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Materiale informativo Green Quiz

MATERIALE INFORMATIVO PROGETTO
GREEN QUIZ
INDICE
PREMESSA…………………………………………………………………………………………………………………….…..pag. 2
1. ECONOMIA CIRCOLARE…………………………………………………..……………….……………………….……pag. 2
1.1 Un nuovo modo di guardare e chiamare le cose………………………………..…………………………pag. 5
2. PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE…………………………………………………………………………...……pag. 6
2.1 Riduzione……………………………………………………………………….…………………………………………….pag. 6
2.2 Riutilizzo……………………………………………………………………………………………………………………….pag. 9
2.3 Lo sperco alimentare…………………………………………………………………………………………………..pag. 10
3. LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E IL RICICLO…………………………………..……………………………….pag. 13
3.1 Cosa può essere differenziato? Le categorie degli scarti…………………..………………………….pag. 15
3.2 Carta e cartone……………………………………………………………………………....………………………….pag. 15
3.3 Multimateriale…………………..……………………………………………………………………………………….pag. 17
3.3.1 Imballaggi in alluminio e alltri materiali…………………………..…………..………………………….pag. 18
3.3.2 Imballaggi in plastica…………………………………………………….……………..………………………….pag. 20
3.3.3 Imballaggi in vetro………………………………………………………….…………………………………….….pag. 21
3.4 Organico……………………………………………………………………………………………………………….…….pag. 22
3.5 Da portare all’isola ecologica……………………………………………………….……………………………..pag. 24
3.6 Indifferenziato…………………………………………………………………………………………………………….pag. 25
3.7 La lunga vita dei materiali………………………………………………………………..………………………….pag.27
4. IL CICLO DEI MATERIALI E LA SITUAZIONE IN CAMPANIA………………………........................pag. 28
5. MOBILITA’ SOSTENIBILE……………………………………………………………………………………………....pag. 30
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PREMESSA
Il presente materiale informativo supporta il corpo docente nella preparazione agli alunni per il
progetto “Green Quiz”, promosso da Penisolaverde per l’anno scolastico 2018-2019.
I contenuti che seguiranno prendono spunto dal Metodo Greenopoli, un approccio pedagogico
nato per opera del prof. Giovanni De Feo dell’Università degli Studi di Salerno, premiato come
“Ambientalista dell’anno” 2018 nell’ambito del premio Luisa Minazzi promosso da Legambiente.
I concetti e i linguaggi utilizzati dal Metodo Greenopoli sono, infatti, funzionali al nuovo contesto
che si sta sviluppando in tema di gestione dei rifiuti.
In particolare l’endemica carenza impiantistica regionale e la conseguente saturazione degli STIR
(che verranno approfonditi nel paragrafo 4), sta rendendo sempre più problematica la gestione del
cosiddetto indifferenziato. Parallelamente anche la gestione dei materiali differenziati sta
registrando una fase di profondo cambiamento, orientando il sistema verso parametri sempre più
rigidi e restrittivi nella qualità delle raccolte differenziate.
In questo quadro, maggiormente orientato sulla qualità dei materiali differenziati e non più sulle
quantità, la raccolta differenziata è da considerarsi solo come un mezzo per conseguire lo scopo
ultimo introdotto e promosso dalla nuova economia circolare: l’effettivo riciclo.
1 ECONOMIA CIRCOLARE
Partiamo da una premessa storica. Gli scarti che producevamo prima della rivoluzione industriale
erano pochi e poco duraturi. Erano costituiti soprattutto da materiali naturali che consentivano
agli abitanti di gettarli in modo controllato. A smaltirli, ci avrebbero pensato i batteri. Infatti, i
materiali naturali sono presenti sul nostro pianeta da centinaia di milioni di anni e i decompositori
sono abituati a questi materiali, che sanno aggredire e smaltire. Al contrario, gli scarti odiernii
sono molto diversi per qualità e quantità. Non solo sono aumentati il numero degli abitanti e il
numero degli oggetti, ma anche la qualità degli scarti prodotti. Le tecnologie moderne hanno
permesso l’utilizzo di materiali nuovi, con costi contenuti, molto più leggeri e pratici, igienici e
sicuri ma con tempi di decomposizione estremamente lunghi (come vedremo in seguito nel
paragrafo 3.7).
La nostra economia si è così trasformata inun sistema lineare: si produceva, si consumava e si
buttava. Oggi invece la scarsità di risorse e l’aumento degli scarti prodotti ci costringe a pensare a
un nuovo sistema economico detto “economia circolare”.
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L’economia circolare non è un’invenzione dell’uomo, ma riprende ciò che avviene in natura dove il
rifiuto non esiste perché tutto si recuperain
recupera un ciclo naturale chiuso.. Ciò che un qualsiasi
organismo scarta diventa materia prima per qualcun altro e per questo non esistono rifiuti ma solo
risorse. La natura opera quindi un continuo e completo riciclo di qualsiasi materiale,
materiale un po’ come
abbiamo visto in passato accadere
dere per i nostri antenati.
antenati
Le attività gestite dall’uomo,, invece, sono basate su un modello dove, come conseguenza di un
prelievo massiccio di materia ed energia dall’ambiente per produrre beni di consumo, c’è
un’altrettanta massiccia produzione di scartii che hanno un impatto considerevole sull’ambiente
stesso. Inoltre, come accennato all’inizio del paragrafo, con la nascita dell’industria chimica sono
stati immessi sul mercato
rcato nuovi prodotti, sintetici e non biodegradabili, che la natura non è in
grado dii riciclare, aprendo in tal modo il ciclo chiuso della natura. Le materie prime vengono in
questo modo estratte e utilizzate per costruire beni che, terminato il loro scopo, vengono eliminati
e accumulati in un ciclo artificale aperto che ha generato scarti sempree più in aumento.
Ma cosa sono questi scarti che ci ostiniamo a chiamare rifiuti?E quanti se ne producono? Nel ciclo
artificiale aperto il cosiddettorifiuto è uno scarto che, ponendosi al di fuori del ciclo della materia e
dell’energia, rappresenta un serio problema per il Pianeta, aggravato dal fatto che negli ultimi anni
la popolazione mondiale, che produce rifiuti, è cresciuta in maniera esponenziale.
Ogni anno nel mondo vengono prodotti 4 miliardi di tonnellate di rifiuti. In linea di massima, i
paesi che ne producono di più sono quelli più ricchi e urbanizzati (in testa alla graduatoria ci sono
gli Stati Uniti). Ogni italiano produce in media circa 1,4 kg. di rifiuti al giorno, per un totale annuo
nazionale di 29,6 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani (497 kg. abitante annui).
La produzione di questi scarti è in aumento anche in tutti i paesi che stanno vivendo una rapida
crescita economica come ad esempio la Cina. Si calcola che nel 2025 l’umanità arriverà a
produrre oltre 6 miliardi di tonnellate di rifiuti.In tutti i paesi, ad ogni modo, i rifiuti aumentano
per tre motivi principali:
1) Ritmi e stili di vita odierni sono accompagnati da una vera e propria invasione della plastica
e dei prodotti “usa e getta”, come risultato della sempre più diffusa richiesta di cibi
precotti, surgelati, veloci da cucinare, in porzioni singole.
