LA FATICA MENTALE E LA GESTIONE DELLO STRESS

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I fattori di stress nella pallavolo
Relatore dott. Stefania Traini
Psicologa, Università Bicocca di Milano
La pallavolo in quanto sport di squadra e di situazione, a forte componente tecnicotattica, presenta molti fattori di stress, che possono avere un andamento e un esito positivo o
negativo in funzione dell’interazione che si verifica tra le diverse variabili in gioco, sul versante
ecologico/situazionale e su quelli psicofisico-individuale e interpersonale.
In particolare, la pallavolo è una disciplina sportiva:
 con una struttura e una processualità ciclica: è contraddistinta da una ricorsività
di situazioni tattiche e tecniche;
 a open skills : le informazioni in continua e rapida variazione sono una funzione
dell’azione dei compagni e di quella degli atleti della squadra avversaria; il che richiede
flessibilità e alta reattività attentive, rapidità di processamento delle informazioni e
modulazione retroattiva dei piani comportamentali,
 importanza dell’aspetto tattico-strategico: che richiede e sollecita uno stile
attentivo fluttuante. In alcuni momenti l’attenzione sarà rivolta alla gara con focus
attentivo prevalentemente ampio ed esterno (es. gestire le dinamiche contingenti di
gioco per ottenere il risultato), in altri sarà orientata alle proprie sensazioni
propriocettive e cinestesiche e ai propri gesti, con focus interni ristretti;
 di squadra: la prestazione risente dell’interazione tra le strategie di gioco del singolo,
dei compagni di squadra e degli avversari. Sono, dunque, importanti, per il
raggiungimento di una performance efficace, caratteristiche quali la coesione, il clima e
la cultura di gruppo, le motivazioni individuali, la leadership; le consegne organizzative
(la società di appartenenza);
 giocata da squadre interagenti, in quanto la meta comune e competitiva (fare
punto sulla squadra avversaria) è raggiunta con l’impegno coordinato dei giocatori.
Cerchiamo di focalizzare quali possano essere i potenziali stressor nell’attività agonistica di
un atleta e di una squadra.
POTENZIALI STRESSOR:
⇒INDIVIDUALI

Livello tecnico (prevalente determinazione tattico-situazionale):
implica la gestione contemporanea di differenti richieste ambientali,
diversi gradi di responsabilità e la messa in opera simultanea e
consecutiva di più abilità
Lo stress nel lavoro di squadra . Tecniche attuali e prospettive future
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
Ruolo in campo (attaccante/difensore/alzatore).

Ruolo nella squadra (titolare, turnover, panchina.)

Ruolo nel “gruppo – squadra” (es. leader, capitano)

Supporto sociale: - Da parte dello staff e della famiglia

Caratteristiche psicologiche: stile cognitivo, il controllo percepito, il
sostegno sociale percepito, , lo stile attribuzionale, lo stile di problem
solving, la motivazione intrinseca e alla riuscita, l’impegno, la reattività
emozionale, l’ottimismo/pessimismo.
Nelle dinamiche di gioco l’atleta è chiamato a orientare e modulare con flessibilità
l’attenzione1 sulle fasi separate del processo di esecuzione di un‘azione, processando
simultaneamente e in parallelo gli stimoli ambientali, le informazioni propriocettive e
cinestesiche e il feedback sullo svolgimento della prestazione. n base alla teoria dello sforzo
mentale (Kanheman,1973). La risposta a più impegni può comportare un decremento nella
qualità della performance, anche se tale inflessione dipende anche dalle caratteristiche del
compito e dalla stima ostacoli/risorse ambientali. Se l’a persona percepisce uno squilibrio,
intenso, frequente e/o prolungato, tra le richieste ambientali e interne, soverchianti, e le
proprie capacità e risorse, ne può risultare una condizione di mobilitazione psicofisica massiva
di energie e strategie di coping che, se inadeguate e inefficaci, provocano affaticamento
mentale, ansia, rabbia e manovre elusive, che sfociano in una situazione di stress con rischio
di burnout.
La risposta personale agli stressors è fortemente condizionata dalla mediazione
cognitivo/emotiva operata dal soggetto (stile cognitivo/emotivo).
Lo stress si correla, infatti, con caratteristiche individuali dell’atleta: per esempio
un’elevata ansia di tratto competitiva (Martens, 1977; Martens, Vealey e Burton,1990), unita a
bassa autostima (Brustad, 1988) e scarsa motivazione intrinseca possono avere risvolti
negativi. Inoltre, l’esperienza di frequenti insuccessi sportivi, uniti a modalità attributive dei
risultati negativi caratterizzate da locus interno e più in generale uno stile attribuzionale
prevalentemente esterno, stabile e globale, e quando interno, accompagnato da un senso di
non controllabilità, di stabilità temporale e situazionale e di intenzionalità (Weiner 1972, 1979,
1985,1986) riducono il senso di autoefficacia (Bandura, 1977), di motivazione intrinseca (Deci,
1975; Frederick e Ryan, 1995) e di autostima (Harter, 1982)
Lo stress troppo intenso e prolungato provoca burnout, - risultato non tanto dello
stress, ma di quella sensazione di hopelessness (di perdita della speranza) e di essere senza
via di uscita (Lazarus, 1991), causa di danni psicofisici e comportamentali.
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funzione cognitiva preposta alla selezione e mantenimento di stimoli rilevanti per l’individuo
Lo stress nel lavoro di squadra . Tecniche attuali e prospettive future
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⇒DI SQUADRA:

