In libreria dal 25 agosto Greil Marcus Storia del rock in dieci canzoni € 26,00 pp. 320 Greil Marcus (1945) è uno scrittore e giornalista americano, considerato tra i più influenti critici musicali viventi. Traduzione di Sara Reggiani Lo ha detto Neil Young: il rock ‘n’ roll è abbandono senza freni. Un abbandono che è nel volto normale, negli assoli aspri e nel canto strozzato di Buddy Holly o negli occhi velati di Ian Curtis, mentre precipita con la voce e il corpo nella voragine di note di Transmission. Lo si ritrova nei cori di Paul McCartney e John Lennon, che si inseguono nella cover di Money (That’s What I Want) di Barrett Strong; ed è nell’inguaribile perdita cantata da Amy Winehouse in To Know Him Is to Love Him. La Storia del rock ‘n’ roll in dieci canzoni è la ricerca rabdomantica dell’essenza del rock attraverso brani che profetizzano verità ed eludono ogni restrizione, viaggiano nel tempo e sempre vi sfuggono. Non è la solita, ordinata cronologia che, a partire dalle origini del genere, da Elvis a Chuck Berry, passa per Bob Dylan, Jimi Hendrix, i Clash, per arrivare ai Radiohead. Le vere protagoniste, qui, sono le canzoni. Da Crying, Waiting, Hoping di Buddy Holly – che nella versione dei Beatles perde la sua gioia spensierata sfumando nel ritmo funebre del finale – a All I Could Do Was Cry, cantata da Etta James e interpretata molti anni dopo da Beyoncé, in un gioco inestricabile di realtà e finzione: la Storia del Rock di Greil Marcus è un romanzo corale narrato attravero dieci canzoni indimenticabili, da riscoprire o ascoltare per la prima volta. Un intreccio di affinità, un’indagine su come un brano può attraversare generazioni di musicisti appartenendo solo a se stesso e continuando ad attingere al desiderio, al tormento, all’energia più sfrenata; al sogno di una terra dorata. In libreria dal 25 agosto Jean-Paul Sartre La regina Albemarle o l’ultimo turista € 21,00 pp. 224 Jean-Paul Sartre è nato a Parigi nel 1905 e morto nel 1980. Il Saggiatore ha pubblicato Autoritratto a settant’anni (2005), Che cos’è la letteratura? (2009), Le parole (2011) e L’essere e il nulla (2014). Traduzione di Sergio Atzeni Fine estate del 1951. Jean-Paul Sartre, partito «con le mani in tasca e della carta bianca in valigia», inizia il suo viaggio in Italia. Approda a Napoli, città gremita di edifici scarnificati fino al midollo, con i panni appesi ai balconi e ovunque arsura, marmaglia, miseria. Poi si addentra nel cuore di Capri, attraverso una strada selvaggia a serpentina. Ne contempla il paesaggio duro come la roccia e soffice come la vegetazione, una terra nera e fertile che è stata prima africana, poi greca e romana. A Roma, i suoi passi echeggiano nella città vuota, come in una cattedrale deserta. Qui si intrattiene con Carlo Levi, cena con gli amici del Pci, visita il Colosseo. Nelle strade le voci parlano della partita di calcio della Roma, di Coppi che correrà a Lugano, di scioperi in corso o covati sotto la cenere. Sartre si trascina per le vie della capitale, penetra nelle viscere della classicità, i cui resti sono pietra stregata capace ancora di asservire. Infine, a Venezia, sullo sfondo degli affreschi del Tintoretto, fra santi, putti e dogi, si sente rinnovato: la città galleggiante ha l’aura di un sogno, vaporoso e sinistro; è una materia fluida in lotta con le architetture dell’uomo che irretisce e plasma il turista. Definita da Sartre stesso «La nausea della mia maturità», La regina Albemarle – che il Saggiatore ripropone oggi in una nuova edizione, per la cura di Alette Elkaïm Sartre, figlia adottiva del filosofo – è un diario di viaggio che reca poche indicazioni temporali e si abbandona a un tempo mitico e sospeso, accompagnandosi agli scritti consimili di Chateaubriand, Stendhal, Hugo e Gide. Sartre, l’ultimo turista – guidato nella sua riflessione sul Tempo e sulla Contingenza dalla regina Albemarle, immaginaria patrona interiore –, riesce a catturare immagini e