Relazione di riscontro “note di Grondacci” su “dragaggio del Golfo: il quadro delle violazioni tecnico – amministrative” Il Dott. Marco Grondacci ha pubblicato sul blog di cui è titolare il contenuto di una conferenza stampa, all’interno del quale ha avanzato una serie di osservazioni e contestazioni circa l’operato dell’Autorità Portuale della Spezia, con particolare riferimento alle procedure preliminari ed esecutive delle operazioni di bonifica e successivo escavo del molo Garibaldi. L’Autorità Portuale ha verificato le osservazioni sopra descritte nell’ottica della valutazione di ogni contributo esterno, utile per migliorare l’efficacia dell’azione amministrativa, anche, e soprattutto, nel caso in cui la segnalazione provenisse da cittadini o da soggetti anche privi di specifiche qualifiche professionali ma sensibili alle tematiche ambientali. Questo lavoro non si è rivelato inutile, in quanto una analitica e puntuale verifica di dati, atti amministrativi, fonti normative, provvedimenti ministeriali, ha confermato la correttezza dell’azione amministrativa dell’Ente ed il rispetto, sostanziale e non meramente formale, delle complesse e articolate norme che regolano il contesto in cui le Autorità Portuali svolgono la missione loro affidata. Il Dott. Marco Grondacci, probabilmente in buona fede ed ispirato da nobili intenti, a seguito ed a causa di una imprecisa ricapitolazione della storia delle bonifiche (sia a terra che a mare) e dei dragaggi, confondendo tra l’altro le une con gli altri, ha tratto conclusioni gravi sulla posizione degli Enti preposti all’esecuzione delle opere e ai controlli quali AP, ISPRA, ARPAL, ISS, ASL 5° Spezzino e IZS. In particolare, e per quanto interessa l’Ente scrivente, ha contestato la violazione delle prescrizioni del capitolato speciale di appalto per il dragaggio dei fondali del Molo Garibaldi indicando, a sostegno delle proprie dichiarazioni, “video girati direttamente sul campo di dragaggio”. Fatta questa doverosa introduzione circa il metodo e l’approccio dell’Ente, è utile rispondere puntualmente alle strumentalizzazioni. singole contestazioni per evitare l’insorgere di dubbi e ulteriori Per quanto riguarda il “quadro generale del sito di Pitelli” è doveroso precisare che l’obbligo di bonifica incombe al soggetto inquinatoree, in subordine, al proprietario. Il Progetto preliminare di bonifica dell’ICRAM è dunque rivolto ai suddetti soggetti. L’Autorità Portuale della Spezia non riveste alcuna delle predette identità, essendo semplice gestore dell’area per conto dello Stato e mai ha ricevuto incarico né finanziamenti per effettuare tali attività. Non si può quindi fare riferimento all’Ente che, al contrario, nell’ambito della missione affidata dalla L. 28 gennaio 1994 n. 84 art. 8 lett. m) “assicura la navigabilità nell’ambito portuale e provvede al mantenimento ed approfondimento dei fondali”. 1 Tali attività di dragaggio erano già previste e descritte nel documento ICRAM punto 6.5 pagine 198 e 199. Nell’anno 2004, in Conferenza di Servizi, su proposta del Ministero dell’Ambiente, il Golfo della Spezia venne suddiviso e perimetrato in tre settori: settentrionale (dal molo Enel al molo Mirabello incluso); centro-occidentale e orientale. Nel doveroso espletamento delle attività di dragaggio ricordate in precedenza l’Autorità Portuale, nel 2005, vista le necessità del porto e al fine di ottimizzare le risorse disponibili, ha proposto al Ministero dell’Ambiente di provvedere alla bonifica con successivo escavo dell’area settentrionale, (ad eccezione delle aree indicate dalla società ITN, relative al porto Mirabello). Dall’impegno di Autorità Portuale sono nati i cinque decreti di bonifica del Ministero dell’Ambiente, di concerto con il Ministero delle Attività Produttive e del Ministero della Salute, articolati con le prescrizioni espresse in Conferenza di Servizi del 30 dicembre 2002 e confermate nel 2005. L’Autorità Portuale ha quindi provveduto al dragaggio previa bonifica delle aree interessate, con fondi propri e del ministero delle infrastrutture ex L. 166/2002 . Passando all’esame delle singole contestazioni si osserva quanto segue. LA VICENDA DEL DRAGAGGIO DEL PORTO DI SPEZIA (Grondacci) Che ci sia un legame tra il dragaggio in atto da tempo nel golfo di Spezia e la dispersione di fango in mare è ormai un dato accertato. Quello che continua a non essere chiaro è fino a che punto il dragaggio ha contribuito ad aumentare la fangosità del nostro golfo e quali danni ambientali ha fatto alle attività di mitilicoltura e itticoltura presenti. Per non parlare della balneazione. Su queste le notizie continuano ad essere contraddittorie e i report ufficiali delle autorità preposte non chiariscono minimamente lo stato effettivo della situazione. Infatti la stessa Arpal che non ha esplicitamente accusato il dragaggio ha nella sua relazione dello scorso febbraio affermato nella parte finale in modo totalmente contraddittorio: “si ritiene opportuno rivedere le modalità di bonifica dragaggio in quanto quelle utilizzate non forniscono sufficienti garanzie ambientali stante la compresenza di siti sensibili nell’area portuale”. (…) L’incipit è sorprendente nella sua apoditticità. Nessuno ha mai accertato una correlazione tra i lavori di dragaggio e la dispersione di fango nel Golfo della Spezia o nella sua rada interna. Il fango, più correttamente il materiale, visto che si tratta anche di sabbie e sedimenti di varia granulometria, è asportato dal fondo del mare seguendo le modalità indicate nel quaderno ICRAM approvato dal Ministero dell’Ambiente, che esclude la possibilità di dispersione, che può verificarsi soltanto a seguito di incidenti. Peraltro nell’unico caso riscontrato in 9 anni di attività, in cui durante le operazioni di dragaggio si è verificata la rottura delle panne, l’attività è stata immediatamente sospesa e sono state adottate le necessarie contromisure. Si precisa inoltre che la balneazione nei porti italiani è vietata per motivi di sicurezza della navigazione e non ragioni inerenti la qualità delle acque.. Diversamente dalla ricostruzione storica effettuata dal Dott. Marco Grondacci, la moria dei mitili è stata lamentata altre volte nel passato, ma sempre in relazione a condizioni climatiche, aumento 2 della temperatura dell’acqua di mare, variazione dell’indice di salinità e, in un solo caso, l'ultimo, per motivi al momento ignoti, durante i lavori di dragaggio che si protraggono dal 1998. In quest’ultimo caso, comunque, le tracce di materiali rinvenute nei soggetti colpiti non hanno caratteristiche compatibili con quelle presenti nelle aree oggetto di dragaggio, escludendo quindi qualsiasi nesso causale. I fanghi prelevati dalle “reste” sono risultati infatti granulometricamente e chimicamente differenti dai fanghi provenienti dai fondali del molo Garibaldi. In merito alla dichiarazione di ARPAL contenuta nel report n. 4552 del 20.2.2015 citata dal Dott. Grondacci del seguente letterale tenore, “si ritiene opportuno rivedere le modalità di bonifica – dragaggio”, occorre sottolineare che, in data 24.02.2015, a seguito della stessa dichiarazione è stata convocata d’urgenza una riunione presso la Capitaneria di Porto, con la presenza di tutte le Autorità ed Enti competenti in materia, al fine di “valutare l’opportunità/necessità di sospendere le operazioni di bonifica/dragaggio, in relazione alle problematiche ambientali”. In esito alla riunione è stato accertato come non sussistesse correlazione alcuna tra l’aumento di torbidità rilevato dalla sonda posizionata presso gli impianti di mitilicoltura e l’attività di dragaggio ed è stato, dunque, concordemente deciso di continuare le operazioni con le modalità operative già in atto. L’aumento della presenza di fango in diga non può essere imputato all’attività di bonifica/escavo. I valori di