Relazione di riscontro “note di Grondacci” su “dragaggio del Golfo: il

Relazione di riscontro “note di Grondacci” su “dragaggio del Golfo: il quadro delle violazioni tecnico
– amministrative”
Il Dott. Marco Grondacci ha pubblicato sul blog di cui è titolare il contenuto di una conferenza
stampa, all’interno del quale ha avanzato una serie di osservazioni e contestazioni circa l’operato
dell’Autorità Portuale della Spezia, con particolare riferimento alle procedure preliminari ed
esecutive delle operazioni di bonifica e successivo escavo del molo Garibaldi.
L’Autorità Portuale ha verificato le osservazioni sopra descritte nell’ottica della valutazione di ogni
contributo esterno, utile per migliorare l’efficacia dell’azione amministrativa, anche, e soprattutto,
nel caso in cui la segnalazione provenisse da cittadini o da soggetti anche privi di specifiche
qualifiche professionali ma sensibili alle tematiche ambientali.
Questo lavoro non si è rivelato inutile, in quanto una analitica e puntuale verifica di dati, atti
amministrativi, fonti normative, provvedimenti ministeriali, ha confermato la correttezza dell’azione
amministrativa dell’Ente ed il rispetto, sostanziale e non meramente formale, delle complesse e
articolate norme che regolano il contesto in cui le Autorità Portuali svolgono la missione loro
affidata.
Il Dott. Marco Grondacci, probabilmente in buona fede ed ispirato da nobili intenti, a seguito ed a
causa di una imprecisa ricapitolazione della storia delle bonifiche (sia a terra che a mare) e dei
dragaggi, confondendo tra l’altro le une con gli altri, ha tratto conclusioni gravi sulla posizione degli
Enti preposti all’esecuzione delle opere e ai controlli quali AP, ISPRA, ARPAL, ISS, ASL 5°
Spezzino e IZS.
In particolare, e per quanto interessa l’Ente scrivente, ha contestato la violazione delle prescrizioni
del capitolato speciale di appalto per il dragaggio dei fondali del Molo Garibaldi indicando, a
sostegno delle proprie dichiarazioni, “video girati direttamente sul campo di dragaggio”.
Fatta questa doverosa introduzione circa il metodo e l’approccio dell’Ente, è utile rispondere
puntualmente alle
strumentalizzazioni.
singole
contestazioni
per
evitare
l’insorgere
di
dubbi
e
ulteriori
Per quanto riguarda il “quadro generale del sito di Pitelli” è doveroso precisare che l’obbligo di
bonifica incombe al soggetto inquinatoree, in subordine, al proprietario. Il Progetto preliminare di
bonifica dell’ICRAM è dunque rivolto ai suddetti soggetti. L’Autorità Portuale della Spezia non
riveste alcuna delle predette identità, essendo semplice gestore dell’area per conto dello Stato e
mai ha ricevuto incarico né finanziamenti per effettuare tali attività.
Non si può quindi fare riferimento all’Ente che, al contrario, nell’ambito della missione affidata dalla
L. 28 gennaio 1994 n. 84 art. 8 lett. m) “assicura la navigabilità nell’ambito portuale e provvede al
mantenimento ed approfondimento dei fondali”.
1
Tali attività di dragaggio erano già previste e descritte nel documento ICRAM punto 6.5 pagine 198
e 199. Nell’anno 2004, in Conferenza di Servizi, su proposta del Ministero dell’Ambiente, il Golfo
della Spezia venne suddiviso e perimetrato in tre settori: settentrionale (dal molo Enel al molo
Mirabello incluso); centro-occidentale e orientale. Nel doveroso espletamento delle attività di
dragaggio ricordate in precedenza l’Autorità Portuale, nel 2005, vista le necessità del porto e al
fine di ottimizzare le risorse disponibili, ha proposto al Ministero dell’Ambiente di provvedere alla
bonifica con successivo escavo dell’area settentrionale, (ad eccezione delle aree indicate dalla
società ITN, relative al porto Mirabello).
Dall’impegno di Autorità Portuale sono nati i cinque decreti di bonifica del Ministero dell’Ambiente,
di concerto con il Ministero delle Attività Produttive e del Ministero della Salute, articolati con le
prescrizioni espresse in Conferenza di Servizi del 30 dicembre 2002 e confermate nel 2005.
L’Autorità Portuale ha quindi provveduto al dragaggio previa bonifica delle aree interessate, con
fondi propri e del ministero delle infrastrutture ex L. 166/2002 .
Passando all’esame delle singole contestazioni si osserva quanto segue.
LA VICENDA DEL DRAGAGGIO DEL PORTO DI SPEZIA (Grondacci)
Che ci sia un legame tra il dragaggio in atto da tempo nel golfo di Spezia e la dispersione di fango
in mare è ormai un dato accertato. Quello che continua a non essere chiaro è fino a che punto il
dragaggio ha contribuito ad aumentare la fangosità del nostro golfo e quali danni ambientali ha
fatto alle attività di mitilicoltura e itticoltura presenti. Per non parlare della balneazione.
Su queste le notizie continuano ad essere contraddittorie e i report ufficiali delle autorità preposte
non chiariscono minimamente lo stato effettivo della situazione.
Infatti la stessa Arpal che non ha esplicitamente accusato il dragaggio ha nella sua relazione dello
scorso febbraio affermato nella parte finale in modo totalmente contraddittorio: “si ritiene opportuno
rivedere le modalità di bonifica dragaggio in quanto quelle utilizzate non forniscono sufficienti
garanzie ambientali stante la compresenza di siti sensibili nell’area portuale”. (…)
L’incipit è sorprendente nella sua apoditticità. Nessuno ha mai accertato una correlazione tra i
lavori di dragaggio e la dispersione di fango nel Golfo della Spezia o nella sua rada interna.
Il fango, più correttamente il materiale, visto che si tratta anche di sabbie e sedimenti di varia
granulometria, è asportato dal fondo del mare seguendo le modalità indicate nel quaderno ICRAM
approvato dal Ministero dell’Ambiente, che esclude la possibilità di dispersione, che può verificarsi
soltanto a seguito di incidenti. Peraltro nell’unico caso riscontrato in 9 anni di attività, in cui durante
le operazioni di dragaggio si è verificata la rottura delle panne, l’attività è stata immediatamente
sospesa e sono state adottate le necessarie contromisure.
Si precisa inoltre che la balneazione nei porti italiani è vietata per motivi di sicurezza della
navigazione e non ragioni inerenti la qualità delle acque..
Diversamente dalla ricostruzione storica effettuata dal Dott. Marco Grondacci, la moria dei mitili è
stata lamentata altre volte nel passato, ma sempre in relazione a condizioni climatiche, aumento
2
della temperatura dell’acqua di mare, variazione dell’indice di salinità e, in un solo caso, l'ultimo,
per motivi al momento ignoti, durante i lavori di dragaggio che si protraggono dal 1998. In
quest’ultimo caso, comunque, le tracce di materiali rinvenute nei soggetti colpiti non hanno
caratteristiche compatibili con quelle presenti nelle aree oggetto di dragaggio, escludendo quindi
qualsiasi nesso causale. I fanghi prelevati dalle “reste” sono risultati infatti granulometricamente e
chimicamente differenti dai fanghi provenienti dai fondali del molo Garibaldi.
In merito alla dichiarazione di ARPAL contenuta nel report n. 4552 del 20.2.2015 citata dal Dott.
Grondacci del seguente letterale tenore, “si ritiene opportuno rivedere le modalità di bonifica –
dragaggio”, occorre sottolineare che, in data 24.02.2015, a seguito della stessa dichiarazione è
stata convocata d’urgenza una riunione presso la Capitaneria di Porto, con la presenza di tutte le
Autorità ed Enti competenti in materia, al fine di “valutare l’opportunità/necessità di sospendere le
operazioni di bonifica/dragaggio, in relazione alle problematiche ambientali”.
In esito alla riunione è stato accertato come non sussistesse correlazione alcuna tra l’aumento di
torbidità rilevato dalla sonda posizionata presso gli impianti di mitilicoltura e l’attività di dragaggio
ed è stato, dunque, concordemente deciso di continuare le operazioni con le modalità operative
già in atto. L’aumento della presenza di fango in diga non può essere imputato all’attività di
bonifica/escavo. I valori di torbidità di 500/1000 NTU rilevati in due occasioni dalla sonda posta
presso gli impianti di mitilicoltura, alla distanza di 2 miglia nautiche dalla zona di dragaggio, non
possono, infatti, essere generati da una torbidità misurata all'interno delle panne, durante le
operazioni, pari a 70/100 NTU.
LA QUESTIONE DEL MOLO GARIBALDI (riscontro “Parte II” nota Grondacci)
“(…) Non solo ma nelle zone di levante del molo Garibaldi quella interessata proprio dall’ultimo
ampliamento dello stesso è presente un’area di incertezza (pag, 106 – 107 documento Icram)…..
Anche queste affermazioni suscitano perplessità, soprattutto in considerazione della citazione di
documenti che riportano dati diversi e contrari. Per quanto riguarda gli interventi sul molo
Garibaldi, infatti, la testata del molo nell’anno 2006 è stata bonificata PRIMA del riempimento della
banchina, con l’asportazione e lo smaltimento a discarica di circa 19.000 mc. di materiale dragato.
Alla luce della normativa sopravvenuta e tuttora vigente, tale materiale avrebbe anche potuto
rimanere all’interno della vasca di colmata realizzata successivamente con il sistema del
palancolato stagno e impermeabilizzato. L’ulteriore parte di materiale, prevista nel decreto di
bonifica, e l’ulteriore materiale di dragaggio sono stati trasferiti nella vasca di colmata di Piombino
in quanto rientrante nelle previsioni del citato decreto di bonifica interministeriale. Il conferimento
del materiale nella stessa vasca di colmata è stato autorizzato dalla Provincia di Livorno dopo le
analisi di validazione effettuate dall’ARPAL. Comunque tutti i riempimenti portuali vengono
effettuati sulla base di analisi del fondale e dei materiali, a seguito delle quali vengono adottate le