atmosfere, e a restituirle in tutta la loro cristallina nitidezza. Attraverso lo stile frammentario, Sartre affida così a queste pagine il suo intimo, universale taccuino interiore e indugia, insieme al lettore, sul segreto e il fascino di un’Italia primigenia e misteriosa. In libreria dal 25 agosto Peter Singer e Jim Mason Come mangiamo Le conseguenze etiche delle nostre scelte alimentari € 20,00 pp. 384 Peter Singer, filosofo australiano, dal 1999 è professore di Bioetica alla Princeton University e dal 2005 anche alla University of Melbourne. Per il Saggiatore sono apparsi Ripensare la vita (2000), Scritti su una vita etica (2004), Ciò che ci unisce non ha tempo (2005), Salvare una vita si può (2009) e Liberazione animale (2015). Jim Mason, saggista e attivista per i diritti degli animali, ha scritto, con Peter Singer, Animal Factories (1990) ed è autore di Un mondo sbagliato (Sonda, 2015). Scegliere cibi migliori non significa dover passare ore al supermercato a leggere etichette o aderire rigidamente a una dieta particolare: bastano le informazioni fornite in questo libro. Come mangiamo illustra i tipi di agricoltura e allevamento oggi praticati e ci guida alle scelte di consumo più confacenti alle esigenze e al budget di ciascuno. Sulle tracce di tre famiglie campione che seguono regimi alimentari diversi, Peter Singer e Jim Mason ripercorrono la filiera produttiva di carne, pesce, formaggi, uova, fi no agli oscuri vertici dell’industria del cibo; svelano i segreti dei metodi di lavorazione, mostrano quanto poco affidabili siano i certificati di qualità sbandierati sulle confezioni, si domandano se acquistare biologico, equosolidale o locale sia davvero una soluzione, e valutano la possibilità di abbandonare la dieta standard e diventare «onnivori coscienziosi» oppure di abbracciare una dieta vegetariana o vegana. Con un occhio alle ricadute etiche, sociali ed ecologiche di queste opzioni: perché mangiare non è un atto innocente, e scegliere quali alimenti mettere in tavola è l’ultima tappa di un percorso che riguarda i diritti degli animali, gli interessi dei produttori, l’ambiente in cui viviamo, perfino il destino di alcuni paesi. Come mangiamo – testo che unisce rigore e fruibilità, ampiezza della documentazione e consigli pratici per una lista della spesa etica – è oggi ripubblicato dal Saggiatore per tutte le persone che vogliono essere più consapevoli delle proprie scelte alimentari e condurre una vita meno insana, per sé e per gli altri. In libreria dal 1° settembre Joseph Stiglitz Le nuove regole dell’economia Come salvare il mercato. Il caso America € 22,00 pp. 224 Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia nel 2001, insegna alla Columbia University. È stato capo economista della Banca mondiale e consulente del governo statunitense. Tra i suoi libri ricordiamo: La globalizzazione e i suoi oppositori (Einaudi, 2002), La misura sbagliata delle nostre vite (con Amartya Sen e Jean-Paul Fitoussi, Etas, 2010), Il prezzo della disuguaglianza (Einaudi, 2013). Traduzione di Adele Olivieri La Grande recessione iniziata nel 2008 ha aggravato le disuguaglianze di reddito, ricchezza e opportunità in tutto l’Occidente. Joseph Stiglitz è giunto alla conclusione, corroborata da inconfutabili evidenze empiriche, che la disuguaglianza è allo stesso tempo causa ed effetto della crisi. Gli Stati Uniti rappresentano il caso più eclatante e indicativo: questo libro fornisce il quadro completo delle distorsioni ideologiche, delle deregolamentazioni e delle norme tributarie che hanno favorito il settore finanziario e arricchito i più ricchi a spese di tutti gli altri, strangolando la classe media e discriminando i lavoratori, in particolare le donne, gli afroamericani e gli immigrati. E portando l’economia al collasso. La disuguaglianza dipende da potenti forze globali, ma è in primo luogo una scelta deliberata, frutto delle sconsiderate politiche economiche e monetarie neoliberiste