Stagione Teatrale

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47500 ARRIVATA A FRANCA
“LA VITA”
Alcatraz 8 agosto 2004
Una luna esagerata.
Settembre.
Da fuori viene un’aria ancora tiepida. Guardo il
cielo e le sue stelle. Tante e non mi danno nulla.
Il giorno è lontano.
Non ho sonno. Gli occhi mi bruciano, ma non ho
sonno. Sono rientrata da poco. Ho recitato un
po’ distratta, col pensiero in questra cameretta.
Mi appoggio meglio alla poltrona.
Ho posato in grembo il detergente per lo strucco.
I clinex.
Me lo passo sul viso, con sospiri lunghi. Di
quelli che ti sconquassano l’anima.
Non avrei voluto mai vivere questo momento.
La guardo. Lei è lì che sta faticando a morire.
Un rantolo costante da giorni ci segue in ogni
stanza.
La sua mano che tengo più che posso nella mia,
è tiepida, se non fosse per quel respiro strozzato
che le esce e le labbra spaccate per l’arsura,
potrebbe sembrare una bellissima anziana
signora addormentata.
“Sì, mamma, ora te le inumidisco” – mi viene
normale parlale come mi sentisse. Da una tazza
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prendo la garza intinta nell’acqua, delicatamente
gliela passo sulle labbra. Sulle gengive. Qualche
goccia sulla lingua. Mi sembra che ne succhi un
po. Chissà.
“Sono qui, mamma. Sono qui, dammi la mano”.
La casa dorme. Anche l’infermiera della notte,
riposa.
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In questi lunghi solitari silenziosi momenti, il
pensiero fa salti qua e là nella nostra vita. Penso
sia una cosa normale: come tirare le somme,
mettere in fila i ricordi. Il passato ti viene
davanti a saltelloni, il bello e il brutto, sorridi e ti
rattristi in un attimo… tutto è così veloce.
“Che ragazzina generosa la Sgarbina, figlia del
nostro droghiere… quando andavamo da lei
subito si metteva una caramella in bocca, la
succhiava un po’, poi che la regalava.”
Mi vedo la scena con un sorriso. Che m’è venuto
in mente?
La mia famiglia.
Non ho conosciuto nessun nonno e da piccola
invidiavo le bambine che li avevano.
Cerco di immaginare mia madre tra i suoi. Il
padre ingegnere del comune di Bobbio, o forse
solo geometra, la madre casalinga. Undici figli:
sette femmine quattro maschi. Poveri come
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l’acqua, dignitosi, di una certa classe sociale,
con troppe bocche da sfamare e da far studiare.
Maschi e femmine non potevano mai uscire tutti
insieme: mancavano le scarpe.
L’Emilia, la mia mamma, a 17 anni diventa
maestra. Per quei tempi era già tanto. La
mandano a insegnare in una scuola sperduta in
montagna. Viene ospitata da un cugino prete,
giovane, grasso e gentile. Il povero pretino si
innamora perdutamente di lei. Per quanto
cercasse aiuto nel Signore un bel momento,
bruttissimo per la giovane cattolica-ferventepraticante-Emilia, le palesa il suo perdimento. Si
vuole spretare e tenta pure di baciarla. Vola un
ceffone sul facciotto pallido dell’impunito e
quasi
soffocando
per
l’indignazione,
l’integerrima maestrina, se ne torna a casa a
piedi, che era già scuro.
E c’era pure la neve.
Quanto fervore nella tua voce, quanta
indignazione, mamma. Dopo tanti anni è sempre
come fosse ieri, nella tua testa, indelebile.
Fotografia mai ingiallita.
Credo sia stato l’unico momento “vergognoso”
come lei lo definisce, della sua vita. “Ma
mamma, quel povero pretino, in quel paesino
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sperduto in momtagna… potevi anche darglielo
un bacino…” le dicevo ridendo. “Mai. Si
vergogni!” Chissà da quanto è morto.
“All’inferno! Sarà certamente all’inferno!” A 85
anni, e non era la prima volta a Cesenatico,
chiede di confessarsi. Dario, in bicicletta va a
chiamare il prete. Lo vedevamo tutte le estati,
sempre a confessare mammà. Aperto,
intelligente, un buon cristiano. Li lasciavamo
soli. Parlottavano per una mezz’oretta. Lei,
seduta, compunta, seria, con gli occhi bassi
come bruciasse ancora di vergogna per tanta
offesa. Lui, con la bocca piena di biscotti, la
rincuorava.
Li
spiavo
dalla
finestra
sciogliendomi di tenerezza.
Quando usciva gli chiedevo: “Ha vistio che
peccati tremendi ha fatto la mia mamma? E’
sempre quello eh… il povero pretino… e il
ceffone…” Lui se ne andava ridendo intascando
l’offerta per la chiesa. In bicicletta.
Di mio padre si innamora poco dopo la storia del
pretino.
Me la immagino. La vedo giovane, bellissima. E
quando dico bellissima voglio proprio dire
"bellissima", senza alcun aiuto. (Nessuno di noi,
quattro figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato
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a tanta autentica beltà).
Arriva il principe azzurro.