2) Il sistema industriale e commerciale tende ad immettere sul mercato prodotti poco
durevoli, usa e getta o monouso, di cui non è conveniente la riparazione.
3) Invasione degli ultra-imballaggi: molti imballaggi hanno come unico scopo quello di
rendere più visibile ed appetibile il prodotto e diventano subito rifiuti.
Compito dell’economia circolare,invece, è chiudere il cerchio aperto dall’uomo, minimizzando il
più possibile questa crescente produzione di scarti con il riuso, il recupero e il riciclo.
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Cambia il concetto stesso di scarto/rifiuto: non più tutto ciò che non ci serve e vogliamo buttare
via, ma solo ciò che non può essere riusato o differenziato.
L’economia circolare ha inoltre un importante risvolto sociale perché grazie a questo sistema
nascono anche molti lavori: chi progetta le cose in una nuova ottica, chi le ripara, chi le rivende,
chi inventa i programmi per condividerle con gli altri. In questo modo viviamo bene, consumiamo
meno risorse ed evitiamo di inondare il nostro pianeta di scarti inutili e difficili da gestire.
1.1Un nuovo modo di guardare e chiamare le cose
Prima di vedere e approfondire le strategie e le azioni concrete con cui tutti noi possiamo
realizzare l’economia circolare, non meno importanteè il nuovo modo con cui dobbiamo pensare
e chiamare le cose che ci circondano.
È ormai sotto gli occhi di tutti che il sistema di sviluppo adottato dall’uomo, soprattutto negli
ultimi 100 anni, non è più sostenibile: troppi i materiali impiegati, troppa l’energia usata per la
produzione e troppo lo spreco. Dobbiamo essere consapevoli che quando acquistiamo qualcosa
stiamo comprando anche degli oggetti che non ci servono. Continuare a vedere gli oggetti che
acquistiamo solo per quello che sono, e non per quello che erano in passato, ci impedisce di
pensare a tutte le risorse che sono state impiegate per produrli e, di conseguenza, ci rende più
predisposti allo spreco.
Ogni prodotto si porta sulle spalle, infatti, l’immensa mole di materiale utilizzato durante le fasi di
lavorazione fino ad arrivare al prodotto finale. Per aumentare la consapevolezza su questo
processo è stato inventato lo zaino ecologico, un indicatore (si misura in kg.) che calcola il peso dei
materiali e delle risorse energetiche necessarie per produrre un oggetto. Conoscere il rapporto tra
il peso di un oggetto e il peso dei materiali che è stato necessario prelevare dalla natura per
produrlo è spesso sorprendente ed altamente educativo:
-
per una confezione da un litro di succo d’arancia vengono utilizzati oltre 25 kg tra materie
prime e risorse;
-
una polo di cotone richiede 4 tonnellate e mezza di materie prime e risorse;
-
un computer necessita di 15 tonnellate di materie prime e risorse.
Oltre a compiere questo passo in avanti a livello mentale, è necessario anche iniziare ad utilizzare
un nuovo linguaggionella vita di tutti i giorni. Termini quali “buttare”, “gettare”, “rifiuti” fanno
parte di quel modello di economia lineare che non possiamo più permetterci. Le parole sono
importanti eparlare dimateriali da differenziare è diverso rispetto al tradizionale appellativo di
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rifiuti da buttare via. Abituiamoci a chiamare dunque le cose con il proprio nome: fogli di carta,
bucce di banane, lattine di alluminio, ecc. I rifiuti sono una nostra invenzione sbagliata che
dobbiamo imparare innanzitutto a prevenire.
2 PREVENIRE E’ MEGLIO CHE CURARE
Se, come vedremo, la raccolta differenziata è importante nell’ottica di intercettare materiali
sempre più puliti, la gerarchia comunitaria ci dice che le priorità devono essere azioni quali la
riduzione degli imballaggi e degli sprechi, il riuso e la riparazione.In una parola: prevenzione.
L’approccio alla prevenzione è connesso ad una visione generale relativa allanostra percezione del
mondodella produzione e del consumo. L’obiettivo principale a cui dovrebbe tendere una società
davvero sostenibile, in termini di prevenzione della produzione dei propri scarti, è l’allungamento
del ciclo di vita dei prodotti mediante:
-
scelta di prodotti durevoli per loro natura intrinseca (no usa e getta);
-
scelta del riuso nelle sue diverse forme tutte le volte che ciò è possibile.
Prima di differenziare un oggetto, quindi, dobbiamo sempre chiederci se possiamo prima
riutilizzarlo (vasetto o barattolo di vetro o metallo) oppure non acquistarlo la prossima volta (una
bottiglia o un flacone di plastica).
2.1 Riduzione
Un grande contributo all’aumento di oggetti che acquistiamo e che facciamo fatica a gestire nelle
nostre case proviene sicuramente dagli imballaggi.
Per imballaggio si intende ciò che serve a trasportare, proteggere e conservare un prodotto
durante il percorso dal luogo di produzione a quello di vendita, sino al luogo di consumo, dove
viene scartato ed immesso nel circuito di raccolta dei rifiuti. Possiamo distinguere principalmente
tre tipi di imballaggi:
1) primari, che contengono il prodotto (ad esempio la bottiglia che contiene l’acqua);
2) secondari, che raggruppano più unità di prodotto (ad esempio il cellophane che contiene
più confezioni);
3) terziari, ovvero gli imballi da trasporto.
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Gli imballaggi primari e secondari hanno anche una funzione comunicativa e pubblicitaria che
incide sempre di più sulla quantità di immesso sul mercato.
Purtroppo molti beni di consumo che utilizziamo quotidianamente possiedono tutti e tre i tipi di
imballo, spesso superflui come possiamo vedere nelle immagini sottostanti.
Come possiamo intervenire in prima persona per arginare questo fenomeno? Possiamo farlo da
subito, ad esempio con le nostre scelte al supermercato.
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Un capitolo a parte riguarda poi la riduzione tramite il consumo di acqua del rubinetto. Purtroppo
in Italia due famiglie su tre (oltre il 61%) acquistano acqua minerale, con un consumo medio a
persona pari a 192 litri all’anno. Il nostro Paese registra il consumo più alto in Europa, che si
traduce in un salasso per l’ambiente: oltre alle quantità di petrolio utilizzato per la produzione
delle bottiglie in plastica ed all’enorme quantità degli scarti prodotti, la minaccia all’ambiente
derivante dal consumo dell’acqua in bottiglia è inoltre correllata alle necessità di trasporto, che
implica il consumo di carburante fossile e le conseguenti emissioni di gas serra. Acquistare acqua
imbottigliata inoltre non garantisce una maggiore qualità e sicurezza rispetto all’acqua del
rubinetto che è:
-
sostenibile. L’acqua minerale grava sull’ambiente dall’imbottigliamento alla distribuzione,
dall’acquisto allo smaltimento e le bottiglie di plastica, seppur riciclabili, hanno un forte
costo per l’ambiente;
-
economica. Berla costituisce un risparmio economico per le famiglie;
-
sicura, perché controllata quotidianamente con test rigorosi. La presenza di tracce di cloro
nell’acqua del rubinetto ne garantisce la salubrità: il cloro impedisce la diffusione di
elementi potenzialmente dannosi come le infezioni batteriche. L’acqua in bottiglie PET è
monitorata con test meno frequenti e severi ed è spesso soggetta a trasporto e deposito
che comportano ulteriori rischi.
