Ricadute della ricerca didattica in esperienze di

La formazione in fisica degli insegnanti secondari: problemi, proposte, esperienze.
Marisa Michelini, Alberto Stefanel
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica dell'Università di Udine
Introduzione
All’avvio del quinto ciclo delle Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario (SSIS) la
loro trasformazione in lauree specialistiche sembra una prospettiva certa, mentre è ancora aperto il
dibattito su quale sarà il loro status e la loro struttura.
L’esperienza delle SSIS, seppure multiforme e non univoca nelle scelte e nei risultati (Bonetta,
Luzzatto, Michelini, Pieri 2002), fornisce indicazioni chiare nella direzione di una struttura
trasversale, non incardinata in specifiche facoltà. Questa prospettiva di continuità rispetto al quadro
attuale, parte dal riconoscimento che la ripartizione del piano per la formazione iniziale degli
insegnanti nelle 4 grandi aree1: A1 - formazione per la funzione docente, A2 - Contenuti formativi
degli indirizzi, A3 - Laboratorio, A4 - Tirocinio, é qualificante del piano stesso e in linea con la
riforma universitaria2, di cui le SSIS sono state anticipatrici.
Riconosce l'importanza e la centralità del tirocinio, realizzato come parte integrante della
formazione universitaria degli insegnanti, e del raccordo scuola – università, che esso sottende
(Kallos 1995, Crivellari 2002, Bonetta 2002, Baloup 2003, Honsell 2003). Si fonda sulla risonanza
del “profilo professionale dell’insegnante” previsto dalla legislazione italiana1 con quello europeo
(Buckberger 2000), non solo in termini di confronto tra normative3, ma di esiti di esperienze e
ricerche4 (Luzzatto, Pieri 2002).
Si tratta di aspetti, che oramai fanno parte del patrimonio di quanti sono coinvolti attivamente nelle
SSIS, e dai quali difficilmente si potrà prescindere, qualsiasi saranno le scelte normative future,
anche se il contesto non li ha ancora integrati nel quado della formazione superiore, a causa di
alcune convinzioni a cui si deve il ritardato avvio dei CdL in Scienze della Formazione e delle
SSIS5. È ancora diffusa e radicata, tra i non esperti in formazione, la convinzione, che la conoscenza
disciplinare automaticamente fornisca competenze didattiche. Essa si coniuga all’idea di
insegnamento come arte, piuttosto che come professione da costruire con una specifica formazione
(Michelini 2002) e all’idea di università come fonte di conoscenza non finalizzata, con compiti
accademici e non professionalizzanti (Brettoni 2001). Si tratta di una visione lontana non solo da
quella implicita nelle SSIS, ma anche da quella delineatasi con la riforma universitaria2, avviata in
forma completa nel 2001. Ad essa va inoltre ricondotta l’ipotesi di relegare il tirocinio ad un anno
integrativo successivo a quello del biennio formativo universitario. Si tratta di una scelta, condivista
da mondi diversi per motivi opposti: da chi (soprattutto all’università) ritiene importante solo una
cultura disciplinare, ma anche di molta parte della scuola, che, intendendo il tirocinio come
riproduzione di una prassi attraverso l'esperienza degli stessi attori, mira a formare alla professione
senza troppe ingerenze dell’università (Luzzatto, Pieri 2002),.
Il nostro contributo va nella direzione di una analisi critica della esperienza delle SSIS a cui
forniamo risposta in termini di proposte operative, nel caso specifico per la formazione degli
insegnanti di fisica e scienze. Esse si incardinano su ricerche didattiche ed educative e su studi sui
processi innovativi nella didattica. Il carattere di ricerca per la formazione professionale ha trovato
attuazione in esperienze di tirocinio, di cui qui si documentano sinteticamente alcuni esempi di
percorsi, che hanno prodotto richieste di formazione in servizio per l'innovazione della didattica
disciplinare.
Il quadro problematico della SSIS
È esperienza oramai comune quella di prove d’accesso mediamente insoddisfacenti, in cui
emergono carenze profonde su aspetti fondanti delle discipline. Dall’analisi dei risultati dei test di
ammissione alle SSIS si rilevano conoscenze molto settoriali anche sugli aspetti disciplinari relativi
alla formazione universitaria degli specializzandi (Dapueto, 2002). Ciò che inoltre emerge con
chiarezza é la mancanza di cultura generale, di consapevolezza critica delle discipline alla base
della propria formazione (di laurea), di chiarezza su quei concetti di base, anche elementari, che
saranno poi oggetto di insegnamento (Brigaglia 2002).
Ciò implica una riflessione sulla formazione universitaria dei giovani, richiede la pianificazione di
provvedimenti mirati e va assunto come debito rispetto ad una formazione professionale. La
formazione alla didattica disciplinare comporta infatti una solida cultura disciplinare da usare come
base per l’elaborazione di attività formative, che si avvalgono di procedure rigorose sul piano
metodologico, fondate sul piano scientifico e sostenute dalla ricerca. Saper formare non può ridursi
ad aggiungere schemi pragmatici di trasmissione di informazioni ad una serie di regole imparate e
poco dominate disciplinarmente! (Crivellari 2002; Bonetta 2002).
Attività didattiche studiate per la formazione degli insegnanti devono poi offrire occasioni per
ripensare alla disciplina con specifiche finalità e compiti, garantendo il coinvolgimento
problematico nel contesto della didattica della disciplina: non è possibile attivare consapevolezze,
risonanze cognitive e apprendimenti usando metodi descrittivi dei contenuti di una disciplina4. Chi
si prepara ad insegnare deve rielaborare il sapere disciplinare, analizzandone la struttura, lo statuto
epistemico, i caratteri propri. Deve avere occasioni per discutere impostazioni pedagogiche e
strategie didattiche differenti, riconoscendo come queste si esplichino in specifiche azioni e
strumenti. Ha bisogno di costruire una visione d'insieme della disciplina e degli strumenti
professionali dell'insegnante, per saper operare scelte di impostazione, strategia, metodi, attività,
percorsi e strumenti (Buckberger 2000), ovvero attivare modalità di azione diverse con flessibilità
(Nisbet 1974), e capacità di adattamento (McDermott 2000, Kouhila 2000).
Nell’attuale formazione degli insegnanti secondari presso le SSIS, gli insegnamenti di area A1 sono
ancora spesso impostati in termini di conoscenze generali, anche per quelle discipline con il ruolo di
costruire la professionalità docente. Si insegnano ad esempio: pedagogia generale, psicologia
generale, sociologia generale. Solo in pochi casi (sedi) e di recente, gli insegnamenti di area
pedagogica, psicologica e sociale sono stati curvati alla formazione di competenze specifiche per la
professionalità docente. Agli specializzandi viene per lo più lasciato il più difficile compito di
sintesi culturale e professionale rispetto ad un mosaico di conoscenze settoriali (Brigaglia 2002).
