Filosofia contemporanea. Uno sguardo globale

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Recensione di:
Filosofia contemporanea.
Uno sguardo globale
T IZIANA A NDINA
[Carocci, Roma, 2013
Invited Review
pp. 422, ISBN 978-88-430-6704-6, C29,00.]
Keywords:
Filosofia
contemporanea, Storia della filosofia
analitica
Pages:
206 – 210
Germana Pareti
Università degli Studi di Torino
[email protected]
In un saggio a suo modo seminal di qualche anno fa, la premiata ditta formata da
Kevin Mulligan, Peter Simons e Barry Smith imputava alle tre majors dominanti
la scena filosofica (Analitica, Continentale e Storia) una serie di vizi e manchevolezze, non senza averne prima definito ambiti e competenze. Il banco di prova per
le tre “versioni” della filosofia contemporanea era rappresentato dal riscontro con
il mondo reale, che secondo il punto di vista di Mulligan & Co. era un obiettivo
disatteso, per un verso o per l’altro, da tutti e tre i modi di far filosofia. All’Analitica spettava il merito di essere la sola filosofia ancora veramente teoretica, ma
peccava di diffidenza - addirittura di scetticismo - circa il ruolo della filosofia come
scienza, e quindi non si occupava del reale; alla Continentale, che pure di taluni
aspetti della realtà oggettiva ancora si interessava, era rinfacciato di aver perso
l’originaria vocazione teoretica. Alla Storia della Filosofia, infine, si rimproverava una preoccupante inclinazione parochial, vale a dire provinciale, giacché ogni
nazione sarebbe propensa perlopiù a studiare i propri autori, sebbene gli Inglesi,
che pure personificano la Filosofia, non mostrino certo di voler indossare i panni
degli storici.
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Insomma, ce n’era per tutti, anche se si capiva che, nel registro di partita doppia, l’indirizzo che sembrava subire minori perdite era proprio quello analitico,
meno irreggimentato delle altre due discipline, ancorché non esente da errori ed
omissioni. Alla fine dell’enunciazione delle doléances, infatti, si riconosceva – tra le
altre cose – che l’Analitica era praticata da molti giovani brillanti, oggidì assai ben
addestrati nelle università a fronte del deserto degli eredi di prima generazione dei
vari Armstrong, Putnam, Kripke, Searle ecc. Sotto questo aspetto, nemmeno la
Continentale sembrava però passarsela bene, vista la penuria di successori di pregio
di Heidegger, Foucault, Derrida, pace all’anima loro.
A questo punto si potrebbe però obiettare che Mulligan e soci non sono affatto
la Bibbia per quel che attiene la filosofia contemporanea, mentre converrebbe piuttosto gettare uno sguardo sugli svariati Oxford (o Cambridge o Blackwell) Handbook o Companion to. . . , che vengono dedicati periodicamente allo stato dell’arte
in filosofia. Si noterebbe allora che è vero che in quei testi predomina l’impostazione analitica, in quanto prevalente nel mondo anglo-americano, e che, di conseguenza, tutti gli altri indirizzi sono tenuti a definire la propria posizione confrontandosi
con “quella” filosofia. Questo atteggiamento ha un’inevitabile ricaduta non solo sul
fronte della filosofia del linguaggio, della mente o sulla logica, ma anche sul piano
della filosofia sociale, politica ecc., dove molte volte sono impiegati gli stessi strumenti di analisi e persino le stesse strategie argomentative che trovano applicazione
in epistemologia, filosofia psicologica, del linguaggio ecc. Ma si scopre anche che
non è affatto vero che gli Analitici siano disinteressati al reale, sia esso sense-data o
comportamento esterno.
Mi propongo ora in questa breve disamina di verificare se la diagnosi di Mulligan & Co. possa (ancora) invece valere per la recente Filosofia contemporanea,
curata da Tiziana Andina per i tipi di Carocci. Fin dall’inizio si impongono alcune considerazioni: i giovani contributors sembrano perfetti esemplari dei rampanti
Analitici descritti da Mulligan & Co. Innanzitutto non sono affatto storici né tantomeno aspirerebbero a esserlo! E se capita, nei loro saggi, che il nome di qualche
filosofo ottocentesco sia arditamente accostato a quello dei contemporanei, ebbene
ciò non deve far inarcare il sopracciglio, giacché l’intento di questo libro non è di
fare una storia della filosofia. Di conseguenza, in quanto non storici, questi giovani
non corrono il rischio di peccare di provincialismo, anche se la tentazione sarebbe
forte, visto che molti fra loro sono nati e cresciuti nel Labont fondato da Maurizio
Ferraris a Torino o sono allievi di Diego Marconi (e, a onor del vero, i nomi di
questi maestri sono citati almeno quanto quelli di Russell e Wittgenstein).