È possibile perseguire azioni e pratiche di riduzione non solo al supermercato o a casa, ma anche a
scuola:
-
stampare meno possibile e in modalità fronte retro;
-
quando si stampa, usare caretteri più piccoli, margini ed interlinea più stretti;
-
riutilizzare la carta già stampata su un lato per le bozze;
-
trasmettere comunicazioni via e-mail;
-
salvare i documenti su strumenti USB o cloud invece di stampare;
-
quando possibile, dematerializzare le lezioni usando schermi interattivi;
-
riutilizzare carta e cartoncino per le attività in classe;
-
promuovere l’uso di carta riciclata;
-
utilizzare tablet o e-reader per leggere i libri di narrativa assegnati;
-
promuovere l’uso dell’acqua del rubinetto.
Da segnalare, infine, come dal lato delle imprese ci siano molte esperienze in penisola sorrentina
che vanno verso la riduzione degli imballaggi. Ad esempio molti alberghi stanno iniziando ad
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acquistare detersivi alla spina ed a eliminare imballaggi inutili, usa e getta (es. posate e bicchieri) e
prodotti monodose (es. marmellate).
2.2 Riutilizzo
Con la buona pratica del riutilizzo diamo una seconda vita ai beni che altrimenti diventerebbero
subito uno scarto, ritardando o evitando la loro fase di riciclo o smaltimento finale.
Fantasia e creatività consentono di dare nuova vita agli oggetti che sembrano non sevire più a
nulla. Gli oggetti possono avere usi diversi da quelli per cui sono stati pensati. Ci sono ad esempio
artisti che creano veri e propri gioielli a partire da materiale riutilizzato: plastica, bottoni, tappi,
carta, lana, ecc. Ma anche nelle nostre case possiamo fare altrettanto: trasformando un barattolo
in un portapenne, riempiendo vasi e vasetti con altri alimenti, ecc.
L’attuale sistema industriale e commerciale, con lo scopo di aumentare sempre più le vendite,
propone beni sempre meno durevoli o addirittura “usa e getta”. Ma molti degli oggetti che
consideriamo rotti sono invece ancora utilizzabilui per molto tempo con la sempre più desueta
pratica della riparazione: la borsacon la cerniera inceppata può essere riparata, gli
elettrodomestici molto spesso possono essere riparati sostituendone qualche pezzo, ecc.
Spesso,infine, ci sono cose che non sono né rotte né consumate, ma di cui ci siamo semplicemete
stancati. Molte pratiche di riutilizzo informale degli oggetti sono ancora vive, come la buona
abitudine di donare vestiti, giocattoli e altri beni ancora funzionanti. In alternativa è possibile
usufruire dei circuiti di baratto gestiti da cooperative e associazioni di volontariato.
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E a scuolacosa possiamo fare?
-
Incoraggiare gli studenti a usare gli zaini dell’anno precedente: la moda non fa scuola!
-
Coinvolgere famiglie e studenti nel creare una Bacheca per il Riutilizzo dove postare
annunci su oggetti che non si usano più (giocattoli, libri, vestiti, oggetti per l’infanzia, ecc.)
che possono invece essere utili ad altre famiglie.
-
Organizzare un’area apposita per i libri da lettura o scolastici di seconda mano, o da
scambiare, all’interno della scuola per aumentare la vita utile di un libro.
-
Coinvolgeregli studenti in qualche semplice attività di riciclo creativo, per dimostrare loro
come sia possibile ottenere oggetti utili dai materiali di scarto.
-
Organizzare dei veri e propri Swap party, ovvero delle feste dove ognuno mette a
disposizione degli altri e scambia degli oggetti ancora utili e integri con qualcosa di cui
invece abbiamo bisogno.
2.3 Lo spreco alimentare
Con il termine spreco alimentare ci riferiamo all’insieme di quei prodotti alimentari che hanno
perso valore commerciale e che vengono scartati dalla catena agroalimentare, ma che potrebbero
essere ancora destinati al consumo umano. Si tratta di prodotti perfettamente utilizzabili, ma non
più vendibili, che sono destinati ad essere eliminati e smaltiti, in assenza di un possibile uso
alternativo. I prodotti così classificati perdono le caratteristiche di “merce”, ma non quelle di
“alimento”, quindi sono prodotti invenduti ma non invendibili.
Lo spreco alimentare è un fenomeno che per lungo tempo è stato estremamente sottostimato.
Negli ultimi anni, complici la crisi economica globale, la volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli e il
crescente allarme per il cambiamento climatico, si è accresciuta l’attenzione su tale problema,
nonché sugli sprechi di materie prime e risorse energetiche connessi.
Si tratta di un inaccettabile paradosso del nostro tempo: infatti se da un lato vi è la necessità nei
prossimi anni di incrementare la produzione alimentare del 60-70% per nutrire una popolazione
sempre crescente, dall’altro nel mondo si spreca oltre un terzo del cibo prodotto (145 kg. per
persona l’anno in Italia), di cui l’80% sarebbe ancora consumabile.
Con il cibo buttato, inoltre, vengono sprecati anche la terra, l’acqua, i fertilizzanti (senza contare le
emissioni di gas serra) che sono stati necessari per la sua produzione. Ridurre lo spreco di cibo
significa anche salvare il Pianeta.
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Lo spreco si trova in tutte le fasi di lavorazione, produzione, distribuzione, fino alle nostre case.
Senza dimenticare tutto ciò che avanza dai negozi, dalle mense e dai ristoranti.
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Per quanto riguarda le famiglie, che ogni anno sprecano circa 454 € di cibo, i prodotti alimentari
che si sprecano di più sono raffigurati di seguito:
È importante essere consapevoli che compiendo pochi piccoli gesti nel quotidiano riusciamo ad
avere dei benefici per la nostra salute e per l’ambiente. Ecco che dobbiamo imparare
impar
come
comportarci, a partire dalle nostre scelte a casa, al ristorante e al supermercato per evitare
acquisti eccessivi, prodotti ingannevoli o che non corrispondono a ciò che stavamo cercando.
cercando
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Sempre al supermercato, infine, costituiscono buone pratiche anche, l’acquisto
acquisto di prodotti a
basso impatto ambientale:
-
frutta e verdura di stagione. Sono più gustosi e salutari di quelli coltivati fuori stagione.
