SHORT
MAGGI
ODANZ
A
TIME
MAGGIO MUSICALE FIORENTINO
MAGGIO MUSICALE FIORENTINO
SOCI FONDATORI
Consiglio di amministrazione
Matteo Renzi
Paolo Fresco
Roberto Benedetti
Francesca Colombo
Giovanna Folonari
Antonio Marotti
Mario Primicerio
Cristina Scaletti
Sindaco di Firenze - Presidente
Vice Presidente
Consiglieri
Francesca Colombo
Sovrintendente
Paolo Arcà
Direttore artistico
Zubin Mehta
Direttore principale
Piero Monti
Maestro del Coro
Francesco Ventriglia
Direttore di MaggioDanza
Collegio dei revisori dei conti
Giovanna D’Onofrio
Fabrizio Bini
Sergio Lisi
Laura Arcangeli
Presidente
Membri effettivi
Membro supplente
PROGRAMMA
SHORT
TIME
Piattaforma nuovi coreografi
STORIA DI UN FIORE
Coreografia Michele Merola
Musiche di Ryuichi Sakamoto
Interpreti Alessandro Riga, Michele Satriano
D’EMOZIONE BREVE
Coreografia Alessandro Bigonzetti
Musiche di Maurice Ravel
Costumi Silvia Califano
Interpreti Federica Maine, Michele Satriano
DUO II
Coreografia Paolo Mohovich
Musiche di John Adams
Interpreti Zaloa Fabbrini, Linda Messina,
Alessandro Cascioli, Zhani Lukaj
UNDER
Coreografia Margherita Mana
Musiche di A. Brown, A. Moore, J. Lashley, S. Cole
Interpreti Elena Barsotti, Michelangelo Chelucci
Silvia Cuomo, Fabrizio Pezzoni
Regia e coreografia Annalì Rainoldi
Musiche di Beats Antique, Arvo Pärt e musiche originali by Dual Lyd
Interpreti Federica Maine
DANCE ME...
MEN
Progetto e coreografia Leone Barilli
Selezione musicale di Gea Brown
Interpreti Paola Fazioli, Gaia Mazzeranghi, Valeria Scalisi
Antonio Guadagno, Vito Lorusso
STANZE
Coreografia Enrico Morelli
Musiche di Philip Glass e Ben Frost
Interpreti Gisela Carmona Gálvez, Alessandro Riga
ÀNGUE
DIATARAXIA
Coreografia Paolo Arcangeli
Musiche di Mirko Giommarelli
Interpreti Alessandro Cascioli, Michelangelo Chelucci, Cristiano Colangelo
Antonio Guadagno, Zhani Lukaj, Massimo Margaria, Francesco Marzola
Fabrizio Pezzoni, Pierangelo Preziosa, Riccardo Riccio, Michele Satriano
Leonardo Velletri
Luci
Luciano Roticiani
Direttore dell’allestimento
Italo Grassi
Coreografia Arianna Benedetti
Musiche di Plastik Men, Cortical Song, Power Plant
Interpreti Elena Barsotti, Zaloa Fabbrini, Alessandro Cascioli
Michelangelo Chelucci, Zhani Lukaj, Francesco Porcelluzzi
Michele Satriano
MaggioDanza
Direttore MaggioDanza
Francesco Ventriglia
Étoile ospite residente
Alessandro Riga
Intervallo
Nuove creazioni per MaggioDanza
Prime assolute
ANANDA
Coreografia Stefania Pigato
Musiche di Autori vari
Interpreti Elena Barsotti, Gaia Mazzeranghi, Linda Messina
Cristiano Colangelo, Fabrizio Pezzoni, Riccardo Riccio
TEATRO GOLDONI
Sabato 10 marzo 2012, ore 20.30
Domenica 11 marzo, ore 15.30
Mercoledì 14 marzo, ore 20.30
Venerdì 16 marzo, ore 20.30
SHORT
T
UNA S IME,
F
I
NECES DA
SARIA
FRANC
E S CO V
ENTRI
GLIA
Il significato e l’importanza degli elementi che costituiscono Short Time sono emersi
con chiarezza sin dal primo momento in cui il progetto è stato elaborato. L’iniziativa
è pensata su misura per MaggioDanza e il Teatro del Maggio e, per ciascuno dei dieci
coreografi selezionati, il Teatro mette a disposizione da due a quindici elementi di
MaggioDanza, il palcoscenico, i costumi, il light-design, l’assistenza tecnica. Il valore
di questa carta bianca, offerta a un così gran numero di giovani autori da una grande
istituzione, qual è una Fondazione, non ha precedenti in Italia. Short Time non ha confronti neanche all’estero: il Diamond Project del New York City Ballet aveva altre caratteristiche.
Short Time, vetrina dei coreografi prescelti, portavoce del loro nome e della loro identità, è un ventaglio ricco di personalità, diverse le une dalle altre, delle quali potrà
sottolineare al meglio, anche se solo per dieci minuti di esibizione, l’eterogeneità e
la consistenza. C’è una dose di rischio in questa operazione: ma nel ruolo di chi è chiamato a dirigere una compagnia di danza, collocata all’interno di una Fondazione tra
le più importanti in Italia, è compreso anche il dovere di accettare sfide, e su Short
Time è necessario puntare.
Gli autori proposti sono i più idonei per sensibilità, energia positiva, predisposizione, capacità di realizzare danza di qualità. Di “passettari”, che allineano un
passo dietro l’altro, è pieno il mondo. A MaggioDanza c’è invece bisogno di coreografi che abbiano qualcosa di nuovo e importante da proporre. La figura che vogliamo perseguire è quella di un artista che accoglie in sé, e traduce in danza, la
complessità delle esperienze, e dovrà far sì che il suo mondo venga accettato e
condiviso dai nostri danzatori.
6
SHORT TIME
I coreografi prescelti per la nostra compagnia dovranno essere e mostrarsi molto sensibili e capaci, allo stesso tempo, di trasformarsi in condottieri, e muoversi con la
stessa determinazione. Short Time non è una gara. I coreografi invitati non sono in
competizione fra di loro, al contrario. Il nostro obiettivo è realizzare un luogo dove
danzatori e coreografi si danno appuntamento per un confronto, fecondo, con i propri colleghi; un agorà dove si crea bella danza, si discute di questo e della possibilità di compiere altro, come produrre uno spettacolo per qualcuno dei coreografi in
vetrina. Un luogo dove chi fa coreografia dialoga con giornalisti, con addetti ai lavori, con chi fruisce di danza. Fare teatro, oggi, nell’accezione migliore del termine,
significa, per ciascuno di noi, assumersi la propria parte di responsabilità, non più e
non solo istituzionali, ma personali, e quotidiane, per affidare il Teatro, e la sua Storia, a chi verrà dopo di noi. Il Teatro, come idea e fabbrica di idee e progetti, amplificatore di emozioni, si salverà solo se ciascuno di noi agirà in questo senso.
Per produrre un tale risultato, ciò che deve cambiare non è il nome di chi arriva al
potere; il potere non è altro che una cassa di risonanza, con la possibilità di applicare il proprio pensiero. Chi ha potere deve riuscire a produrre un cambiamento in ciò
che ha intorno a sé. Se sarà ben guidato, e considerato in una prospettiva di più
lungo respiro, e a più ampio raggio, Short Time potrà dare ottimi frutti. Non solo per
gli spettacoli in teatro, ma anche per la necessità di mettere in circolazione una
nuova energia nella danza in Italia, per un ricambio tra gli autori che porti ossigeno,
vitalità, volti nuovi pronti al confronto e allo scambio di reciproche esperienze. I coreografi fanno ricerca. Allora è bene che anch’essi, come altri studiosi e ricercatori,
mettano a disposizione di tutti l’esito delle proprie ricerche.
È legittimo chiedersi il perché del dispiego di tante energie sulla danza, e per la
danza. L’unica risposta possibile è che l’arte è l’unico luogo nel quale l’essere umano
può ancora resistere in quanto tale, nella sua integrità, completezza e bellezza. C’è
bisogno di una nuova visione della danza in Italia, anche se, per un grande rinnovamento, è necessario cominciare da se stessi, da una cura dei minimi particolari, che
contribuisca a cambiare l’ambiente circostante. Nel Teatro del Maggio, ai danzatori
viene insegnata quotidianamente l’attenzione ad ogni singolo elemento del loro essere e stare in palcoscenico, viene insegnato loro il rispetto per quanti lavorano con
e per loro, in teatro e dietro le quinte.
Ogni giorno avvertiamo quanto è cambiato l’interesse intorno a MaggioDanza, e come
la dirigenza di questo teatro guardi alla Compagnia con altri occhi. Il Sovrintendente
Francesca Colombo ha scommesso a sua volta mettendo un giovane alla direzione del
ballo e valuta con interesse il progetto Short Time, i risultati che questo ha già prodotto. Dunque perché, qui ed ora, Short Time? Perché siamo a Firenze, perché questo
è il nostro paese, nel quale abbiamo scelto di lavorare per fare una buona danza. Vogliamo adoperarci affinché la danza possa crescere, possa promuovere talenti e novità. Ad esaminare da vicino la prima edizione di Short Time sono stati convocati a
Firenze critici di danza, giornalisti, direttori di teatro, di compagnie e di festival:
personalità autorevoli, per realizzare un incontro che possa diventare un chiaro, sereno, costruttivo confronto.
7
SHORT TIME
D’EMOZIONE BREVE
Alessandro Bigonzetti
“Nel titolo stesso del mio pezzo si racchiude l’identità della ricerca espressiva
che ho svolto”, dice Alessandro Bigonzetti. “L’ascolto di questa musica di Ravel,
il Concerto per pianoforte in sol maggiore, del 1931, del quale ho utilizzato, per
intero, il secondo dei tre movimenti, l’Adagio assai in mi maggiore, è stato, per
me, un’emozione intensa. Devo confessare però che, in un primo momento, non
avevo pensato di servirmi di questa partitura per realizzare una coreografia. Poi
è diventato quasi naturale creare un passo a due: otto minuti, che corrono velocemente, come indica il titolo.
Nell’impianto neoclassico che definisce il balletto, il maschile e il femminile si
vedono contrapposti solo perché per l’uomo utilizzo passi ed elementi fondanti
della pura tecnica classico-accademica. Sono double tours en l’air, pirouettes, il
doppio saut de basque, ovvero passi che richiedono un maggiore impegno in senso
virtuosistico. Mentre utilizzo le sole punte e il lavoro di basso gamba per la donna.