C’è bisogno di ricomporre l’unità formativa della SSIS con un raccordo tra le aree, che permetta a
chi la frequenta di trovare riscontro degli insegnamenti di area A1 in quelli di area A2, per esempio
attraverso l’esplicitazione dei modelli pedagogici adottati e degli assunti epistemici di fondo
(Astolfi 1997). Ciò costituisce condizione preliminare per superare la coesistenza nei docenti in
formazione di modelli pedagogici e didattici differenti (Jenkins 2000, Michelini 2002), spesso
assunti implicitamente dai corsi universitari tradizionali, in cui la fisica è offerta come un corpo
statico di nozioni da trasmettere e memorizzare (McDermott 2000).
Il problema del raccordo tra le aree si pone anche rispetto alle aree dei laboratori e del tirocinio (A3
ed A4), rispetto alle due già citate.
Esso viene enfatizzato dalla scelta di gestire gli indirizzi della SSIS per delega di settore piuttosto
che collegialmente, leggendo il raccordo come giustapposizione e non come integrazione. Si scontra
con l'incapacità di offrire insegnamenti trasversali, che giochino il ruolo di collante interdisciplinare
nella formazione di competenze di strumenti generali, come l'utilizzo della rete telematica, la sua
gestione didattica in raccordo con l’attività in presenza e l’impiego delle nuove tecnologie per
realizzare proposte formative differenziate: dal recupero, all’eccellenza, a nuovi modi per lo studio
ordinario.
Le attività di area A3 (laboratori didattici) vengono da alcuni finalizzate alla presentazione di
percorsi didattici da parte di insegnanti secondari, in cui la componente universitaria assume un
ruolo passivo. Da altri vengono intese come sede di esercitazione applicativa di insegnamenti e/o
laboratori di esperimenti didattici. A tali impostazioni si contrappongono quelle in cui i laboratori
fungono da cerniera tra le componenti della formazione e svolgono le funzioni di mediazione tra i
nuclei del curriculum e di interfaccia tra gli enti coinvolti (Bonetta 2002; Aiello 2002). In tal caso
essi diventano sede di simulazione di ambienti di apprendimento, occasioni per lavori di equipe.
Sono orientati alla discussione critica e progettuale, alla costruzione di percorsi e materiali per
l’attività didattica. Costruiscono legami con le attività di tirocinio, in risposta all’esigenza della
scuola di accogliere progetti di validata qualità e scientificità, anche per la formazione in servizio
(Brigaglia 2002; Michelini 2002). Offrono risposte al nodo irrisolto dell’integrazione nel processo
formativo del tirocinio, troppo spesso delegato totalmente ai supervisori, con la conseguenza che si
creando istanze delle scuole per costituirsi di fatto come agenzie per la formazione in contesto.
La necessaria collaborazione del mondo della scuola nei laboratori ha assunto carattere di
contributo professionale coerente con il percorso formativo, quando non si è ridotto ad una
prestazione professionale isolata, ma è stato espressione di collaborazioni di ricerca didattica o
esperienze innovative coordinate con gruppi di ricerca didattica ed ha offerto quel "sapere agito
metodologico", in cui l'integrazione delle discipline e l'utilizzazione corretta degli strumenti teorici,
metodologici e tecnici propri di ciascuna di esse disegnano un percorso graduale e sistematico
(Schettini 1999). Si è allora realizzata anche una costruttiva collaborazione scuola-università, basata
su reciproco riconoscimento di competenze ed arricchimento, nel quadro istituzionale, che assegna
all’università la responsabilità rispetto al piano formativo globale e rilevanza al progetto di tirocinio
nell’esame di stato abilitante (Crivellari 2002, Bonetta 2002).
Nonostante la ancora enorme dispersione e le non trascurabili difficoltà, le esperienze maturate in
questi anni nella SSIS dimostrano, che il sistema stesso è in grado di formare i suoi attori ed offrire
alla scuola insegnanti di evidente maggiore competenza rispetto al passato (Michelini, Michelutti
2001, Luzzatto 2002).
Alcuni caratteri del progetto formativo pongono le condizioni per una formazione di qualità degli
insegnanti, attivando ricerca sulla formazione: la struttura ad aree funzionali del piano di studi,
l’obbligo di laboratori didattici e tirocinio, la presenza di supervisori presso l'università per un
qualificato rapporto con la scuola (Michelini 1999, Dutto 2001).
Il piano didattico per la formazione degli insegnanti di fisica
Presso la SSIS di Udine è stata adottata la ripartizione dei crediti nelle 4 aree descritta in Tabella 1.
Tabella 1: Crediti (cd) attribuiti alle diverse aree nella SSIS di Udine
A1
A2
A3
24 cd
24 cd
24 cd
A4
30 cd
Trasversali
18 cd
Il piano didattico per la formazione degli insegnanti in fisica, punta alla costruzione della
professionalità docente in fisica, mediante il coinvolgimento degli specializzandi in attività di
analisi critica di materiali di ricerca, problem solving e progettazione di materiali didattici, impegno
di ricerca nella preparazione, conduzione e valutazione del tirocinio (Viennot 1997). Si punta a
creare un contesto in cui la ricerca didattica, oltre che fornire risposte, risorse, modelli, materiali di
lavoro, diventa un modo di pensare e di operare quotidiano (Jenkins 2000, Dutto 2000). Si
utilizzano strategie di integrazione tra modelli formativi (Michelini, Sartori 1998, Michelini, Scillia
1999), con una formazione metaculturale ed esperienziale, nelle aree A1 ed A2, esperienziale e
progettuale, nei corsi di laboratorio, situata, nel tirocinio (Michelini, Sartori 1998, Schettini 1999,
Michelini 1999, Guerra 1999).
Tra gli insegnamenti trasversali è stato inserito l’orientamento (2 cfu), che prevede una parte
generale sulle diverse dimensioni dell’orientamento ed una parte di problem solving per
l’orientamento formativo disciplinare, che costruire un ponte tra le attività di area A1 e quelle delle
altre aree (Bosio 1999; Michelini, 2003).
Per la classe 59A, che mira ad un insegnamento scientifico interdisciplinare, in cui é inserita la
fisica, il piano di studi prevede tre moduli di 2cfu ciascuno di didattica della fisica, attività
sperimentali e laboratorio didattico. Ad essi si aggiungono 4 cfu di tipo trasversale dedicati alla
storia ed epistemologia della scienza. Nel modulo di didattica della fisica vengono discussi
strumenti e metodi propri della fisica nel contesto di percorsi didattici, che offrono agganci
interdisciplinari o sono coordinati disciplinarmente con le altre discipline scientifiche. Ciascuno
specializzando vive e discute le proposte didattiche offerte ed ha il compito progettuale di redigere
due percorsi didattici su temi diversi da quelli trattati. L’attività progettuale si sviluppa a partire
dagli strumenti offerti in discussione nel modulo di laboratorio didattico, avvalendosi di materiali di
ricerca didattica, che vengono analizzati e rielaborati, seguendo criteri di progettazione di materiali
di ricerca (Martongelli 2001, Marucci 2001). La coerenza d'impostazione pedagogica e il rigore
logico e metodologico sono valutati nei progetti degli specializzandi con lo spesso peso attribuito ai
contenuti formativi.
