Gli esordi psicotici: specificità terapeutiche in CBT Laura Bislenghi Programma 2000, Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Cà Granda Milano Terapia cognitivocomportamentale con gli adolescenti e i giovani Introduzione • L’esordio psicotico si verifica prevalentemente nell’età adolescenziale e giovanile. • E’ pertanto opportuno avere a disposizione una chiave di comprensione del processo maturativo insito nel periodo adolescenziale. Adolescenza e giovinezza • La distinzione classica tra adolescenti (fino ai 18 anni) e i giovani adulti (dopo i 18 anni) di Keniston (1968) si scontra con la realtà attuale in cui si riscontrano caratteristiche adolescenziali anche in giovani di 2025 anni, legate prevalentemente alla dipendenza economica e al permanere in famiglia (Scabini e Donati, 1998). La teoria dell’apprendimento sociale e cognitivo mette in evidenza che: 1- Il comportamento è controllato dalle sue conseguenze e dagli stimoli discriminativi che lo precedono (vedi ABC comportamentale) 2- le strutture del comportamento complesso sono apprese tramite l’imitazione di modelli osservati (apprendimento sociale) 3- l’emissione del comportamento è mediata da processi cognitivi L’adolescenza, caratterizzata da continui cambiamenti fisici, emotivi e cognitivi, richiede, dal punto di vista cognitivo-comportamentale, il continuo riequilibrio del rapporto tra l’individuo e i suoi stimoli interni, oltre che tra l’individuo e l’ambiente che lo circonda. Tutto questo fa pensare alla Reazione di Orientamento, definita come una reazione globale dell’individuo a uno stimolo nuovo. La Reazione di Orientamento consiste in una iniziale e momentanea reazione di trasalimento seguita da una prolungata reazione di orientamento e di investigazione (Sacchi, 2003). Tale reazione diventa frequente ed intensa quando l’organismo entra in contatto con numerosi stimoli nuovi, e crea uno stato di tensione e allerta continui oltre ad una serie di cambiamenti a livello emotivo, cognitivo e comportamentale. Nella fase adolescenziale, tutto questo è esasperato e costringe a confrontarsi, interagire, affrontare e dominare le novità; saltano le vecchie sicurezze e le strategie fino a quel momento utilizzate con efficacia. La RO costringe pertanto a prendere atto dei nuovi dati di realtà ed il risultato di questa operazione è il passaggio ad una fase maturativa diversa. • Anochin nel 1975 definiva la “crisi” (caratterizzata da fatti “stupefacenti”, che determinerebbero un disequilibrio nell’omeostasi personale) come “Reazione Biologica Negativa”, caratterizzata da ansia, depressione, disorganizzazione dei processi di pensiero. • Non descrive perfettamente la “sofferenza adolescenziale”? Esempio Antecedente Behavior Conseguenze Gli amici propongono di fare qualcosa di trasgressivo Esprime paura e timore della punizione Prese in giro ed esclusione dal gruppo Antecedente Belief Comportamento Gli amici prendono in giro ed escludono Resa: ritiro ed evitamento (tristezza, insoddisfazione) Reazione: accetta di partecipare (ma è ansioso) Sono un bamboccio Non sono come gli altri Il cambiamento evolutivo è caratterizzato dal cambiamento di significato degli stimoli ai quali siamo sottoposti. Ciò che prima era uno Stimolo Discriminativo Positivo assume il ruolo di Stimolo Discriminativo Negativo. Esempio: il consiglio di un adulto in posizione di autorità. Inoltre, secondo i principi del Condizionamento Operante, diversi comportamenti che erano prima rinforzati positivamente (ad esempio l’ubbidienza e la dipendenza dai genitori) continuano ad esserlo da alcune figure (gli adulti) ma al contempo vengono puniti da altre (il gruppo dei pari) Esempio A B C Esposizione in classe Impegno Buona prestazione Complimenti da insegnante e genitori Prese in giro ed esclusione dai compagni Modeling • Sappiamo inoltre che alcuni comportamenti vengono appresi osservando gli altri (Bandura) • L’apprendimento dipende dall’avere una rappresentazione interna del comportamento da riprodurre, dal possederne le capacità e soprattutto dalla sensazione di essere in grado di riprodurlo (Self Efficacy) • Inoltre gli esiti dei comportamenti osservati (rinforzati o puniti) influiscono sulle probabilità di riproduzione di tali comportamenti. • Poiché tali esiti sono spesso ambigui, il giovane si trova di fronte al difficile compito di elaborare strategie comportamentali efficaci di fronte a messaggi contradditori (devi essere un bravo studente ma devi anche frequentare gli amici al pomeriggio; devi essere sincero ma devi anche fare delle cose che non puoi dire ai genitori etc…) • Sul piano cognitivo, in questa fase evolutiva si rafforzano gli schemi centrali (personali ed interpersonali) che si sono strutturati durante l’infanzia • Minori sono le abilità sociali e di coping del soggetto, maggiori le situazioni in cui non ottiene rinforzi positivi, più intense le reazioni emotive avverse, più è probabile che si confermino schemi maladattivi precoci (Young) • Tali schemi si attivano poi nelle varie situazioni-stimolo originando reazioni emotive e pensieri automatici negativi e distorsioni cognitive (“sono uno sfigato”…) Società • Può sembrare superfluo sottolinearlo, ma è fondamentale integrare le precedenti considerazioni in una prospettiva più ampia che tenga conto delle peculiarità storiche, culturali e sociali del mondo in cui il giovane si muove • Le richieste contraddittorie che la società pone all’individuo appaiono ancora più stridenti e dolorose per gli adolescenti e i giovani • Così, ad esempio, le richieste relative alla preparazione scolastica, alla competitività e all’abnegazione per entrare nel mondo del lavoro si scontrano con un modello economico in crisi e con prospettive poco rassicuranti sull’autonomia futura. • Spesso ciò è legato a comportamenti di ritiro dalle attività e all’assunzione del ruolo di “Neet” (Not in Employment Education or Training, Ricci 2009) o addirittura nell’isolamento completo nella propria stanza, come si osserva anche in diversi casi di psicosi. • In Giappone è noto il cosiddetto fenomeno dell’ “Hikikomori”, sinonimo di “ritiro sociale”, caratterizzato dalla completa reclusione nella propria stanza, dall’inversione del ritmo sonnoveglia, da Internet Addiction e spesso violenza domestica, che coinvolgerebbe il 2% dei giovani. (Ricci, 2009). • Diverse ricerche evidenziano che , escludendo quadri ad alto rischio o gravemente psicopatologici, numerose ricerche hanno evidenziato che i giovani che lamentano un disagio psicologico costituiscono una percentuale variabile tra il 17% e il 22% (Phillips et al. 2009) • Secondo il modello vulnerabilità-stress (Paris, 1999), “individui a rischio genetico di psicopatologia sono particolarmente sensibili agli effetti di ambienti stressanti”. • Lo stress in adolescenza costituisce un importante fattore di vulnerabilità Stress. Un modello transazionale • Diverse concettualizzazioni hanno posto l’accento ora sul ruolo degli stimoli esterni (forze esterne che si abbattono sull’individuo), ora sulla risposta che l’individuo attiva. • Possiamo considerare lo stress non come uno stimolo né come una risposta ma come il risultato di una TRANSAZIONE influenzata sia dall’individuo sia dall’amibiente (Meichenbaum, 1990) • Lo stress riflette un rapporto con l’ambiente che viene sentito dalla persona come affaticante o esorbitante rispetto alle sue risorse e quindi come fonte di pericolo per il suo benesere. • Lazarus (1981) osserva che gli individui non sono semplicemente vittime dello stress, ma è il modo in cui valutano gli eventi stressanti (valutazione primaria), e le loro risorse di coping e le alternative di azione (valutazione secondaria) a determinare la natura dello stress individuale. • Il coping (fronteggiamento) si riferisce agli sforzi cognitivi e comportamentali rivolti a padroneggiare, ridurre o tollerare le richieste interne e/o esterne che sono state generate dalle transazioni stressanti (Lazarus e Folkman, 1984). • Il modello transazionale