Ma non ci sarà spazio per la ‘guerra tra i due sessi’: tutto è all’insegna del calore
umano tra i due interpreti, di una sensualità calda, anche se non del tutto esposta. Tanto che i due danzatori sono vestiti nello stesso modo, entrambi uguali
nelle loro emozioni, sia nel trasmetterle che ne riceverle.
Queste sono le mie intenzioni. Ma, come spesso succede, è possibile che l’idea di
partenza si modifichi profondamente nel corso del lavoro. È una mia prassi: scelgo
8
di non iniziare i miei lavori secondo una struttura rigidamente precostituita.
Anche se, avendo alle spalle, come danzatore, tutti i titoli del grande repertorio,
così come molto Balanchine, e tanti autori contemporanei, ho sempre avuto, ed
ho tuttora, molta cura della purezza delle linee.
A volte può succedere, però, che la forte personalità, o le potenzialità, magari inespresse o nascoste, sino a quel momento, dell’una o dell’altro interprete, con gli
input che ne ricevo, possano condizionare o ispirare diversamente le mie scelte
di movimento. Il rapporto emozionale che vivo in sala con i danzatori diventa un
elemento importante in ogni mia creazione. Gli interpreti si trasformano in una
sorta di specchio: questo è capace di riflettere immagini, anche sconosciute, di
me e del mio lavoro. Dalla sovrapposizione delle loro stesse sembianze nascono
nuove forme. È quanto ho già sperimentato con un lavoro precedente: A l’envers,
dove sono partito dalla declinazione, dalla ricerca di un ideale classico, votato
‘alla più serena e nobile grandezza’, per arricchire poi il brano con invenzioni del
tutto nuove, dove hanno trovato spazio la velocità, una tensione quasi drammatica e l’atletismo.
Il tempo, otto minuti e mezzo, nel quale è necessariamente concentrata l’azione
del mio balletto D’emozione breve, può sembrare stringato. Eppure non sono pochi
i grandi titoli del repertorio, penso a Narcisse di Kazian Goleizovskij, Le Spectre
de la rose di Fokine, o a L’après-midi d’un faune di Nijinskij, ad esempio, balletti
la cui durata nel tempo è vicina a questa. Dunque non mi lamento della brevità
di esecuzione che ci è concessa. Sono certo che quanti hanno occhio e capacità
di giudizio, e non agiscono per partito preso, possano capire lo spessore del lavoro qui espresso, indipendentemente dai minuti della sua permanenza. Inoltre
sono felice che il mio lavoro si collochi all’interno di una serata realizzata all’insegna di una grande diversità, di proposte e di contributi. Conosco il lavoro di
molti miei colleghi, con alcuni di loro ho condiviso anche anni di carriera, e credo
che la varietà di prospettive in scena sia un segno certo di vitalità della danza
italiana. Ad ogni autore si gira pagina. Inoltre, la mia personale dose di felicità
è aumentata da fatto di ritrovarmi come coreografo, a distanza di anni, nello
stesso teatro dove ho firmato il mio primo contratto come danzatore”.
9
SHORT TIME
UNDER
Margherita Mana
“Under è un pezzo che nasce dalla mia riflessione sulla fisicità e sensualità della
danza”, precisa Margherita Mana, “ed ha il sapore e il ricordo delle mille esperienze maturate, e poi ragionate, ‘sul campo’, in palcoscenico, a mie proprie spese.
Nei suoi otto minuti, indaga e lascia affiorare, con la necessaria e inevitabile
spudoratezza, ciò che, in un percorso di danza, è quanto di più immediatamente
e percettibilmente visibile dall’una e dall’altra parte del palcoscenico. È visibile
perché sensuale, accaldato, sudato, sporcato da una fisicità che ci esalta e ci intriga mentre ci imbarazza.
In realtà, Under è un balletto sull’esplicitazione del piacere.
Mi sono chiesta: cosa succede, a livello corporeo, quando i danzatori danzano?
La risposta è: un potente rilascio di endorfine e di adrenalina. Oltre a trasmettere un messaggio, veicolare un’opera d’arte, esprimere una elaborazione mentale,
mentre siamo sulla scena viviamo e proiettiamo un grande piacere corporeo.
Mi sono chiesta, ancora: chi altri vive la stessa fisicità? La risposta è stata: gli
attori porno, che vivono o simulano un piacere, in vari modi.
Mi sono ritrovata ad assimilare l’una cosa all’altra, senza nessun intento moralistico, non è nelle mie corde; volevo solo cercare di capire quanto il piacere possa
essere performativo, e quanto i due aspetti, bene o male, si sfiorino. Così i miei
colleghi, che mi conoscono bene, mi hanno suggerito, a commento del pezzo, una
10
frase di Silvie Guillem: ‘Quando danzo io sono me stessa’, e una di Rocco Siffredi:
‘Quando lavoro io do il meglio di me’.
Credo di aver realizzato un percorso aperto; non so se, nel breve tempo che mi
sono data, riuscirò ad esaurirlo. Potrebbe essere l’inizio di una esplorazione più
ampia. Per questo voglio concentrare al massimo l’idea, che, infine, non è poi
così difficile da rappresentare, anche se potrebbe sembrare greve.
In gioco, forse sottotraccia, c’è poi un’altro elemento che, da danzatore, si capisce meglio con l’andare del tempo, ripensando a tutto ciò che si è realizzato in
scena. Ci si sente un po’ un supereroe, e ci si rende conto che anche gli altri ci
percepiscono così. Perché siamo elastici, abbiamo proprietà corporee ‘bizzarre’
rispetto a persone che hanno una vita ‘normale’. Altrettanto diversa è la propriocezione, nel preciso momento in cui si danza, e anche in seguito; si ha un’autoconsapevolezza orientata in tutt’altra direzione.
In definitiva, la domanda posta alla base di tutto il lavoro è: perché danziamo?
I motivi sono svariati, ma ognuno di essi ha, come fondamento, una forte connotazione biologica; ciascuno di noi, ballando, per qualsiasi motivo, avverte una
profonda ripercussione fisica, alterata, potente, che spiega l’utilizzo della danza
nei riti sacri.
La musica che utilizzo nel balletto è estratta da un cartone animato per bambini
piccolissimi, sotto i tre anni. È realizzata dagli stessi autori che hanno inventato
i ‘Teletubbies’. L’ho scelta perché mi dava la possibilità di fornire una traccia narrativa sonora completamente avulsa da quella più comunemente usata per un
balletto. Nasce quindi la possibilità di una interpretazione del balletto completamente antitetica da quanto realmente si vede in scena.
Il tutto assume forse aspetti inquietanti, con il supporto delle canzoncine per
bambini. In ogni caso, mi piaceva legare la rappresentazione al mondo dell’infanzia, con il debito corteggio di fasi freudiane.
Il fatto è che comunque, a queste stesse fasi, restiamo eternamente legati. Dalla
nascita viviamo immersi nello stesso universo. Semplicemente, una volta cresciuti, lo trasformiamo, ma ce lo portiamo sempre dietro: ha solo cambiato
aspetto”.
11
SHORT TIME
DANCE ME...
poco vissuti, di entrare, pieni di curiosità, in un campo di indeterminatezza. Cerco
atti di generosità e di scoperta.
Ciò a cui miro sono il ritmo, la costruzione e la rimodulazione dello spazio nel
gioco coreografico. Il soggetto principale diventa appunto lo spazio stesso, che
chiede di essere danzato, di essere attraversato e percorso dai corpi in movimento.
In questo lavoro ho cercato di concentrarmi su un’idea di accumulazione, tracciando dapprima i percorsi e poi sviluppando i movimenti, ampliando le traiettorie e i volumi in un gioco di incastri.
Nella composizione non mi avvalgo del supporto musicale ma cerco di costruire
un discorso coreografico autonomo, che abbia una sua logica e coerenza interna.
Solo in un secondo momento sovrappongo alla danza tracce musicali fino a trovare il giusto equilibrio. Se c’è un referente ideale in questo mio percorso, penso
al rigore e al senso di neutralità dell’azione di danza che è nell’opera di Merce Cunningham. Per questo vorrei sentirmi libero di utilizzare anche musiche diverse
per ogni sera di spettacolo, così come succedeva nelle performances congiunte di
Cunningham e John Cage.
La scelta degli interpreti è stata un elemento di assoluto interesse e di profonda
necessità, ho optato infatti per una eterogeneità generazionale e contrattuale. Tra
loro vi sono una collega con la quale danzo da venti anni, prossima alla pensione, chi ha collaborato già con me in altri progetti, e giovani con i quali non
ho mai lavorato, addirittura al primo contratto da professionista. Il rapporto che
si è venuto a creare è stato una scoperta continua”.
Leone Barilli
“Il mio interesse per le atmosfere, insieme incisive e rarefatte, della musica elettronica”, ci dice Leone Barilli, parlando a proposito del suo Dance me, “risale ai
miei primi esperimenti coreografici. La musica elettronica è un elemento che mi
permette di entrare in comunicazione con la contemporaneità, si lega ad una mia
personale ricerca sul corpo, inteso come una macchina biologicamente complessa,
come uno strumento tecnologico sofisticato. Inseguo la possibilità di poter utilizzare il corpo come una macchina elettronica, analogamente alla pratica del
DJing, attraverso la sovrapposizione e il mixaggio di diverse tracce coreografiche,
la tecnica del cut up, l’isolamento e la rimodulazione di campioni/frammenti coreografici. Quello che vorrei attivare non è, però, uno sguardo astratto, o antiemozionale; al contrario la neutralità del corpo mi permette di esplorare livelli
emozionali differenti, estranei ad un concetto meramente narrativo/interpretativo. L’emozione risiede negli scarti d’imprevedibilità della costruzione coreografica, e si avvale di un percorso di verità dell’azione che richiedo ai danzatori, i
quali sono chiamati a prendersi delle responsabilità e a operare delle scelte nello
svolgersi del brano. Come determinare il tempo delle pause piuttosto che modulare ritmicamente una sequenza coreografica. Quindi il discorso emotivo parte in
primo luogo da una riaffermata neutralità sia del corpo che dell’approccio del
danzatore; a questi chiedo di esplorare territori sconosciuti, di aprirsi a percorsi
12
13
SHORT TIME
STANZE
Enrico Morelli
Per cogliere, con esattezza di riferimento e migliore comprensione, lo spirito con
il quale Enrico Morelli ha costruito il pezzo qui proposto, bisogna ricordare, per
brevi cenni, la struttura originale di Stanze, il balletto da cui è estratto.
La prima edizione della coreografia, con il supporto delle musiche di Philip Glass
e Ben Frost, prevedeva un complesso intreccio di passi a due, a tre e a quattro,
variamente alternati a pezzi d’insieme, sino ad un finale che riuniva tutti gli interpreti in palcoscenico.
