitore.
La polarità del primo movimento registrata da 2 stazioni sismiche (R, Rz) dipende dal loro
azimut, dall’angolo di take off (θ e θ2) e dall’orientazione dei quadranti compressionali e
dilatazionali sulla sfera focale. Tramite un programma calcolo le migliori orientazioni della sfera
focale (e quindi dei quadranti) ricavo poi le posizioni delle faglie primarie.
BEACH BALL
Rappresentazione dell’emisfero inferiore della sfera focale proiettandola dal basso.
Sono rappresentative di 1 dei 2 possibili meccanismi focali
103
104
L’energia rilasciata durante un terremoto è il momento sismico scalare.
μ = modulo di taglio
D = spostamento
A = area faglia
Facendo l’integrale del campo degli spostamenti u (x,y) ottengo lo spostamento medio (u),
parametro più importante in sismologia utilizzato per misurare le forze dei terremoti causati dallo
slip delle faglie.
STRESS DROP: frazione dello stress usata per generare lo slip lungo le faglie. Dopo lo slip ho
una diminuzione del campo di stress di taglio. Quindi il rilascio totale di energia durante un
terremoto sarà:
105
Dove Ts è la forza superficiale esercitata attraverso il piano di faglia.
Lo stress drop per i grandi terremoti viene stimato dal momento sismico scalare.
Il momento sismico scalare misura la forza di un terremoto, collegato al tensore dei momenti.
Se n è il versore del piano di faglia e μ quello del vettore di slip (n ∙ μ = 0) l’espressione per il
tensore dei momenti è:
Dove le componenti del momento sismico scalare danno le geometrie delle faglie.
MAGNITUDO DEI TERREMOTI
Misura dell’entità dei terremoto.
Ci sono diverse scale, le più famose sono:
 Magnitudo locale (ML) di Richter. Fu trovata mentre catalogava dati sismici misurati con il
sismometro di Wood-Anderson (misura lo spostamento). Notò che i plot dei logaritmi
dell’ampiezza massima A (onde S) di ogni terremoto rispetto alla distanza dell’epicentro (in gradi)
avevano le stesse curve di decadimento. Trovò che per terremoti diversi le curve sono parallele e
la distanza tra esse non dipendeva dalla distanza dell’epicentro.
106
Quindi si può prendere una curva come riferimento e si misura la magnitudo con la distanza
tra le curve.
ML < 2.5 micro terremoto
3 < ML < 6 media intensità
ML > 6 forte intensità
 Magnitudo momento (MW) questa scala usata dai geofisici è più utile nella tettonica.
GUTEMBERG E RICTHER
Notarono una relazione tra la magnitudo dei terremoti e la loro ricorrenza temporale. Tale
relazione si può descrivere con una Power law.
Log10 N(M) = a-bM
N(M) = numero di terremoti con magnitudo> a M
a-b = parametri
107
Dove A0 è l’ampiezza dell’evento di riferimento. Ad ogni stazione sismica, un valore di ML può
essere ottenuto dall’ampiezza massima registrata A ed il valore di log A0 alla distanza appropriata
sorgente-ricevitore. A tal fine, Richter propose una tabella di log A0 alle diverse distanze. Da
questa tabella fu inoltre ricavata la seguente formula empirica per ML:
ML= log10 A(Δ) + 2.56log10 Δ- 1.67
N(M) è una retta che come si nota dal grafico decade in funzione di M con una Power law.
Ci consente di prevedere il tempo di ritorno di un terremoto e si basa su M o.
N(M) α Mo -β
N(M) = numero terremoti annuali con Mo > di valore assegnato Mo
α,β = costanti (β = o, s).
108
CAPITOLO XII
FLUSSO DI CALORE E TERMODINAMICA DELLA LITOSFERA
La struttura termica della terra è un campo scalare delle temperature variabili con il tempo.
T = T (r, t)
La sua evoluzione nel tempo è legata alla sua reologia e al suo comportamento dinamico.
Questo campo dipende dal tasso di calore trasferito dall'interno terrestre e dal calore perso alla
superficie. Il calore si può trasferire per:
 Conduzione
 Convenzione
 Radiazione
 Contatto
Se non ho variazioni sono in condizioni stazionarie come nella litosfera continentale (equilibrio
termico), nel caso in cui le variazioni dipendono dal tempo mi trovo nella litosfera oceanica (non
sono in equilibrio termico).