Nella Tabella 2 è illustrato il piano formativo di area A2 per la fisica nelle classi 38A e 49A.
Tabella 2: Moduli formativi di area A2 per la fisica nell'indirizzo FIM a Udine
Sigla
Moduli di area A2
DF
PED
CF1
CF2
EF
ELA
AR
Didattica della Fisica
Preparazione di Esperienze Didattiche
Complementi di Fisica 1: Fisica statistica e relativistica
Complementi di Fisica 2: Fisica Quantistica. Fisica atomica e nucleare
Esperimenti di Fisica
Elaboratore nella Didattica Scientifica
Apprendimento in Rete
Totale cfu
38A
49°
4
4
4
4 (2)
4
2
4
2
4
2
(2)
2
I singoli moduli formativi di area A2 offrono contributi alla formazione di base della professionalità
docente, con i seguenti contenuti.
DF - Problemi generali per la progettazione, la programmazione e la gestione della didattica della
fisica. Specificità disciplinari, strumenti e materiali. Ruolo del laboratorio e dell'elaboratore nel
curriculum di fisica. Progetti didattici elaborati in Europa e in USA. Problemi di apprendimento in
fisica e percorsi didattici proposti dalla ricerca. Innovazione e sperimentazione didattica. Esempi.
PED – Presentazione, esecuzione e discussione di attività sperimentali significative per
l'insegnamento della fisica nella scuola secondaria. Schede di lavoro secondo diverse impostazioni
dell’attività sperimentale e modalità di analisi dei dati.
CF1&CF2 - Discussione critica disciplinare di temi di fisica moderna e di percorsi per l'innovazione
didattica su tali temi.
EF - Esecuzione e discussione di esperimenti di fisica per la didattica nella classe 38A
ELA - Proposte didattiche di impiego dell'elaboratore per l'apprendimento della fisica: analisi dati,
modellizzazione, misure con sensori in linea con l'elaboratore, simulazioni.
AR - Proposte didattiche in rete telematica: gestione di ambienti di apprendimento.
Le parentesi indicano scelte opzionali per gli specializzandi.
In Tabella 3 sono presentati i laboratori didattici di fisica offerti (Area A3) per le classi 38A e 49A.
Tabella 3: Moduli formativi di area A3 per la fisica nell'indirizzo FIM a Udine
Totale CD
Sigla
Moduli di area A3
38A
LM1+LM2
Laboratorio di Meccanica e Fluidi
2
LTD
Laboratorio di Termodinamica
2
LEM
Laboratorio di Elettromagnetismo
2
LOT
Laboratorio di Ottica
2
LMQ
Laboratorio di Fisica Quantistica
2
LFS
Laboratorio di Fisica statistica e relativistica
2
ESE
Esercizi e Problemi in Fisica:
4
MM
Multimedialità e Modelling
4
PER
Percorsi didattici in fisica
4
49 A
2
2
2
2
2
1
1
Il laboratorio didattico ESE e PER si svolgono rispettivamente al I e al II anno di specializzazione,
mentre tutti gli altri laboratori sono divisi in due parti, che si svolgono al I ed al II anno
rispettivamente. La prima parte di tali laboratori consiste nell’analisi e nella discussione di proposte
e percorsi didattici, a cui segue una fase di progettazione di sequenze didattiche da parte degli
specializzandi, utilizzando un'ampia bibliografia di ricerca in materia, in parte fornita, in parte
reperita come compito dagli specializzandi stessi in rete telematica e in biblioteca. La seconda parte
di ogni laboratorio è incentrata sulla discussione dei progetti elaborati dagli specializzandi e sugli
strumenti didattici che possono essere coerentemente usati al variare delle strategie e delle
metodologie. Particolare attenzione viene dedicata alla strategia di tipo PEC (Previsione,
esperimento, controllo) e Project Based Laboratory, sulle quali si basano i più noti e diffusi progetti
didattici. Parimenti viene ampiamente discusso il ruolo operativo delle Tecnologie
dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) e gli strumenti, che offrono nuove modalità di
esplorazione di idee, concetti ed ambienti per apprendere.
Ogni specializzando elabora 4 percorsi dettagliati di cui almeno tre su temi di fisica di base:
meccanica, fluidi, termodinamica, elettromagnetismo, ottica. Un quarto percorso viene predisposto
su uno dei temi di fisica avanzata: statistica, relativistica, atomica, quantistica, nucleare. Elabora
inoltre uno strumento didattico, come ricaduta del laboratorio ESE. Uno dei percorsi viene
completato dalla preparazione di materiali per l’attività didattica in classe.
Per la classe A038 si aggiunge almeno una sequenza per il laboratorio LFS ed almeno un altro
strumento didattico del laboratorio ESE e del laboratorio MM.
Gli strumenti e i percorsi didattici elaborati sono oggetto di una prima valutazione effettuata
mediante una discussione individuale con il docente di laboratorio.
I criteri per la progettazione dei percorsi sono oggetto di analisi nel modulo di didattica della fisica
(DF) e fanno riferimento a ricerche sul protocollo di sperimentazione di innovazioni didattiche
(Aiello 1999). Essi si avvalgono anche delle competenze acquisite negli altri moduli ed in
particolare in quelli PED ed ELA.
I progetti degli specializzandi vengono discussi in presenza e a distanza nei corsi AR e PER, tenuti
congiuntamente da un docente di area A1 e da uno di area A2, con la collaborazione dei supervisori,
che assumono anche il compito di tutor della progettazione in rete.
In questo contesto i corsi AR e soprattutto PER svolgono la funzione di momenti di sintesi,
riflessione, riepilogo, verifica e (auto) valutazione del proprio lavoro di tirocinio, ripensamento
sull’intero percorso formativo. In questo senso offrono anche occasioni significative per affrontare
consapevolmente l’esame di stato, non in quanto esercitazione, ma come momento di
autoriflessione.
I progetti vengono discussi e valutati nell'esame integrato di Didattica della Fisica I e Didattica della
Fisica II, rispettivamente al I e II anno. L’apporto di ogni modulo formativo si integra a livello
progettuale e come tale è oggetto di valutazione, superando la parzialità delle prove relative al
contributo dei singoli moduli.
Progetti per la didattica della fisica: dal laboratorio al tirocinio
I progetti didattici che gli specializzandi realizzano per le attività di tirocinio di fisica nascono nei
laboratori di didattica.
Le attività del laboratorio didattico sono basate sulla discussione critica di materiali e percorsi
didattici per lo più sviluppati nell’ambito di ricerche didattiche e sono mirate alla progettazione di
micropercorsi e strumenti per il lavoro in classe.
