Gli esordi psicotici: specificità
terapeutiche in CBT
Laura Bislenghi
Programma 2000, Azienda
Ospedaliera Ospedale Niguarda
Cà Granda
Milano
Terapia cognitivocomportamentale con gli
adolescenti e i giovani
Introduzione
• L’esordio psicotico si verifica
prevalentemente nell’età
adolescenziale e giovanile.
• E’ pertanto opportuno avere a
disposizione una chiave di
comprensione del processo
maturativo insito nel periodo
adolescenziale.
Adolescenza e giovinezza
• La distinzione classica tra adolescenti
(fino ai 18 anni) e i giovani adulti
(dopo i 18 anni) di Keniston (1968) si
scontra con la realtà attuale in cui si
riscontrano caratteristiche
adolescenziali anche in giovani di 2025 anni, legate prevalentemente alla
dipendenza economica e al
permanere in famiglia (Scabini e
Donati, 1998).
La teoria dell’apprendimento
sociale e cognitivo mette in
evidenza che:
1- Il comportamento è controllato dalle
sue conseguenze e dagli stimoli
discriminativi che lo precedono (vedi
ABC comportamentale)
2- le strutture del comportamento
complesso sono apprese tramite
l’imitazione di modelli osservati
(apprendimento sociale)
3- l’emissione del comportamento è
mediata da processi cognitivi
L’adolescenza, caratterizzata da
continui cambiamenti fisici, emotivi e
cognitivi, richiede, dal punto di vista
cognitivo-comportamentale, il continuo
riequilibrio del rapporto tra l’individuo e
i suoi stimoli interni, oltre che tra
l’individuo e l’ambiente che lo
circonda.
Tutto questo fa pensare alla Reazione di
Orientamento, definita come una
reazione globale dell’individuo a uno
stimolo nuovo.
La Reazione di Orientamento consiste in una
iniziale e momentanea reazione di
trasalimento seguita da una prolungata
reazione di orientamento e di investigazione
(Sacchi, 2003).
Tale reazione diventa frequente ed
intensa quando l’organismo entra in
contatto con numerosi stimoli nuovi, e
crea uno stato di tensione e allerta
continui oltre ad una serie di
cambiamenti a livello emotivo,
cognitivo e comportamentale.
Nella fase adolescenziale, tutto questo è
esasperato e costringe a confrontarsi,
interagire, affrontare e dominare le novità;
saltano le vecchie sicurezze e le strategie
fino a quel momento utilizzate con efficacia.
La RO costringe pertanto a prendere atto
dei nuovi dati di realtà ed il risultato di
questa operazione è il passaggio ad una
fase maturativa diversa.
• Anochin nel 1975 definiva la “crisi”
(caratterizzata da fatti “stupefacenti”, che
determinerebbero un disequilibrio
nell’omeostasi personale) come “Reazione
Biologica Negativa”, caratterizzata da ansia,
depressione, disorganizzazione dei
processi di pensiero.
• Non descrive perfettamente la “sofferenza
adolescenziale”?
Esempio
Antecedente
Behavior
Conseguenze
Gli amici
propongono
di fare
qualcosa di
trasgressivo
Esprime
paura e
timore della
punizione
Prese in giro
ed esclusione
dal gruppo
Antecedente Belief
Comportamento
Gli amici
prendono in
giro ed
escludono
Resa: ritiro ed
evitamento
(tristezza,
insoddisfazione)
Reazione:
accetta di
partecipare (ma
è ansioso)
Sono un
bamboccio
Non sono
come gli
altri
Il cambiamento evolutivo è
caratterizzato dal cambiamento di
significato degli stimoli ai quali siamo
sottoposti.
Ciò che prima era uno Stimolo
Discriminativo Positivo assume il ruolo
di Stimolo Discriminativo Negativo.
Esempio: il consiglio di un adulto in
posizione di autorità.
Inoltre, secondo i principi del
Condizionamento Operante, diversi
comportamenti che erano prima
rinforzati positivamente (ad esempio
l’ubbidienza e la dipendenza dai
genitori) continuano ad esserlo da
alcune figure (gli adulti) ma al
contempo vengono puniti da altre (il
gruppo dei pari)
Esempio
A
B
C
Esposizione
in classe
Impegno
Buona
prestazione
Complimenti
da
insegnante e
genitori
Prese in giro
ed
esclusione
dai
compagni
Modeling
• Sappiamo inoltre che alcuni
comportamenti vengono appresi
osservando gli altri (Bandura)
• L’apprendimento dipende dall’avere
una rappresentazione interna del
comportamento da riprodurre, dal
possederne le capacità e soprattutto
dalla sensazione di essere in grado di
riprodurlo (Self Efficacy)
• Inoltre gli esiti dei comportamenti osservati
(rinforzati o puniti) influiscono sulle
probabilità di riproduzione di tali
comportamenti.
• Poiché tali esiti sono spesso ambigui, il
giovane si trova di fronte al difficile compito
di elaborare strategie comportamentali
efficaci di fronte a messaggi contradditori
(devi essere un bravo studente ma devi
anche frequentare gli amici al pomeriggio;
devi essere sincero ma devi anche fare
delle cose che non puoi dire ai genitori
etc…)
• Sul piano cognitivo, in questa fase evolutiva
si rafforzano gli schemi centrali (personali
ed interpersonali) che si sono strutturati
durante l’infanzia
• Minori sono le abilità sociali e di coping del
soggetto, maggiori le situazioni in cui non
ottiene rinforzi positivi, più intense le
reazioni emotive avverse, più è probabile
che si confermino schemi maladattivi
precoci (Young)
• Tali schemi si attivano poi nelle varie
situazioni-stimolo originando reazioni
emotive e pensieri automatici negativi e
distorsioni cognitive (“sono uno sfigato”…)
Società
• Può sembrare superfluo sottolinearlo, ma è
fondamentale integrare le precedenti
considerazioni in una prospettiva più ampia
che tenga conto delle peculiarità storiche,
culturali e sociali del mondo in cui il giovane
si muove
• Le richieste contraddittorie che la società
pone all’individuo appaiono ancora più
stridenti e dolorose per gli adolescenti e i
giovani
• Così, ad esempio, le richieste relative alla
preparazione scolastica, alla competitività e
all’abnegazione per entrare nel mondo del lavoro si
scontrano con un modello economico in crisi e con
prospettive poco rassicuranti sull’autonomia futura.
• Spesso ciò è legato a comportamenti di ritiro dalle
attività e all’assunzione del ruolo di “Neet” (Not in
Employment Education or Training, Ricci 2009) o
addirittura nell’isolamento completo nella propria
stanza, come si osserva anche in diversi casi di
psicosi.
• In Giappone è noto il cosiddetto fenomeno dell’
“Hikikomori”, sinonimo di “ritiro sociale”,
caratterizzato dalla completa reclusione nella
propria stanza, dall’inversione del ritmo sonnoveglia, da Internet Addiction e spesso violenza
domestica, che coinvolgerebbe il 2% dei giovani.
(Ricci, 2009).
• Diverse ricerche evidenziano che ,
escludendo quadri ad alto rischio o
gravemente psicopatologici, numerose
ricerche hanno evidenziato che i
giovani che lamentano un disagio
psicologico costituiscono una
percentuale variabile tra il 17% e il
22% (Phillips et al. 2009)
• Secondo il modello vulnerabilità-stress
(Paris, 1999), “individui a rischio
genetico di psicopatologia sono
particolarmente sensibili agli effetti di
ambienti stressanti”.
• Lo stress in adolescenza costituisce
un importante fattore di vulnerabilità
Stress. Un modello
transazionale
• Diverse concettualizzazioni hanno posto
l’accento ora sul ruolo degli stimoli esterni
(forze esterne che si abbattono
sull’individuo), ora sulla risposta che
l’individuo attiva.
• Possiamo considerare lo stress non come
uno stimolo né come una risposta ma come
il risultato di una TRANSAZIONE
influenzata sia dall’individuo sia
dall’amibiente (Meichenbaum, 1990)
• Lo stress riflette un rapporto con
l’ambiente che viene sentito dalla persona
come affaticante o esorbitante rispetto alle
sue risorse e quindi come fonte di pericolo
per il suo benesere.
• Lazarus (1981) osserva che gli individui non
sono semplicemente vittime dello stress,
ma è il modo in cui valutano gli eventi
stressanti (valutazione primaria), e le loro
risorse di coping e le alternative di azione
(valutazione secondaria) a determinare la
natura dello stress individuale.
• Il coping (fronteggiamento) si riferisce agli
sforzi cognitivi e comportamentali rivolti a
padroneggiare, ridurre o tollerare le
richieste interne e/o esterne che sono state
generate dalle transazioni stressanti
(Lazarus e Folkman, 1984).
• Il modello transazionale enfatizza il
contesto cognitivo-interpersonale dello
stress. Spesso gli individui stressati creano
inavvertitamente e inducono negli altri
reazioni che mantengono o addirittura
incrementano le loro risposte disadattive.