enfatizza il contesto cognitivo-interpersonale dello stress. Spesso gli individui stressati creano inavvertitamente e inducono negli altri reazioni che mantengono o addirittura incrementano le loro risposte disadattive. Esempio • Un giovane timoroso che mette in atto comportamenti di evitamento potrebbe suscitare negli altri comportamenti iperprotettivi, che non consentono alla persona di sfidare i propri timori, la qual cosa a sua volta genera una ulteriore diminuzione dell’autostima. E’ quindi fondamentale tenere presenti: • • • • Il ruolo del Comportamento Il ruolo degli Altri Il ruolo delle Cognizioni Il ruolo dell’Ambiente Sfide dell’adolescenza Sfide biologiche • Cambiamenti fisiologici (rapporto col proprio corpo) • Cambiamenti sessuali (impulsi) • Cambiamenti della sfera affettiva (stati emotivi) Sfide cognitive • Sviluppo del pensiero astratto • Pensiero egocentrico (personalizzazione) • Sviluppo metacognitivo • Sviluppo delle capacità di pensare agli altri e mettersi nei loro panni • Sviluppo del pensiero critico • Sviluppo del pensiero creativo (problem solving) Sfide psicologiche • Sviluppo dell’identità personale (responsabilità, valori, obiettivi, senso di controllo e libero arbitrio, consapevolezza delle proprie potenzialità e autostima) • Individuazione e indipendenza dalle relazioni familiari e integrazione nella società (equilibrio) • Gestione delle emozioni (reattività ed intensità delle risposte emotive). Ruolo importante della vergogna (timidezza, ansia sociale) • Identità etnica e adattamento (minoranze; generazioni “di mezzo”) Sfide sociali • • • • Aspettative della società Aspettative dei genitori Aspettative del giovane Aspettative dei pari Sfide morali e spirituali • Sviluppo di valori autonomi (pensiero dicotomico) • Esigenze di natura spirituale • Si pensi a fenomeni di adesione a sette o a gruppi “estremi”. • Possiamo quindi considerare le suddette sfide evolutive come possibili fattori di stress che interagiscono con le caratteristiche individuali – Comportamentali: abilità sociali e di coping – Cognitive: competenze cognitive e metacognitive; schemi centrali, distorsioni cognitive, idee irrazionali, abilità di problem solving – Emotive: riconoscimento e gestione delle emozioni; autocontrollo e tolleranza delle emozioni disturbanti e degli impulsi Prendiamo ora in considerazione le caratteristiche dell’esordio psicotico Criteri di segnalazione • Età (17-30 anni) • Crisi psicotiche e/o combinazione dei seguenti fattori di rischio e di vulnerabilità – Familiarità per disturbi psicotici – Contenuti insoliti del pensiero – Concentrazione e attenzione ridotte – Ansia – Depressione – Sospettosità – Deterioramento delle funzioni sociali – Comportamento aggressivo – Sintomi fisici (es. perdita dell’appetito, disturbi del sonno) • Diversi studi hanno confermato che i primissimi sintomi della fase prepsicotica consistono in disturbi psicologici relativamente aspecifici che riflettono uno stato disforico (Yung & McGorry, 1996) Haefner et al., 2000 • Studio retrospettivo su 130 soggetti al primo episodio • 73% inizia con sintomi aspecifici negativi e affettivi • 7% inizia con sintomi positivi • 20% inizia con sintomi positivi e depressivi • Inoltre più dell’80% ha sperimentato sintomi depressivi nel corso iniziale della malattia. Concetti chiave relativi all’esordio psicotico Periodo prodromico o “a rischio” • Definisce il tempo che intercorre tra il manifestarsi evidente di segnali di disagio e l’emergere riconoscibile della patologia psicotica. • Durata media. 1-2 anni Aspetti prodromici (Yung & Jackson, 2001) • Riduzione della concentrazione e attenzione • Riduzione dell’iniziativa e della motivazione, mancanza di energia • Depressione dell’umore • Disturbi del sonno • Ansia • Ritiro sociale • Sospettosità • Deterioramento del funzionamento di ruolo • Irritabilità Disturbi del pensiero interferenze del pensiero perseverazione del pensiero blocco del pensiero oppressione del pensiero disturbi del linguaggio recettivo - acustico o in lettura Criteri EIPS Early Initial Prodromal State Disturbi del sé e illusioni diminuzione dell’abilità di discriminare tra idee e percezioni – tra fantasie e memorie vere autorefenzialità (idee di riferimento non costanti, con consapevolezza che sia improbabile) Derealizzazione Criteri EIPS Early Initial Prodromal State Disturbi percettivi disturbi percettivi visivi - ipersensibilità alla luce – cecità transitoria – visione indistinta – visione parziale disturbi della percezione acustica –ipersensibilità ai suoni e ai rumori – acufeni Criteri EIPS Early Initial Prodromal State Primo episodio • Caratterizzato dalla comparsa evidente di allucinazioni, deliri, comportamento estremamente disorganizzato o catatonico • Si tratta di un momento drammatico, in genere angosciante, inesplicabile e sconvolgente. • Raphael, 1986, parla di “catastrofe personale” in cui la persona è colpita da un grave trauma e da molteplici perdite. Periodo critico (Birchwood, 1997) • I tassi di remissione nel primo episodio sono buoni, soprattutto per quanto riguarda la sintomatologia positiva. • Ma anche se i sintomi sono stati trattati o si sono attenuati, la vulnerabilità resta la caratteristica degli anni che seguono. • In tale periodo avvengono i cambiamenti biologici e psicosociali cruciali • Durante il periodo critico si verifica la più alta percentuale di suicidi, si aggravano e si stabilizzano le disabilità e il deterioramento sociale, è maggiore la probabilità di ricadute. • Inoltre, nel periodo critico la persona soffre di sintomi di natura post traumatica relativi alla necessità - e alla difficoltà- di attribuire senso e significato a quanto gli è accaduto, con il rischio che si confermino schemi negativi su di sé, sul mondo e sul futuro (“allora sono matto”, “allora non c’è speranza”, “allora sono diverso dagli altri”) dai quali possono derivare comportamenti di resa, rinuncia e ritiro. • Naturalmente questo vale anche per i familiari. Riassumendo • L’immagine del giovane all’esordio (in uno dei tre periodi in cui lo si voglia collocare) appare così caratterizzata da un preesistente e “fisiologico” stato di tensione, allerta e confusione dovuto alla Reazione di Orientamento che caratterizza il periodo adolescenziale, al quale va ad aggiungersi la portata dirompente dell’esperienza psicotica, con immaginabili conseguenze negative sull’autostima e sull’identità personale. • I maschi tendono ad avere un esordio anticipato rispetto alle femmine, quindi è più facile che non abbiano un partner, abitino con i genitori e che l’esordio sia complicato da aspetti più tipicamente adolescenziali, come il processo di separazione/individuazione, i comportamenti antisociali, l’uso di droghe, le difficoltà di adattamento e le problematiche familiari. • Le femmine si trovano spesso in uno stadio successivo dello sviluppo, hanno un partner e a volte dei figli piccoli; il loro esordio è complicato in genere da tensioni con il partner e da problemi legati al ruolo genitoriale. • Il significato personale di una particolare esperienza psicotica può variare ampiamente da paziente a paziente, influenzando anche la risposta emotiva. • L’esperienza della psicosi può disturbare la percezione del paziente rispetto a relazioni prima ritenute protettive e sicure, creando intense e spesso stabili sensazioni persecutorie, di violazione, di disperazione, di catastrofe imminente. • Un decorso a sviluppo più lento permette alla persona di adattarsi agli effetti più deleteri della psicosi, aumentando tuttavia la probabilità di un effetto più insidioso sull’identità e sulla consapevolezza del cambiamento avvenuto. • In questo modo l’esperienza psicotica diventa più egosintonica, con minor disforia, ridotta consapevolezza del cambiamento occorso e della possibilità di “sentirsi malati”. Tutto ciò riduce la motivazione a cercare o accettare aiuto. • Una valutazione completa della struttura della personalità premorbosa, del concetto di sé, della fase di