Questo perché seguono il loro ciclo naturale di crescita e maturazione, mentre invece quelli
coltivati
ltivati fuori stagione devono essere aiutati a crescere con un’alta dose di fertilizzanti e
antiparassitari;
-
prodotti “a Km zero”. Sono prodotti locali che vengono venduti vicino al luogo di
produzione. Costano generalmente meno grazie ai minori costi di trasporto
t
e di
distribuzione e sono di solito più freschi proprio perché subiscono spostamenti ridotti.
Scegliendo alimenti “a km zero” si valorizza la produzione locale esaltando nel contempo
gusti e sapori tipici, tradizioni gastronomiche e produzioni locali
locali come gli agrumi della
penisola sorrentina. Un altro importante effetto della scelta di questi alimenti è la
riduzione dell’inquinamento legato al trasporto delle merci verso i luoghi di distribuzione,
spesso piuttosto lontani.
3 LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E IL RICICLO
Solo quando di un oggetto non troviamo alcun utilizzo alternativo, possiamo pensare di conferirlo
nei corretti contenitori attraverso la raccolta differenziata.
Ma attenzione! La raccolta differenziata funziona e ha motivo di essere solo in quanto mezzo (e
non fine) per un obiettivo più grande: il riciclo. Riciclare significa mettere in atto una serie di
strategie e metodologie allo scopo di recuperare materiali utili a partire da ciò che differenziamo,
in modo da poterli riutilizzare nella produnzione di nuovi beni. In parole più semplici: dare una
nuova vita a quello che differenziamo.
Il concetto di riciclo non è di per sé un concetto moderno, anche se è vero che solamente in tempi
recenti ha acquisito un’importanza rilevante. L’uomo si è sempre dedicato ad attività di riciclo
lungo tutto il corso della storia:per ottenere vantaggi economici (il costo della materia prima
riciclata è inferiore rispetto al costo della materia prima vergine), ma anche per ovviare al
problema dello smaltimento dei rifiuti. Nell’antichità venivano riciclati soprattutto materiali edili,
perché la scarsità con cui si potevano recuperare non permetteva che venissero gettati. Altri
materiali che nel corso della storia sono stati spesso riciclati sono i metalli, in particolare il bronzo,
che veniva fuso e riutilizzato in modo pressoché perpetuo.
Queste pratiche sono passate in secondo piano con l’esplosione della società dei consumi e della
già citata economia lineare. Solo negli ultimi quarant’anni, quando si è rivelato indispensabile
trovare una soluzione al problema della gestione degli scarti sempre crescenti, si è ricominciato a
parlare di sistema di riciclo e, di conseguenza, di raccolta differenziata. La produzione di scarti
indifferenziati cominciava ad aumentare, a causa della crescita dei consumi e dell’urbanizzazione;
allo stesso tempo diminuivano sempre di più le aree disponibili per il trattamento e il deposito dei
rifiuti in discarica.
La raccolta differenziata è diventata così una pratica sempre più consolidata, fino a diventare in
Italia un indicatore di virtuosità dei vari Comuni. Ciononostante la raccolta differenziata resta
esclusivamente un mezzo per l’effettivo riciclo dei materiali raccolti, che costituisce il vero
indicatore previsto dalle normative europee. Quest’ultime, infatti, non prevedono obiettivi di
raccolta differenziata, ma ad esempio il raggiungimento entro il 2020 del 50% di effettivo riciclo
degli scarti urbani prodotti (l’Italia al momento è ferma 43,9%).
In questo mutato quadro il sistema si sta orientando verso parametri sempre più rigidi che
portano a riconoscere maggiori risorse alle raccolte qualitativamente migliori, cioè più pulite e con
meno materiali estranei. Questo ha comportato la necessità di fissare parametri più restrittivi nella
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valutazione della coerenza tre i materiali conferitialle piattaforme di selezione e quelli
effettivamente avviati a riciclo. Cambia, dunque, il concetto di Comune virtuoso che, a differenza
del passato, non
on si può basare più sul volume di raccolta differenziata ma sulla qualità della
materia riciclabile e la presenza delle frazioni estranee che nei prossimi paragrafi vedremo
materiale per materiale.
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3.1 Cosa può essere differenziato? Le categorie degli scarti
Ad oggi i materiali differenziabili sono molti; ne fanno parte tutti quelli che possono essere
destinati agli impianti di riciclo per essere sottoposti a una serie di procedimenti per estarrre
materie prime seconde da utilizzare nei cicli di produzione di nuovi beni anche diversi da quelli
originari.
I materiali che possono essere sottoposti a un processo di riciclo sono: legno, vetro, carta, tessuti,
alluminio, acciaio, plastica, apparecchiature elettroniche, ma anche pneumatici e oli esausti.
Dal punto di vista normativo in Italia si parla di due categorie di scarti:
1) Rifiuti solidi urbani: prodotti nelle città (negozi, uffici, famiglie) e a loro voltadivisi in tante
famiglie più piccole. Alcuni vengono raccolti a casa in appositi contenitori tramite il sistema
porta a porta: organico, metalli, plastica, vetro e indifferenziato. Altri vengono invece
raccolti presso luoghi dedicati come l’isola ecologica: rifiuti pericolosi (medicine, pile,
elettronici, toner, batterie, olii, ecc.) e ingombranti (mobili e arredi voluminosi).
2) Rifiuti speciali: prodotti dalle attività delle industrie, dell’agricoltura, del commercio,
dell’edilizia e dei servizi. Vanno trattati in maniera specifica e con molta attenzione.
La condizione per favorire il riciclo è quindi una sola: fare una buona divisione dei vari materiali. Ci
sono tante piccole regole che ci possono aiutare: impariamole insieme, conoscendo meglio le varie
tipologie di materiali.
3.2 Carta e cartone
Per fare la carta ci vogliono tanti alberi. La carta infatti viene prodotta dalla cellulosa, che a sua
volta deriva dal legno.In realtà in Europa la produzione della carta ricavata dalla fibra di cellulosa
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risale solo al 1800. Prima la carta si otteneva con la macerazione degli stracci. Si calcola che una
famiglia di 4 persone consumi circa due alberi ogni anno. Per proteggere le nostre foreste, si
usano alberi appositamente piantati a questo scopo, specie che crescono più rapidamente, in
modo che quelli tagliati vengano sostituiti nel più breve tempo possibile. Oggi per la verità la carta
può essere realizzata anche a partire da alghe o pianticelle più basse, come il cotone e il riso, in
modo da evitare di disboscare ancora. Parchi e foreste devono restare integri: sono il nostro
polmone!
La carta però sappiamo anche riprodurla riciclando quella usata. L’Italia è uno dei paesi che
consuma più carta al mondo, ma è anche molto brava a riciclarla e, in parte, la esporta in altri
paesi. Nella nostra Regione, tra l’altro, è presente una radicata filiera di impianti che trasforma la
carta che differenziamo in nuova carta e cartone e, successivamente, scatole e altri imballaggi.