Oggetto di quell’architettura di danza erano e sono il senso di solitudine, di esclusione pur nella volontà di condivisione; sentimenti sperimentati dal passante,
l’amico, lo straniero, l’angelo, il fahrenden Gesellen, o chiunque altro, idealmente,
esso sia, nel momento stesso in cui lo sconosciuto lancia un occhiata indagatrice,
curiosa o gelosa, all’interno delle vite altrui. Esistenze rinchiuse, ciascuna, nel guscio di questa o quell’abitazione, di questo o quel nucleo di intimità, tra pareti
che escludono alla vista l’uno all’altro.
Per Enrico Morelli, il passo a due estratto da Stanze diventa il simbolo stesso dell’intero pezzo. Scorre davanti agli occhi la vita di una coppia, l’interno di una
stanza, lo smarrimento di chi è comunque solo, e aspetta chi non arriva mai,
mentre un’altra vita, accanto a noi, segue il suo corso.
Nel brano, il coreografo assume per sé un compito intriso di solipsismo, da tri14
ste voyeur, o acuto osservatore: guardare la luce che proviene dalle case, dalle
stanze degli altri, significa abbattere muri, aprire finestre, capire cosa si nasconde, chi e come vive là oltre, chi anima quegli spazi. Puntare il proprio sguardo
manifesta la volontà di dare un nome e un volto, e una precisa consistenza, all’elenco delle storie semplici, delle piccole o grandi tragedie consumate all’interno della segretezza, della riservatezza.
Il compito si trasferisce agli spettatori nel momento in cui si fanno testimoni dell’incomunicabilità, spiano le solitudini, osservano gli amanti o gli estranei, avvolti da schegge di luce che emergono da ombre ogni volta diverse, in uno spazio
che unisce, separa e circonda.
Forse è solo umana adesione, più che brutale indiscrezione. Forse è solo un sincero interrogarsi su quali siano le vicende, i pensieri, le sensazioni che si celano
dietro quei vetri dove vivono gli altri, persone, apparentemente felici, serene. Ma
è dietro le luci che sempre si nascondono le ombre, materia che pulsa di solitudine, rifiuto, assenza.
Per esprimere questa visione del mondo, Stanze si concentra sugli elementi essenziali della danza: l’interconnessione tra i ballerini, l’idea che la divisione tra
il tempo e lo spazio si annulli in un confronto serrato fra stasi e accelerazione,
rallentamento e una percezione più esatta della profondità dei volumi occupati.
Sono antitesi e relazioni che saldano il mondo esterno al mondo interiore, fatto
di energia, di forze immateriali, di sommovimenti segreti, dei quali subiamo le
conseguenze, senza comprenderne appieno i motivi.
“Questo pezzo”, dice Enrico Morelli, “si fa ricordo di un passato che, inatteso, si
ripresenta alla porta, ti viene a cercare, nel silenzio di una stanza. È un ricordo
che fa parte di noi, e a volte si rende padrone del nostro essere, lasciandoci esausti, senza forze. Anche se là fuori ci sarà sempre chi, osservando la luce provenire dalla nostra stanza, forse penserà alla fortuna, alla quiete di chi è al sicuro
nella propria casa. Ma, di nuovo, è sempre la luce che si lascia intravedere, non
l’ombra”.
15
SHORT TIME
ÀNGUE
mico, molto articolato e musicale; musica e movimento dovrebbero diventare una
sola cosa.
La forma della mia danza credo che mi rappresenti molto: perché mi ritengo sensuale e femminile, ma con una certa carica di aggressività, che definirei maschile.
Per questo ho cercato, e ritengo di aver trovato, in MaggioDanza, interpreti dalla
solida tecnica, comunque presente con generosità nella compagnia.
Sono giovani ai quali vorrei chiedere di restituire il senso di calore, di energia e
vitalismo che mi interessa sottolineare in questo lavoro. Vorrei danzatori con un
tocco speciale in fatto di scioltezza e malleabilità, e, in più, un piccolo pizzico
di follia, che serve a condire il balletto di un suo gusto particolare. Amo la sperimentazione e la sfida, e, anche se il tempo di cui disponiamo è piuttosto limitato, spero di poter restituire, nella danza, insieme ad una gestualità forte e
dinamica, le oscillazioni dell’anima, e un’emozione autentica.
L’interesse per la ricerca coreografica ha comportato la costruzione di una danza
articolata in linee trasversali, e in una pluralità di linguaggi espressivi come modern, danza urbana, contemporaneo, animando forme corporee e dinamiche minimaliste, stimolando anche l’emotività e la creatività individuale in un rapporto
non casuale nelle scelte musicali.
La coreografia, più che impostare sequenze rigide, stimola la sensibilità degli interpreti, orientando azioni e reazioni con margini di libertà, se non d’improvvisazione, per l’insieme dei danzatori; non trascura tuttavia particolari e sfumature
di una gestualità che resta elegante”.
Arianna Benedetti
“Àngue è un termine che indica il serpente nel linguaggio letterario più antico”,
dichiara Arianna Benedetti. “Per il mio lavoro ho cercato e scelto esattamente
questa dizione, che mi affascina molto, ed è ricorrente nelle più alte espressioni
poetiche, da Dante a Tasso a Gabriele D’Annunzio, tanto per citare alcuni autori.
Quello che propongo è un viaggio, sospeso in un tempo indefinito, tra seduzione
e misticismo. Per realizzarlo mi sono ispirata ai rituali che vedono protagonisti i
serpenti, o alle cerimonie che, da sempre, dal più lontano passato sino ad oggi,
si compiono nel loro nome. Penso a certi paesi del nostro Mezzogiorno, e ad alcuni riti che avvengono in Africa.
Ho anche ripensato e reinterpretato, con ampi margini di libertà, gli affascinanti e
fluidi movimenti dei serpenti, le loro complesse regole di accoppiamento. Il cui profilo, ad esempio, troviamo riprodotto, stilizzato, nel simbolo dell’Ordine dei Medici.
C’è, sullo sfondo, l’immagine stessa di purificazione, legata alla ‘muta’, ovvero al
cambio annuale della pelle dei serpenti. Il riferimento ideale è ai mutamenti che ciascuno di noi compie nella propria esistenza, al rinnovamento di modi e fatti della
vita: per crescere, per muoversi con uno spirito e uno slancio del tutto rinnovati.
Per esprimere questi elementi, in questo mio pezzo rinuncio, in buona sostanza,
all’idea esclusiva del passo a due, se non per un breve momento in cui si allude
all’accoppiamento. Il modo di porsi della mia danza vuole essere fluido, dina16
17
SHORT TIME
realizzare una progressione di movimento verso un’azione che è globalizzante.
Nelle brevi fasi coreografiche che si succedono, i danzatori dapprima sentono sul
proprio corpo una progressione di vibrazioni, fino a captare dallo spazio e dai
corpi altrui quella carica energetica che deriva dalla relazione tra uomo e cosmo.
Attraverso un movimento fluido, ma incisivo, i danzatori sono consapevoli di una
vitalità che cresce insieme alla musica. Ogni movimento genera quello successivo,
senza soluzione di continuità nel tempo.
Alla fine della coreografia, terminato il percorso dell’estasi, e per chiudere il tutto
in modo espressivo, lascio un piccolo cenno sull’intimità vissuta secondo il pensiero della filosofia orientale. Suoni e parlato, frasi appena sussurate, trasmettono
il senso di un’intimità che coglie il significato gentile del tocco più delicato; è
un’intimità fatta di ascolti, percezioni dove il desiderio sessuale unisce quello
spirituale. È un finale che cerca un silenzio interno dove calma, pace, luce, essere e unità sono chiavi di ingresso trascendentale.
Negli otto minuti della rappresentazione vorrei cercare di dare il meglio di me. Il
poco tempo a disposizione non è per me un limite, bensì uno stimolo a poter continuare la ricerca coreografica su questo tema, che suggerisce un ampio sviluppo
per creare una intera produzione, accompagnata da un impianto scenografico,
non materiale, che ho già immaginato”.
ANANDA
Stefania Pigato
“Per il titolo di questa mia creazione”, dice Stefania Pigato, “ho tratto spunto
dalla visione dell’amore considerata secondo le Upanishad, i testi sacri della cultura indiana. È questa una concezione molto diversa dal punto di vista realizzato
in Occidente: l’estasi d’amore che in India prende il nome di Ananda, è vissuta
come una forza trascendente, un’energia inesauribile che si realizza per tappe, che
ci aprono gli occhi alla verità e ad una più profonda conoscenza del mondo; per
non smarrire quella carica primordiale, capace di garantirne l’autenticità, si devono nutrire di spiritualità. Tutto ciò è come un cammino che ci invita ad una
danza cosmica, dove ogni fase d’amore che l’uomo vive è inizialmente scatenata
da un’altra persona, ma poi si basa sulla capacità di espandersi oltre il mondo
delle limitazioni fino alla sconfinatezza. Quando Rumi dichiara che tutte le particelle del mondo sono innamorate e in cerca di amanti, conferisce amore perfino
alla forza di gravità. Colui che intraprende questo sentiero speciale verso Ananda
dice che una beata freschezza, unita ad una straordinaria vibrazione, penetrano
il corpo, come fosse pervaso da fremiti di energia invisibile…, il corpo è sospeso
in un vuoto che non è vuoto, ma brulicante di tutto ciò che è stato e verrà creato:
il grembo della madre cosmica. In un certo senso l’intero universo è un gesto
d’amore erotico, e ogni molecola danza spinta dal desiderio di ascesa.
Ho considerato questi punti per realizzare la mia coreografia, nella quale cerco di
18
19
SHORT TIME
STORIA DI UN FIORE
un fondo campo dove egli si butta volentieri nella mischia, senza tregua né compromessi. È così che Merola dichiara se stesso, e il suo mondo: con uno sguardo
chiaro e definitivo, nel nome di una anatomia dello spirito, profonda e vera.
Sempre ben riconoscibile e compiuto, grazie ad una sensitività speciale, è lo
“stile Merola”. Maturato in un lungo rodaggio, consegna alla sua danza stati
d’animo prima incapsulati poi esplosi, sorretti da spinte vigorose, cariche d’energia. È un linguaggio che si afferma, potente, anche a ridosso di una voce delicata:
quella di Dina Ferri, la poetessa pastora, che, adolescente, nei primi decenni del
‘900, incantò critici e letterati, e infiammò la fantasia popolare con l’estro, originale e sincero, delle proprie composizioni.