affermatesi fin dagli anni settanta. La piena applicazione di queste politiche ha ucciso il sogno americano, trasformando gli Stati Uniti – da proverbiale terra delle opportunità qual era – in un paese oligarchico dalla scarsissima mobilità sociale, in cui sanità, istruzione e casa di proprietà sono inaccessibili a una larga fetta della popolazione e un quinto dei bambini vive in povertà, mentre l’1 per cento più ricco è uscito persino rafforzato dalla crisi. Il messaggio di Stiglitz si allarga dunque dagli Stati Uniti a tutto il mondo occidentale, e ribalta il radicato pregiudizio secondo cui per perseguire l’uguaglianza è necessario sacrificare la crescita economica: al contrario, senza maggiore uguaglianza non c’è crescita sostenibile. Per una prosperità condivisa non basta redistribuire il reddito attraverso imposte e trasferimenti; occorre anche favorire gli investimenti, aumentare i salari e l’influenza politica della maggioranza dei cittadini. Le nuove regole dell’economia proposte dal premio Nobel abbracciano un ampio ventaglio di riforme, dal fisco allo stato sociale, dall’istruzione alla lotta ai monopoli, dal diritto sindacale agli incentivi per il lavoro femminile, dalle infrastrutture al sistema penale, nella convinzione che combattere la disuguaglianza alla fonte è possibile, ed è l’unica strada verso un’economia più solida e più dinamica. In libreria dal 1° settembre Graham Farmelo Equilibrio perfetto Le grandi equazioni della scienza moderna € 24,00 pp. 384 Graham Farmelo (1953) è professore di Fisica alla Northeastern University di Boston. Tra le sue opere ricordiamo L’uomo più strano del mondo (Raffaello Cortina, 2013) e Churchill’s Bomb (2013). Immaginiamo un lungo poema composto da equazioni; non sillabe e accenti ma simboli, numeri e lettere di alfabeti differenti. Che cos’hanno in comune la poesia e la scienza? Le equazioni sono espressione di un linguaggio universale, condiviso da tutta l’umanità, e la loro bellezza è pari a quella dei fenomeni naturali che descrivono. Proprio come è possibile racchiudere la realtà in un sublime insieme di parole, così ciò che ci circonda – dai fulmini all’architettura delle cattedrali, o dalla più piccola particella subatomica all’espansione dello spazio cosmico – può essere condensato in equazioni: espressioni di un equilibrio non meno perfetto di un verso di Dante o Shakespeare. Con tono fabulatorio e appassionante, Graham Farmelo ripercorre la storia delle equazioni attraverso la parabola degli scienziati che le hanno forgiate, Newton e Galileo, Schrödinger e Heisenberg, Einstein e Planck, osservandoli alle prese con la fatica e la dedizione quotidiane della loro missione o nel momento magico dell’intuizione fondamentale. Aneddoti biografici e costruzioni teoriche si intrecciano e danno vita al racconto della scienza, ovvero di come l’uomo ha svelato le leggi della natura e ne ha afferrato l’affascinante logica interna. Con Equilibrio perfetto il Saggiatore ripropone il libro necessario a tutti coloro che vogliono conoscere le equazioni che hanno rivoluzionato il pensiero e fatto la storia del progresso scientifico, rigenerando l’incessante rapporto dialettico tra l’uomo e la natura. In libreria dall’8 settembre Maggie Nelson Gli Argonauti «La frase ti amo è simile all’argonauta che, durante il viaggio, rinnova di continuo la sua nave senza cambiarne il nome.» Roland Barthes € 19,00 pp. 224 Maggie Nelson è nata a San Francisco nel 1973. Scrittrice, poetessa e docente universitaria, con Gli Argonauti ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali, tra cui la candidatura al National Book Critics Circle Awards 2016. Traduzione di Francesca Crescentini Cresciuta come la bambina più «normale» nella più tradizionale delle famiglie americane – quelle solo apparentemente felici, in cui i genitori inseguono il sogno pubblicitario della vita esemplare –, Maggie Nelson sceglie di sposare l’artista transgender Harry Dodge, nato