Filosofia e Musica Seminario per il corso di Is4tuzioni di este4ca Roberto Zanata Che cosa significa questo “e”? Vediamo prima di tuBo cosa non significa: 1) Non si traBa di una riflessione filosofica sui contenu' della musica. 2) Non rimanda alle problema4che rela4ve al significato sociologico della musica, la sua funzione “progressiva” o “regressiva” (Adorno). 3) Non è un riferimento ai diversi “sistemi di este4ca” (a par4re da Hegel). Ques4 tre pun4 rappresentano i tradizionali schemi intelleBualis4ci che hanno traBato la musica come un “oggeBo”. Filosofia della musica Quando si parla di Filosofia della musica, allora, dobbiamo intendere il caso in cui “il geni4vo tende a diventare soggeSvo” -­‐ Filosofia dell’ascolto -­‐ Filosofia del suono -­‐ Nesso tra musica e speranza (Bloch) -­‐ Nesso tra musica e redenzione (Benjamin) Si traBa di tentare di declinare diversamente quell’e nello sforzo di saggiare alcuni percorsi possibili della filosofia nella musica. Dobbiamo provare ad evitare lo schema contenu's'co secondo il quale la musica avrebbe il compito di veicolare dei contenu4 conceBuali che sarebbe compito del compositore tradurre in suoni. Evitare di fare della musica un linguaggio tra i tan4 o un linguaggio alterna4vo rispeBo ad altri linguaggi per esprimere contenu4 di pensiero. Fuorviante è immaginare un’origine eminentemente conceBuale (e dunque filosofica) della musica -­‐ conceS che troverebbero nella musica una loro “espressione”. Wagner • Wort-­‐Ton-­‐Drama • La riforma musicale di Wagner consiste nell'idea del Wort-­‐ Ton-­‐Drama, ossia in un'opera unitaria che sia assieme parola, musica e realizzazione scenica a opera di un unico artefice. Wagner compose egli stesso i poemi per la propria musica, e sono drammi di notevole valore leBerario, dove il canto perde il suo valore tradizionale di autonomo virtuosismo, disdegna la tradizione la4na del bel canto, per farsi declamato-­‐dramma4co, e la declamazione è fortemente disciplinata dalla strumentazione e dalla composizione sinfonica, diventando l'elemento sinfonico parte essenziale dell'opera. in sintesi • Là dove la musica si propone dei contenu4, e teorizza l’adaBamento della forma all’espressione adeguata di tali contenu4, l’origine sorgiva del fenomeno musicale in quanto tale è già, in certo senso, andata perduta. la nostra proposta • Provare a cogliere quello che l’espressione “filosofia nella musica” (secondo angolature differen4 e in civiltà musicali diversissime) dovrebbe significare una volta abbandonato lo schema contenu4s4co. • Provare a cogliere quell’intreccio germinale ed originario che la musica, proprio e solo come musica, senza porselo come “programma”, intraSene con la filosofia e con le domande “fondamentali” dell’esistenza. finalità • Indagare la musica ponendosi su un piano di ricerca che si concentri sulla qualità intrinseca della materia musicale, per ravvisare in essa, “in seconda baButa”, la presenza di simbologie, conceS e quant’altro siano comunque ad essa coessenziali e non predica4 esterni (intesi come programma che la guidano dall’esterno). La musica e l’ineffabile Ovvero la musica dice pensieri che sono effeSvamente tali, ma che non vogliono e né possono esprimersi se non nella musica e con la forma musicale con la quale e nella quale sono na4. Il rapporto di subordinazione al logos tradizionale incomincia a entrare in crisi a par4re dagli inizi dell’800 con la celebre recensione di E.Th.A. Hoffmann alla V sinfonia di Beethoven (1810) secondo la quale la musica, recidendo ogni legame di sudditanza direBo o indireBo con le altre ar4, apre le porte di un regno sconosciuto contrassegnato dall’ineffabilità del suo linguaggio. La musica è incommensurabile alle ar4 plas4che e a quelle poe4co-­‐ narra4ve. E.Hanslick Argomentazione: mentre nel linguaggio consueto esiste un rapporto tra mezzo e fine, tra significante e significato, nella musica, invece, il suono è al contempo mezzo e