torbidità di 500/1000 NTU rilevati in due occasioni dalla sonda posta presso gli impianti di mitilicoltura, alla distanza di 2 miglia nautiche dalla zona di dragaggio, non possono, infatti, essere generati da una torbidità misurata all'interno delle panne, durante le operazioni, pari a 70/100 NTU. LA QUESTIONE DEL MOLO GARIBALDI (riscontro “Parte II” nota Grondacci) “(…) Non solo ma nelle zone di levante del molo Garibaldi quella interessata proprio dall’ultimo ampliamento dello stesso è presente un’area di incertezza (pag, 106 – 107 documento Icram)….. Anche queste affermazioni suscitano perplessità, soprattutto in considerazione della citazione di documenti che riportano dati diversi e contrari. Per quanto riguarda gli interventi sul molo Garibaldi, infatti, la testata del molo nell’anno 2006 è stata bonificata PRIMA del riempimento della banchina, con l’asportazione e lo smaltimento a discarica di circa 19.000 mc. di materiale dragato. Alla luce della normativa sopravvenuta e tuttora vigente, tale materiale avrebbe anche potuto rimanere all’interno della vasca di colmata realizzata successivamente con il sistema del palancolato stagno e impermeabilizzato. L’ulteriore parte di materiale, prevista nel decreto di bonifica, e l’ulteriore materiale di dragaggio sono stati trasferiti nella vasca di colmata di Piombino in quanto rientrante nelle previsioni del citato decreto di bonifica interministeriale. Il conferimento del materiale nella stessa vasca di colmata è stato autorizzato dalla Provincia di Livorno dopo le analisi di validazione effettuate dall’ARPAL. Comunque tutti i riempimenti portuali vengono effettuati sulla base di analisi del fondale e dei materiali, a seguito delle quali vengono adottate le misure appropriate. Le modalità esecutive dei progetti di bonifica approvati, sono infatti oggetto di controllo e monitoraggio da parte di ISPRA (già ICRAM), ARPAL, ISS, IZS, ASL5, Capitaneria di Porto, sin 3 dalla loro prima fase attuativa. Coerentemente con quanto prescritto dal Progetto, ogni fase attuativa della bonifica/escavo è stata preceduta da una nuova campagna di indagine, volta a verificare la corrispondenza delle caratterizzazioni contenute nel progetto ICRAM con quanto rilevabile immediatamente prima delle operazioni di escavo. Ciò peraltro ha consentito di classificare nuovamente il materiale asportato al fine di determinarne con esattezza il sito di destinazione finale. Tutte le caratterizzazioni aggiuntive sono state condotte da Arpal o da laboratori intercalibrati e certificati dalla stessa Agenzia. Non sussistono, pertanto, elementi di incertezza di alcun genere, men che meno sui livelli di inquinamento nelle aree sottoposte ad interventi di bonifica o di dragaggio; al termine di ogni appalto si è proceduto alle necessarie verifiche di fondo scavo, sempre direttamente realizzate da ARPAL, e queste hanno evidenziato il raggiungimento di strati di fondale privi di inquinamento eccedente i limiti della tabella A del D.Lgs n.152/2006 e s.m. e, dunque, il buon esito dei lavori di bonifica degli specchi acquei interessati e la successiva validazione con decreti di avvenuta bonifica da parte della Provincia della Spezia. LA QUESTIONE DEL PIANO DI MONITORAGGIO Mi riferisco al Piano di Monitoraggio per le attività di bonifica dei fondali esterni al Palancolato del Molo Garibaldi in attuazione del Progetto preliminare dell’Icram sopra citato. Prevede in generale specifiche e puntuali modalità di controllo della attività di dragaggio al fine di prevenire: 1. l’aumento della torbidità con risospensione dei sedimenti 2. la mobilizzazione dei contaminanti associati alle particelle in sospensione 3. alterazioni negli impianti di mitilicoltura e di ittiocoltura 4. alterazioni delle biocenosi sensibili (comunità delle specie marine come le praterie di posidonia) Ciò dovrà essere svolto con apposite sonde (tre: fisse e mobili) e con prelievi di campioni di acqua. Il tutto con una tempistica dei momenti di prelievo molto stringente e cadenzata. Ad oggi non abbiamo ancora avuto la pubblicazione di un report che puntualmente chiarisse il rispetto di quanto sopra ma dichiarazioni e verbali di controllo confusi e contraddittori se non addirittura reticenti da parte di Autorità Portuale, Arpal e Capitaneria. Basti pensare che Arpal a febbraio di questo anno, dopo i primi episodi di diffusione della torbità nel golfo dichiara che le modalità di dragaggio vanno riviste, mentre oggi si afferma che tuttosommato non dovrebbe essere il dragaggio ad avere creato il problema (sic!). Quanto asserito dal Dott. Grondacci è lesivo dell'immagine dell'AP, ma anche di quella di ARPAL, Capitaneria di Porto, ISPRA, ASL5, Istituto Superiore di Sanità, IZS. AP ha stipulato con ARPAL, ISPRA e tutti gli altri organi di controllo, fin dalle primissime fasi attuative dei decreti del 2005 del Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero della Sanità ed il Ministero dello Sviluppo Economico, con cui sono stati approvati i progetti di bonifica, i protocolli operativi dettagliati rispettosi del piano di monitoraggio ambientale allegati ai citati progetti di bonifica. Dal 2006 sono in corso, in virtù di detti protocolli, controlli accurati sulla qualità delle acque del golfo, dei prodotti della mitilicoltura e dell'itticoltura, delle formazioni coralligene della Palmaria e del Tino, della posidonia del canale di Portovenere. Questi controlli hanno consentito di fotografare la situazione prima dell'avvio delle bonifiche dei fondali e di registrarne le eventuali modifiche durante i lavori. Dai risultati raccolti in ormai nove anni di attività si evince che la qualità delle acque interne al golfo è migliorata. 4 I risultati del monitoraggio che confermano dette conclusioni sono raccolti regolarmente in report pubblicati periodicamente sul sito dell'ARPAL e dell'Università degli Studi di Genova, con link presenti anche sul sito AP. (Grondacci)“per la realizzazione del campo di bonifica e del successivo escavo a quota -11,00 è previsto l’impiego di panne galleggianti speciali, costituite da teli in poliestere ad alta resistenza resinati e vincolati tramite cavi di acciaio INOX austenitico a corpi morti adeguatamente posati sul fondale marino. Le panne dovranno corrispondere a caratteristiche tecniche e prestazionali tali da garantirne la resistenza e la durabilità durante le operazioni di escavo dei fondali, nonché l’impermeabilità ad eventuali particelle solide in risospensione.[3] (….) [3] VID-20150412-WA0001.mp4 una imbarcazione mantiene il campo di conterminazione aperto, prova evidente che il sistema non solo è mobile, ma se non fosse tenuto in loco dalla forza motrice delle imbarcazioni si muoverebbe e vagherebbe. L’uso costante di apparati di propulsione, potrebbe creare ulteriori turbolenze che hanno lacerato i tessuti che, da Capitolato, devono partire dalla superficie e arrivare al fondo senza soluzione di continuità VID-20150412-WA0002.mp4 idem come sopra” I capitolati speciali di ogni singolo dragaggio operato dall’Autorità Portuale hanno raccolto obbligatoriamente e pedissequamente le prescrizioni dei decreti di bonifica del Ministero dell’Ambiente. Il contratto stipulato a seguito di aggiudicazione di appalto fa espresso riferimento agli impegni operativi indicati nei capitolati. Di conseguenza, per ogni bonifica con successivo escavo, la società aggiudicataria si è assunta gli impegni di metodologia e organizzazione del lavoro previsti dai capitolati. Le gare di appalto per la bonifica e l’escavo si sono svolte con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa e, per quanto riguarda i criteri di attribuzione dei punteggi, è stato dato risalto alle soluzioni tecnico-metodologiche finalizzate ad attenuare l’impatto ambientale, focalizzate sull’efficienza del sistema di panne e la loro efficacia. Le obiezioni sollevate dal Dott. Grondacci, sono state verificate nella loro inconsistenza. Dai controlli effettuati dalla Direzione Lavori, ARPAL e CP, il campo panne durante le lavorazioni è sempre stato integro e chiuso. Nell’unica occasione in cui ARPAL ha comunicato di aver riscontrato una rottura delle panne, (fatto avvenuto lo scorso maggio), i lavori sono stati immediatamente sospesi e sono stati ripresi unicamente a seguito del parere congiunto degli Enti competenti (Allegati: ordine di servizio di sospensione lavori e nulla osta alla ripresa dei lavori di ARPAL) Ciò premesso, in merito al video postato e all’interpretazione di quanto ripreso, si osserva che l'imbarcazione è utilizzata unicamente al fine di mantenere in posizione il campo panne che è rigorosamente chiuso ed è ancorato sul fondo con pesanti catene. L’insinuata influenza degli apparati di propulsione dell’unità navale sulle panne è ipso facto impossibile, in quanto questa opera trainando le panne stesse, mantenendo la turbolenza creata dal motore nel punto più distante e quindi non suscettibile di arrecare danni. 