uomo in un corpo femminile, e di diventare madre grazie al dono della fecondazione assistita. Il concepimento, momento generativo e dunque trasformativo per eccellenza, diventa l’occasione per parlare della propria esperienza e per esplorare con coraggio e determinazione ogni sfumatura della sua complessa sessualità, senza mai ostentare un nome preciso per i suoi sentimenti, senza nascondere le fantasie più proibite, rifiutando ogni inutile etichetta di genere, ogni sfuggente classificazione, e rivelandosi al pubblico in tutta la sua nudità di donna, di figlia, di madre. Di essere umano. Tra romantiche fughe notturne su Mulholland Drive, confessioni e difficili coming out, Gli Argonauti, diventato subito un caso editoriale in America, è il racconto di una bellezza perennemente in fuga, braccata, incompresa da un mondo che si finge civile, ma che non è ancora capace di abbandonare il retrivo sistema binario secondo il quale le cose o sono buone o sono cattive, o sono normali o sono strane, inaccettabili: queer. Una bellezza travolgente, vera, che non si lascia afferrare. Opera indomabile che fonde narrazione e memoir, testimonianza intima e universale, privata e collettiva, Gli Argonauti è un autoritratto variopinto che rivela nel suo sfondo i dettagli nitidi del nostro tempo, un racconto lirico e potente che trae da un’esperienza straordinaria il più ordinario e assoluto dei desideri umani: quello di poter dire «Ti amo» con profondità e devozione, senza bisogno di declinare queste parole al femminile o al maschile. Ma, soprattutto, quello di vivere un amore che non soffochi nelle regole grammaticali dei pronomi. — «Gli Argonauti è una coraggiosa rivendicazione politica del caos dell’esistenza.» Serena Danna, La Lettura In libreria dall’8 settembre Andrea Morstabilini Il demone meridiano € 19,00 pp. 192 Andrea Morstabilini è nato a Lodi nel 1983. Per il Saggiatore ha curato e tradotto Le montagne della follia di H.P. Lovecraft (2015). Un demone si aggira da sempre per i regni incantati e deserti della letteratura. La sterminata legione dei personaggi più memorabili è inquietata, manipolata, combattuta da un fumo demonico: i fantasmi di Dante, di Shakespeare, di Hugo ne subiscono l’influsso, si piegano alla sua forza distorsiva, tentano esorcismi, soccombono. Il demone è la letteratura stessa. Ed è questo demone, la letteratura stessa, che affronta Andrea Morstabilini nel suo romanzo d’esordio. È una assai strana storia, di terrore e stupefazione, che si snoda nella vertigine di una lingua nutritasi delle più alte e perturbanti letterature, riedificate attraverso colpi di scena e visioni medianiche. La vicenda consiste nella scomparsa misteriosa delle mummie conservate sotto teca nel museo dedicato a Paolo Gorini, celebre scienziato ottocentesco operante in Lodi, che approntò una collezione anatomica di corpi sottoposti a processo conservativo, secondo segrete formule alchemiche. Da questa sparizione si scatena un vortice di accadimenti, una detection soprannaturale, le evocazioni spiritiche allestite con grimori da parte di due adolescenti, un viaggio al di là dell’aldilà, un sinodo di cadaveri che accusa l’imbalsamatore, un anziano sulfureo che introduce a uno stupefacente cimitero in vetro. Ci si trova a seguire il racconto di un Prospero carico di tutti i libri e di un Calibano che conosce tutte le carni, in forma di quest del male, che è demone meridiano, melancholia düreriana, in bilico tra sogno e follia, bramosia e perversione, inabissata in carceri piranesiane, suppurata di ornamenti barocchi, tanto meravigliosi quanto fugaci, un caleidoscopio che miscela tutti i cromatismi e le screziature. «Gli spiriti, invocati dalle soffitte che infestano, dalle segrete, dalle strade di campagna dove travolti hanno trovato la morte, dalle case ai margini, dai crocicchi, dalle sacrestie, dalle torri campanarie, dai musei, dalle scuole, da dove finisce chi scompare, salgono in alto come portati