PROSA
OPERETTA
Altre musiche, altre storie
Non si può dimenticare, alla ricerca di interpretazioni originali di Romeoe
Giulietta ai giorni nostri, quella del coreografo più noto e ammirato dallle
grandi platee nel secolo scorso, Maurice Béjart, ideata sulla musica di
Héctor Berlioz nel 1966, presentendo l’imminente rivoluzione giovanile del
’68. Al Cirque Royal di Bruxelles con i ragazzi in jeans del suo Ballet du
Xxeme Siècle mise in scena un “balletto nel balletto” con i conflitti e le
seduzioni che esplodono durante una normale giornata di prove per una
grande compagnia: “fate l’amore, non la guerra” era il sottotesto-messaggio. La danza compone i contrasti, è armonia, è felicità.
Diversamente dalla politica e dalla società. Prima di lui, già nel 1926, Bronislava Nijinska, la sorella di Vaslav Nijinsky, a Montecarlo, per i Divi dei
Ballets Russes Tamara Karsavina e Serge Lifar aveva avuto la stessa idea,
salvo che i protagonisti lasciavano la compagnia durante le prove per fuggire in aereo vestiti da aviatori.
Elisa Guzzo Vaccarino
MUSICA
DANZA
via Trento, 4 - Udine
Tel.: 0432 248411
[email protected]
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LIRICA
CROSSOVER
SIPARI FURLAN
TEATRO BAMBINI
TEATRO GIOVANI
TEATRO &
STAGIONE 2009/2010
28 - 31 ottobre ore 20.45
Teatro Stabile di Calabria
IL GIUOCO DELLE PARTI
di Luigi Pirandello
con Geppy Gleijeses, Marianella Bargilli, Leandro Amato
regia di Elisabetta Courir
martedì 3 novembre ore 20.45 TEATRO&
Civica Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe”
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
di William Shakespeare
regia di Claudio de Maglio
e Giuliano Bonanni
con gli allievi che hanno concluso il 2° e il 3° anno di corso
musiche di Felix Mendelssohn eseguite dall’Ensemble Schikaneder
giovedì 5 novembre ore 20.45
Peri30annidallafondazionedell’AccademiadiStudiPianistici“AntonioRicci”
GRIGORY SOKOLOV pianoforte
Schubert Sonatainremaggioreop.53
Schumann Sonatainlaminoreop.14“Concertsansorchestre”
sabato 7 novembre ore 20.45 CROSSOVER
Compagnia BabyGang
D’ORA IN POI
come sarebbe se fosse diverso?
drammaturgia e regia di Carolina De La Calle Casanova
con PAOLO ROSSI
11 - 14 novembre ore 20.45
domenica 15 novembre ore 16.00
Il Rossetti - Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
TO BE OR NOT TO BE
di Maria Letizia Compatangelo
dal soggetto di Melchior Lengyel
con Giuseppe Pambieri e Daniela Mazzucato
regia di Antonio Calenda
mercoledì 18 novembre ore 20.45
OLA RUDNER direttore
ILYA GRINGOLTS violino
ORCHESTRA MITTELEUROPEA
Brahms Concertoperviolinoeorchestraop.77
Beethoven Sinfonian.5op.67
Prevendite:
lunedì 26 ottobre prevendita per gli spettacoli di novembre
Biglietteria on line:
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www.vivaticket.it
print: La Tipografica srl ph: GTG / Magali Dougados
Non c’è bisogno delle spade perché lo si capisca. Un velo bianco copre
Giulietta, promessa sposa segreta di Romeo, ormai irrimediabilmente presa di lui, e viceversa. Si giurano amore davanti al cielo, senza ministri di Dio
come intermediari, avvolgendosi l’uno all’altra.
