DISPENSA :TRASDUTTORI E CONDIZIONAMENTO DEL SEGNALE PROF. DI PASQUO RICCARDO INDICE ................................................................................................................. 1 UNITÀ DIDATTICA (premessa, prerequisiti, obiettivi, metodologia) .................... 2 CONSIDERAZIONI GENERALI ................................................................................... 4 TRASDUTTORI: CLASSIFICAZIONE E CARATTERISTICHE ........................................... 5 TRASDUTTORI PRIMARI ......................................................................................... 14 TRASDUTTORI DI TEMPERATURA .......................................................................... 14 TRASDUTTORI FOTOELETTRICI.............................................................................. 22 TRASDUTTORI ESTENSIMETRICI ............................................................................ 24 TRASDUTTORI DI POSIZIONE ................................................................................. 26 CONDIZIONAMENTO DEL SEGNALE ....................................................................... 28 TECNICHE DI CONVERSIONE V/I, I/V .................................................................... 30 EFFETTI DELL’IMPEDENZA DI USCITA DEI TRASDUTTORI ....................................... 35 AMPLIFICATORE DI STRUMENTAZIONE (INA) ...................................................... 38 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ................................................................................ 40 DATA SHEETS ....................................................................................................... 41 CONSIDERAZIONI GENERALI Introduzione Il sistema di acquisizione dati si occupa di prelevare, di solito, un segnale analogico fornito da un trasduttore e di trasformarlo in un segnale digitale da trasferire all’elaboratore, che provvede poi a elaborarlo e distribuirlo ai dispositivi previsti, ad esempio ai display o agli attuatori. Le applicazioni sono infinite e vanno dal semplice monitoraggio di una grandezza fisica al controllo e monitoraggio di moltissimi segnali nei processi più complessi. Ovviamente il costo di sistemi di acquisizione dipende dalla precisione e dall’affidabilità che si desidera realizzare. Sensore Trasduttore Condizionamento Conver. A/D Elaborazione Dati Display Dati Conver. Grandezza fisica Dati Uscita di controllo Attuatore Figura1: sistema di acquisizione I blocchi funzionali relativi al trasduttore e al condizionamento del segnale saranno l’oggetto della dispensa. Lo sviluppo della tecnologia di integrazione e l’uso sempre più massiccio di sensori a semiconduttore ha reso possibile l’integrazione in un solo componente, detto smart transducer/sensor, dell’elemento sensibile, dei circuiti che realizzano il condizionamento e la conversione analogico-digitale del segnale e dei circuiti che consentono il controllo della trasmissione digitale, rendendo di fatto obsoleta l’architettura con trasmissione analogica. La finalità di questa dispensa non è certo dare delle conoscenze e competenze su tutti i tipi di trasduttori e circuiti di condizionamento, visto i moltissimi campi di applicazione, ma di limitarci 1 a considerazioni fondamentali, con particolare attenzione a quelli che si possono riscontrare in esperienze di laboratorio scolastico e che meglio si prestano a soluzioni circuitali elettronicamente significative. TRASDUTTORI : CLASSIFICAZIONE E CARATTERISTICHE Considerazioni generali Le grandezze fisiche da rilevare nei processi industriali possono essere di varia natura; generalmente queste quantità sono difficili da trasmettere e da elaborare nella loro forma originaria. Di conseguenza, l’obiettivo fondamentale di un sensore/trasduttore è quello di convertire una grandezza fisica in ingresso in un’altra grandezza più facile da manipolare. Una peculiarità del processo di trasduzione è la conversione dell’energia da una forma (in ingresso) ad un’altra (in uscita). Distinzione fra sensore e trasduttore • Sensore: Il sensore è l’elemento sensibile che converte la grandezza fisica in ingresso in una grandezza fisica in uscita facilmente acquisibile per via elettrica. • Trasduttore: il dispositivo nel suo complesso, che trasforma la grandezza fisica da misurare in un segnale di natura elettrica. Figura 2: trasduttore e sensore In molti casi la distinzione tra sensore e trasduttore non è così netta e delineata e molto spesso nella letteratura tecnica e nella pratica comune i due termini sono utilizzati come sinonimi. Trasduttore e sensore sono “equivalenti” (sensore mette l’accento sulla componente sensibile, trasduttore sul circuito nel complesso in grado di tradurre il segnale). I trasduttori misurano le grandezze fisiche che possiamo distinguere in : 2 • • Grandezze continue, che possono assumere valori continui all’interno di un certo intervallo (es. temperatura di un utensile, velocità di rotazione di un motore, ecc...). Grandezze discrete, che assumo un insieme discreto di valori (es. verso di rotazione di un motore, numero di pezzi lavorati al minuto, ecc...). Le informazioni associate alle grandezze fisiche sono dette segnali. Le grandezze continue sono descritte da segnali analogici, grandezze discrete sono descritte da segnali codificati oppure da segnali logici. I trasduttori di tipo elettrico (forniscono l’uscita di tipo elettrica, esistono anche quelli pneumatici), rispettano le norme ANSI e DIN secondo le seguenti specifiche: Segnale in corrente : da 0 a 20mA oppure da 4 a 20mA Segnale in tensione : da 0 a 5V oppure da 0 a 10V In relazione alle specifiche esigenze del sistema in cui agiscono, possono essere elaborati ulteriormente. (Es. pilotaggio di dispositivi di potenza). Classificazione dei trasduttori La classificazione dei trasduttori può essere fatta in vari modi fra loro alternativi (principio fisico, grandezza da misurare, settore di destinazione, necessità di alimentazione esterna, tipo di segnale di uscita (analogico-digitale).). Ognuno di essi si adatta a esigenze diverse e mette in evidenzia alcune caratteristiche. Una distinzione utile può essere quella tra trasduttori primari e secondari. Quest’ultimi sono in qualche modo riconducibile ai primari, cioè le misure che effettuano sono deducibili dalla misura di altre grandezze fisiche, che sono quelle rilevate dai trasduttori primari. Tra i trasduttori primari consideriamo quelli: • di temperatura • fotoelettrici • estensimetrici (o piezometrici) • di campo magnetico • elettrochimico. Tra quelli secondari: • quelli di forza, di accelerazione, di pressione, basati sui sensori estensimetrici • quelli di posizione che utilizzano sensori fotoelettrici, di campo magnetico e capacitivi • di velocità, che derivano in genere da quelli di posizione. Specifiche sulle funzionalità dei trasduttori I principali parametri, forniti generalmente dalle case costruttrici, di un trasduttore sono da ricercarsi nelle seguenti caratteristiche: 1. Caratteristica statica; 2. Caratteristica dinamica; 3. Dipendenza da variabili ambientali; 4. Affidabilità. 3 1. La caratteristica statica si ottiene variando molto lentamente la variabile di ingresso del sensore e registrando la corrispondente variabile di uscita. Più precisamente per variazioni di ingresso lente rispetto al tempo di risposta del trasduttore. La relazione tra ingresso I e uscita O(I) è rappresentabile da una curva detta transcaratteristica. Idealmente la caratteristica ingresso/uscita di un trasduttore è quella in figura. Caratteristica statica ideale O Grandezza di uscita Caratteristica ideale Fattore di conversione G Grandezza di ingresso I Figura 3: caratteristica ideale I trasduttori commerciali hanno però una caratteristica statica reale che si differenzia da quella ideale a causa di inevitabili imperfezioni costruttive. La qualità di un sensore si misura in base a quanto la caratteristica reale si scosta da quella ideale. I costruttori di trasduttori forniscono alcuni indici/parametri che misurano la qualità del sensore. • Errore di Linearità (linearity error). È lo scostamento relativo della caratteristica reale rispetto alla caratteristica ideale, mentre ΔO é il massimo scostamento dalla caratteristica ideale. 