da aure rapinose e sopra le nuvole tengono consesso con strigi e sirene alate e streghe e come poeti giuocano a palla colle teste da morto, fresche rosse di decapitazione.» In libreria dal 22 settembre Roland Barthes Album Inediti, lettere e altri scritti Album è l’opera che racchiude e unifica tutto il corso della vita e del pensiero di Roland Barthes. Album è una raccolta di documenti e scritti inediti: su Paul Valéry, Gustave Flaubert, la retorica, il superamento dello storicismo, l’effervescenza formalista, lo strutturalismo, la critica letteraria. Dai testi giovanili che mai hanno visto la luce della stampa, composti quando Roland Barthes è un adolescente costretto in sanatorio, agli abbozzi dell’ultima opera, che non fa in tempo a compiere prima di essere, d’improvviso, raggiunto dalla morte. Album è un epistolario che contiene molti epistolari: gli intensi scambi con Michel Foucault, Claude LéviStrauss, Jacques Lacan, Jacques Derrida, Louis Althusser, Maurice Blanchot, Jean Starobinski, Julia Kristeva, Georges Perec e gli altri grandi contemporanei, filosofi e artisti, con i quali Roland Barthes ha rapporti affettivi e avventure intellettuali; le lettere che raccontano il lavoro febbrile e spesso disperato durante la gestazione delle sue opere; la corrispondenza che testimonia la contesa tra gli editori Gallimard e Seuil per pubblicarle. Più di tutto, Album – il volume che celebra il centenario della nascita di Roland Barthes – è un arazzo di sorprese, attese, lutti, entusiasmi, incontri, tradimenti, ostinazioni, oblii, alleanze, delusioni, paure, sforzi, gioie, tempo perduto e ritrovato. Una vita intera di- spiegata dalla cartografia delle amicizie, universo di segni da decifrare e percorrere, materia multiforme e volatile che la vita ha sottratto alla scrittura e la scrittura alla vita: quel che detta legge è sempre il libro, il libro sempre a venire; il libro dell’esperto di teatro, linguista e critico letterario, sociologo e semiologo; il libro, soprattutto, dello scrittore, là dove cade la distinzione tra critico e autore, studioso e letterato. Da teorico ha asserito la morte dell’autore – ucciso dalla sua stessa opera –, e invece Roland Barthes ha vissuto e vive, con la sua lungimirante inattualità; la sua unicità vera e esemplare; il suo album di scritti e ritratti e frammenti dispersi ora riaccostati. Roland Barthes (1915-1980) è stato professore di Semiologia letteraria al Collège de France. Alcune tra le sue opere maggiori, composte dagli anni cinquanta agli anni settanta, sono Il grado zero della scrittura (Einaudi, 2003), Saggi critici (Einaudi, 2002), L’impero dei segni (Einaudi, 2004), Miti d’oggi (Einaudi, 2016), Barthes di Roland Barthes (Einaudi, 2007), Frammenti di un discorso amoroso (Einaudi, 2014) e La camera chiara (Einaudi, 2003). Traduzione di Deborah Borca € 35,00 | pp. 496 In libreria dal 29 settembre Hans Werner Henze Canti di viaggio Una vita € 35,00 pp. 608 Hans Werner Henze (1926-2012) ha vissuto per cinquant’anni in Italia, dove, nel 1977, ha fondato il Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano. Fra i suoi lavori ricordiamo Boulevard Solitude (1952), König Hirsch (1955), Undine (1957), Elegy for Young Lovers (1961), Der junge Lord (1964), Das Floss der Medusa (1968), Pollicino (1980), L’Upupa (2003), le dieci sinfonie (1947-2000) e il Requiem (1992). Traduzione di Lidia Bramani, Claudia Marinelli e Giuseppe Cospito A cura di Lidia Bramani Nel novantesimo anniversario dalla nascita del compositore, il Saggiatore porta in libreria un’edizione arricchita e completamente aggiornata di Canti di viaggio. È stata una vita inquieta, quella di Hans Werner Henze, fra i più significativi compositori contemporanei, e certo fra i più amati. La vita di un uomo posseduto dalla musica, fin dalla più tenera età; di un uomo che non ha mai smesso di ascoltare gli altri, e che agli altri ha fatto dono non solo della propria arte ma del proprio inesausto