Principale attenzione è posta alle proposte di percorsi curricolari, in grado di realizzare cambiamenti
concettuali mediante l’operatività (Nisbet 1974; Pines 1986; Linder 1993), a quelle mirate al
superamento delle difficoltà di apprendimento in campo scientifico, a quelle di innovazione
didattica, le cui strategie sono legate a forme di educazione informale (AAVV 1995, Bosio 1997,
Bosatta 1998) e al contributo per l'apprendimento delle TIC 6,7 (Aiello 1999).
In essi si realizza una connessione tra ricerca didattica e formazione insegnanti, che ha carattere
strutturale e sistematico (Michelini, Sartori 1998). I docenti in formazione vengono a conoscenza di
proposte di ricerca e si abituano ad utilizzare lavori della letteratura internazionale di ricerca
didattica per la loro formazione. Modalità rigorose e riferite a standard validati sono richieste per la
valutazione della loro sperimentazione nel tirocinio.
Per la classe A059 i principali materiali di riferimento per la progettazione sono: le proposte di
educazione informale della mostra GEI (AAVV 1995, Bosio 1997, Bosatta 1998), l’ambiente
GEIWEB (Michelini 1998, Bosio 1999), l’ipertesto Stati e processi termici (Meneghin 1997); le
proposte “primi passi nei fenomeni termici” sviluppato nell’ambito del progetto nazionale SeCiF6,
selezionate proposte su forze e moto7, i materiali preodotti per il progetto FFC.
Nel laboratorio si discutono prevalentemente: la misura e le proprietà dei sistemi, le forze e
l’equilibrio (sia del punto materiale, sia di sistemi estesi), cinematica e dinamica del moto,
fenomeni termici, luce - fenomeni ottici e basi della visione, fenomeni elettrici, magnetici ed
elettromagnetici. I temi vengono proposti come contesti di discussione per impostare i progetti
didattici. Attività sperimentali si integrano nella discussione come esempi di modalità e strategie
affrontate. Per ogni tema si effettuano semplici esplorazioni sperimentali ed almeno una misura, con
materiale povero e sensori collegati in linea con il computer, nelle realizzazioni economiche per la
scuola media.
Per le classi A049 e A038 costituiscono materiali di supporto le proposte didattiche prodotte nelle
ricerche nazionali (Aiello 1999, Marucci 2001) e locali (Michelini, Scillia 1999; Michelini,
Mossenta 2001) su: forze e moto7, sull’approccio alla meccanica a partire dallo studio di contesti
specifici, quali quello dei sistemi oscillanti (Aiello 1999) e del rimbalzo di una pallina7, i fenomeni
termici e le trasformazioni termodinamiche6, le basi dell’ottica fisica6, l’introduzione alla fisica
quantistica6. Esse sono disponibili in web e comprendono, per ogni proposta didattica:
presentazione, impostazione, approccio, strategia, metodi, prerequisiti, mappa, percorso, attività,
risorse, nodi concettuali, una collezione di esperimenti, documentazione di sperimentazioni a
scuola.
La progettazione dei percorsi di tirocinio parte da tali materiali e comporta una rielaborazione
argomentata sul piano dell’impostazione, delle strategie, dei metodi e dei contenuti. Talvolta
consistono addirittura in una progettazione su nuove tematiche, seguendo il modello dei materiali di
riferimento. Tutti i percorsi prevedono: a) attività sperimentali qualitative e quantitative, in genere
con l’uso di sensori collegati in linea con il computer, b) impiego di strumenti informatici per la
elaborazione e analisi dati, c) la costruzione di modelli empirici, d) attività di modellizzazione
dinamica, e) simulazione di sistemi fisici, f) schede di lavoro, che applichino la strategia Previsione,
Esperimento, Confronto (PEC).
Le diverse fasi di progettazione sono seguite congiuntamente dal docente di didattica della fisica,
dal/dai docente/i di laboratorio e dal/i responsabile/i del tirocinio, spesso realizzando incontri di
tutorato intermedi rispetto agli incontri di laboratorio, talvolta in compresenza nelle attività ufficiali.
La dinamica, che viene attivata per individuare quali progetti realizzare nel tirocinio, prevede
diverse fasi.
Nella prima i tirocinanti individuano, tra le proposte che vengono loro fatte nei laboratori, una
prima scelta di possibili tematiche (almeno 3). In seguito vengono incontrate le scuole, disponibili
ad accogliere attività di tirocinio per effettuare una mappatura dei: 1) docenti disponibili ad
accogliere nelle proprie classi una delle tematiche proposte; 2) elementi problematici da tenere sotto
controllo durante le attività di tirocinio.
In sede SSIS vengono ridefiniti i temi per ciascun tirocinante all'interno delle disponibilità sopra
indicate, delle esigenze contingenti dei tirocinanti e del piano didattico formativo della SSIS.
Vengono stabiliti i tempi di attuazione dei tirocini. Il supervisore di area e il docente accogliente
avviano uno o più incontri preliminari per la definizione delle modalità di ingresso del tirocinante in
aula.
La preparazione del percorso didattico per il progetto di tirocinio prevede le fasi di seguito descritte.
a) Ricerca bibliografica sulla letteratura internazionale a partire da un particolare problema
proposto, coinvolto nel tema del percorso scelto.
È questa una fase importante, che abitua a superare l’autoreferenzialità, che caratterizza la scuola.
La ricerca didattica curricolare, infatti, aiuta gli specializzandi ad individuare gli aspetti
fondamentali dello specifico contesto disciplinare (Brigaglia 2002) e ad enucleare gli aspetti
metodologici fondanti, che poi entreranno nei progetti che essi realizzeranno. A partire dalla
letteratura essi raccolgono informazioni sulle rappresentazioni mentali degli studenti (Pfund 1994)
per prefigurare possibili scenari da affrontare in classe. Si costruisce un quadro delle principali
difficoltà di apprendimento e dei nodi concettuali, che esse implicano e si esplorano le diverse
impostazioni didattiche, che permettono di superarle (Jenkins 200). Si attinge dagli strumenti
diagnostici (Hesteness 1992; Pfund 1994; Marin 2001) per preordinare test e materiali di
valutazione e didattici.
b) Familiarizzazione in laboratorio con strumenti da usare in classe (esperimenti, software, ambienti
di modellizzazione, test diagnostici, schede di lavoro, protocollo di intervista, strumenti
multimediali..). Si provano “gli attrezzi di lavoro” e si esplorano situazioni risonanti con quelle che
poi si produrranno in classe (Astolfi 1997), per organizzarle organicamente, per prevenire
inconvenienti e per avere familiarità con i contesti dell’attività didattica auspicata (McDermott
2002).
c) Prove preliminari di controllo dei principali strumenti tecnici (di laboratorio, software, etc)
nell’ambiente in cui si utilizzeranno con i ragazzi (contesto scolastico),
d) Individuazione di un microobiettivo di ricerca (un aspetto del problema di ricerca considerato) da
affrontare nella attività in classe, ad esempio validazione di un protocollo di intervista, di un
esperimento di schede didattiche o analisi dei processi di apprendimento.
e) Progettazione di un prodotto didattico della stessa natura di quello esaminato, prevedendone la
contestualizzazione in una sequenza didattica da sperimentare in classe.
f) Messa a punto e discussione in laboratorio delle proposte sperimentali da portare nelle scuole,
g) Eventuale rimodulazione del progetto per adattarlo al programma della classe di tirocinio,
raccordandosi con il docente accogliente.