4 O Caratteristica reale Grandezza di uscita OM Retta che approssima la Caratteristica ideale ΔO Om Grandezza di ingresso I Figura 4: caratteristica reale La caratteristica di un trasduttore di precisione deve essere lineare per ottenere una variazione della grandezza di uscita direttamente proporzionale a quella di ingresso. In genere la caratteristica lineare è presente solo in una fascia ristretta di valori, quindi è opportuno far lavorare il trasduttore solo nel tratto lineare, riducendo cioè il campo di funzionamento. (differenza tra il valore max e min che può assumere la grandezza di ingresso). O Caratteristica reale Grandezza di uscita Retta che approssima la caratteristica ideale ΔO Campo di funzionamento Imin Imax I Grandezza di ingresso Figura 5: campo di funzionamento 5 • Errore di fuori zero (offset error). É il valore che assume l’uscita del trasduttore quando la grandezza da misurare è nulla. O Grandezza di uscita Caratteristica reale Offset Grandezza di ingresso I Figura 6: offset • Errore di guadagno EG (gain error). È la differenza tra la pendenza della caratteristica ideale del trasduttore e la pendenza della retta reale che approssima al meglio la caratteristica ideale del trasduttore. O Caratteristica reale Grandezza di uscita EG Caratteristica ideale Offset Is I Grandezza di ingresso Figura 7: errore di guadagno 6 • Risoluzione. È la minima variazione della grandezza d’ingresso in grado di provocare una variazione percettibile su quella d’uscita. Se la risoluzione è riferita alla sola grandezza di uscita, esprime il rapporto formulato in percentuale tra la minima variazione della grandezza di uscita e il valore di fondo scala (max ingresso misurabile). Un buon trasduttore presenta una risoluzione molto bassa. Risoluzione%=(ΔO/Ofs)*100. • Isteresi. Si parla di isteresi quando la caratteristica del trasduttore è differente nei casi in cui il segnale di ingresso sia in crescita e quello in cui il sistema sia in diminuzione. L’errore di isteresi è la massima differenza tra le uscite nei due casi. O Grandezza di uscita Caratteristica con segnale decrescente Caratteristica con segnale crescente Grandezza di ingresso I Figura 8: isteresi • Sensibilità. È il rapporto tra la variazione della grandezza d’uscita ΔO (presumibilmente grande) e la variazione di quella di ingresso ΔI che la provoca (possibilmente piccola). Per trasduttori con caratteristica ingresso/uscita lineare la sensibilità è: S= ΔO/ ΔI. Un buon trasduttore deve avere una grande sensibilità che si ha con una caratteristica lineare che ha una pendenza maggiore. 7 O Caratteristica ideale con maggiore sensibilità Grandezza di uscita Caratteristica ideale Maggior escursione Grandezza di ingresso I Figura 9: sensibilità • Precisione (precision, repeatability). È una misura di quanto l’uscita del sensore è ripetibile su ripetuti esperimenti. In sostanza può accadere che ripetendo lo stesso esperimento più volte il sensore non fornisca l’identico risultato. • Accuratezza (Accuracy). È una misura di quanto l’uscita del trasduttore si scosta da quello che dovrebbe essere la sua uscita ideale, cioè quella uscita che avrebbe un trasduttore ideale che misura la stessa grandezza di quello reale. Precisione e Accuratezza a confronto Figura 10: esempio del bersaglio 8 2. Caratteristica dinamica. Quando la variabile di ingresso varia molto velocemente il trasduttore può assumere un comportamento dinamico, cioè la variabile di uscita introduce un certo ritardo ed una certa attenuazione alla caratteristica statica. È quindi chiaro che la caratteristica dinamica del trasduttore pone un limite alla banda passante di tutto il sistema di controllo. É possibile analizzare il comportamento dinamico in vari modi: • Analisi nel dominio del tempo. I parametri che definiscono il comportamento dinamico del sistema, dato in ingresso a gradino, sono : 1. Tempo di risposta: (il più importante a volte è detto anche costante di tempo del trasduttore) intervallo di tempo fra l’istante in cui ha inizio il gradino del misurando e l’istante in cui l’uscita supera per la prima volta una determinata frazione del valore a regime (in genere il 50%). 2. Tempo di salita: intervallo di tempo affinché l’uscita si porti dal 10% al 90% del valore a regime. 3. Tempo di assestamento: intervallo di tempo fra l’istante in cui ha inizio il gradino del misurando e l’istante in cui l’uscita entra definitivamente in una fascia di valore intorno al valore di regime ( in genere ±5%). 4. Tempo morto: intervallo di tempo fra l’istante in cui ha inizio il gradino del misurando e l’istante in cui l’uscita supera un determinato valore di soglia al di sotto della quale viene considerata nulla. 5. Sovraelongazione: differenza tra il valore massimo raggiunto dall’uscita e il valore a regime. 6. Frequenza delle oscillazioni di assestamento: frequenza delle oscillazioni smorzate che si verificano quando il sistema è sottosmorzato. 7. Fattore di smorzamento: nel caso di sistema sottosmorzato è il rapporto fra l’ampiezza della minore e della maggiore tra due sovraelongazioni successive, nell’ipotesi che tale rapporto sia indipendente dalla coppia di sovraelongazioni considerate. Figura 11: risposta al gradino • Analisi nel dominio delle frequenze: Il parametro fondamentale che caratterizza il sensore è la banda passante ωo. La dinamica del trasduttore non sempre può essere trascurata in fase di progetto di un anello di controllo. 9 Figura 12: caratteristica dinamica di un trasduttore ideale; risposta in frequenza (modulo) • La risposta frequenziale di un trasduttore si definisce attraverso i diagrammi di ampiezza e di fase della risposta del trasduttore quando l’ingresso ha un andamento sinusoidale. • Quando la sinusoide di ingresso ha una pulsazione maggiore di un valore limite, allora l’uscita incomincia a non essere più in grado di seguire l’ingresso. Tale valore prende il nome di pulsazione di taglio (ωo) del trasduttore. 3. Dipendenza da variabili ambientali. Il trasduttore è progettato per rilevare una certa grandezza fisica, tuttavia risulta molto difficile costruire un dispositivo selettivo che non risulti influenzato da altre grandezze fisiche. Ad esempio la temperatura influenza le caratteristiche fisiche di quasi tutti i materiali, ed in particolare quelli a semiconduttore e i disturbi di natura elettromagnetica (interferenza). 4. Affidabilità. L’affidabilità del trasduttore è di fondamentale importanza per il corretto funzionamento di un sistema di misurazione e controllo. L’affidabilità si misura in senso statistico fornendo il tempo medio che precede un guasto del dispositivo (Mean Time Between Failure MTBF). I parametri che riguardano l’affidabilità sono: • Vita operativa: minimo intervallo di tempo in cui si garantisce che il sensore funzionerà secondo le specifiche indicate (ad es. sensibilità, offset, isteresi, ecc.) • Numero di cicli: minimo numero di escursioni dell’ingresso (entro il F.S.), nel quale è garantito il funzionamento secondo le specifiche indicate. 10 TRASDUTTORI PRIMARI Vengono trattati solo alcuni tipi di trasduttori primari, che in qualche modo sono fondamentali e alla base di molti altri trasduttori secondari. TRASDUTTORI DI TEMPERATURA I sensori basano il proprio funzionamento sulle leggi naturali che regolano il rapporto fra le grandezze fisiche. Quindi per poter progettare un sensore che riveli una certa grandezza fisica occorre conoscere la natura fisica che regola il rapporto tra tale grandezza e la grandezza di uscita del sensore. In particolare alcuni sensori di temperatura, che in questa sede vengono analizzati più in dettaglio di altri trasduttori, convertono la grandezza da misurare (temperatura) in una variazione di resistenza del materiale di cui sono fatti. Sono i sensori (resistivi) di temperatura la cui resistenza elettrica di un materiale può essere espressa come: R = ρ l /A, dove ρ è la resistività del materiale (solitamente dipendente dalla temperatura), l ed A sono la lunghezza e la sezione trasversale del materiale. La variazione di resistenza può essere prodotta da: • variazione di geometria; • variazioni di resistività (termistori) o conduttività (fotoresistori); Il controllo e la misura della temperatura è di fondamentale importanza in moltissimi processi industriali. Si analizziamo i principali (che possono avere una certa utilità didattica) trasduttori di temperatura: • termoresistenze • termocoppie • termistori • trasduttori integrati Termoresistenze La termoresisistenza o RTD (Resistance Temperature Detector, rilevatore di temperatura a resistenza) è un trasduttore