Esempio
• Un giovane timoroso che mette in atto
comportamenti di evitamento potrebbe
suscitare negli altri comportamenti
iperprotettivi, che non consentono alla
persona di sfidare i propri timori, la
qual cosa a sua volta genera una
ulteriore diminuzione dell’autostima.
E’ quindi fondamentale
tenere presenti:
•
•
•
•
Il ruolo del Comportamento
Il ruolo degli Altri
Il ruolo delle Cognizioni
Il ruolo dell’Ambiente
Sfide dell’adolescenza
Sfide biologiche
• Cambiamenti fisiologici (rapporto col
proprio corpo)
• Cambiamenti sessuali (impulsi)
• Cambiamenti della sfera affettiva (stati
emotivi)
Sfide cognitive
• Sviluppo del pensiero astratto
• Pensiero egocentrico
(personalizzazione)
• Sviluppo metacognitivo
• Sviluppo delle capacità di pensare agli
altri e mettersi nei loro panni
• Sviluppo del pensiero critico
• Sviluppo del pensiero creativo
(problem solving)
Sfide psicologiche
• Sviluppo dell’identità personale
(responsabilità, valori, obiettivi, senso di
controllo e libero arbitrio, consapevolezza
delle proprie potenzialità e autostima)
• Individuazione e indipendenza dalle
relazioni familiari e integrazione nella
società (equilibrio)
• Gestione delle emozioni (reattività ed
intensità delle risposte emotive). Ruolo
importante della vergogna (timidezza, ansia
sociale)
• Identità etnica e adattamento (minoranze;
generazioni “di mezzo”)
Sfide sociali
•
•
•
•
Aspettative della società
Aspettative dei genitori
Aspettative del giovane
Aspettative dei pari
Sfide morali e spirituali
• Sviluppo di valori autonomi (pensiero
dicotomico)
• Esigenze di natura spirituale
• Si pensi a fenomeni di adesione a
sette o a gruppi “estremi”.
• Possiamo quindi considerare le suddette
sfide evolutive come possibili fattori di
stress che interagiscono con le
caratteristiche individuali
– Comportamentali: abilità sociali e di coping
– Cognitive: competenze cognitive e
metacognitive; schemi centrali, distorsioni
cognitive, idee irrazionali, abilità di problem
solving
– Emotive: riconoscimento e gestione delle
emozioni; autocontrollo e tolleranza delle
emozioni disturbanti e degli impulsi
Prendiamo ora in considerazione le
caratteristiche dell’esordio psicotico
Criteri di segnalazione
• Età (17-30 anni)
• Crisi psicotiche e/o combinazione dei seguenti
fattori di rischio e di vulnerabilità
– Familiarità per disturbi psicotici
– Contenuti insoliti del pensiero
– Concentrazione e attenzione ridotte
– Ansia
– Depressione
– Sospettosità
– Deterioramento delle funzioni sociali
– Comportamento aggressivo
– Sintomi fisici (es. perdita dell’appetito, disturbi del sonno)
• Diversi studi hanno confermato che i
primissimi sintomi della fase
prepsicotica consistono in disturbi
psicologici relativamente aspecifici
che riflettono uno stato disforico (Yung
& McGorry, 1996)
Haefner et al., 2000
• Studio retrospettivo su 130 soggetti al primo
episodio
• 73% inizia con sintomi aspecifici negativi e
affettivi
• 7% inizia con sintomi positivi
• 20% inizia con sintomi positivi e depressivi
• Inoltre più dell’80% ha sperimentato sintomi
depressivi nel corso iniziale della malattia.
Concetti chiave relativi
all’esordio psicotico
Periodo prodromico o “a
rischio”
• Definisce il tempo che intercorre tra il
manifestarsi evidente di segnali di
disagio e l’emergere riconoscibile
della patologia psicotica.
• Durata media. 1-2 anni
Aspetti prodromici (Yung &
Jackson, 2001)
• Riduzione della concentrazione e
attenzione
• Riduzione dell’iniziativa e della motivazione,
mancanza di energia
• Depressione dell’umore
• Disturbi del sonno
• Ansia
• Ritiro sociale
• Sospettosità
• Deterioramento del funzionamento di ruolo
• Irritabilità
Disturbi del pensiero
 interferenze del pensiero
 perseverazione del pensiero
 blocco del pensiero
 oppressione del pensiero
 disturbi del linguaggio recettivo - acustico o in
lettura
Criteri EIPS
Early Initial Prodromal State
Disturbi del sé e illusioni
 diminuzione dell’abilità di discriminare tra idee e
percezioni – tra fantasie e memorie vere
 autorefenzialità (idee di riferimento non costanti,
con consapevolezza che sia improbabile)
 Derealizzazione
Criteri EIPS
Early Initial Prodromal State
Disturbi percettivi
 disturbi percettivi visivi - ipersensibilità alla luce –
cecità transitoria – visione indistinta – visione
parziale
 disturbi della percezione acustica –ipersensibilità ai
suoni e ai rumori – acufeni
Criteri EIPS
Early Initial Prodromal State
Primo episodio
• Caratterizzato dalla comparsa evidente di
allucinazioni, deliri, comportamento
estremamente disorganizzato o catatonico
• Si tratta di un momento drammatico, in
genere angosciante, inesplicabile e
sconvolgente.
• Raphael, 1986, parla di “catastrofe
personale” in cui la persona è colpita da un
grave trauma e da molteplici perdite.
Periodo critico (Birchwood, 1997)
• I tassi di remissione nel primo episodio
sono buoni, soprattutto per quanto riguarda
la sintomatologia positiva.
• Ma anche se i sintomi sono stati trattati o si
sono attenuati, la vulnerabilità resta la
caratteristica degli anni che seguono.
• In tale periodo avvengono i cambiamenti
biologici e psicosociali cruciali
• Durante il periodo critico si verifica la più
alta percentuale di suicidi, si aggravano e si
stabilizzano le disabilità e il deterioramento
sociale, è maggiore la probabilità di
ricadute.
• Inoltre, nel periodo critico la persona soffre
di sintomi di natura post traumatica relativi
alla necessità - e alla difficoltà- di attribuire
senso e significato a quanto gli è accaduto,
con il rischio che si confermino schemi
negativi su di sé, sul mondo e sul futuro
(“allora sono matto”, “allora non c’è
speranza”, “allora sono diverso dagli altri”)
dai quali possono derivare comportamenti
di resa, rinuncia e ritiro.
• Naturalmente questo vale anche per i
familiari.
Riassumendo
• L’immagine del giovane all’esordio (in uno
dei tre periodi in cui lo si voglia collocare)
appare così caratterizzata da un
preesistente e “fisiologico” stato di tensione,
allerta e confusione dovuto alla Reazione di
Orientamento che caratterizza il periodo
adolescenziale, al quale va ad aggiungersi
la portata dirompente dell’esperienza
psicotica, con immaginabili conseguenze
negative sull’autostima e sull’identità
personale.
• I maschi tendono ad avere un esordio
anticipato rispetto alle femmine, quindi è più
facile che non abbiano un partner, abitino
con i genitori e che l’esordio sia complicato
da aspetti più tipicamente adolescenziali,
come il processo di
separazione/individuazione, i
comportamenti antisociali, l’uso di droghe,
le difficoltà di adattamento e le
problematiche familiari.
• Le femmine si trovano spesso in uno stadio
successivo dello sviluppo, hanno un partner
e a volte dei figli piccoli; il loro esordio è
complicato in genere da tensioni con il
partner e da problemi legati al ruolo
genitoriale.
• Il significato personale di una particolare
esperienza psicotica può variare
ampiamente da paziente a paziente,
influenzando anche la risposta emotiva.
• L’esperienza della psicosi può disturbare la
percezione del paziente rispetto a relazioni
prima ritenute protettive e sicure, creando
intense e spesso stabili sensazioni
persecutorie, di violazione, di disperazione,
di catastrofe imminente.
• Un decorso a sviluppo più lento permette
alla persona di adattarsi agli effetti più
deleteri della psicosi, aumentando tuttavia
la probabilità di un effetto più insidioso
sull’identità e sulla consapevolezza del
cambiamento avvenuto.
• In questo modo l’esperienza psicotica
diventa più egosintonica, con minor disforia,
ridotta consapevolezza del cambiamento
occorso e della possibilità di “sentirsi
malati”. Tutto ciò riduce la motivazione a
cercare o accettare aiuto.
• Una valutazione completa della struttura
della personalità premorbosa, del concetto
di sé, della fase di sviluppo, delle capacità
di adattamento e di coping, dei conflitti in
atto, degli schemi personali ed
interpersonali, dei pattern comportamentali,
delle forze e risorse sociali (alloggio, lavoro,
scuola, aspetti economici, culturali, familiari)
aiuteranno la comprensione dell’interazione
tra il contesto psicologico e sociale del
paziente e l’esperienza della psicosi.