Un corpo a corpo ben diverso da quello di Romeo che sarà costretto, suo
malgrado, a uccidere Tebaldo, a mani nude, in una sorta di lotta grecoromana. Caronte-la morte, nera ombra, riceve il cadavere, mentre Romeo,
solitario e dolente, presente la tragicità del suo amore impossibile, tra tanto
sangue. Giulietta ora, ritrovando Romeo, è agitata da una nuova consapevolezza del male che li circonda e li condiziona. C’è rimprovero, disperazione, separatezza anche, ma comunque amore invincibile, in questo nuovo
passo a due, dell’innocenza perduta. La fragilità di un amore vietato si
traduce in resistenza, a ogni ostacolo, familiare e sociale.
L’architettura a nastro della passerella per gli Inferi si spacca in tre parti:
la tomba di famiglia. Giulietta e le ragazze vibrano al suono degli archi,
fin nelle viscere. A Giulietta basta il dolore, profondo, per perdere i sensi. I portantini la adagiano sulle loro alte aste, intrecciate e trasformate in
letto funebre. Ed ecco Romeo, che sopraggiunge, e la trova rannicchiata,
raggelata, esanime, abbattuta dalla troppa pena. A nulla gli vale tentare di
rianimarla, risollevarla, riportarla a camminare e a vivere. Giulietta scivola
di continuo e cade senza più forze. Lei lo chiama a sé dall’al di là, ormai,
tra le anime dei defunti, di nero vestite. E infine sia Giulietta sia Romeo,
abbattuti, si accovacciano sui talloni, come statue di sale, uguali, nella
stessa postura. Come è chiaro dalla descrizione, non ci sono genitori, non
c’è il frate, non ci sono boccette di veleno né pugnali. E non c’è accenno
al Rinascimento italiano. RomeoeGiulietta diventa un racconto astratto,
archetipo, attuale. Anzi, senza tempo.
Studio Patrizia Novajra
ineludibile dell’opera: la lotta tra l’amore e la morte. E lavorando poi nel
tracciato della vicenda, a modo suo, d’impatto, sulla coreografia, ma anche
sul progetto dei costumi, essenziali nelle tinte e nelle forme.
Sul vento e sul mormorio, in una scena vuota, salvo la passerella arrotondata di fondo, una rampa, un promontorio, il regno del traghettatore
Caronte-la morte, munito di un’alta picca, tutto inizia dalla fine in questa
arena senza dove: i due amanti, chiari, luminosi, sono riportati di peso in
questo nostro mondo, alla vita e alla danza, da altri giovani come loro, ma
abbigliati di scuro, piccola folla di
coetanei soccorrevoli. Tanti amici
che li fanno riavvicinare guidandone i passi e i contatti. Ma ecco
che, sull’esplodere della musica
di Prokof’ev, il gruppo si divide in
due parti distinte, che vorrebbero
impedire ai giovani innamorati di
avvicinarsi, riprendendo così il racconto dall’inizio, dalla rivalità delle
fazioni.
Sul tema ultrafamoso della danza
dei cuscini si sviluppa in seguito
una ridda per coppie nel tipico
linguaggio spigoloso ed energico della danza contemporanea.
L’emozionalità è tradotta nel gesto, senza ricorrere a elementi narrativi
espliciti. Del resto non ce n’è bisogno: la storia è nota a tutti.
Ed ecco un solo per Giulietta, tenera adolescente, agitata nel corpo e
nell’anima dal desiderio d’amore, in attesa di conoscere a chi dedicarlo:
sul suo Leitmotiv musicale si affida al destino, all’ignoto, a occhi chiusi.
Intorno a Giulietta incalza un’aria di festa, con tocchi di colore nei costumi,
ma tesa, pronta all’eros, e Romeo-il nemico di famiglia insinua il suo appeal
nel cuore della fanciulla, che è in preda a una sua lucida follia ragionata,
tutta tesa al dono generoso di sé, abbandonandosi alle braccia dell’amato,
nonostante la vigilanza del fratello di lei, Tebaldo, rude e severo controllore,
in lunga gonna cerimoniale.