a variazione di resistenza, costruito con materiali anti-induttivi come il platino, nichel, rame. In questi trasduttori la resistenza cresce al crescere della temperatura. (la conducibilità nei conduttori decresce all’aumentare della temperatura). La dipendenza tra resistenza e temperatura è : R(T ) = R(0) * (1 + αT ) dove R(0) è il valore nominale della resistenza a 0 C°, T è la temperatura in C°, α un coefficiente positivo misurato in C°-1 . In realtà la dipendenza tra resistenza e temperatura non è lineare, ma per il range di funzionamento previsto la consideriamo tale. Inoltre i termini di ordine superiore presentano dei coefficienti piccolissimi che sotto opportune condizioni (non troppo lontani dallo 0 C°) possono essere trascurati. La sensibilità è dR(T ) data dalla derivata della caratteristica è S = = αR(0) . dT Le termoresisistenze presentano buona precisione e stabilità nel tempo, hanno un ampio range di ingresso (-10 / +600 c°) e ottime caratteristiche di linearità. I principale difetto è che hanno una bassa sensibilità per cui necessitano di forti amplificazioni. Per farle funzionare occorre far scorrere la corrente il che da problemi di riscaldamento (effetto joule) che determinato un 11 decadimento della precisione. La termoresistenza viene collegata all’esterno mediante un cavo schermato e normalmente inserita in un apposito involucro che protegge l’elemento sensibile. In commercio vi sono termoresistenze dette Pt 100, ovvero quelle costituite da trasduttori di temperatura che , utilizzando il platino, sono realizzati in modo che alla temperatura di 0°C presentano una resistenza di 100Ω. Essi sono impiegate in un campo di temperatura compreso tra -200°Ce850°C. R(T)/R(0) Resistenza relativa 6 Nichel 4 Rame Platino 2 300 600 T [C°] Temperatura Figura13: variazione di resistenza in alcuni metalli Applicazione proposta Uso del sensore Pt100 che misura la temperatura tra 0÷300°C con uscita tra 0÷10V 220uF Pt100 4,7k 1,8k 470k 5 V0 7 + + 5 6 7 - 6 0,5M 1,8k 4,7k 47k +Vcc In O 78L05 C3 220-330uF C2 10-47uF 100 lin Figura 14: misura temperatura 12 La tensione di riferimento è pari a 5V. Per evitare fenomeni di autoriscaldamento si limita (ad un basso valore) la corrente nella termoresistenza ad un valore I=2,5mA. La resistenza nominale del Pt100 è R=100Ω a 0°C. Dal circuito si ha: R0 = VR − R = 1,9kΩ ≅ 1,8kΩ I Ricordando la Vo dal ponte resistivo linearizzato (vedi paragrafo successivo), si ha che l’uscita del primo stadio V01 per uno scostamento ΔT dall’inizio scala : V01 = − αR∆T ∆R VR = − VR R0 + R R0 + R (si considera la termoresistenza lineare). Dalle specifiche di progetto ΔT=300°C ed essendo α= 3,85 ⋅ 10 −3 C°-1 V01 (300°C ) ≈ −60,79mV Per avere in uscita alla catena di condizionamento V0 (300°C ) = 10V dobbiamo inserire uno stadio finale invertente con guadagno: Av = 10 V0 (300°C ) =− = −164,5 60,79 ⋅ 10− 3 V0 (300°C ) Si può scegliere Rs=4,7kΩ e Rf=4,7k·164,5≈773kΩ Osservazioni: • La scelta di una tensione di riferimento positiva è legata al fatto di avere uno stadio finale invertente in modo da ottenere in uscita una tensione positiva. • Rendendo variabile il resistore da 100Ω che deve bilanciare il Pt100 a 0°C, possiamo regolare lo zero della scala. Tale operazione va fatta prima di quella del guadagno perché il trimmer da 100Ω influenza il guadagno del 1à stadio e quindi di tutto il sistema. • Accorgimenti utili per il buon funzionamento sono: la resistenza di compensazione dell’offset in serie all’ingresso non invertente del 2° operazionale; il condensatore il parallelo alla resistenza di retroazione del 2°stadio che limita la banda passante a circa 0,9Hz, che riduce i disturbi dei campi elettromagnetici in particolare quello della rete elettrica. • Per gli operazionali si fa uso del LM324 (4 O.A.) con una tensione di alimentazione di ±12V. Termocoppie Sono trasduttori di temperatura il cui principio di funzionamento e’ basato sull’effetto Seebeck. (un conduttore elettrico sottoposto ad un gradiente termico genera una differenza di potenziale). Ciò consiste nel fatto che in una coppia di materiali differenti, saldati ad una estremità, si manifesta, tra le estremità libere, una differenza di potenziale che dipende sia dai materiali a contatto che dalla temperatura a cui si trova la giunzione. Figura 15: Effetto Seebeck in una termocoppia 13 Una termocoppia è costituita da una coppia di conduttori elettrici di diverso materiale uniti tra loro in due punti distinti, convenzionalmente denominati giunzione fredda e giunzione calda. È possibile risalire alla differenza di temperatura esistente tra questi due punti misurando la differenza di potenziale presente fra gli stessi. Se, anziché la differenza di temperatura, occorra misurare la temperatura assoluta, una giunzione è mantenuta ad una temperatura fissa e nota. Essa prende allora il nome di giunzione di riferimento, mentre l'altra è la giunzione di misura. La termocoppia e’ un dispositivo attivo, cioè che genera autonomamente una tensione senza la necessità di ricorrere a circuiti elettronici del tipo adottato ad esempio per le termoresistenze; il vantaggio consiste nell’eliminare i problemi di autoriscaldamento verificatosi nelle termoresistenze. Le termocoppie misurano temperature elevate fino a 1500°C ed oltre. La termocoppia è un sensore di temperatura largamente diffuso. In particolare le termocoppie sono ampiamente utilizzate perché economiche, facilmente sostituibili, standardizzate e possono misurare un ampio intervallo di temperature. Il loro limite più grande è l'accuratezza, infatti errori sistematici minori di un grado centigrado sono difficili da ottenere. Resistori NTC e PTC I Resistori NTC o termistori si possono realizzare con materiali semiconduttori unipolari. La conduttività di un semiconduttore puro ha coefficiente negativo (resistori NTC = Negative Temperature Coefficient). Quindi al crescere della temperatura diminuisce la resistenza. La resistenza in fuzione della temperatura varia secondo la legge : R (T ) = R (To )e B( 1 1 − ) T To dove T è la temperatura assoluta in K, To una temperatura assoluta di riferimento (solitamente 298K=20°C) e B una costante del materiale(2000K<B<5500K). Tra le caratteristiche positive dei termistori vi è la sensibilità; (presentano un’alta variazione di resistenza per unità di temperatura). Il Difetto principale è che la caratteristica R(T) è pesantemente non lineare se non su intervalli di temperatura molto piccoli. Vengono quindi utilizzati per applicazioni dove la linearità non è molto importante (come in controlli di temperatura) e per misure di range ristretti (termometria clinica poiché il range utile è qualche decina di gradi). Oppure si ricorre a reti di compensazione della non linearità. È possibile realizzare anche resistori PTC (Positive Temperature Coefficient), ovvero semiconduttori fortemente drogati possono presentare un coefficiente di variazione positivo (come quello delle termoresistenze). I resistori PTC presentano una sensibilità maggiore rispetto alle termoresistenze metalliche, ma non meno lineari. (es. KTY10 della Infineon lavora tra i –50 e i 150 c°). In definitiva nei termistori PTC la resistenza e’ direttamente proporzionale alla temperatura, mentre, al contrario, nei termistori NTC la resistenza e’ inversamente proporzionale alla temperatura. In pratica si posizionano all’interno dell’apparecchio da proteggere e vengono utilizzati principalmente come protezione di macchine contro le sovratemperature o sovracorrenti. Anche in questo caso occorrono circuiti di alimentazione con conseguenti effetti di autoriscaldamento del trasduttore. 