LEGGE DI FOURIER
Descrive il trasporto di calore nella litosfera per conduzione.
(q (n)) = quantità di calore per unità di area e per unità di tempo che fluisce per trasporto
conduttivo attraverso un piccolo elemento di superficie con vettore n.
K= coefficiente di conducibilità termica
derivata direzionale della temperatura quindi il gradiente che
si muove nella massima direzione di variazione della temperatura.
Definisco il campo vettoriale q = q (r, t) che è perpendicolare in ogni punto r
all'isoterma passante per r al t.
Il massimo flusso di calore è un campo vettoriale
109
La legge di Fourier mi dice che la derivata direzionale del calore
perpendicolare alla superficie.
è
Quindi il vettore q mi dice:
(modulo q): Massima quantità di flusso di calore
(direzione q): È perpendicolare all'isoterma
Il flusso di calore ci dà informazioni sulla quantità di calore generata nell'interno terrestre sul
campo delle temperature nella litosfera. C'è una certa variabilità nel flusso di calore sotto i
continenti che dipende dalla variabilità nella produzione di calore radioattivo (crosta continentale
35<q<65)
Nella crosta oceanica il flusso è maggiore rispetto alla crosta continentale. Quando la litosfera
oceanica è però più giovane di =10 Ma q = 100 W/m2S. Per le litosfere tra i 10 ed i 30 Ma q 60
W/m2s poi è circa 50 W/m2s.
Se cambio le ds mi cambia anche il flusso. La conduttività termica delle rocce sedimentarie
(0.5-2.5 W/m2s) è bassa e dipende dalla porosità, per le metamorfiche (2-4) e plutoniche (1.5 –
3.5); dipende dal minerale dominante (è > rispetto a quelle delle sedimentare).
La K delle rocce metamorfiche dipende dal contenuto di quarzo. Il gradiente medio di
temperatura della superficie terrestre è:
Il flusso di calore sulla superficie terrestre dipende da:
1.
Decadimento isotopi radioattivi (40K,
235U, 238U, 232Th)
110
2.
calore.
Raffreddamento secolare: Calore derivato dalla terra primordiale che sta perdendo
Il tasso di calore radiogenico della crosta è maggiore di quello del mantello a causa della
differente densità.
Un'altra sorgente di calore è il riscaldamento basale della litosfera lungo il LAB associato alla
convenzione nel mantello, che contribuisce anche al trasferimento di calore (qm) attraverso la
Moho.
Turcotte e Schubert stimarono che: circa il 70-80% del flusso di calore della superficie è
attribuibile al decadimento radioattivo, il 20-25% dipende dal raffreddamento secolare.
GEOTERME CONTINENTALI
In una sorgente non radiogenica, aggiungendo il parametro k ho la diffusività termica la cui
equazione si può scrivere come:
Senza usare il laplaciano otteniamo:
La variazione della temperatura è proporzionale alla diffusività termica per il laplaciano della
temperatura. In condizioni di non equilibrio la temperatura cambia con il tempo. In condizioni
stazionarie, derivata seconda della temperatura e 0.
111
Se la derivata seconda è zero la derivata prima sarà costante. Quindi la temperatura varia
linearmente con la profondità.
Nelle sorgenti radiogeniche l'equazione di diffusione varia in quanto bisogna aggiungere il
parametro H (tasso di produzione o di calore radiogenico (H =H (r, t))).
Anche se siamo in condizioni stazionarie, l'aggiunta di sorgenti radiogeniche implicano che la
temperatura non varia linearmente con la profondità. Posso applicare questi risultati ad uno
strato sottile ed orizzontale di spessore dz. Il flusso netto attraverso lo strato è:
112
Questa espressione implica che dq è diversa da zero se la temperatura non è una funzione
lineare della profondità, quindi
In questo caso, per la conservazione dell'energia il flusso netto attraverso lo strato deve essere
sostituito dalle sorgenti interne di calore.
Sia H il tasso di calore radioattivo per unità di massa all'interno dello slab. Il calore prodotto in
un dV, superficie interna, spessore dZ e massa dm è dato da:
Quindi l’equazione di trasferimento del calore per conduzione in condizioni stazionarie diventa:
113
Per trovare una soluzione a questa equazione si assume che:
 T(Z) = 0
 q(Z) = - q0 negativo perché il flusso va verso l'altro mentre Ze positivo verso il basso
Z= 0
E si ottiene:
La funzione T = T(Z) è detta geoterma e descrive la variazione della temperatura con la
profondità.
