La vicenda editoriale delle commedie goldoniane è piuttosto articolata. A partire dal 1750 Goldoni strinse un accordo commerciale con l’editore veneziano Bettinelli per far uscire la sua produzione teatrale al ritmo di un tomo all’anno. Nel 1750 apparve il tomo primo, nel 1751 il secondo insieme alla ristampa del primo e nel 1752 il terzo unitamente alla riedizione dei precedenti due. A questo punto, l’editore e l’autore, che fino a quel momento si era attivamente occupato della revisione dei testi, litigarono. I volumi dal quarto al settimo furono così pubblicati dal Bettinelli nel 1753 senza il permesso dell’autore. L’editore si accordò infatti con l’impresario Medebach, che in cambio di un compenso si incaricò di fargli avere copia delle commedie non ancora pubblicate. Lo sdegno del Goldoni per il duplice tradimento e per la scorrettezza dei testi proposti fu massimo. Egli giunse quindi a disconoscere l’attendibilità dei nuovi tomi dell’edizione Bettinelli e fra i due nacque una causa legale. Contemporaneamente Goldoni si rivolse all’editore fiorentino Paperini perché si facesse carico di una nuova edizione della sua opera. Nel frattempo Bettinelli, in attesa di ricevere la sentenza (che gli sarebbe stata favorevole), produsse una nuova edizione (da lui chiamata “quinta”), che fu esemplata su quella fiorentina, più conforme alla volontà dell’autore. In alcuni casi, l’editore veneto si servì delle copie fornitegli dal Medebach, che rispecchiavano molto da vicino il testo recitato, cui erano state apportate correzioni ed aggiunte di mano di presunti “correttori”. Goldoni, da parte sua, promosse attivamente la “sua” edizione fiorentina attraverso un’abile regia di dediche, manifesti e prefazioni e attraverso una politica commerciale di grande smercio. Dopo la sentenza i toni accusatori del Goldoni verso l’edizione veneziana delle sue commedie si fecero comunque più morbidi. Oltre ai già citati casi di Bettinelli e di Paperini, egli curò personalmente la stampa delle sue opere in altre due occasioni, prima della monumentale edizione in 47 volumi pubblicata da Antonio Zatta a Venezia fra il 1788 e il 1795, che comprende tutti i suoi testi teatrali e i Mémoirs. L’edizione delle commedie che Goldoni realizzò presso l’editore Paperini a Firenze nel 1753, risentì di un clima astioso seguito alla traumatica rottura col Medebach e lo stampatore veneziano Bettinelli. L’intera operazione non fu mia disgiunta dalla volontà di rivendicazione di uno status costantemente minacciato da detrattori sempre in agguato. In questa fase, fu forte il desiderio di rottura e il valore agonistico della Paperini viene fuori soprattutto nei paratesti dove Goldoni ribatte alle accuse, ofre la sua versione dei fatti e si impegna a contrastare il progetto dei suoi ex sodali d contunuare a presentare parallelamente le sue commedie. In reazione al manifesto del Medebach, Goldoni pubblica la prima delle sue esternazioni, la Lettera ad un amico suo in Venezia, in cui il tema ricorrente è il discredito che verrebbe causato dall’approssimazione editoriale con la quale si danno alle stampe opere non adeguatamente controllate e ripulite. La Lettera inaugura una strategia di difesa e attacco che si dispiega tanto sul raggiungimento di una rinnovata identità sociologica, ovvero il diritto di decidere lui solo della sua opera, tanto su quello dell’attendibilità dell’autore come critico/editore di se stesso, l’approdo ad una forma valida e convincente delle sue commedie. Di qui, l’enfasi sul miglioramento, sulla correzione, sulla responsabilità che può essere esclusivamente sua, fino all’accorata pubblicità del piano dell’opera presso Paperini, più ricca, accurata e ripulita. Goldoni riprende in mano le sue commedie, le più antiche soprattutto, per dare seguito ad una svolta professionale. Un osservatorio privilegiato in questo senso è La donna di garbo, l’opera che apriva il primo tomo dell’ edizione bettinelliana: il rimaneggiamento del testo nell’edizione fiorentina va oltre il piano linguistico per occuparsi del dettato complessivo, quasi alla ricerca di un impianto che alleggerisca la percezione della struttura-canovaccio di base. Un esempio è dato dai continui riferimenti alla “donna di garbo” da parte di tutti i personaggi, un trucco di mnemotecnica e di impatto sullo spettatore. Altri ritocchi sono meno vistosi, ma intervengono sul tratteggio dei personaggi e sulla lettura della vecchia fabula. Goldoni, tuttavia, non porta fino in fondo questa operazione, lasciando intatte le famigerate chiusette, citazioni di classici o di componimenti poetici utilizzati per marcare alcuni passaggi dell’azione.