14 Applicazione proposta: Sistema di controllo di temperatura di tipo ON/PFF. Il termistore NTC K22 della Siemens ha le seguenti caratteristiche: R=10kΩ; B=3950 K ; P(25°C)=150mW. Il led simula il funzionamento di una ventola e si accende quando T>50°C(ventola attiva). V1 12Vdc R2 10k NTC K22 10k V2 R3 1 + 3 - 2 1k 6Vrif R1 2.84k D1 Figura16: schema sistema di controllo temperatura Per l’operazionale si consiglia di utilizzare l’integrato LM331 che contiene un comparatore di segnali analogici ed un transistor sull’uscita dell’OA. Vedi data sheets per ulteriori specifiche. Utilizzando la formula T[°C] 0 R(T)[kΩ] 26.7 R(T ) = R(To )e 1 1 B( − ) T To si può ricavare la seguente tabella: 10 20 30 40 50 60 70 16.6 10 6.4 4.2 2.84 1.98 1.39 La tabella evidenzia che la resistenza NTC assume valore di 2,84kΩ quando t=50°C. All’aumentare della T la resistenza diminuisce. Per T=50°C si ha che R(T)=2,84kΩ e V(NTC)>Vrif. A questo punto si accende la ventola(led). Sensori di temperatura a giunzione semiconduttrice Se in una giunzione PN polarizzata direttamente la corrente è mantenuta costante, la diminuzione di tensione è lineare nella temperatura su un range molto ampio. In altre parole, in un diodo, fermi i presupposti precedenti, la tensione diminuisce in maniera lineare all’aumentare della ∂Vd temperatura. Nel silicio ad esempio si ha: = −2.5mV /°C. ∂T Id =cos t Se si volessero usare dei diodi tipo 1N914 o 1N4148 sarebbero degli ottimi sensori di temperatura poiché, avendo una piccola massa hanno una capacità termica piccola, quindi alta velocità di risposta e non influenzano l’ambiente di misura. Il difetto sta nella scarsa riproducibilità poiché non essendo espressamente progettato come trasduttore, ogni esemplare deve avere una taratura specifica. Sensori di temperatura integrati I trasduttori integrati sono circuiti integrati che presentano numerosi vantaggi di precisione, affidabilità, bassa dissipazione di potenza e dimensioni. A seconda dei tipi, l’uscita può essere una tensione oppure una corrente. Tra i più utilizzati ed economici vi sono AD590 e LM35. 15 Il principio di funzionamento è quello per cui in una giunzione PN( di solito BE del BJT) polarizzata direttamente, la caduta di tensione dipende dalla temperatura. Al loro interno oltre il sensore hanno anche il circuito di amplificazione e di condizionamento del segnale. Specifiche sull’ Analog Device AD590 E’ un trasduttore di temperatura che si comporta come un generatore di corrente ad alta impedenza. La corrente è proporzionale alla temperatura assoluta : I = k * T (T in gradi K). La constante di proporzionalità K ha valore nominale di 1µA / K . Quindi la corrente in µA coincide numericamente, entro il limite di errore, con la temperatura in Kelvin. Il campo di misura si estende da -55°C (218 K) a +150°C (423 K), ed una tensione di alimentazione di 4÷30V. Il funzionamento in corrente presenta il vantaggio di rendere il sistema di misura insensibile alle cadute di tensione, permette quindi di tenere il sensore lontano dall’apparato di misura. Per ulteriori informazioni e per le connessioni guardare il data sheet in allegato. I (μA) Iout (μA) +150°C 423 423 +25°C 298 298 218 218 -55°C Vcc 1 3 30 218K/-55°C 423K/150°C T Figura17: AD590 transcaratteristica La caratteristica di avere una piccola massa quindi una capacità termica piccola, porta ad avere velocità di risposta abbastanza elevata con una costante di tempo termica in aria ferma di circa 60s. Le principali cause di imprecisione sono : errore di scala (k differisce dal valore nominale) e errore di offset. L’errore di scala in parte si può compensare agendo sul guadagno del sistema di condizionamento del segnale, anche l’errore di offset si può compensare. Quindi l’AD590 risulta un buon trasduttore con un errore di non-linearità contenuto(dell’ordine di ±0.8°C). 16 Applicazione da laboratorio Il trasduttore in questione ha come grandezza elettrica di uscita la corrente. Per trasformarla in tensione basterebbe una resistenza, ma si utilizzano convertitori corrente-tensione (per chiarimenti si rimanda al paragrafo relativo il condizionamento del segnale). C1 poliestere R2 -Vcc 1uF P2 AD590 + 6 3 1 V0 V0 P1 5k + IR <-- + - 2 AD590 7 + R1 15k 5 -V - 50k 82k R2 I < <--- - - R1 R3 15k +Vcc 78L05 VR C3 220-330uF C2 10-47uF Fig a) Fig b) Figura 18: circuito per l’uso dell’AD590 Si vuole una tensione di uscita variabile 0÷10V per una temperatura che varia tra 0÷100°C. Considerando che a 0 °C il dispositivo eroga una corrente di Ir=273µA, poiché 0 °C corrispondono a 273 K. E’ necessario quindi togliere la corrente Ir =273µA dalla corrente Is generata dal sensore (basta farle convergere con versi opposti nel nodo di ingresso invertente dell’operazionale ). Quindi si ha: I = I S (T ) − I R Da cui : I= V0 Vr = Is(T ) − R2 R1 Vo R2 IR = ⇒ R2 = ( Is(T ) − VR R1 VR ) R1 D’altra parte: ∆VO 10V = = 0,1V / °C ∆T 100°c Da cui: R2 = 1 ∆VO 0,1V / °C * = −6 = 100 KΩ K ∆T 10 A / °C (prendiamo R2 =82kΩ+ trimmer multigiri da 50kΩ) A 0°C si ha: Is(0°C)=273µA ⇒ VR = 273µA R1 17 A 0°C per avere un’uscita di 0V deve essere Ir=Is (con Vr>0). Vr deve essere stabilizzata, perché una sua variazione ΔVr determina una variazione della corrente in R1pari a ΔIr=ΔVr/R1;Poiché Ir=k·273µA l’errore sullo zero di temperatura è dato da: ∆V k∆T 0 ∆Vr = ⇒ ∆T 0 = R 273 che si ripercuote su tuta la scala. Vr k 273 Vr Se ΔVr/Vr =±1% l’errore di temperatura ΔT0=±2,73K=±2,73°C, che non è accettabile perché al di sotto della precisione intrinseca del sensore. Per stabilizzare Vr in genere si usa uno stabilizzatore integrato di bassa potenza 78L05 che fornisce una tensione di 5V. Allora deve risultare: R1 = VR 5V = = 18,3KΩ I S (273k ) 273 * 10 −6 A (Che si può fare con R1 =15kΩ+ trimmer multigiro da 5kΩ). Il condensatore di retroazione è stato aggiunto per limitare superiormente la banda passante a circa 1.5Hz, per evitare interferenze specie dalla rete elettrica. La R3 serve a limitare la corrente di bias, ed è circa il parallelo fra le altre 2 resistenze. Per tarare si mette la sonda (isolata) a contatto con una miscela di acqua e ghiaccio (0°C) e tarare con P1 lo zero. Ancora la si mette a contatto con acqua bollente (100°C) e si regola P2 per il fondo scala. La taratura può essere fatta anche con un termometro campione. Specifiche sul National LM35A E’ un trasduttore di temperatura che si comporta come un generatore di tensione. La tensione è proporzionale alla temperatura assoluta : V = k * T (T in gradi K). La constante di proporzionalità k ha valore nominale di 10 µV / °C . Il campo di misura si estende da -55°C (218 K) a +150°C (423 K), con una precisione di ±1°C. +Vcc (4÷20 V) LM35A +Vcc Vout (20mV÷1,5V) (2÷150°C) LM35A Vout (-550mV÷1,5V) (-55÷150°C) R -Vcc Figura 19: uso per tensioni di uscita positive e negative 18 La resistenza R di pull-down deve essere scelta in modo da determinare una corrente verso la | −Vcc | tensione di alimentazione negativa di circa 50 µA : R = . 50 * 10^ −6 Poiché il dispositivo è a piccola potenza, ha una limitata possibilità di pilotare carichi capacitivi. Ad esempio, se solo si connette il dispositivo tramite un cavo schermato avente una certa lunghezza bisogna, secondo il costruttore, disaccoppiare il trasduttore con una resistenza di circa 2kΩ in serie all’uscita, oppure migliorare la tolleranza alla capacità con un circuito RC smorzante in parallelo all’uscita. Per ulteriori informazioni e per le connessioni guardare il data sheet in allegato. TRASDUTTORI FOTOELETTRICI Trasformano le variazioni di intensità luminosa in variazione di grandezza elettrica e possono essere distinti in tre grandi gruppi : • Dispositivi fotoemissivi Sono basati sull’effetto fotoelettrico propriamente detto : i quanti di luce colpiscono un catodo costituito da un metallo a basso lavoro di estrazione causando la ionizzazione di una certa percentuale degli atomi del metallo stesso. Gli elettroni liberati danno luogo ad una corrente proporzionale all’intensità luminosa incidente. A questo gruppo appartengono le cellule fotoelettriche (usate in passato per la lettura delle colonne sonore nei cinema) e i fotomoltiplicatori usati in dispositivi specialistici come ad esempio per misure fotometriche in astronomia o per rivelare radiazioni nucleari. • Celle Fotovoltaiche Il loro funzionamento è basato sul fatto che esponendo una giunzione PN con gli estremi chiusi su un carico resistivo, in esso circola una corrente inversa. Le cellule fotovoltaiche basate su tale fenomeno raramente vengono usate come trasduttori, sono però utlizzate per la conversione diretta di energia solare in energia elettrica tramite batterie solari che arrivano a un rendimento di conversione di oltre il 10% (batterie al silicio). • Elementi fotoconduttori I Fotoresistori sono trasduttori a variazione di resistenza, sensibili alle radiazioni di lunghezza d’onda compresa tra 0.4÷0.8Å (luce visibile). Sono costituiti da materiali semiconduttori leggermente drogati (solfuro di cadmio, solfuro di piombo, ecc.) ed il loro principio di funzionamento è basato sull’effetto fotoconduttivo. Quando la superficie del fotoresistore viene esposta alla luce, l’energia luminosa assorbita provoca la rottura dei legami covalenti e quindi l’aumento delle coppie lacuna-elettrone, rispetto a quelle generate per effetto termico. Questo fenomeno, noto come effetto fotoconduttivo, determina l’aumento della conducibilità del semiconduttore. La variazione della resistenza R in funzione dell’illuminamento è data dalla seguente legge: R=A·E^-α A cost dimensionale che dipende dalla forma geometrica della superficie esposta E illuminamento (flusso lumino per unità di superficie [lux]) Α cost <1 dipende dalla tecnologia con cui è stato realizzato il dispositivo. 