Esercitazione 1
CASO CLINICO
Caso di Sara: storia
• Età 17 anni
• Familiarità: disturbo bipolare mamma
• Evento precedente: esame di maturità (andato bene
ma vissuto con stress)
• Antecedenti alla segnalazione: ritiro sociale,
autosvalutazione, espressione di disagio e richiesta
di aiuto. Durante le vacanze estive si rivolge presso
la NPI del luogo di vacanza dove riferisce di sentirsi
depressa e di avere idee di morte che la
spaventano.Viene prescritto un antidepressivo e
segnalato il caso al CPs di competenza a Milano.
Sintomatologia alla
segnalazione
Ritiro sociale
Ansia sociale
Sentimenti di inadeguatezza e autosvalutazione
Paura di poter avere una malattia come la madre
Pianto frequente
Pensieri negativi relativi al futuro in particolare sulla
realizzazione personale e su cosa gli altri possano
pensare di lei
Drammatizzazione di piccoli diverbi con gli amici
CBA
Risposte
omesse
Punteggio
grezzo
Rango
percentile
Scheda 2
STAI X1
Ansia di stato
0
35
38,3
Scheda 3
STAI X2
Ansia di tratto
0
44
52,8
EPQ/R E
Intro / Estroversione
0
3
8,7
EPQ/R N
Stabilità emozionale
0
4
26,1
Scheda 5
Scheda 6
Scheda 7
Scheda 8
Scheda 9
Scheda 10
EPQ/R P
Disadattamento A ntiso cialità
0
1
14,8
EPQ/R L
Simulazione
0
6
11,8
QPF/R
Dist. Psico-fisiologici
0
39
23,3
0
22
0,9
IP F
Paure
IP PH
Fobie
0
5,4
IP 1
Calamità
5
1,6
IP 2
Rifiuto sociale
12
10,6
IP 3
Animali repellenti
2
4
IP 4
Allontanamento
0
3,8
IP 5
Sangue, Medici
3
8,1
QD
Problemi Depressivi
0
65
90
MOCQ/R
Ossessioni Compulsioni
0
0
0,7
MOCQ/R 1
Controllo
0
7,1
MOCQ/R 2
Dubbio
0
5,2
MOCQ/R 3
Pulizia
0
18,8
STAI X1/R
Ansia di stato - retest
15
44,8
STAI DIFF
Variazioni Ansia di stato
-2
47,3
STAI ACC
Accuratezza Validità
0
30,9
0
0
INDICE IR
0
SAT-P
100,0
80,0
90,0
79,4
74,6
74,0
81,0
60,0
40,0
20,0
0,0
Fattore I
Fattore II
Fattore III
Fattore IV
Fattore V
Elementi assessment
• Items BPRS
• Ansietà
• Depressione
• Sospettosità
• Items HONOS Problemi legati ad umore
depresso
Elementi rilevanti nella storia
personale
• Mamma con disturbo bipolare esordito prima della
nascita di Sara
• Ricordi legati ai periodi di crisi della madre in cui si
è sentita sola e poco protetta
• Sensazione riferita di “inversione dei ruoli”
• Preoccupazione costante per la famiglia
• Figlia unica. Figura di sostegno rilevante: nonna
• Buon successo scolastico e buon inserimento
sociale con lieve calo nell’anno precedente la
segnalazione
Lista dei problemi
• Mi sento inadeguata a scuola. Dubbi circa la scelta
universitaria
• Non sono più a mio agio con gli amici, Penso che
siano meglio di me, non mi sento alla loro altezza.
Credo che mi sopportino.
• Non ho voglia di fare niente
• Ho paura e penso continuamente a quello che è
successo quest’estate
• Non ho appoggio dai miei genitori
• Ho perso la mia amica del cuore
Analisi cognitiva
• PAN
»
»
»
»
»
»
»
»
non so cosa dire
Non mi vogliono
Che palle che devo essere
Me ne vado a casa
Non combinerò mai niente
Perché mi sembrano tutti così felici?
Cos’ho che non va?
Sono come mia madre
• Credenze intermedie
»
»
»
»
Bisogna avere successo
Bisogna essere in grado di affrontare qualunque situazione
Se non sono simpatica nessuno mi vuole
Una persona con dei problemi è una persona noiosa
• Schemi centrali
» Inadeguatezza: non sono all’altezza; non sono
come gli altri….
» Standard severi: sono poco intelligente, non
concludo niente…
» Esclusione sociale: sono noiosa, non piaccio,
sono poco attraente per gli altri
Vulnerabilità: sono come mia madre
• Distorsioni cognitive
»
»
»
»
Pensiero dicotomico
Catastrofizzazione
Astrazione selettiva
Doverizzazione
Compito
In base alle informazioni fornite, delineate le
vostre ipotesi in merito a:
 Sfida/e dello sviluppo che può aver agito da
stressor
 Caratteristiche comportamentali del
soggetto (ABC)
 Caratteristiche cognitive del soggetto (ABC)
 Aspetti ambientali e stimoli esterni che
possono contribuire nel mantenimento del
disagio
Progetto terapeutico
• Ricostruzione della storia personale e condivisione del fattori di
rischio e vulnerabilità
• Analisi cognitiva
• Ristrutturazione cognitiva
• Sostegno scolastico (preparazione degli esami) con particolare
attenzione al sostegno dell’autostima scolastica e prestazionale
• Terapia farmacologica con SSRI per i primi 8 mesi, poi
gradualmente sospesa
• Colloqui settimanali di psicoterapia CC per 1 anno e mezzo, poi
gradualmente ridotti
• In carico da 3 anni; attualmente ha sospeso il sostegno
scolastico ed è autonoma; colloqui ogni 2 mesi
La Relazione Terapeutica
Una buona alleanza terapeutica è il
prerequisito per il cambiamento in tutte
le forme di psicoterapia
(Bordin 1979)
Nella terapia del comportamento il paziente è
per definizione adulto e competente, egli
utilizza il terapeuta come consulente di fiducia
per poter portare avanti una serie di
cambiamenti e di operazioni di
ristrutturazione nel proprio immediato futuro
di vita (Sanavio 1991)
È ampiamente dimostrato che la relazione
terapeutica influisce in modo determinante
sull’efficacia delle tecniche terapeutiche
impiegate (Beck, Freeman, Safran, Segal)
La Relazione Terapeutica
nella psicoterapia
comportamentale era definita,
in passato, come una variabile
aspecifica ai fini degli obiettivi
della terapia (Ricci 1992)
La valutazione era concentrata
quasi esclusivamente sull’efficacia
delle procedure-tecniche
indipendentemente dal ruolo
dell’utilizzatore
La rivalutazione degli aspetti
cognitivi, come fattori causali della
condotta dell’individuo, ha messo in
evidenza il primato della
comunicazione come fondamentale
veicolo per il cambiamento
Prime concettualizzazioni di
Relazione Terapeutica
Approccio Operante
Krasner (1962)
ruolo del terapeuta: erogatore di
rinforzo
Gli studi sul condizionamento
verbale avevano dimostrato
l’influenza dell’uso dei
rinforzatori verbali sull’aumento
di probabilità dei comportamenti
che li precedevano
Gli effetti dei rinforzatori verbali
erano potenziati se il soggetto
conosceva il problema e gli scopi
del trattamento (Mahoney 1974)
Bandura enfatizza l’influenza del
modello che veniva
impersonificato dal terapeuta
come fattore rilevante per il
cambiamento del cliente
Beck (1980) propone il “principio di
empirismo collaborativo”
secondo il quale tra il terapeuta e
il cliente si attiva una
collaborazione tendenzialmente
paritetica
Compito del terapeuta è quello di aiutare il
paziente a valutare e a emettere giudizi di
valore, ma non di mettersi al posto suo. Il
terapeuta funge da catalizzatore e da “risorsa
della persona” per prendere decisioni,
programmare ed agire di conseguenza,
ponendo l’attenzione sul “qui e ora” e
mostrandosi fiducioso nelle possibilità di
cambiamento
(Kanfer 1993)
calore umano (ma non invadenza)
empatia (ma non paternalismo)
franchezza
“compassione”
senso di sicurezza
Terapeuta “base sicura”
• Offrire una base sicura significa
permettere al paziente di esplorare gli
aspetti più problematici della propria vita
sapendo che alle spalle c’è sempre
qualcuno di cui egli si può fidare e su cui
può ripiegare per ottenere sostegno,
incoraggiamento e, se necessario, una
guida. (Bowlby 1988)
Tuttavia si tratta di condizioni
necessarie, ma non sufficienti
Il rapporto non è usato come LO
strumento per alleviare la
sofferenza, ma come un modo
per favorire lo sforzo comune per
realizzare obiettivi specifici.