sviluppo, delle capacità di adattamento e di coping, dei conflitti in atto, degli schemi personali ed interpersonali, dei pattern comportamentali, delle forze e risorse sociali (alloggio, lavoro, scuola, aspetti economici, culturali, familiari) aiuteranno la comprensione dell’interazione tra il contesto psicologico e sociale del paziente e l’esperienza della psicosi. Esercitazione 1 CASO CLINICO Caso di Sara: storia • Età 17 anni • Familiarità: disturbo bipolare mamma • Evento precedente: esame di maturità (andato bene ma vissuto con stress) • Antecedenti alla segnalazione: ritiro sociale, autosvalutazione, espressione di disagio e richiesta di aiuto. Durante le vacanze estive si rivolge presso la NPI del luogo di vacanza dove riferisce di sentirsi depressa e di avere idee di morte che la spaventano.Viene prescritto un antidepressivo e segnalato il caso al CPs di competenza a Milano. Sintomatologia alla segnalazione Ritiro sociale Ansia sociale Sentimenti di inadeguatezza e autosvalutazione Paura di poter avere una malattia come la madre Pianto frequente Pensieri negativi relativi al futuro in particolare sulla realizzazione personale e su cosa gli altri possano pensare di lei Drammatizzazione di piccoli diverbi con gli amici CBA Risposte omesse Punteggio grezzo Rango percentile Scheda 2 STAI X1 Ansia di stato 0 35 38,3 Scheda 3 STAI X2 Ansia di tratto 0 44 52,8 EPQ/R E Intro / Estroversione 0 3 8,7 EPQ/R N Stabilità emozionale 0 4 26,1 Scheda 5 Scheda 6 Scheda 7 Scheda 8 Scheda 9 Scheda 10 EPQ/R P Disadattamento A ntiso cialità 0 1 14,8 EPQ/R L Simulazione 0 6 11,8 QPF/R Dist. Psico-fisiologici 0 39 23,3 0 22 0,9 IP F Paure IP PH Fobie 0 5,4 IP 1 Calamità 5 1,6 IP 2 Rifiuto sociale 12 10,6 IP 3 Animali repellenti 2 4 IP 4 Allontanamento 0 3,8 IP 5 Sangue, Medici 3 8,1 QD Problemi Depressivi 0 65 90 MOCQ/R Ossessioni Compulsioni 0 0 0,7 MOCQ/R 1 Controllo 0 7,1 MOCQ/R 2 Dubbio 0 5,2 MOCQ/R 3 Pulizia 0 18,8 STAI X1/R Ansia di stato - retest 15 44,8 STAI DIFF Variazioni Ansia di stato -2 47,3 STAI ACC Accuratezza Validità 0 30,9 0 0 INDICE IR 0 SAT-P 100,0 80,0 90,0 79,4 74,6 74,0 81,0 60,0 40,0 20,0 0,0 Fattore I Fattore II Fattore III Fattore IV Fattore V Elementi assessment • Items BPRS • Ansietà • Depressione • Sospettosità • Items HONOS Problemi legati ad umore depresso Elementi rilevanti nella storia personale • Mamma con disturbo bipolare esordito prima della nascita di Sara • Ricordi legati ai periodi di crisi della madre in cui si è sentita sola e poco protetta • Sensazione riferita di “inversione dei ruoli” • Preoccupazione costante per la famiglia • Figlia unica. Figura di sostegno rilevante: nonna • Buon successo scolastico e buon inserimento sociale con lieve calo nell’anno precedente la segnalazione Lista dei problemi • Mi sento inadeguata a scuola. Dubbi circa la scelta universitaria • Non sono più a mio agio con gli amici, Penso che siano meglio di me, non mi sento alla loro altezza. Credo che mi sopportino. • Non ho voglia di fare niente • Ho paura e penso continuamente a quello che è successo quest’estate • Non ho appoggio dai miei genitori • Ho perso la mia amica del cuore Analisi cognitiva • PAN » » » » » » » » non so cosa dire Non mi vogliono Che palle che devo essere Me ne vado a casa Non combinerò mai niente Perché mi sembrano tutti così felici? Cos’ho che non va? Sono come mia madre • Credenze intermedie » » » » Bisogna avere successo Bisogna essere in grado di affrontare qualunque situazione Se non sono simpatica nessuno mi vuole Una persona con dei problemi è una persona noiosa • Schemi centrali » Inadeguatezza: non sono all’altezza; non sono come gli altri…. » Standard severi: sono poco intelligente, non concludo niente… » Esclusione sociale: sono noiosa, non piaccio, sono poco attraente per gli altri Vulnerabilità: sono come mia madre • Distorsioni cognitive » » » » Pensiero dicotomico Catastrofizzazione Astrazione selettiva Doverizzazione Compito In base alle informazioni fornite, delineate le vostre ipotesi in merito a: Sfida/e dello sviluppo che può aver agito da stressor Caratteristiche comportamentali del soggetto (ABC) Caratteristiche cognitive del soggetto (ABC) Aspetti ambientali e stimoli esterni che possono contribuire nel mantenimento del disagio Progetto terapeutico • Ricostruzione della storia personale e condivisione del fattori di rischio e vulnerabilità • Analisi cognitiva • Ristrutturazione cognitiva • Sostegno scolastico (preparazione degli esami) con particolare attenzione al sostegno dell’autostima scolastica e prestazionale • Terapia farmacologica con SSRI per i primi 8 mesi, poi gradualmente sospesa • Colloqui settimanali di psicoterapia CC per 1 anno e mezzo, poi gradualmente ridotti • In carico da 3 anni; attualmente ha sospeso il sostegno scolastico ed è autonoma; colloqui ogni 2 mesi La Relazione Terapeutica Una buona alleanza terapeutica è il prerequisito per il cambiamento in tutte le forme di psicoterapia (Bordin 1979) Nella terapia del comportamento il paziente è per definizione adulto e competente, egli utilizza il terapeuta come consulente di fiducia per poter portare avanti una serie di cambiamenti e di operazioni di ristrutturazione nel proprio immediato futuro di vita (Sanavio 1991) È ampiamente dimostrato che la relazione terapeutica influisce in modo determinante sull’efficacia delle tecniche terapeutiche impiegate (Beck, Freeman, Safran, Segal) La Relazione Terapeutica nella psicoterapia comportamentale era definita, in passato, come una variabile aspecifica ai fini degli obiettivi della terapia (Ricci 1992) La valutazione era concentrata quasi esclusivamente sull’efficacia delle procedure-tecniche indipendentemente dal ruolo dell’utilizzatore La rivalutazione degli aspetti cognitivi, come fattori causali della condotta dell’individuo, ha messo in evidenza il primato della comunicazione come fondamentale veicolo per il cambiamento Prime concettualizzazioni di Relazione Terapeutica Approccio Operante Krasner (1962) ruolo del terapeuta: erogatore di rinforzo Gli studi sul condizionamento verbale avevano dimostrato l’influenza dell’uso dei rinforzatori verbali sull’aumento di probabilità dei comportamenti che li precedevano Gli effetti dei rinforzatori verbali erano potenziati se il soggetto conosceva il problema e gli scopi del trattamento (Mahoney 1974) Bandura enfatizza l’influenza del modello che veniva impersonificato dal terapeuta come fattore rilevante per il cambiamento del cliente Beck (1980) propone il “principio di empirismo collaborativo” secondo il quale tra il terapeuta e il cliente si attiva una collaborazione tendenzialmente paritetica Compito del terapeuta è quello di aiutare il paziente a valutare e a emettere giudizi di valore, ma non di mettersi al posto suo. Il terapeuta funge da catalizzatore e da “risorsa della persona” per prendere decisioni, programmare ed agire di conseguenza, ponendo l’attenzione sul “qui e ora” e mostrandosi fiducioso nelle possibilità di cambiamento (Kanfer 1993) calore umano (ma non invadenza) empatia (ma non paternalismo) franchezza “compassione” senso di sicurezza Terapeuta “base sicura” • Offrire una base sicura significa permettere al paziente di esplorare gli aspetti più problematici della propria vita sapendo che alle spalle c’è sempre qualcuno di cui egli si può fidare e su cui può ripiegare per ottenere sostegno, incoraggiamento e, se necessario, una guida. (Bowlby 1988) Tuttavia si tratta di condizioni necessarie, ma non sufficienti Il rapporto non è usato come LO strumento per alleviare la sofferenza, ma come un modo per favorire lo sforzo comune per realizzare obiettivi specifici. Terapeuta e cliente sono una squadra La relazione terapeutica è considerato un fattore necessario ma non sufficiente della terapia cognitivocomportamentale: le variabili di relazione possono contribuire significativamente al processo di cambiamento e influenzare altrettanto significativamente il processo terapeutico Una buona e valida relazione terapeutica è il