19 Applicazione che fa uso del fotoresistore NORP-12 La resistenza dei fotoresistori commerciali varia da alcuni MΩ, in condizioni di oscurità, ad alcune decine di Ω quando sono sottoposti ad illuminamento intenso. RESISTENZA [kΩ] Potenza [mW] 1000 100 300 10 200 1 100 0.1 1 10 100 1000 [LUX] Fig. fotoresistenza 0 30 60 90 120 T [°C] Figura 20: caratteristica resistenza/illuminamento in scala logaritmica e potenza Caratteristiche elettriche Resistenza di oscurità (min) Resistenza di cella a 10 Lux Resistenza di cella a 1000 Lux Tensione max. di picco (AC e DC) Corrente max (25°C) Potenza max (a 25°C) Range di temperatura Capacità di oscurità (tipica) Reazione spettrale di picco Parametri principali del NORP-12 Valori 1 9 400 320 75 250 -60÷+75 3,6 0,53 Unità di misura MΩ kΩ Ω V mA mW °C pF µm Si realizza un controllo di luminosità di tipo ON/OFF. 20 R2 680 R1 15k D1 V1 9Vdc R3 1,5k Q1 2N2222 Rlux NORP-12 Figura 21: sistema di controllo ON/OFF Basta semplicemente inserire il fotoresistore in un circuito a transistor funzionante in ON/OFF per attivare un diodo led. (Led acceso ==buio). Se al posto del led si collega un relè il dispositivo è in grado di controllare lampadine alimentate dalla tensione di rete. Le resistenze R1 e Rlux polarizzano (unitamente a R3 che limita la corrente) la base del transistor. Quando c’è luce, la fotoresistenza assume un valore trascurabile che porta il transistor nello stato di OFF. Quando è buio la Rlux assume valori elevati, tale da mandare in conduzione il transistor portandolo nello stato di ON. La R1 limita la corrente nel led. Fotodiodi. Il loro funzionamento è basato sul fatto che esponendo una giunzione PN polarizzata inversamente (si parla di modalità fotoconduttiva, esiste anche la modalità fotovoltaica), alla corrente tipica del diodo si somma una corrente IL > 0 che varia in maniera lineare con il flusso luminoso. Per tensioni inverse nell’ordine del volt la corrente nella giunzione è I = - (IL + IO). I fotodiodi sono quindi diodi in cui la zona di giunzione è resa accessibile alla radiazione luminosa. Pregi : sono piuttosto sensibili anche se i bassi valori di corrente richiedono opportuni circuiti di condizionamento e sono abbastanza veloci (possono essere utilizzati nei sistemi di trasmissione in fibra ottica). Fototransistor. Rappresentano un evoluzione dei fotodiodi. Sono essenzialmente dei transistor a giunzione (BJT) polarizzati normalmente, ma con il circuito di base aperto la cui giunzione BC (base-collettore) è esposta alla luce. In tale giunzione polarizzata inversamente si genera una corrente inversa analogamente a quanto avviene nei fotodiodi. La sensibilità è molto elevata, la risposta in frequenza è buona e il rumore è minore di quello presentato da un fotodiodo. L’alta sensibilità consente al fototransistor di comandare direttamente dispositivi logici. Sono spesso utilizzati nei sensori di posizione (encoder). TRASDUTTORI ESTENSIMETRICI Sono basati sul fatto che un conduttore ohmico di lunghezza L e sezione S dove la resistenza è l espressa in R= ρ (dove ρ è la resistività del materiale Ω/m), sottoposto a trazione, L aumenta S e S diminuisce ed entrambe le variazioni fisiche contribuiscono ad aumentare la resistenza. L’opposto si verifica se il conduttore viene compresso. Nei limiti delle deformazioni elastiche 21 come espresse dalla legge di Hooke, le deformazioni sono proporzionali alle forze che li determinano. In un corpo cilindrico di sezione circolare, le variazioni di lunghezza L e raggio R della sezione sono legate dalla relazione: dr dl dove µ è il coefficiente di Poisson del materiale considerato e dr e dl sono variazioni = −µ r l differenziali di raggio e lunghezza. Il segno meno indica che al crescere di R diminuisce L e viceversa. (Esiste anche l’effetto piezoresistivo, ovvero la variazione di ρ con la deformazione). Gli estensimetri a semiconduttore hanno sensibilità maggiori, ma costi più elevati. Un difetto molto grave degli estensimetri soprattutto a semiconduttore è che la loro resistenza varia anche con la temperature sia perché varia la resistività sia perché la stessa variazione di temperatura provoca deformazioni per dilatazione. Per compensare le variazioni causate da temperatura è bene usarli in coppie montati a ponte, facendo in modo che uno solo sia soggetto a sollecitazione o che magari si deformino, ma in senso opposto. R+dR est. sollecitato R estens. libero Vdc - Vo + R R Figura 22: ponte di Wheatstone E’ possibile usare anche per gli estensimetri un ponte resistivo linearizzato utilizzato anche nelle termoresistenze, ma le variazioni percentuali di resistenza sono relativamente piccole e lo scostamento della linearità rimane piccolo: Vo = − ∆R Vrif R0 + R R+dR R0 Vrif 6 - R0 5 7 V0 + R Figura 23: ponte resistivo linearizzato Celle di carico Sono tipicamente dei trasduttori di forza. In pratica sono costituiti da ponti estensimetrici montati in strutture di metallo con caratteristiche di elasticità note e calibrate. La deformazione elastica, misurata dagli estensimetri, permette di risalire alla forza che l’ha determinata. Le celle di carico differiscono per forma, campo di forze misurato e sensibilità. Ogni singolo esemplare è accompagnato da un certificato di taratura (fondo scala, sovraccarico ammissibile, alimentazione, sensibilità,. Nominale, Err.non.linear., err.offset, etc.). Esistono celle di carico in cui sono montati due ponti (per un totale di quattro rami), dove di conseguenza la sensibilità è raddoppiata. Per elevate precisioni è necessario conoscere con esattezza la tensione di 22 alimentazione del ponte estensimetrico che non coincide con la tensione di alimentazione a monte dei cavi di connessione a causa della c.d.t. sui cavi stessi. Per questo motivo molte celle di carico dispongono di una coppia di cavi (etich. Sense) che fanno capo a nodi di alimentazione del ponte. Sensori di pressione Sono basati sul principio del barometro aneroide : una camera sottovuoto è chiusa da una membrana flessibile. La membrana si flette a seconda della pressione che agisce sul lato esterno. La deformazione è rilevata dai dispositivi fissati sulla sua superficie. Nei modelli integrati la membrana è costituita da una piastrina di silicio su cui sono incastonate una o più celle estensimetriche a semiconduttore con disposizione solitamente a ponte. Esistono anche sensori di pressione differenziali in cui la membrana separa due camere sottoposte a pressioni diverse, quindi il segnale in uscita è proporzionale in valore e in segno alla differenza fra le due pressioni. TRASDUTTORI DI POSIZIONE Potenziometri : sono i trasduttori di posizione più semplici. I potenziometri utilizzati come sensori di posizione sono a variazione lineare. Esistono potenziometri ottimizzati per applicazioni ad elevata precisione e con attrito ridotto : solitamente hanno un campo di rotazione di 360° senza fine corsa. Oltre ai modelli rotativi esistono anche potenziometri in cui il movimento del cursore è rettilineo. Trasformatori differenziali: Servono a rilevare piccoli spostamenti di solito rettilinei (LVDT). Contengono un nucleo mobile centrato rispetto ad un avvolgimento principale e due avvolgimenti secondari aventi uguali tensioni indotte, ma in controfase in maniera da avere una tensione in uscita nulla. Quando il nucleo si sposta da parte di uno dei secondari la tensione indotta in esso prevale e l’uscita non è più nulla. L’ampiezza dell’uscita rende un’informazione sull’entità dello spostamento, mentre la fase ci indica il verso dello spostamento. Figura 24: Trasformatori ad accoppiamento variabile: LVDT (Linear Variable Differential Transformer) 23 Enconder incrementale : E’ un dispositivo che serve a rilevare gli spostamenti angolari (rotazioni) di un asse. Nella sua forma più semplice è costituito da un disco calettato sull’asse di rotazione su cui è praticata una ghiera di N