misure appropriate.
Le modalità esecutive dei progetti di bonifica approvati, sono infatti oggetto di controllo e
monitoraggio da parte di ISPRA (già ICRAM), ARPAL, ISS, IZS, ASL5, Capitaneria di Porto, sin
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dalla loro prima fase attuativa. Coerentemente con quanto prescritto dal Progetto, ogni fase
attuativa della bonifica/escavo è stata preceduta da una nuova campagna di indagine, volta a
verificare la corrispondenza delle caratterizzazioni contenute nel progetto ICRAM con quanto
rilevabile immediatamente prima delle operazioni di escavo. Ciò peraltro ha consentito di
classificare nuovamente il materiale asportato al fine di determinarne con esattezza il sito di
destinazione finale. Tutte le caratterizzazioni aggiuntive sono state condotte da Arpal o da
laboratori intercalibrati e certificati dalla stessa Agenzia. Non sussistono, pertanto, elementi di
incertezza di alcun genere, men che meno sui livelli di inquinamento nelle aree sottoposte ad
interventi di bonifica o di dragaggio; al termine di ogni appalto si è proceduto alle necessarie
verifiche di fondo scavo, sempre direttamente realizzate da ARPAL, e queste hanno evidenziato il
raggiungimento di strati di fondale privi di inquinamento eccedente i limiti della tabella A del D.Lgs
n.152/2006 e s.m. e, dunque, il buon esito dei lavori di bonifica degli specchi acquei
interessati e la successiva validazione con decreti di avvenuta bonifica da parte della
Provincia della Spezia.
LA QUESTIONE DEL PIANO DI MONITORAGGIO
Mi riferisco al Piano di Monitoraggio per le attività di bonifica dei fondali esterni al Palancolato del
Molo Garibaldi in attuazione del Progetto preliminare dell’Icram sopra citato.
Prevede in generale specifiche e puntuali modalità di controllo della attività di dragaggio al fine di
prevenire:
1. l’aumento della torbidità con risospensione dei sedimenti
2. la mobilizzazione dei contaminanti associati alle particelle in sospensione
3. alterazioni negli impianti di mitilicoltura e di ittiocoltura
4. alterazioni delle biocenosi sensibili (comunità delle specie marine come le praterie di posidonia)
Ciò dovrà essere svolto con apposite sonde (tre: fisse e mobili) e con prelievi di campioni di acqua.
Il tutto con una tempistica dei momenti di prelievo molto stringente e cadenzata.
Ad oggi non abbiamo ancora avuto la pubblicazione di un report che puntualmente chiarisse il
rispetto di quanto sopra ma dichiarazioni e verbali di controllo confusi e contraddittori se non
addirittura reticenti da parte di Autorità Portuale, Arpal e Capitaneria. Basti pensare che Arpal a
febbraio di questo anno, dopo i primi episodi di diffusione della torbità nel golfo dichiara che le
modalità di dragaggio vanno riviste, mentre oggi si afferma che tuttosommato non dovrebbe
essere il dragaggio ad avere creato il problema (sic!).
Quanto asserito dal Dott. Grondacci è lesivo dell'immagine dell'AP, ma anche di quella di ARPAL,
Capitaneria di Porto, ISPRA, ASL5, Istituto Superiore di Sanità, IZS.
AP ha stipulato con ARPAL, ISPRA e tutti gli altri organi di controllo, fin dalle primissime fasi
attuative dei decreti del 2005 del Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero della Sanità
ed il Ministero dello Sviluppo Economico, con cui sono stati approvati i progetti di bonifica, i
protocolli operativi dettagliati rispettosi del piano di monitoraggio ambientale allegati ai citati
progetti di bonifica. Dal 2006 sono in corso, in virtù di detti protocolli, controlli accurati sulla qualità
delle acque del golfo, dei prodotti della mitilicoltura e dell'itticoltura, delle formazioni coralligene
della Palmaria e del Tino, della posidonia del canale di Portovenere. Questi controlli hanno
consentito di fotografare la situazione prima dell'avvio delle bonifiche dei fondali e di registrarne le
eventuali modifiche durante i lavori. Dai risultati raccolti in ormai nove anni di attività si evince che
la qualità delle acque interne al golfo è migliorata.
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I risultati del monitoraggio che confermano dette conclusioni sono raccolti regolarmente in report
pubblicati periodicamente sul sito dell'ARPAL e dell'Università degli Studi di Genova, con link
presenti anche sul sito AP.
(Grondacci)“per la realizzazione del campo di bonifica e del successivo escavo a quota -11,00 è
previsto l’impiego di panne galleggianti speciali, costituite da teli in poliestere ad alta resistenza
resinati e vincolati tramite cavi di acciaio INOX austenitico a corpi morti adeguatamente posati sul
fondale marino. Le panne dovranno corrispondere a caratteristiche tecniche e prestazionali tali da
garantirne la resistenza e la durabilità durante le operazioni di escavo dei fondali, nonché
l’impermeabilità ad eventuali particelle solide in risospensione.[3]
(….)
[3] VID-20150412-WA0001.mp4 una imbarcazione mantiene il campo di conterminazione aperto,
prova evidente che il sistema non solo è mobile, ma se non fosse tenuto in loco dalla forza motrice
delle imbarcazioni si muoverebbe e vagherebbe. L’uso costante di apparati di propulsione,
potrebbe creare ulteriori turbolenze che hanno lacerato i tessuti che, da Capitolato, devono partire
dalla superficie e arrivare al fondo senza soluzione di continuità
VID-20150412-WA0002.mp4 idem come sopra”
I capitolati speciali di ogni singolo dragaggio operato dall’Autorità Portuale hanno raccolto
obbligatoriamente e pedissequamente le prescrizioni dei decreti di bonifica del Ministero
dell’Ambiente. Il contratto stipulato a seguito di aggiudicazione di appalto fa espresso riferimento
agli impegni operativi indicati nei capitolati. Di conseguenza, per ogni bonifica con successivo
escavo, la società aggiudicataria si è assunta gli impegni di metodologia e organizzazione del
lavoro previsti dai capitolati.
Le gare di appalto per la bonifica e l’escavo si sono svolte con il metodo dell’offerta
economicamente più vantaggiosa e, per quanto riguarda i criteri di attribuzione dei punteggi, è
stato dato risalto alle soluzioni tecnico-metodologiche finalizzate ad attenuare l’impatto ambientale,
focalizzate sull’efficienza del sistema di panne e la loro efficacia.
Le obiezioni sollevate dal Dott. Grondacci, sono state verificate nella loro inconsistenza.
Dai controlli effettuati dalla Direzione Lavori, ARPAL e CP, il campo panne durante le lavorazioni è
sempre stato integro e chiuso. Nell’unica occasione in cui ARPAL ha comunicato di aver
riscontrato una rottura delle panne, (fatto avvenuto lo scorso maggio), i lavori sono stati
immediatamente sospesi e sono stati ripresi unicamente a seguito del parere congiunto degli Enti
competenti (Allegati: ordine di servizio di sospensione lavori e nulla osta alla ripresa dei lavori di
ARPAL)
Ciò premesso, in merito al video postato e all’interpretazione di quanto ripreso, si osserva che
l'imbarcazione è utilizzata unicamente al fine di mantenere in posizione il campo panne che è
rigorosamente chiuso ed è ancorato sul fondo con pesanti catene. L’insinuata influenza degli
apparati di propulsione dell’unità navale sulle panne è ipso facto impossibile, in quanto questa
opera trainando le panne stesse, mantenendo la turbolenza creata dal motore nel punto più
distante e quindi non suscettibile di arrecare danni.
5
La seconda e aterza asserite violazioni alle norme di capitolato sarebbero le seguenti, anch’esse
“comprovate” da un video amatoriale.
“2. separazione dell’area di scavo da quella di carico trasferimento del materiale dragato
3. necessità di interrompere i lavori non solo quando si verificano rotture di panne ma anche
quando vengano spostate [4]…..(…)
[4] VID-20150409-WA0001.mp4 E’ possibile notare come le panne e presumibilmente le gonne ad
esse adese siano state riposizionate al termine del turno di dragaggio. Ciò fa presupporre che,
diversamente da quanto esplicitamente segnato nel Capitolato di Appalto delle operazioni di
escavazione fondali al Molo Garibaldi, il sistema di conterminazione non è fissato al fondale, ma
presenta una certa “mobilità”
È facile osservare come al termine del turno di dragaggio, ovvero delle operazioni di riempimento
quotidiane della draga, le panne vengano effettivamente rimosse per consentire il più agevole
traffico marittimo e riposizionate il giorno successivo con l’ausilio di sommozzatori. Ciò peraltro non
contrasta con le prescrizioni di capitolato né è mai stato un mistero. Anzi, uno dei criteri di
valutazione espressi dal bando di gara riguarda proprio la capacità che avrebbe dovuto esprimere
il concorrente di minimizzare le interferenze delle operazioni di bonifica ed escavo con il traffico
marittimo.
Anche la Capitaneria di Porto si è espressa nel senso di autorizzare i lavori solo, in assenza di
traffico marittimo.
Circa l’ultima osservazione, si ribadisce che il sistema è effettivamente fissato al fondale, ma
all’occorrenza può essere disancorato per consentire l’ingresso e l’uscita della draga e per
esigenze del traffico marittimo.
5. massimizzazione del contenuto di sostanza solida nel materiale dragato e conseguente
minimizzazione dei volumi d’acqua che richiedono trattamento e gestione
6. collocazione sul mezzo dragante di una vasca contenente acqua, con un adeguato franco di
sicurezza per immergervi la benna dopo lo sversamento nel pozzo di carico e prima della
successiva immersione. Tale acqua dovrà essere preleva in sicurezza e campionata.[6] [7]
7. speciale cautela nel manovrare la benna sul pontone per il prelievo dei sedimenti di dragaggio
dalla betta al fine di evitare perdite di materiale e rilascio di contaminanti alla colonna d’acqua [8]