impegno civile, speso nella contestazione recisa di ogni ingiustizia. Fra queste pagine, in cui all’istanza memoriale si mescola incessantemente la riflessione musicale e politica, Henze si racconta con ironia e passione: dall’infanzia insofferente in Westfalia alle ferite del nazismo, dalla caduta delle Torri Gemelle allo sdegno per le atrocità di Guantanamo, dall’amore mai pago per l’Italia ai lunghi soggiorni nella Cuba degli anni sessanta, alla ricerca di un paese da chiamare patria. I suoi Canti di viaggio accompagnano così un peregrinare infaticabile che attraversa interi continenti e un secolo intero, il Novecento: e ai luoghi, ai suoni, si accostano i volti: W.H. Auden, Ingeborg Bachmann – «una creatura di pura grazia e fascino, come se fosse nata da un usignolo» –, Luchino Visconti, Elsa Morante, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, con la sua «voce di un uomo che vive con grande fatica, sotto pressione, sempre in lotta». Da ogni incontro prende vita una comunione di intelligenze che porta a una composizione, in uno slancio umano e artistico che non sembra conoscere limiti, se non per superarli ogni volta. Henze ha affidato a queste pagine la sua postrema eredità: nutrito di una scrittura imprevedibile come la sua musica – una scrittura dove si mescolano lirismo struggente e annotazioni telegrafiche, attenzione icastica al particolare e vaste visioni ideali –, questo memoriale non è solo la testimonianza diretta di uno dei più grandi intellettuali del xx secolo, ma anche, e soprattutto, una sinfonia in prosa capace di modulare tutte le note del sentimento. In libreria dal 29 settembre Émile Durkheim La divisione del lavoro sociale € 28,00 pp. 448 Émile Durkheim (1858-1917) è stato un sociologo, antropologo e storico delle religioni francese. Fondò nel 1896 la rivista L’Année sociologique, punto di riferimento a livello europeo per la sociologia. Tra le sue celebri opere, Le regole del metodo sociologico (1895) e Il suicidio (1897). Traduzione di Fulvia Airoldi Namer Con La divisione del lavoro sociale il Saggiatore riporta in libreria la prima opera di Émile Durkheim, padre della sociologia. Al centro di questo grande classico c’è uno dei temi più dibattuti e fertili per gli studi sulla modernità: la relazione tra individui e collettività. La società moderna comporta una differenziazione estrema di funzioni e mestieri: come può mantenere la necessaria coerenza intellettuale e morale? E, in generale, come può un gruppo di individui costituire una società? Le categorie che Durkheim ha forgiato per rispondere a questi interrogativi – dal concetto di coscienza collettiva alle distinzioni tra solidarietà meccanica e solidarietà organica, e tra società segmentarie e società in cui compare la distinzione del lavoro – concorrono a delineare un innovativo punto di vista olistico sui fatti sociali: la sociologia si fonda sulla priorità del tutto sulle parti, e il sistema sociale è irriducibile alla somma dei suoi elementi. È l’individuo a nascere dalla società, non la società dagli individui, poiché l’individuo è espressione della collettività. Per Durkheim, dunque, la divisione del lavoro struttura tutta la società, e non può essere ridotta alla mera organizzazione tecnica o economica delle attività produttive, come sembrano credere gli economisti. La differenziazione sociale, fenomeno caratteristico delle società moderne, è la condizione creatrice della libertà individuale. Ma è ingenuo credere che il progresso economico sia fonte di felicità: anche nei momenti di crescita la divisione del lavoro sociale può manifestarsi in forme patologiche. Insorge allora l’anomia, quello stato di dissonanza tra le aspettative di ciascuno e la realtà vissuta che ben presto si diffuse nelle società industriali: un concetto che – coniato da Durkheim per descrivere le contraddizioni della modernità – resta tra i più utili per indagare anche i malesseri della società del xxi secolo.