Come funziona il procedimento di riciclo della carta? Dopo la raccolta e lo stoccaggio, la carta
proveniente dalla raccolta differenziata subisce una selezione, presso apposite piattaforme, che
serve ad eliminare eventuali materiali impuri e a separare la carta in diverse tipologie. A questo
punto la carta viene pressata e legata in balle, che vengono destinate alle cartiere. Qui la carta
subisce il vero e proprio processo di riciclo: viene dapprima sminuzzata in piccoli pezzetti,
sbiancata per eliminare l’inchiostro e infine ridotta in poltiglia. Ecco prodotta una nuova materia
prima seconda, dalla quale si ricaverà nuova carta. Il procedimento si conclude con la
disidratazione della poltiglia e la stesura in rulli, fino all’avvolgimento finale in bobine che vanno
dai trasformatori come le cartotecniche e le tipografie. A livello nazionale, l’ente che si occupa
della gestione del materiale carta e del suo ciclo è Comieco.
Il riciclo della carta permette di risparmiare energia, acqua e legno: da 100 fogli di carta nuova ne
otteniamo 80/90 di carta riciclata.
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Ad esempio con 10 giornali e 5 sacchetti di carta si può produrre una risma di fogli di carta
riciclata.
La carta però non si ricicla all’infinito, ma solo fino a 5 o 6 volte in media, dato che poi
successivamente la sua qualità diventa troppo scadente. Per questo dobbiamo pensarci sempre e
riciclarla tutta, anche quella che troviamo in giro .
Possiamo differenziarela maggior parte della carta che abbiamo ogni giorno tra le mani:fogli,
scatoloni (togliendo il nastro adesivo), quaderni,giornali, riviste, libri (anche se meglio regalarli!).
Attenzione invece alle carte speciali, che al loro interno hanno qualche altro materiale: alcune non
possono essere differenziata come la carta oleata dei panini e dei salumi, altre invece si come nel
caso del Tetrapak. Quest’ultimo, con il quale si fanno i cartoni per bevande, è composto al 75% da
carta, 20% polietilene, 5% alluminio. Raccolto assieme alla carta, può essere opportunamente
riciclato separando i materiali che lo compongono.
Ci sono, infine, anche altri tipi di materiali cellulosici che non possono andare nella carta come
quella anti-spappolo (fazzoletti e tovaglioli), quella termica (scontrini)o la carta molto sporca (il
cartone della pizza).
3.3 Multimateriale
Nel multimateriale si raccolgono insieme tre diversi tipi di materiali che, in seguito alla nostra
raccolta, vengono separati dalle piattaforme di selezione per poi essere avviati a riciclo:
1) Matalli (acciaio e alluminio)
2) Plastica
3) Vetro
Tutti e tre questi materiali sono accomunati da una regola molto importante che può servire da
bussola per non sbagliare la nostra raccolta differenziata: nel multimateriale si conferiscono solo
gliimballaggi. Ogni volta che abbiamo un oggetto di metallo, plastica o vetro tra le mani e lo
vogliamo differenziare, fermiamoci a pensare se si tratta o meno di un imballaggio. In caso
affermativo, ad eccezione di un paio di oggetti di plastica (piatti e bicchieri) anch’essi
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differenziabili, siamo sicuri di conferirlo correttamente nel multimateriale. In caso di oggetti
particolarmente unti o sporchi, sarà sufficiente pulirli con un tovagliolo già utilizzato (da conferire
poi nell’organico) o con una sciacquata superficiale. In presenza di adesivi, come nel caso delle
bottiglie di plastica o di vetro, non c’è da preoccuparsi: gli impianti di riciclaggio separano gli
adesivi e i tappi di diverso materiale.
Fare una corretta raccolta differenziata del multimateriale è importante perché dal riciclo di
metalli, plastica e vetro si possono fare tantissime cose utili che vedremo di seguito e che
anticipiamo nelle immagini sottostanti.
3.3.1 Imballaggi in alluminio e altri metalli
I metalli sono materiali preziosi, perché possono essere riciclati all’infinito. Le lattine e le
scatolette contenute nel multimateriale vengono innanzitutto selezionate con sistemi magnetici.
Questa operazione serve anche per eliminare eventuali frazioni di altri materiali. Una volta pulito e
frantumato, il materiale viene pressato in blocchi ed è pronto per essere fuso nelle fonderie o
nelle acciaierie per poi essere riutilizzato. Gli imballaggi di grosse dimensioni, invece di essere
sottoposti a fusione, possono essere rigenerati: vengono sottoposti a una serie di operazioni che
servono a rendere il contenitore nuovamente utilizzabile. A livello nazionale, gli enti che si
occupano della gestione dei metalli e delo loro ciclo sono il Ci.Al. per l’alluminio e Ricrea per
l’acciaio.
L’acciaio è uno dei materiali più diffusi al mondo ed è una lega a base di ferro con cui si possono
fare una serie di prodotti quali: lamiere, tubi, fusti, travi, filo di ferro, oggetti in banda stagnata
(latta) come i contenitori del caffè, ecc.
Anche l’alluminio è largamente presente nei prodotti di consumo: sono fatte di alluminio le lattine,
i vassoi usa e getta per alimenti, molti tipi di pentole, ecc. In Italia circa il 90% dell’alluminio
prodotto proviene da operazioni di riciclo. Questo perché per produrre alluminio nuovo serve un
minerale che non si tova in Italia: la bauxite.
18
19
Per estrarre la bauxite dalle montagne si impiegano macchinari che consumano così tanta energia
che è stato calcolato che creare oggetti in alluminio riciclato fa risparmiare il 95% di
energia.Inoltre, l’alluminio riciclato non differisce per nulla da quelle ottenuto dal minerale
originale, poiché le caratteristiche fondamentali del metallo rimangono invariate.
L’importante è seguire queste semplici regole:
Se siamo bravi a differenziare questi metalli possiamo produrre tanti oggetti nuovi.
Per l’acciaio:
-
con 2 milioni e mezzo di scatolette possiamo ottenere 1 km di binario ferroviario.
Per l’alluminio:
-
con 37 lattine è possibile fare 1 caffettiera. Tutte le caffettiere prodotte in Italia sono in
alluminio riciclato;
-
con 3 lattine si produce 1 paio di occhiali;
-
con 130 lattine si costruisce 1 monopattino;
-
con 360 lattine
tine si può costruire 1 bici.
3.3.2 Imballaggi in plastica
La plastica è una grande invenzione dell’uomo. Proprio così: in natura la plastica non esiste.
L’uomo,, attraverso complessi processi chimici, è riuscito a produrre la plastica dal petrolio.