Ciascuna di queste fasi richiede di mettere in campo riflessioni specifiche su aspetti differenziati.
Preparare l’intervento didattico non è dunque solo una palestra di riproduzione di sequenze
didattiche o l’acquisizione di un protocollo di tecniche: è un’occasione per riconoscere ed
approfondire problematiche, diventandone gestori, imparando ad affrontarle.
In questo processo l’intervento di turoring consiste in una revisione a più riprese del progetto e dei
materiali per garantirne la significatività sul piano culturale, la coerenza tra gli assunti di
impostazione pedagogica, le scelte didattiche e le caratteristiche dei materiali predisposti. È
esperienza comune quella di riscontare la coesistenza inconsapevole di modelli formativi diversi, tra
i quali spesso riaffiorava quello direttivo e di trasmissione del sapere appreso per imitazione da
precedenti esperienze formative (nella scuola e nell'università prioritariamente).
Progetti per la didattica della fisica: dal tirocinio al laboratorio
Il tirocinio si prospetta come una sperimentazione di ricerca in contesto, come una formazione
attraverso ricerca – azione e riflessione sulla pratica della didattica. Esso si realizza in quattro fasi:
a) Svolgimento dell’attività di tirocinio in classe; b) valutazione del lavoro svolto; c) discussione
degli esiti nel laboratorio; d) stesura del rapporto di sintesi, che eventualmente viene inserito nella
relazione finale per l’esame di stato.
La contestualizzazione del percorso progettato richiede spesso un’ulteriore revisione per calibrare le
proposte sulla base dei tempi, dello stile didattico del docente accogliente e delle risorse disponibili.
Una volta che viene definita la progettazione, i tirocinanti costruiscono gli strumenti per l’attività in
classe (i test di ingresso e di uscita -in/out-, i protocolli di intervista e le schede per le attività
sperimentali con gli studenti, le caratteristiche del diario di bordo). I progetti, non meno di due per
ciascuna delle classi A038 e A049, prevedono interventi che variano dalla 8 alle 10 ore,
comprensive delle attività sperimentali da condurre con i ragazzi.
Per la messa a punto degli esperimenti e il prestito delle attrezzature alle scuole gioca un ruolo
fondamentale il Centro Laboratorio per la Didattica della Fisica (CLDF) del CIRD8.
Ogni progetto, che i tirocinanti portano in classe viene preventivamente discusso dal docente e dal
supervisore di area con lo/la specializzando/a interessato/a e revisionato non meno di due volte.
La sperimentazione nelle classi è documentata dai materiali redatti dagli studenti, da note di
insegnanti accoglienti, dal diario di bordo dei tirocinanti, dai test di ingresso, uscita ed in itinere, da
un'intervista dal supervisore con i docenti accoglienti.
La verifica periodica dell'andamento della sperimentazione comporta frequenti interazioni, per lo
più in rete telematica, tra il tirocinante, il supervisore e/o il docente di area. Soprattutto nella scuola
media (classe A059) ciò è servito ad attuare inaspettate revisioni in itinere della progettazione,
prodotte soprattutto a causa di una non chiara esplicitazione da parte del docente accogliente della
situazione di partenza dei ragazzi (programma svolto fino all’intervento del tirocinante, possesso di
prerequisiti metodologici…) e/o della mancanza di una fase esplorativa della classe prima
dell'intervento. Nel caso del tirocinio nelle scuole superiori l’interazione in rete è servita soprattutto
ad assistere i tirocinanti nella discussione con gli studenti di dati sperimentali inattesi.
La qualità del processo formativo dei futuri docenti è legata al ruolo attivo degli specializzandi ed
alla molteplicità delle interazioni possibili.
Alcuni esempi di percorsi realizzati nel tirocinio
Si illustrano sinteticamente alcuni percorsi di tirocinio di fisica sperimentati nella scuola media e
nella scuola secondaria superiore. Sono quelli, che abbiamo trovato essere migliori, non tanto per
l’originalità, quanto per il rigore logico e metologico seguito in fase di progettazione e di
sperimentazione. In ciascun caso si menzionano i tirocinanti coinvolti e la scuola di
sperimentazione.
Percorsi sperimentati nella scuola media.
La Misura (Modulo progettato da Maurizio Falilone e realizzato nell’a.a. 2001/2002 presso la SM
di Muzzana). Si tratta di un modulo, che consente di fornire in modo semplice e coinvolgente un
ampio spaccato di concetti e metodologie proprie della fisica. In questo senso ha anche valore
orientante. Dalla semplice richiesta “misura il libro” si passa a riconoscere le diverse proprietà di
semplici sistemi dell’ambiente circostante (le dimensioni, il volume, la massa, …, l’odore, il colore,
…), distinguendole in organolettiche e misurabili (grandezze fisiche). Queste ultime vengono
definite operativamente in termini di procedure o strumenti di misura, contestualmente alla analisi
del funzionamento di strumenti di misura, di unità di misura e sistemi di unità di misura. Si creano
contesti problematici, per riconoscere la grandezza da misurare. Si discutono diverse modalità di
misura diretta o indiretta. Il problema della misura di volumi viene proposto chiedendosi quanto è il
volume di un certo numero di monete. Si utilizza quindi una moneta come campione di volume e si
prova a misurare il volume di una scatola. Emerge subito la non adeguatezza del campione prescelto
e invece la maggiore efficacia di utilizzare dei cubetti uguali per riempire completamente la scatola
e valutarne il volume avendo come campione il “cubetto”. Si prova a generalizzare il risultato
chiedendosi se è adeguato per misurare il volume di un sasso. Si riconosce, che in questo caso è
necessario utilizzare una procedure diversa (lo spostamento di liquidi) che solo indirettamente può
essere ricondotta al confronto con il numero di cubetti. Se si effettua la stessa procedura con della
sabbia si riconosce, che un fissato volume di sabbia contiene al suo interno molti spazi che vengono
riempiti dal fluido in cui la sabbia si trova immersa (aria, acqua).
La massa viene riconosciuta dallo strumento che la misura, mentre alcune esperienze, come la
misura della massa prima e dopo aver frantumato un oggetto, prima e dopo della fusione di un
cubetto di ghiaccio in una bottiglia e della soluzione di una pastiglia di alka selzer in acqua,
permettono di introdurre l’idea di conservazione di tale grandezza. Nell’ultimo caso si misura anche
la massa del gas prodotto dalla pastiglia, per spostamento di liquido.