8. il trasferimento del materiale dragato dalla draga alla nave da trasporto deve avvenire con
sistema di aspirazione proteggendo l’area di manovra con ulteriori panne galleggianti che
dovranno essere aperte solo dopo la fine della attività di carico e comunque la betta potrà uscire
solo dopo che sia stata verificata la assenza di torbidità dell’acqua
“
[6] https://youtu.be/V2NoavTW8DI a questo indirizzo internet è possibile osservare il dragaggio
eseguito con un “ragno” o “polpo” invece che con una benna a chiusura idraulica, con una copiosa
dispersione di acqua lurida, senza risciacquare l’attrezzo dragante prima della reimmersione come
6
previsto dalle prescrizioni. Inoltre è ben visibile il mezzo nautico che tiene in posizione la barriera
con l’ausilio del motore.
La benna definita “POLIPO” è stata utilizzata unicamente per la rimozione dei massi della
scogliera ex IP in testata al Molo Garibaldi e non si è verificata alcuna "dispersione di acqua
lurida", in quanto l'acqua stessa proveniva e ricadeva all'interno del campo chiuso dalle panne.
L’utilizzo di benna bivalve in queste circostanze è tecnicamente impossibile vista la conformazione
dei massi rimossi.
La benna bivalve è invece sempre stata utilizzata durante le operazioni di dragaggio, (come
previsto nel quaderno 1 di ICRAM 2000), al fine di diminuire il carico di acqua nella draga e
conseguentemente di realizzare un dragaggio ambientale accettabile. Infatti, la benna rispetto agli
altri sistemi di escavo, (es: i sistemi aspirati producono una movimentazione di acqua superiore al
70% del materiale di escavo), permette di limitare le perdite di sedimento durante le fasi di lavoro,
di limitare la torbidità indotta e inoltre permette una maggior precisione e una maggior selettività di
dragaggio, riducendo quindi al minimo i volumi da prelevare.
[7] VID-20150413-WA0001.mp4 E’ evidente il mancato uso, come previsto dalle prescrizioni
nonché dal Capitolato di Appalto, di un pozzo di risciacquo per lavare la benna ad ogni ciclo di
prelievo del sedime al fine di non contaminare il mare
VID-20150413-WA0001.mp4 idem come sopra
Arpal, con comunicazione in data 13.05.2015 prot 12354, ha ritenuto che la prescrizione relativa
alla vasca di risciacquo fosse superflua in quanto “i movimenti della benna avvengono
esclusivamente dalla draga al campo di dragaggio conterminato dalle panne”. Pertanto, l’eventuale
materiale aderente la benna non risciacquata nel pozzo viene a contatto con l’acqua unicamente
all’interno del campo di lavoro conterminato, senza possibilità di dispersione.
Le operazioni di trasbordo del materiale di escavo fra due motobette è avvenuto con l’impiego di
telo impermeabile risvoltato sulle coperte delle due unità affiancate e, per maggiore cautela, Arpal
ha disposto l’utilizzo di panne di conterminazione fra le due unità.
[8] VID-20150409-WA0002.mp4 Durante le operazioni di prelievo del sedime dal fondo, data
l’esigua estensione del campo di con terminazione, lo sbraccio del mezzo dragante porta fuori dal
campo la benna carica di fanghi e acqua lurida, con evidente dispersione di materiale in mare
Le riprese del video allegato, se non osservate con attenzione, traggono in inganno a causa del
teleobiettivo, del punto di riferimento adottato e del colore nero dei galleggianti delle panne che le
rende meno visibili.. Il dragaggio si è sempre svolto all'interno delle panne appositamente
posizionate. I lavori di dragaggio sono sempre stati effettuati con la supervisione degli organi di
controllo, compresa la Capitaneria di porto per quanto riguarda la specifica competenza
ambientale.
(…) Fino ad ora non è stato prodotto alcun rapporto ufficiale che dimostri il rispetto di quanto
sopra da parte degli organi preposti: Autorità portuale, Capitaneria, Arpal.
Basti confrontare
quanto previsto dal Piano di Monitoraggio con quanto fino ad ora dichiarato e pubblicato da Arpal:
punto 2.2.2. tempistica e frequenza delle indagini eco tossicologiche
punto 2.2.3. tipologia ed ubicazione delle aree per il controllo microbiologico sugli organismi
7
punto 2.2.4. tempistica e frequenza per il controllo microbiologico sugli organismi
punto 2.2.5. tipologia ed ubicazione delle aree per il controllo qualitativo delle biocenosi sensibili
(es. praterie di posidonia, quindi organismi stanziali anche nelle aree limitrofe del nostro golfo)
punto 2.2.6. tempistica e frequenza per il controllo qualitativo delle biocenosi sensibili
Le osservazioni sono state verificate e ne è emerso quanto segue.
A seguito delle prime bonifiche realizzate e visti gli esiti delle analisi effettuate sulla base dei piani
di monitoraggio, ICRAM/ISPRA con apposita relazione nel 2010 , evidenziando i risultati positivi,
proponeva agli altri Enti di controllo (ARPAL, ISS, IZS e ASL 5) un ridimensionamento dei controlli
previsti dall’originario piano di monitoraggio, predisponendo nuovo accordo operativo sottoscritto
da tutti gli Enti preposti (ISPRA, ARPAL, ISS, IZS, ASL 5) –
Tale nuovo piano è stato pedissequamente e rigidamente osservato per la bonifica ed successivo
escavo del Molo Garibaldi e recentemente,con verbale in data 5 maggio 2015, ne è stata ribadita
la validità e l’efficacia in relazione ai controlli necessari per la vigilanza sulle operazioni di bonifica
ed escavo.
(…) PARTE V
I REATI CHE SI CONFIGURANO
Ciò che si vuole mettere in rilievo è come sia per la parte a terra che per la parte a mare:
1. la caratterizzazione non è stata completata soprattutto per le aree militari ma non solo
Come è noto, l’AP non ha competenza sulle aree e sugli specchi acquei consegnati
all’amministrazione della Difesa. Per quanto è dato sapere, le analisi della zona militare sono state
effettuate dalla Marina Militare e consegnate al Ministero dell’Ambiente.
Per il resto, il progetto di bonifica di ICRAM era stato effettuato sulla base del piano di
caratterizzazione realizzato dalla stessa. La caratterizzazione è avvenuta con magliature e metodo
approvati in Conferenza di Servizi e ha riguardato tutti i fondali del Golfo della Spezia. Peraltro,
tale caratterizzazione è stata realizzata utilizzando la disciplina prevista per le aree a terra. In altre
parole, non esistendo neppure all’epoca dell’attuazione del piano di bonifica alcuna normativa
specifica avente ad oggetto la regolamentazione delle misure contenitive dell’inquinamento dei
fondali marini, si applicò per analogia la disciplina delle aree a terra (decreto del Ministero
dell’Ambiente n. 471/99 “Decreto Ronchi”). Considerato inoltre che la caratterizzazione è stata
effettuata nell’anno 2004, prima dell’inizio di ogni singolo dragaggio, è stato necessario che
ARPAL RIPETESSE e VALIDASSE, ai sensi del D.M. 11 novembre 2008 art. 7, le analisi già
effettuate in precedenza. Quindi le analisi già svolte nel 2004 sono state RIPETUTE E VALIDATE
prima di ogni attività di dragaggio. Le ultime, prima dell’inizio dei lavori al Molo Garibaldi, nell’anno
2014.
2. la bonifica ha riguardato solo parti del sito e neppure quelle più inquinate
Come già sottolineato in premessa, si ribadisce come sia il Decreto Ronchi sopracitato che il
Codice dell’Ambiente, individuino quale responsabile della bonifica delle aree inquinate il soggetto
responsabile dell’inquinamento e, in subordine, il proprietario dell’area stessa.
In entrambi i casi non si può fare riferimento all’Autorità Portuale la quale, come già osservato, ha
provveduto a dare pedissequa esecuzione ai decreti ministeriali sopra citati.
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3. non vengono rispettati i piani di bonifica stabiliti dagli atti approvati dalle conferenze dei
servizi a cominciare dal Progetto Preliminare per la parte a mare redatto da ICRAM
Anche questa affermazione è del tutto generica e comunque priva di ogni fondamento.
Le priorità stabilite nel documento ICRAM si riferiscono all’attività di bonifica facente capo allo
Stato; lo stesso documento distingue le attività di bonifica da quelle di dragaggio. Peraltro l’Autorità
Portuale non ha mai ricevuto incarichi o finanziamenti per effettuare attività di bonifica
genericamente intesa; al contrario ha ricevuto fondi per l’approfondimento dei fondali con i quali
sono state eseguite le attività di bonifica e di dragaggio.
Tutte le prescrizioni previste nei decreti di bonifica sono state rigorosamente riportate nei capitolati
d’appalto, (pubblici e accessibili sul sito dell’Autorità portuale), che le imprese aggiudicatarie si
sono impegnate a rispettare.
A ciascun progetto è allegato un piano di monitoraggio approvato in Conferenza di Servizi che è
stato rigorosamente rispettato sotto il costante controllo di ICRAM, ARPAL, ISS, ASL5 Spezzino,
IZS.
L’esecuzione dei lavori è stata inoltre seguita dalla Direzione Lavori dell’Ente, oltre che dalla
Capitaneria di Porto per le proprie competenze ambientali.
4. non è ancora chiaro del tutto quanti e quali materiali e rifiuti pericolosi siano interrati sia
nella parte a mare ma soprattutto nella parte a terra del sito di Pitelli
5. permane quindi un potenziale rischio sanitario e ambientale accelerato proprio dalla
vicenda dei dragaggi
Le affermazioni sopra riportate sono del tutto infondate. ARPAL e Autorità Portuale hanno infatti
pubblicato sui rispettivi siti tutti i risultati degli esami effettuati durante il monitoraggio. Sulla base di
questi risultati ICRAM, nell’anno 2010, ha ritenuto di poter attuare un piano di monitoraggio ridotto
rispetto a quello originario, in considerazione della buona qualità delle acque del golfo riscontrata
anche durante le operazioni di dragaggio.