fori equispaziati (in realtà possono essere delle zone trasparenti fotoincise). Una barriera fotoelettrica di solito costituita da una coppia LED/fototransistor rileva la presenza o meno dei fori nella ghiera (eventualmente la circuiteria del fototransistor può incorporare un trigger di Schmitt per eliminare incertezze di commutazione). Se il disco ruota, in uscita al fotosensore si ha un treno di impulsi. Contando gli impulsi si è in grado di determinare l’angolo di cui il disco si è spostato. La risoluzione angolare è evidentemente data da 360/N. In questa forma l’encoder non è in grado di rilevare il verso della rotazione e il suo uso è limitato a misurare velocità di rotazione ottenuta contando gli impulsi su una base di tempo data. Se “f” è la frequenza del segnale generato, N il numero dei fori, “n” la f velocità di rotazione espressa in giri/s si ha : n = giri / s . (se N è 60 la frequenza coincide con i N giri al minuto). I vantaggi rispetto alla dinamo tachimetrica è che non si usura (stabile nel tempo) e non deve essere tarata e può essere utilizzato per elaborazioni di tipo digitale. Encoder incrementale a due (o tre) fasi. Per poter risalire anche al verso di rotazione si deve utilizzare un encoder con due ghiere concentriche di settori trasparenti. Le due ghiere hanno lo stesso numero di settori, ma i settori sono sfasati di un angolo corrispondente a mezzo settore rispetto ai settori dell’altra. Ad ognuna delle ghiere corrisponde un uscita con un treno di impulsi definita FaseA e FaseB (in alcuni modelli c’è un ulteriore FaseC utile perché la sua frequenza è in rapporto 1:1 con la velocità di rotazione n in giri/s). Se l’encoder ruota in senso orario viene rilevato il segnale di FaseA in anticipo di 90° sul segnale in FaseB, viceversa sarà il segnale FaseB ad essere in anticipo di 90° sul segnale di FaseA. Esistono anche in commercio degli encoder assoluti che danno la posizione angolare di una asse (escludendo i multipli di 360°). Sono costituiti da 4 ghiere concentriche ciascuna con una risoluzione di 1/16 di angolo giro. Con tale encoder è possibile codificare 4 bit (da 0000 a 1111), e per evitare errori di codifica a causa del fatto che i 4 bit non vengono codificati contemporaneamente a causa dei tempi di rotazione dell’asse, viene utilizzato il codice Gray che consiste nel far variare solo un bit tra due configurazioni successive. 24 CONDIZIONAMENTO DEL SEGNALE Blocco di Condizionamento L’uscita di un trasduttore solo di rado può essere direttamente collegata ad uno strumento di misura, di elaborazione o di visualizzazione. Il segnale elettrico in uscita dal sensore/trasduttore, oltre a contenere componenti indesiderate, è in genere troppo rumoroso e debole (valori dell’ordine dei millivolt o dei picoampere) per poter essere trasmesso a distanza. In questo caso è necessaria la presenza di un circuito di interfaccia che ottimizzi il collegamento fra dispositivo sensibile e carico. Grandezza fisica da misurare Sensore/trasduttore Circuito di interfaccia (condizionamento) Carico Figura 25: sistema di manipolazione Pertanto, a causa della “incompatibilità” fra l’uscita del sensore/trasduttore e l’ingresso del sistema di acquisizione (carico) è necessaria una opportuna operazione di condizionamento (manipolazione) sul segnale di uscita dal sensore/trasduttore. Quindi: un circuito di condizionamento del segnale ha il compito di portare il segnale in uscita dal sensore in un formato compatibile con il dispositivo di elaborazione che lo segue riducendo il più possibile gli effetti negativi di carico e le interferenze esterne. Condizionamento del segnale Accade sovente che i segnali di uscita dei sensori non siano omogenei per natura elettrica (corrente, tensione, resistenza, ecc.), per livello, e per tipo (tensione continua, alternata, pulsante, ecc.) per cui risulta difficile implementare una interfaccia comune tra i sensori e l’unità di governo. Lo stadio di condizionamento del segnale comprende tutti i circuiti elettronici che trasformano i segnali di uscita dai trasduttori in un segnale elettrico di tipo omogeneo. Funzioni tipiche di questo stadio sono: • Amplificazione: i segnali forniti dai trasduttori sono in genere di basso livello per cui conviene fornire un’adeguata amplificazione in maniera di rendere l’escursione del segnale compatibile con il valore della tensione di fondo scala del convertitore A/D. In questa maniera si aumenta la sensibilità della catena sfruttando la risoluzione del convertitore. Spesso è necessario applicare al segnale altre forme di elaborazione analogica come ad esempio traslazioni di livello (al fine di compensare eventuali livelli indesiderati di tensioni continue o per adeguare la polarità del segnale a quella del convertitore A/D), oppure bisogna eliminare elevate tensioni di modo comune ricorrendo a configurazioni differenziali. Nel progetto dell’amplificatore bisogna porre attenzione al rumore introdotto nella catena di 25 • • • • • misura e ad eventuali effetti di carico sul sensore. Filtraggio: i filtri utilizzati all’interno di una catena di misura hanno lo scopo sia di eliminare componenti frequenziali indesiderate del segnale, sia di preparare il segnale alla conversione analogico-digitale (filtri anti-aliasing). In genere si tratta di operazioni di filtraggio passa-basso. La scelta del filtro dovrà tenere conto di diversi aspetti: la tipologia del segnale di ingresso, l’errore introdotto dal filtro ( per via dell’attenuazione e sfasamento delle varie armoniche), della risposta desiderata. Conversione di segnali in tensione o corrente. Adattamento di impedenza. Altre forme di elaborazione analogica: possono essere effettuate al fine di scaricare l’unità di elaborazione digitale successiva da alcune procedure. Tra le funzioni che possono essere effettuate in forma analogica si hanno: moltiplicazioni e divisioni, calcolo del valore efficace, amplificazioni logaritmiche e antilogaritmiche ecc. l’isolamento galvanico dei dispositivi elettronici di elaborazione dalla fonte di segnale. I circuiti di condizionamento si distinguono in: • Attivi, se fanno uso di componenti amplificatori, per la messa in scala o l’isolamento. • Passivi, come ad esempio i filtri, i circuiti di attenuazione (messa in scala), i convertitori AC/DC, corrente-tensione ecc. In relazione ai livelli delle grandezze elettriche di trasmissione dei segnali, esistono comunque delle standardizzazioni per l’ambiente industriale che permettono la connessione di dispositivi eterogenei per tipologia e per costruttore. Ad esempio, i segnali analogici che debbano percorrere lunghe distanze vengono normalmente trasmessi con il cosiddetto Loop di Corrente, nell’intervallo 4÷20 mA. I vantaggi di tale metodo di trasmissione sono: • la possibilità di diagnosticare guasti o interruzioni, in quanto essendo il livello minimo a 4 mA, un segnale nullo viene identificato come rivelatore di un guasto (“zero vivo”). • una maggiore insensibilità al rumore, in quanto i disturbi di tensione lungo le linee di trasmissione vengono attenuati dal regolatore di corrente. • la possibilità di trasmettere ad una distanza maggiore a parità di accuratezza richiesta. Ad esempio, supponendo di voler inviare un segnale che abbia una banda di 10 Hz, in presenza di rumore “industriale” medio, con una accuratezza 0.5 %, si trova in letteratura il calcolo di una distanza massima di 1500 m. Altri livelli standard di segnale, normalmente impiegati quando le distanze di trasmissione non sono molto grandi (es. dal bordo macchina al quadro di controllo), sono 0 ÷5 V, 0 ÷10 V e ±10 V per i segnali analogici, 0 ÷24 V per i segnali digitali. Amplificatori I trasduttori nelle applicazioni reali mostrano raramente una impedenza di uscita piccola ed una ampiezza del segnale di uscita conveniente alla sua successiva elaborazione. Occorre quindi un dispositivo che funga da “adattatore” elettrico tra i trasduttori e i moduli di elaborazione del segnale. 