5 La seconda e aterza asserite violazioni alle norme di capitolato sarebbero le seguenti, anch’esse “comprovate” da un video amatoriale. “2. separazione dell’area di scavo da quella di carico trasferimento del materiale dragato 3. necessità di interrompere i lavori non solo quando si verificano rotture di panne ma anche quando vengano spostate [4]…..(…) [4] VID-20150409-WA0001.mp4 E’ possibile notare come le panne e presumibilmente le gonne ad esse adese siano state riposizionate al termine del turno di dragaggio. Ciò fa presupporre che, diversamente da quanto esplicitamente segnato nel Capitolato di Appalto delle operazioni di escavazione fondali al Molo Garibaldi, il sistema di conterminazione non è fissato al fondale, ma presenta una certa “mobilità” È facile osservare come al termine del turno di dragaggio, ovvero delle operazioni di riempimento quotidiane della draga, le panne vengano effettivamente rimosse per consentire il più agevole traffico marittimo e riposizionate il giorno successivo con l’ausilio di sommozzatori. Ciò peraltro non contrasta con le prescrizioni di capitolato né è mai stato un mistero. Anzi, uno dei criteri di valutazione espressi dal bando di gara riguarda proprio la capacità che avrebbe dovuto esprimere il concorrente di minimizzare le interferenze delle operazioni di bonifica ed escavo con il traffico marittimo. Anche la Capitaneria di Porto si è espressa nel senso di autorizzare i lavori solo, in assenza di traffico marittimo. Circa l’ultima osservazione, si ribadisce che il sistema è effettivamente fissato al fondale, ma all’occorrenza può essere disancorato per consentire l’ingresso e l’uscita della draga e per esigenze del traffico marittimo. 5. massimizzazione del contenuto di sostanza solida nel materiale dragato e conseguente minimizzazione dei volumi d’acqua che richiedono trattamento e gestione 6. collocazione sul mezzo dragante di una vasca contenente acqua, con un adeguato franco di sicurezza per immergervi la benna dopo lo sversamento nel pozzo di carico e prima della successiva immersione. Tale acqua dovrà essere preleva in sicurezza e campionata.[6] [7] 7. speciale cautela nel manovrare la benna sul pontone per il prelievo dei sedimenti di dragaggio dalla betta al fine di evitare perdite di materiale e rilascio di contaminanti alla colonna d’acqua [8] 8. il trasferimento del materiale dragato dalla draga alla nave da trasporto deve avvenire con sistema di aspirazione proteggendo l’area di manovra con ulteriori panne galleggianti che dovranno essere aperte solo dopo la fine della attività di carico e comunque la betta potrà uscire solo dopo che sia stata verificata la assenza di torbidità dell’acqua “ [6] https://youtu.be/V2NoavTW8DI a questo indirizzo internet è possibile osservare il dragaggio eseguito con un “ragno” o “polpo” invece che con una benna a chiusura idraulica, con una copiosa dispersione di acqua lurida, senza risciacquare l’attrezzo dragante prima della reimmersione come 6 previsto dalle prescrizioni. Inoltre è ben visibile il mezzo nautico che tiene in posizione la barriera con l’ausilio del motore. La benna definita “POLIPO” è stata utilizzata unicamente per la rimozione dei massi della scogliera ex IP in testata al Molo Garibaldi e non si è verificata alcuna "dispersione di acqua lurida", in quanto l'acqua stessa proveniva e ricadeva all'interno del campo chiuso dalle panne. L’utilizzo di benna bivalve in queste circostanze è tecnicamente impossibile vista la conformazione dei massi rimossi. La benna bivalve è invece sempre stata utilizzata durante le operazioni di dragaggio, (come previsto nel quaderno 1 di ICRAM 2000), al fine di diminuire il carico di acqua nella draga e conseguentemente di realizzare un dragaggio ambientale accettabile. Infatti, la benna rispetto agli altri sistemi di escavo, (es: i sistemi aspirati producono una movimentazione di acqua superiore al 70% del materiale di escavo), permette di limitare le perdite di sedimento durante le fasi di lavoro, di limitare la torbidità indotta e inoltre permette una maggior precisione e una maggior selettività di dragaggio, riducendo quindi al minimo i volumi da prelevare. [7] VID-20150413-WA0001.mp4 E’ evidente il mancato uso, come previsto dalle prescrizioni nonché dal Capitolato di Appalto, di un pozzo di risciacquo per lavare la benna ad ogni ciclo di prelievo del sedime al fine di non contaminare il mare VID-20150413-WA0001.mp4 idem come sopra Arpal, con comunicazione in data 13.05.2015 prot 12354, ha ritenuto che la prescrizione relativa alla vasca di risciacquo fosse superflua in quanto “i movimenti della benna avvengono esclusivamente dalla draga al campo di dragaggio conterminato dalle panne”. Pertanto, l’eventuale materiale aderente la benna non risciacquata nel pozzo viene a contatto con l’acqua unicamente all’interno del campo di lavoro conterminato, senza possibilità di dispersione. Le operazioni di trasbordo del materiale di escavo fra due motobette è avvenuto con l’impiego di telo impermeabile risvoltato sulle coperte delle due unità affiancate e, per maggiore cautela, Arpal ha disposto l’utilizzo di panne di conterminazione fra le due unità. [8] VID-20150409-WA0002.mp4 Durante le operazioni di prelievo del sedime dal fondo, data l’esigua estensione del campo di con terminazione, lo sbraccio del mezzo dragante porta fuori dal campo la benna carica di fanghi e acqua lurida, con evidente dispersione di materiale in mare Le riprese del video allegato, se non osservate con attenzione, traggono in inganno a causa del teleobiettivo, del punto di riferimento adottato e del colore nero dei galleggianti delle panne che le rende meno visibili.. Il dragaggio si è sempre svolto all'interno delle panne appositamente posizionate. I lavori di dragaggio sono sempre stati effettuati con la supervisione degli organi di controllo, compresa la Capitaneria di porto per quanto riguarda la specifica competenza ambientale. (…) Fino ad ora non è stato prodotto alcun rapporto ufficiale che dimostri il rispetto di quanto sopra da parte degli organi preposti: Autorità portuale, Capitaneria, Arpal. Basti confrontare quanto previsto dal Piano di Monitoraggio con quanto fino ad ora dichiarato e pubblicato da Arpal: punto 2.2.2. tempistica e frequenza delle indagini eco tossicologiche punto 2.2.3. tipologia ed ubicazione delle aree per il controllo microbiologico sugli organismi 7 punto 2.2.4. tempistica e frequenza per il controllo microbiologico sugli organismi punto 2.2.5. tipologia ed ubicazione delle aree per il controllo qualitativo delle biocenosi sensibili (es. praterie di posidonia, quindi organismi stanziali anche nelle aree limitrofe del nostro golfo) punto 2.2.6. tempistica e frequenza per il