fine. Conseguenze: -­‐ Autarchia referenziale della musica -­‐ Alterna4vità del linguaggio musicale -­‐ Riproduzione a livello più alto della trasversalità delle ar4 Il nostro tenta4vo dovrà essere quello di spostarci consapevolmente dalla filosofia della musica a quella dell’ascolto. Perché? Perché ciò che con4nua a sopravvivere nei suoni, al di là del loro essere consegna4 nei diagrammi spaziali delle par4ture, è la loro volontà di essere ascolta4. Lo sguardo di Euridice come paradigma di un’aBesa di una risposta “eleSva” che la filosofia può fornire a condizione di acceBare un rapporto egualitario con la musica. Fedone Spesso nella mia vita passata m'era apparso il medesimo sogno, ora in una forma, ora in un'altra; ma per ripetermi sempre la stessa cosa: « Socrate -­‐ mi diceva -­‐ fa e col4va musica.» Ed io allora quello che facevo, questo precisamente credevo: ch'esso mi esortasse e m'incitasse a fare, come si suole in quelli che gareggiano nella corsa; e così il sogno m'incitasse a fare ciò che già facevo: a col4vare musica, convinto, com'ero, che la filosofia fosse la più alta musica ed io non col4vassi che musica. Ora, pur concedendo a Platone che la mousiké greca è cosa molto diversa dalla musica moderna, non vi è dubbio che nella versione platonica l’unità di misura per il rapporto musica-­‐filosofia è fornito dalla filosofia. Schopenhauer -­‐ Interpretazione “moderna” di questo rapporto di sudditanza: come musica, la filosofia rivela la propria essenza, è linguaggio che “dice” il mondo come era prima della creazione. -­‐ Un tema costante di tuBa la filosofia an4ca. -­‐ E’ la stessa filosofia a porsi e declinarsi come musica (musica della filosofia). -­‐ Come mousikos, il filosofo è colui che intreccia le relazioni e che sta tuBo nella koinonìa delle forme. -­‐ Una prospeSva configurabile come quel par4colare non-­‐ luogo che è il punto di conversione fra l’essere e il non-­‐essere. Fedro. Il mito delle cicale 1) La musica è un dono delle Muse, peraltro tardivo. 2) Alcuni uomini presentano una par4colare aStudine per la musica. 3) Costante riferimento alla relazione tra musica e filosofia. 4) Le cicale segnalano alle Muse come uomini che più rappresentano la vocazione per la musica quelli che si dedicano alla filosofia. Filosofia dell’ascolto Di contro alla prospeSva Platone-­‐Schopenhauer si pone la prospeSva Bloch-­‐Benjamin-­‐Jankélévitch nel senso che: -­‐ La musica esiste nell’aBualità di quell’evento evenemenziale per eccellenza che è l’ascolto inteso come incontro-­‐confronto tra due con4ngenze considerate nella loro irriducibile individualità, l’ascoltante e il suono. -­‐ Nell’ascolto evento si sciolgono tuS i complessi nodi della ricostruzione musicale. La filosofia della musica intesa come filosofia dell’ascolto, cioè di un ascolto che non è mediato dal linguaggio verbale (e dunque non ha a che fare con gli aspeS seman4ci, con la rappresentazione linguis4ca, con il contenuto verita4vo), permeBe di trovare in essa importan4 indicazioni per una filosofia che sappia andare oltre la “svolta linguis4ca” che ha segnato, in massima parte, la filosofia del ‘900 (da Frege a WiBgenstein alla filosofia anali4ca; da Saussure e lo struBuralismo a Lacan, da Heidegger a Gadamer). Jankélévitch (V.Jankélévitch, La musica e l'ineffabile, Bompiani, 2001). Tesi: la musica direBamente o in se stessa non significa niente se non per associazione e convenzione. Tesi che intende aBrarre l’aBenzione sulla profonda equivocità che consiste nel considerare il fenomeno musicale dal punto di vista linguis4co. In Bergson, il momento della manifestazione linguis4ca viene in generale considerato come una sorta di irrigidimento e di impoverimento della fluidità dell’esperienza vissuta (vita spirituale). L’equivocità ha una conseguenza di notevole importanza: la svalutazione della fenomenicità e della concretezza perceSva della musica. Non si capisce perché il senso dell’udito avrebbe il