26 In questo paragrafo verrà discusso l’utilizzo di un amplificatore elettronico per eseguire questo tipo di adattamento. Vediamo alcune problematiche che rendono necessario l’introduzione di un amplificatore di segnale: • Tensione di uscita non idonea. L’uscita dei trasduttori in genere ha un livello basso, non idoneo alla successiva elaborazione del segnale, ed in particolare, alla sua conversione in formato digitale. • Elevata impedenza di uscita dei trasduttori. Una elevata impedenza di uscita può produrre errori rilevanti sul segnale acquisito. Lo stesso si può avere quando l’impedenza dei trasduttori con uscita differenziale non sia bilanciata sui due canali (Sbilanciamento della impedenza di uscita). • Tensione di modo comune elevata. Se il segnale di uscita dei sensori ha una tensione di modo comune elevata occorrerà utilizzare un dispositivo per estrarre l’informazione utile e eliminare la tensione di modo comune. • Necessità di isolare elettricamente il trasduttore dal circuito di acquisizione. Tale necessità può essere richiesta per soddisfare criteri di sicurezza (protezione dei componenti, ma anche e soprattutto degli operatori), oppure per migliorare l’immunità ai disturbi del sistema di acquisizione. Infatti lunghi anelli di segnale, costituiti dalla coppia di conduttori di massa e di segnale, captano con molta facilità i disturbi ambientali. Un ultimo motivo per l’isolamento consiste nella necessità di proteggere i circuiti elettrici del sistema di acquisizione da possibili danneggiamenti dovuti al collegamento con il trasduttore, ad esempio nel caso in cui il trasduttore sia inserito in circuiti in cui le grandezze elettriche sono associate ad elevata potenza. In questo caso viene inserito un amplificatore di isolamento che è un dispositivo la cui funzione primaria consiste nel fornire un isolamento galvanico tra lo stadio di ingresso e quello di uscita. Un amplificatore di isolamento è solitamente costituito da uno stadio amplificatore di ingresso (con amplificatore operazionale o di strumentazione) e da uno stadio di isolamento a guadagno unitario. La barriera di isolamento viene realizzata comunemente secondo una delle seguenti modalità: accoppiamento capacitivo, accoppiamento optoelettronico, accoppiamento trasformatorico. TECNICHE DI CONVERSIONE V/I, I/V I componenti attivi maggiormente utilizzati per l’amplificazione di segnale sono gli amplificatori operazionali. Le caratteristiche ideali (e reali) di un operazionale si possono riassumere come segue: • Guadagno di tensione ad anello aperto ∞ (Reale: 2 x10^4 ÷2 x10^5) • Impedenza d’ingresso ∞ (Reale: 1 ÷10^6 MΩ) • Impedenza d’uscita nulla (Reale: 10 ÷100Ω) • Larghezza di banda ad anello aperto ∞ (Reale 10 ÷100 MHz) L’amplificatore operazionale è utilizzato sempre in configurazione retroazionata, principalmente per evitare che esso saturi (Vout = Vcc) anche per piccoli segnali in ingresso (es. rumore). Con la retroazione si ottiene anche un notevole miglioramento delle prestazioni dinamiche del circuito, soprattutto in termini di larghezza di banda. 27 Convertitore Tensione-Corrente Applicando una tensione ai capi di una resistenza si effettua una conversione tensione-corrente, ma il valore della resistenza (carico) e la non idealità della sorgente di tensione, condizionano la conversione stessa. Quindi è necessario un convertitore che non risenta di tali problemi, in particolare che non dipenda dal carico, ci vorrebbe un generatore di corrente ideale controllato in tensione. una soluzione è quella in fig.26. Rc ---> I 5 Vi R1 6 5 + 7 - 7 + 6 - Vi ---> R1 Fig a) Rc I Fig b) Figura 26: semplice convertitore V/I I due circuiti, invertente e non, necessitano del carico collegato al posto della resistenza di retroazione, e non hanno un terminale a massa. Per poter definire un offset di corrente in uscita si può utilizzare il circuito in fig. 27, che presenta sempre il carico non collegato a massa. I ---> Vi 5 6 + 7 - Rc R1 Vrif R2 R3 Vcc + R4 VE - Figura 27: convertitore V/I con offset di corrente in uscita Il BJT è in zona lineare : I C = hfeI B = hfe( I E − I C ) da cui: IC = hfe IE 1 + hfe Nell’ipotesi di R3>>R4 cioè R3≥10R4 si ha: I = IC = hfe VE V ≈ E 1 + hfe R4 R4 a) Applicando Millman si ha : 28 VE V + R R3 R1 da cui ricavando V = V+ = 1 1 1 + + R1 R2 R3 e sostituendo nella a) : I ≈ V R R 1+ 3 + 3 R4 R1 R2 R3 R3 R3 VE = V − VR R 1 + R + R 1 2 1 VR R3 − R R 4 1 b) si vede perché la corrente varia linearmente con V ingresso e come è possibile agire su VR per definire un opportuno offset di corrente. Inoltre si può agire su R1 per fissare l’inizio scala e poi su R2 per regolare l’ampiezza della corrente. I non dipende da Vbe del BJT e nenche da hfe purchè sia hfe>>1. La corrente massima dipende V − VCEsat dal fatto di mantenere il BJT in zona lineare: I MAX = cc RC + R4 Al contrario si può definire V − VCEsat RCMAX = cc − R4 . I il carico massimo per evitare la saturazione: Applicazione proposta Si realizza un convertitore tensione/corrente, con in ingresso una tensione 0÷10V e uscita in corrente variabile tra 4÷20mA. Si utilizza come BJT un BC547C NPN, con hfe=400 in modo da rispettare la a). Si scegli R4=100Ω. I Vi 0-10V ---> 5 6 + - 5 7 6 18k + 7 - Rc 1k 330k Vcc1 10k 5k 100 100k -15V Figura 28: applicazione convertitore V/I Dalla b) si ha: ∆I ≈ ∆V R4 ∆V ≈ ∆IR4 R R 1 + 3 + 3 R1 R2 R R 1 + 3 + 3 R1 R2 Con ΔI=20mA-4mA=16mA si ottiene ΔV>1,6V In ingresso c'è un partitore che serve per attenuare il segnale che può raggiungere i 10V. R Per semplificare i conti si pone R2=∞ e si ha: ∆I = 1 1 + 3 R4 R1 ∆V Fissato Vr si ricava il rapporto R3/R1 e tenento presente che a V=0 corrisponde 4mA con Vr=-15V si ha: 29 R3 R = − I 4 ≈ 2,67 ⋅ 10 − 2 R1 VR Con R3=10kΩ si ottiene R1= 375Ω Quindi: ∆V = ∆IR4 = 1,56v R R 1 + 3 + 3 R1 R2 allora il rapporto del partitore di ingresso deve essere di 10/1,56=6,41. L'inseguitore di tensione di ingresso serve per avere elevata resistenza di ingresso. Il trimmer da 5kΩ serve per tarare l'intervallo della corrente di uscita, mentre il trimmer da 100kΩ permette la taratura dell'offset, cioè di avere 4mA di uscita per V=0V. Il circuito appena descritto ha l’inconveniente di essere unidirezionale, cioè la corrente ha un solo verso di percorrenza. In Fig.5 è presente un convertitore V/I bidirezionale con carico collegato a massa e il suo circuito equivalente. R2 I I ----> 5 I1 7 Ro + 6 R3 R4 Rc Fig a) ----> R5 ---------> R1 - Vi Vc Vo Fig b) Figura 29: convertitore V/I con carico a massa e circuito equivalente Con un po’ di semplici passaggi nella risoluzione del circuito si ha che la corrente di uscita I = Vi . R4 30 Convertitore Corrente-Tensione Per aver risultati indipendenti dalla non idealità della sorgente di corrente e dal carico collegato in uscita al convertitore I/V, non basta una semplice resistenza, ma si ricorre ai seguenti circuiti. Figura 30: semplici convertitori I/V Dalla Fig. a) si vede che V0 = − R1 ⋅ I , mentre dalla Fig. b) si può ottenere un offset di tensione in uscita: V I1 = I + I 2 , con I1 = − V0 e I 2 = Rif R2 R1 sostituendo : Vo = − R1 ⋅ I − R1 VRif . R2 I vantaggi di questi circuiti sono di avere resistenze d’ingresso e d’uscita basse. La prima ci dice che la I non è influenzata dal convertitore, la seconda immunizza le caratteristiche del convertitore dal carico. Il limite è che deve valere la seguente relazione: | I1 |=| I + VR |≤ VOH . R2 R1 Applicazione proposta Convertitore I/V che in ingresso ha un segnale da 4÷20mA e in uscita da 0÷10V. Si suppone che la corrente entra nel convertitore. Essendo | ∆V0 |= R1 = 625Ω ∆I Con in ingresso I=4mA l’uscita è nulla allora: Vrif = − R2 ⋅ I . Essendo l’operazionale alimentato a ±15V si sceglie Vrif=-15V. Allora: R2 = − Vrif = 3750Ω I Nello schema vi è anche un O.A. invertente a guadagno unitario. Il trimmer da 1kΩ serve a regolare l’offset, mentre quello da 500Ω l’intervallo di variazione della tensione di uscita. R1 390 1 500 2 33k 7 6 33k 5 Vo 7 + + 3,3k R2 - 5 - 6 I ---> 2 1k 1 -15V Figura 31: convertitore I/V 31 EFFETTI DELL’IMPEDENZA DI USCITA DEI TRASDUTTORI Analizziamo i problemi dovuti alla non idealità della impedenza di uscita dei trasduttori. In genere i trasduttori non hanno una impedenza di uscita piccola, e quindi per poter acquisire correttamente il segnale occorre un dispositivo che faccia da “adattatore di impedenza” tra il trasduttore e gli stati successivi di elaborazione. I trasduttori di segnale analogico possono essere divisi in trasduttori con uscita singola (single ended) riferiti a massa e trasduttori con uscita differenziale (differential). Analizziamo separatamente di due casi: Trasduttori ad uscita singola Per single-ended si intende che esiste un percorso comune, condiviso da tutti i segnali (un ritorno comune attraverso la connessione tra le masse del campo e del sistema di acquisizione (pericolo: anello di massa!!). Consideriamo il circuito equivalente del trasduttore reale mostrato in figura 32, in cui `e presente un generatore di tensione V , corrispondente al segnale di uscita del trasduttore, ed una resistenza Ru, corrispondente all’impedenza di uscita del dispositivo. In figura è mostrato anche il dispositivo di acquisizione del segnale, avente una impedenza di ingresso pari a Ri. Vu V Ru Vi Ri Figura 32: Circuito equivalente del trasduttore reale L’errore introdotto dalla presenza di Ru `e quantificabile come: | Vu − Vi |=| Vu − Vu Ri Ri Ru |=| Vu | (1 − ) =| Vu | Ri + Ru Ri − Ru Ru + Ri dove Vu e Vi sono, rispettivamente, il valore vero del segnale del trasduttore e il suo valore acquisito. Se supponiamo che Ru = 1KΩ e Ri = 1MΩ, per l’errore percentuale relativo all’ampiezza del segnale Vu otteniamo: Ru | Vu | Ru + Ri × 100 ≈ 0,1% ep = V max in cui abbiamo supposto che Vu = Vmax (condizione migliore). Otteniamo che l’errore introdotto dalla impedenza di uscita del trasduttore è molto elevato in particolare, se lo stadio successivo è un convertitore A/D (vedi unità didattica successiva), potrà essere più grande dell’errore introdotto dalla quantizzazione del segnale. 