risultato di una costruzione accorta e graduale nel tempo: caratteristiche come l’immediatezza, la genuinità, il calore e l’empatia sono positive e terapeuticamente utili perché moltiplicano il potere rinforzante del terapeuta, ma devono essere fondate in una conoscenza teorico pratica di principi, procedure e tecniche (Sanavio 1991) La variabili di relazione influenzano il tasso di drop out piuttosto che l’esito del trattamento che perviene al suo termine naturale. Il ruolo della relazione terapeutica sarebbe quello di un insieme di condizioni che rende possibile lo svilupparsi di un trattamento psicoterapeutico fino alla sua conclusione naturale C’è un diverso impatto delle variabili di relazione a seconda che il trattamento sia nelle sue fasi iniziali o in fasi avanzate. L’impatto maggiore è nelle prime fasi che sono meno strutturate e dove vi è maggior numero di drop out Relazione terapeutica come elemento non rigido e fisso ma flessibile, cambia con il tempo, cambia la relazione nel corso del lavoro terapeutico. All’inizio è volta al tentativo di trovare terreno comune per il lavoro terapeutico, poi l’attenzione si sposta sugli aspetti tecnici e sostanziali del trattamento e infine verso la fine del trattamento il terapeuta porta la persona verso l’autonomia diminuendo gradualmente la forza del legame terapeutico Principali atteggiamenti e false credenze che interferiscono con l’instaurarsi di una corretta relazione terapeutica: a) paziente che racconta e terapeuta che ascolta b) terapeuta che deve tirare fuori la radice profonda del problema e dare soluzione c) terapeuta come colui che si assume la gran parte di responsabilità del processo d) terapeuta che interpreta invece di riflettere emozioni e sentimenti Temi centrali e problemi più comuni nell’ambito dell’early psychosis Giovane età • • • • • • Sovrapposizione/confusione con le comuni “problematiche adolescenziali” Individuazione dei problemi specifici del ragazzo ed ancoraggio ad essi in una prospettiva normalizzante Problemi giovanili come stressors Sintomi come risposta ad essi (modello vulnerabilità/stress) Atteggiamento empatico e “friendly” Conoscenza e condivisione del linguaggio e degli interessi giovanili Negazione della malattia • • • • • Ascolto e comprensione della prospettiva del paziente Concetto di disturbo e non di malattia Disturbo come “soluzione” del paziente per dare senso all’emergere della sintomatologia psicotica (Fowler et al., 1995) Condividere la paura provata dal paziente di fronte alla prospettiva del disturbo mentale (empatia) Adozione di “ipotesi” sul disturbo da costruire insieme al paziente e da utilizzare come ipotesi di lavoro Paura dello stigma • • • • • Ambiente specifico e dedicato ai giovani Rassicurazione e prospettiva ottimistica: fornire dati sulle prospettive di guarigione odierne Trattare l’argomento del pregiudizio come limite/errore di giudizio degli altri Continuum tra esperienze “normali” ed esperienze psicotiche (Kingdon e Turkington, 1994) Non etichettare, non usare definizioni generiche ma lavorare con il paziente alla costruzione del “suo” modello di disturbo Rifiuto delle cure • Individuare con il paziente problemi che causano disagio (ad es: problemi relazionali o con i genitori…) • Condurlo a intravedere collegamenti tra i sintomi del disturbo e tali problemi • Utilizzare tali problemi per far emergere la motivazione al cambiamento • Concordare con il paziente la soluzione di tali problemi come obiettivo • Rassicurare sulla privacy Confusione e paura • • • • • Svolgere insieme al paziente la ricerca di significato analizzando insieme i fattori di rischio e di stress personali Ricostruire la storia di quanto accaduto mettendo in relazione i vari passaggi Identificare i sintomi prodromici che erano stati trascurati o fraintesi Mostrare la “logica” nella sequenza di avvenimenti Condividere l’obiettivo della ricerca di modalità più funzionali di far fronte a tali problemi • • • • • “E se ricapita ancora?” Lavorare sull’aumento della percezione di coping da parte del paziente: “posso fare qualcosa per stare bene” Non tralasciare l’esigenza dei pazienti di tornare sull’accaduto, di raccontarlo e di chiedere delucidazioni (“ma come è possibile che volessi davvero fare quelle cose…”) Non forzare il paziente se invece non se la sente di ricordare i momenti angoscianti Riportarlo al presente: questi stati possono essere transitori, ora le cose sono sotto controllo, hai l’aiuto che ti serve, se ci sono disagi e disturbi sai a chi parlarne Ansia • Sintomo largamente presente nelle fasi iniziali della psicosi • Insegnamento di tecniche di rilassamento • Gruppo di gestione dell’ansia • Esposizione graduata alle situazioni ansiogene • Ristrutturazione cognitiva Avversione per i farmaci • • • • • • • Tenere conto di alcune esigenze giovanili (es: paura dell’aumento di peso) e cercare di adeguare il più possibile la terapia Psicoeducazione sui meccanismi di azione Modificazione di idee irrazionali o confuse (es: “con i farmaci non sei più tu”) Contrattare un periodo di prova, da usare come “esperimento” Raccogliere gli aspetti pro e contro in base all’esperienza del paziente e alle osservazioni del terapeuta Tenere conto degli effetti percepiti come sgradevoli (“mi rimbambiscono”; “non riesco più a studiare”; “mi danno fastidio le gambe”; “mi hanno detto che mi muovo in modo strano”; “mi hanno detto che sembro uno zombie”), accettarne la legittimità e discutere serenamente dei pro/contro. Tenere conto degli effetti sulla prestazione sessuale!!! • Partecipazione al gruppo di psicoeducazione sui farmaci • Monitoraggio condiviso con il paziente circa gli effetti dei farmaci sulla sintomatologia • Accordo sulla non sospensione/modificazione arbitraria dei farmaci Impulsività • Individuazione e consapevolezza degli stimoli attivanti • Tecniche di autocontrollo • Analisi delle conseguenze delle proprie azioni • Stipula di “contratti” in cui si prevedono accordi (si avvertirà il terapeuta prima di commettere qualche gesto impulsivo) Sintomatologia negativa persistente • • • • • • Inserimento in gruppi terapeutici (abilità sociali, gruppi finalizzati…) Sostegno all’inserimento sociale Riduzione degli evitamenti: esposizione graduale Programmazione delle attività giornaliere Rinforzo dell’autostima Trattamento della sintomatologia depressiva Periodo critico e prevenzione delle ricadute • Psicoeducazione al riconoscimento precoce e coping di sintomi prodromici di ricaduta • Prospettiva non allarmante ed ottimistica • Pronta risposta (farmacologica e psicoterapeutica) • Lavoro sulla comprensione dei fattori di vulnerabilità ancora presenti e degli stressors Adolescenti e relazioni • In generale tenere presente la contrapposizione con il “mondo adulto” di cui fa parte anche il terapeuta • Il mondo adulto è spesso accusato dagli adolescenti di una serie di incapacità/disattenzioni/mancanze: Lacune degli adulti • Poca empatia (“non si ricordano come è difficile questa età…”) • Anacronismo (“non capisce che oggi le cose sono cambiate?”) • Moralismo (“sempre la predica…”) ma allo stesso tempo perdita di ideali forti (“non credono più a niente”) • Ipercontrollo; sfiducia (“non si fida di me, non mi lascia provare…”) • Non tengono conto dei bisogni di contestazione/trasgressione e di integrazione (“lo fanno tutti…”) • Contradditorietà (“dice a me per una canna poi prende gli ansiolitici”) Punti di forza degli adulti • • • • • Esperienze già fatte “Saggezza” Protezione Soluzione concreta di problemi Contenimento emotivo; ridimensionamento di “drammi” • Modelli positivi (se lo sono), ad esempio di realizzazione esistenziale, lavorativa… Punti di forza dei pari • Condivisione di problemi ed esperienze: “ci si capisce” • Interessi e linguaggio comune • Essere giovani insieme nello stesso mondo • Sodalizio “contro gli adulti” • Identificazione nel gruppo, sensazione di appartenenza e condivisione • Legami affettivi sperimentali, caratterizzati da esclusività e intensità emotiva