Premesso che l’Autorità Portuale ha sempre rispettato la legge, evidentemente il Dott. Grondacci
si assume la responsabilità anche sul piano giudiziario di quanto affermato. Detto questo, in
relazione alle singole fattispecie di reato dallo stesso ipotizzate si osserva:
1. svolgimento attività di bonifica non in conformità al progetto approvato dall'autorità competente
(comma 1 articolo 257 DLgs 152/2006)
La bonifica ed il successivo escavo sono stati eseguiti conformemente a quanto stabilito nei
progetti approvati con decreti di bonifica del ministero dell’Ambiente già citati. Il dragaggio,
(successivo alle attività di bonifica), è stato svolto con le stesse prescrizioni e modalità previste nei
decreti di bonifica.
2. il permanere di un inquinamento diffuso contemporaneamente con ulteriori interventi nelle zone
inquinate (dragaggi, passaggio di navi sempre più grandi, ulteriori attività previste nel golfo)
comporta un costante rischio ambientale e sanitario che potrebbe realizzare, e probabilmente lo
ha già realizzato, una fattispecie di disastro ambientale tenuto conto anche della nuova definizione
della fattispecie astratta di questo reato approvata dal Parlamento.
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La bonifica e l’approfondimento dei fondali sono stati e sono realizzati in ossequio dell’art. 8 lett. m
della L. 28 gennaio 1994 n. 84, per garantire l’accesso delle navi, anche al fine di evitare il rischio
di eventuale inquinamento indotto dal transito delle stesse nel golfo della Spezia.
Infatti non siamo di fronte ad alcun disastro: la qualità delle acque è nel complesso buona e i
periodici problemi che si presentano sono collegati più agli scarichi fognari che ad altro.
Il ministero dell'Ambiente ha recentemente escluso il sito di Pitelli dai siti di interesse nazionale,
non ricorrendone più le condizioni.
3. Ma soprattutto si configura ancor di più il delitto di omessa bonifica introdotto dalla recente legge
sui delitti ambientali con l’inserimento dell’articolo 452-terdecies nel Codice Penale. Secondo
questo nuovo articolo: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato
per legge, per ordine del giudice ovvero di una autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al
ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la pena della reclusione da uno a quattro
anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000.” Si tratta di una novità importante visto che
l’articolo 257 del DLgs 152/2006 (testo unico ambientale) prevedeva solo contravvenzioni riferite a
chi non effettua la bonifica dell’inquinamento da esso prodotto dopo che è stato approvato il
progetto di bonifica. Le sanzioni erano al massimo dell’arresto fino a due anni e della ammenda
fino a 52.000 euro, se si trattava di rifiuti o sostanze classificate come pericolose.
Il testo della norma citata, che peraltro non può essere applicata retroattivamente, ricollega la
responsabilità della bonifica all’autore dell’inquinamento o al proprietario dell’area. L’Autorità
Portuale della Spezia non è né autore di inquinamento né proprietaria delle aree inquinate.
[1]
http://www.arpal.gov.it/index.php?option=com_flexicontent&view=items&cid=116&id=993&Itemid=
631
[2] Queste sostanze hanno effetti devastanti sul sistema ormonale di alcune specie, e anche gli
esseri umani potrebbero correre dei rischi se consumassero pesci contaminati. Si tratta di
composti capaci di alterare persino le caratteristiche sessuali degli organismi colpiti, con
gravissime ripercussioni sulla riproduzione
All’indirizzo citato può essere consultata ed esaminata la corretta mappatura degli inquinanti del
golfo e consultare il lavoro di monitoraggio e caratterizzazione svolto da ARPAL e ICRAM.
Le analisi effettuate da ARPAL sui fondali interessati dall’attività di bonifica, rilevano quasi sempre
valori di inquinamento inferiori alla colonna b, tabella I all. II, del dlgs 152/2006; ovvero si tratta di
fanghi definiti da ICRAM “non pericolosi” (si veda relazione di ICRAM allegata al piano di
bonifica). Ulteriore conferma di tale evidenza sono le analisi di validazione effettuate da ARPAL,
sulla base delle quali è stato consentito dalla Provincia di Livorno lo sversamento del materiale di
escavo nella vasca di colmata di Piombino. Lo sversamento in vasca di colmata è rigidamente
regolamentato e non sarebbe stato possibile sversare fanghi “pericolosi” o comunque superiori alla
colonna b tabella I all. II del dlgs 152/2006.
La Spezia, 10 luglio 2015
10
Autorità Portuale della Spezia
Attività di dragaggio dei fondali antistanti il molo
Garibaldi
Studio modellistico numerico della dispersione dei sedimenti
– nota preliminare
Nota
Luglio 2015
INDICE
1
Premessa .................................................................................................................... 3
2
Il sistema modellistico previsionale del Mar Ligure ................................................. 3
2.1
2.2
2.3
La catena modellistica meteo-idrologica in ARPAL – CFMI: i modelli MOLOCH e DRiFt ............ 4
Il modello di circolazione del Mar Mediterraneo - MFS ................................................................. 6
Il modello idrodinamico del Mar Ligure – HD Mar Ligure .............................................................. 7
3
Il modello di circolazione – downscaling sulla rada di La Spezia ......................... 12
3.1
3.2
3.3
Mesh di calcolo e batimetria ........................................................................................................ 12
Apporti locali ................................................................................................................................ 13
Risultati del modello di circolazione ............................................................................................. 14
4
Il modello di dispersione dei sedimenti .................................................................. 16
4.1
Risultati del modello di dispersione dei sedimenti ....................................................................... 17
5
Riferimenti ................................................................................................................. 18
D-2
nota dhi-la spezia
1
Premessa
Nell’ambito delle attività di bonifica/dragaggio dell’area del porto della Spezia posta nelle
immediate adiacenze del Molo Garibaldi, avviate a partire dal 09/12/2014 dall’Autorità Portuale
della Spezia, sono state effettuate ad intervalli irregolari operazioni di escavo del fondale, al fine
di garantire pescaggi adeguati alle navi che si prevedono ormeggiare in futuro in corrispondenza
delle banchine del Molo Garibaldi stesso.
Le attività di escavo hanno subito un’accelerazione, con impiego di tre differenti draghe
(“Annamaria”, “Fabio Duò” e “Angelo B.”) a partire dal 2 Febbraio 2015. L’area oggetto degli
interventi di dragaggio è stata fin dal principio delle operazioni conterminata tramite “panne
antitorbidità”, l’impiego delle quali è stato previsto nel Progetto di Bonifica dell’area marina redatto
da ISPRA (ex ICRAM) quale misura atta a contenere la torbidità entro la zona delle operazioni.
Le panne antitorbidità sono state impiegate prevalentemente in modalità “fissa” ma in alcune
circostanze, sia nel dragaggio del fondale antistante il molo Garibaldi (a partire dal 2 Febbraio
2015), sia nel dragaggio di alcuni settori del Bacino di Evoluzione (attività antecedenti all’avvio
delle operazioni intorno al Molo Garibaldi), si è reso necessario l’impiego di “panne mobili”.
Dai dati del monitoraggio ambientale contestuale alle operazioni di movimentazione del
sedimento, di cui è incaricata ARPAL, è emerso che il sistema di conterminazione a panne mobili
si è rivelato molto meno efficace del sistema a panne fisse ed in alcune rilevazioni in prossimità
delle draghe, in profondità, si sono riscontrati valori di torbidità molto elevati, mai evidenziati in
precedenti dragaggi.
A seguito della segnalazione di una anomala moria di mitili nell’area interna alla diga di ponente,
avvenuta tra il 6 ed il 7 Febbraio 2015, e ad una serie di dati elevati di torbidità in corrispondenza
della sonda fissa ubicata proprio presso l’impianto di mitilicoltura lato Ponente, l’Autorità Portuale
della Spezia ha commissionato a DHI uno studio modellistico numerico finalizzato a verificare
l’estensione dell’area portuale potenzialmente interessata dal pennacchio “plume” di sedimenti
dragati e di simulare l’andamento spazio-temporale della concentrazione di sedimento sospeso
rilasciato nella colonna d’acqua durante le operazioni di dragaggio.
Il presente elaborato illustra in dettaglio il contenuto dello studio modellistico. La sezione 2, in
particolare, è rivolta alla descrizione del sistema modellistico di circolazione del Mar Ligure, che
DHI ha predisposto per conto di ARPAL e che è stato utilizzato nel presente studio. La sezione 3
illustra la predisposizione ed i risultati del modello di dettaglio della circolazione della rada di La
Spezia, della temperatura e della salinità. Nella sezione 4 viene invece descritto il modello di
dispersione di sedimenti, con le assunzioni adottate, i dati di input ed i risultati, sia in forma di
mappe spazio-temporali sia in forma di serie temporali puntuali.
2
Il sistema modellistico previsionale del Mar Ligure
DHI, nell’ambito della pluriennale collaborazione con ARPAL (Agenzia Regionale di Protezione
dell’Ambiente Ligure) ha sviluppato un sistema modellistico integrato che, a partire dalla
previsione della componente idrodinamica (correnti, livelli superficiali) e fisica (temperatura,
salinità) supporta operativamente ARPAL con una serie di applicativi finalizzati a:

prevedere la dispersione, la destinazione ed i possibili spiaggiamenti di idrocarburi
accidentalmente sversati nel Mar Ligure (in collaborazione con il progetto POR-FESR
2007-2013 “SEAGOSS”);

prevedere la dispersione e la destinazione del sedimento fine apportato dai corsi
d’acqua in concomitanza con eventi di piena (in collaborazione con il progetto PORFESR 2007-2013 “SEAGOSS”);
D-3

prevedere la dispersione e destinazione dei residui dell’impianto di acquacoltura posto
al largo di Lavagna (in collaborazione con il progetto POR-FESR 2007-2014
“IMPAQUA”);

prevedere la qualità delle acque di balneazione, secondo la Direttiva 2006/7/CE,
recepita in Italia con D.lgs n. 116/08, con particolare riferimento alla concentrazione di
Escherichia coli ed Enterococchi fecali immessi in mare attraverso le foci fluviali e gli
impianti di depurazione.
Il sistema costituisce oggi una solida base per predisporre ulteriori modelli locali, ad elevata
risoluzione, dedicati alla simulazione di fenomenologie specifiche. In quest’ottica, la simulazione
della dispersione dei sedimenti dragati all’interno del porto di La Spezia si colloca perfettamente
in questa tipologia di applicazioni.
La base idrodinamica alla scala del Mar Ligure (sistema “ARPAL-Mar Ligure”) è stata realizzata
mediante l’applicazione di modellistica tridimensionale — modulo MIKE 3 HD FM di DHI. Il modulo
idrodinamico costituisce il cuore di una complessa catena modellistica, che prevede l’impiego di:

condizioni al contorno in termini di velocità di corrente, temperatura e salinità ricavate
dal sistema di previsione del Mare Mediterraneo MFS (Mediterranean Forecast
System), disponibili nell’ambito del programma europeo COPERNICUS, progetto
MyOcean;

forzanti atmosferiche in termini di venti superficiali, temperatura dell’aria, umidità
relativa, copertura nuvolosa ricavate dal modello atmosferico ad area limitata (LAM)
MOLOCH, operativo presso ARPAL CFMI – PC;

apporti idrici dai principali bacini liguri ricavati dal modello afflussi deflussi DRiFt,
anch’esso operativo presso ARPAL CFMI – PC.
Nel seguito è descritta in dettaglio la catena modellistica che, operativa con due run giornalieri
(00 e 12 UTC) permette di simulare a risoluzioni assai elevate per la scala oceanografica (fino a
500 m) l’andamento delle correnti, della salinità, della temperatura e dei livelli superficiali nel Mar
Ligure per le 48 ore successive.
2.1
La catena modellistica meteo-idrologica in ARPAL – CFMI: i modelli
MOLOCH e DRiFt
La disponibilità delle previsioni delle principali variabili atmosferiche (pressione, venti superficiali,
temperatura dell’aria, nuvolosità, umidità relativa, precipitazioni) e idrologiche (idrogrammi di
piena dei principali corsi d’acqua) costituisce un requisito fondamentale per la progettazione di
una catena modellistica operativa che preveda la simulazione delle dinamiche marine alla scala
del Mar Ligure. Sia il modello atmosferico, sia quello idrologico afflussi-deflussi sono operativi
presso ARPAL-CFMI (Centro Funzionale Meteo-Idrologico di Protezione Civile della Regione
Liguria).
ARPAL-CFMI gestisce una catena operativa di modelli meteorologici ad alta risoluzione per la
previsione numerica del tempo atmosferico. I modelli utilizzati sono stati sviluppati e vengono
aggiornati dall'Istituto ISAC-CNR di Bologna, nell’ambito di un accordo di collaborazione
scientifica pluriennale con ARPAL.
La catena modellistica comprende il modello idrostatico BOLAM e il modello non idrostatico
MOLOCH, innestato in BOLAM.
Le condizioni iniziali e al contorno del BOLAM sono fornite dalle quattro analisi giornaliere (00,
06, 12, 18 UTC) e previsioni del modello globale dell’ECMWF (UE) e consentono di avere run
D-4
nota dhi-la spezia
aggiornati ogni 6 ore. Il modello BOLAM viene innestato a partire direttamente dai campi su livelli
ibridi dell'ECMWF.
Il dominio di integrazione del BOLAM copre gran parte dell'Europa con una risoluzione di 0.1
gradi, per un totale di 362 x 322 punti griglia su 45 livelli. Il dominio del MOLOCH interessa invece
il Nord Italia ad una risoluzione di 0.02 gradi con 206 x 202 punti griglia su 50 livelli verticali.
Le integrazioni numeriche sono eseguite su un cluster di PC in ambiente GNU/Linux CentOS: si
tratta di 5 host dotati di processore Intel 17-980X 4.20GHz, per un totale di 30 core.
Figura 2-1
Esempio di mappa previsionale del modello MOLOCH
Il modello afflussi-deflussi DRiFt, sviluppato dal CIMA, è un modello idrologico lineare, semidistribuito, parziale e in grado di effettuare simulazioni a scala d’evento. Si propone come
strumento di semplice utilizzo per la simulazione e la previsione degli idrogrammi di piena, in
grado di interpretare le caratteristiche ritenute di maggiore importanza per gli ambienti naturali
quali quello dell'arco alpino-appenninico, caratterizzati da particolari strutture drenanti di
dimensioni spaziali ridotte, la cui parte montana risulta preponderante nei processi di formazione
della piena rispetto a quella con caratteristiche spiccatamente vallive.
Il modello si basa sulla teoria che la risposta idrologica di un sistema idrografico ad eventi intensi
di precipitazione, è dominata dalla morfologia del bacino e consente di trascurare i complessi
effetti di dispersione idrodinamica che influenzano la propagazione dell’acqua fino alla foce.
E’ definito semi-distribuito in quanto accetta e gestisce l’informazione in ingresso spazialmente
distribuita sul territorio e fornisce il risultato concentrato in una sezione specifica. Il bacino in
analisi viene grigliato con un reticolo georeferenziato a maglia quadrata e risulta, quindi, suddiviso
in un certo numero di celle aventi dimensioni corrispondenti a quelle del modello digitale di
elevazione del terreno.
D-5
La sua versione base ha cinque parametri: due di carattere morfologico per l’individuazione della
rete di drenaggio e la distinzione tra canali e versanti, due di carattere cinematico, velocità in
canale e sul versante, ed un parametro fisico rappresentante lo stato di umidità del terreno che
identifica la situazione iniziale.
Figura 2-2
Schema concettuale del modello idrologico afflussi deflussi DRiFt (a sinistra) e
rappresentazione di un idrogramma di piena simulato (linea blu) ed osservato (linea nera)
Il modello MOLOCH ed il modello DRiFt sono i modelli di riferimento rispettivamente atmosferico
e idrologico afflussi-deflussi per la catena modellistica previsionale delle correnti del Mar Ligure,
che DHI ha predisposto per conto di ARPAL e che costituisce la base “idrodinamica” dalla quale
il modello di circolazione della rada della Spezia (sezione3) attingerà le condizioni al contorno.
2.2
Il modello di circolazione del Mar Mediterraneo - MFS
Oltre alla disponibilità delle previsioni delle principali variabili atmosferiche e idrologiche, un
ulteriore requisito per la progettazione di una catena modellistica operativa che preveda la
simulazione delle dinamiche marine è costituito dalla disponibilità delle previsioni delle principali
variabili idrodinamiche e fisiche che regolano la circolazione alla scala del Mar Mediterraneo,
anche a risoluzione non elevata (livelli superficiali, correnti alle diverse profondità, temperatura e
salinità). La disponibilità di tali variabili è fondamentale al fine di limitare alla zona di interesse il
dominio di modellazione, utilizzando di volta in volta le condizioni al contorno ricavate da un
modello “padre”, anche a bassa risoluzione, e focalizzando la modellazione sull’area di interesse,
con risoluzione adeguata ai processi che si vogliono simulare, senza la necessità di dover
riprodurre ex-novo la circolazione dell’intero bacino del Mar Mediterraneo.
Il modello di circolazione del Mar Mediterraneo preso a riferimento per la catena modellistica del
Mar Ligure è costituito dal modello MFS (Mediterranean Forecast System), ora disponibile
nell’ambito del programma Copernicus, precedentemente conosciuto come GMES (Global
Monitoring for Environment and Security), supportato e coordinato dalla Commissione Europea.
Il sistema è stato implementato in tutto il bacino del Mediterraneo come accoppiamento di un
modello idrodinamico e di un modello di moto ondoso, con una risoluzione orizzontale pari a 1/16°
x 1/16° (circa 6÷7 km) e 72 livelli verticali non omogeneamente distribuiti. La figura seguente
mostra il dominio del modello ed un esempio di distribuzione della temperatura superficiale del
modello MFS.
Il Mediterranean Forecasting System MFS (Tonani et al 2014, Dombrowsky et al. 2009) fornisce
sin dall’anno 2000 previsioni a breve termine per il Mar Mediterraneo.
Il codice numerico utilizzato nel modello idrodinamico è il Nucleous for European Modelling of the
Ocean (NEMO), mentre la componente di moto ondoso è calcolata attraverso l’utilizzo del codice
WaveWatch-III. Le soluzioni del modello sono corrette attraverso un algoritmo di assimilazione
D-6
nota dhi-la spezia
dati (basato sullo schema 3DVAR) di profili verticali osservati di temperatura e salinità, nonché da
osservazioni da satellite di anomalie di livello superficiale.
Figura 2-3
2.3
Dominio di calcolo ed esempio di distribuzione della temperatura superficiale - modello MFS
– Mediterranean Forecast System. Immagine disponibile in marine.copernicus.eu
Il modello idrodinamico del Mar Ligure – HD Mar Ligure
Il modello previsionale di circolazione nel Mar Ligure (“HD Mar Ligure”), implementato presso
ARPAL-CFMI ad opera di DHI, è realizzato mediante l’utilizzo del codice di calcolo MIKE 3 di DHI,
descritto in dettaglio nell’Allegato A al presente documento. Tale codice simula le variazioni di
livello e corrente in risposta alle differenti tipologie di forzanti considerate e può essere utilizzato
da solo o insieme ad altri moduli che, pur finalizzati alla simulazione di altri fenomeni (es. trasporto
di particolato) richiedono la risoluzione contestuale degli aspetti idrodinamici. Il codice consente
di tenere in considerazione tutti i fenomeni principali che hanno influenza sull’idrodinamica degli