Il palcoscenico è volentieri invaso da onde veloci e potenti di movimento
collettivo, con slanci e lift, il cui disegno ritorna, riconoscibile, spesso tondeggiante, con braccia lanciate e corse a pieno fiato. Il balcone del famoso monologo di Shakespeare è una scala di corpi umani su cui Giulietta
si inerpica per andare dal suo Romeo, senza esitazioni, senza paura, in
un incontro di sentimenti e di pulsioni respirate schiettamente nel viluppo
degli abbracci morbidi, a terra, in alto, riempiendo tutto lo spazio.
Gli amici-servi di scena la portano poi via su un camminamento segnato
da lunghe aste. La coesione dell’ensemble, in robusti unisoni, fa costantemente contrasto con la “trasgressione” lacerante di Giulietta e del suo Romeo, lasciando riconoscere in controluce episodi ben noti come il conflitto
tra Tebaldo e l’ardito Mercuzio, che ha la peggio, colpito a morte.
martedì 27 ottobre 2009 - ore 20.24
Ballet du Grand Théâtre de Genève
ROMEO e GIULIETTA
Ballet du Grand Théâtre de Genève
Dalla nouvelle danse al repertorio
Romeo e Giulietta: le edizioni di tradizione
Romeo e Giulietta secondo Joëlle Bouvier
ROMEO E GIULIETTA
Chi ha memoria storica dell’età dell’oro della nouvelle danse francese — gli
anni Ottanta del secolo scorso — non dimentica la bellezza, la passionalità,
l’impeto di una coppia top, la bionda, sensuale, Joëlle Bouvier e il bruno,
focoso, Régis Obadia, condirettori, coreografi, danzatori della compagnia
L’Esquisse. Quando si videro i loro primi pezzi importanti, come
Le Royaume millénaire e Derrière le mur, si ebbe chiara la sensazione
che era nato un nuovo modo di costruire spettacoli di danza, allusivi, colti,
ispirati, carichi di pathos e ricchi di racconti segreti.
Una coppia innamorata, Joëlle e Régis, come Romeo e Giulietta, che poi
però si sciolse lasciando ognuno dei due libero di riavviare la sua carriera
creativa, sulla scorta di una fama consegnata anche a splendide produzioni di videodanza, arte allora pionieristica, come L’etreinte e La chambre
(1988), in un elegantissimo bianco e nero, tra sussurri e brividi, terra e
acqua, ralenti e rincorse.
Insieme Bouvier e Obadia hanno diretto grandi istituzioni coreografiche
francesi, come il Centre National de Danse Contemporaine du Havre, dal
1986 al 1992, e poi il Centre National de Danse Contemporaine d’Angers,
luogo di formazione deputato di tanta nouvelle danse di primo piano oltralpe, dal 1993 al 2003. Forti di tante preziose esperienze, i due danz-autori
si sono di qui in avanti arditamente dedicati ai grandi temi della cultura
occidentale. Lui, Régis, nel 2005 ha messo in scena un suo Sacre du
Printemps, e Reversibilité, pensando alle Fleurs du mal di Baudelaire, a
cui hanno fatto seguito Trois, ispirato a La morte e la fanciulla di Schubert
(2006) e Cantique, rileggendo i canti di Salomone (2008).
Lei, Joëlle, dopo alcuni lavori in proprio, con alti riferimenti a personaggi
storici e a classici della letteratura, come Jeanne d’Arc nel 2003 e La Divine Comédie nel 2006, entrambi per il Ballet de Lorraine, e poi Le Voyage
d’Orphée nel 2004, è approdata ora a una creazione importante, un remake
di grande repertorio ballettistico, firmando un suo Romeo e Giulietta per
una compagnia di balletto contemporaneo titolatissima, quella del Grand
Théâtre de Genève, diretta da Philippe Cohen e quanto mai duttile, poiché
vanta nel suo carnet brani di autori contemporanei di spicco, come Saburo
Teshigawara, Sidi Larbi Cherkaoui, Jiri Kylián, Jean-Christophe Maillot, Michel Kelemenis. Dunque si tratta di una troupe di ballerini pronti a misurarsi
con lo stile della Bouvier, carico di tensioni e di umori, tondo e spigoloso
insieme, ben marcato nelle linee e appassionato nelle sfumature.