Il frammento di danza proposto al Teatro Goldoni nasce da un più ampio spettacolo teatrale e coreografico, creato per recuperare l’intima dimensione e il talento
naturale di Dina Ferri, la forza e la coesione contemplativa della sua poesia, ispirata da scenari agresti della campagna senese. È grande il trasporto emozionale
racchiuso in questi pentagrammi poetici: evoca l’amore nella sua essenza, l’aspirazione e la tensione continua ad una impossibile unione pànica con la natura.
Orientato da tali versi, Merola infonde in questa sua creazione slanci, fughe, smarrimenti e tenerezze negate, come ultima protezione al pudore. La coreografia
sembra voler inchiodare i sentimenti in una sorta di fermo immagine, con movenze che sentono naturalmente la musica, fra attacchi e stacchi di un corpo nell’altro, compenetrazioni impossibili, abbracci che risvegliano il deragliamento dei
sensi, e puntano al fiero riconoscimento di una propria identità.
Michele Merola
Michele Merola, il guaglione nato ad Acerra, antica culla di maschere e teatralità,
cresciuto come danzatore e coreografo fra Reggio Emilia e l’Europa, dietro il volto
colmo di quella gioviale letizia che ogni cartolina partenopea ci spedisce dal più
lontano passato, si svela un esploratore impietoso, crudele, delle relazioni interpersonali. Da artista vero, rabdomante della psiche, Merola avverte questi legami
ormai smarriti intorno a sé, diluiti tra finzioni, fragilità, vuoti di fiducia e credibilità, supponenza, artificiosità negli atteggiamenti.
Allora il coreografo si avvale della propria arte, complessa alchimia di talento e
generosità, come di una piazza: vi manifesta il proprio disagio nella percezione
d’un mondo che si guasta sempre più, e spinge al massimo la sua danza, per la
quale nutre una intensa, esclusiva dedizione. È pregna di grande fisicità, di fervida espressività del gesto, vive sulla scena del mondo sospesa fra ricordo e malinconia, mentre rivolge il pensiero alla propria interiorità, e cerca di
addomesticare il sentore della solitudine.
Egli vuole utilizzare Tersicore come ultima ratio: una bacchetta magica. La scuote
fortemente, e la invoca, nel tentativo di cambiare lo stato delle cose, di avvicinare la stessa danza al sentire più autentico e comunicativo dell’esistenza.
Dunque, della condizione umana, e delle sue ristrettezze, Michele Merola ha fatto
la propria missione, la propria mèta, ma da giocatore di rugby: il palcoscenico è
20
21
SHORT TIME
DUO II
Paolo Mohovich
“Ho sempre curato con attenzione la teatralità di ogni mio pezzo”, precisa Paolo
Mohovich, “ma Duo II, che ho espressamente rivisto per MaggioDanza, è uno dei
miei lavori nei quali più mi riconosco. Sono sempre stato molto attratto dalla
danza astratta, e adoro la musica di John Adams, un compositore americano contemporaneo, sulla quale il brano è costruito. Adams usa spesso le sonorità tipiche
del suo paese, i grandi colossal hollywoodiani, la pubblicità, o l’immensità degli
spazi. L’ispirazione musicale di partenza in lui non è mai fine a se stessa, ma segnala sempre atmosfere diverse, concetti che servono da supporto all’azione. In
questo caso la partitura, Christian zeal and activity, suggerisce un’atmosfera piena
di un cupo lirismo, avvolta in oscuri presagi. Il suono dei violini è quasi ferito dalla
voce martellante di un predicatore protestante, che pronuncia parole ispirate ai
sentimenti dell’America più profonda, quelle parti del paese in cui la religione è
un elemento dominante e ricorrente. Sono frasi continuamente ribadite, e si ha
l’impressione che, durante i due passi a due, le coppie ascoltino il vaniloquio, ispirato a passi del Vangelo, e reagiscano diversamente ad esso. La tensione provocata dalla voce declamante riempie e condiziona i movimenti: nel primo caso la
danza sembra a tratti ‘ribellarsi’, nel secondo la partecipazione ha in sé una forma
di spiritualità. Duo II diventa quindi il manifesto di come una danza astratta, ed
estremamente lineare, possa diventare in realtà narrativa in ogni suo gesto”.
22
“La danza pura, basata sul movimento, considerato non come un fine in se
stesso”, prosegue Mohovich, “esprime al meglio la dinamica del corpo, raccoglie
e racconta l’interiorità di ogni gesto, definisce delle situazioni senza renderle
con tutta evidenza, propone momenti ed emozioni che lo spettatore, con il suo
stato d’animo, assorbe e fa sue. Considero la danza come poesia del movimento.
Per questo è importante, ed io la richiedo sempre, la piena comprensione da parte
degli interpreti. Collezionare una sequenza di passi su una bella musica, a mo’ di
divertissement, non è interessante. Lo è, invece, se il corpo, attraverso dinamiche diverse, di velocità e tensione del movimento nello spazio, riesce a dar vita
e a plasmare dei sentimenti.
Non sono il solo, tra i coreografi contemporanei, a vedere le cose in questa prospettiva. Io avverto il preciso bisogno di tornare alla danza pura, con la ricerca di
modi espressivi che puntino direttamente alla danza, che dovrebbe essere solo
quello. Non si tratta, semplicemente, di una dimensione estetica. L’interesse per
ciò che va oltre la dimensione narrativa ha in sé il fascino di ciò che le parole non
bastano a definire. Mi piacciono i balletti narrativi, ma trovo che rimangano sempre un po’ sulla superficie di ciò che può essere espresso; a meno che gli interpreti
abbiano una caratura eccezionale. In quel caso l’emozione raggiunge il pubblico.
In ogni caso, è l’idea in sé che a me sembra meno interessante rispetto al cercare di comunicare qualcosa attraverso i muscoli, le articolazioni, il movimento.
Il corpo umano, sintesi di membra, mente e animo, è talmente meraviglioso che
possiamo considerarlo alla pari di uno strumento musicale: non ha sempre bisogno di raccontare delle storie, basta a se stesso per esprimere musicalità, armonia, bellezza.
Abbiamo alle spalle anni, decenni, nei quali la danza si è mescolata ad esperienze, artistiche e non, di ogni genere: dal teatro all’architettura, dalle arti visive al paesaggio. Oggi mi sembra interessante e giusto considerare che, dopo
aver sperimentato di tutto, si torni a considerare e rivalutare la danza intesa
come ricerca di forme compiute ed espressive in sé. Penso che possiamo riportare
il corpo al centro di tutto, possiamo ripartire da una base di tecnica accademica,
con un uso coerente e ben definito di linee e punte, e, a partire da queste premesse, possiamo creare una danza del tutto rinnovata”.
23
SHORT TIME
DIATARAXIA
Annalì Rainoldi
“In questa creazione”, esordisce Annalì Rainoldi, “mi sono accanto, idealmente,
alcune grandi figure, di ieri e oggi, della scena di danza del ‘900. Sono presenze
che ho osservato con grande attenzione, delle quali ho cercato di cogliere la poetica e l’estetica, nell’intento di farle mie.
Il mio primo punto di riferimento è stato il minimalismo americano di Lucinda
Childs, con la quale ho avuto la fortuna di lavorare direttamente. Dalla Childs ritengo di aver appreso il senso della più rigorosa asciuttezza, del gesto e movimento, sino ad eliminare ogni elemento superfluo. Lo scopo era ed è quello di
raggiungere lo stadio interiore che porta il danzatore al grado di plasmabilità indispensabile per chi lo guida nel suo percorso espressivo.
Ho ritrovato, in parte, la stessa essenzialità nel teatro danza tedesco di Susanne
Linke, Reinhild Hoffmann e Pina Bausch, con le quali la mia esperienza non è
stata un coinvolgimento diretto, ma mediato dal ruolo di spettatrice. Pina Bausch
partiva da situazioni iperreali con i suoi danzatori, ognuno dei quali pescava nella
profondità del proprio essere per ricavare, dalla propria esperienza personale, materiale da mettere in scena. Mi ha plasmato molto anche la danza di travolgente
energia fisica, viscerale, carnale anche, e di grande respiro, di Emio Greco, alla
quale aggiungo spunti ‘rubati’ ad alcuni autori della scena di danza francese contemporanea.
24
Non so se sono riuscita a compiere, così come avrei voluto, la sintesi e la sinergia di queste forze che mi hanno tanto potentemente ispirato. Nel mio assolo per
una danzatrice, nato in un momento di particolare sensibilità emotiva della mia
vita, ho cercato esattamente di concentrare il valore profondo di tante esperienze. La versione originale durava una ventina di minuti, sono otto minuti in
quella ricostruita per MaggioDanza. Ho creato l’assolo su me stessa, per l’esigenza, incessante, di rispondere ad una domanda: che suono hanno i pensieri
quando si vive in uno stadio di totale perturbabilità. Ho voluto sondare in che
direzione si spinge il corpo alla ricerca della propria memoria. Ciò che vorrei mettere in scena, attraverso questa danzatrice, è uno studio sull’essere, in un determinato tempo, luogo e stato.
La protagonista è un’entità femminile che si muove in un paesaggio deserto e silenzioso; nel suo vagare, nomade, ricorda il volo della Diataraxia noctuidae, una
farfalla notturna un po’ particolare, perché molto fastidiosa, che agisce e si risveglia nel corso della notte. La danzatrice si equipara ad un pensiero frusciante,
che dispone e misura lo spazio senza soffermarsi, scardina il senso dei luoghi, il
loro orientamento spaziale e simbolico.
D’altra parta questo stesso titolo, Diataraxia, evolve verso il significato di negazione dello stato di atarassia e imperturbabilità. L’atarassia, nella filosofia epicurea e nello scetticismo, è quella condizione nella quale si vive in uno stato di
totale assenza di agitazione di fronte alle passioni. Qui invece la situazione è
completamente ribaltata. Si vuole trasmettere, attraverso il corpo, l’indagine e la
ricerca di questo moto interiore, grazie al lato magico della danza e del movimento. La mia danza non è però una messa in scena descrittiva, anche se la protagonista parla molto. Il corpo si fa tramite di questa condizione attraverso la
gestualità e uno studio delle luci, dell’atmosfera che si vuole restituire. Il cui valore è, certamente e puramente, effimero, ma viene confermato nella sua verità
dal mezzo più immediato e primordiale di cui disponiamo: il corpo, appunto”.
