Competitivita` e qualita` parole chiave per battere la crisi Solo poche

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Politiche sanitarie: la riorganizzazione dei servizi
Odontoiatria:: le nuove tecniche implantologiche
Competitivita’ e qualita’
parole chiave
per battere la crisi
Solo poche ore di cura
donano un sorriso
che migliora i rapporti
interpersonali
Il Veneto capofila dell’innovazione e della battaglia antiticket in Conferenza stato-regioni. L'obiettivo è di portare
la sanità più vicina ai bisogni del cittadino
L
uca Coletto, veronese, assessore regionale del Veneto alle politiche sanitarie e
coordinatore della commissione salute
per la Conferenza stato-regioni, non ha dubbi: per uscire dalla crisi la sanità deve puntare
su una mobilità di pazienti che sia non più
soltanto regionale o nazionale e deve stipulare convenzioni tra culture tecnico-scientifiche
similari, sulla base di eccellenze riconosciute
e di sistemi che dialoghino costantemente tra
loro. “La sanità veneta deve diventare competitiva” dice “per contrastare il cosiddetto
‘turismo sanitario’, spesso un’incognita per
molti pazienti che si lasciano attrarre dagli
apparenti vantaggi del ‘low cost’, ma soprattutto per ottimizzare la qualità dei servizi e i
loro costi”.
IL MODELLO MOTTA DI LIVENZA
Come paradigma di eccellenza, Coletto cita
l’Ospedale riabilitativo di alta specializzazione
di Motta di Livenza, dove alcuni giorni fa ha
visitato il rinnovato reparto per i gravi cerebrolesi e per i pazienti con gravi lesioni midollari, definiti in gergo clinico “codici 28”, in
drammatico aumento tra i ricoveri. “L’ospedale di Motta di Livenza” continua Coletto
“nato come sperimentazione gestionale della
Regione nel 2003, è diventato un importante
punto di riferimento per queste patologie,
grazie ad una presa in carico multidisciplinare da parte di medici fisiatri, psicologi,
fisioterapisti, logopedisti e terapisti occupazionali che garantiscono non solo la cura dei
pazienti, ma anche un adeguato supporto
alle famiglie in collegamento con la rete dei
servizi sociosanitari del territorio. Può vantare
oggi una mobilità attiva per la riabilitazione
neurologica, relativa alle gravi cerebrolesioni,
del 75,58% e per quella intensiva cardiologica
del 67,49%, tanto che i colleghi di altre regioni
mi chiedono sempre più spesso informazioni
su questo modello da esportare.
La riabilitazione di Motta è addirittura più
avanzata delle linee guida nazionali per la
riabilitazione aggiornate dal ministero della
salute nell’ottobre 2010”. Ma il fronte degli
assessori regionali alla sanità si è allargato negli ultimi mesi ad un’altra dura competizione:
quella con lo stato che, non soltanto ha tagliato 847 milioni al fondo sanitario nazionale
(67 milioni al Veneto), ma ha “concesso” alle
amministrazioni regionali di rifarsi applicando
nuovi ticket ai cittadini. “Una imposizione
fiscale iniqua” dice Coletto “che, occorre
ricordarlo, discende dalla finanziaria 2007 del
governo Prodi e che dobbiamo applicare
obtorto collo per recuperare i tagli statali. In
altre parole, una vera propria nuova tassa a
carico dei cittadini, che nel Veneto ammonta a 100 milioni circa, e rappresenta l’esatto
contrario del federalismo fiscale, perché la
nostra regione è costretta a pagare anche
per quegli enti dove le esenzioni sono fuori
controllo.
Il governatore Zaia si è battuto subito per
ridimensionare e rimodulare questa imposta
dello stato, e abbiamo ottenuto di applicare
un ticket di 5 euro, contro i 10 previsti, per
chi ha un reddito annuale inferiore ai 29.000
euro. Va detto che in conferenza statoregioni” continua Coletto “dopo una iniziale
unanimità anti-ticket ci sono state curiose
defezioni, come quelle di Toscana, Emilia
Romagna e Umbria. Alla fine siamo stati gli
unici a ricorrere alla Corte costituzionale e
al TAR del Lazio, competente per territorio.
Attendiamo fiduciosi le sentenze”. Secondo
Coletto, la tassa è doppiamente iniqua se
si considera che, senza eliminare un solo
servizio e senza tagliare un solo posto letto, la
sanità veneta aveva chiuso i conti del 2010
con un risparmio di 38 milioni di euro rispetto
all’anno precedente e con un deficit limitato
a 72 milioni su un bilancio sanitario complessivo di 8 miliardi e mezzo.
