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Pubblicato il 06 Marzo 2016
Affollata e applaudita recita a Ferrara dell'opera di M ozart coprodotta con Treviso
Il dramma di Don Giovanni
servizio di Athos Tromboni
FERRARA - Il Concorso lirico Toti dal Monte di Treviso ha laureato, nel 2015, alcuni giovani talenti per
la realizzazione di un Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, coprodotto dal Teatro Comunale
Claudio Abbado di Ferrara e da Teatri e Umanesimo Latino SpA della città veneta. I prescelti furono il
bass-baritono Lorenzo Grante (per il ruolo di Leporello), i soprani Gioia Crepaldi (Donna Elvira),
Valentina Varriale (Donna Anna), Letizia Quinn (Zerlina) e il baritono Roberto Maietta (Masetto). Lo
spettacolo è andato in scena nel Teatro Mario del Monaco di Treviso nell'ottobre 2015 ed è giunto a
Ferrara venerdì 4 marzo 2016 quale terzo titolo della corrente stagione lirica. La serata della "prima"
ferrarese ha fatto registrare una grande affluenza di pubblico. Certo, Don Giovanni è un titolo che
riempie il teatro, al punto che platea, palchi e loggione erano stipati con spettatori sia della città e della
provincia estense, sia da melomani provenienti da altre città e regioni.
Diamo conto di due fatti di cronaca prima della valutazione dello spettacolo: il primo è successo a metà del secondo atto
quando Donna Anna (il soprano Valentina Varriale) dopo la sua grande aria "Non mi dir bell'idol mio" appioppa un ceffone
vigoroso al busto di Don Giovanni posto su una colonnina della scala di scena: la testa vola via, rotola sulla ribalta e cade
rumorosamente nella buca d'orchestra, sfiorando la spalla di una violista che ha sussultato dalla paura. Il secondo fatto
riguarda i b uuuh! molto insistenti di alcuni loggionisti all'apparire del regista Lorenzo Regazzo per la consueta passerella di
ringraziamento. Una contestazione talmente rumorosa, anche se isolata, che non si era mai udita nel Teatro Comunale di
Ferrara. Contestazione del tutto ingenerosa, perché la regia di Regazzo non è stata infame, anzi ha divertito, in quanto ha
saputo trasformare il "dramma giocoso" di Amedeo Mozart e Lorenzo Da Ponte in un "dramma gioioso" afferenti i modi
scenici di un Rossini da opera buffa; il dramma lo vive, secondo il regista, solo Don Giovanni compulsivamente coinvolto a
sedurre femmine per ingrossare il suo catalogo delle conquiste, che comincia come un piccolo libricino poi cresce nel corso
della rappresentazione fino a diventare talmente grande da seppellire il libertino che muore schiacciato dal suo catalogo
anziché sprofondare nell'inferno.
Ma riapparirà nell'ultima scena, spirito
indomabile, con un compiaciuto sorriso
sardonico, come a dire che la sua
presenza non è, non è mai stata, fisica,
ma metafisica. Poi Regazzo fa spesso
apparire in mano anche a Zerlina e a
Donna Anna, a Don Ottavio e Leporello, il
loro personale piccolo catalogo, come a
dire che l'infedeltà, anzi il desiderio del
libertinaggio, non è forza immanente del
solo Don Giovanni, ma anche di chi lo
critica, lo disprezza e lo uccide. E qui entra
in scena la parte "gioiosa" dell'opera,
perché Leporello adotta la gestualità di un
Arlechin Batocio, Masetto è un perenne
perdente (oggi si direbbe uno "sfigato")
che si fa prendere non dallo sdegno ma
dall'isteria; e le tre donne stanno con i loro
cavalieri, ma guardano continuamente
altrove, per vedere se quel seduttore
irruente arriva a portar loro un
complimento, una carezza, un bacio. Donna Elvira è un po' sado-maso, morde ma si fa anche mordere mani e braccia da
Don Giovanni e piagare sul seno, secondo i modi propri del sesso estremo. Donna Anna è insoddisfatta dell'imbelle Don
Ottavio e aspira d'essere sedotta, magari contro la propria volontà per discolpare la coscienza intanto che soddisfa la
libidine, il che aumenta la sua eccitazione quando pensa o pronuncia il nome del libertino dissoluto. E Zerlina, che è una
semplice contadinotta, punta al letto di Don Giovanni perché è l'occasione unica che la farebbe uscire dal tran-tran della
quotidianità. Questi tratti di sottile ma decisa caratterizzazione psicologica dei personaggi hanno dato il senso a una lettura
registica spintasi oltre l'apparenza, trasformando il "giocoso" in "gioioso". Fuori del dramma, dentro l'ironia. E chi non l'ha
capito, o se ne è indignato, ha fatto b uuuh! dal loggione.
Per il management di palcoscenico
occorre dire che sono bellissimi i costumi
d'epoca e funzionali le scene di Eugenio
Monti Colla, e perfette le luci di Roberto
Gritti.
Sul podio dell'Orchestra Regionale
Filarmonia Veneta tornava a Ferrara
Francesco Ommassini, il cui lavoro
apprezzabile ha fatto dimenticare la
deludente conduzione della recente
Italiana in Algeri. Il direttore si è
mantenuto sull'essenziale, spingendo i
suoni dell'orchestra sulle azioni e sulle
parole
del
protagonista
e
del
Commendatore, come fossero leit-motiv
espressivi (non musicali, espressivi) a
sottolineare con il volume del suono che
questi due personaggi meritano più
enfasi degli altri.
Parlando del cast, i ruolo eponimo era
affidato a Luca Dall'Amico, un baritono
bravo già apprezzato dal pubblico
ferrarese in un Trovatore andato in scena nel 2011.
Debutto a Ferrara, invece, per il baritono Lorenzo Grante: ottima la sua prestazione per quel Leporello/Batocio ideato dal
regista.
La migliore è stata Valentina Varriale nel ruolo di Donna Anna: anche lei non era sconosciuta al pubblico estense, perché fu
protagonista di una splendida prestazione nel ruolo en-travesti di Armindo (nella Partenope di Händel, stagione 2009).
Ottima la giovanissima Gioia Crepaldi (vincitrice l'anno scorso sia del Concorso Toti dal Monte, sia del Concorso Città di
Ferrara per la parte di Mimì in La b ohème di Puccini poi andata in scena a Copparo e Ferrara): la sua Donna Elvira è stata
davvero convincente, sia sotto l'aspetto della vocalità che per recitazione e mimica.
Brava anche Letizia Quinn in Zerlina, dalla voce piccola ma intonatissima e dal legato perfetto.
Completavano con onore il cast Davide Giusti (Don Ottavio ) un tenore dal fraseggio ben scandito, Federico Benetti
(Commendatore) un basso non profondissimo ma corretto, e Roberto Maietta (Masetto) caratterista d'indole che sicuramente
ha preso molto della vis comica del regista Regazzo, che quando canta, imperversa in maniera incontenibile tanto nel buffo
che nel buffonesco. Il Coro Iris Ensemble era diretto da Marina Malavasi.
Crediti fotografici: Foto Piccinni (Treviso)
Nella miniatura in alto: il protagonista Luca Dall'Amico
Sotto: i vincitori del Concorso Toti dal Monte di Treviso, Lorenzo Grante, Gioia Crepaldi, Valentina Varriale, Letizia Quinn e Roberto Maietta
Foto di scena, in sequenza: Gioia Crepaldi e Luca Dall'Amico; ancora Dall'Amico, Letizia Quinn e Roberto Maietta; una panoramica dall'alto sull'allestimento
scenico curato da Eugenio Monti Colla
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