controllo qualitativo delle biocenosi sensibili Le osservazioni sono state verificate e ne è emerso quanto segue. A seguito delle prime bonifiche realizzate e visti gli esiti delle analisi effettuate sulla base dei piani di monitoraggio, ICRAM/ISPRA con apposita relazione nel 2010 , evidenziando i risultati positivi, proponeva agli altri Enti di controllo (ARPAL, ISS, IZS e ASL 5) un ridimensionamento dei controlli previsti dall’originario piano di monitoraggio, predisponendo nuovo accordo operativo sottoscritto da tutti gli Enti preposti (ISPRA, ARPAL, ISS, IZS, ASL 5) – Tale nuovo piano è stato pedissequamente e rigidamente osservato per la bonifica ed successivo escavo del Molo Garibaldi e recentemente,con verbale in data 5 maggio 2015, ne è stata ribadita la validità e l’efficacia in relazione ai controlli necessari per la vigilanza sulle operazioni di bonifica ed escavo. (…) PARTE V I REATI CHE SI CONFIGURANO Ciò che si vuole mettere in rilievo è come sia per la parte a terra che per la parte a mare: 1. la caratterizzazione non è stata completata soprattutto per le aree militari ma non solo Come è noto, l’AP non ha competenza sulle aree e sugli specchi acquei consegnati all’amministrazione della Difesa. Per quanto è dato sapere, le analisi della zona militare sono state effettuate dalla Marina Militare e consegnate al Ministero dell’Ambiente. Per il resto, il progetto di bonifica di ICRAM era stato effettuato sulla base del piano di caratterizzazione realizzato dalla stessa. La caratterizzazione è avvenuta con magliature e metodo approvati in Conferenza di Servizi e ha riguardato tutti i fondali del Golfo della Spezia. Peraltro, tale caratterizzazione è stata realizzata utilizzando la disciplina prevista per le aree a terra. In altre parole, non esistendo neppure all’epoca dell’attuazione del piano di bonifica alcuna normativa specifica avente ad oggetto la regolamentazione delle misure contenitive dell’inquinamento dei fondali marini, si applicò per analogia la disciplina delle aree a terra (decreto del Ministero dell’Ambiente n. 471/99 “Decreto Ronchi”). Considerato inoltre che la caratterizzazione è stata effettuata nell’anno 2004, prima dell’inizio di ogni singolo dragaggio, è stato necessario che ARPAL RIPETESSE e VALIDASSE, ai sensi del D.M. 11 novembre 2008 art. 7, le analisi già effettuate in precedenza. Quindi le analisi già svolte nel 2004 sono state RIPETUTE E VALIDATE prima di ogni attività di dragaggio. Le ultime, prima dell’inizio dei lavori al Molo Garibaldi, nell’anno 2014. 2. la bonifica ha riguardato solo parti del sito e neppure quelle più inquinate Come già sottolineato in premessa, si ribadisce come sia il Decreto Ronchi sopracitato che il Codice dell’Ambiente, individuino quale responsabile della bonifica delle aree inquinate il soggetto responsabile dell’inquinamento e, in subordine, il proprietario dell’area stessa. In entrambi i casi non si può fare riferimento all’Autorità Portuale la quale, come già osservato, ha provveduto a dare pedissequa esecuzione ai decreti ministeriali sopra citati. 8 3. non vengono rispettati i piani di bonifica stabiliti dagli atti approvati dalle conferenze dei servizi a cominciare dal Progetto Preliminare per la parte a mare redatto da ICRAM Anche questa affermazione è del tutto generica e comunque priva di ogni fondamento. Le priorità stabilite nel documento ICRAM si riferiscono all’attività di bonifica facente capo allo Stato; lo stesso documento distingue le attività di bonifica da quelle di dragaggio. Peraltro l’Autorità Portuale non ha mai ricevuto incarichi o finanziamenti per effettuare attività di bonifica genericamente intesa; al contrario ha ricevuto fondi per l’approfondimento dei fondali con i quali sono state eseguite le attività di bonifica e di dragaggio. Tutte le prescrizioni previste nei decreti di bonifica sono state rigorosamente riportate nei capitolati d’appalto, (pubblici e accessibili sul sito dell’Autorità portuale), che le imprese aggiudicatarie si sono impegnate a rispettare. A ciascun progetto è allegato un piano di monitoraggio approvato in Conferenza di Servizi che è stato rigorosamente rispettato sotto il costante controllo di ICRAM, ARPAL, ISS, ASL5 Spezzino, IZS. L’esecuzione dei lavori è stata inoltre seguita dalla Direzione Lavori dell’Ente, oltre che dalla Capitaneria di Porto per le proprie competenze ambientali. 4. non è ancora chiaro del tutto quanti e quali materiali e rifiuti pericolosi siano interrati sia nella parte a mare ma soprattutto nella parte a terra del sito di Pitelli 5. permane quindi un potenziale rischio sanitario e ambientale accelerato proprio dalla vicenda dei dragaggi Le affermazioni sopra riportate sono del tutto infondate. ARPAL e Autorità Portuale hanno infatti pubblicato sui rispettivi siti tutti i risultati degli esami effettuati durante il monitoraggio. Sulla base di questi risultati ICRAM, nell’anno 2010, ha ritenuto di poter attuare un piano di monitoraggio ridotto rispetto a quello originario, in considerazione della buona qualità delle acque del golfo riscontrata anche durante le operazioni di dragaggio. Premesso che l’Autorità Portuale ha sempre rispettato la legge, evidentemente il Dott. Grondacci si assume la responsabilità anche sul piano giudiziario di quanto affermato. Detto questo, in relazione alle singole fattispecie di reato dallo stesso ipotizzate si osserva: 1. svolgimento attività di bonifica non in conformità al progetto approvato dall'autorità competente (comma 1 articolo 257 DLgs 152/2006) La bonifica ed il successivo escavo sono stati eseguiti conformemente a quanto stabilito nei progetti approvati con decreti di bonifica del ministero dell’Ambiente già citati. Il dragaggio, (successivo alle attività di bonifica), è stato svolto con le stesse prescrizioni e modalità previste nei decreti di bonifica. 2. il permanere di un inquinamento diffuso contemporaneamente con ulteriori interventi nelle zone inquinate (dragaggi, passaggio di navi sempre più grandi, ulteriori attività previste nel golfo) comporta un costante rischio ambientale e sanitario che potrebbe realizzare, e probabilmente lo ha già realizzato, una fattispecie di disastro ambientale tenuto conto anche della nuova definizione della fattispecie astratta di questo reato approvata dal Parlamento. 9 La bonifica e l’approfondimento dei fondali sono stati e sono realizzati in ossequio dell’art. 8 lett. m della L. 28 gennaio 1994 n. 84, per garantire l’accesso delle navi, anche al fine di evitare il rischio di eventuale inquinamento indotto dal transito delle stesse nel golfo della Spezia. Infatti non siamo di fronte ad alcun disastro: la qualità delle acque è nel complesso buona e i periodici problemi che si presentano sono collegati più agli scarichi fognari che ad altro. Il ministero dell'Ambiente ha recentemente escluso il sito di Pitelli dai siti di interesse nazionale, non ricorrendone più le condizioni. 