Terapeuta e cliente sono una
squadra
La relazione terapeutica è considerato
un fattore necessario ma non
sufficiente
della terapia cognitivocomportamentale: le variabili di
relazione possono contribuire
significativamente al processo di
cambiamento e influenzare altrettanto
significativamente il processo
terapeutico
Una buona e valida relazione terapeutica è il
risultato di una costruzione accorta e
graduale nel tempo: caratteristiche come
l’immediatezza, la genuinità, il calore e
l’empatia sono positive e terapeuticamente
utili perché moltiplicano il potere rinforzante
del terapeuta, ma devono essere fondate in
una conoscenza teorico pratica di principi,
procedure e tecniche
(Sanavio 1991)
La variabili di relazione influenzano il tasso di
drop out piuttosto che l’esito del trattamento
che perviene al suo termine naturale. Il ruolo
della relazione terapeutica sarebbe quello di
un insieme di condizioni che rende possibile
lo svilupparsi di un trattamento
psicoterapeutico fino alla sua conclusione
naturale
C’è un diverso impatto delle variabili di
relazione a seconda che il trattamento sia
nelle sue fasi iniziali o in fasi avanzate.
L’impatto maggiore è nelle prime fasi che
sono meno strutturate e dove vi è maggior
numero di drop out
Relazione terapeutica come elemento non rigido e
fisso ma flessibile, cambia con il tempo, cambia
la relazione nel corso del lavoro terapeutico.
All’inizio è volta al tentativo di trovare terreno
comune
per il lavoro terapeutico, poi l’attenzione si sposta
sugli aspetti tecnici e sostanziali del trattamento e
infine verso la fine del trattamento il terapeuta
porta la persona verso l’autonomia diminuendo
gradualmente la forza del legame terapeutico
Principali atteggiamenti e false credenze che
interferiscono con l’instaurarsi di una corretta
relazione terapeutica:
a) paziente che racconta e terapeuta che ascolta
b) terapeuta che deve tirare fuori la radice profonda
del problema e dare soluzione
c) terapeuta come colui che si assume la gran parte
di responsabilità del processo
d) terapeuta che interpreta invece di riflettere
emozioni e sentimenti
Temi centrali e problemi più
comuni nell’ambito dell’early
psychosis
Giovane età
•
•
•
•
•
•
Sovrapposizione/confusione con le comuni
“problematiche adolescenziali”
Individuazione dei problemi specifici del ragazzo
ed ancoraggio ad essi in una prospettiva
normalizzante
Problemi giovanili come stressors
Sintomi come risposta ad essi (modello
vulnerabilità/stress)
Atteggiamento empatico e “friendly”
Conoscenza e condivisione del linguaggio e degli
interessi giovanili
Negazione della malattia
•
•
•
•
•
Ascolto e comprensione della prospettiva del
paziente
Concetto di disturbo e non di malattia
Disturbo come “soluzione” del paziente per dare
senso all’emergere della sintomatologia psicotica
(Fowler et al., 1995)
Condividere la paura provata dal paziente di fronte
alla prospettiva del disturbo mentale (empatia)
Adozione di “ipotesi” sul disturbo da costruire
insieme al paziente e da utilizzare come ipotesi di
lavoro
Paura dello stigma
•
•
•
•
•
Ambiente specifico e dedicato ai giovani
Rassicurazione e prospettiva ottimistica: fornire
dati sulle prospettive di guarigione odierne
Trattare l’argomento del pregiudizio come
limite/errore di giudizio degli altri
Continuum tra esperienze “normali” ed esperienze
psicotiche (Kingdon e Turkington, 1994)
Non etichettare, non usare definizioni generiche
ma lavorare con il paziente alla costruzione del
“suo” modello di disturbo
Rifiuto delle cure
• Individuare con il paziente problemi che
causano disagio (ad es: problemi
relazionali o con i genitori…)
• Condurlo a intravedere collegamenti tra i
sintomi del disturbo e tali problemi
• Utilizzare tali problemi per far emergere la
motivazione al cambiamento
• Concordare con il paziente la soluzione di
tali problemi come obiettivo
• Rassicurare sulla privacy
Confusione e paura
•
•
•
•
•
Svolgere insieme al paziente la ricerca di
significato analizzando insieme i fattori di rischio e
di stress personali
Ricostruire la storia di quanto accaduto mettendo
in relazione i vari passaggi
Identificare i sintomi prodromici che erano stati
trascurati o fraintesi
Mostrare la “logica” nella sequenza di avvenimenti
Condividere l’obiettivo della ricerca di modalità più
funzionali di far fronte a tali problemi
•
•
•
•
•
“E se ricapita ancora?”
Lavorare sull’aumento della percezione di coping da
parte del paziente: “posso fare qualcosa per stare
bene”
Non tralasciare l’esigenza dei pazienti di tornare
sull’accaduto, di raccontarlo e di chiedere
delucidazioni (“ma come è possibile che volessi
davvero fare quelle cose…”)
Non forzare il paziente se invece non se la sente di
ricordare i momenti angoscianti
Riportarlo al presente: questi stati possono essere
transitori, ora le cose sono sotto controllo, hai l’aiuto
che ti serve, se ci sono disagi e disturbi sai a chi
parlarne
Ansia
• Sintomo largamente presente nelle
fasi iniziali della psicosi
• Insegnamento di tecniche di
rilassamento
• Gruppo di gestione dell’ansia
• Esposizione graduata alle situazioni
ansiogene
• Ristrutturazione cognitiva
Avversione per i farmaci
•
•
•
•
•
•
•
Tenere conto di alcune esigenze giovanili (es: paura
dell’aumento di peso) e cercare di adeguare il più possibile
la terapia
Psicoeducazione sui meccanismi di azione
Modificazione di idee irrazionali o confuse (es: “con i farmaci
non sei più tu”)
Contrattare un periodo di prova, da usare come
“esperimento”
Raccogliere gli aspetti pro e contro in base all’esperienza del
paziente e alle osservazioni del terapeuta
Tenere conto degli effetti percepiti come sgradevoli (“mi
rimbambiscono”; “non riesco più a studiare”; “mi danno
fastidio le gambe”; “mi hanno detto che mi muovo in modo
strano”; “mi hanno detto che sembro uno zombie”),
accettarne la legittimità e discutere serenamente dei
pro/contro.
Tenere conto degli effetti sulla prestazione sessuale!!!
• Partecipazione al gruppo di
psicoeducazione sui farmaci
• Monitoraggio condiviso con il
paziente circa gli effetti dei farmaci
sulla sintomatologia
• Accordo sulla non
sospensione/modificazione arbitraria
dei farmaci
Impulsività
• Individuazione e consapevolezza degli
stimoli attivanti
• Tecniche di autocontrollo
• Analisi delle conseguenze delle proprie
azioni
• Stipula di “contratti” in cui si prevedono
accordi (si avvertirà il terapeuta prima di
commettere qualche gesto impulsivo)
Sintomatologia negativa
persistente
•
•
•
•
•
•
Inserimento in gruppi terapeutici (abilità sociali,
gruppi finalizzati…)
Sostegno all’inserimento sociale
Riduzione degli evitamenti: esposizione graduale
Programmazione delle attività giornaliere
Rinforzo dell’autostima
Trattamento della sintomatologia depressiva
Periodo critico e prevenzione
delle ricadute
• Psicoeducazione al riconoscimento
precoce e coping di sintomi prodromici di
ricaduta
• Prospettiva non allarmante ed ottimistica
• Pronta risposta (farmacologica e
psicoterapeutica)
• Lavoro sulla comprensione dei fattori di
vulnerabilità ancora presenti e degli
stressors
Adolescenti e relazioni
• In generale tenere presente la
contrapposizione con il “mondo
adulto” di cui fa parte anche il
terapeuta
• Il mondo adulto è spesso accusato
dagli adolescenti di una serie di
incapacità/disattenzioni/mancanze:
Lacune degli adulti
• Poca empatia (“non si ricordano come è
difficile questa età…”)
• Anacronismo (“non capisce che oggi le
cose sono cambiate?”)