Sfide del terapeuta • Essere un adulto “diverso” • Allo stesso tempo non giocare troppo il ruolo “da pari” • Relazione terapeutica come “terza via” • Analogie con il concetto di “zona dello sviluppo prossimale” (Vygotskij): la relazione terapeutica è una “zona sicura” in cui il terapeuta può stimolare le risorse del ragazzo • Analogia del fratello maggiore Compiti del terapeuta • • • • • Non esprimere giudizi Mostrare empatia Condividere/conoscere gli interessi Dare fiducia Esprimere appoggio e stimolare la speranza e l’autostima • Stimolare l’autoconsapevolezza, l’autoregolazione e la capacità di valutare le conseguenze delle proprie azioni • Alcune ricerche sembrano dimostrare che quando tra paziente e terapeuta esiste una convergenza di prospettive e atteggiamenti e una buona complementarità, il paziente dimostra una maggiore soddisfazione per la relazione terapeutica e ottiene risultati migliori in terapia (Bachelor e Horvath, 1999, Whiston e Cker, 2000; Crastnopol, 2001) Concettualizzazione del caso • • • • • Esperienze psicotiche in atto Stili di comportamento Convinzioni sulla malattia Atteggiamento verso i farmaci Storia personale – Fattori predisponenti – Fattori precipitanti – Fattori di mantenimento Principali filoni o temi • • • • • • • • • Famiglia di origine Storia scolastica Storia lavorativa Storia sentimentale e sessuale Matrimonio, figli Storia delle relazioni sociali Hobbies, interessi e pratiche sportive Anamnesi medica remota e prossima Comportamenti relativi alla salute e stile di vita A. • Ha subito un intervento al cuore da bambino, ha sempre avuto problemi fisici e ha una storia di esclusione sociale, ridicolizzazione, ostracismo legata al suo aspetto (è stato appellato dai compagni come “scherzo della natura”). Alle idee paranoidi associa idee di grandezza legate all’avere un fisico possente, all’aver sviluppato la muscolatura, al conoscere le tecniche di combattimento, al poter fare grandi cose. H., 26 anni Ricoverato con sintomatologia paranoide (delirio di veneficio) , si ricostruiscono insieme i seguenti passaggi: Sradicamento dal suo paese di origine Infanzia problematica, violenze in famiglia, lavoro da bambino, estrema povertà, madre con gravi problemi di salute Difficoltà di inserimento in Italia, soprattutto per difficoltà linguistiche ed analfabetismo Lavoro come addetto alle pulizie in una palestra. Viene accusato ingiustamente di avere compiuto furti. Subisce angherie. Vive in un appartamento sovraffollato dove non ha privacy e dove subisce furti di denaro. Non ha amici a cui appoggiarsi e passa il tempo da solo Storia di R. Crisi psicotica: convinta di essere controllata da telecamere in stanza, per essere presa in giro dagli altri studenti del pensionato. Sente le loro risate attraverso la porta, immagina che stiano appostati di notte, che la controllino dal corridoio. In generale, convinta che tutto sia legato al fatto di essere tenuta all’oscuro di un complotto ordito contro di lei, del quale non conosce il piano né le ragioni. Viene ricoverata in TSO in seguito a comportamenti aggressivi e disturbanti nel pensionato di notte • Stressors antecedenti: le piace un ragazzo del pensionato che però la ha respinta; ha passato un periodo di esami faticoso; non ha amici e passa il tempo sola; la famiglia è lontana in una regione del Sud; possibili reali problemi con i compagni del pensionato, che la avrebbero presa in giro. • Convinzione: “ce l’hanno con me” • Assunto disfunzionale identificato: essere poco attraente ed interessante e condannata all’isolamento • Storia degli assunti disfunzionali: fin da ragazzina timida ed introversa, cresciuta in un ambiente isolato, senza amici. Educata in modo estremamente rigido e con poca libertà, a forte connotazione religiosa e sessuofobica. Molto elevati gli standard prestazionali da parte di una zia materna, insegnante, che la ha seguita negli studi scegliendo i percorsi. E’ stata rinforzata solo la prestazione scolastica e non sono state concesse esperienze di socializzazione, uscite, divertimenti etc (perdite di tempo; ragazzi pericolosi…). • • Prima crisi alla scuola media, dove inizia a ritrovarsi esclusa da uscite, amicizie ed esperienze e a pensare che gli altri ragazzi siano tutti superficiali e viziati, e che la deridano ingiustamente, la escludano con cattiveria,ce l’abbiano con lei Alle superiori le cose si confermano e si mantengono: più si sente respinta più si rifugia nello studio (immagine di “secchiona”), più si struttura la convinzione dell’invidia degli altri. Prime delusioni sentimentali rinforzano l’isolamento • • Ulteriore stress all’università, lontana dalla famiglia, a Milano, in un contesto dove vede gli altri fare amicizia e divertirsi (pensionato dove ci sono molti ragazzi, feste, confusione anche di sera etc) Il terapeuta comunica a Rita che la considera una persona in gamba che ha dovuto affrontare tante difficoltà giovanili senza essere aiutata dai familiari; che a volte i genitori commettono errori educativi e non tengono conto di alcuni bisogni (sociali, etc) e che la mancanza di esperienze le ha reso difficile imparare a trattare con gli altri. Il suo considerarli come nemici è la conseguenza di tutto questo. • Queste esperienze le hanno insegnato a pensare che non avrà mai amici o un fidanzato (catastrofizzazioni) • Problema di autostima: ha imparato a pensare di se stessa di essere diversa dagli altri, estranea, poco attraente (schemi maladattivi precoci). Tre tipi di reazioni • Negazione e mancanza di coscienza di malattia • Rassegnazione ed assunzione del ruolo del “malato cronico” • Accettazione costruttiva del disturbo psicotico • Tali reazioni possono mutare nel tempo Fowler et al, 1997 “Il Modello di Trattamento in 4 fasi• “E’del Programma 2000 un modello di trattamento individuale ad orientamento cognitivo-comportamentale • Fornisce un approccio orientato al problema • E’ flessibile ed adattabile alle specifiche esigenze di pazienti in giovane età • E’ collegato e coordinato con le altre attività terapeutiche del servizio (ad esempio il trattamento farmacologico, le attività sociali, gli interventi sulle famiglie…) Fase Uno: assessment • • • • • • Somministrazione di test e interviste Ricostruzione della storia personale Analisi comportamentale Insorgenza dei sintomi Comorbidità Formulazione del caso: fattori di rischio, stressors, fattori di mantenimento • Costruzione dell’alleanza terapeutica Fase Due : coping e psico-educazione • Fronteggiare i sintomi positivi • Gestione dell’ansia e della depressione • Abuso di sostanze: psicoeducazione e riduzione del danno • Introduzione di un modello normalizzante di psicosi (fattori biologici, psicologici, sociali) • Indagine sulle principali convinzioni e credenze circa la malattia mentale Fase Tre: ristrutturazione cognitiva • Ristrutturazione cognitiva – Convinzioni sulle voci: conoscenza e sfida sperimentale – Convinzioni deliranti: conoscenza e sfida sperimentale • Valutazione ed interventi riguardo le convinzioni principali, in particolare sull’autostima – Contenuti (credenze centrali disfunzionali) – Processi (distorsioni cognitive) • Esplorazione del possibile significato dei sintomi Fase Quattro: fine del trattamento, revisione e prevenzione delle ricadute • Psicoeducazione al riconoscimento e alla gestione dei segnali prodromici della ricaduta • Normalizzazione Riferimenti bibliografici: Programma STOPP (Jackson, Edwards, Hulbert e McGorry 1999) Psicoterapia della schizofrenia (Kingdon e Turkington, 1994) Terapia cognitiva per i deliri, le voci, la paranoia (Chadwick, Birchwood e Trower 1996) Terapia cognitivo-comportamentale delle psicosi (Fowler, Garety e Kuipers, 1997) Le fasi Uno e Due sono particolarmente dedicate all’Aggancio • La maggior parte dei pazienti affetti da psicosi cerca di mantenere un difficile equilibrio tra il desiderio di conservare la propria autostima ed il proprio ruolo sociale e la necessità di adattarsi a esperienze nuove e spaventose. Estroff, 1989 Scopi