3. Ma soprattutto si configura ancor di più il delitto di omessa bonifica introdotto dalla recente legge sui delitti ambientali con l’inserimento dell’articolo 452-terdecies nel Codice Penale. Secondo questo nuovo articolo: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di una autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000.” Si tratta di una novità importante visto che l’articolo 257 del DLgs 152/2006 (testo unico ambientale) prevedeva solo contravvenzioni riferite a chi non effettua la bonifica dell’inquinamento da esso prodotto dopo che è stato approvato il progetto di bonifica. Le sanzioni erano al massimo dell’arresto fino a due anni e della ammenda fino a 52.000 euro, se si trattava di rifiuti o sostanze classificate come pericolose. Il testo della norma citata, che peraltro non può essere applicata retroattivamente, ricollega la responsabilità della bonifica all’autore dell’inquinamento o al proprietario dell’area. L’Autorità Portuale della Spezia non è né autore di inquinamento né proprietaria delle aree inquinate. [1] http://www.arpal.gov.it/index.php?option=com_flexicontent&view=items&cid=116&id=993&Itemid= 631 [2] Queste sostanze hanno effetti devastanti sul sistema ormonale di alcune specie, e anche gli esseri umani potrebbero correre dei rischi se consumassero pesci contaminati. Si tratta di composti capaci di alterare persino le caratteristiche sessuali degli organismi colpiti, con gravissime ripercussioni sulla riproduzione All’indirizzo citato può essere consultata ed esaminata la corretta mappatura degli inquinanti del golfo e consultare il lavoro di monitoraggio e caratterizzazione svolto da ARPAL e ICRAM. Le analisi effettuate da ARPAL sui fondali interessati dall’attività di bonifica, rilevano quasi sempre valori di inquinamento inferiori alla colonna b, tabella I all. II, del dlgs 152/2006; ovvero si tratta di fanghi definiti da ICRAM “non pericolosi” (si veda relazione di ICRAM allegata al piano di bonifica). Ulteriore conferma di tale evidenza sono le analisi di validazione effettuate da ARPAL, sulla base delle quali è stato consentito dalla Provincia di Livorno lo sversamento del materiale di escavo nella vasca di colmata di Piombino. Lo sversamento in vasca di colmata è rigidamente regolamentato e non sarebbe stato possibile sversare fanghi “pericolosi” o comunque superiori alla colonna b tabella I all. II del dlgs 152/2006. La Spezia, 10 luglio 2015 10 Autorità Portuale della Spezia Attività di dragaggio dei fondali antistanti il molo Garibaldi Studio modellistico numerico della dispersione dei sedimenti – nota preliminare Nota Luglio 2015 INDICE 1 Premessa .................................................................................................................... 3 2 Il sistema modellistico previsionale del Mar Ligure ................................................. 3 2.1 2.2 2.3 La catena modellistica meteo-idrologica in ARPAL – CFMI: i modelli MOLOCH e DRiFt ............ 4 Il modello di circolazione del Mar Mediterraneo - MFS ................................................................. 6 Il modello idrodinamico del Mar Ligure – HD Mar Ligure .............................................................. 7 3 Il modello di circolazione – downscaling sulla rada di La Spezia ......................... 12 3.1 3.2 3.3 Mesh di calcolo e batimetria ........................................................................................................ 12 Apporti locali ................................................................................................................................ 13 Risultati del modello di circolazione ............................................................................................. 14 4 Il modello di dispersione dei sedimenti .................................................................. 16 4.1 Risultati del modello di dispersione dei sedimenti ....................................................................... 17 5 Riferimenti ................................................................................................................. 18 D-2 nota dhi-la spezia 1 Premessa Nell’ambito delle attività di bonifica/dragaggio dell’area del porto della Spezia posta nelle immediate adiacenze del Molo Garibaldi, avviate a partire dal 09/12/2014 dall’Autorità Portuale della Spezia, sono state effettuate ad intervalli irregolari operazioni di escavo del fondale, al fine di garantire pescaggi adeguati alle navi che si prevedono ormeggiare in futuro in corrispondenza delle banchine del Molo Garibaldi stesso. Le attività di escavo hanno subito un’accelerazione, con impiego di tre differenti draghe (“Annamaria”, “Fabio Duò” e “Angelo B.”) a partire dal 2 Febbraio 2015. L’area oggetto degli interventi di dragaggio è stata fin dal principio delle operazioni conterminata tramite “panne antitorbidità”, l’impiego delle quali è stato previsto nel Progetto di Bonifica dell’area marina redatto da ISPRA (ex ICRAM) quale misura atta a contenere la torbidità entro la zona delle operazioni. Le panne antitorbidità sono state impiegate prevalentemente in modalità “fissa” ma in alcune circostanze, sia nel dragaggio del fondale antistante il molo Garibaldi (a partire dal 2 Febbraio 2015), sia nel dragaggio di alcuni settori del Bacino di Evoluzione (attività antecedenti all’avvio delle operazioni intorno al Molo Garibaldi), si è reso necessario l’impiego di “panne mobili”. Dai dati del monitoraggio ambientale contestuale alle operazioni di movimentazione del sedimento, di cui è incaricata ARPAL, è emerso che il sistema di conterminazione a panne mobili si è rivelato molto meno efficace del sistema a panne fisse ed in alcune rilevazioni in prossimità delle draghe, in profondità, si sono riscontrati valori di torbidità molto elevati, mai evidenziati in precedenti dragaggi. A seguito della segnalazione di una anomala moria di mitili nell’area interna alla diga di ponente, avvenuta tra il 6 ed il 7 Febbraio 2015, e ad una serie di dati elevati di torbidità in corrispondenza della sonda fissa ubicata proprio presso l’impianto di mitilicoltura lato Ponente, l’Autorità Portuale della Spezia ha commissionato a DHI uno studio modellistico numerico finalizzato a verificare l’estensione dell’area portuale potenzialmente interessata dal pennacchio “plume” di sedimenti dragati e di simulare l’andamento spazio-temporale della concentrazione di sedimento sospeso rilasciato nella colonna d’acqua durante le operazioni di dragaggio. Il presente elaborato illustra in dettaglio il contenuto dello studio modellistico. La sezione 2, in particolare, è rivolta alla descrizione del sistema modellistico di circolazione del Mar Ligure, che DHI ha predisposto per conto di ARPAL e che è stato utilizzato nel presente studio. La sezione 3 illustra la predisposizione ed i risultati del modello di dettaglio della circolazione della rada di La Spezia, della temperatura e della salinità. Nella sezione 4 viene invece descritto il modello di dispersione di sedimenti, con le assunzioni adottate, i dati di input ed i risultati, sia in forma di mappe spazio-temporali sia in forma di serie temporali puntuali. 2 Il sistema modellistico previsionale del Mar Ligure DHI, nell’ambito della pluriennale collaborazione con ARPAL (Agenzia Regionale di Protezione dell’Ambiente Ligure) ha sviluppato un sistema modellistico integrato che, a partire dalla previsione della componente idrodinamica (correnti, livelli superficiali) e fisica (temperatura, salinità) supporta operativamente ARPAL con una serie di applicativi finalizzati a: prevedere la dispersione, la destinazione ed i possibili spiaggiamenti di idrocarburi accidentalmente sversati nel Mar Ligure (in collaborazione con il progetto POR-FESR 2007-2013 “SEAGOSS”); prevedere la dispersione e la destinazione del sedimento fine apportato dai corsi d’acqua in concomitanza con eventi di piena (in collaborazione con il progetto PORFESR 2007-2013 “SEAGOSS”); D-3 prevedere la dispersione e destinazione dei residui dell’impianto di acquacoltura posto al largo di Lavagna (in collaborazione con il progetto POR-FESR 2007-2014 “IMPAQUA”); prevedere la qualità delle acque di balneazione, secondo la Direttiva 2006/7/CE, recepita in Italia con D.lgs n. 116/08, con particolare riferimento alla concentrazione di Escherichia coli ed Enterococchi fecali immessi in mare attraverso le foci fluviali e gli impianti di depurazione. Il sistema costituisce oggi una solida base per predisporre ulteriori modelli locali, ad elevata risoluzione, dedicati alla simulazione di fenomenologie specifiche. In quest’ottica, la simulazione della dispersione dei sedimenti dragati all’interno del porto di La Spezia si colloca perfettamente