Forze ed equilibrio (moduli sperimentati da Tiziana Bortoluzi e Alessandra Testa, rispettivamente
presso la SM P.zza Garibaldi di Udine e l’IC di Codroipo, nell’a.a. 2002/2003). La forza viene
introdotta come descrittore dell’interazione tra sistemi e definita operativamente attraverso la
taratura di un dinamometro. L’analisi di semplici situazioni (un oggetto appoggiato sul banco, una
macchinina o una gomma su un piano inclinato (una stecca da disegno), porta a riconoscere le
condizioni per cui si realizza l’equilibrio di un sistema. Il riconoscimento delle Forze attive (la forza
esercitata da una molla) e passive (la forza d’attrito o quella di reazione vincolare) viene stimolata
attraverso la costruzione del modello formalizzato di forza. La sua natura di vettore applicato
emerge dall’osservazione del diverso effetto che produce la stessa forza (la spinta di un ragazzo)
che agisce su punti diversi di uno stesso corpo (il petto, la spalla di un compagno). L’analisi di
semplici sistemi sottoposti a rotazione (l’apertura di una porta, una cassa appoggiata sul pavimento
e spinta lateralmente sulla sommità) portano a riconoscere la necessità di introdurre una nuova
grandezza: il momento di una forza. Esso viene introdotto operativamente analizzando le condizioni
di equilibrio di una bilancia a bracci uguali (un’asta girevole su cui vengono posti a distanze
prefissate masse uguali). Viene utilizzato come ente che consente di trattare in modo unificato la
meccanica dei sistemi. Ad esempio i diversi tipi di leve non vengono più classificati per tipologie,
ma vengono analizzati in termini di corpi estesi in equilibrio o in cui cambia lo stato di moto
rotatorio in dipendenza del momento totale agente su de essi.
Fenomeni termici (moduli progettati e sperimentati nell’a.a. 2001/2002 da Laura Merluzzi, Roberta
Moro, Marianna Feruglio, presso la scuola media Piazza Garibaldi Udine, da Sabrina Perini,
presso la scuola media dell’IC di Tricesimo). Le proposte si basano su attività sperimentali
esplorative, condotte con sensori di temperatura (Mazzega 1996). Sfruttano a pieno le potenzialità
offerte dalla rappresentazione in tempo reale dell’evoluzione nel tempo della temperatura, per
creare un ambiente di apprendimento che trasforma il gioco, in sfida concettuale, in esplorazione di
situazioni, in progetti di misure per costruire i concetti e formalizzarli, in analisi di fenomeni
quotidiani per collocare i concetti. I percorsi si sviluppano attraverso i nodi di seguito indicati, che
possono essere esplicitati ed affrontati solo con un approccio termodinamico centrato sul
riconoscimenti e sulla identificazione di stati e processi termici. L’esplorazione della sensazione
termica e della temperatura di oggetti posti sul tavolo fa riconoscere che la sensazione termica e la
misura della temperatura forniscono informazioni diverse. In particolare la prima dà luogo a
fenomeni di memoria (esperimento do Look). La temperatura è una grandezza, che viene misurata
attraverso un processo di interazione termica e si effettua quando si realizza equilibrio termico tra
misiratore e misurato. Sistemi interagenti termicamente dello stesso materiale (due masse d’acqua,
due cubetti di alluminio) si portano spontaneamente all’equilibrio termico e la comune temperatura
di equilibrio è determinata dalle loro temperature iniziali e masse. Un termostato si può realizzare
con un sistema di massa molto più grande di quella dei sistemi che interagiscono con esso.
Dall’analisi di semplici situazioni in cui si producono variazioni di temperatura di un sistema si
riconosce, che il prodotto della massa del sistema per la variazione di temperatura da esso subita è
costante per una fissata modalità di riscaldamento. Tale prodotto definisce operativamente il calore
nel caso dell’acqua e permette di riconoscere il calore specifico e la legge fondamentale della
calorimetria.
La Luce e la visione (modulo progettato da Simona Vinzin e sperimentato presso la SM di Codroipo
nell’a.a. 2001/2002). Si guarda all’interno di una scatola in cui sono praticati opportunamente dei
fori (Michelini 1998) e in una camera buia, per riconoscere che l’occhio è in grado di vedere solo se
colpito dalla luce e che vediamo i diversi oggetti solo in quanto diffondono la luce che incide su di
essi. Si caratterizzano con gli stessi sistemi i processi di diffusione, assorbimento e riflessione. Per
costruire l’idea della propagazione rettilinea della luce si esplora come si formano le immagini nella
camera oscura e le ombre di un ostacolo illuminato proiettate su uno schermo. Si formalizzano i
concetti creando un ponte con la matematica in particolare per la costruzione delle ombre e per la
riflessione.
Lo studio del moto con i sensori (modulo progettato da Paolo La Manna e sperimentato presso la
SM di Claut nell’a.a. 2002-2003). A partire dalla richiesta di individuare la posizione di un oggetto
(es.: un banco) si discute l’esigenza di un sistema di riferimento (ossia di almeno due assi orientati
intersecatisi in una comune origine su cui sono fissate due unità di misura). Il moto nel piano (un
bambino A che cammina nella classe) viene scomposto nel moto lungo due assi (quello di due
bambini che si muovono secondo la proiezione del moto di A lungo due pareti ortogonali della
classe). Si riconosce, che il moto di A può essere descritto dalla ricomposizione dei due moti
proiezione. Si giustifica così l’utilità dello studio del moto in una dimensione. Con l’uso del sonar si
esplora la camminata di un ragazzo davanti ad esso. Si introduce in modo qualitativo la differenza
tra legge oraria e traiettoria e la correlazione tra pendenza del diagramma orario e velocità.
Lo studio del moto di una macchinina, che scende lungo un piano inclinato e poi prosegue il suo
moto su un piano, consente di caratterizzare il moto vario (nel caso specifico prima accelerato e poi
decelerato per attrito) e le grandezze, che lo descrivono. A partire dallo studio dei grafici si
costruiscono le leggi, che definiscono le grandezze cinematiche derivate: velocità ed accelerazione.
Si discutono le correlazioni tra i singoli grafici del moto e le fasi del moto stesso e quelle tra i
grafici delle diverse grandezze riferite ad uno stesso moto. Si formalizzano i casi più semplici (moti
uniformi).
Percorsi sperimentati nella scuola superiore.
Ottica fisica (modulo progettato da Adriana Visentin e sperimentato presso il LS Grigoletti di
Pordenone nell’a.a. 2001/2002). Il modulo di ottica fisica ha riguardato la Diffrazione Luminosa.
Ha avuto come finalità quella di introdurre il fenomeno della diffrazione e dell’interferenza a
partire da esperienze di tipo qualitativo; il lavoro si è sviluppato prendendo in esame la figura di
diffrazione prodotta da una fenditura sottile. Mediante esperimenti di tipo quantitativo è stato
introdotto il modello interpretativo del fenomeno con il metodo dei fasori; si è osservato il
fenomeno dell’interferenza considerando la diffrazione da due fenditure. L’impostazione scelta è
quella di caratterizzare la diffrazione sul piano sperimentale per interpretarla con il principio di
sovrapposizione di onde prodotte da sorgenti in fase su una fenditura, nell'ipotesi di Huygens.