variazione del focus attentivo: in direzione (es.passaggio della palla a
un compagno, seguire lo schema di gioco) e in intensità (es. situazione di
attacco o di difesa).

Goal Setting: programmazione di obiettivi a breve (es. affrontare una
partita alla volta), medio (es. aggiudicarsi il girone di andata) e lungo
termine (es. vincere il campionato). La prestazione aumenta quando gli
obiettivi sono moderatamente difficili per i seguenti tre fattori. Il primo si
riferisce al rapporto tra abilità e obiettivo: se un atleta valuta di non
essere sufficientemente in grado di raggiungerlo, difficilmente sarà
motivato a impegnarsi in un’attività frustrante (es. la squadra si presenta
a una gara con la prima in classifica senza alcuni giocatori importanti
infortunati o malati); il secondo riguarda la relazione fra difficoltà
dell’obiettivo e una dimensione psicologica, la fiducia in sé stesso o self
efficay (Bandura, 1977). Pertanto, l’autoefficacia influenza direttamente
la percezione della difficoltà del compito, la motivazione, il livello di
aspirazione e la successiva prestazione. Il terzo fattore fa riferimento agli
obiettivi troppo facili e poco incentivanti (es.confronto con una squadra
nettamente inferiore), che inducono demotivazione.

La situazione di interdipendenza: il risultato e la qualità della a
prestazione dipende non dal contributo isolato dei singoli, ma dal gioco
interattivo dei compagni di squadra e degli avversari. La percezione della
condizione di dipendenza reciproca e dalla situazione contingente può
essere fonte di forti dinamiche conflittuali e di ansia.

Clima organizzativo della società: comunicazione e organizzazione tra
i membri dello staff e tra questi e la dirigenza