Quest’ultimo si forma, in un fenomeno molto lento, sotto la superficie terrestre per
decomposizione di organismi marini e di piante che crescono sui fondali oceanici. Per questo
dobbiamo sentirci ancora più responsabili.
responsabili. Non solo perché per ottenere la plastica
pl
occorrono
grandi quantità di petrolio, ma anche perché la plastica non è biodegradabile, ovvero non si
decompone in modo naturale. Fortunatamente è riciclabile, soprattutto se poi selezionata dalle
nelle varie categorie di plastica che troviamo sulle
sull confezioni:
Dopo una fase di raccolta, la plastica passa alle piattaforme di selezione,, dove viene dapprima
ripulita da eventuali impurità e poi suddivisa secondo la tipologia, in modo da ottenere un
prodotto di qualità elevata. I tipi di plastica che più si prestano ad essere riciclati sono PET, PVC e
PE. Alcuni esempi di materiali che si possono ottenere da queste materie prime seconde sono:
-
dal PET riciclato:: flaconi per bibite, maglioni
mag ioni in pile, moquette, tappetini per auto. In
particolare con 20 bottiglie
ttiglie di plastica è possibile fare 1 maglione in pile,
pile mentre con 23
bottiglie di plastica è possibile fare un cestino per la spesa;
spesa
-
dal PVC riciclato:: materiali edili come tubi, scarichi per l’acqua, passacavi;
-
dal PE riciclato:: flaconi per detergenti, tappi, sacchetti, casalinghi.
Nel caso in cui i vari tipi di plastica vengano riciclati tutti assieme, si ottiene quella
quel che viene
definita plastica riciclata eterogenea, dalla quale si possono ottenere
ttenere arredi urbani, recinzioni,
cartelli stradali, ecc. A livello nazionale, l’ente che si occupa della gestione del materiale plastica è
del suo ciclo è Co.Re.Pla.
Oggi con la plastica vengono realizzati la maggior parte dei prodotti che usiamo tutti i giorni, a
partire dagli imballaggi che abbiamo già visto come possano essere ridotti (ad esempio non
acquistando l’acqua in bottiglia ma utilizzando quella del rubinetto).
20
Contrariamente alla regola generale del multimateriale (solo gli imballaggi) possiamo conferire
non imballaggi quali i bicchieri e i piatti delle feste, mentre vanno nell’indifferenziato oggetti come
le posate, gli spazzolini e i giocattoli.
21
3.3.3Imballaggi in vetro
Sembra incredibile che un materiale così bello possa essere fatto solo di materiali semplici e
comuni: sabbia, soda, calcio. Una bottiglia di vetro, infatti, è fatta al 70% di sabbia. Per produrre
vetro da questi materiali occorrono però tantissima energia, mentre produrre vetro nuovo da
quello riciclato fa risparmiare ben il 60% di energia.Anche il risparmio di materiali è notevole: per
fabbricare 100 kg. di vetro ex novo occorrono 120 kg. di materie prime. Al contrario, con 1 kg. di
rottame di vetro recuperato si ottiene 1 kg. di nuovi contenitori in vetro riciclati e senza alcuna
perdita.Anche il vetro è riciclabile all’infinito.
Il vetro è un prodotto antichissimo e si ricicla da millenni. Lo facevano anche gli antichi Romani,
fondendo di nuovo i pezzi di vetro rotto. Al giorno d’oggi il procedimento di riciclodel vetro si
svolge inizialmente in una piattaforma di selezione, per poi essere portato nelle vetrerie per
diventare di nuovo vetro. Nella piattaforma il materiale subisce prima di tutto una selezione
(manuale e meccanica), grazie alla quale vengono eliminate le sostanze estranee: eventuali pezzi
di metallo, che vengono tolti con delle elettrocalamite, o etichette di carta e plastica, che vengono
aspirate. A questo punto il vetro viene frantumato e diventa a tutti gli effetti materia prima
seconda, da destinare a forni per diventare, una volta fuso, nuove bottiglie, vasetti e flaconi. In
Italia, dove circa 7 bottiglie su 10 sono fatte con vetro riciclato, l’ente che si occupa della gestione
del materiale vetro è del suo ciclo è Co.Re.Ve.
All’interno del multimateriale, il vetro per difficoltà nel fare la raccolta differenziata è più semplice
della plastica (dove ci sono tantissimi non imballaggi che vanno nell’indifferenziato) ma, rispetto ai
metalli, bisogna stare molto più attenti: oggetti trasparenti come lampadine, specchi e vetroceramica (Pyrex) non vanno con il vetro.
Così come molte volte si fa confusione con piatti e tazzine, che vanno nell’indifferenziato perché di
ceramica. Quest’ultima è il nemico numero 1 del vetro: a causa delle diverse temperature di
fusione è sufficiente un solo frammento di ceramica, mescolato al rottame di vetro dentro il forno,
per vanificare il processo di riciclo, dando origine a contenitori destinati irrimediabilmente ad
infrangersi.
22
3.4Organico
Organico vuol dire naturale. Come abbiamo visto nel ciclo di vita naturale, in natura i rami, le foglie
secche, l’erba e gli animali che muoiono nel bosco vengono decomposti dai microrganismi presenti
nel terreno; in questo modo vengono restituiti al ciclo naturale e diventano humus, un prezioso
fertilizzante. Anche l’uomo ha imparato questo processo, sfruttandolo per nutrire i campi in
agricoltura.
Nell’habitat umano, gli scarti organici sono prevalentemente quelli legati al cibo: le bucce, gli
avanzi, i fondi ci caffè, i gusci d’uovo, gli scarti di carne e pesce. Ma può essere conferita
nell’organico anche quella carta sporca che non può essere riciclata con gli altri materiali
cellulosici, come ad esempio il cartone sporco della pizza, tovaglioli e fazzoletti sporchi.
È altrettanto importante raccogliere l’organico solo in sacchetti di bio-plastica o di carta
certificati.
Separare correttamente questi materiali, che rappresentano tra il 30 e il 40% degli scarti
domestici, significa non sprecare risorse preziose.
Infatti, l’organico raccolto può essere riciclato per diventare fertilizzante ed energia rinnovabile.
Dopo essere stato raccolto, il materiale organico viene selezionato per togliere eventuali residui
non degradabili. A questo punto è pronto per essere lavoratopresso gli impianti di compostaggio.
Grazie alla decomposizione batterica del materiale organico, mediante trattamento aerobico (che
avviene cioè in presenza di ossigeno), si ricava una sostanza chiamata compost, un ammendante
simile all’humus che può essere utilizzato come fertilizzante in agricoltura o per concimare orti e
giardini. In alcuni impianti di compostaggio, oltre al compost, si può ricavare anche biogas, una
miscela di gas composta principalmente da metano e anidride carbonica, che si forma
spontaneamente nel corso della decomposizione. Negli impianti deputati anche al recupero di
biogas, questo processo naturale viene accelerato grazie all’utilizzo di batteri;la decomposizione
avviene in appositi contenitori, definiti “digestori”, ermeticamente chiusi e privi di ossigeno. Il
biogas prodotto viene utilizzato per ricavare energia elettrica e termica.
Il riciclo dell’organico apporta numerosi vantaggi:
-
recupero di energia;
-
miglioramento del suolo agricolo e riduzione dell’inquinamento da fertilizzanti chimici;
-
riduzione del materiale destinato alla discarica.