Meccanica quantistica (modulo progettato da Mariangela Conzato e sperimentato presso il LS
Grigoletti di Pordenone nell’a.a. 2001/2002). Il modulo aveva come obiettivo generale quello di
introdurre la meccanica quantistica, affrontando direttamente alcuni concetti fondanti della teoria
stessa, evitando di soffermarsi sulle problematiche e le circostanze che hanno portato alla sua
nascita. Si tratta di un approccio alle idee teoriche della meccanica quantistica nel tentativo di
introdurre le scelte formali che determinano il significato stesso degli enti, come nel caso dello stato
quantico.
La discussione di impostazioni alternative è stata la premessa alla presentazione del percorso,
attraverso il quale si mira a dimostrare l’importanza e le conseguenze del Principio di
Sovrapposizione. Si utilizza la polarizzazione come esempio di proprietà quantistica della luce, che
permette di comprendere il concetto di stato quantico a cui associare un vettore in uno spazio
bidimensionale. L’analisi dell’interazione della luce con polaroid e con cristalli birifrangenti (in
situazioni ideali) permette di comprendere il significato di proprietà incompatibili, esemplificare il
principio di indeterminazione, l’indeterminismo quantistico e l’impossibilità di attribuire un preciso
cammino ai singoli fotoni. Partendo dalla legge di Malus, ricavata sperimentalmente dagli studenti
stessi, e dalla rappresentazione di uno stato quantico attraverso un versore è stato possibile inoltre
introdurre gli studenti al formalismo vettoriale e alla forma quantitativa del principio di
sovrapposizione.
I principali nodi concettuali trattati sono stati quelli di: stato quantico e sua rappresentazione in uno
spazio vettoriale astratto; formulazione matematica del principio di sovrapposizione lineare
quantistico; discussione del suo contenuto fisico; principio di indeterminazione, concetto di
osservabili incompatibili e indeterminismo non epistemico.
Elettromagnetismo (Modulo progettato da Alessandro Fogale e sperimentato dell’aas 2002/2003
presso l’ITAS di Cividale). Dall’osservazione dell’interazioni fra magneti diversi e fra magneti e
oggetti di diverso materiale si riconoscono le polarità magnetiche, l’esistenza di materiali
ferromagnetici e non ferromagnetici, la magnetizzazione. Con un magnete posto su di un piano
orizzontale cosparso di limatura di ferro si costruisce l’idea di linea di campo. Attraverso di essa si
studiano diverse geometrie e in particolare il campo generato da dipoli magnetici. Il campo
magnetico generato da un magnete dipende dalla forma del magnete stesso. Il concetto di campo e
di linea di campo vengono precisati operativamente con l’utilizzo di una bussola: il campo

magnetico B generato da un magnete ha direzione e verso definiti sperimentalmente mediante
l’orientamento dell’ago magnetico. Componendo e scomponendo più magneti uguali, si riconosce,
che non esistono monopoli magnetici. Dal comportamento di magneti isolati, si riconosce, che la
Terra possiede un suo campo magnetico.
L’esperienza di Oersted, proposta semplicemente appoggiando un filo conduttore sopra ad una
bussola, consente di riconoscere, che un filo rettilineo percorso da corrente genera un campo
magnetico. L’esplorazione del campo con limatura di ferro evidenzia, che le linee di campo sono
circonferenze concentriche con il filo. Esplorando il campo con la bussola, posta in varie posizioni
intorno al filo se ne stabilisce il verso e lo si correla a quello della corrente. Anche in questo caso,
considerando diverse semplici situazioni si evidenzia come il campo magnetico generato sia
strettamente legato alla geometria. Misure di intensità del campo magnetico generato da correnti e
di quello terrestre completano il percorso.
La fisica della bicicletta (modulo progettato da Alessandro Cozzarini e sperimentato nell’a.a.
2002/2003 presso l’IPSIA di Codroipo). Si tratta di un percorso di introduzione alla meccanica del
corpo rigido attraverso lo studio di un oggetto di normale utilizzo da parte degli studenti: la
bicicletta. Offre l’occasione di raccordare l’esperienza quotidiana, con la conoscenza scientifica
attraverso attività di modellizzazione. A partire dall’analisi degli elementi costitutivi della bicicletta
e del suo moto, si studia la cinematica del corpo rigido in un ambiente simulato (Interactive
Physics). Si costruisce una simulazione del blocco pedale per riconoscere il moto traslatorio dei
pedali e quello rototraslatorio dei diversi punti delle pedivelle. In modo analogo si costruisce la
simulazione del moto di una ruota in particolare per studiare la rotazione intorno al punto di
contatto e il moto cicloide descritto da tutti i punti dei raggi. Si passa quindi allo studio della
dinamica della bicicletta. Si individuano le forze agenti sulle diverse parti della bicicletta quando è
ferma e quando è in moto. In particolare in questo caso si riconosce, che l’unica forza che agisce
orizzontalmente sulla bicicletta e che ne produce il moto è quella che agisce sulla ruota posteriore e
dovuta all’interazione con il terreno. A partire da dati ottenuti in letteratura si studiano infine le
caratteristiche della forza di spinta sui pedali, perchè il blocco pedali possa ruotare. In particolare si
riconosce la necessità di introdurre il concetto di momento di una forza come organizzatore
cognitivo del moto del corpo rigido.
Conclusioni.
Il piano didattico attuato presso la SSIS di Udine per la formazione iniziale degli insegnanti di
scuola secondaria in fisica propone la circolarità tra le diverse aree didattiche in termini di
integrazione strutturale mirata alla progettualità. Le strategie formative coinvolgono modalità
differenti, imperniate sui risultati della ricerca didattica e sui suoi modi propri di operare.
La costruzione della professionalità docente in fisica avviene tramite l’impegno degli specializzandi
in attività di analisi critica di materiali di ricerca, problem solving e predisposizione di materiali
didattici, con un forte responsabilità sostenuta nella preparazione, conduzione e valutazione del
tirocinio.
Le attività dei laboratori didattici sono basate sulla discussione critica (disciplinare e didattica),
finalizzata alla progettazione di micropercorsi e strumenti per il lavoro in classe. Ciò viene
preparato con la discussione di materiali di ricerca sia nei corsi di area A2, che in quelli di area A3.
I materiali, che costituiscono riferimento per la progettazione di percorsi sono altri percorsi,
strategie e strumenti didattici, presentati in letteratura come proposte di cambiamento concettuale
per superare i problemi di apprendimento derivanti dal conflitto tra ragionamenti di senso comune
ed interpretazione scientifica della realtà. Sono anche tutti i tipi di materiali necessari ad impostare
la progettazione didattica, ad esempio: griglie per preparare test in/out, esempi di test in/out, schemi
per la rilevazione della situazione di partenza della classe, schede e griglie per una veloce
annotazione dell’andamento giornaliero dell’attività, griglie strutturate per la rilevazione delle
abilità metodologiche e delle modalità di formalizzazione, modalità di analisi dell’interazione tra
soggetti (studenti-docente e studenti-studenti) durante l’attività, protocolli per la rendicontazione
della sperimentazione.