25
SHORT TIME
MEN
Paolo Arcangeli
È un appuntamento che si ripete da due anni a questa parte, e sempre di sera,
quando la sala prove del ballo al Teatro del Maggio è vuota. Qui, una volta concluso il lavoro ordinario di ballerino in MaggioDanza, Paolo Arcangeli avverte il bisogno di un approccio tutto suo, molto personale, alla coreografia. “Il mio è stato
un avvicinamento progressivo, e molto naturale”, ci racconta il trentenne danzatore romano. “Ho avuto molte esperienze, con vari coreografi; lavorando a contatto
con loro ho fatto i primi esperimenti, per i quali ho riscontrato un certo interesse
da parte dei miei colleghi, e non solo loro. È un’esperienza che ho ribadito in più
occasioni, e dalla quale ho imparato molto più di quanto mi aspettassi. Ad ogni
appuntamento, c’è stato un reciproco scambio, e ciò che mi ha più profondamente
appassionato è stata la verifica immediata tra la complessità del materiale, immaginato e costruito dentro di me, e la sua fattiva concretizzazione in passi, cadenze, in un fraseggio completo, nell’articolazione rigorosa della danza.
Ho avuto la fortuna di vivere e lavorare accanto a veri professionisti. Così, ancora
oggi, ogni volta che finisco una prova, sento di aver sicuramente imparato qualcosa di nuovo. Senza mai dare niente per scontato, rifletto su quanto realizzato,
e accumulo esperienza.
Sono quel tipo di persona che dà molta importanza alle intuizioni e alle emozioni,
al proprio mondo interiore; una parte del quale ho cercato di convogliare in que26
sta creazione. Definire e restituire la mia identità più intima e segreta, significa
pensare a me stesso come ad un uomo tra gli uomini, uno come mille altri, qualcuno che si muove nel tentativo di razionalizzare il mistero della condizione
umana. Il cui status, agli esordi, prima della piena comprensione di sé, è direttamente legato alla natura, con una qualche dose di animalità.
Ebbene, io mi sono proposto di riflettere sulla dualità di questa condizione, sullo
scontro che ne deriva, nascosto nel viaggio che ciascuno di noi compie, nella fine
che, a distanza di decenni, si congiunge con l’inizio.
Il senso di questo ragionamento è forse racchiuso nell’ultima parte di Men, strutturato in un percorso che va dalla nascita alla scoperta del proprio corpo, dello
spazio, e poi dell’altro, chiunque esso sia: l’amico, un compagno, il padre. Poi,
magari, la vita s’incarica di allontanarti per sempre dalle persone più care. Quando
si attraversa uno di questi momenti, si ha una percezione globale e oscura dell’esistenza. Per uscirne, ritengo fondamentale la funzione liberatrice della danza,
una funzione che tocca il danzatore come lo spettatore, una funzione capace di
esorcizzare ricordi, sollevare emozioni, rimuovere paure. È quanto vorrei che si
percepisse nel mio lavoro, perché ritengo che la condizione da me indagata riguarda ciascuno di noi.
Con Mirko Giommarelli, il compositore del mio pezzo, ci siamo trovati in piena sintonia su questo progetto. La scelta di una musica elettronica è stata immediata,
per la forte capacità evocatrice della stessa, che a me è sembrata molto terrena.
Con una precisa allusione alla condizione di natura che ho citato in precedenza,
al fatto di conservare comunque tracce, nascoste, della nostra animalità, useremo molto il didgeridoo, la cui vibrante sonorità ha un fascino molto concreto.
Un’ispirazione molto forte per costruire l’ultima parte di Men mi è venuta
dall’haka, la danza guerriera divenuta nota come rituale che precede le partite di
calcio e rugby della Nazionale Neozelandese. In questo ultimo frammento di
danza, il cui nome è ka mate, tutti i dodici danzatori presenti in palcoscenico costituiscono una sorta di esercito, capace di rievocare la forza e il calore del sole
e della vita, di offrire allo spettatore l’occasione per decidere se e come rialzarsi
dalla propria situazione”.
Le note dalla pagina 8 alla pagina 27 sono a cura di Ermanno Romanelli
27
SHORT TIME / BIOGRAFIE
BIOGR
A F IE
PAOLO ARCANGELI
Nato a Roma nel 1980, studia e si diploma all’Accademia Nazionale di Danza nel
1999. Nel ‘98 partecipa al concorso internazionale di Perugia, vincendo il secondo
posto. Ha lavorato in compagnie italiane ed internazionali come: Aton Dino Verga
Danza, Balletto di Roma, Compagnia Victor Ullate e MaggioDanza. In questi anni ha
avuto l’opportunità di affrontare ruoli solistici nei balletti di celebri coreografi, quali:
Verga, Monteverde, Sieni, Bournoville, Amodio, Balanchine, Uotinen, Neumeier, Polyakov, Duato, Hoffmann, Childs, Limón, Forsythe, Foniadakis e Hoche. Nel 2011 partecipa ad una piattaforma di giovani coreografi, al Teatro Martinitt di Milano,
organizzata e diretta da Francesco Ventriglia, con la coreografia Olympic Games.
LEONE BARILLI
Diplomatosi alla Scuola del Teatro dell’Opera di Roma nel 1988, nello stesso anno
prende parte al IV corso di perfezionamento dell’Aterballetto partecipando alla famosa produzione di Schiaccianoci di Amedeo Amodio, interpretata da Elisabetta Terabust e Vladimir Derevianko. Nel 1989 entra a far parte della compagnia
MaggioDanza del Teatro Comunale di Firenze, interpretando ruoli da solista e primo
ballerino: è Mercuzio in Romeo e Giulietta di Rudi Van Dantzig (1994) e Onegin nel
balletto omonimo di John Cranko nel 1999, il “Cinese” nella Sagra della Primavera
di Paul Taylor e il protagonista in quella di John Neumeier (2004), passando dal
ruolo del Flemmatico nei Quattro temperamenti (1994) al ruolo principale di Tema e
Variazioni (1999) entrambe di Balanchine; è inoltre danzatore prediletto di Lucinda
Childs che lo sceglie per il ruolo principale di Chairman Dance (2003) e Dafne e Chloé
28
(2007). Dal 1992 al 1995 frequenta i corsi di teatro della Compagnia Laboratorio 9
diretta da Barbara Nativi e dal 1993 al 2004 collabora intensamente con i coreografi
Virgilio Sieni, di cui interpreta Cantico (Premio Danza & Danza 1993 come miglior
coreografia contemporanea), Trilogia del presente (1996), dall’Orestea di Eschilo, e
Jolly Round is Hamlet (2001); e con Karole Armitage, sia nel periodo in cui la coreografa americana fu direttrice di MaggioDanza (Predator’s Ball, Weather of Reality,
Pinocchio), sia agli inizi della sua nuova compagnia, Armitage gone! Dance, partecipando ai suoi due primi programmi, presentati al Joyce Theater di New York (20012004). Nel 1994 prende parte in Inghilterra all’International course for professional
choreographers and composers diretto da Lloyd Newson (DV8). Nel 1997 inizia a Firenze lo studio della capoeira con il maestro Boca Nua, gruppo Axe-capoeira, con il
quale realizza anche lo spettacolo Quilombo dos Palmares (2001). Nel 1998 presenta
il suo primo solo Identità-lo spirito è un osso alla Piattaforma della Danza Contemporanea Italiana, organizzata da RomaEuropaFestival, al quale seguono alcuni lavori
all’interno dei laboratori coreografici di MaggioDanza e alcune presenze in festival
e rassegne sulla giovane coreografia italiana, come Lavori in Pelle, Teatri 90, Infinito ltd, Palermo di scena, Fringe festival ecc. Nel 2001 con il sostegno dell’Amat e
dei Teatri di Civitanova realizza Ione 2001, tratto da Euripide, che vede anche la
collaborazione del Dj/Produttore scozzese Howie B. Nel 2003, insieme ai colleghi Gaia
Mazzeranghi, Pierangelo Preziosa e Ramona Caia, fonda il collettivo di ricerca coreografica Kalinkadanza, con il quale realizza il progetto triennale sulla natura del
danzatore NdC (La natura delle cose). Sempre nel 2003 è l’ospite italiano dello spettacolo Martha@ del coreografo-performer americano Richard Move. Nel 2006 in occasione, del decennale della scomparsa del maestro Evgheni Polyakov, compone per
MaggioDanza il brano Tra di noi.
ARIANNA BENEDETTI
Nata a Baden (Svizzera) nel 1965, inizia lo studio della danza classica e moderna in
alcune scuole livornesi, completando la preparazione tecnica e artistica e perfezionandosi con importanti maestri internazionali, in particolare presso lo Studio Harmonic di Parigi. Si dedica all’insegnamento ed alla coreografia e nel ‘96 costituisce
un proprio gruppo, Antitesi, con il quale crea anche coreografie di hip-hop; invitata
a condurre stages di modern e hip-hop alla Scuola del Balletto di Toscana, diretta
da Cristina Bozzolini, è docente dal 2003 agli stages internazionali ‘Danz&state’ di
Firenze, e membro della Giuria all’omonimo Concorso internazionale. È invitata a
condurre uno stage presso la ‘Bommer Academy for dance’, in Israele, e come docente
di modern jazz presso la Compagnia di danza del musical Notre Dame de Paris di Riccardo Cocciante, oltre ad una presenza, come docente ospite, in numerose Scuole di
Danza in varie regioni italiane. Dopo aver vinto numerosi primi premi in Concorsi di
danza, promossi da festival ed istituzioni ed aver conseguito apprezzamenti lusinghieri, di critica e di pubblico, con le esibizioni del proprio gruppo Antitesi, nel
2004, su invito di Cristina Bozzolini, mantiene la direzione di una sua Scuola di
danza a Livorno, mentre assume, a Firenze, il coordinamento del Dipartimento Danza
29
30
SHORT TIME / BIOGRAFIE
SHORT TIME / BIOGRAFIE
modern e contemporanea della Scuola del Balletto di Toscana. Collabora con creazioni coreografiche, allo sviluppo ed al successo della Compagnia giovanile Junior
BallettO di ToscanA, diretta da Cristina Bozzolini, per la quale crea le coreografie
Emozioni tre, Fuggente e Guaio, che la qualificano talento emergente. Sviluppa questa sua vocazione, con il sostegno della Bozzolini, e crea nuove coreografie: su canzoni degli Avion Travel, dal vivo, al Gala del Festival di Todi 2006, cui seguono Assisa,
frutto di una prassi di contaminazione tra vari linguaggi di danza; il balletto di vivace atmosfera partenopea Pariamm; La Terra del Rimorso per una nuova co-produzione Junior BdT / Pupi e Fresedde del Teatro di Rifredi, nel trentennale del debutto
della storica compagnia fiorentina; Modernismo e, a conclusione dell’anno 2008,
MeEM, su musiche di Koulomek, Reich e Beethoven. Nel 2009 realizza per lo Junior
BdT Il filo di Arianna, un breve duetto maschile ispirato al mito del Minotauro, con
musica dal vivo realizzata per batteria elettronica da Federico Bigonzetti. Alla produzione coreografica, che registra un crescente successo nei numerosi spettacoli
dello Junior BdT in importanti teatri italiani, affianca l’insegnamento nella prestigiosa Scuola fiorentina e la conduzione di stages di perfezionamento, su invito di
varie scuole di danza italiane. Nel 2010 crea, ancora per la Compagnia Junior BdT,
Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia... e, in collaborazione con Eugenio Scigliano, ... chi vuol esser lieto sia..., in tournée in prestigiosi teatri italiani, come La
Fonderia di Reggio Emilia, il Ponchielli di Cremona e il Giglio di Lucca. Nel 2011 crea
e dirige un gruppo di ricerca e sperimentazione coreografica, Antitesi Ensemble BdT,
un organico di 10 elementi, selezione di allievi ‘under ‘21’ dei Corsi superiori della
Scuola del Balletto di Toscana, per il quale realizza Brama, con musiche di Cortical
Song, Olafur Arnalds e Murcof. Sempre nel 2011 il duetto maschile Il gioco delle maschere, tratto da Brama, si classifica al primo posto nel concorso “Un weekend in palcoscenico di Pinerolo”, ed è poi in scena al Comunale di Vicenza e al Toniolo di
Mestre. Il gruppo Antitesi ha debuttato con una breve coreografia tratta da Brama
al Teatro Comunale Accademico di Bagni di Lucca, e sarà in scena nell’anno 2012 in
vari eventi e festival e al Teatro di Rifredi di Firenze.