114
Osservando bene si nota che è una parabola, quindi la temperatura varia parabolicamente
con la profondità.
Questo modello non può essere usato per l'astenosfera in quanto prevede la fusione parziale della
peridotite dal mantello a partire da circa 80 km. È una buona approssimazione per la crosta
continentale.
È stato elaborato un secondo modello considerando che il tasso di produzione di calore
radiogenico diminuisce esponenzialmente con la profondità.
115
Tuttavia, anche questo modello, se esteso al mantello litosferico mi dà temperature non
attendibili stimati sulla base di valori delle kimberliti.
La geoterma migliore è quella ricavata dal fit tra pressione e temperatura di equilibrio dei
noduli di peridotite nelle kimberliti. Chiamata geoterma di McKenzie, ricavata risolvendo le
equazioni in condizioni stazionarie separatamente per la crosta, mechanical boundary-layer
116
(MBL) e Thermal boundary layer(TBL).
A differenza delle altre geoterme in quella di Mackenzie il contributo crostale al flusso di calore
è aumentato mentre il flusso di calore del mantello è diminuito. Il flusso di calore superficiale
determinato da questa geoterma è di:
117
GEOTERMA OCEANICA (CONDIZIONI NON STAZIONARIE)
Per spiegare le geotermia oceaniche ci sono vari modelli:
 HSCM = half Space cooling model (Turcotte e Schubert)
La temperatura è costante lungo i piani orizzontali quindi ho un flusso di calore solo lungo z.
Posso risolvere l'equazione in un semispazio (da 0 a + infinito)

Fino al tempo iniziale t=0 ho la temperatura costante T(Z,t) = Ti; T(Z, O) = Ti
118

Al tempo T = 0 o poco dopo riscaldo o raffreddo la superficie del semispazio
(istantaneamente) e la a mantengo a una temperatura costante T0 (T (0, t) = t0 e nel nostro caso
T0>Ti) tale che T0 > < Ti.

Se T0 > Ti il calore viene trasferito nel semispazio (si riscalda).

Se T0 < Ti il calore viene trasferito dal semispazio (si raffredda)
119

Quindi a t>0 le geoterme si spostano verso temperature più elevate, tanto più
lentamente quanto più maggiore è la profondità (boundary condition): lim z → ∞ T (Z, t ) = Ti per
ogni t >0
La soluzione all'equazione è la funzione degli errori complementari
Il plot di temperatura contro profondità per un improvviso riscaldamento della superficie
oceanica (T0 >T) è il seguente:
120
Porto la temperatura da 20 a 500°C.
Le regioni vicino alla superficie di temperatura sono significative e il Thermal boundary layer
(TBL).
Si può adattare per determinare la formazione della crosta oceanica prodotta dal
raffreddamento del morb della dorsale a causa dell'acqua dell'oceano. Quando l'astenosfera
fuoriesce per decompressione adiabatica, la colonna di astenosfera che descrive il meeting regime
viene trascinata via dall'asse della dorsale e si raffredda per conduzione. Possiamo dividere
questa colonna in due parti:
1.
Parte superiore dove la T< Tp astenosfera (1280°C)
2.
Parte inferiore dove la T> Tp astenosfera; questa non ha perso una quantità
significativa di calore.
La parte dove T< Tp è detto TBL istituisce la litosfera oceanica.
121
La funzione degli errori complementari viene usata per trovare le geoterme della crosta
oceanica, ma questa volta ho raffreddamento.
Le ascisse indicano sia l'età che la distanza dalla dorsale assumendo tasso di spreading
costante. Le geoterme non sono orizzontali ma vanno verso il basso mano a mano che ci
allontaniamo dalla dorsale con il trend descritto dalle funzioni degli errori complementari.
Quando si forma la crosta del melting regime la geoterma è quella dell'astenosfera. Man mano che
la crosta si allontana dalla dorsale si raffredda per conduzione in base alla
, quindi le geoterme si abbassano. Più la
crosta si raffredda e più si addensa e diventa instabile.