32 Trasduttori ad uscita differenziale. Consideriamo il trasduttore di deformazione costituito dal ponte di Wheatstone di figura 33. Il segnale di uscita del ponte è costituito dallo sbilanciamento osservato tra i due terminali di uscita, acquisito sotto forma di differenza di potenziale. R R Ru+ ---> Vrif Ru---> 2 R Rg 1 Figura 33: Trasduttore con uscita differenziale (ponte di Weatstone) L’impedenza di uscita dei due canali vale: Ru + = R ; 2 Ru − = R ⋅ Rg ; R + Rg Supponiamo di utilizzare un amplificatore operazionale in configurazione differenziale (Figura 33) per acquisire il segnale. In tale configurazione, il guadagno dell’amplificatore si può calcolare sfruttando il principio di sovrapposizione degli effetti. Eseguendo i seguenti passi: – Calcolo di Vout con V1 ≠ 0 (ingresso sul ramo invertente) e V2 = 0 (ingresso sul ramo non invertente). R2 I V2 5 V+ 7 Vout + V6 - R1 V1 R1' R2' Figura 34: Amplificatore in configurazione differenziale – Calcolo di Vout con V2 ≠ 0 (ingresso sul ramo non invertente) e V1 = 0 (ingresso sul ramo invertente). Si ottiene: R Vout ,1 = − 2 V1 ; R1 Vout , 2 = V2 R2' R1 + R2 ; ' ' R1 R1 + R2 Dalle quali, nell’ipotesi che R2/R1 = R2’ /R1’ : 33 Vout = (V1 − V2 ) R2 ; R1 Si può facilmente notare che il guadagno di modo comune (ottenuto ponendo V1 = V2 = Vcm) è pari a: R2' R1 + R2 R Acm = ' − 2 ; ' R1 R1 R1 + R2 che risulta essere pari a zero con l’ipotesi fatta in precedenza. Risulta evidente che per avere una buona amplificazione del segnale differenziale occorrerebbe progettare il circuito in modo che siano verificate contemporaneamente le seguenti condizioni: 1. Il guadagno è bilanciato se: R2 R' = 2' ; R1 R1 2. L’impedenza di ingresso è bilanciata se: R1 = R1’ + R2’ Lo sbilanciamento sull’impedenza di ingresso produce la comparsa di un segnale differenziale di errore che si somma al segnale utile. Per ridurre gli effetti di tale sbilanciamento si progettano solitamente R1 e R1’ in modo tale che esse siano alcuni ordini di grandezza superiori alla resistenza di uscita delle sorgenti di segnale, in modo tale che l’errore di ripartizione della tensione sia comunque trascurabile. 3. Per minimizzare l’offset sulla tensione differenziale dovuta alle correnti di polarizzazione, occorre che sia: R1 ⋅ R2 R ' ⋅ R2' ; = '1 R1 + R2 R1 + R2' Le correnti di polarizzazione (bias currents) sono correnti parassite che fluiscono dai terminali V + e V − dell’amplificatore (si veda Fig. 34). R2 V1 R1 VIbias Vout V+ + V2 R1' Ibias R2' Figura 35: Circuito equivalente che tiene conto delle correnti di polarizzazione 34 Considerando i due terminali di ingresso V1 e V2 messi a massa, le correnti di polarizzazione sono caricate da una impedenza pari a R1R2 /(R1+R2) per il primo ramo e R1’R2’/(R1’+R2’) per il secondo ramo. I vincoli richiesti sul valore delle resistenze nell’amplificatore differenziale non possono essere soddisfatti tutti contemporaneamente. Inoltre, le impedenze d’uscita dei trasduttori differenziali si sommano a quelle dei rami di ingresso, pertanto se sono sbilanciate (v. ponte di Wheatstone) creano ulteriori problemi di progetto. Per questi motivi e per le non elevatissime prestazioni in termini di impedenza d’ingresso e reiezione di modo comune, nella pratica l’amplificatore differenziale basato su un unico operazionale non viene utilizzato nelle catene di acquisizione dei segnali. In sostanza le differenze fra i due segnali, single-ended e differenziale si possono riassumere : • Il segnale differenziale è più protetto da disturbi; • Il segnale differenziale emette meno disturbi; • Alcuni trasduttori forniscono segnali differenziali; • Convertitori A/D molto precisi o molto veloci operano direttamente su segnali differenziali Figura 36: confronto tra segnali single-ended e differenziale AMPLIFICATORE DI STRUMENTAZIONE (INA) Per amplificare il segnale evitando i problemi evidenziati nella precedente sezione, è possibile utilizzare un dispositivo denominato amplificatore di strumentazione (instrumentation amplifier). L’amplificatore di strumentazione è caratterizzato da una elevata impedenza di ingresso, basse correnti di polarizzazione, elevata reiezione della tensione di modo comune, ingressi differenziali ben bilanciati e caratteristiche elettriche stabili al variare della temperatura. Il guadagno del componente è regolabile utilizzando una sola resistenza di ingresso, mentre tutti gli altri componenti sono integrati all’interno del dispositivo. Questo consente una elevata precisione e stabilità dei parametri del componente. Lo schema costruttivo di un amplificatore di strumentazione è mostrato in figura 37. 35 Lo schema si compone di tre amplificatori operazionali. I primi due amplificano la tensione differenziale, mentre il terzo esegue la reiezione della tensione di modo comune (conf. differenziale). Il terminale di sense dell’amplificatore di strumentazione (Fig. 37) deve essere collegato al terminale di uscita (Vout) per chiudere la retroazione del secondo stadio dell’amplificatore di strumentazione. Normalmente i due terminali sono connessi in prossimità del dispositivo. Il terminale di reference (normalmente connesso a massa) può essere collegato ad un generatore di tensione anzichè a massa per traslare il livello dell’uscita. La funzione di trasferimento del componente si calcola componendo la situazione (1) in cui `e V1 ≠0 e V2 = 0, ed il caso (2) in cui `e V1 = 0 e V2 ≠ 0. Inoltre per facilitare i calcoli consideriamo R1=R1’, R2=R2’, R3=R3’. 5 V1 6 + R2 V- R3 7 Sense R1 Rg 6 - R2' 7 Vout R3' 7 Reference + 5 V2 5 + 6 - R1' V+ Figura 37: Schema costruttivo dell’amplificatore di strumentazione Le tensioni al 1° stadio, V - e V +, valgono rispettivamente: V − = V1 − R1 V1 − V2 ; Rg V + = V2 + R1 V1 − V2 ; Rg la differenza: V + R − V − = (V2 − V1 ) 2 1 + 1 = Vd ⋅ G; R g al 2° stadio (differenziale): Vout = (V + − V − ) R3 2 ⋅ R1 R3 = (V2 − V1 )1 + ; R2 Rg R2 Dalla formula si nota che tramite la Rg è possibile modificare il guadagno dell’amplificatore. In genere l’IC (INA), ha la Rg da inserire esternamente all’IC stesso. Non è conveniente realizzare tale amplificatore con 3 operazionali tipo il 741, poiché si hanno problemi con il CMMR, infatti le resistenze da mettere non sono perfettamente uguali così da creare dissimmetria. 36 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA Gli appunti di questa lezione sono stati tratti dalla consultazione dei seguenti volumi: - Ambrosini, Perlasca; Corso di elettronica sperimentale, vol. B/2, editore Tramontana, 2003. - Ambrosini, Perlasca; Corso di elettronica sperimentale, vol. A/2, editore Tramontana, 2003. -Ambrosini; Componenti e circuiti analogici e di potenza, editore Tramontana, 1996. -De Sanctis, Cacciaglia, Saggese; Sistemi, editore Calderini, 2006. -Ferrari; Appunti di lezione di didattica dell’elettronica generale, SILSIS, 2007. - Franco; Amplificatori operazionali e circuiti integrati analogici, editore Hoepli, 1992. - Frulla, Sensori e trasduttori industriali, editore Il Rostro, 1992. -Ghisla; Dispensa di didattica dell’elettronica applicata, SILSIS, 2007. -Licata; Sistemi, editore Thecna, 2007. Approfondimenti e specifiche tecniche prese dai seguenti siti: www.unipm.it www.national.com www.datasheetcatalog.net www.analog.com 37