“Dal nuovo Piano sociosanitario regionale
2012-2014” aggiunge l’assessore “scaturirà
Protesi provvisorie di nuova concezione per eliminare
il disagio del periodo di cura
una diversa taratura della rete ospedaliera,
ancora oggi un po’ sbilanciata sulle acuzie,
mentre la richiesta che viene dal territorio è di
una maggiore disponibilità di letti e servizi di
riabilitazione”.
L’assessore
regionale
Luca Coletto (a destra)
con Alberto
Prandin, direttore
generale ORAS,
l’Ospedale
riabilitativo
di Motta di
Livenza che
è ormai un
modello per
la programmazione sociosanitaria
del Veneto
OTTIMIZZAZIONE DEI SERVIZI E DELLE SPESE
Territorio è un’altra parola chiave per la
necessaria razionalizzazione/ottimizzazione
dei servizi e delle spese. “Per contenimento
della spesa però, si badi bene, non si deve
intendere diminuzione di servizi” chiarisce Coletto “bensì una migliore organizzazione degli
stessi, evitando sovrapposizioni, perseguendo
economie di scala nella gestione delle gare
per l’acquisto di materiali e medicinali, implementando l’informatizzazione delle aziende
sanitarie, tanto che già oggi molti cittadini
possono scaricarsi i loro referti dal computer
di casa e tutti i veneti potranno farlo entro
il giugno 2012, rafforzando l’appropriatezza
delle prestazioni e delle prescrizioni, potenziando la medicina territoriale con la collaborazione e la valorizzazione dei medici di
base”. L’obiettivo è quello di portare la sanità
più vicina al cittadino, in particolare con lo
sviluppo della telemedicina: teleconsulto e
telelaboratorio per ridurre le ospedalizzazioni,
migliorare la qualità della vita dei cronici ed
aumentare l’uso degli standard, evitando
che vi siano sistemi che non dialogano tra di
loro, con una comune metodologia di valutazione rigorosa.
A
nche la medicina e i
protocolli di cura hanno dovuto adeguarsi
ai rilevanti cambiamenti sociali degli ultimi decenni, così
come alle mutate esigenze
individuali e professionali.
Alcune specialità chirurgiche vere e proprie, come ad
esempio la chirurgia estetica,
sono passate da disciplina
di nicchia a procedura che
coinvolge tutti i livelli sociali.
Ciò nonostante, ancora oggi
chi si sottopone ad un intervento estetico deve spesso
confrontarsi con pregiudizi e
prevenzioni.
Nell’odontoiatria, le terapie
di base non sono cambiate
nei loro principi fondamentali;
sono invece migliorati i materiali e le metodiche: oggi i
denti possono essere sostituiti
o rivestiti con materiali come
lo zirconio e la ceramica integrale, che assicurano un risultato estetico fino a pochi anni
orsono impensabile, mentre
l’implantologia, cui l’informatica è sempre più complementare, può totalmente sostituire
l’applicazione di protesi mobili. Oggi i denti fissi, del tutto
identici a quelli naturali, rendono l’implantologia la soluzione ideale e più sicura per
chi vuole superare definitivamente la vecchia concezione
e i noti “fastidi” derivanti dalle
protesi tradizionali.
“Quello a cui non sempre si
presta la dovuta attenzione”
dice il dottor Emilio Francini
Chirurgia del piede: sempre più spazio alle tecniche mininvasive
Strumenti chirurgici in miniatura
per correggere l'alluce valgo
Il Dottor Francesco Pintore,
Centro Polispecialistico "Check
up" di Salerno. Sopra, una fase
dell'intervento.
Una metodica innovativa consente di eseguire l'intervento per via percutanea
in anestesia locale: meno dolore post operatorio e minori complicanze
L
’alluce valgo è una patologia estremamente diffusa, con una prevalenza
nella popolazione femminile
di 9 a 1 rispetto alla maschile. Cause predisponesti: la
familiarità, la morfologia del
piede, l’utilizzo di scarpe non
adatte (quali certe calzature con tacco alto e punta
stretta). <<Qualche volta il
disturbo dipende da problemi
a monte, quali deformità del
retropiede, alterazioni del
ginocchio o dell’anca>>, precisa il dottor Ernesto Pintore,
del Centro Polispecialistico
“Check up” di Salerno (www.
ernestopintore.docvadis.it; email [email protected]).