Proprio tanta intensità di temperamento ha procurato a Joëlle Bouvier una
commissione che la chiama ora a battersi sul terreno della tragedia dell’amore più famosa, quel Romeo e Giulietta che William Shakespeare ha
regalato al teatro, all’opera, alla musica e alla danza, imperituramente.
È d’obbligo riferire i precedenti. Romeo e Giulietta, come balletto classico
del secolo scorso, modellato sui titoli del grande repertorio ottocentesco a
serata intera, ma moderno nella concezione musicale, di Sergej Prokof’ev,
calda ed emozionante nelle coloriture, ha la sua redazione di riferimento
nella coreografia di Leonid Lavrovsky per il Kirov di Leningrado, che debuttò nel 1940 con la coppia Galina Ulanova-Konstantin Sergeyev.
Da allora sono andate in scena anche altre edizioni fortunate, soprattutto di
fonte russa e britannica, sempre sulla falsariga di un trattamento fedele al
tracciato che Shakespeare disegnò magistralmente nel Cinquecento.
Nel secondo Novecento Romeo e Giulietta ha trovato ben presto il favore del pubblico in una manciata di coreografie “dominanti” in Occidente,
disegnate a tutta serata e su un impianto canonico, trasponendo cioè fedelmente il teatro in danza con un taglio drammaturgico che fonde nel
movimento danza pura e racconto.
Hanno dato la loro lettura di Romeo e Giulietta soprattutto gli inglesi o gli
ospiti in terra inglese: Frederick Ashton, nume tutelare del balletto di Sua
Maestà, a Copenhagen nel 1955, e in seguito Kenneth MacMillan dieci
anni dopo, per Margot Fonteyn in duo con il “tartaro volante” Rudolf Nureyev, che poi — nel 1977 — sulla scorta del fondamentale saggio Shakespeare, nostro contemporaneo del polacco Jan Kott, ha tratteggiato una
sua coreografia accesa e violenta per l’allora London Festival, oggi English
National Ballet. Romeo e Giulietta, con ogni evidenza, offriva tutti gli spunti
del caso alla mano “sentimentale” di MacMillan, che ne ha curato una regia
coreutica sulla misura della sua spiritualità inquieta e incline a “compatire”
e condividere il lato tragico dell’esistenza con i suoi personaggi-persone
recitanti-danzanti.
L’edizione di McMillan, valendosi nel tempo di interpreti efficacissime,
come Alessandra Ferri, l’ha spuntata su quella dell’eterno rivale Ashton,
spalla a spalla nella gara verso l’affermazione planetaria con il Romeo e
Giulietta di John Cranko, che risale al 1958, anno del debutto a Venezia
con la compagnia della Scala, protagonista una Carla Fracci giovanissima,
appena nominata étoile, accanto a Mario Pistoni.
Cranko ha allestito una versione caratterizzata da uno spiccatissimo istinto
per la scorrevolezza del racconto, da un piacere manifesto per le scene
d’insieme e da un grande dinamismo negli a soli, specie maschili — memorabili quelli per Mercuzio e Tebaldo — senza trascurare l’afflato romantico
nei pas de deux, tutto questo in una versione fatta per interpreti-attori,
come sono stati poi anche, nella ripresa per il suo Balletto di Stoccarda, la
brasiliana Marcia Haydée, allora venticinquenne, e Richard Cragun, ardente e bellissimo Romeo americano di 18 anni.