principali • Portare il paziente ad accettare la realtà della sua esperienza psicotica e dei problemi e limiti connessi, senza perdere la speranza e l’autostima. • Incoraggiare l’accettazione delle cure e l’aderenza al trattamento. Prime strategie • Stabilire un rapporto amichevole ed empatico • Usare un linguaggio “quotidiano” e condividere interessi e problemi dei giovani pazienti • Fornire un setting terapeutico flessibile, confortevole e non stigmatizzante • Essere attivi, flessibili e orientati al problem solving • Comprendere e condividere la paura della malattia mentale (“Allora sono pazzo?” “Allora non ho più vie di uscita..”) • Spiegare i concetti con gradualità e chiarezza • Sviluppare una buona alleanza terapeutica che permetta al paziente di fidarsi del terapeuta Timing appropriato • Attendere il momento opportuno per sfidare i pensieri e le convinzioni dei pazienti, cercando di conoscere le loro rappresentazioni e teorie • Sviluppare un linguaggio condiviso • Sfidare i preconcetti ed i pregiudizi • Cercare di affrontare i problemi che il paziente riferisce e che desidera risolvere (problemi relazionali, difficoltà a scuola, problemi sentimentali, conflitti in famiglia…) • Un iniziale “piccolo successo” può contribuire a sviluppare autostima, speranza e fiducia nel terapeuta, in modo da permettere al paziente di affrontare altri problemi più complessi Parlare di psicosi… • Illustrare il continuum esistente tra le esperienze “normali” e quelle psicotiche (ad es: la deprivazione da sonno, l’esperienza onirica, le comuni credenze irrazionali…) • Aiutare i pazienti a considerare i sintomi come risposte allo stress e costruire un modello vulnerabilità/stress condiviso • Spiegare le componenti biologiche e neurochimiche e i loro legami con i sintomi • Sviluppare una spiegazione storica individualizzata (formulazione del caso condivisa) • Tenere conto del background sociale e culturale Problem solving • • • • Affrontare i problemi concreti connessi ai sintomi positivi e negativi Ad esempio: alcuni pazienti non riescono a rivolgersi al servizio a causa delle loro idee deliranti o della sospettosità L’eccitabilità e l’iperattività possono rendere difficile per il paziente la gestione di una seduta di terapia standard (quindi possono essere indicate sessioni più brevi, setting più informali…) La disorganizzazione concettuale e la facilità alla distrazione richiedono spiegazioni personalizzate e l’uso di un linguaggio semplice e comprensibile. • La formulazione condivisa del caso, l’uso di un linguaggio semplice (ma preciso) e la costruzione di una buona alleanza terapeutica sono il background fondamentale per poter passare alla Fase Tre (che costituisce il cuore del trattamento: la terapia cognitiva del delirio e delle voci) • L’aggancio è una fase fondamentale; è necessario rammentare che intendiamo chiedere al paziente di sfidare idee e pensieri che hanno per lui un senso, forniscono una spiegazione a diversi fenomeni e lo proteggono da paure profonde e dalla minaccia della perdita della propria autostima Un modello… in pratica • Utilizzeremo ora un caso clinico, in base al quale illustreremo nel divenire i vari aspetti centrali della relazione terapeutica con una giovane all’esordio. Leahy (2005): la validazione è il fulcro tra l’empatia e la compassione • Empatia: comprensione profonda di ciò che prova l’altro (“mi sembra di capire che ti senti triste”) • Validazione: attribuire un fondamento di verità e legittimità a ciò che l’altra persona prova e pensa (“mi sembra comprensibile che tu sia triste; hai appena saputo che…”) • Compassione: sentire CON e PER l’altro, preoccupandoci della sua sofferenza (“per me è molto importante ciò che provi e voglio tu sappia che sarò con te in questo momento difficile”) Caso di Giuliana: storia • Età: 24 • Familiarità: sindrome ansioso-depressiva mamma • Eventi antecedenti l’esordio: frequentazione di un gruppo di devoti di una “santa” orientale. • Antecedenti alla segnalazione: periodo di ritiro sociale; frequenti diverbi in famiglia; concentrazione sulla ricerca spirituale e vissuto di inadeguatezza circa le sue possibilità di raggiungere risultati; problemi sentimentali e conflitto circa la scelta fra due persone di età molto diversa; vissuto di disagio legato all’”essere in mezzo” alle liti dei genitori per la separazione. • Durante una di queste riunioni spirituali ha un episodio di derealizzazione e depersonalizzazione, forte angoscia, ideazione delirante (mistica. Ha sentito una forza e crede di dover compiere una missione) Sintomatologia alla segnalazione Dopo dimissioni SPDC Non riesce a riprendere le sue attività (tesi) Litiga spesso con la madre a causa delle sue relazioni sentimentali Lasciate perdere attività con amiche Dorme la gran parte del giorno Non riesce a prendere semplici decisioni CBA Scheda 2 Scheda 3 Scheda 5 Scheda 6 Scheda 7 Scheda 8 Scheda 9 Sceda 10 Indice Indice STAI X1- ansia di stato STAI X2 Š ansia di tratto EPQ/R-E, estroversione introversione EPQ/R-N, nevroticismo tendenza allÕattivazione ansiosa EPQ/R-P, psicoticismo anticonformismo antisocialit EPQ/R-L , tendenza a risponderere in modo non sincero QPF/R, disturbi psicofisiologici IP F Š fobie IP PH Š fobie specifiche con punteggio massimo IP-1, calamit e gravi pericoli personali malattie IP-2 eventi sociali comportanti critica e rifiuto IP-3, animali repellenti IP-4 , viaggi e situazioni di allontanamento IP-5 , sangue ferite interventi chirurgici QD, depressione MOCQ/R ossessioni-compulsioni MOCQ/R1- checking MOCQ/R2 Š cleaning contamination MOCQ/R-3- doubting ruminating STAI X3 Š ansia di stato STAI-DIF F STAI-ACC IR Š DA SCHEDA 4 Punteggio grezzo Rango Percentile mediano 30 52 5 15 85 22,5 3 22,5 1 47,5 8 50 33 45 3 20 4 62,5 10 15 18 45 0 2 3 47,5 8 11 2 1 0 1 14 1 2 6 60 95 17,5 22,5 5 50 20 25 nella no rma protoco llo valido SAT-P 100,0 89,6 80,0 60,0 60,0 47,2 40,0 33,1 20,0 5,6 0,0 Fattore I Fattore II Fattore III Fattore IV Fattore V Elementi assessment • Items BPRS – Depressione – Contenuto insolito del pensiero – Appiattimento affettivo • Items Honos – Problemi legati ad umore depresso – ansia Modello di Gilbert (2000) • Utilizzeremo il modello delle 10 fasi che caratterizzano la progressione della relazione terapeutica per focalizzarci su come poter essere terapeuti efficaci con Giuliana. Le 10 fasi 1) Sviluppare la relazione 2) Esplorare le paure, preoccupazioni ed aspettative del paziente nel momento in cui decide di intraprendere la terapia 3) Favorire una condivisione reciproca dei contenuti 4) Ricostruire la storia del paziente tentando di identificare i nodi centrali e i principali stili cognitivi ed emozionali – Inquadrare in una prospettiva storica – Lavorare sul qui ed ora 5) Concordare gli obiettivi terapeutici 6) Spiegare il razionale della terapia 7) Favorire una maggiore consapevolezza circa il rapporto tra pensieri, emozioni e comportamento 8) Promuovere lo sviluppo di punti di vista alternativi 9) Monitorare pensieri ed emozioni e porre attenzione ai ruoli che vengono assunti 10)Assegnare compiti a casa e incoraggiare all’assunzione di ruoli alternativi 1) Sviluppare la relazione • • • Nel suo primo colloquio Giuliana è spaventata e frastornata dall’esperienza del ricovero. “Non so cosa mi è successo”.E’ stata inviata al servizio ed ha acconsentito piuttosto passivamente. Afferma di non sapere bene perché è qui e cosa il terapeuta possa fare per lei. Seguendo i suggerimenti di Gilbert, è opportuno rispecchiare i sentimenti e le emozioni del paziente. Non si tratta di esplorare la natura più profonda o identificare le credenze sottostanti; si tratta di dimostrare di conoscere e capire ciò che prova, ponendo le basi per un legame empatico. T: Ho l’impressione che nell’ultimo periodo ti siano successe molte cose… e che tu sia confusa e un po’ spaventata e che non sai bene cosa ti aspetta e cosa è meglio fare… (empatia). Credo che sia più che normale sentirsi così, chiunque lo sarebbe al posto tuo! (validazione). Che ne dici se ci poniamo l’obiettivo di iniziare a conoscerci e di capire insieme e cercare insieme le risposte un po’ alla volta?Io sarò con te per darti una mano (compassione). 