Nel corso degli ultimi dieci
anni, la chirurgia per tale
patologia ha ricevuto un notevole slancio grazie ad una
metodica rivoluzionaria, che
consente di eseguire l’intervento per via percutanea:
<<La differenza rispetto alla
chirurgia tradizionale consiste
esclusivamente nell’approccio: non cambia la procedura, ma solo il modo di eseguirla>>, sottolinea lo specialista.
<<In pratica, la correzione
chirurgica della deformazione ossea avviene non più a
cielo aperto, ma attraverso
incisioni minime, dell’ordine di
circa 5 mm. I vantaggi sono
molteplici: esecuzione dell’intervento in anestesia locale
(non più in anestesia spinale o
generale), notevole diminuzione della sintomatologia
dolorosa post-operatoria,
tempi di ospedalizzazione più
brevi e, di conseguenza, con
una significativa riduzione dei
costi per il sistema sanitario>>.
Ideata nel 1999 dal dottor Stephen Isham (USA)
e dal dottor Mariano De
Prado (Murcia-Spagna), la
metodica si avvale di uno
strumentario particolare,
appositamente disegnato e
molto simile a quello utilizzato
in odontoiatria: <<Si tratta di
strumenti chirurgici sottilissimi
(lame da bisturi da microchirurgia e piccolissime frese) e
in grado di accedere all’area
da trattare attraverso accessi
veramente minuscoli>>, spiega ancora l’esperto. <<Manovrati dalle abili mani del
chirurgo, essi sono in grado di
ripercorrere, passo per passo,
le varie fasi dell’intervento di
correzione convenzionale,
con risultati efficaci e sicuri,
praticamente sovrapponibili a
quelli della chirurgia classica:
innanzitutto, viene “polverizzata” la caratteristica prominenza, l’esostosi (chiamata
comunemente “cipolla”
o “patata”) con una fresa
montata su un motore a bassi
giri, ma di elevata potenza;
quindi, dopo aver “lavato” i
detriti ossei, viene interrotta
la continuità del metatarso e
viene riorientata manualmente, in modo corretto, la superficie dell’articolazione>>.
PAZIENTE SUBITO IN PIEDI DOPO
L'INTERVENTO
L’intervento, la cui durata
media è di 10-15 minuti,
viene eseguito in regime di
day hospital. <<Al termine>>,
afferma lo specialista, <<al
paziente (che per l’intera durata dell’operazione è rimasto
perfettamente sveglio) viene
applicato un bendaggio che
gli consente di camminare
immediatamente, indossando un’apposita calzatura
post-operatoria>>.
Il post-operatorio decorre
senza particolari problemi:
<<Rispetto alla chirurgia tradizionale, il dolore è molto ridotto (si possono avere tutt’al
più piccoli effetti collaterali,
quali gonfiore o mancanza
di sensibilità), così come sono
ridotte le possibilità di complicanze>>, osserva il chirurgo.
<<Non solo: in caso di eccesso o di scarsa correzione il chirurgo può, nelle due settimane successive, riprendere la
correzione manualmente, e
ovviare all’inconveniente>>.
Il bendaggio viene tolto definitivamente dopo 4 settimane. Dopo tre mesi, il piede è a
posto e non presenta alcuna
cicatrice.
Oltre all’alluce valgo, la tecnica percutanea trova applicazione per la maggior parte
delle patologie dell’avampiede: metatarsalgie, dita a martello, quinto dito varo, dita in
griffe, neuroma di Morton.
In apparenza molto semplice
e facile, la metodica non è
però scevra di complicanze
se eseguita senza un’adeguata preparazione: <<Fon-
damentale è che il chirurgo
che la utilizza possieda una
comprovata esperienza
nella chirurgia convenzionale
del piede e che abbia alle
spalle un training adeguato
in questo tipo di interventi>>,
afferma il dottor Pintore, che,
con la sua equipe, pratica
la percutanea dal 2002
(praticamente, furono i primi
ad introdurla in Italia, dopo
averla appresa, con stages
triennali, dagli stessi ideatori),
e vanta al suo attivo oltre
2000 interventi. <<La raccomandazione, per il paziente,
è quella di stare in guardia
dagli “improvvisatori”, così
come da coloro che la
propongono quale panacea
per tutti i problemi del piede:
l’efficacia del risultato non
può mai prescindere da una
valutazione accurata e da
un corretto inquadramento
diagnostico>>.
Naldi, medico chirurgo odontoiatra con studi in Firenze, Milano, Roma, Udine (telefono
800252020, [email protected]) “è il
confort del paziente nel periodo delle cure e la possibilità di
non rimanere nemmeno per
un solo giorno, in questo delicato periodo, in condizioni di
disagio o di impresentabilità”.