Se poi abbiamo la fortuna di avere un giardino possiamo richiedere e utilizzare unacompostiera
per ottenere lo stesso risultato, riducendo la quantità di materiali differenziati da consegnare.Il
processo infatti è lo stesso, cambiano i tempi di produzione: da 3 a 6 mesi per quello prodotto in
casa, 20-50 giorni per quello industriale. Innanzitutto bisogna individuare una porzione di terreno
né sempre al sole né sempre in ombra in cui sistemare la compostiera. Dopodiche basta seguire
queste semplici regole:
1) ridurre gli scarti in pezzi piccoli, come tessere di un puzzle;
2) introdurli nella compostiera sistemandoli il più possibile a strati regolari, alternando
materiale secco (foglie, ramaglie, ecc.) e materiale umido (scarti di cibo). La porzione secca
deve essere doppia rispetto all’umido;
3) cercare di dargli la forma di una piramide;
4) di tanto in tanto rigirare gli strati per rendere più omogeneo il contenuto. Nel primo mese
è meglio farlo una volta ogni due settimane, poi si può diradare la frequenza;
23
5) annaffiare regolarmente. Tenere presente il clima (se è piovuto da poco se ne può fare a
meno, se invece è estate bisogna essere un po’ più assidui: non deve esserci ristagno
d’acqua);
6) ricoprire il tutto con foglie secche
In questo modo, nell’arco di 5-6 mesi, è possibile ottenere un buon compost. Sembra il
terriccio del bosco, con un colore scuro, soffice e omogeneo.
24
3.5 Da portare all’isola ecologica
Finora abbiamo visto le frazioni di materiali differenziabili che vengono raccolte con il sistema
“porta a porta”. Il cittadino espone le buste della raccolta differenziata fuori dalla propria
abitazione secondo un calendario che determina giorni e orari di raccolta.
Ci sono invece altri materialiche devono essere portati direttamente all’isola ecologica:
-
olio vegetale esausto: si tratta dell’olio usato nelle nostre cucine per friggere, per cucinare
e per conservare gli alimenti nei vasetti (es. il tonno). Una volta usato, l’olio va gestito in
modo giusto essendo potenzialmente molto dannoso per l’ambiente: basta 1 litro di olio
gettato in modo scorretto per inquinare 1 milione di litri d’acqua. Per questo lo scarico
dei lavandini o il water non sono i posti giusti, ma deve essere raccolto in appositi
contenitori (anche riusando una bottiglia di plastica e altri contenitori) e portato presso
l’isola ecologica. L’olio esausto recuperato, infatti, può essere trasformato in biodisel ed
essere utilizzato al posto della benzina per le auto, oppure diventare un’ottima base per
produrre saponi.
-
RAEE: questa sigla indica i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche. Avete
presente la console dei videogames? Quando non si rompe e la dovete buttare diventa
RAEE. Stessa cosa per un frigorifero, frullatori, lavatrici, televisori, computer, cellulari, ecc.
Le nostre case ormai sono piene di questi apparecchi elettrici ed elettronici che hanno
bisogno di un trattamento particolare quando dobbiamo disfarcene. Perché sono costituiti
da vari materiali che in parte possono essere riciclati (come il rame, il ferro, l’alluminio e la
plastica), in parte sono preziosi (come l’oro, l’argento e il rame) e in parte sono pericolosi
(come il mercurio e il piombo). I RAEE sono quindi un vero e proprio tesoro nascosto, ma
per scovare questa ricchezza occorre trattarli nel modo giusto non abbandonandoli
nell’ambiente ma portandoli presso l’isola ecologica. In alternativa, per i RAEE di
piccolissime dimensioni (massimo 25 cm.) dal 2016 c’è una novità: si chiama “Uno contro
Zero” e obbliga, per legge, i grandi punti vendita ad accettare gratuitamente i vistri piccoli
RAEE anche se non comprate niente.
In Italia, ogni abitante produce in media 15-18 kg. di RAEE l’anno, di cui solo 4 vengono
recuperati. La strada da fare è ancora lunga.
Gli olii vegetali esausti e i RAEE sono così preziosi che Penisolaverde ne incentiva la raccolta
attraversosistemi di premialità: i cittadini che conferiscono questi materiali presso l’isola ecologica
possono ricevere in cambio qualcosa attraverso l’iniziativa chamata“L’Isola ecologica del tesoro”.
Oltre agli olii e ai RAEE, possono essere portati presso l’isola ecologica anche:
-
gli ingombranti:mobili e arredi in disuso o danneggiati;
-
i rifiuticlassificati come pericolosi:medicine scadute, pile, batterie al piombo, cartucce per
stampanti, lampadine, neon e tubi catodici. È importante portare tutti questi materiali
all’isola ecologica per essere correttamente smaltiti senza rischi per noi e l’ambiente:
3.6 Indifferenziato
Tutto ciò che non può essere differenziato nelle specifiche raccolte che abbiamo visto finora, va
nel cosiddetto indifferenziato.
25
Da questa frazione non si può ricavare alcuna materia prima seconda, ma è tuttavia possibile
ricavarne energia elettrica o termica grazie ai termovalorizzatori. Ad esempio con 1 kg. di scarti
indifferenziati si può ottenere energia elettrica sufficiente a far funzionare:
-
28 minuti una lavatrice
-
6 ore un televisore
-
4 ore un frigorifero
-
8 ore un PC
26
cosa ci va? Sarebbe bello dire niente, ma in Italia lo smaltimento in discarica
E allora indiscaricacosa
interessa ancora il 23% degli
gli scarti che produciamo nelle case.
case
Se riutilizziamo, ricicliamo e recuperiamo energia dalla parte residua dei rifiuti, la quantità di
materiale che saremo costretti a portare in discarica diventerà sempre più in bassa.
Le discariche sono dei grossi buchi nella terra,
terra, che vengono riempiti con quella parte di scarti che
non si possono né riciclare, né trattare nel termovalorizzatore. Quando è piena,
pien la discarica deve
essere chiusa e controllata per altri 30 anni per evitare che possa creare inquinamento. Dobbiamo
assolutamente riuscire a limitare l’uso e fare durare le discariche esistenti il più possibile.
3.7 La lunga vita dei materiali
Abbiamo visto come alcuni materiali sintetici che siamo abituati a differenziare, se abbandonati
necessitino di tantissimo tempo per decomporsi nell’ambiente. Non fare la raccolta differenziata
non è quindi solo uno spreco, ma significa lasciare nel nostro ambiente
ambiente (la nostra casa!) qualcosa
che resterà lì per anni.
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L’avreste mai detto che, per esempio, la gomma da masticare buttata dopo averla masticata per
ore quando facevate le elementari, adesso che siete alle medie è ancora lì che vi aspetta da
qualche parte? E che le bottiglie di plastica non solo sopravviveranno a voi, ma perfino ai vostri
pronipoti?
Purtroppo il problema dell’abbandono dei rifiuti (littering) è ancora radicato con tantissime delle
nostre strade spesso invase da frigoriferi, mobili e altri oggetti che avrebbero avuto ancora
un’utilità con la raccolta differenziata. Negli ultimi anni, soprattutto a causa dell’enorme problema
dell’abbandono della plastica in mare (littering marino), l’attenzione dell’opinione pubblica sta
aumentando anche grazie all’organizzazione di manifestazioni di pulizia e sensibilizzazione come
Let’s Clean Up Europe a cui lo scorso anno Penisolaverde ha aderito con l’aiuto delle scuole.