in questa tipologia di applicazioni. La base idrodinamica alla scala del Mar Ligure (sistema “ARPAL-Mar Ligure”) è stata realizzata mediante l’applicazione di modellistica tridimensionale — modulo MIKE 3 HD FM di DHI. Il modulo idrodinamico costituisce il cuore di una complessa catena modellistica, che prevede l’impiego di: condizioni al contorno in termini di velocità di corrente, temperatura e salinità ricavate dal sistema di previsione del Mare Mediterraneo MFS (Mediterranean Forecast System), disponibili nell’ambito del programma europeo COPERNICUS, progetto MyOcean; forzanti atmosferiche in termini di venti superficiali, temperatura dell’aria, umidità relativa, copertura nuvolosa ricavate dal modello atmosferico ad area limitata (LAM) MOLOCH, operativo presso ARPAL CFMI – PC; apporti idrici dai principali bacini liguri ricavati dal modello afflussi deflussi DRiFt, anch’esso operativo presso ARPAL CFMI – PC. Nel seguito è descritta in dettaglio la catena modellistica che, operativa con due run giornalieri (00 e 12 UTC) permette di simulare a risoluzioni assai elevate per la scala oceanografica (fino a 500 m) l’andamento delle correnti, della salinità, della temperatura e dei livelli superficiali nel Mar Ligure per le 48 ore successive. 2.1 La catena modellistica meteo-idrologica in ARPAL – CFMI: i modelli MOLOCH e DRiFt La disponibilità delle previsioni delle principali variabili atmosferiche (pressione, venti superficiali, temperatura dell’aria, nuvolosità, umidità relativa, precipitazioni) e idrologiche (idrogrammi di piena dei principali corsi d’acqua) costituisce un requisito fondamentale per la progettazione di una catena modellistica operativa che preveda la simulazione delle dinamiche marine alla scala del Mar Ligure. Sia il modello atmosferico, sia quello idrologico afflussi-deflussi sono operativi presso ARPAL-CFMI (Centro Funzionale Meteo-Idrologico di Protezione Civile della Regione Liguria). ARPAL-CFMI gestisce una catena operativa di modelli meteorologici ad alta risoluzione per la previsione numerica del tempo atmosferico. I modelli utilizzati sono stati sviluppati e vengono aggiornati dall'Istituto ISAC-CNR di Bologna, nell’ambito di un accordo di collaborazione scientifica pluriennale con ARPAL. La catena modellistica comprende il modello idrostatico BOLAM e il modello non idrostatico MOLOCH, innestato in BOLAM. Le condizioni iniziali e al contorno del BOLAM sono fornite dalle quattro analisi giornaliere (00, 06, 12, 18 UTC) e previsioni del modello globale dell’ECMWF (UE) e consentono di avere run D-4 nota dhi-la spezia aggiornati ogni 6 ore. Il modello BOLAM viene innestato a partire direttamente dai campi su livelli ibridi dell'ECMWF. Il dominio di integrazione del BOLAM copre gran parte dell'Europa con una risoluzione di 0.1 gradi, per un totale di 362 x 322 punti griglia su 45 livelli. Il dominio del MOLOCH interessa invece il Nord Italia ad una risoluzione di 0.02 gradi con 206 x 202 punti griglia su 50 livelli verticali. Le integrazioni numeriche sono eseguite su un cluster di PC in ambiente GNU/Linux CentOS: si tratta di 5 host dotati di processore Intel 17-980X 4.20GHz, per un totale di 30 core. Figura 2-1 Esempio di mappa previsionale del modello MOLOCH Il modello afflussi-deflussi DRiFt, sviluppato dal CIMA, è un modello idrologico lineare, semidistribuito, parziale e in grado di effettuare simulazioni a scala d’evento. Si propone come strumento di semplice utilizzo per la simulazione e la previsione degli idrogrammi di piena, in grado di interpretare le caratteristiche ritenute di maggiore importanza per gli ambienti naturali quali quello dell'arco alpino-appenninico, caratterizzati da particolari strutture drenanti di dimensioni spaziali ridotte, la cui parte montana risulta preponderante nei processi di formazione della piena rispetto a quella con caratteristiche spiccatamente vallive. Il modello si basa sulla teoria che la risposta idrologica di un sistema idrografico ad eventi intensi di precipitazione, è dominata dalla morfologia del bacino e consente di trascurare i complessi effetti di dispersione idrodinamica che influenzano la propagazione dell’acqua fino alla foce. E’ definito semi-distribuito in quanto accetta e gestisce l’informazione in ingresso spazialmente distribuita sul territorio e fornisce il risultato concentrato in una sezione specifica. Il bacino in analisi viene grigliato con un reticolo georeferenziato a maglia quadrata e risulta, quindi, suddiviso in un certo numero di celle aventi dimensioni corrispondenti a quelle del modello digitale di elevazione del terreno. D-5 La sua versione base ha cinque parametri: due di carattere morfologico per l’individuazione della rete di drenaggio e la distinzione tra canali e versanti, due di carattere cinematico, velocità in canale e sul versante, ed un parametro fisico rappresentante lo stato di umidità del terreno che identifica la situazione iniziale. Figura 2-2 Schema concettuale del modello idrologico afflussi deflussi DRiFt (a sinistra) e rappresentazione di un idrogramma di piena simulato (linea blu) ed osservato (linea nera) Il modello MOLOCH ed il modello DRiFt sono i modelli di riferimento rispettivamente atmosferico e idrologico afflussi-deflussi per la catena modellistica previsionale delle correnti del Mar Ligure, che DHI ha predisposto per conto di ARPAL e che costituisce la base “idrodinamica” dalla quale il modello di circolazione della rada della Spezia (sezione3) attingerà le condizioni al contorno. 2.2 Il modello di circolazione del Mar Mediterraneo - MFS Oltre alla disponibilità delle previsioni delle principali variabili atmosferiche e idrologiche, un ulteriore requisito per la progettazione di una catena modellistica operativa che preveda la simulazione delle dinamiche marine è costituito dalla disponibilità delle previsioni delle principali variabili idrodinamiche e fisiche che regolano la circolazione alla scala del Mar Mediterraneo, anche a risoluzione non elevata (livelli superficiali, correnti alle diverse profondità, temperatura e salinità). La disponibilità di tali variabili è fondamentale al fine di limitare alla zona di interesse il dominio di modellazione, utilizzando di volta in volta le condizioni al contorno ricavate da un modello “padre”, anche a bassa risoluzione, e focalizzando la modellazione sull’area di interesse, con risoluzione adeguata ai processi che si vogliono simulare, senza la necessità di dover riprodurre ex-novo la circolazione dell’intero bacino del Mar Mediterraneo. Il modello di circolazione del Mar Mediterraneo preso a riferimento per la catena modellistica del Mar Ligure è costituito dal modello MFS (Mediterranean Forecast System), ora disponibile nell’ambito del programma Copernicus, precedentemente conosciuto come GMES (Global Monitoring for Environment and Security), supportato e coordinato dalla Commissione Europea. Il sistema è stato implementato in tutto il bacino del Mediterraneo come accoppiamento di un modello idrodinamico e di un modello di moto ondoso, con una risoluzione orizzontale pari a 1/16° x 1/16° (circa 6÷7 km) e 72 livelli verticali non omogeneamente distribuiti. La figura seguente mostra il dominio del modello ed un esempio di distribuzione della temperatura superficiale del modello MFS. Il Mediterranean Forecasting System MFS (Tonani et al 2014, Dombrowsky et al. 2009) fornisce sin dall’anno 2000 previsioni a breve termine per il Mar Mediterraneo. Il codice numerico utilizzato nel modello idrodinamico è il Nucleous for European Modelling of the Ocean (NEMO), mentre la componente di moto ondoso è calcolata attraverso l’utilizzo del codice WaveWatch-III. Le soluzioni del modello sono corrette attraverso un algoritmo di assimilazione D-6 nota dhi-la spezia dati (basato sullo schema 3DVAR) di profili verticali osservati