in Woyzeck di Bombana e in Aida di Olivieri. Inoltre prende parte alla produzione di
grandi titoli del repertorio, quali Giselle, Il lago dei cigni, Lo schiaccianoci e Romeo
e Giulietta. Nella stagione 2000 lavora come maestro e assistente alla coreografia al
Teatro San Carlo di Napoli e all’Arena di Verona. Nella stagione 2001 si trasferisce al
Teatro alla Scala di Milano dove danza come solista in coreografie di Balanchine e
Nureyev: con la stessa compagnia prende parte al Ballo Excelsior in tournée all’Opéra
di Parigi, mentre nel 2002 torna a far parte di MaggioDanza diretto da Florence Clerc.
Nel 2004 termina la carriera di danzatore dedicandosi all’insegnamento e alla coreografia. Dal 2005 inizia a collaborare con la Scuola del BallettO di ToscanA come
docente e coreografo dei balletti classici nei corsi di formazione della scuola stessa.
Tra le coreografie più importanti si ricordano: Le quattro stagioni, dai Vespri siciliani
di Verdi; Lo schiaccianoci, La danza delle ore da Gioconda di Amilcare Ponchielli, Dedicato al grande assente, con Andrea Bocelli in concerto su musiche dello stesso Bocelli e L’après-midi d’un faune di Claude Debussy. Per la Compagnia Junior BdT,
commissionato dal Teatro Ponchielli di Cremona, realizza A l’envers su musiche di
Grieg. Inoltre realizza coreografie per i solisti di alcune importanti compagnie tra cui
il Teatro della Scala di Milano, il Teatro dell’Opera di Roma, i Ballets de Montecarlo
e l’AterBalletto.
ALESSANDRO BIGONZETTI
Nato a Roma nel 1970, inizia gli studi presso l’Accademia Nazionale di Danza, per poi
trasferirsi alla scuola del Teatro dell’Opera di Roma, dove si diploma: già come allievo
prende parte ad alcune produzioni del Teatro. Nel 1989 partecipa al IV° Corso di
perfezionamento di Reggio Emilia, lavorando per circa due anni ad alcune produzioni
della compagnia Aterballetto. Nelle stagioni 1991-92 lavora al Teatro dell’Opera di
Roma, diretto da Elisabetta Terabust, interpretando ruoli da solista in balletti di
Petit, Maillot, Bournonville e Prebil. Nel gennaio 1993 entra a far parte del Balletto
di Toscana diretto da Cristina Bozzolini, danzando in balletti di Monteverde, Mauro
Bigonzetti, Sieni, Van Manen, Preljocaji e Gelbert ed esibendosi, con questa formazione, in Italia, Europa, Asia e U.S.A. Nel 1998 entra a far parte di MaggioDanza, lavorando con i direttori Karole Armitage, Davide Bombana ed Elisabetta Terabust e
danzando come solista in Tema e Variazioni di Balanchine e, come primo ballerino,
MICHELE MEROLA
Coreografo e danzatore, dopo il diploma di ballerino classico presso la scuola “Associazione Balletto Classico”, diretta da Liliana Cosi e Marinel Stefanescu, ha approfondito lo studio della danza moderna e contemporanea in Italia e Francia.
Ballerino nelle compagnie Fabulasaltica e Aterballetto e in quelle del Teatro dell’Opera di Tolone e dell’Arena di Verona, è attualmente Direttore Artistico della
MMCompany. Maestro ospite e assistente alla coreografia in spettacoli operistici,
tiene corsi di perfezionamento e laboratori coreografici, oggi coordinati nell’iniziativa Agora Coaching Project, un progetto di perfezionamento alla danza, realizzato
a Reggio Emilia. Ha all’attivo oltre trenta fra coreografie e spettacoli teatrali in Italia e all’estero.
MARGHERITA MANA
Danzatrice di Maggiodanza, ha avuto il privilegio di collaborare con coreografi di
fama mondiale quali: Limón, Tetley, Armitage, Miller e moltissimi altri. Dal 2002
cura, produce, realizza spettacoli e azioni performative con il gruppo di ricerca entità multipla Arbus. Ne sono seguite quattro produzioni (una delle quali commissionata da MaggioDanza, intitolata Rothbart), già rappresentate nei più famosi festivals
off, quali Sant’Arcangelo di Romagna, Roma Europa (Palermo), Short format (Milano), Centro Sociale Link (Bologna) e molti altri. Al termine di questa avventura collettiva, Margherita Mana intraprende un percorso che va verso la divulgazione e le
performances in divenire.
31
SHORT TIME / BIOGRAFIE
SHORT TIME / BIOGRAFIE
PAOLO MOHOVICH
Nasce a Bologna e inizia i suoi studi di danza a Torino con Sara Acquarone, proseguendoli a Cannes con Rosella Hightower, Jose Ferran e Edward Cook. Parallelamente,
oltre a perfezionarsi a Londra (Danceworks), all’Avana (Cuballet) e presso il Corso di
Perfezionamento dell’Ater a Reggio Emilia, compie gli studi universitari alla facoltà
di Architettura del Politecnico di Torino, studi interrotti dalla sua carriera di danzatore. Professionalmente lavora a Madrid con il Ballet de Victor Ullate, a Firenze con
il Balletto di Toscana e di nuovo in Spagna presso il Ballet de Zaragoza. In queste
compagnie affronta lavori di importanti coreografi come Uwe Sholz, William Forsythe, Robert North, Gorge Balanchine, Nacho Duato, Rudi van Dantzig, Hans van
Manen, Mauro Bigonzetti e Fabrizio Monteverde. Nello stesso Ballet de Zaragoza inizia ad interessarsi alla coreografia nel 1994, quando comincia a lavorare con un
gruppo di danzatori, con i quali ottiene i primi successi professionali, come il conseguimento per due volte del 1° premio di coreografia al Prix Volinine di Parigi (1995
e 1997), e l’invito a Festival prestigiosi come “Le Temps d’Aimer” di Biarritz o il Festival d’Autunno di Madrid. Nel 1999 viene invitato alla prima manifestazione di
“Emergences”, una tra le più prestigiose rassegne dedicate ai giovani coreografi europei, organizzata da Pierre Moutarde, direttore del Teatro di St. Quentin en Yvelines di Parigi. Nello stesso anno fonda a Torino il Balletto dell’Esperia, compagnia
stabile che si è consolidata in Italia e all’estero con ampio favore della critica e l’assegnazione del premio “Salerno Danza coreografia italiana” nel 2001 e del Premio
“Danza & Danza Miglior progetto italiano” nel 2010. Paolo Mohovich ha creato fino
ad oggi circa 40 coreografie, principalmente per il Balletto dell’Esperia, ma anche per
la Maximum Dance Company di Miami, il Balletto di Toscana, il Ballet de Zaragoza,
il Centre Coreografic de la Comunitat Valenciana, l’Astra Roma Ballet, il Miami Contemporary Dance Company e il Centro Dramatico de Aragon. I prossimi impegni prevedono lavori con il Ballet d’Europe-Jean Charles Gil e l’IMEE-Houston. Importanti
anche le sue incursioni nell’arte contemporanea, con collaborazioni eccellenti con
autori come Tino Sehagal e Pablo Bronstein (per la Tate Gallery di Londra) e con istituzioni come il Museo d’Arte Contemporanea di Rivoli e la Fondazione Merz di Torino.
Candeloro per “Le stelle del Mediterraneo” sotto la direzione artistica del maestro Carlos Palacios; per “Arte Balletto” di Milena Zullo, nella produzione Lai degli amanti;
con il Piccinni Ballet in Yesterday, coreografia di Mintrone; con Micha van Hooke nell’opera lirica L’Olimpiade. Come coreografo, nel 2003 crea Nodi per l’Astra Roma Ballet di Diana Ferrara e viene invitato dalla Scuola del Teatro dell’Opera di Roma per
realizzare una coreografia per il saggio di fine anno e da Alberto Testa per presentare una sua coreografia al Galà Internazionale di Spoleto. Nel 2004 entra a far parte
della compagnia M.M.Company diretta da Michele Merola e crea Cirano di Bergerac
per l’Astra Roma Ballet; nel 2006 realizza Turris Eburnea, sempre per l’Astra Roma
Ballet e quindi una coreografia per la compagnia KAOS Balletto di Firenze e un solo
per Vincenzo Capezzuto (ballerino di Aterballetto) in occasione del VI Galà di danza
“Ballerini del mondo danzano a Salerno”; nel 2007 crea una coreografia per la Dominic Walsh Dance Theatre di Houston e di nuovo per la compagnia KAOS diretta da
Roberto Sartori, nonché un solo per Fabio Grossi in occasione della XXXVI edizione
del Premio Positano. Nel 2009, ancora per l’Astra Roma Ballet, realizza Life’s but. Attualmente collabora come insegnante con l’Associazione Progetto Danza (Reggio
Emilia) e con il Centro Teatro Danza (Andria-BA). È danzatore e assistente della
M.M.Company diretta da Michele Merola e direttore del corso di perfezionamento per
danzatori Agora Coaching Project.