privilegio di aprirci l’accesso alla “cosa in sé” facendoci sfociare nel mondo dei noumeni. Per Jankélévitch, le definizioni che si u4lizzano per parlare di un brano musicale sono solo “metafore” (arriva perfino a dire “miraggi”) o analogie approssima4ve deBate dalle nostre abitudini discorsive e oratorie. Esempio: il termine “dialogo” è solo una metafora che tenta di definire il rapporto tra uno strumento solista e l’orchestra, poiché la musica conosce soltanto qualcosa come “un eco” inteso, però, come il riflesso speculare della melodia su se stessa; oppure conosce l’imitazione del canone. Ma del dialogo inteso come funzione discorsiva o oratoria non sa propriamente niente. Monteverdi aria Sì dolce è tormento Esemplificazione Io come conferenziere mi rivolgo a voi che siete il mio uditorio. Il cantante (Philippe Jaroussky) che si è esibito nella nota aria “Sì dolce è 'l tormento” di Monteverdi non stava parlando a me e non apostrofava nessuno in par4colare di coloro che lo ascoltavano. Per il conferenziere l’ascoltatore è seconda persona (il correlato dell’invocazione o allocuzione), mentre per il cantante è terza persona. Insensibilità alle ripe4zioni ABeggiamento differente tra l’ascolto di un discorso e l’ascolto di un brano musicale. Nel discorso le ripe4zioni sono prescriBe, o comunque il loro livello di tolleranza è molto basso. Un “puro ascolto” invece si lascia andare alla processualità temporale (Bergson), per cui nella musica la ripe4zione non solo è lecita, ma assolve a una funzione di primaria importanza. Forza ammaliatrice della musica. In cui la ripe4zione di un tema non ha una funzione meramente ripe44va, bensì “ricrea4va”. Nozione di senso del senso. In riferimento alla musica a programma, ovvero a quella musica in cui un programma (per esempio Così parlò Zaratustra di Strauss, i poemi sinfonici) dovrebbe fare precedere un senso alla musica che segue ad esso, è importante precisare che la musica in realtà non esprime il senso del programma, neanche lo illustra, ma semmai fa cenno in direzione del senso di questo senso. L’oscillazione tra determinatezza e indeterminatezza fa parte dell’essenza stessa del musicale. L’espressivo inespressivo: giocare con la duSlità seman4ca. La musica è inespressiva non perché non esprima niente, ma perché implica innumerevoli possibilità interpreta4ve tra le quali lascia una complessa libertà di scelta. Ascolta “Questo è un nodo avviluppato” di Rossini L’ineffabile è indicibile perché su di esso vi è infinitamente da dire. La “svolta estesica”. L’opera ed il suo ascolto. Estesico e Poie4co Questa coppia di termini (create dall’intelleBuale francese Paul Valéry) dis4ngue tra il processo di creazione di un’opera d’arte (dal greco poiesis = creazione/crea4vità) e il processo di ricezione e percezione dell’opera d’arte (esthesis = sensazione). Sogg. autore Ogg. opera d’arte Sogg. fruitore L’opera d’arte, dunque, in quanto «oggeBo», si trova al centro di istanze soggeAve uguali e contrarie: quelle dell’autore e quelle del fruitore. In par4colare, ogni opera musicale, intesa come un oggeBo simbolico inserito in un contesto storico-­‐culturale, tacitamente suggerisce le modalità e le condoBe “ideali” della propria fruizione (ossia del proprio ascolto), insieme ai margini di libertà ed autonomia entro i quali tali condoBe sono libere di muoversi; che poi il fruitore, concretamente, acceA o meno di raccogliere le esche che l’opera gli offre, ch’egli decida o meno di rispeBarne i paS comunica4vi e frui4vi, non è ques4one su cui sia più di tanto possibile disquisire. La poe4ca musicale del secolo scorso -­‐ schema4smo è concentrata inizialmente sul primo di ques4 tre poli (il soggeBo in quanto autore/ar4sta/emiBente), ha in seguito conosciuto uno sliBamento dell’aBenzione dapprima sul secondo (l’opera in quanto oggeBo e il metodo in quanto “meta-­‐oggeBo”), e infine sul terzo (il soggeBo in quanto fruitore/pubblico/des4natario) Roman&cismo