ambienti oceanici e/o costieri: gradienti di densità (temperatura/salinità), effetto delle maree,
effetto del vento, scambio termico con l’atmosfera, forza di Coriolis, moto ondoso ed apporti
fluviali.
MIKE 3 si basa sulla soluzione numerica delle equazioni di Navier-Stokes mediate sotto le ipotesi
di Boussinesq ed in condizioni di pressione idrostatica. Il modello risolve le equazioni di continuità,
quantità di moto, temperatura, salinità e densità. La densità non dipende dalla pressione ma dai
soli gradienti di temperatura e salinità.
Relativamente alle tecniche di risoluzione numerica, MIKE 3 utilizza un metodo ai volumi finiti per
la discretizzazione delle equazioni di flusso e trasporto con valori centrati sul singolo elemento. Il
D-7
dominio spaziale è discretizzato tramite la suddivisione del continuo in elementi/celle non
sovrapposte. Nelle dimensioni orizzontali è utilizzata una maglia non strutturata costituita da
triangoli, mentre per la dimensione verticale si può utilizzare sia l’approccio di discretizzazione
della colonna d’acqua secondo i cosiddetti layers sigma (layers di spessore variabile in funzione
della profondità locale) o l’approccio combinato sigma-zeta (si prevede l’utilizzo di layers
orizzontali di spessore non dipendente dalla profondità locale).
Il codice di calcolo MIKE 3 risulta pertanto adeguato per il downscaling di modelli oceanografici
ad ampia scala (quale è il modello MFS – Mediterranean Forecast Model) fino alla scala costiera.
Mesh di calcolo e batimetria
Il modello è implementato su un dominio di calcolo sufficientemente esteso da comprendere le
principali dinamiche del Mar Ligure. In particolare, il dominio di calcolo comprende tutto l’arco
costiero composto da: parte della Toscana, l’intera Liguria e parte della costa francese
(indicativamente da Livorno a Nizza). Il modello risulta caratterizzato da quattro contorni aperti
che partendo da Ovest verso Est congiungono la Costa Azzurra con la Corsica, quest’ultima con
l’Isola di Capraia nell’Arcipelago Toscano e Capraia alla costa toscana.
Per quanto riguarda la caratterizzazione batimetrica dell’area di studio, si è fatto riferimento al
database CM-93 di C-MAP, un database globale di cartografia nautica digitale realizzato e
costantemente aggiornato dalla Società norvegese C-MAP.
La mesh di calcolo è caratterizzata da una risoluzione, intesa come lunghezza media dei lati dei
triangoli, variabile: minima al largo (circa 4 Km) e massima sotto costa (circa 500 m). In Figura
2-4 e Figura 2-5 sono riportate rispettivamente la batimetria e la mesh di calcolo insieme con la
localizzazione dei quattro contorni aperti del modello.
Figura 2-4
D-8
Batimetria di calcolo del modello HD - Mar Ligure
nota dhi-la spezia
Figura 2-5
Mesh di calcolo con indicazione dei contorni aperti del dominio– Modello HD Mar Ligure
La dimensione verticale è discretizzata nel modello mediante 10 livelli a spessore variabile
(sigma-layers) e 30 livelli a spessore costante (z-layers) per un totale di 40 livelli. Lo spessore
minimo dei layers superficiali è dell’ordine del metro.
Nelle due figure seguenti è illustrata la discretizzazione del modello nella dimensione verticale per
una generica sezione. In particolare, in Figura 2-6 sono rappresentati i 40 layers sigma-zeta
mentre, in Figura 2-7 è riportato un dettaglio dei 10 layers sigma che arrivano fino alla profondità
di -40 m.
Figura 2-6
Esempio di discretizzazione verticale – Modello HD Mar Ligure
D-9
Figura 2-7
Esempio di discretizzazione verticale – Modello HD Mar Ligure
Condizioni al contorno
In corrispondenza dei quattro contorni aperti del dominio di calcolo è stato necessario definire
specifiche condizioni al contorno. Queste sono determinate a partire dal modello MFS (descritto
in precedenza) e specificate, in termini idrodinamici (livelli superficiali, velocità di corrente) ed in
termini di temperatura e salinità.
Per quanto riguarda le condizioni al contorno idrodinamiche, sono state impostate secondo una
Flather Boundary, ovvero una condizione diffusamente utilizzata in ambito oceanografico, in
particolare per applicazioni di downscaling [5, 12], molto efficace per limitare le instabilità in
presenza di flussi stratificati.
Forzante meteo
Come illustrato nella sezione 2.1, la catena modellistica del Mar Ligure è basata sulla forzante
atmosferica del modello MOLOCH.
Condizioni iniziali
In modalità operativa il modello viene inizializzato sulla base dei risultati idrodinamici (livelli e
velocità di corrente), di temperatura e salinità, ottenuti dal run precedente. Questo tipo di
operazione consente di limitare al massimo il periodo di spin-up iniziale del modello, ovvero il
periodo richiesto dal modello stesso per correggere le inconsistenze tra la condizione iniziale
(spesso ricavata da modelli diversi, a risoluzioni spazio temporali non omogenee), le condizioni
al contorno e le forzanti. Durante il periodo di spin-up i risultati del modello non sono attendibili e
vanno scartati, pertanto la minimizzazione di tale finestra è fondamentale per l’ottimizzazione di
una catena operativa previsionale.
Portate fluviali
Come illustrato nella sezione 2.1, la catena modellistica del Mar Ligure è basata sulla forzante
idrologica del modello DRiFt. Pur non essendo presenti grossi bacini scolanti, soprattutto in
concomitanza di eventi di precipitazione intensa, il contributo dell’apporto di acqua dolce
determina una significativa variazione locale di salinità, non trascurabile, in corrispondenza delle
foci fluviali.
D-10
nota dhi-la spezia
I corsi d’acqua inclusi nel modello sono i seguenti:
 Magra
 Entella
 Centa
 Nervia
 Roia
La seguente Figura 2-8 evidenzia la localizzazione dei quattro input idrologici al modello HD Mar
Ligure.
Figura 2-8
Localizzazione dei tratti di costa che ospitano le foci dei cinque corsi d’acqua sopra indicati,
per i quali vengono introdotti gli input idrologici al modello HD Mar Ligure
Risultati
Le simulazioni effettuate, mediante l’utilizzo di MIKE 3, consentono di ottenere gli andamenti delle
principali grandezze idrodinamiche (livelli e velocità di corrente), unitamente alle distribuzioni di
temperatura e salinità in ciascun punto del dominio di calcolo e a qualsiasi profondità.
Un esempio di risultati del modello HD Mar Ligure è presentato in Figura 2-9 in termini di velocità
di corrente superficiale. Dalle immagini si può osservare il classico andamento della Corrente
Ligure-Provenzale, caratterizzata da velocità di corrente massime anche superiori a 0.5 m/s nella
zona al largo della Riviera Ligure di Ponente.
D-11
Figura 2-9
3
Esempio di risultati del modello HD - Mar Ligure in termini di distribuzione velocità e direzione
di corrente superficiale
Il modello di circolazione – downscaling sulla rada di La
Spezia
Il modello di circolazione alla scala del Mar Ligure descritto diffusamente nella sezione 2 è stato
quindi utilizzato come base per la predisposizione di un secondo modello, caratterizzato da una
risoluzione spaziale più spinta ed in grado di risolvere le complesse dinamiche interne alla rada
della Spezia.
3.1
Mesh di calcolo e batimetria
Al fine di predisporre un modello tridimensionale adeguato a simulare la circolazione interna alla
rada della Spezia è necessario prevedere una risoluzione spaziale più fine rispetto a quella del
modello “Mar Ligure” descritto in precedenza. In particolare, la risoluzione dei 500 metri circa,
massimo livello di dettaglio del modello “Mar Ligure” non si presenta adeguata a rappresentare
correttamente né i flussi attraverso le due imboccature della rada della Spezia (Ponente e
Levante, rispettivamente caratterizzate da larghezze pari a circa 400 metri e 200 metri) né il
complesso andamento della linea di costa interna alla rada, con presenza di infrastrutture portuali,
cantieri e strette insenature.
La risoluzione adottata per il modello di dettaglio è variabile dai circa 500 metri al di fuori della
rada fino a circa 50 metri in tutta l’area interna alla rada, alle imboccature ed al tratto di mare che
divide l’isola Palmaria dalla terraferma. In Figura 3-1 e Figura 3-2 sono riportate rispettivamente
la mesh di calcolo del modello locale (con indicazione della profondità del fondale) ed un dettaglio
della stessa in corrispondenza della rada.
D-12
nota dhi-la spezia
3.2
Figura 3-1
Mesh di calcolo del modello locale con indicazione delle profondità del fondale
Figura 3-2
Mesh di calcolo del modello locale con indicazione delle profondità del fondale – dettaglio in
corrispondenza della rada della Spezia
Apporti locali
Due sono gli apporti locali di portata liquida considerati nel modello locale:

apporto del fiume Magra;

apporto dello scarico della centrale termoelettrica ENEL “Eugenio Montale”.
In Figura 3-3 è riportato l’andamento delle portate liquide del fiume Magra ricostruito intersecando
le uscite del modello DRiFt nel periodo 31/01/2015 – 10/03/2015 (dati basati in larga misura sulla
pioggia osservata ai pluviometri del bacino).
D-13
Figura 3-3
Portata liquida del fiume Magra nel periodo 31/01/2015 – 10/03/2015 ricostruita attraverso il
modello DRiFt
Per l’apporto dello scarico della centrale ENEL “Eugenio Montale”, in assenza di dati relativi al
periodo simulato, si è fatto riferimento alla “Dichiarazione Ambientale – Anno 2014” sull’Impianto
termoelettrico di La Spezia redatta da ENEL.
In tale documento sono riportati sia i volumi totali delle acque di raffreddamento restituite a mare
negli anni compresi tra il 2010 ed il 2013, sia le temperature medie mensili misurate allo scarico
negli anni compresi tra il 2009 ed il 2013.
L’analisi di tali dati ha permesso di stimare in circa 15 m 3/s la portata media allo scarico ed in circa
5°C l’eccesso di temperatura allo scarico rispetto alle condizioni presenti in corrispondenza
dell’opera di presa.
3.3
Risultati del modello di circolazione
Nelle immagini a seguire si riportano alcuni risultati del modello di circolazione in termini di
distribuzione delle velocità e direzioni della corrente sull’intero dominio di calcolo (Figura 3-4) e
internamente alla rada (Figura 3-5 e Figura 3-6). Le immagini fanno riferimento allo strato
superficiale.
D-14
nota dhi-la spezia
Figura 3-4
Esempio di distribuzione delle velocità e direzioni della corrente nel dominio di calcolo (strato
superficiale)
Figura 3-5
Esempio di distribuzione delle velocità e direzioni della corrente nel dominio di calcolo (strato
superficiale) – dettaglio interno alla rada - 1
D-15
Figura 3-6
4
Esempio di distribuzione delle velocità e direzioni della corrente nel dominio di calcolo (strato
superficiale) – dettaglio interno alla rada - 2
Il modello di dispersione dei sedimenti
Per la rappresentazione della dispersione del sedimento dovuta alle operazioni di dragaggio è
stato utilizzato il modulo MIKE 3 MT (Mud Transport), dinamicamente accoppiato al modulo
idrodinamico MIKE 3 HD descritto in precedenza
La dispersione del sedimento è stata simulata tenendo conto delle seguenti assunzioni:
D-16

sulla base del “quaderno delle operazioni”, messo a disposizione dall’Autorità Portuale, è
stato possibile ricostruire con buona approssimazione sia l’effettiva durata delle
operazioni di scavo con riferimento alle tre draghe “Annamaria”, “Angelo B.” e “Fabio
Duò”, sia i volumi di escavo;

basandosi su indicazioni diffusamente reperibili in letteratura, è stato stimato
(cautelativamente) che il 5% del volume di sedimento dragato venga “perso” e rilasciato
nella colonna d’acqua;

cautelativamente, non è stata considerata la presenza di panne antitorbidità;

il rilascio nella colonna d’acqua è stato ipotizzato uniformemente distribuito sull’intera
colonna e localizzato nel settore di scavo in cui la draga risultava operare nella specifica
fase delle operazioni (informazione anch’essa fornita da Autorità Portuale)

nel modello è stata simulata la dispersione di tre componenti caratterizzate da una
differente granulometria e conseguente velocità di sedimentazione. Le frazioni modellate
sono state ricavate dalla caratterizzazione dei sedimenti prodotta da ISPRA. La seconda
frazione pelitica (la più fine, caratterizzata da un diametro medio di appena 8 micron), è
stata introdotta cautelativamente per garantire una maggiore propensione alla
dispersione del sedimento su lunghe distanze. In Tabella 1 sono riportate le frazioni
granulometriche considerate nello studio, la composizione % ed il diametro di riferimento
per ciascuna frazione.
nota dhi-la spezia
Tabella 1
4.1
Frazioni granulometriche considerate, composizione % e diametro medio di riferimento per
ciascuna frazione
Risultati del modello di dispersione dei sedimenti
I risultati del modello sono forniti sotto forma di mappe tempovarianti relative alla distribuzione
spaziale della concentrazione di sedimento sospeso e della massa sedimentata. In
corrispondenza della sonda fissa ubicata proprio presso l’impianto di mitilicoltura lato Ponente
sono inoltre fornite le serie temporali di concentrazione di sedimento sospeso a differenti
profondità.
In Figura 4-1 è riportata la serie temporale di concentrazione modellata di sedimento sospeso
(SSC) a diverse profondità in corrispondenza della sonda fissa ubicata presso l’impianto di
mitilicoltura lato Ponente. Come si può osservare dal grafico, in alcune condizioni in cui la corrente
è diretta dall’interno della rada verso la diga foranea, si può riscontrare una modesta
concentrazione di sedimento sospeso in corrispondenza della sonda. I valori di concentrazione,
tuttavia, risultano sempre ben al di sotto della soglia di 2 mg/l, considerata comunemente come
soglia di tracciabilità della torbidità in mare.
Figura 4-1
Serie temporale di concentrazione modellata di sedimento sospeso (SSC) a diverse profondità
in corrispondenza della sonda fissa ubicata presso l’impianto di mitilicoltura lato Ponente
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In Figura 4-2 è riportata la distribuzione della massa di sedimento accumulata a seguito delle
operazioni di dragaggio in tutto il periodo considerato (31 gennaio – 10 marzo), dalla quale si
evince che gli accumuli di sedimento dragato dai fondali antistanti il molo Ravano si concentrano
prevalentemente nei pressi della zona delle operazioni. Spostandosi verso il centro della rada, la
massa accumulata complessivamente nel periodo preso in esame si riduce a pochi grammi/m2.
Figura 4-2
5
Distribuzione della massa di sedimento accumulata a seguito delle operazioni di dragaggio in
tutto il periodo considerato (31 gennaio – 10 marzo). Per una più chiara lettura del risultato, la
scala dei colori non è lineare
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