Più ci allontaniamo dalla dorsale e più aumenta la densità. Quando la temperatura scende
sotto la Tp l'astenosfera si trasforma in litosfera e viceversa (tra litosfera e astenosfera ho
differenze termiche ma non mineralogiche). Mentre lo spessore della litosfera continentale è
fissato a livello primordiale, quello della litosfera oceanica cambia con l'età (aumenta con
l'aumentare dell'età). L'inspessimento della litosfera innesca anche un fenomeno isostatico
secondo il quale più un blocco si raffredda più va in profondità. La profondità è la radice
quadrata dell'età. Questo modello si discosta un po' dalle osservazioni sperimentali in quanto
l’half space cooling model non considera che la litosfera oceanica poggia sull’astenosfera e quindi
risente del calore di quest'ultima. Per risolvere questo problema è stato creato il PCM.
 PCM = plate cooling model
Secondo il quale la litosfera alla sua base, viene mantenuta ad una certa temperatura. In
questo modo il modello rispecchia meglio le osservazioni sperimentali, rispetto all'HSCM.
Il PCM è il modello di raffreddamento della crosta oceanica.
122
MECCANISMI GUIDA DELLA TETTONICA: SLAB PULL E RIDGE
Nella litosfera si ha diffusione di calore verticale e convezione orizzontale di calore, questo
determina variazioni laterali di densità e spessore. Sebbene queste variazioni danno luogo alla
subsidenza termica non possono essere considerate come la causa innescante l’instabilità che
porta all’iniziazione della subduzione della litosfera oceanica. Infatti il plate cooling model prevede
un equilibrio termico asintotico ed isostatico per t tendente a infinito. Il pull generato dal
galleggiamento negativo dello SLAB è la forza dominante nella tettonica delle placche.
La litosfera (crosta più mantello litosferico) ha una densità dell'atmosfera sottostante, ho un
galleggiamento positivo (positive buoyancy). Quando La litosfera subduce, diventando moho, si
innescano delle trasformazioni che fanno aumentare la densità causando un galleggiamento
negativo.
Il meccanismo innescante la subduzione non è ancora chiaro, ma sicuramente non può essere
questa anomalia di densità.
Possiamo dividere le forze che agiscono nella tettonica in:
 Driving Forces: Conosco il movimento delle placche
 Resistive Forces: Si oppongono al movimento delle Driving Force
 Slab pull:(∫sp) è esercitato dallo strato diretto verso il basso e dal Momento torcente rispetto al
centro della terra (dipendente dalle variazioni laterali di spessore della litosfera oceanica). Quando
lo SLAB sprofonda aumenta intensità quindi sprofonda più velocemente.
 Ridge push (Trp): è la forza che viene esercitata dall’inspessimento della litosfera
all'aumentare della propria dell'età.
La Ridge Push ad una certa posizione r è:
Quindi la trazione associata all'inspessimento della placca è più grande nel caso di dorsali con
basso tasso di spreading.
Le resistive Force si dividono in:
Drag Pull(τD): Esercitato dall’astenosfera ed è sempre opposto al vettore velocità relativo della
litosfera rispetto all’astenosfera.
123
Si oppone alla subduzione. Ho Drag passivo in risposta allo Slab pull, si oppone al
trascinamento della placca. Il Drag attivo è dato dalla placca che si muove sulla litosfera
sottostante.
Stress di attrito(τF): Si ha lungo i margini trascorrenti (strike-slip) e su quelli convergenti.
Questa classe di forze comprende l'attrito associato il movimento della litosfera piegata sotto i
cunei accrezionari.
Le forze normali alla superficie dello Slab sono dovute alle variazioni dinamiche della pressione
nella nell'astenosfera.
τS= stress di risucchio: è esercitato sulla placca soprastante dalla bassa tensione sotto un
cuneo accrezionario
τL= spinta idrodinamica: Viene esercitata sulla litosfera in subduzione. Spiega il motivo per cui
gli angoli di subduzione sono minori di 90 gradi nonostante il momento torcente esercitato sugli
slab.
ln nero ho le isobare che mi danno bassa pressione sotto l'angolo oceanico, mentre sotto
l'angolo di arco ho una pressione molto più bassa che provoca un forte risucchio della placca
superiore (τs) ed una spinta idrodinamica dello Slab (τl).
CAPITOLO XIII
FLUSSO E COMPORTAMENTO FLUIDO DEL MANTELLO
EQUAZIONE DI CONTINUITA
Il comportamento dei solidi è descritto da equazioni reologiche che collegano lo stress ai tassi
di strain. Per descrivere il comportamento dei fluidi abbiamo bisogno di un sistema basato su
campi di velocità e tassi di strain.
