Scheda – Guida alla lettura: Il duello fra Paride e Menelao (Il. III) “La realtà e il suo doppio”, pp. 148-152 - Struttura del brano: Antefatto: A seguito dell’accordo segreto tra Teti e Zeus, che stabilisce l’invincibilità dei Troiani fino al ritorno di Achille, il primo scontro tra i due eserciti procede con esito incerto (una fitta polvere si solleva dalla pianura, avvolgendo i combattenti; in realtà è un’anticipazione della nube che salverà Paride dal duello mortale). Esordio: vv. 15-37 – Primo incontro Paride-Menelao (Paride è detto anche Alessandro - ἀλέξω, alèxo = "difendere"; ἀνήρ, anèr = "uomo": "colui che difende i suoi uomini") Nella mischia dei combattenti Menelao (paragonato a un leone che avvista un cervo) si approccia minaccioso al rivale in amore, Alessandro-Paride, che si rifugia con un balzo nel gruppo dei Troiani, come fa chi vede una serpe. Da notare la sintesi e la vividezza delle similitudini, ma anche il contrasto delle immagini e dei concetti (“leone / cervo”, “Troiani animosi / temendo il figlio di Atreo”). Paride, privo di coraggio, è rappresentato quindi come un antieroe: EROI kalòs mègas (bello e grande) ANTIEROI kakòs kài èchthistos (brutto e odioso) aretè (valore) àphenos (ricchezza) timè (onore) klèos (fama) athumìa (mancanza di coraggio) atimìa (disonore) aidòs (vergogna) kakòs kài aischròs (brutto e infame) kalokagathòs bello-valente E. Dodds, I Greci e l’irrazionale: “La società descritta da Omero è sicuramente una società di vergogna. Il bene supremo non sta nel godimento di una coscienza tranquilla (ossia civiltà di colpa), sta nel possesso della timè, la pubblica stima… Tutto ciò che espone al disprezzo dei propri simili è sentito come insopportabile”. vv. 38-57 – Ettore e Paride: invettiva di Ettore Ettore schernisce e rimprovera duramente il fratello Paride della sua codardia, che rappresenta un’onta per la casa di Priamo. Parimenti la sua avventura con la “donna bellissima da terra lontana, nuora di gente che sa usare la lancia”, ne è la rovina. Gli rinfaccia poi di aver accettato i doni di Afrodite, che nulla valgono a salvarlo dalla guerra che hanno provocato. Come già Achile e Agamennone, anche il capo troiano biasima l’esercito per non aver punito il condottiero degenere. Affiora in Ettore, infatti, il sentimento della vergogna (aidòs) e del disonore (atimìa) (avrebbe preferito la morte del fratello piuttosto che “essere così per gli altri oggetto d’infamia e di disprezzo”, v. 42); insieme al senso dell’onore (timè), quello della vergogna è alla base della cultura greca dei poemi omerici e della stessa contesa tra Achille e Agamennone, incentrata sul valore simbolico del ghèras come riconoscimento onorifico. vv. 62-75 – Risposta di Paride Paride afferma l’impossibilità di rifiutare i doni degli Olimpi, in quanto non è dato ai mortali di poter resistere ad essi. Tuttavia - per quanto attiene alla sua volontà - propone un duello finale tra sé e Menelao che decida le sorti della guerra. I versi 64-66 esprimono mirabilmente la natura di Paride, incline al godimento della bellezza e dell’arte (la “cetra”), doni “preziosi” che “non si possono certo respingere” e a cui indulge volentieri con assoluta arrendevolezza, rinunciando alla sua totale libertà di scelta. È pur vero, tuttavia, che il destino degli eroi omerici, per quanto nobili, non dipende dal loro valore ma dalle inesorabili trame di un destino beffardo (sarà proprio Paride, infatti, ad uccidere Achille). Intermezzo: Ettore accetta la proposta del duello. La dea Iride invita Elena ad accorrere sulle mura per assistere all’evento, infondendole al contempo nostalgia di Menelao: « Priamo, circondato dagli anziani Troiani, la accoglie affettuosamente chiedendole di indicargli i capi degli Achei. L’episodio, noto anche come teichoscopia (τείχος, mura e σκοπεω, guardo, quindi “visione dalle mura”), rivela l’umanità del poeta Omero di fronte al dramma di Elena e dell’umanità in generale: la guerra è vista come una fatalità che unisce vincitori e vinti in un’unica sorte, gettando le basi della compassione reciproca. … Elena individua i princpali eroi Achei e ne descrive le caratteristiche, interloquendo con Priamo, che alcuni ne conosce di fama, altri di persona. Subito dopo il vegliardo si reca sul campo, dove insieme ad Agamennone sigla il patto tra Paride e Menelao. Infine Ettore sorteggia il nome del duellante che dovrà scagliare il primo colpo di lancia. Duello: vv. 340-9 – Turno di Paride Il colpo di lancia di Paride è preciso ma non sufficientemente forte da forare lo scudo dell’avversario. vv. 350-382 – Turno di Menelao Dopo l’invocazione propiziatoria a Zeus affinché assecondi la sua vendetta, Menelao sferra un colpo di lancia che per poco non uccide Paride. Quindi lo attacca con la spada, ma inspiegabilmente l’arma si infrange sull’elmo. Seguono una deprecazione nei confronti di Zeus - accusato di perfidia - e il momento culminante dello scontro, con Menelao che afferra l’elmo di Paride e tenta di strangolarlo col soggolo, trascinandolo per il campo. Interviene quindi Afrodite a difesa del suo protetto, prima spezzando la cinghia e poi avvolgendo Paride nella nebbia per sottrarlo alla lancia dell’avversario. Il ritmo del combattimento è serrato e l’ira di Menelao si esprime nella serie continua di colpi inferti al rivale con ogni mezzo. La conclusione è repentina e inattesa, oltre che ironica: il giovane imbelle si trova trasportato in un istante dalla furia omicida che imperversa sul campo di battaglia alla stanza da letto profumata, luogo indubbiamente più adatto alla sua natura. Parte finale: Elena e Paride - Era Afrodite si reca da Elena, riluttante nei confronti di Paride e la minaccia di condannarla a una triste sorte qualora non accorra da lui prontamente. Elena, nonostante il ricatto subìto, non risparmia a Paride il suo disprezzo. L’ironia prosegue: Paride è salvo, ma non c’è Elena ad aspettarlo; le arti di Afrodite non possono farle apprezzare i “doni preziosi degli dei” ed è necessario un ulteriore intervento sovrannaturale perché Paride possa vincere anche il duello amoroso. Infine Era, ignara dell’accordo raggiunto tra Teti e Zeus e ritenendo erroneamente di accelerare la distruzione di Troia, spinge un troiano a violare la tregua tramite l’intervento di Atena.