• Moralismo (“sempre la predica…”) ma allo
stesso tempo perdita di ideali forti (“non
credono più a niente”)
• Ipercontrollo; sfiducia (“non si fida di me,
non mi lascia provare…”)
• Non tengono conto dei bisogni di
contestazione/trasgressione e di
integrazione (“lo fanno tutti…”)
• Contradditorietà (“dice a me per una canna
poi prende gli ansiolitici”)
Punti di forza degli adulti
•
•
•
•
•
Esperienze già fatte
“Saggezza”
Protezione
Soluzione concreta di problemi
Contenimento emotivo; ridimensionamento
di “drammi”
• Modelli positivi (se lo sono), ad esempio di
realizzazione esistenziale, lavorativa…
Punti di forza dei pari
• Condivisione di problemi ed esperienze: “ci
si capisce”
• Interessi e linguaggio comune
• Essere giovani insieme nello stesso mondo
• Sodalizio “contro gli adulti”
• Identificazione nel gruppo, sensazione di
appartenenza e condivisione
• Legami affettivi sperimentali, caratterizzati
da esclusività e intensità emotiva
Sfide del terapeuta
• Essere un adulto “diverso”
• Allo stesso tempo non giocare troppo il
ruolo “da pari”
• Relazione terapeutica come “terza via”
• Analogie con il concetto di “zona dello
sviluppo prossimale” (Vygotskij): la
relazione terapeutica è una “zona sicura” in
cui il terapeuta può stimolare le risorse del
ragazzo
• Analogia del fratello maggiore
Compiti del terapeuta
•
•
•
•
•
Non esprimere giudizi
Mostrare empatia
Condividere/conoscere gli interessi
Dare fiducia
Esprimere appoggio e stimolare la
speranza e l’autostima
• Stimolare l’autoconsapevolezza,
l’autoregolazione e la capacità di valutare le
conseguenze delle proprie azioni
• Alcune ricerche sembrano dimostrare
che quando tra paziente e terapeuta
esiste una convergenza di prospettive
e atteggiamenti e una buona
complementarità, il paziente dimostra
una maggiore soddisfazione per la
relazione terapeutica e ottiene risultati
migliori in terapia (Bachelor e Horvath,
1999, Whiston e Cker, 2000;
Crastnopol, 2001)
Concettualizzazione del caso
•
•
•
•
•
Esperienze psicotiche in atto
Stili di comportamento
Convinzioni sulla malattia
Atteggiamento verso i farmaci
Storia personale
– Fattori predisponenti
– Fattori precipitanti
– Fattori di mantenimento
Principali filoni o temi
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Famiglia di origine
Storia scolastica
Storia lavorativa
Storia sentimentale e sessuale
Matrimonio, figli
Storia delle relazioni sociali
Hobbies, interessi e pratiche sportive
Anamnesi medica remota e prossima
Comportamenti relativi alla salute e stile di vita
A.
•
Ha subito un intervento al cuore da bambino, ha
sempre avuto problemi fisici e ha una storia di
esclusione sociale, ridicolizzazione, ostracismo
legata al suo aspetto (è stato appellato dai
compagni come “scherzo della natura”). Alle idee
paranoidi associa idee di grandezza legate
all’avere un fisico possente, all’aver sviluppato la
muscolatura, al conoscere le tecniche di
combattimento, al poter fare grandi cose.
H., 26 anni
Ricoverato con sintomatologia paranoide (delirio di veneficio) , si
ricostruiscono insieme i seguenti passaggi:
Sradicamento dal suo paese di origine
Infanzia problematica, violenze in famiglia, lavoro da bambino,
estrema povertà, madre con gravi problemi di salute
Difficoltà di inserimento in Italia, soprattutto per difficoltà
linguistiche ed analfabetismo
Lavoro come addetto alle pulizie in una palestra. Viene accusato
ingiustamente di avere compiuto furti. Subisce angherie.
Vive in un appartamento sovraffollato dove non ha privacy e dove
subisce furti di denaro.
Non ha amici a cui appoggiarsi e passa il tempo da solo
Storia di R.
Crisi psicotica: convinta di essere controllata da
telecamere in stanza, per essere presa in giro
dagli altri studenti del pensionato. Sente le loro
risate attraverso la porta, immagina che stiano
appostati di notte, che la controllino dal corridoio.
In generale, convinta che tutto sia legato al fatto di
essere tenuta all’oscuro di un complotto ordito
contro di lei, del quale non conosce il piano né le
ragioni.
Viene ricoverata in TSO in seguito a comportamenti
aggressivi e disturbanti nel pensionato di notte
• Stressors antecedenti: le piace un ragazzo
del pensionato che però la ha respinta; ha
passato un periodo di esami faticoso; non ha
amici e passa il tempo sola; la famiglia è
lontana in una regione del Sud; possibili reali
problemi con i compagni del pensionato, che
la avrebbero presa in giro.
• Convinzione: “ce l’hanno con me”
• Assunto disfunzionale identificato: essere
poco attraente ed interessante e condannata
all’isolamento
•
Storia degli assunti disfunzionali: fin da ragazzina
timida ed introversa, cresciuta in un ambiente
isolato, senza amici. Educata in modo
estremamente rigido e con poca libertà, a forte
connotazione religiosa e sessuofobica. Molto elevati
gli standard prestazionali da parte di una zia
materna, insegnante, che la ha seguita negli studi
scegliendo i percorsi. E’ stata rinforzata solo la
prestazione scolastica e non sono state concesse
esperienze di socializzazione, uscite, divertimenti
etc (perdite di tempo; ragazzi pericolosi…).
•
•
Prima crisi alla scuola media, dove inizia a ritrovarsi
esclusa da uscite, amicizie ed esperienze e a
pensare che gli altri ragazzi siano tutti superficiali e
viziati, e che la deridano ingiustamente, la
escludano con cattiveria,ce l’abbiano con lei
Alle superiori le cose si confermano e si
mantengono: più si sente respinta più si rifugia nello
studio (immagine di “secchiona”), più si struttura la
convinzione dell’invidia degli altri. Prime delusioni
sentimentali rinforzano l’isolamento
•
•
Ulteriore stress all’università, lontana dalla famiglia,
a Milano, in un contesto dove vede gli altri fare
amicizia e divertirsi (pensionato dove ci sono molti
ragazzi, feste, confusione anche di sera etc)
Il terapeuta comunica a Rita che la considera una
persona in gamba che ha dovuto affrontare tante
difficoltà giovanili senza essere aiutata dai familiari;
che a volte i genitori commettono errori educativi e
non tengono conto di alcuni bisogni (sociali, etc) e
che la mancanza di esperienze le ha reso difficile
imparare a trattare con gli altri. Il suo considerarli
come nemici è la conseguenza di tutto questo.
• Queste esperienze le hanno insegnato
a pensare che non avrà mai amici o un
fidanzato (catastrofizzazioni)
• Problema di autostima: ha imparato a
pensare di se stessa di essere diversa
dagli altri, estranea, poco attraente
(schemi maladattivi precoci).
Tre tipi di reazioni
• Negazione e mancanza di coscienza di
malattia
• Rassegnazione ed assunzione del ruolo
del “malato cronico”
• Accettazione costruttiva del disturbo
psicotico
• Tali reazioni possono mutare nel tempo
Fowler et al,
1997
“Il Modello di Trattamento in 4
fasi• “E’del
Programma
2000
un modello di trattamento individuale ad
orientamento cognitivo-comportamentale
• Fornisce un approccio orientato al problema
• E’ flessibile ed adattabile alle specifiche
esigenze di pazienti in giovane età
• E’ collegato e coordinato con le altre attività
terapeutiche del servizio (ad esempio il
trattamento farmacologico, le attività sociali,
gli interventi sulle famiglie…)
Fase Uno:
assessment
•
•
•
•
•
•
Somministrazione di test e interviste
Ricostruzione della storia personale
Analisi comportamentale
Insorgenza dei sintomi
Comorbidità
Formulazione del caso: fattori di rischio,
stressors, fattori di mantenimento
• Costruzione dell’alleanza terapeutica
Fase Due : coping e
psico-educazione
• Fronteggiare i sintomi positivi
• Gestione dell’ansia e della depressione
• Abuso di sostanze: psicoeducazione e riduzione
del danno
• Introduzione di un modello normalizzante di
psicosi (fattori biologici, psicologici, sociali)
• Indagine sulle principali convinzioni e credenze
circa la malattia mentale
Fase Tre:
ristrutturazione
cognitiva
• Ristrutturazione cognitiva
– Convinzioni sulle voci: conoscenza e sfida sperimentale
– Convinzioni deliranti: conoscenza e sfida sperimentale
• Valutazione ed interventi riguardo le convinzioni
principali, in particolare sull’autostima
– Contenuti (credenze centrali disfunzionali)
– Processi (distorsioni cognitive)
• Esplorazione del possibile significato dei sintomi
Fase Quattro: fine del
trattamento, revisione
e prevenzione delle
ricadute
• Psicoeducazione al riconoscimento e alla gestione dei
segnali prodromici della ricaduta
• Normalizzazione
Riferimenti bibliografici:
Programma STOPP (Jackson, Edwards, Hulbert e McGorry 1999)
Psicoterapia della schizofrenia (Kingdon e Turkington, 1994)
Terapia cognitiva per i deliri, le voci, la paranoia (Chadwick, Birchwood e
Trower 1996)
Terapia cognitivo-comportamentale delle psicosi (Fowler, Garety e Kuipers,
1997)
Le fasi Uno e Due sono
particolarmente
dedicate all’Aggancio
• La maggior parte dei pazienti affetti da
psicosi cerca di mantenere un difficile
equilibrio tra il desiderio di conservare
la propria autostima ed il proprio ruolo
sociale e la necessità di adattarsi a
esperienze nuove e spaventose.
Estroff, 1989
Scopi principali
• Portare il paziente ad accettare la realtà
della sua esperienza psicotica e dei
problemi e limiti connessi, senza perdere
la speranza e l’autostima.