Come s’è detto, Mulligan e soci accusano gli Analitici di horror mundi, e di
aver alimentato una fiorente scolastica a partire da quelli che loro chiamano puzzles
(ma che forse sarebbe più corretto ormai definire “parole in codice”), la cui elaborazione e discussione sterile – a loro parere – avrebbe come effetto dannoso quello
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di distogliere dal mondo reale. In effetti, anche nella raccolta curata da Andina si
trova un ricco repertorio di quell’armamentario: internalismo/esternalismo, problema di Gettier, mondi possibili, mente estesa, terre gemelle, zombie. Oltretutto,
predomina uno stereotipo tipicamente americano (ancor più che anglosassone) che
prevede l’uso di thought experiments, alla escogitazione dei quali concorre un’innata
attitude o comunque uno specifico apprendistato, quale si può conseguire in certune università statunitensi, tipo la Duke e la Tuft. Considerando che Angelone e gli
altri giovani filosofi di questa impresa si sono formati nelle nostre università, tanto
di cappello!
Nonostante l’ingombrante (ma a suo modo intrigante) assortimento di puzzles
distribuiti nei vari capitoli, non si può affermare però che, per quanto Analitici, i
nostrani interpreti della filosofia contemporanea provino un horror mundi. Anzi.
A partire dalla voce Metafisica e Ontologia, per seguire con gli altri settori più “caldi” della discussione filosofica attuale, e precisamente: Epistemologia, Linguaggio,
Logica, Mente, Scienza, Etica, Politica e, infine, Estetica, essi coltivano un sano
e robusto realismo, o meglio il Nuovo Realismo. Per farsene un’idea, basta dare
un’occhiata al capitolo dedicato all’Etica, nel quale il realismo è un criterio discriminante le varie correnti che si sono susseguite perlomeno da George E. Moore
in poi. E se per Mulligan & Co. l’ontologia analitica non si sarebbe occupata del
reale negli aspetti sociali, pratici ecc. almeno fino a The Construction of the Social
Reality di Searle del 1995, le cui istanze sarebbero poi state disattese, siffatta accusa
non si può imputare affatto a questi giovani. I quali, a ben vedere, pur argomentando come gli Analitici, esprimono più di una caratteristica di quelle attribuite
ai Continentali dal trio che fa capo a Mulligan. Sebbene analitici teoretici, i giovani filosofi italiani – al pari dei Continentali – non perdono di vista il mondo
oggettivo e lo tengono ben presente, soprattutto quando si tratta di affrontare gli
aspetti socio-politici ed etici, forse ancor più di quelli scientifici in senso stretto.
Difatti, nonostante risultino molto approfondite le voci dedicate alla scienza, all’epistemologia e al problema della coscienza, dalle loro disamine non emerge però né
il debito verso la neurofisiologia in filosofia della mente (se si eccettua un doveroso
omaggio alla teoria dei neuroni specchio) né – solo per citare un altro esempio –
il ruolo della Sintesi Moderna in biologia (ambito nel quale peraltro si esamina un
interessante case study).
Se poi si confronta lo sguardo globale (italiano) sulla filosofia contemporanea
con gli analoghi anglo-americani, la sola discrepanza è che in questi contributi
stranieri molto spazio è dedicato alle questioni di gender e alla filosofia femminista, e che una figura di spicco nell’ambito del pensiero morale quale Bernard
Williams stranamente non compare nella raccolta italiana. Tranne queste minime
divergenze, per il resto tout se tient.
Invece, da un altro tipo di confronto, trapela una ben più stridente differenza.
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Mentre i curatori dei manuali stranieri si compiacciono di aver chiamato all’appello i più qualificati interpreti dei vari indirizzi contemporanei, Andina ha contato
– come si è detto – su un gruppo nutrito di soli giovani. A questo punto sovviene
l’abusato «Povera e nuda vai, Filosofia. . . ». Molti tra gli autori dei capitoli difatti
non sono strutturati nelle università italiane (e, purtroppo, quando mai lo saranno?) rappresentando un drappello di cosiddetti “cervelli in fuga” (solo in qualche
caso rientrati). Se però si intende il verso petrarchesco in senso metaforico, e si riflette sulla ricchezza e sulla varietà dei contributi, che fanno della presente raccolta
un’operazione originale nel panorama italiano, ci si accorge che la filosofia attuale,
e soprattutto italiana, non è né povera né tantomeno nuda. Lo sguardo di questi
studiosi, infatti, non si limita a un’osservazione “esterna”, giacché essi, a loro modo, “sono” anche i fautori delle correnti filosofiche che si propongono di illustrare
al lettore. E che questo duplice ruolo (attore/narratore) abbia una ricaduta sulla
scelta dei contenuti e sull’impostazione adottata fa parte delle regole del gioco.
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Riferimenti bibliografici
[1] Mulligan, K., Simons, P. & Smith, B. (2006). What’s Wrong with
Contemporary Philosophy?. Topoi, 25, 63-67.
[2] Williams, B., a cura di. (1996). Contemporary Philosophy: A Second Look.
In Bunnin N. F. & Tsui-James E.P. (a cura di). The Blackwell Companion to
Philosophy. Oxford: Blackwell.
[3] Jackson, F. & Smith, M. a cura di. (2007). The Oxford Handbook in
Contrmporary Philosophy. Oxford: Oxford University Press.
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