4 IL CICLO DEI MATERIALI E LA SITUAZIONE IN CAMPANIA
Con l’espressione “ciclo dei materiali” si intende l’intero percorso dei materiali, dalla loro
produzione fino al loro riciclo o smaltimento. Questo ciclo comprende tre passaggi fondamentali:
1) raccolta: il percorso dei materiali inizia con i cittadini che differenziano i vari materiali
avvalendosi del servizio di raccolta. Differenziare correttamente è il primo passo per
garantirne l’effettivo riciclo;
2) trasporto: grazie ad operatori specializzati, i materiali differenziati vengono portati alle
piattaforme di selezione;
3) trattamento: presso le piattaforme di selezione,i materiali che abbiamo già suddiviso a
casa vengono differenziati ulteriormente, così da eliminare le impurità e separare il
materiale riciclabile. Solo dopo questo passaggio, i materiali vengono avviati agli impianti di
riciclo/trattamento per produrre:
28
-
nuovi oggetti (da carta, metalli, plastica e vetro);
-
fertilizzante e biogas (da organico);
-
energia elettrica o termica (da indifferenziato).
Tutta questa serie di operazioni devono essere eseguite nella maniera più accurata possibile, in
modo da mantenere un basso impatto ambientale ed evitare rischi di contaminazione, a partire
come abbiamo visto dalla raccolta differenziata che facciamo a casa
casa e che deve essere sempre più
di qualità per garantire l’effettivo riciclo.
Grazie alla qualità il ciclo dei materiali può diventare fonte di ricchezza, in termini di reddito e di
occupazione, oltre a consentirci di vivere in un ambiente migliore.
Nella figura
igura sottostante è riassunto il ciclo dei materiali che, non dimentichiamocelo, vede sempre
come prime scelte la riduzione e il riuso:
29
Ma come funziona il ciclo dei materiali in Campania?
Purtroppo la nostra Regione, che produce circa 2 milioni e mezzo di rifiuti l’anno, paga una
carenza in termini di impianti che sta frenando la quantità ma soprattutto la qualità della raccolta
differenziata che si attesta al 52,8%.
In particolare mancano gli impianti di compostaggio per il trattamento dell’organico. Ce ne sono
davvero pochissimi, nessuno dei quali produce biogas, con la conseguenza che una parte rilevante
dell’organico raccolto va fuori Regione con enormi costi economici e ambientali (in termini
soprattutto di inquinamento per i trasporti).
Gli altri materiali differenziati vengono selezionati in numerose piattaforme, per poi andare negli
impianti di riciclaggio per diventare materie prime seconde.
E l’indifferenziato? Quest’ultimo subisce una lavorazione preliminare presso impianti chiamati
STIR, acronimo di Stabilimenti di Tritovagliatura e Imballaggi Rifiuti. I 7 STIR (tre nella provincia di
Napoli e uno a testa nelle altre Province) separano, con un vaglio, l’indifferenziato che produciamo
in parte umida e parte secca. Solo quest’ultima viene infine portata presso 1termovalorizzatore
sito ad Acerra che la brucia per diventare energia elettrica, con la tecnologia e il funzionamento
che abbiamo visto in precedenza. Rispetto ad altri impianti di termovalorizzazione, quello di Acerra
ha emissioni molto al di sotto dei limiti fissati dalla normativa italiana (tra il 50 e il 70% in meno).
Tutto quello che non va ad Acerra, che ha una capacità annua di circa 700.000 tonellate, va
nell’unica discarica regionale oppure fuori Regione (o anche all’estero tramite treni o navi).
5 MOBILITA’ SOSTENIBILE
Nella nostra società i trasporti hanno un ruolo fondamentale, ma consumano molta energia e
contribuiscono a creare inquinamento. È dunque importante trovare soluzioni per muoversi in
modo più pulito, intelligente e sicuro.
Si tratta di un obiettivo impegnativo, che richiede da parte delle istituzioni capacità di
programmazione e notevoli investimenti, mentre da parte di tutti noi è necessario uno sforzo
personale per adeguare le nostre abitudini e i nostri mezzi di trasporto. L’obiettivo è vivere in città
meno inquinate e più sicure, attraverso la riduzione del traffico privato, la progressiva sostituzioni
delle auto circolanti con vetture ibride o a emissioni zero, l’incremento della frequenza del
trasporto pubblico e il rinnovamento del suo parco mezzi, soprattutto degli autobus.
Tutto questo è indispensabile soprattutto in Paesi come l’Italia. Le nostre città, infatti, sono nate
prevalentemente nei secoli scorsi e non sono state progettate per il traffico urbano: solo in tempi
30
recenti abbiamo cercato di adeguarle alle crescenti esigenze di trasporto e mobilità. Sono state
ampliate le strade, creati sottopassi e cavalcavia, svincoli e tangenziali, aree di parcheggio.
Raramente ci sono margini per nuovi interventi di questo tipo, soprattutto in contesti come la
penisola sorrentina. Con l’aumentare del numero di veicoli si moltiplicano quindi gli ingorghi: di
tutte le emissioni di CO2 dovute ai mezzi di trasporto, il 40% si verifica in città; la percentuale sale
al 70% se si prendono in considerazione altre sostanze inquinanti prodotte da autoveicoli. Nei
prossimi anni ci aspetta quindi un grande sforzo collettivo in nome del risparmio energetico e della
tutela della salute di chi vive nei centri urbani e nelle zone altamente ricettive dal punto di vista
turistico.
Bisogna creare, nell’ottica dell’economia circolare e della condivisione, sistemi di trasporto nei
quali l’automobile smetta di essere il mezzo di trasporto prevalente, coordinando trasporti
pubblici (treni, tram, metropolitane, autobus, treni, linee fluviali e marittime) e collettivi (taxi,
servizi di trasporto a chiamata e di gruppo) e individuali (automobili, ma anche moto, biciclette e
percorsi pedonali). Dovremo abituarci a termini come car sharing, ossia auto e altri mezzi
condivisi. Si tratta di servizi nei quali più mezzi di trasporto vengono utilizzati a turno da molti
cittadini a fronte di un prezzo modico. Il car scharing permette di godere dei vantaggi della
mobilità evitando la spesa dell’acquisto di un veicolo e, al tempo stesso, incentiva a usare l’auto
solo quando se ne ha davvero bisogno.
E nel frattempo cosa possiamo fare nel nostro piccolo? Innanzitutto evitare di prendere l’auto
quando non ce n’è bisogno, spostandoci a piedi o in alternativa con mezzi ecologici (bici) o
pubblici. A partire da quando andiamo a fare la spesa al supermercato: evitando di acquistare
imballaggi inutili (a partire dalle bottiglie d’acqua) le nostre buste saranno sicuramente più leggere
e facili da trasportare. Un vantaggio non solo per l’ambiente, ma anche per la salute e il portafogli.
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