Modernismo Stru2uralismo Post-­‐stru2uralismo SoggeBo (autore) OggeBo (opera) Meta-­‐OggeBo (metodo) SoggeBo (fruitore) roman4cismo L’opera d’arte musicale è il fruBo dell’ispirazione del genio, il quale è in grado di infondergli una trasparenza tale da poter comunicare direBamente all’anima dell’uomo, aBraverso il linguaggio “universale” dei sen4men4. ABraverso questo linguaggio, la musica è rivelazione dell’Assoluto, ed il genio è una sorta di vate la cui missione è quella di meBere in comunicazione l’uomo con l’Assoluto. La transi4vità assoluta che l’ispirazione dell’ar4sta imprime al prodoBo del proprio genio è il segno della propria soggeSvità. L’opera d’arte non è altro che il mezzo che l’uomo comune ha a disposizione per accedere all’Assoluto. Il ruolo dell’uditore è interamente passivo: l’opera d’arte esprime in modo trasparente, direBo ed immediato il messaggio dell’ar4sta, ossia l’Assoluto. Modernismo A Schönberg si deve il merito di aver contribuito a costruire l’“orecchio moderno”, di avere contribuito, cioè, a trasformare l’ascolto totale, di matrice wagneriana e roman4ca, in ascolto struDurale. Processo di assorbimento delle istanze soggeSve all’interno dell’oggeSvità dell’opera. Lo struBuralismo: la preminenza del metodo. Il metodo struBurale consiste dunque nell’analizzare o creare un oggeBo secondo le sole leggi interne che lo struBurano, ed eventualmente lo modificano nel tempo, astraendo da qualunque altro parametro esterno. La nozione di struBura possiede dunque un caraBere di totalità (permeBe infaS, da sola, di spiegare il funzionamento di un oggeBo) e di trasformazione (consente, da sola, di spiegare l’evoluzione di un oggeBo); essa è inoltre autoregolamentata da leggi interne indipenden4 da faBori esogeni, e formalizzabile: “la formalizzazione è opera del teorico, mentre la struBura gli è indipendente. La soggeSvità del compositore viene sacrificata a vantaggio della struBura dell’opera, e si eclissa nell’oggeSvità del metodo, che media il rapporto tra i due termini. Post-­‐struBuralismo – J.Cage TuBa l’esperienza di Cage è volta a neutralizzare la “violenza” del gesto creatore dell’ar4sta, il quale piuBosto è invitato a soBoporsi al deBato della natura. La vita esteriore, il mondo, la quo4dianità, il rumore: sono ques4 i referen4 cui la musica di Cage si rivolge e con cui tenta di entrare in risonanza. Ques4 ed altri elemen4 contribuiscono a modificare sostanzialmente lo statuto dell’opera d’arte, meBendo in discussione la categoria di autorialità e modificando di conseguenza anche il ruolo dell’ascoltatore. L’abbandono dell’idea che il compositore possa conferire un “ordine” ai suoni, ma che sia piuBosto la natura a farlo, non ridimensiona infaS solo il ruolo del compositore, ma di riflesso libera l’ascoltatore dal compito di decifrare le sue intenzioni comunica4ve. Secondo una celebre formula di Cage, l’opera cos4tuisce una sorta di oracolo, la cui interrogazione speBa all’ar4sta e la cui risposta è fornita dallo speBatore. La svolta degli anni ’70: la preminenza dell’estesico -­‐ L.Nono. Nono non “denaturalizza” il gesto musicale compreso nel suono, non lo abolisce del tuBo, lo riduce soltanto al minimo, fino al punto di eliminare dalla materia musicale ogni scoria sen4mentale e comprimere la tensione lirica al massimo grado di in4mità an4-­‐retorica. La voce, grande protagonista dei lavori di Nono degli anni ’60 e dei primi anni ’70, è lo strumento privilegiato per esprimere questa tensione prometeica, questo amore per l’uomo, aBraverso una pronuncia che si contrarrà, negli anni, fino alle soglie del silenzio delle ul4me opere, senza peraltro perdere di potenza e risonanza. L’Integrazione dell’estesico nel poie4co. Questo modello ha il pregio sostanziale di tenere conto di come i “des4natari” proieSno aSvamente le proprie categorie interpreta4ve (culturalmente determinate) sulle opere. compositore Processo poie4co opera uditore Processo estesico