di temperatura e salinità, nonché da osservazioni da satellite di anomalie di livello superficiale. Figura 2-3 2.3 Dominio di calcolo ed esempio di distribuzione della temperatura superficiale - modello MFS – Mediterranean Forecast System. Immagine disponibile in marine.copernicus.eu Il modello idrodinamico del Mar Ligure – HD Mar Ligure Il modello previsionale di circolazione nel Mar Ligure (“HD Mar Ligure”), implementato presso ARPAL-CFMI ad opera di DHI, è realizzato mediante l’utilizzo del codice di calcolo MIKE 3 di DHI, descritto in dettaglio nell’Allegato A al presente documento. Tale codice simula le variazioni di livello e corrente in risposta alle differenti tipologie di forzanti considerate e può essere utilizzato da solo o insieme ad altri moduli che, pur finalizzati alla simulazione di altri fenomeni (es. trasporto di particolato) richiedono la risoluzione contestuale degli aspetti idrodinamici. Il codice consente di tenere in considerazione tutti i fenomeni principali che hanno influenza sull’idrodinamica degli ambienti oceanici e/o costieri: gradienti di densità (temperatura/salinità), effetto delle maree, effetto del vento, scambio termico con l’atmosfera, forza di Coriolis, moto ondoso ed apporti fluviali. MIKE 3 si basa sulla soluzione numerica delle equazioni di Navier-Stokes mediate sotto le ipotesi di Boussinesq ed in condizioni di pressione idrostatica. Il modello risolve le equazioni di continuità, quantità di moto, temperatura, salinità e densità. La densità non dipende dalla pressione ma dai soli gradienti di temperatura e salinità. Relativamente alle tecniche di risoluzione numerica, MIKE 3 utilizza un metodo ai volumi finiti per la discretizzazione delle equazioni di flusso e trasporto con valori centrati sul singolo elemento. Il D-7 dominio spaziale è discretizzato tramite la suddivisione del continuo in elementi/celle non sovrapposte. Nelle dimensioni orizzontali è utilizzata una maglia non strutturata costituita da triangoli, mentre per la dimensione verticale si può utilizzare sia l’approccio di discretizzazione della colonna d’acqua secondo i cosiddetti layers sigma (layers di spessore variabile in funzione della profondità locale) o l’approccio combinato sigma-zeta (si prevede l’utilizzo di layers orizzontali di spessore non dipendente dalla profondità locale). Il codice di calcolo MIKE 3 risulta pertanto adeguato per il downscaling di modelli oceanografici ad ampia scala (quale è il modello MFS – Mediterranean Forecast Model) fino alla scala costiera. Mesh di calcolo e batimetria Il modello è implementato su un dominio di calcolo sufficientemente esteso da comprendere le principali dinamiche del Mar Ligure. In particolare, il dominio di calcolo comprende tutto l’arco costiero composto da: parte della Toscana, l’intera Liguria e parte della costa francese (indicativamente da Livorno a Nizza). Il modello risulta caratterizzato da quattro contorni aperti che partendo da Ovest verso Est congiungono la Costa Azzurra con la Corsica, quest’ultima con l’Isola di Capraia nell’Arcipelago Toscano e Capraia alla costa toscana. Per quanto riguarda la caratterizzazione batimetrica dell’area di studio, si è fatto riferimento al database CM-93 di C-MAP, un database globale di cartografia nautica digitale realizzato e costantemente aggiornato dalla Società norvegese C-MAP. La mesh di calcolo è caratterizzata da una risoluzione, intesa come lunghezza media dei lati dei triangoli, variabile: minima al largo (circa 4 Km) e massima sotto costa (circa 500 m). In Figura 2-4 e Figura 2-5 sono riportate rispettivamente la batimetria e la mesh di calcolo insieme con la localizzazione dei quattro contorni aperti del modello. Figura 2-4 D-8 Batimetria di calcolo del modello HD - Mar Ligure nota dhi-la spezia Figura 2-5 Mesh di calcolo con indicazione dei contorni aperti del dominio– Modello HD Mar Ligure La dimensione verticale è discretizzata nel modello mediante 10 livelli a spessore variabile (sigma-layers) e 30 livelli a spessore costante (z-layers) per un totale di 40 livelli. Lo spessore minimo dei layers superficiali è dell’ordine del metro. Nelle due figure seguenti è illustrata la discretizzazione del modello nella dimensione verticale per una generica sezione. In particolare, in Figura 2-6 sono rappresentati i 40 layers sigma-zeta mentre, in Figura 2-7 è riportato un dettaglio dei 10 layers sigma che arrivano fino alla profondità di -40 m. Figura 2-6 Esempio di discretizzazione verticale – Modello HD Mar Ligure D-9 Figura 2-7 Esempio di discretizzazione verticale – Modello HD Mar Ligure Condizioni al contorno In corrispondenza dei quattro contorni aperti del dominio di calcolo è stato necessario definire specifiche condizioni al contorno. Queste sono determinate a partire dal modello MFS (descritto in precedenza) e specificate, in termini idrodinamici (livelli superficiali, velocità di corrente) ed in termini di temperatura e salinità. Per quanto riguarda le condizioni al contorno idrodinamiche, sono state impostate secondo una Flather Boundary, ovvero una condizione diffusamente utilizzata in ambito oceanografico, in particolare per applicazioni di downscaling [5, 12], molto efficace per limitare le instabilità in presenza di flussi stratificati. Forzante meteo Come illustrato nella sezione 2.1, la catena modellistica del Mar Ligure è basata sulla forzante atmosferica del modello MOLOCH. Condizioni iniziali In modalità operativa il modello viene inizializzato sulla base dei risultati idrodinamici (livelli e velocità di corrente), di temperatura e salinità, ottenuti dal run precedente. Questo tipo di operazione consente di limitare al massimo il periodo di spin-up iniziale del modello, ovvero il periodo richiesto dal modello stesso per correggere le inconsistenze tra la condizione iniziale (spesso ricavata da modelli diversi, a risoluzioni spazio temporali non omogenee), le condizioni al contorno e le forzanti. Durante il periodo di spin-up i risultati del modello non sono attendibili e vanno scartati, pertanto la minimizzazione di tale finestra è fondamentale per l’ottimizzazione di una catena operativa previsionale. Portate fluviali Come illustrato nella sezione 2.1, la catena modellistica del Mar Ligure è basata sulla forzante idrologica del modello DRiFt. Pur non essendo presenti grossi bacini scolanti, soprattutto in concomitanza di eventi di precipitazione intensa, il contributo dell’apporto di acqua dolce determina una significativa variazione locale di salinità, non trascurabile, in corrispondenza delle foci fluviali. D-10 nota dhi-la spezia I corsi d’acqua inclusi nel modello sono i seguenti: Magra Entella Centa Nervia Roia La seguente Figura 2-8 evidenzia la localizzazione dei quattro input idrologici al modello HD Mar Ligure. Figura 2-8 Localizzazione dei tratti di costa che ospitano le foci dei cinque corsi d’acqua sopra indicati, per i quali vengono introdotti gli input idrologici al modello HD Mar Ligure Risultati Le simulazioni effettuate, mediante l’utilizzo di MIKE 3, consentono di ottenere gli andamenti delle principali grandezze idrodinamiche (livelli e velocità di corrente), unitamente alle distribuzioni di temperatura e salinità in ciascun punto del dominio di calcolo e a qualsiasi profondità. Un esempio di risultati del modello HD Mar Ligure è presentato in Figura 2-9 in termini di velocità di corrente superficiale. Dalle immagini si può osservare il classico andamento della Corrente Ligure-Provenzale, caratterizzata da velocità di corrente massime anche superiori a 0.5 m/s nella zona al largo della Riviera Ligure di Ponente. D-11 Figura 2-9 3 Esempio di risultati del modello HD - Mar Ligure in termini di distribuzione velocità e direzione di corrente superficiale Il modello di circolazione – downscaling sulla rada di La Spezia Il modello di circolazione alla scala del Mar Ligure descritto diffusamente nella sezione 2 è stato quindi utilizzato come base per la predisposizione di un secondo modello, caratterizzato da una risoluzione spaziale più spinta ed in grado di risolvere le complesse dinamiche interne alla rada della Spezia. 