• Incoraggiare l’accettazione delle cure e
l’aderenza al trattamento.
Prime strategie
• Stabilire un rapporto amichevole ed empatico
• Usare un linguaggio “quotidiano” e condividere interessi e
problemi dei giovani pazienti
• Fornire un setting terapeutico flessibile, confortevole e non
stigmatizzante
• Essere attivi, flessibili e orientati al problem solving
• Comprendere e condividere la paura della malattia mentale
(“Allora sono pazzo?” “Allora non ho più vie di uscita..”)
• Spiegare i concetti con gradualità e chiarezza
• Sviluppare una buona alleanza terapeutica che permetta al
paziente di fidarsi del terapeuta
Timing appropriato
• Attendere il momento opportuno per sfidare i pensieri e le
convinzioni dei pazienti, cercando di conoscere le loro
rappresentazioni e teorie
• Sviluppare un linguaggio condiviso
• Sfidare i preconcetti ed i pregiudizi
• Cercare di affrontare i problemi che il paziente riferisce e
che desidera risolvere (problemi relazionali, difficoltà a
scuola, problemi sentimentali, conflitti in famiglia…)
• Un iniziale “piccolo successo” può contribuire a sviluppare
autostima, speranza e fiducia nel terapeuta, in modo da
permettere al paziente di affrontare altri problemi più
complessi
Parlare di psicosi…
• Illustrare il continuum esistente tra le esperienze “normali” e
quelle psicotiche (ad es: la deprivazione da sonno,
l’esperienza onirica, le comuni credenze irrazionali…)
• Aiutare i pazienti a considerare i sintomi come risposte allo
stress e costruire un modello vulnerabilità/stress condiviso
• Spiegare le componenti biologiche e neurochimiche e i loro
legami con i sintomi
• Sviluppare una spiegazione storica individualizzata
(formulazione del caso condivisa)
• Tenere conto del background sociale e culturale
Problem solving
•
•
•
•
Affrontare i problemi concreti connessi ai sintomi positivi e negativi
Ad esempio: alcuni pazienti non riescono a rivolgersi al servizio a
causa delle loro idee deliranti o della sospettosità
L’eccitabilità e l’iperattività possono rendere difficile per il paziente
la gestione di una seduta di terapia standard (quindi possono
essere indicate sessioni più brevi, setting più informali…)
La disorganizzazione concettuale e la facilità alla distrazione
richiedono spiegazioni personalizzate e l’uso di un linguaggio
semplice e comprensibile.
• La formulazione condivisa del caso, l’uso di un
linguaggio semplice (ma preciso) e la costruzione di
una buona alleanza terapeutica sono il background
fondamentale per poter passare alla Fase Tre (che
costituisce il cuore del trattamento: la terapia
cognitiva del delirio e delle voci)
• L’aggancio è una fase fondamentale; è necessario
rammentare che intendiamo chiedere al paziente di
sfidare idee e pensieri che hanno per lui un senso,
forniscono una spiegazione a diversi fenomeni e lo
proteggono da paure profonde e dalla minaccia della
perdita della propria autostima
Un modello… in pratica
• Utilizzeremo ora un caso clinico, in
base al quale illustreremo nel divenire
i vari aspetti centrali della relazione
terapeutica con una giovane
all’esordio.
Leahy (2005): la validazione è il fulcro
tra l’empatia e la compassione
• Empatia: comprensione profonda di ciò che
prova l’altro (“mi sembra di capire che ti
senti triste”)
• Validazione: attribuire un fondamento di
verità e legittimità a ciò che l’altra persona
prova e pensa (“mi sembra comprensibile
che tu sia triste; hai appena saputo che…”)
• Compassione: sentire CON e PER l’altro,
preoccupandoci della sua sofferenza (“per
me è molto importante ciò che provi e
voglio tu sappia che sarò con te in questo
momento difficile”)
Caso di Giuliana: storia
• Età: 24
• Familiarità: sindrome ansioso-depressiva mamma
• Eventi antecedenti l’esordio: frequentazione di un gruppo di
devoti di una “santa” orientale.
• Antecedenti alla segnalazione: periodo di ritiro sociale;
frequenti diverbi in famiglia; concentrazione sulla ricerca
spirituale e vissuto di inadeguatezza circa le sue possibilità di
raggiungere risultati; problemi sentimentali e conflitto circa la
scelta fra due persone di età molto diversa; vissuto di disagio
legato all’”essere in mezzo” alle liti dei genitori per la
separazione.
• Durante una di queste riunioni spirituali ha un episodio di
derealizzazione e depersonalizzazione, forte angoscia,
ideazione delirante (mistica. Ha sentito una forza e crede di
dover compiere una missione)
Sintomatologia alla
segnalazione
Dopo dimissioni SPDC
Non riesce a riprendere le sue attività (tesi)
Litiga spesso con la madre a causa delle sue
relazioni sentimentali
Lasciate perdere attività con amiche
Dorme la gran parte del giorno
Non riesce a prendere semplici decisioni
CBA
Scheda 2
Scheda 3
Scheda 5
Scheda 6
Scheda 7
Scheda 8
Scheda 9
Sceda 10
Indice
Indice
STAI X1- ansia di stato
STAI X2 Š ansia di tratto
EPQ/R-E, estroversione introversione
EPQ/R-N, nevroticismo tendenza
allÕattivazione ansiosa
EPQ/R-P, psicoticismo anticonformismo
antisocialitˆ
EPQ/R-L , tendenza a risponderere in
modo non sincero
QPF/R, disturbi psicofisiologici
IP F Š fobie
IP PH Š fobie specifiche con punteggio
massimo
IP-1, calamitˆ e gravi pericoli personali
malattie
IP-2 eventi sociali comportanti critica e
rifiuto
IP-3, animali repellenti
IP-4 , viaggi e situazioni di
allontanamento
IP-5 , sangue ferite interventi chirurgici
QD, depressione
MOCQ/R ossessioni-compulsioni
MOCQ/R1- checking
MOCQ/R2 Š cleaning
contamination
MOCQ/R-3- doubting ruminating
STAI X3 Š ansia di stato
STAI-DIF F
STAI-ACC
IR Š DA SCHEDA 4
Punteggio grezzo
Rango Percentile mediano
30
52
5
15
85
22,5
3
22,5
1
47,5
8
50
33
45
3
20
4
62,5
10
15
18
45
0
2
3
47,5
8
11
2
1
0
1
14
1
2
6
60
95
17,5
22,5
5
50
20
25
nella no rma
protoco llo valido
SAT-P
100,0
89,6
80,0
60,0
60,0
47,2
40,0
33,1
20,0
5,6
0,0
Fattore I
Fattore II
Fattore III
Fattore IV
Fattore V
Elementi assessment
• Items BPRS
– Depressione
– Contenuto insolito del pensiero
– Appiattimento affettivo
• Items Honos
– Problemi legati ad umore depresso
– ansia
Modello di Gilbert (2000)
• Utilizzeremo il modello delle 10 fasi
che caratterizzano la progressione
della relazione terapeutica per
focalizzarci su come poter essere
terapeuti efficaci con Giuliana.
Le 10 fasi
1) Sviluppare la relazione
2) Esplorare le paure, preoccupazioni ed
aspettative del paziente nel momento in
cui decide di intraprendere la terapia
3) Favorire una condivisione reciproca dei
contenuti
4) Ricostruire la storia del paziente tentando
di identificare i nodi centrali e i principali
stili cognitivi ed emozionali
– Inquadrare in una prospettiva storica
– Lavorare sul qui ed ora
5) Concordare gli obiettivi terapeutici
6) Spiegare il razionale della terapia
7) Favorire una maggiore consapevolezza
circa il rapporto tra pensieri, emozioni e
comportamento
8) Promuovere lo sviluppo di punti di vista
alternativi
9) Monitorare pensieri ed emozioni e porre
attenzione ai ruoli che vengono assunti
10)Assegnare compiti a casa e incoraggiare
all’assunzione di ruoli alternativi
1) Sviluppare la relazione
•
•
•
Nel suo primo colloquio Giuliana è spaventata e frastornata
dall’esperienza del ricovero. “Non so cosa mi è successo”.E’
stata inviata al servizio ed ha acconsentito piuttosto
passivamente. Afferma di non sapere bene perché è qui e cosa
il terapeuta possa fare per lei.
Seguendo i suggerimenti di Gilbert, è opportuno rispecchiare i
sentimenti e le emozioni del paziente. Non si tratta di esplorare
la natura più profonda o identificare le credenze sottostanti; si
tratta di dimostrare di conoscere e capire ciò che prova,
ponendo le basi per un legame empatico.
T: Ho l’impressione che nell’ultimo periodo ti siano successe
molte cose… e che tu sia confusa e un po’ spaventata e che non
sai bene cosa ti aspetta e cosa è meglio fare… (empatia). Credo
che sia più che normale sentirsi così, chiunque lo sarebbe al
posto tuo! (validazione). Che ne dici se ci poniamo l’obiettivo di
iniziare a conoscerci e di capire insieme e cercare insieme le
risposte un po’ alla volta?Io sarò con te per darti una mano
(compassione).