I progetti di percorsi dei tirocinanti comprendono, oltre all’argomentazione di scelte disciplinari,
pedagogiche e didattiche, documentate proposte di attività sperimentali e di impiego di TIC per
l’analisi dati, la modellizzazione e la presentazione multimediale di concetti. Comprendono test di
ingresso e di uscita, esercizi e schede di lavoro.
Il grande carico di lavoro coinvolto nella richiesta di progettazione di almeno 4 percorsi tematici è
sostenuto volentieri dagli specializzandi, che trovano essere un’occasione importante quella di
potersi cimentare a produrre proposte didattiche secondo alti standard di qualità, con un aiuto
esperto. Avere indicazioni per trovare e selezionare materiali in letteratura, così come avere un
riscontro critico rispetto alle proposte elaborate è da loro considerato più importante della
rivisitazione critica di contenuti disciplinari fuori dal contesto professionale. L’integrazione dei
contributi di aree diverse in prodotti per la didattica, li aiuta a quella sintesi formativa, che
costituisce la professionalità docente. La sperimentazione che attuano nel tirocinio porta un
contributo formativo importante, anche grazie alla riflessione critica richiesta dall’esame abilitante
su tale esperienza.
La collaborazione con la scuola è rafforzata dall’apprezzamento da parte degli insegnanti
accoglienti del contributo portato nelle classi dai tirocinanti e realizza una simbiosi formativa nei
laboratori, dove si lavora su risultati di ricerca ottenuti congiuntamente da insegnanti secondari ed
universitari, che conducono i laboratori.
La disponibilità di strutture ed attrezzature di sostegno alla formazione, come laboratori
sperimentali, ambienti di riunione, aule informatizzate è importante per l’individualizzazione dei
percorsi formativi e l’espletarsi a pieno della progettazione didattica. Anche il prestito di materiali
per la sperimentazione di innovazioni didattiche portate dagli specializzandi è considerato un
ritorno adeguato al contributo della scuola nella formazione iniziale degli insegnanti.
Tirocini che realizzano la ricaduta dell’intero percorso formativo, permettono al docente in
formazione di confrontarsi con il proprio stile di lavoro ed offrono alla scuola occasioni di
innovazione. Ciò produce spesso una domanda di formazione in servizio, che si traduce in un modo
di lavorare insieme sui problemi didattici posti dalla scuola.
Nella formazione iniziale degli insegnanti non serve un tirocinio, che dia loro prevalente esperienza
delle realtà e delle difficoltà. Senza che ignorino i problemi di gestione, organizzazione e
comunicazione oggi spesso presenti nella scuola, serve che il tirocinio li motivi verso un contributo
di miglioramento della scuola, con un sostegno adeguato, perché gli specializzandi si sentano in
grado di darlo.
Note
1 DM 6.5.98, Criteri generali per la disciplina da parte delle università degli ordinamenti dei Corsi di Laurea in Scienze
della Formazione primaria e delle Scuole di Specializzazione all'insegnamento secondario, UeS, III, 2/N, 1998
2 DM 3 novembre 1999, n.509, Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, pubblicato
nella G.U. n.2 del 4 gennaio 2000.
3 Le competenze degli insegnanti nell’Unione Europea, Seminario ENTEP di Bruxelles 29.09.2001, in G Bonetta, G
Luzzatto, M Michelini, MT Pieri 2002, a cura di, Università e Formazione degli insegnanti: non si parte da zero,
Forum ed p. 257-263
4 Second INTERNATIONAL GIREP Seminar on Quality Development in Teacher Education and Training, 1 - 6
September 2003, University of Udine, Italy, www.uniud.it/cird/girepseminar2003/.
5 La Legge 19.11.1990 n.341 ha istituito la formazione universitaria degli insegnanti, affrontando un problema aperto
nel nostro Paese fin dal dopoguerra, ma il Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria (CdL) è stato
avviato solo nel 1998 e la Scuola di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario (SSIS) l'anno successivo, nel
1999.
6 SeCiF è un progetto di ricerca cofinanziato MIUR, coordinato nazionalmente da Paolo Guidoni dal titolo "Studiare e
capire in fisica", che ne definisce l'acronimo. Al progetto di ricerca hanno partecipato le unità di ricerca didattica di
NA, MI-Statale, MI- Bicocca, PA, PV, TO, UD, a cui si sono aggregate quelle di BO, FE, MO, TS. Il progetto si è
concluso nel febbraio 2001 ed ha prodotto materiali didattici per la formazione degli insegnanti, disponibili in rete
telematica all’indirizzo http://pctidifi.mi.infn.it/secif/ per quel che riguarda il gruppo nazionale, all’indirizzo
www.fisica.uniud.it/URDF per quel che riguarda l’Unità di Udine. I materiali di SeCif sono stati poi riprocessati
nell’ambito del progetto FFC – Fisica per al formazione culturale, sempre coordianto da Paolo Guidoni, con
l’obiettivo di realizzare Moduli di Intevento Formativo (MIF) per la formazione insegnanti. Il progetto biennale si
conclude nel 2003 e ha coinvolto oltre ai gruppi di cui sopra, anche quelli di BO, RM la Sapienza.
7 La ricerca FISISS (Formazione degli insegnanti in Servizio nella Scuola Secondaria Superiore), coordinata
nazionalmente da Paolo Guidoni, secondo una proposta MURST 40% a cui hanno aderito le sedi d Fe, MI, MO, NA,
PA, PV, TO, UD, è stata condotta per un biennio (1997-1998) con tre esperimenti, ad ognuno dei quali ha contribuito
la sede di Udine. In particolare l’esperimento ESP B, coordinato da Rosa maria Sperandeo, era dedicato alla
formazione insegnanti e sperimentazione in classe per il superamento dei principali nodi concettuali della meccanica
mediante l’impiego di nuove tecnologie. Due unità sulla meccanica sono offerte anche dal progetto LabTec/1,
Insegnamento scientico-tecnologico integrato con le nuove tecnologie, Ministero della Pubblica Istruzione Direzione
Generale Istruzione Classica Scientifica e Magistrale, Università degli Studi di Udine, documentato in rete
all’indirizzo www.uniud.it/cird/, nel Quaderno 39, Progetto Labtec, Mpi, Università di Udine, Roma 2001 e in
(Marucci 2001). Il materiale dei due progetti è disponibilein rete all’indirizzo www.fisica.uniud.it/URDF/.
8. L’Unità di ricerca in didattica della fisica dell’Università di Udine ha messo a disposizione i diversi materiali di
ricerca prodotti all’indirizzo: www.fisica.uniud.it/URDF/. Il Cird dell'università di Udine ha documentato in un sito
(www.uniud.it/cird/) le proprie attività principali, talvolta descritte anche in UeS.
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