ENRICO MORELLI
Danzatore e coreografo, inizia lo studio della danza a Barletta. Nel 1999 consegue
il diploma dell’Accademia Nazionale di Danza e frequenta il corso di perfezionamento
per insegnanti. Nel 2001, in occasione del 1° Festival Internazionale di Danza di Bergamo, riceve, in qualità di danzatore, la medaglia d’argento del Presidente della Repubblica, quindi partecipa, con una sua composizione, al concorso internazionale per
coreografi di Caltanissetta Michele Abbate vincendo il primo premio. Dal 2002 al
2010 vince numerosi primi premi, per la coreografia, in prestigiosi concorsi internazionali di danza, fra i quali: il Citta’ di Perugia, il Danza Estate Firenze, il Leonardo,
sempre a Firenze, il Rieti Danza Festival, il Talenti in Palcoscenico a Mesagne (Brindisi), il Baridanza e quello di Longiano. Dal 1997 al 2003 lavora con la Fondazione
Concerti “Niccolò Piccinni” in Francesco, coreografia di Giuseppe Mintrone, con Tony
32
STEFANIA PIGATO
Nata nel 1967 a Thiene, è docente e coreografa di danza contemporanea. Come coreografa vince il Primo Premio per la Coreografia di danza contemporanea in dieci
Concorsi internazionali: presso il Teatro Nuovo di Torino; il Teatro Verdi, il Saschall
e Villa Strozzi di Firenze; il Teatro Vespasiano di Rieti; il Teatro Olimpico di Vicenza
(Premio Sakharoof); il Teatro di Casalecchio di Reno; il Teatro Tibuia di Finale Emilia) e l’Anfiteatro Romano di Fiesole. Dal 1997 al 2007 dirige la Compagnia di Danza
Contemporanea “Segnale.it”, con la quale debutta diverse produzioni in numerosi Festival in Italia e partecipa a prestigiose rassegne in vari teatri italiani. Invitata da
Eugenia Casini Ropa ad elaborare un concetto di coreografia alternativa per spazi urbani e per strutture architettoniche, crea performances coreografiche “Site Specific
Works” per festival internazionali come Danza Urbana Bologna e Pergine Spettacolo
Aperto e per eventi come l’inaugurazione della Fiera Internazionale del Tessuto presso
la Stazione Leopolda di Firenze, la Fiera Cosmoprof di Bologna e il MIDI di Milano.
È invitata al Convegno di danza urbana a Palazzo dei Notai di Bologna per esporre,
come coreografa, il rapporto tra danza e architettura a fianco di E. Satti ed Elisa
Guzzo Vaccarino. È direttrice artistica del Festival Exit di danza e architettura per il
comune di Schio e attualmente è invitata come docente di danza contemporanea all’interno di numerosi stages e corsi di Formazione Professionale per la danza contemporanea presso l’Opus Ballet di Firenze, la scuola estiva Royal Academy of Dance
di Trento e il Progetto Danza di Reggio Emilia.
33
34
SHORT TIME / BIOGRAFIE
SHORT TIME / BIOGRAFIE
ANNALÌ RAINOLDI
Dopo il soggiorno Erasmus a Parigi, all’Université Sorbonne Nouvelle, si dedica alla
ricerca sui linguaggi delle arti performative. Nel 2005 consegue la laurea con lode
in Scienze Umanistiche per la Comunicazione, indirizzo Teatro e Spettacolo, all’Università degli Studi di Milano, esponendo una tesi sulla ricerca del coreografo americano Merce Cunningham. Si diploma inoltre, nel 2007, alla Scuola d’Arte Drammatica
Paolo Grassi di Milano, indirizzo Teatrodanza, sotto la direzione di Marinella Guatterini. Durante gli anni di accademia danza negli spettacoli Aronne e Looking for the
waste land, ideati e diretti da Luciana Melis. Per il Festival Civitanova Danza è interprete nello spettacolo dedicato a Picasso con le coreografie di Susanna Beltrami.
Nel 2007 partecipa alla sezione arte della Biennale di Venezia, esibendosi come danzatrice in La donna carnivora, performance diretta dal regista Beat Kuert: negli stessi
anni ha la possibilità di collaborare e prendere parte a spettacoli diretti da coreografi internazionali quali Lucinda Childs e Emio Greco. Dopo il diploma è accolta
come stagista presso Virgilio Sieni a Firenze e Ariella Vidach a Milano. Nel 2008
entra nell’ensemble della Giovane Compagnia Pierlombardo, diretta da Susanna Beltrami, debuttando l’anno successivo in Kore e Psiche. Prosegue sino al 2010 la collaborazione con la Compagnia Pierlombardo danzando Biometrie di un corpo a pezzi.
Nel 2009 interpreta Guvot per la Compagnia Corpi Mobili diretta da Sabrina Camera
e prende parte ad alcune creazioni del regista Charlie Owens per la Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano. Nel 2010 crea, in collaborazione con Stefania Spadoni, la
compagnia SplitSides, al fine di sperimentare nuove interazioni tra danza e fotografia. Ha all’attivo due produzioni: D-Una e Do they speack to be heard?. Da giugno
2010 entra a far parte del progetto europeo DanceMe, curato da Perypezye Urbane,
debuttando nell’aprile 2011 con En Verlan, performance nata dalla collaborazione
con il musicista Giulio Escalona e la videomaker Isobel Blank. Recentemente costituisce l’Associazione Parti Divise ed entra a far parte di Studio28 DanceFactory la cui
essenza si basa su un approccio di co-progetto e condivisione di una filosofia di
networking, proponendosi di innescare e stimolare una rete creativa di artisti a livello europeo. Attualmente è impegnata come interprete nella Compagnia Naturalis
Labor diretta da Luciano Padovani. Nel dicembre 2011 debutta il Primo Studio di Diataraxia noctuidae (autoproduzione): uno studio sull’essere in un determinato luogo,
tempo, spazio. Il ritratto della maturazione di un’anima catturata all’apice dello
stato di perturbabilità. Un’indagine i cui risvolti sono ancora da approfondire e sono
in piena trasformazione. Dall’anno successivo il diploma continua la sua formazione
in Italia e all’estero dedicandosi anche all’insegnamento della danza classica e contemporanea.
FRANCESCO VENTRIGLIA
Formatosi alla Scuola di Ballo della Scala dove si diploma nel 1997, entra subito a
far parte del Corpo di Ballo del teatro stesso. Nel 1998 debutta come ballerino solista con In the Middle Somewhat Elevated di Forsythe e l’anno successivo Natalia Makarova lo vuole interprete dell’Idolo d’oro nella sua Bayadère. Oltre al repertorio
classico, le sue interpretazioni spaziano da Balanchine ad Ailey, da Neumeier a
Cranko, da Preljocaj a Godani, da Kylián a Béjart. Roland Petit gli affida il ruolo di
Toreador nella sua Carmen e di Quasimodo nel suo Notre Dame de Paris. Con Silvie
Guillem è Hilarion in Giselle al Metropolitan e al Covent Garden. All’attività di interprete affianca quella di coreografo coinvolgendo spesso danzatori della Scala: tra i
suoi lavori ricordiamo La solitudine del gigante, Mandorle e Giallo ‘700 (per la Scuola
di ballo scaligera). Nel 2006 crea tre titoli per Roberto Bolle: La lotta che debutta a
Roma alla Curia del Senato Romano nei Fori Imperiali, il Concerto di Capodanno della
Fenice di Venezia su Rai Uno ed Il mito della Fenice al Teatro Smeraldo di Milano.
Fonda poi la compagnia Eliopoli con la quale presenta, per la prima volta alla Biennale di Venezia 2007, Il mare in catene, un approfondimento sul tema dell’erotismo
e la disabilità. La sua carriera di coreografo prosegue a Verona, dove realizza nel
2007, per l’Arena di Verona, Sogno di una notte di mezza estate e Jago, l’onesta poesia di un inganno con le étoiles Eleonora Abbagnato e Alessandro Riga e il Corpo di
Ballo dell’Arena. Nel 2007 coreografa a Parigi la cerimonia di presentazione per la
candidatura della Città di Milano all’Expo 2015. Nel 2008, su invito di Svetlana Zakharova, ripropone al Bol’šoj di Mosca il Passo a due Black, che l’étoile danza accompagnata da Andrei Merkuriev; subito dopo presenta al Teatro Mariinsky di San
Pietroburgo Contraddizioni, nuova creazione per Ulyana Lopatkina. In quella stessa
occasione è anche interprete di un suo lavoro: Stabat Mater su musica di Pergolesi.
Nel luglio 2008, con la sua compagnia, realizza in co-produzione con il Festival Psa
lo spettacolo Normale, un’indagine sulla normalità della follia all’interno degli spazi
manicomiali dell’ex ospedale psichiatrico di Pergine. Nel 2009, su invito ufficiale del
Teatro Bol’šoj, crea per Svetlana Zakharova e sei primi ballerini della compagnia moscovita Zakharova super game, sperimentazione multimediale che cementa il sodalizio artistico tra il coreografo e la grande danzatrice russa. È ancora con Eliopoli che
debutta con un nuovo titolo, Pietas, sullo Stabat Mater di Pergolesi. Sempre nel 2009
è a New York a riprendere Black per Irina Dvorovenko e Maxim Beloserkovsky dell’American Ballet Theatre. Nel maggio 2010 la sua creazione Immemoria per 40 danzatori, su musiche di Šostakovič, debutta in prima mondiale alla Scala. Nell’ottobre
2010 firma la nuova creazione Sed lux permanet - Transit umbra su musica di Schönberg per il Ballet du Grand Thèâtre de Genève. Ha ricevuto il Premio Gino Tani come
giovane coreografo emergente, il Premio Positano Leonide Massine come promessa
della coreografia italiana e nel dicembre 2010 il Premio Bucchi per Immemoria, quale
miglior spettacolo dell’anno. Dall’ottobre 2010 è Direttore di MaggioDanza.