Pressioni esterne: da parte dei famigliari, degli sponsor, dei tifosi,dei
mass media, della società in generale.
⇒Stressors ambientali:
 Caratteristiche fisiche della palestra: temperatura, luce,
dimensioni complessive dell’area di gioco.
 Carichi di lavoro: - es. allenamento aerobico e anaerobico
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⇒DERIVANTI DALLA PARTITA
 Partita importante: finale, lotta per la salvezza, qualificazioni, sono partite in cui
è necessario ottenere un ottimale livello d’ansia ( arousal.) In queste occasioni
difficilmente si riesce a controllare la paura e l’eccitazione
(es. una schiacciata
sbagliata in un momento cruciale può essere dovuta all’incapacità di controllare le
proprie azioni).
 Trasferimenti e trasferte: -la qualità del viaggio, l’incognita del campo
avversario, i tifosi al seguito e avversari.
Tali fattori di stress possono provocare nell’atleta una serie di sintomi psicofisici (es.
ansia, depressione, demotivazione, isolamento dal gruppo-squadra, affaticamento e tensione
muscolare) e comportamentali (disturbi alimentari, alterazione del ciclo sonno-veglia, difficoltà
di concentrazione, fumo, alcool e uso di sostanze dopanti), a loro volta destinati a causare
scarso rendimento, conflitti in squadra, assenteismo, burnout, tendenza all’infortunio e
dropout.
Tra le cause di bornout vi sono:
alta conflittualità emotiva soprattutto se prolungata,
overtraining, noia da eccessiva ripetizione dei gesti motori, esaurimento fisico con insufficiente
tempo di recupero, perdita di motivazione intrinseca. La sintomatologia più ricorrente dei casi
di atleti con diagnosi di sindrome di Burnout è la seguente
 Scadimento della prestazione (es. difficoltà di concentrazione, scarsa flessibilità del
focus attentivo, mancanza di adeguato controllo sensomotorio, confusione relativa agli
schemi di gioco etc.)
 Disagio psicofisico ( riduzione di autostima e self efficacy, deterioramento dell’immagine
di sé, disturbi alimentari, alterazione del ritmo sonno-veglia, tendenza all’infortunio in
allenamento e in partita etc.).
In determinate occasioni questi disturbi possono favorire l’abbandono della pratica sportiva
(fenomeno del dropout) vista come unica via d’uscita.
EUSTRESS, DISTRESS E FLOW
Gli attuali orientamenti, prevalenti nell’ambito della psicologia clinica dello sport,
tendono a privilegiare un approccio teoretico ed operativo finalizzato all’ottimizzazione delle
strategie di coping (gestione ottimale delle risorse disponibili, personali e ambientali in
relazione ai compiti/richieste da affrontare). L’assunto alla base di questa opzione teorica e
clinica è che la qualità della performance agonistica è il risultato dell’interazione circolare tra lo
stile cognitivo-emozionale del soggetto e le caratteristiche dell’ambiente. L’interesse si è quindi
spostato dallo studio della prestazione, della personalità e degli aspetti motivazionali,
Lo stress nel lavoro di squadra . Tecniche attuali e prospettive future
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considerati separatamente, ad un approccio sempre più sistemico all’atleta considerato nel suo
contesto di vita e agonistico. Ciò ha portato all’elaborazione di tecniche mirate al
miglioramento della prestazione agonistica (Singer, 1984; Unesthal, 1987, Swinn, 1986).
Il modello d’intervento è così andato orientandosi da quello tradizionale di “counseling
psicoterapeutico” ad uno finalizzato all’ottimizzazione del rendimento.
All’interno di questo nuovo paradigma di ricerca, si inserisce l’interesse teorico ed
applicativo, per lo stato di “flow” (“esperienza ottimale”, teoria del flusso di coscienza,
Csikszentmihalyi 1975): Esso, in quanto stato soggettivo positivo e gratificante, riveste un
ruolo centrale nello sviluppo del comportamento e nell’evoluzione del sé (Massimini et al.,
1996). Si identifica con il momento in cui l’atleta è coinvolto a tal punto nel gesto agonistico,
da escludere dalla mente qualsiasi altra cosa. E’ reso possibile dalla completa fusione tra
azione e coscienza (“immersione” nella situazione attuale), in una situazione di completo
investimento delle risorse attentive sull’attività in atto ed è caratterizzato da regole interne
chiare (mete esplicite, precisa gerarchia di obiettivi, rapporto funzionale tra mezzi-fini) e
feedback immediati. L’equilibrio tra le richieste della situazione e le capacità/risorse personali
percepite favoriscono l’insorgenza del flow. Il senso di equilibrio interno e di sintonia
ambientale che ne deriva induce l’individuo a ricercare e potenziare i vissuti positivi
sperimentati.
Dalle ricerche emerge che l’esperienza ottimale risulta essere condizione predisponente
per il raggiungimento della peak performance (“prestazione eccellente”, Berger e Mc.Inman
1993). In altre parole maggiormente l’atleta riesce ad esperire e mantenere le condizioni di
flow, più tendono ad aumentare le probabilità di conseguire risultati di peak performance- che
a loro volta si ripercuotono positivamente sulle possibilità future di produrre prestazioni
agonistiche eccellenti.
Inoltre, da alcune delle ricerche condotte2 nel campo, è emerso che alcuni fattori
emotivo- cognitivi risultano costanti e basilari nella genesi e nello sviluppo dello stato di
esperienza ottimale, al di là delle caratteristiche dello stato di flow sport-specifiche.
I dati emersi, sebbene relativi a discipline differenti, hanno fornito interessanti
indicazioni per l’impostazione delle fasi di preparazione ed allenamento in un’ottica preventiva
rispetto a stress, rendimento sportivo e ciclo negativo.
Si tratta, infatti, di impostare il lavoro in maniera tale da favorire lo sviluppo e il
potenziamento
di
quelle
caratteristiche
cognitive
motivazionali
ed
emotive
che
contraddistinguono lo stato di flow (chiarezza degli obiettivi, unione tra azione e coscienza,
soddisfazione intrinseca all’attività, equilibrio tra difficoltà della sfida e abilità individuali).
L’equilibrio tra sfida ed abilità (difficoltà del compito adeguate alle capacità dell’atleta) e
la pianificazione per obiettivi sul breve, medio e lungo periodo (mete chiare) possono favorire il
massimo investimento delle risorse dell’atleta sull’attività (unione tra azione e coscienza).
2
Per esempio quelle del Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport di Milano, relative all’esperienza di flow in
differenti sportive individuali (ciclismo, scherma, nuoto, sci alpino ed atletica; Muzio, Nitro, Crosta 1999)
Lo stress nel lavoro di squadra . Tecniche attuali e prospettive future
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Inoltre, l’esperienza prolungata di piacere intrinseco, legato all’attività (percezione
autotelica), funge da risorsa altamente motivante. L’atleta evolve così in un continuo processo
di crescita, basato su progressivi miglioramenti ed aggiustamenti rispetto agli obietti e al livello
di complessità e difficoltà delle sfide.
L’interesse legato a tali componenti richiede non si esaurisce nel campo della
pianificazione di adeguate strategie di preparazione e allenamento dal punto di vista atletico e
tecnico- tattico, ma si estende all’ambito della programmazione e impostazione delle tecniche
di preparazione mentale (mental training”; Haase, Hansel 1995).
La conoscenza di specifici aspetti legati alla percezione, alla cognizione e reattività
emotiva individuale nei momenti di flow e peak performance consente di individuare quali
fattori siano funzionali al successo sportivo.
Ovviamente, ogni modello di intervento che miri ad essere efficace dovrà prevedere
degli strumenti diagnostici di rilevazione e monitoraggio costante dei fattori cognitivi-emotivi
individuali, delle variabili interpersonali e ambientali che si ritiene giochino un ruolo cruciale nel
rendimento agonistico personale e di squadra.
Il MENTAL TRAINING
Il “Mental Training” può essere definito come un programma articolato di allenamento
mentale, composto da diverse tecniche selezionate in base alla specificità del compito, degli
obiettivi da raggiungere e delle caratteristiche di personalità dell’individuo (Haase, Hansel
1995). I più recenti interventi di mental training si basano sul modello cognitivocomportamentale (Unesthal 1986; Singer 1986, 1988), mirato alla considerazione di aspetti
strutturali (analisi e rispetto della organizzazione psicologica specifica di una persona),
funzionali (ottimizzazione dei processi di elaborazione delle informazioni nel sistema cognitivo)
e psicofisiologici (modulazione della reattività psicofisica e ottimizzazione del livello di arousal,
cioè attivazione, in condizioni di criticità, ansia o stress).
Un programma di preparazione mentale, teso allo sviluppo delle abilità necessarie per il
controllo e l’ottimizzazione della performance, può essere composto dai seguenti elementi
operativi:
 Screening psicodiagnostico, mirato alla valutazione delle caratteristiche psicologiche
generali e dello stile cognitivo dell’atleta. Lo scopo è quello di individuale le risorse e i
vincoli di coping di quell’individuo, di evidenziare o escludere la presenza di tratti o
sintomi patologici manifesti o latenti e di fornire indicazioni circa le capacità attentive e
mnemoniche,
visuo-immaginative,
nonché
relativamente
allo
stile
cognitivo
preferenziale.