2) Aspettative/paure sulla
terapia
•
•
•
•
•
•
G: devo fare una terapia psicologica? Vuol dire che devo venire qui
tutte le settimane? E che dovrò raccontarti tutti i fatti miei? E tu mi
dirai che è tutta colpa dei miei genitori o di qualcosa che mi è
successo da piccola? Adesso sto bene. Non ho voglia di tirare fuori
delle cose che poi magari mi fanno stare di nuovo male. Mia
mamma va da uno psicologo da un sacco di tempo e non mi sembra
che le sia servito a molto.
T: capisco… In effetti non si parla tanto bene in giro degli psicologi
eh?
G: sorride
T: Per risponderti, sì, credo che un percorso di psicoterapia possa
aiutarti e questo vuol dire venire qui più e meno tutte le settimane,
compatibilmente con i tuoi impegni. Non sono in grado di dirti ora
quali possono essere le origini dei tuoi problemi… sai non ci sono
risposte che vanno bene per tutti. Per trovare insieme le
risposte….sì, dovrai raccontarmi un po’ i fatti tuoi… certo non oggi,
che mi vedi per la prima volta! E chi è questa?
G: (ride) beh…
T: mi interessa capire meglio le tue perplessità. Mi sembra di capire
che hai delle paure rispetto alla terapia psicologica… che ne dici di
espormi le tue idee in merito?
3) Condivisione contenuti
• Giuliana esprime diversi timori:
– Essere obbligata (a venire alle sedute, a parlare di sé)
– Essere etichettata o ricondotta a modelli esplicativi
standard
– Che sia inutile
– Che possa farla stare peggio
Rispecchiare questi timori e rassicurarla, iniziando a
condividere l’obiettivo di sapere qualcosa di lei in generale
(cosa fa, che interessi ha, etc) può servire a stabilire un
iniziale contatto.
Importante cogliere spunti per la conversazione (ti piacciono
i gioielli etnici? Dove li compri?) e iniziare su un terreno
neutro, cercando di essere il più possibile informali e
“friendly”.
Rassicurare sul fatto che saranno rispettati i suoi tempi di
apertura.
T: per oggi possiamo fermarci qui. Come ti senti?
G: mah… dai, pensavo peggio
4) Ricostruzione storia
•
•
•
•
•
•
•
Riferita infanzia serena, idea di “famiglia ideale”. Brava a scuola,
ben inserita socialmente, figlia unica molto amata. Molte esperienze
belle con i genitori, piuttosto benestanti (viaggi etc).
Crisi coniugale improvvisa (2 anni fa) tra i genitori, partita da una
nuova relazione del padre con una donna giovane. Gravi e frequenti
contrasti e litigi, dove lei è costantemente “messa in mezzo”.
Il padre assume comportamenti di aperto disinteresse per la moglie,
e viene meno ad impegni di natura economica, anche in modo
disonesto.
Depressione reattiva nella mamma. Cerca alleanza nella figlia, la
rimprovera se vede il padre, le racconta tutte le sue malefatte, la
espone al suo dolore quotidianamente.
Crisi nella storia sentimentale che ha fin da ragazzina; incontra un
cinquantenne con il quale inizia una relazione molto contrastata
dalla madre
Blocco negli studi in coincidenza con la preparazione della tesi
Frequentazione gruppo di seguaci di una “santa” orientale; studia e
intraprende una “ricerca spirituale”.
4) Qui ed ora
• Mia madre non mi lascia vivere e mi angoscia con
il suo controllo e le sue ansie. Mi rimprovera se
vedo mio padre, devo farlo di nascosto.
• Mio padre mi fa solo prediche
• Non riesco a decidere con chi voglio stare… non
riesco a lasciar perdere nessuno dei due
• Non riesco a riprendere in mano la tesi. Ogni
giorno me lo propongo ma poi dormo e rimando
• Passo le mie giornate in casa senza fare nulla
• So che quello che mi è successo è stato un
problema mentale, adesso non credo più a quelle
cose… ma allora cosa vuol dire? Cosa ho che non
va?
• Non riesco a vedere un futuro
Concettualizzazione del caso
• Fattori predisponenti
• Fattori precipitanti
• Fattori di mantenimento
• Modello vulnerabilità/stress
Fattori predisponenti:
esempio
• G: da piccola ero molto orgogliosa della mia famiglia. I miei
si volevano davvero bene, si abbracciavano e baciavano
sempre, facevano progetti (un bed & breakfast in Sicilia)…
Mi ricordo che mi dicevano spesso che incontrare la
persona giusta nella vita era la cosa più importante.
Guarda adesso…
• Mi ricordo però che a volte mi sentivo un po’ oppressa…
come se anche io nella vita avrei dovuto fare come loro:
carriere brillanti, matrimonio perfetto, soldi…
• Una volta mi ricordo che mi annoiavo in una chiesa che mi
avevano portato a visitare… mio padre si arrabbiò molto e
disse che ero un’ingrata.
• T: intendi dire che pensavi che avresti dovuto dimostrare di
essere alla loro altezza?
• G: Hai voglia! Sai le critiche alle altre famiglie, alle mie
amiche… Ero brava a scuola, ma ero sempre agitata per i
voti. “Non vorrai mica essere una mediocre come X?”
• G: ma non farti idee sbagliate. Io potevo
fare tutto quello che volevo. Mi coccolavano
e accontentavano in tutto. Solo… quando
facevo qualcosa di sbagliato… non mi
facevano niente, mai picchiata per
intenderci, o punita… però mi facevano
sentire… male… che non sfruttavo tutte le
occasioni che mi davano… Ma certe volte
ero stanca… non mi andava di
impegnarmi… ma era come se fosse
vietato ecco.
• T: come se non te lo potessi permettere?
• G: sì… perché loro facevano tutto per me.
Fattori precipitanti: esempio
• T: come ti sei sentita quando le cose tra i
tuoi genitori hanno iniziato ad andare male?
• G: ah, io avevo capito tutto… lo sapevo che
mio padre aveva un’altra. Mi ricordo di aver
pensato che mi avevano raccontato un
sacco di favole… tipo il principe azzurro e io
ci credevo. Mi è crollato il mondo addosso,
mi sembrava di non sapere più dove
mettere i piedi.
• T: come se avessi perso il tuo posto al
sicuro?
• G: come se non avessi più il pavimento.
• G: e poi vedere mia mamma reagire così…
ho pensato che fosse pazza e che allora
forse non ero a posto neanche io… Con
tutti i guai che avevo, la scuola, il mio
ragazzo che iniziava a stufarmi, i dubbi sul
fatto di voler davvero fare l’architetto… La
paura che ci avrebbe lasciate senza un
soldo…
• T: dev’essere stata davvero dura…
• G: non puoi immaginarlo. E’ lì che ho
iniziato a cercare delle risposte spirituali.
L’idea di trovare equilibrio e una mia
armonia interiore che non avevo più…
Fattori di mantenimento:
esempio
• T: come ti senti dopo aver trascorso tutto il
giorno in casa senza aver fatto nulla?
• G: male… mi dico sempre Domani! Ma poi non
ce la faccio. Non sono più sicura di niente e
allora mi dico perché fare tutta sta fatica? Mi
viene sonno e allora dormo. Poi mi dico che
non combinerò mai niente, che ormai sono
bloccata. Dopo quello che è successo ho
anche paura di non essere più capace come
prima di studiare… appena non capisco
qualcosa mi spavento e lascio perdere.
• T: hai paura?
• G: si. Ho paura di non essere più come prima
Trovare i collegamenti
(origine degli schemi)
• T: ascoltando la tua storia, ho notato che dici
spesso di sentire che non vali nulla… mi
chiedo se non sia possibile collegare questi
pensieri agli episodi di cui mi hai parlato, come
quello della chiesa o di quella volta che avevi
deciso di non andare più a tennis…
• G: dici che è per quello?
• T: mi sembra che in diverse circostanze hai
associato il non aver voglia di fare qualcosa
con l’idea di essere un’ingrata, una mediocre…
• G: è quello che mi dicevano! Sempre! Adesso
che non ho mai voglia di fare niente, immagina
come mi sento… forse hanno ragione loro.
5) 6) obiettivi e rationale
della terapia
• Spiegazione del modello CC e condivisione della
concettualizzazione del caso
• Normalizzazione, rassicurazione, speranza
• Analisi cognitiva e comportamentale (ABC)
• Ristrutturazione cognitiva
• Sostegno scolastico per la preparazione della tesi
• Organizzazione della giornata
• Terapia farmacologica con neurolettico atipico e SSRI
• Colloqui settimanali di psicoterapia CC
7) Pensieri, emozioni e
comportamento
•
PAN
»
»
»
»
»
»
»
Nessuno mi capisce
Non posso fare quello che voglio
A nessuno importa di me
Non ho energie/non ho voglia/ lo faccio domani
Tanto non serve a niente
Non ce la farò mai/ è troppo difficile per me
E se non trovo nessuno di meglio?