2) Aspettative/paure sulla terapia • • • • • • G: devo fare una terapia psicologica? Vuol dire che devo venire qui tutte le settimane? E che dovrò raccontarti tutti i fatti miei? E tu mi dirai che è tutta colpa dei miei genitori o di qualcosa che mi è successo da piccola? Adesso sto bene. Non ho voglia di tirare fuori delle cose che poi magari mi fanno stare di nuovo male. Mia mamma va da uno psicologo da un sacco di tempo e non mi sembra che le sia servito a molto. T: capisco… In effetti non si parla tanto bene in giro degli psicologi eh? G: sorride T: Per risponderti, sì, credo che un percorso di psicoterapia possa aiutarti e questo vuol dire venire qui più e meno tutte le settimane, compatibilmente con i tuoi impegni. Non sono in grado di dirti ora quali possono essere le origini dei tuoi problemi… sai non ci sono risposte che vanno bene per tutti. Per trovare insieme le risposte….sì, dovrai raccontarmi un po’ i fatti tuoi… certo non oggi, che mi vedi per la prima volta! E chi è questa? G: (ride) beh… T: mi interessa capire meglio le tue perplessità. Mi sembra di capire che hai delle paure rispetto alla terapia psicologica… che ne dici di espormi le tue idee in merito? 3) Condivisione contenuti • Giuliana esprime diversi timori: – Essere obbligata (a venire alle sedute, a parlare di sé) – Essere etichettata o ricondotta a modelli esplicativi standard – Che sia inutile – Che possa farla stare peggio Rispecchiare questi timori e rassicurarla, iniziando a condividere l’obiettivo di sapere qualcosa di lei in generale (cosa fa, che interessi ha, etc) può servire a stabilire un iniziale contatto. Importante cogliere spunti per la conversazione (ti piacciono i gioielli etnici? Dove li compri?) e iniziare su un terreno neutro, cercando di essere il più possibile informali e “friendly”. Rassicurare sul fatto che saranno rispettati i suoi tempi di apertura. T: per oggi possiamo fermarci qui. Come ti senti? G: mah… dai, pensavo peggio 4) Ricostruzione storia • • • • • • • Riferita infanzia serena, idea di “famiglia ideale”. Brava a scuola, ben inserita socialmente, figlia unica molto amata. Molte esperienze belle con i genitori, piuttosto benestanti (viaggi etc). Crisi coniugale improvvisa (2 anni fa) tra i genitori, partita da una nuova relazione del padre con una donna giovane. Gravi e frequenti contrasti e litigi, dove lei è costantemente “messa in mezzo”. Il padre assume comportamenti di aperto disinteresse per la moglie, e viene meno ad impegni di natura economica, anche in modo disonesto. Depressione reattiva nella mamma. Cerca alleanza nella figlia, la rimprovera se vede il padre, le racconta tutte le sue malefatte, la espone al suo dolore quotidianamente. Crisi nella storia sentimentale che ha fin da ragazzina; incontra un cinquantenne con il quale inizia una relazione molto contrastata dalla madre Blocco negli studi in coincidenza con la preparazione della tesi Frequentazione gruppo di seguaci di una “santa” orientale; studia e intraprende una “ricerca spirituale”. 4) Qui ed ora • Mia madre non mi lascia vivere e mi angoscia con il suo controllo e le sue ansie. Mi rimprovera se vedo mio padre, devo farlo di nascosto. • Mio padre mi fa solo prediche • Non riesco a decidere con chi voglio stare… non riesco a lasciar perdere nessuno dei due • Non riesco a riprendere in mano la tesi. Ogni giorno me lo propongo ma poi dormo e rimando • Passo le mie giornate in casa senza fare nulla • So che quello che mi è successo è stato un problema mentale, adesso non credo più a quelle cose… ma allora cosa vuol dire? Cosa ho che non va? • Non riesco a vedere un futuro Concettualizzazione del caso • Fattori predisponenti • Fattori precipitanti • Fattori di mantenimento • Modello vulnerabilità/stress Fattori predisponenti: esempio • G: da piccola ero molto orgogliosa della mia famiglia. I miei si volevano davvero bene, si abbracciavano e baciavano sempre, facevano progetti (un bed & breakfast in Sicilia)… Mi ricordo che mi dicevano spesso che incontrare la persona giusta nella vita era la cosa più importante. Guarda adesso… • Mi ricordo però che a volte mi sentivo un po’ oppressa… come se anche io nella vita avrei dovuto fare come loro: carriere brillanti, matrimonio perfetto, soldi… • Una volta mi ricordo che mi annoiavo in una chiesa che mi avevano portato a visitare… mio padre si arrabbiò molto e disse che ero un’ingrata. • T: intendi dire che pensavi che avresti dovuto dimostrare di essere alla loro altezza? • G: Hai voglia! Sai le critiche alle altre famiglie, alle mie amiche… Ero brava a scuola, ma ero sempre agitata per i voti. “Non vorrai mica essere una mediocre come X?” • G: ma non farti idee sbagliate. Io potevo fare tutto quello che volevo. Mi coccolavano e accontentavano in tutto. Solo… quando facevo qualcosa di sbagliato… non mi facevano niente, mai picchiata per intenderci, o punita… però mi facevano sentire… male… che non sfruttavo tutte le occasioni che mi davano… Ma certe volte ero stanca… non mi andava di impegnarmi… ma era come se fosse vietato ecco. • T: come se non te lo potessi permettere? • G: sì… perché loro facevano tutto per me. Fattori precipitanti: esempio • T: come ti sei sentita quando le cose tra i tuoi genitori hanno iniziato ad andare male? • G: ah, io avevo capito tutto… lo sapevo che mio padre aveva un’altra. Mi ricordo di aver pensato che mi avevano raccontato un sacco di favole… tipo il principe azzurro e io ci credevo. Mi è crollato il mondo addosso, mi sembrava di non sapere più dove mettere i piedi. • T: come se avessi perso il tuo posto al sicuro? • G: come se non avessi più il pavimento. • G: e poi vedere mia mamma reagire così… ho pensato che fosse pazza e che allora forse non ero a posto neanche io… Con tutti i guai che avevo, la scuola, il mio ragazzo che iniziava a stufarmi, i dubbi sul fatto di voler davvero fare l’architetto… La paura che ci avrebbe lasciate senza un soldo… • T: dev’essere stata davvero dura… • G: non puoi immaginarlo. E’ lì che ho iniziato a cercare delle risposte spirituali. L’idea di trovare equilibrio e una mia armonia interiore che non avevo più… Fattori di mantenimento: esempio • T: come ti senti dopo aver trascorso tutto il giorno in casa senza aver fatto nulla? • G: male… mi dico sempre Domani! Ma poi non ce la faccio. Non sono più sicura di niente e allora mi dico perché fare tutta sta fatica? Mi viene sonno e allora dormo. Poi mi dico che non combinerò mai niente, che ormai sono bloccata. Dopo quello che è successo ho anche paura di non essere più capace come prima di studiare… appena non capisco qualcosa mi spavento e lascio perdere. • T: hai paura? • G: si. Ho paura di non essere più come prima Trovare i collegamenti (origine degli schemi) • T: ascoltando la tua storia, ho notato che dici spesso di sentire che non vali nulla… mi chiedo se non sia possibile collegare questi pensieri agli episodi di cui mi hai parlato, come quello della chiesa o di quella volta che avevi deciso di non andare più a tennis… • G: dici che è per quello? • T: mi sembra che in diverse circostanze hai associato il non aver voglia di fare qualcosa con l’idea di essere un’ingrata, una mediocre… • G: è quello che mi dicevano! Sempre! Adesso che non ho mai voglia di fare niente, immagina come mi sento… forse hanno ragione loro. 5) 6) obiettivi e rationale della terapia • Spiegazione del modello CC e condivisione della concettualizzazione del caso • Normalizzazione, rassicurazione, speranza • Analisi cognitiva e comportamentale (ABC) • Ristrutturazione cognitiva • Sostegno scolastico per la preparazione della tesi • Organizzazione della giornata • Terapia farmacologica con neurolettico atipico e SSRI • Colloqui settimanali di psicoterapia CC 7) Pensieri, emozioni e comportamento • PAN » » » » » » » Nessuno mi capisce Non posso fare quello