35
SHORT TIME / MAGGIODANZA
MAGGIODANZA
Direttore Francesco Ventriglia
Assistenti coreografici e Maîtres de Ballet
Maria Pia Di Mauro, Giampiero Galeotti
Étoile ospite residente
Alessandro Riga
Primi ballerini
Gisela Carmona Gálvez
Letizia Giuliani
Damiana Pizzuti
Sabrina Vitangeli
Umberto De Luca
Ballerine soliste
Ilaria Chiaretti
Serena Chiaretti
Silvia Cuomo
Paola Fazioli
Kristina Grigorova
Margherita Mana
Judith Vincent
Paola Vismara
Ballerini solisti
Paolo Arcangeli
Leone Barilli
Duccio Brinati
Cristiano Colangelo
Giampiero Galeotti
Antonio Guadagno
Fabrizio Pezzoni
Pierangelo Preziosa
Ballerine aggiunte
Elena Barsotti
Francesca Bellone
Giorgia Calenda
Zaloa Fabbrini
Daniela Filangeri
Federica Maine
Marta Marigliani
Gaia Mazzeranghi
Linda Messina
Valeria Scalisi
Ballerini aggiunti
Alessandro Cascioli
Michelangelo Chelucci
Vito Lorusso
Zhani Lukaj
Massimo Margaria
Francesco Marzola
Angelo Perfido
Francesco Porcelluzzi
Riccardo Riccio
Michele Satriano
Leonardo Velletri
Segretario organizzativo
Roberto Fabbri
36
Da sinistra, in alto:
Gisela Carmona Gálvez
Letizia Giuliani
Damiana Pizzuti
Sabrina Vitangeli
Umberto De Luca
Alessandro Riga
37
SHORT TIME / MAGGIODANZA
SHORT TIME / COLLABORATORI
MAGGIODANZA
Francesco Novelli, Giovanni Verona (maestri collaboratori al ballo)
Paolo Vanzini (maestro collaboratore alle luci con obbligo di palcoscenico)
Corpo di Ballo del Maggio Musicale Fiorentino, nasce nel 1967 e fin dai primi anni
si impone all’attenzione nazionale e internazionale, trovando un punto di riferimento
in Aurelio M. Milloss. Con l’arrivo di Evgheni Polyakov nel 1978 inizia un’ascesa culminata nella nuova versione dello Schiaccianoci firmato dallo stesso Polyakov, e in
una serie di spettacoli in cui figurano ospiti prestigiosi quali Fonteyn, Plisetskaja,
Makarova, Fracci, Maximova, Terabust, Nureyev, Vassiliev, Baryshnikov, Bortoluzzi,
Godunov. Nel 1988 assume il nome di MaggioDanza. Da quel momento, oltre a diverse creazioni di Polyakov e alle novità di celebri coreografi, la formazione presenta grandi titoli classici e novecenteschi. Dal 1996 al 1998, Direttore della
compagnia è Karole Armitage, della quale MaggioDanza interpreta The Predators’
Ball, riproposto successivamente a New York, Apollo e Dafne con allestimento di
James Ivory, e Pinocchio con costumi di Jean-Paul Gaultier. Dal 1998 al 2003 alla direzione della formazione fiorentina si succedono Davide Bombana, Frédéric Olivieri,
Elisabetta Terabust, Florence Clerc, Giorgio Mancini e Vladimir Derevianko. Il repertorio di MaggioDanza comprende lavori dei più celebri coreografi novecenteschi, fra
i quali Cunningham, Forsythe, Petronio, Cranko, van Manen, van Danzig, Taylor, Bombana, Neumeier, Balanchine, Uotinen, Limón, Parsons, Miller, Duato, Childs e Montero. Nel giugno 2009 la Compagnia vince il premio “Danza&Danza 2008” per La
Bella addormentata di Goyo Montero, quale “migliore produzione italiana dell’anno”.
Dall’ottobre 2010 è Direttore Francesco Ventriglia, che inizia ad arricchire il repertorio della compagnia con importanti autori del panorama internazionale della danza
contemporanea quali Angelin Preljocaj e Andonis Foniadakis, oltre a proporre titoli
di sua creazione quali Sogno di una notte di mezza estate, Stabat Mater, Pinocchio e
The Genesis Tribute accolti con grande favore da pubblico e critica. Ventriglia crede
nell’eccellenza dei suoi danzatori e intende presentare, attraverso una scelta di collaborazioni con creatori di altissimo livello, opere rivolte sia a un pubblico alle prime
esperienze con il mondo del balletto che agli appassionati più esigenti.
40
Marco Zane (direttore di produzione)
Silvano Ghisolfi (direzione di scena)
Franco Venturi (responsabile del servizio di scenografia e del reparto laboratori
di costruzioni)
Roberta Lazzeri (assistente tecnico dell’allestimento)
Roberto Cosi (capo reparto costruzioni)
Adnan Alzubadi (scenografo realizzatore)
Marco Raspanti, Mauro Mariti (capi reparto macchinisti)
Gianni Paolo Mirenda, Luciano Roticiani (capi reparto elettricisti - assistenti datore
luci)
Gianni Pagliai (capo reparto elettricisti)
Silvio Brambilla (capo reparto fonica)
Francesco Cipriani (capo reparto attrezzeria e calzoleria)
Gianna Poli (capo reparto sartoria)
Lucia Pazzagli (capo reparto trucco e parrucche)
Scene
Laboratorio Scenografico del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Costumi
Sartoria del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Attrezzerie
Reparto attrezzeria del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
41
SOSTIENI IL TEATRO
SOSTIENI IL TEATRO
Il Teatro ringrazia per il 2011 / The Theatre is grateful to
Soci benemeriti | Benefactors
Donatori | Contributors
Corporate Supporters
Pitti Immagine
Sace
Soci donatori
Ferruccio Balducci
Sandra Belluomini Sabatini
John Treacy Beyer
Alberto Bianchi
Romano Donnini
Elisabetta Fabri
Vieri Fiori
Giovanna Folonari Cornaro
Antonella Giachetti
Giovanni Gentile
Lionardo Ginori Lisci
Francesco Micheli
Lorenzo Pinzauti
Cristina Pucci
Mario Razzanelli
Gianni Ristori
Piero Luigi Siliani
Cinzia Scanu
42
Luigi Andronio
Paolo Asso
Silvia Asso Bufalini
Mirella Barucci Barone
Mario Bigazzi
Armando Bonechi
Carla Borchi
Riccardo Bordoni
Serafino Brunelli
Philippa Calnan
Silvia Camici Grossi
Carlo Cangioli
Anna Cardini Marino
Laetitia Carrega d'Ormesson
Massimo Cavallina
Alessandro Cecchi
Larisa Chevtchouk Colzi
Carla Ciulli
Maria Teresa Colonna
Patrizia Colzi
Armando Conti
Rossano Contini
Renza Curti
Marco Del Panta Ridolfi
Antonio Della Valle
Marco e Allegra Fichi
Ambrogio Folonari
Piera Fontana
Franca Forconi
Laura Fossi
Giovanni Franciolini
Cristiana Frescobaldi Bargagli
Diletta Frescobaldi
Sepp Harald Fuchs
Antonino Fucile
Emanuela Fumagalli
Raoul Giannelli
Shlomo e Rita Gimel
Giuseppe Guarducci
Donald Leone
Madeleine Leone
Bernard and Phillis Leventhal
Massimo l’Hermite de Nordis
Alessandra Manzo Casini
Anna Marchi Mazzini
Giacinta Masi
Piero Mocali
Fabrizio Moretti
Livia Pansolli Montel
Alberto Pecci
Rosanna Pestelli
Ginevra Pilo Boyl
Mario Primicerio
Maria Vittoria Rimbotti
Ildegarde Roccabianca
Presidente Rotary Club Firenze
Silvano Rotoli
Silvano Sanesi
Enrico Santarelli
Sarah Lawrence College
Vittorio Sassorossi
Alfonso Scarpa
Aldo Speirani
Guido Tadini Boninsegni
Lidia Taverna Calamari
Maria Adelaide Tettamanti Bianchini
Ala Torrigiani Malaspina
Clotilde Trentinaglia Corsini
Raffaele Tresca
Paolo Zuffanelli
Soci | Associates
Niccolò Balducci
Linda Balducci
Enrico Bartolommei
Marco Castagnoli
Margherita Dolfi
Gaia Dolfi
Michele Fezzi
Clarissa Fraschetti
Giuditta Gallucci
Allegra Giudici
Lapo Gondi
Helmut Graf
Valentina Martelli
Dario Shikhmiri
43
L’Associazione
Amici del Teatro del Maggio
Musicale Fiorentino
è presente dal 1987
PER IL TEATRO
E PER LA CITTÀ
con un intenso programma
di iniziative e la pubblicazione
del periodico
distribuito gratuitamente
nelle serate inaugurali
delle stagioni del Teatro
Gli Amici del Teatro
del Maggio Musicale Fiorentino
sono membri della
e di
Sede e Segreteria
Via degli Alfani, 49
50121 Firenze
Tel. 055 290838
Fax 055 280517
www.amicidelmaggio.it
[email protected]
44
Federazione Europea
delle Associazioni e Fondazioni
che sostengono gli Enti Lirici
SINFONIA N.1
DI JOHANNES BRAHMS
KONCERTHUSET DI COPENHAGEN
CONCERTO
MARZO 2012
SOLO SU CLASSICA TV
ABBONATI A CLASSICA, IL CANALE TELEVISIVO DEDICATO ALLA GRANDE
MUSICA. AVRAI 24 ORE AL GIORNO DI:
‡ concerti sinfonici
‡ opere liriche
‡ danza classica e moderna
‡ musica da camera
‡ documentari
‡ musica contemporanea
‡ ¿OP PXVLFDO
‡ jazz
LA GRANDE MUSICA SUL PICCOLO SCHERMO
www.classica.tv
STAGIO
N
E
201 2
IL VIA
G
ANNA GIO A REI
MS
B
DER R OLENA
O
LA TR SENKAVA
LIER
A
TURA VIATA
N
IL LAG DOT
O DEI
IL MA
GO D CIGNI
I OZ
MEHT
A
OZAW
A
MATH
E
LUPU UZ
..
.
ET
ANTO
ALTR
O!
IO VA
DO A
LL’OP
ERA
COLOPHON
Redazione a cura di Franco Manfriani
con la collaborazione di Giovanni Vitali
Progetto grafico Dorado Communications
Impaginazione Luciano Toni - Studio Zack! Firenze
Le foto di MaggioDanza sono di Gianluca Moggi - New Press Photo, Firenze;
le foto in copertina e a pagina 28 sono di Chiara Capanni.
Coordinamento editoriale Giunti Editore S.p.A.
© 2012 Teatro del Maggio Musicale Fiorentino - Fondazione
Prima edizione: marzo 2012
Ristampa
6 5 4 3 2 1 0
Anno
2015 2014 2013 2012
Stampato presso Giunti Industrie Grafiche S.p.A.
Stabilimento di Prato