3.1 Mesh di calcolo e batimetria Al fine di predisporre un modello tridimensionale adeguato a simulare la circolazione interna alla rada della Spezia è necessario prevedere una risoluzione spaziale più fine rispetto a quella del modello “Mar Ligure” descritto in precedenza. In particolare, la risoluzione dei 500 metri circa, massimo livello di dettaglio del modello “Mar Ligure” non si presenta adeguata a rappresentare correttamente né i flussi attraverso le due imboccature della rada della Spezia (Ponente e Levante, rispettivamente caratterizzate da larghezze pari a circa 400 metri e 200 metri) né il complesso andamento della linea di costa interna alla rada, con presenza di infrastrutture portuali, cantieri e strette insenature. La risoluzione adottata per il modello di dettaglio è variabile dai circa 500 metri al di fuori della rada fino a circa 50 metri in tutta l’area interna alla rada, alle imboccature ed al tratto di mare che divide l’isola Palmaria dalla terraferma. In Figura 3-1 e Figura 3-2 sono riportate rispettivamente la mesh di calcolo del modello locale (con indicazione della profondità del fondale) ed un dettaglio della stessa in corrispondenza della rada. D-12 nota dhi-la spezia 3.2 Figura 3-1 Mesh di calcolo del modello locale con indicazione delle profondità del fondale Figura 3-2 Mesh di calcolo del modello locale con indicazione delle profondità del fondale – dettaglio in corrispondenza della rada della Spezia Apporti locali Due sono gli apporti locali di portata liquida considerati nel modello locale: apporto del fiume Magra; apporto dello scarico della centrale termoelettrica ENEL “Eugenio Montale”. In Figura 3-3 è riportato l’andamento delle portate liquide del fiume Magra ricostruito intersecando le uscite del modello DRiFt nel periodo 31/01/2015 – 10/03/2015 (dati basati in larga misura sulla pioggia osservata ai pluviometri del bacino). D-13 Figura 3-3 Portata liquida del fiume Magra nel periodo 31/01/2015 – 10/03/2015 ricostruita attraverso il modello DRiFt Per l’apporto dello scarico della centrale ENEL “Eugenio Montale”, in assenza di dati relativi al periodo simulato, si è fatto riferimento alla “Dichiarazione Ambientale – Anno 2014” sull’Impianto termoelettrico di La Spezia redatta da ENEL. In tale documento sono riportati sia i volumi totali delle acque di raffreddamento restituite a mare negli anni compresi tra il 2010 ed il 2013, sia le temperature medie mensili misurate allo scarico negli anni compresi tra il 2009 ed il 2013. L’analisi di tali dati ha permesso di stimare in circa 15 m 3/s la portata media allo scarico ed in circa 5°C l’eccesso di temperatura allo scarico rispetto alle condizioni presenti in corrispondenza dell’opera di presa. 3.3 Risultati del modello di circolazione Nelle immagini a seguire si riportano alcuni risultati del modello di circolazione in termini di distribuzione delle velocità e direzioni della corrente sull’intero dominio di calcolo (Figura 3-4) e internamente alla rada (Figura 3-5 e Figura 3-6). Le immagini fanno riferimento allo strato superficiale. D-14 nota dhi-la spezia Figura 3-4 Esempio di distribuzione delle velocità e direzioni della corrente nel dominio di calcolo (strato superficiale) Figura 3-5 Esempio di distribuzione delle velocità e direzioni della corrente nel dominio di calcolo (strato superficiale) – dettaglio interno alla rada - 1 D-15 Figura 3-6 4 Esempio di distribuzione delle velocità e direzioni della corrente nel dominio di calcolo (strato superficiale) – dettaglio interno alla rada - 2 Il modello di dispersione dei sedimenti Per la rappresentazione della dispersione del sedimento dovuta alle operazioni di dragaggio è stato utilizzato il modulo MIKE 3 MT (Mud Transport), dinamicamente accoppiato al modulo idrodinamico MIKE 3 HD descritto in precedenza La dispersione del sedimento è stata simulata tenendo conto delle seguenti assunzioni: D-16 sulla base del “quaderno delle operazioni”, messo a disposizione dall’Autorità Portuale, è stato possibile ricostruire con buona approssimazione sia l’effettiva durata delle operazioni di scavo con riferimento alle tre draghe “Annamaria”, “Angelo B.” e “Fabio Duò”, sia i volumi di escavo; basandosi su indicazioni diffusamente reperibili in letteratura, è stato stimato (cautelativamente) che il 5% del volume di sedimento dragato venga “perso” e rilasciato nella colonna d’acqua; cautelativamente, non è stata considerata la presenza di panne antitorbidità; il rilascio nella colonna d’acqua è stato ipotizzato uniformemente distribuito sull’intera colonna e localizzato nel settore di scavo in cui la draga risultava operare nella specifica fase delle operazioni (informazione anch’essa fornita da Autorità Portuale) nel modello è stata simulata la dispersione di tre componenti caratterizzate da una differente granulometria e conseguente velocità di sedimentazione. Le frazioni modellate sono state ricavate dalla caratterizzazione dei sedimenti prodotta da ISPRA. La seconda frazione pelitica (la più fine, caratterizzata da un diametro medio di appena 8 micron), è stata introdotta cautelativamente per garantire una maggiore propensione alla dispersione del sedimento su lunghe distanze. In Tabella 1 sono riportate le frazioni granulometriche considerate nello studio, la composizione % ed il diametro di riferimento per ciascuna frazione. nota dhi-la spezia Tabella 1 4.1 Frazioni granulometriche considerate, composizione % e diametro medio di riferimento per ciascuna frazione Risultati del modello di dispersione dei sedimenti I risultati del modello sono forniti sotto forma di mappe tempovarianti relative alla distribuzione spaziale della concentrazione di sedimento sospeso e della massa sedimentata. In corrispondenza della sonda fissa ubicata proprio presso l’impianto di mitilicoltura lato Ponente sono inoltre fornite le serie temporali di concentrazione di sedimento sospeso a differenti profondità. In Figura 4-1 è riportata la serie temporale di concentrazione modellata di sedimento sospeso (SSC) a diverse profondità in corrispondenza della sonda fissa ubicata presso l’impianto di mitilicoltura lato Ponente. Come si può osservare dal grafico, in alcune condizioni in cui la corrente è diretta dall’interno della rada verso la diga foranea, si può riscontrare una modesta concentrazione di sedimento sospeso in corrispondenza della sonda. I valori di concentrazione, tuttavia, risultano sempre ben al di sotto della soglia di 2 mg/l, considerata comunemente come soglia di tracciabilità della torbidità in mare. Figura 4-1 Serie temporale di concentrazione modellata di sedimento sospeso (SSC) a diverse profondità in corrispondenza della sonda fissa ubicata presso l’impianto di mitilicoltura lato Ponente D-17 In Figura 4-2 è riportata la distribuzione della massa di sedimento accumulata a seguito delle operazioni di dragaggio in tutto il periodo considerato (31 gennaio – 10 marzo), dalla quale si evince che gli accumuli di sedimento dragato dai fondali antistanti il molo Ravano si concentrano prevalentemente nei pressi della zona delle operazioni. Spostandosi verso il centro della rada, la massa accumulata complessivamente nel periodo preso in esame si riduce a pochi grammi/m2. Figura 4-2 5 Distribuzione della massa di sedimento accumulata a seguito delle operazioni di dragaggio in tutto il periodo considerato (31 gennaio – 10 marzo). Per una più chiara lettura del risultato, la scala dei colori non è lineare Riferimenti Dobricic, S. and N. Pinardi, 2008. 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