Il teatro e Menandro - Liceo Classico Dettori

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Il teatro in età ellenistica
e la commedia di
Menandro
Declino del teatro classico
Rottura
del rapporto tra polis e spettatore
La
tragedia inizia un rapido declino che la
porterà presto a perdere il ruolo
predominante tra i generi drammatici
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aumenta
l’interese del pubblico per un
teatro di intrattenimento.
La
continuità con la tradizione classica è
garantita dalla commedia
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Testimonianza isolata: l’Agén
Opera anonima, secondo Ateneo potrebbe
adombrare lo stesso Alessandro.
L’opera sarebbe stata voluta da Alessandro
e fatta rappresentare durante la
spedizione in India per giustificare
l’eliminazione di Arpalo, disonesto
tesoriere del re, di cui viene
satirescamente messa in scena la
megalomania
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testimonianza dell’Agén concorre a
chiarire la perdita dell’originario legame
tra la rappresentazione teatrale, la polis e
il suo pubblico.
L’opera teatrale diviene spettacolo di
intrattenimento proposto in luoghi diversi
e lontani da Atene
La
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Menandro
è l’esponente di maggior rilievo
del teatro ellenistico e rappresenta un
ponte tra la tradizione classica ateniese e
il teatro latino
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Menandro (342-291/0)
Nasce
ad Atene nel 342 ed esordisce a
teatro un anno dopo la morte di
Alessandro Magno, nel 322, quando
Antipatro soffocava con le armi un
tentativo di ribellione dei greci e imponeva
ad Atene una oligarchia timocratica
filomacedone sotto la guida di Demetrio
Falereo (317-307)
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Il
Dyscolos, databile al 317, risulta la
commedia più antica a noi pervenuta.
L’affermazione di Menandro come
drammaturgo avviene dunque nel
decennio della cosiddetta “tirannide
illuminata” del Falereo, allievo del filosofo
Teofrasto, di cui il commediografo fu
grande amico.
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5.1. Demetrius Rex et Menander Poeta
Demetrius rex qui Phalereus dictus est
Athenas occupauit imperio improbo.
Vt mos est uulgi passim et certatim ruit;
"Feliciter!"succlamant. Ipsi principes
illam osculantur qua sunt oppressi manum
tacite gementes tristem fortunae uicem.
Quin etiam resides et sequentes otium
ne defuisse noceat repunt ultimi;
inquis Menander nobilis comoediis
quas ipsum ignorans legerat Demetrius
et admiratus fuerat ingenium uiri
unguento delibutus uestitu fluens
ueniebat gressu delicato et languido.
Hunc ubi tyrannus uidit extremo agmine:
"Quisnam cinaedus ille in conspectu meo
audet uenere?" Responderunt proximi:
"Hic est Menander scriptor." Mutatus statim
"Homo" inquit "fieri non potest formosior.“
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Fedro
Scacciato da una rivolta popolare il Falereo, ad
Atene venne restaurato il regime democratico
sotto Demetrio Poliorcete.
Il ribaltamento politico quasi gli costò l’esilio per
la sua vicinanza con il Falereo, ma, scongiurato il
pericolo, trascorse tutta la vita ad Atene, senza
volersene allontanare neppure per recarsi in
Egitto su invito di Tolomeo.
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Tuttavia, gli avvenimenti degli ultimi decenni
avevano irreversibilmente mutato la situazione,
creando un marcato divario tra un demos
sempre più povero e una classe di proprietari
terrieri e piccoli imprenditori.
La commedia di Menandro è di ambientazione
cittadina, ma sullo sfondo emerge la condizione
delle classi più povere
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La società che viene rappresentata è indifferente
ai valori della vita politica, dedita al quotidiano,
interamente ripiegata su se stessa.
Già Aristofane nel Pluto non parla più di Atene e
la vicenda assume valore universale, staccandosi
dalla particolare contingenza storica.
Così Euripide nello Ione mette in scena una
tragedia in cui i personaggi appaiono uomini
comuni sotto il peso della sorte.
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I rinvenimenti papiracei
La conoscenza diretta delle commedie di
Menandro è un fatto recente, essendoci noto
solo attraverso un migliaio di frammenti e i
rifacimenti di Plauto e Terenzio.
Nel 1907 furono portate alla luce dalle sabbie
egiziane sezioni abbastanza ampie dell’Arbitrato,
della Ragazza dai capelli rasati, della Donna di
Samo e di un’altra commedia dal titolo ancora
ignoto
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1958 fu pubblicato il Misantropo,
giunto pressoché completo.
Altri ritrovamenti ci hanno permesso di
leggere parti consistenti dello Scudo,
dell’Uomo di Sicione e dell’Odiato, l’opera
più apprezzata nell’antichità;
l’ultima scoperta, per ora, risale al 2003 e
riporta frammenti del Misantropo e di
un’altra commedia non altrimenti nota.
Nel
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dato certo è la data del Misantropo
ricavabile dalla didascalia (317).
L’unico
Menandro
ottenne complessivamente 8
vittorie e grande fu il suo successo
nell’antichità.
Tuttavia,
nel Medioevo la sua opera andò
perduta
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Novità strutturali della commedia
Cinque atti.
Abolizione della
funzione drammatica
del coro;
sopravvivono solo
intermezzi riempitivi
tra un atto e l’altro
riportati nei papiri con
la generica dicitura
“Coro”
La funzione principale
del Coro era nel
teatro del V sec.
quella di
rappresentare il punto
di vista della comunità
e di esprimerne la
visione politica
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Il teatro della
Commedia nuova non
è un teatro di
partecipazione, ma di
evasione che non
sente la necessità di
essere rappresentato
dal coro
Pur nella stilizzazione
dei tipi e delle trame,
il pubblico vuole
vedere il proprio
ambiente e realizzare
l’evasione attraverso il
lieto fine
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Il teatro del v sec. si
rivolgeva alla polis e
ai suoi cittadini e
ricorreva ad una
comicità pungente e
aggressiva con un
linguaggio fortemente
colorito e iperbolico
Il pubblico
menandreo è
costituito dal ceto
medio benestante che
apprezza la fine ironia
e un linguaggio
quanto più possibile
vicino al parlato
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Ruolo del prologo
Prevalenti sono le parti dialogate con la
conseguente rinuncia alla varietà metrica.
Gli intrecci, prevedibili nella fabula che sfrutta un
repertorio stereoptipato, si complicano a tal
punto da rendere necessario un prologo
esplicativo in cui una divinità si rivolge
ditettamente al pubblico per spiegare l’antefatto,
presentare i personaggi e preannunciare
l’epilogo
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Riduzione
dei procedimenti di rottura
dell’illusione scenica, limitata al prologo,
all’esodo e a qualche monologo.
Vengono
rispettate le unità aristoteliche di
luogo e tempo
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Il superamento degli stereotipi
La commedia di mezzo
associava ai diversi
personaggi tratti somatici
e caratteristiche morali
fissi:
il soldato fanfarone,
il cuoco sbruffone,
il servo furbo
Menandro crea invece
personaggi complessi con
caratteristiche proprie e
individuali;
solo in alcuni personaggi
minori riemerge la
tipizzazione del
personaggio, all’interno di
intermezzi farseschi atti
ad allentare la tensione
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Tuéch
ch
Nel
mondo di Menandro tutto governa la
Tuéch
ch, in modo ineluttabile e misterioso:
l’uomo abbandonato dagli dei vive in un
mondo che gli è incomprensibile e in cui
tutto può cambiare da un momento
all’altro.
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