Non è raro che i giovani autori di oggi ridisegnino, a modo loro, il dramma
dell’amore senza speranze, destinato alla sconfitta su questa terra, ma eterno e perfetto oltre la morte. Il dramma dei ragazzi veronesi, irresistibilmente
attratti l’uno verso l’altro nonostante l’inimicizia delle loro famiglie, Montecchi e i Capuleti, continua a nutrire la creatività dei coreografi contemporanei, che reinventano l’ambientazione e la gestualità, ma conservano con
cura il nocciolo duro
della storia: Giulietta e
Romeo si innamorano
e niente potrà impedirlo, né i doveri né i lutti
né i divieti. E neppure
la morte. Una traccia
meravigliosa e terribile,
pronta per incontrare
la fame di grandi sentimenti che artisti e pubblico condividono nel
gioco affascinante del
teatro, più vivo della
vita.
Tra le versioni più recenti, alla svolta del nuovo millennio, ce ne sono alcune
ben riuscite, che hanno ottenuto un lusinghiero successo: basta pensare
a quella di Angelin Preljocaj per il Lyon Opéra Ballet nel décor stile fumetti per adulti di Enki Bilal, trasposta in un paese autoritario est-europeo
(1990), a quella moderna ed essenziale di Jean-Christophe Maillot per
il Ballets de Monte-Carlo con una Madonna Capuleti molto dark (1996)
e a quella di Mauro Bigonzetti per l’Aterballetto (2006), che moltiplica la
coppia principale tra caschi da motociclisti e tute di cuoio “al gusto di
oggi” nell’impianto scultoreo-video di Fabrizio Plessi, senza dimenticare
il remake di Fabrizio Monteverde del 1989 per il Balletto di Toscana, con
l’inversione dei nomi del titolo, diventato cioè Giulietta e Romeo, in quanto
vicenda sanguigna dove le matriarche dominano in un mood da cinema
neorealista del dopoguerra italiano.
Ora tocca a Joëlle Bouvier accettare la sfida affrontando ancora una volta
Romeo e Giulietta: è sufficiente questa “e” tra i nomi degli innamorati più
famosi della terra per rimandare a un’unione totale che il destino crudele
non permetterà, mentre la storia di questa passione deflagrante invece non
avrà mai termine, finché l’umanità non si estingua. Una storia declinabile in
modi sempre nuovi. La Bouvier limando l’azione fino a una durata contenuta, di un’ora e un quarto, ha scelto di reimpostare la coreografia sulle tre
suite per orchestra ricavate dalla partitura completa, dallo stesso Sergej
Prokof’ev nel 1938 e nel 1944, arricchite di rumori naturali.
Ha messo mano, dunque, a questo caposaldo ballettistico, asciugandolo
fino all’ossatura con tocco lirico e arioso e fissando l’attenzione sul tema
musiche di Sergej Prokof’ev
coreografia di Joëlle Bouvier
scene di Rémi Nicolas e Jacqueline Bosson
luci di Rémi Nicolas
costumi di Philippe Combeau
Giulietta
Madeline Wong
Romeo
Damiano Artale
Tebaldo
Loris Bonani
Mercuzio
Ilias Ziragachi
L’ombra funesta Grant Aris
Corpo di ballo del Ballet du Grand Théâtre de Genève
Ballet du Grand Théâtre de Genève
Direttore Generale Tobias Richter
Direttore del Ballet Philippe Cohen
Vice direttore del Ballet, direttore di scena Vitorio Casarin
Coordinatore amministrativo Emilie Comte
Maîtres de ballet Susanna Campo, Grant Aris
Pianista Serafima Demianova
Direzione tecnica Philippe Duvauchelle
Luci William Ballerio
Macchinista Mansour Walter
Fonico Charles Mugel
Sarta Julie Delieutraz
La compagnia
Fernanda Barbosa, Hélène Bourbeillon, Yukari Kami,
Alma Munteanu, Yu Otagaki, Violaine Roth, Isabelle Schramm,
Sarawanee Tanatanit, Madeline Wong, Yanni Yin.
Joseph Aitken, Grant Aris, Damiano Artale Gregory Batardon,
Luc Benard, Loris Bonani, Giuseppe Bucci, Prince Credell,
Grégory Deltenre, André Hamelin, Nathanaël Marie, Ilias Ziragachi
Partner del Ballet du Grand Théâtre: UBS