124
Nella dinamica dei fluidi il materiale viene idealmente suddiviso in particelle dV e si assume
che le variabili intensive (velocità, densità, temperatura, pressione) cambiano in modo continuo
da punto a punto attraverso il materiale. In questo caso uso la versione lagrangiana, in cui la
posizione è in funzione del tempo quindi non è fissa (r = r (t)). Questa è utile per la seconda legge
di newton.
La derivata nella versione lagrangiana ∂q/∂t = dq/dt è detta derivata totale o derivata materiale
Per spiegare il comportamento dei fluidi ci sono 4 equazioni:
1.L'equazione di continuità mi lega in ogni punto la densità locale e le sue variazioni. In uno
spazio dR, attraversato dal fluido, fisso nel sistema euleriano. Ad ogni punto su dS ho solo
componenti di velocità perpendicolare alla superficie (lungo il versore) che contribuiscono a
definire il fluido dentro o fuori (dR). Se m = m(t) è la massa del fluido mR al tempo t, il flusso
risulta per unità di tempo attraverso dS, che determina il tasso di variazione di massa (dm/dt), il
quale risulta essere:
Quindi il tasso totale di variazione di massa in R è:
L'equazione di continuità nella versione lagrangiana é:
125
Se la densità rimane costante nel tempo dl/dt = 0 il campo di velocità è solenoidale:
In questo caso le particelle di un fluido possono deformarsi e ruotare ma non espandersi e
contrarsi. Si dice che il fluido è incomprimibile.
La versione euleriana dell'equazione di continuità diventa:
Ci dice che ha densità può variare localmente persino nei fluidi incomprimibili. 2.Equazione di
navier-stokes parte dall'equazione del momento di Cauchy considerando che l’accreazione di un
elemento di volume è la derivata materiale1 della velocità:
l'unica forza di volume nella dinamica del mantello
perché la gravità è
126
Non dipende dalla reologia del materiale. Per essere utilizzata deve essere combinata con
equazioni reologiche
Poiché il fluido è incomprensibile la traccia εKK = 0.
La pressione idrostatica del fluido incompressibile risulta: -1/3 εKK.
Questa equazione stabilisce la relazione tra pressione termodinamica e pressione principale.
Se combino le equazioni trovate fino ad ora ottengo:
127
3. La terza equazione che descrive il comportamento di un fluido è detta equazione di Stato
che mette in relazione la densità con la pressione.
4. L'ultima equazione è detta di conservazione dell'energia
Applichiamo l'equazione della fluidodinamica al mantello superiore, il cui comportamento
influenza le placche. Applico never stop al astenosfera Considerando che:
 Ho un flusso unidimensionale (lungo x)
 Il fluido è newtoniano incomprensibile Nello spazio, tra La litosfera è la zona di transizione.
 Mi trovo in condizioni stazionarie
 La litosfera si muove a velocità costante V0 rispetto alle zone di transizione
 Non ho slip boundary
Sotto il lab la velocità del flusso è V0 mentre è nulla al contatto con la zona di transizione. Il
campo di velocità nell'astenosfera e: V(x, y, z) =(Vx(z),0,0)
Quindi ho solo movimento orizzontale.
Risolvendo l'equazione si ottiene:
La pressione varia con la profondità Quindi bisogna riscrivere in funzione di Z p = P(z)
Si ottiene così:
128
La seconda equazione nasce dal Movimento orizzontale che ci dice che le variazioni di
pressione con la profondità sono idrostatiche. È dipendente dalla profondità e il campo di
pressione è:
La prima equazione si può scrivere come
chiamato flusso di poiseuille -couette.
Quando la pressione non varia lateralmente ∂p/∂x = 0 l'intensità della velocità decresce
linearmente con la profondità
Se la pressione varia orizzontalmente dp/dx diverso da 0 e V 0=0 il grafico risulta una parabola
(z)
129
Questo flusso è chiamato di poiseuille ed è diretto nella direzione della pressione più bassa. Il
tensore di stress nella regione h è:
Per drag si intende lo stress di taglio a quota Zero e si calcola con
È proporzionale alla velocità. Il primo termine rappresenta il Drag passivo mentre il secondo
quello attivo. Cresce istantaneamente quando aumento lo slap pull.
1)
descrive il tasso di variazione di qualche quantità fisica associata ad un elemento di
materia soggetto ad un campo vettoriale dipendente da spazio e tempo.
130
131