Pensiero positivo e Goal Setting, acquisizione della self-confidence, della capacità di
utilizzare pensieri positivi (“ristrutturare, rifocalizzare e ridirigere”, Yates, 1994) e della
programmazione di obiettivi a breve, medio e lungo termine con lo scopo di
Lo stress nel lavoro di squadra . Tecniche attuali e prospettive future
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incrementare nell’atleta la motivazione intrinseca e non solo quella estrinseca, cioè la
tendenza al successo (Atkinson) .

Training propriocettive: in base allo stile percettivo-cognitivo dell’atleta, si mira a
valorizzare e potenziare le modalità di rapporto con il proprio corpo, favorendo la
progressiva acquisizione delle capacità di concentrazione e presa di coscienza somatica.
L’obiettivo è quello di portare l’atleta ad apprendere e affinare gradualmente le capacità
di autopercezione e monitoraggio della propria funzionalità corporea e operativa
(Martens, 1993).

Concentrazione: modulazione dello stile attentivo al fine di orientare e mantenere
l’attenzione sugli elementi critici del gioco, escludendo gli stimoli esterni o interni che
possono fungere da distrattori (Schmid, Paper, 1986).

Rilassamento: controllo del livello di attivazione al fine di gestire stati d’ansia e di
tensione psicofisica. Nel training si abbinano esercizi di contrazione-decontrazione
muscolare
e
di
modulazione
del
ritmo
respiratorio,
per
l’acquisizione
della
consapevolezza e del controllo del proprio corpo (Jacobson, 1983)

Visualizzazione:
rappresentazione
immaginativa
di
situazioni
tipiche
di
gioco.
Simulazione mediante immagini mentali polisensoriali e immersive (Corbin, 1972)

Self-talk: dialogo interno mediante parole stimolo (”promemoria psicologico”, Yates
1994) mirate a favorire nell’atleta l’ottimizzazione della modalità di affrontare specifiche
situazioni ed eventuali problemi intervenenti. L’obiettivo consiste nel focalizzare
l’attenzione su aspetti chiave del compito ed evocare volontariamente stati psicologici
positivi e produttivi, comportando una percezione di autocontrollo e di autoinduzione
emotiva, che promuove il senso di self-efficacy.

Autonomizzazione delle strategie: capacità di autoinduzione e controllo delle tecniche
precedentemente apprese.

Valutazione: accertamento dei risultati raggiunti e della validità del programma
realizzato.
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