“Quando trent’anni fa intrapresi la professione” aggiunge
Francini Naldi “la procedura
comune per chi necessitava
di una protesi totale, cioè la
classica dentiera da mettere
e togliere, era quella di estrarre inizialmente i denti residui,
e attendere due mesi per la
realizzazione della protesi.
Questo costringeva la persona ad affrontare un lungo periodo di immaginabile disagio,
in condizioni di funzionalità
e di estetica davvero difficili,
con conseguenti problemi di
alimentazione e di fonazione
che condizionavano gravemente la vita quotidiana”.
“Ciò che cerco di ottenere
attraverso le terapie praticate
presso i miei studi”dice ancora
Francini Naldi “è di annullare
per il paziente il maggior disagio possibile: anche se le cure
da effettuare sono molteplici
e comprendono fasi chirurgiche accanto a quelle conservative, esse vengono praticate partendo da una seduta
iniziale nel corso della quale si
procede alla sistemazione dei
denti che rimarranno in bocca, all’estrazione di quelli da
togliere e all’inserzione degli
impianti in titanio necessari ad
assicurare la migliore stabilità
alle protesi fisse”.
Il tutto si conclude col posizionamento di protesi fisse che
restituiscono un’estetica di
tutto rispetto già dalla prima
seduta: il paziente entra nello
studio con una bocca da curare e ne esce con la propria
espressione e con il proprio
sorriso naturali.
Tutto questo è realizzabile grazie ad un’accurata diagnosi e
ad una progettazione precisa
e tecnologicamente all’avanguardia delle terapie odontoiatriche e protesiche.
“Al primo incontro” spiega
l’odontoiatra “esaminate le
lastre, le tac, ed effettuato
un attento esame obiettivo
del cavo orale, viene fornito
un piano di cura nel quale si
descrivono accuratamente le
varie fasi ed i tempi di esecuzione, accompagnato da un
preventivo di spesa preciso.
Questo preventivo non cambierà nemmeno se interverranno complicazioni o imprevisti, in base al principio che
se l’odontoiatra non è stato in
grado di prevederli non è giusto che il loro costo ricada sul
paziente”.
Nella data fissata si procede
all’intervento: in studio opera un team che comprende
medici esperti in ogni branca
dell’odontoiatria: Francini Naldi cura la parte chirurgica ed
implantare, i suoi collaboratori
quella conservativa, le devitalizzazioni, l’igiene orale e la
Emilio Francini Naldi ha
messo a punto negli studi di
Firenze, Milano, Roma e Udine
procedure che garantiscono
al paziente il massimo
comfort nel periodo delle
cure, eliminando il disagio e
curando l’estetica
parte protesica.
E’ presente anche un medico
anestesista che eventualmente praticherà la sedazione
cosciente, procedura che
consiste nella somministrazione per via endovenosa di
farmaci tranquillanti destinati
a rilassare il paziente e a fargli
trascorrere la fase operatoria
-che comunque non supera le
due o tre ore- in condizioni di
relax, senza tensioni o angoscia, ma pur sempre in totale
coscienza e capacità collaborativa.
Al termine, verranno somministrati farmaci antiinfiammatori
e antidolorifici per ottenere un
periodo post-operatorio dove
dolore e gonfiori siano del tutto assenti.
Gli elementi protesici provvisori aiuteranno nei giorni successivi anche a capire se la forma, le dimensioni e il risultato
estetico sono perfetti. Qualora richiedano modifiche, esse
potranno facilmente essere
apportate nel successivo periodo dei controlli.
Una volta che il paziente sarà
soddisfatto sotto tutti i punti di
vista, verranno realizzati i denti
definitivi con il materiale più
appropriato. Essi verranno poi
modellati come copia perfetta dei provvisori.
La procedura del dottor Francini Naldi libera per sempre
dall’obsoleto iter di innumerevoli sedute, che oltre
a causare perdite di tempo
lasciavano spesso i pazienti
in condizioni estetiche deplorevoli. Risolve inoltre i timori e
le apprensioni -del resto giustificati- che affliggono sempre
chi si deve sottoporre ad una
terapia medica di qualunque
tipo.
“Si tratta di una odontoiatria
( toglierei di avanguardia) al
passo con i tempi e con i ritmi
della vita attuale” conclude
Francini Naldi “in una società
che non consente a nessuno
di perdere il proprio tempo, né
di trovarsi per lunghi periodi in
cattive condizioni fisiche”.
Il sorriso è il nostro primo “biglietto da visita” e l’attenzione
e la cura che dobbiamo riservargli non sono mai troppe.