che voglio A nessuno importa di me Non ho energie/non ho voglia/ lo faccio domani Tanto non serve a niente Non ce la farò mai/ è troppo difficile per me E se non trovo nessuno di meglio? • Credenze intermedie » Bisogna fare del proprio meglio » Bisognerebbe sempre sapere cosa fare • Schemi centrali • » » Distorsioni cognitive » » » » Vulnerabilità: sono debole/fragile/poco energica Standard severi: non vado mai abbastanza bene Pensiero dicotomico Catastrofizzazione Astrazione selettiva Doverizzazione 8) Punti di vista alternativi • T: cosa diresti a una tua amica che ti dicesse le stesse cose che dici tu? • G: boh • T: beh… Pensi che le diresti che non vale nulla? • G: mah… ma no… cercherei di incoraggiarla… • T: per esempio? • G: le direi che non è vero, che nessuno è perfetto e che è normale avere dei problemi… che ha tante qualità…cercherei di darle dei consigli… sorridi? Aahh… dovrei fare così? Con me? 9) Ruoli Sistemi motivazionali innati (Gilbert, 1989; Liotti, 1994). A volte i pazienti “testano” il terapeuta. • Attaccamento (bisognoso e in cerca di cure) • Accudimento (accudente) • Cooperazione (in cerca di condivisione/appartenenza) • Competizione (in cerca di potere/confronto) • Sessuale (attraente/attratto) Esempio • G: tutti bravi… tutti di successo! Tutti laureati bisogna essere… Anche tu, sei una che ce l’ha fatta eh? Io non sono come voi. Io non ci riesco. (competizione: confronto sociale) • T: capisco come ti senti… E’ un mondo molto esigente vero? Se uno ha un intoppo si sente subito fuori dai giochi… e non è una bella sensazione. (validazione) • G: è orribile… come posso fare per non sentirmi più così? Possibile che capiti solo a me? A te non è mai successo? (cooperazione) • T: eh… te ne racconto una. Una volta avevo fatto un colloquio per una borsa di studio… eravamo in tre e i posti erano due. Le mie amiche hanno avuto il posto… e io ho pensato per mesi di aver sbagliato tutto. Uh, che brutti momenti… • G: e come hai fatto a venirne fuori? Compiti a casa • T: allora, te la senti di provare a fissarti un’agenda? • G: proviamo. Ne ho comprata una nuova. Ho chiesto a una mia amica di venire a studiare con me. • T: ottima idea! Andiamo per gradi, però… non esageriamo, facciamo un’agenda “light” per questa prima settimana… non è che dopo un anno che non corri vai alla maratona di New York… • G: Ho scritto queste cose per ora. • T: ok. Come ti senti? • G: mi sembra di aver ripreso un po’ le redini in mano… • T: proprio così! Brava! Ulteriori spunti di riflessione • Sempre seguendo il modello di Gilbert, possiamo fare alcune ulteriori considerazioni sulla relazione terapeutica. • Il ruolo del terapeuta è, in parte, quello di guidare il paziente e di sostenerlo nell’affrontare e nel gestire quei domini della propria esperienza che teme, che gli provocano sofferenza o che lo hanno portato a sviluppare strategie protettive, favorendo il mantenimento dei suoi disturbi. Minaccia • La prospettiva di un cambiamento può essere percepita dal paziente come una minaccia, può suscitare il timore di sviluppare una propria identità, di perdere il controllo. • Si vedano ad esempio le perplessità portate da Giuliana nel suo primo colloquio. • Gilbert sostiene che lo sviluppo umano è fortemente dipendente dalle relazioni sociali, e che l’interazione tra le MENTI delle persone (ad esempio: genitore e bambino) è un elemento cruciale di tale sviluppo. • In tal senso, la relazione terapeutica può essere vista come l’interazione fra due menti, e il frutto di ciò che terapeuta e paziente portano con sé nell’interazione. • Nel tentativo di trovare un punto di incontro tra i processi psicoterapeutici e i sistemi psicologici evoluti, e in particolare quelli associati al comportamento sociale, Gilbert prende in considerazione alcuni aspetti del comportamento umano. 1) Ricerca di sicurezza • Gli esseri umani dispongono di strategie difensive primitive (fuga ed evitamento) e sistemi di difesa più complessi che si sono evoluti nel tempo (comportamenti specifici come atacco/fuga/sottomissione/ ricerca di aiuto etc; emozioni specifiche (rabbia, ansia e disgusto) e euristiche cognitive (“fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”) per valutare le minacce. • La ricerca di sicurezza implica una serie di comportamenti protettivi, che hanno lo scopo di far sentire la persona al sicuro (es: evitamento fobico). • Leahy (2005) sottolinea come le risposte protettive possono essere relative anche a stimoli interni (emozioni, pensieri), percepiti come minacciosi. • Giuliana, ad esempio, utilizza la strategia del “non pensarci” quando è di fronte alle sue difficoltà nell’elaborazione della tesi. Cerca di evitare la sensazione di inadeguatezza e di vergogna che prova quando si rende conto che non sta procedendo. • Ha imparato ad associare le sensazioni di “noia e disimpegno” con stati emotivi negativi, in seguito alle numerose critiche che riceveva quando non era “entusiasta ed attiva”. • L’esperienza quotidiana di demotivazione la riporta continuamente al fatto di “provare emozioni sbagliate” • Per questo la validazione emotiva è così importante • Quindi, cercare di favorire il senso di sicurezza (sia verso situazioni temute, sia verso i propri stimoli interni) è un aspetto centrale della relazione terapeutica. • Secondo Gilbert, in psicoterapia ha un ruolo centrale il sistema di regolazione delle emozioni positive legate alla ricerca di sicurezza ed affiliazione, associato ai neuro ormoni (ossitocina ed endorfine) che mediano i comportamenti affiliativi ed affettuosi e forniscono una base neurale per sentirsi rassicurati e al sicuro. • Importante quindi considerare molti comportamenti disfunzionali del paziente come comportamenti protettivi e creare attraverso la relazione un clima sicuro in cui la persona possa sentirsi libera di sfidare i propri timori. 2) Sviluppo del sé sociale • Risonanza emozionale (empatia: comprensione delle emozioni altrui, mediata dai neuroni-specchio (Iacoboni, 2008). • Intersoggettivita: esperienze precoci che insegnano a classificare le emozioni come sicure e gestibili (grazie alla rassicurazione) o pericolose (grazie all’ostilità o alla deprivazione) • Cognizione sociale: sviluppo della teoria della mente che permette di attribuire agli altri intenzioni e motivazioni. • A tal proposito, Holmes (2005) afferma che sotto stress gli individui tendono a rispondere alle minacce in modo più automatico e difensivo, piuttosto che modulato da una riflessione sulla mente altrui. • Ad es. Giuliana reagisce attaccando la madre quando scoraggia la sua relazione sentimentale, senza tenere conto delle sue “buone intenzioni”: “Vuole solo controllare la mia vita… Proprio lei che non ha nulla da insegnare al riguardo” 3) Il sé desiderabile • Secondo Buss (2003), abbiamo sviluppato dei sistemi di motivazione sociale che ci permettono di essere apprezzati e benvoluti dagli altri mediante la capacità di identificare i pensieri e le emozioni che suscitiamo in loro (“social attention holding power”) • La vergogna è una delle principali minacce sociali, perché induce l’individuo a considerare gli altri come potenzialmente ostili o rifiutanti • Nel caso di Giuliana, che ha sperimentato spesso questa sensazione quando veniva criticata dai genitori, è importante che il terapeuta sia molto attento all’attivazione di tali emozioni in seduta. Compassione • Secondo Gilbert, gli elementi fondanti della compassione, costituiscono strumenti essenziali per una buona relazione terapeutica – – – – – – Sensibilità alla sofferenza Cura dell’altro Atteggiamento non giudicante Consolazione Empatia Tolleranza della sofferenza Esercitazione 2 • • • • Role-play in piccoli gruppi Ruolo 1: Giuliana Ruolo 2 : Terapeuta Simulare 10 minuti di colloquio sul tema della relazione sentimentale di Giuliana con un uomo di 50 anni. • Prestare particolare attenzione agli aspetti relativi a – Empatia – Validazione – Compassione • Scambio dei ruoli • Impressioni dei partecipanti nei relativi ruoli