•
Credenze intermedie
» Bisogna fare del proprio meglio
» Bisognerebbe sempre sapere cosa fare
•
Schemi centrali
•
»
»
Distorsioni cognitive
»
»
»
»
Vulnerabilità: sono debole/fragile/poco energica
Standard severi: non vado mai abbastanza bene
Pensiero dicotomico
Catastrofizzazione
Astrazione selettiva
Doverizzazione
8) Punti di vista alternativi
• T: cosa diresti a una tua amica che ti
dicesse le stesse cose che dici tu?
• G: boh
• T: beh… Pensi che le diresti che non vale
nulla?
• G: mah… ma no… cercherei di
incoraggiarla…
• T: per esempio?
• G: le direi che non è vero, che nessuno è
perfetto e che è normale avere dei
problemi… che ha tante qualità…cercherei
di darle dei consigli… sorridi? Aahh…
dovrei fare così? Con me?
9) Ruoli
Sistemi motivazionali innati (Gilbert, 1989;
Liotti, 1994). A volte i pazienti “testano” il
terapeuta.
• Attaccamento (bisognoso e in cerca di cure)
• Accudimento (accudente)
• Cooperazione (in cerca di
condivisione/appartenenza)
• Competizione (in cerca di potere/confronto)
• Sessuale (attraente/attratto)
Esempio
• G: tutti bravi… tutti di successo! Tutti laureati bisogna
essere… Anche tu, sei una che ce l’ha fatta eh? Io non
sono come voi. Io non ci riesco. (competizione: confronto
sociale)
• T: capisco come ti senti… E’ un mondo molto esigente
vero? Se uno ha un intoppo si sente subito fuori dai
giochi… e non è una bella sensazione. (validazione)
• G: è orribile… come posso fare per non sentirmi più così?
Possibile che capiti solo a me? A te non è mai successo?
(cooperazione)
• T: eh… te ne racconto una. Una volta avevo fatto un
colloquio per una borsa di studio… eravamo in tre e i posti
erano due. Le mie amiche hanno avuto il posto… e io ho
pensato per mesi di aver sbagliato tutto. Uh, che brutti
momenti…
• G: e come hai fatto a venirne fuori?
Compiti a casa
• T: allora, te la senti di provare a fissarti
un’agenda?
• G: proviamo. Ne ho comprata una nuova. Ho
chiesto a una mia amica di venire a studiare con
me.
• T: ottima idea! Andiamo per gradi, però… non
esageriamo, facciamo un’agenda “light” per
questa prima settimana… non è che dopo un
anno che non corri vai alla maratona di New
York…
• G: Ho scritto queste cose per ora.
• T: ok. Come ti senti?
• G: mi sembra di aver ripreso un po’ le redini in
mano…
• T: proprio così! Brava!
Ulteriori spunti di riflessione
• Sempre seguendo il modello di
Gilbert, possiamo fare alcune ulteriori
considerazioni sulla relazione
terapeutica.
• Il ruolo del terapeuta è, in parte, quello
di guidare il paziente e di sostenerlo
nell’affrontare e nel gestire quei
domini della propria esperienza che
teme, che gli provocano sofferenza o
che lo hanno portato a sviluppare
strategie protettive, favorendo il
mantenimento dei suoi disturbi.
Minaccia
• La prospettiva di un cambiamento può
essere percepita dal paziente come
una minaccia, può suscitare il timore
di sviluppare una propria identità, di
perdere il controllo.
• Si vedano ad esempio le perplessità
portate da Giuliana nel suo primo
colloquio.
• Gilbert sostiene che lo sviluppo umano è
fortemente dipendente dalle relazioni
sociali, e che l’interazione tra le MENTI
delle persone (ad esempio: genitore e
bambino) è un elemento cruciale di tale
sviluppo.
• In tal senso, la relazione terapeutica può
essere vista come l’interazione fra due
menti, e il frutto di ciò che terapeuta e
paziente portano con sé nell’interazione.
• Nel tentativo di trovare un punto di
incontro tra i processi psicoterapeutici
e i sistemi psicologici evoluti, e in
particolare quelli associati al
comportamento sociale, Gilbert
prende in considerazione alcuni
aspetti del comportamento umano.
1) Ricerca di sicurezza
• Gli esseri umani dispongono di strategie
difensive primitive (fuga ed evitamento) e
sistemi di difesa più complessi che si sono
evoluti nel tempo (comportamenti specifici
come atacco/fuga/sottomissione/ ricerca di
aiuto etc; emozioni specifiche (rabbia, ansia
e disgusto) e euristiche cognitive (“fidarsi è
bene, non fidarsi è meglio”) per valutare le
minacce.
• La ricerca di sicurezza implica una serie di
comportamenti protettivi, che hanno lo
scopo di far sentire la persona al sicuro (es:
evitamento fobico).
• Leahy (2005) sottolinea come le risposte protettive
possono essere relative anche a stimoli interni
(emozioni, pensieri), percepiti come minacciosi.
• Giuliana, ad esempio, utilizza la strategia del “non
pensarci” quando è di fronte alle sue difficoltà
nell’elaborazione della tesi. Cerca di evitare la
sensazione di inadeguatezza e di vergogna che
prova quando si rende conto che non sta
procedendo.
• Ha imparato ad associare le sensazioni di “noia e
disimpegno” con stati emotivi negativi, in seguito
alle numerose critiche che riceveva quando non
era “entusiasta ed attiva”.
• L’esperienza quotidiana di demotivazione la riporta
continuamente al fatto di “provare emozioni
sbagliate”
• Per questo la validazione emotiva è così
importante
• Quindi, cercare di favorire il senso di sicurezza
(sia verso situazioni temute, sia verso i propri
stimoli interni) è un aspetto centrale della
relazione terapeutica.
• Secondo Gilbert, in psicoterapia ha un ruolo
centrale il sistema di regolazione delle
emozioni positive legate alla ricerca di
sicurezza ed affiliazione, associato ai neuro
ormoni (ossitocina ed endorfine) che mediano
i comportamenti affiliativi ed affettuosi e
forniscono una base neurale per sentirsi
rassicurati e al sicuro.
• Importante quindi considerare molti
comportamenti disfunzionali del paziente come
comportamenti protettivi e creare attraverso la
relazione un clima sicuro in cui la persona
possa sentirsi libera di sfidare i propri timori.
2) Sviluppo del sé sociale
• Risonanza emozionale (empatia:
comprensione delle emozioni altrui, mediata
dai neuroni-specchio (Iacoboni, 2008).
• Intersoggettivita: esperienze precoci che
insegnano a classificare le emozioni come
sicure e gestibili (grazie alla rassicurazione)
o pericolose (grazie all’ostilità o alla
deprivazione)
• Cognizione sociale: sviluppo della teoria
della mente che permette di attribuire agli
altri intenzioni e motivazioni.
• A tal proposito, Holmes (2005) afferma che
sotto stress gli individui tendono a
rispondere alle minacce in modo più
automatico e difensivo, piuttosto che
modulato da una riflessione sulla mente
altrui.
• Ad es. Giuliana reagisce attaccando la
madre quando scoraggia la sua relazione
sentimentale, senza tenere conto delle sue
“buone intenzioni”: “Vuole solo controllare la
mia vita… Proprio lei che non ha nulla da
insegnare al riguardo”
3) Il sé desiderabile
• Secondo Buss (2003), abbiamo sviluppato dei
sistemi di motivazione sociale che ci
permettono di essere apprezzati e benvoluti
dagli altri mediante la capacità di identificare i
pensieri e le emozioni che suscitiamo in loro
(“social attention holding power”)
• La vergogna è una delle principali minacce
sociali, perché induce l’individuo a considerare
gli altri come potenzialmente ostili o rifiutanti
• Nel caso di Giuliana, che ha sperimentato
spesso questa sensazione quando veniva
criticata dai genitori, è importante che il
terapeuta sia molto attento all’attivazione di tali
emozioni in seduta.
Compassione
• Secondo Gilbert, gli elementi fondanti della
compassione, costituiscono strumenti
essenziali per una buona relazione
terapeutica
–
–
–
–
–
–
Sensibilità alla sofferenza
Cura dell’altro
Atteggiamento non giudicante
Consolazione
Empatia
Tolleranza della sofferenza
Esercitazione 2
•
•
•
•
Role-play in piccoli gruppi
Ruolo 1: Giuliana
Ruolo 2 : Terapeuta
Simulare 10 minuti di colloquio sul tema
della relazione sentimentale di Giuliana con
un uomo di 50 anni.
• Prestare particolare attenzione agli aspetti
relativi a
– Empatia
– Validazione
– Compassione
• Scambio dei ruoli
• Impressioni dei partecipanti nei relativi
ruoli