Mio padre Domenico Rame: "marionettista
girovago" con il suo carro, il fratello Tommaso,
la sorella Stella, il padre Pio, grande estimatore
di Garibaldi tanto da portare una barba come la
sua. L'unico ritratto in nostro possesso lo
raffigura vestito e somigliante all'eroe! A quel
tempo, in un paesotto (ora cittadina) come
Bobbio, l’arrivo delle marionette
dovevav
essere certamente un evento.
Si conoscono a carnevale ad un gran ballo, le
sette sorelle Baldini con costumi d’epoca cuciti
da loro stesse, folgoravano, sotto lo sguardo
attento di tutta la famiglia, i maschi presenti.
Lui… il mio papà… “Era bellissimo! Aveva un
costume azzurro… M’ha invitato a ballare sette
volte. E mi stringeva anche!” cinguettava mia
madre illuminata dal ricordo e per nulla
imbarazzata da tanto ardire.
Fulminati.
Lui, finita la stagione in quel di Bobbio, se ne
va. Lei sicuramente piange.
Dopo un anno di lettere d’amore il Domenico
torna. Si sposano con grande scandalo della
famiglia e del paese. E sì, perché tutte le altre
sorelle erano fidanzate con tipi ben piazzati, il
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professore, il giudice, il direttore di banca. Lei
no: il marionettista, col suo carro e senza fissa
dimora. Altro che scandalo.
Bellissima, giovane, innamorata, cerca con tutte
le sue forze di adeguarsi alla nuova vita, tanto
diversa da quella che aveva condotto sino a quel
giorno. Aiuta la famiglia come può. Non sa
manovrare le marionette, ma si ingegna a cucire
vestiti, e rinnnova tutto il guardaroba dei
pupazzi di legno. A pensarci pare una favola.
E’ molto orgogliosa di quello che fa. Più avanti,
dirà qualche battuta.
Con l'avvento del cinema (1920) i fratelli Rame
intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà
presto messo in crisi, schiacciato da questo
nuovo magico mezzo di spettacolo. Decidono un
cambiamento radicale (con grande dolore del
nonno Pio): “Reciteremo noi i nostri spettacoli,
entreremo in scena noi, al posto
delle
marionette". Così mio padre con l’Emilia, la zia
Stella, lo zio Tommaso con la moglie Maria
(nuova recluta della compagnia), si sostituiscono
ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture, tre
delle quali sono esposte al Museo della Scala di
Milano. Debuttano nel teatro di" persona",
recitano loro stessi
i testi, i personaggi che
avevano fino allora interpretato muovendo e
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doppiando le marionette, e lei, la mia mamma,
diventa la prima attrice. Un'attrice che di giorno
tirava su i figli, li aiutava a studiare, si occupava
della casa, e come una più che provetta
casalinga (a tutti gli effetti) teneva
l'amministrazione della compagnia come fosse
quella di un normale menage familiare. E alla
sera, via!… e Giulietta e Tosca, e la Suora
Bianca dei “Figli di nessuno”, e la Fantina dei
“Miserabili”, tutti ruoli che via via, abbiamo
interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e
Lucia. Mi vedo a percorrere l'apprendistato dei
teatranti interpretando tutti i ruoli che crescendo
erano adatti alla mia età, maschili o femminili
che fossero.
Il vantaggio della compagnia di mio padre
rispetto alle altre compagnie di giro, (così si
chiamavano le piccole compagnie di provincia)
era l'invenzione di impiegare tutti i trucchi
scenici del teatro fantastico delle marionette, nel
"teatro di persona": montagne che si spaccano in
quattro a vista, palazzi che crollano, un treno
che appare piccolissimo lassù, nella montagna e
che man mano che scende s'ingrandisce fino ad
entrare in scena con il muso della locomotiva a
grandezza quasi naturale. Mari in tempesta,
nubi che solcano minacciose il cielo tra lampi e
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tuoni, gente che vola, scene in tulle in proscenio,
che illuminate a dovere ti facevano vedere come
era fatto il paradiso. Insomma tutti gli espedienti
tecnici dell'antico teatro seicentesco dei
Bibbiena, che viveva ancora, dentro la
scenotecnica delle marionette.
TAGLIEREI Soltanto che in quel teatro tutto era
stato miniaturizzato, si trattava adesso di
eseguire una operazione da Gulliver alla
rovescia: da minuto che era, ingrandire ogni
oggetto, aggeggio, marchingegno fino a renderlo
simile alla realtà.
In questa nuova veste la compagnia di mio padre
realizza un successo insperato. Si lavora tutte le
sere, 363 giorni l’anno. Si riposava solo il
venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se
c'era il funerale di un defunto importante del
paese: il prefetto, il podestà, il dottore, il prete, il
farmacista. La domenica, la compagnia si
divideva in due e si faceva doppio spettacolo,
pomeriggio e sera.
Mio padre, il capo, con il ruolo di primo attore,
manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo
dell'antagonista o del comico-brillante a secondo
dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia;
le mogli, i figli, gli attori scritturati, i dilettanti,
gli amici componevano la nostra compagnia.
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Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord
Italia su di una corriera che chiamavamo
"Balorda" a causa del comportamento bizzarro
che aveva, che più che al suo cattivo carattere
andava attribuito agli anni. In certi paesi nei
quali ad una certa ora del giorno si passava, nei
turnichè particolarmente ripidi, LEI, la vecchia
signora, NON CE LA FACEVA. C'erano
sempre dei ragazzi che ci aspettavano. Ci
spingevano fra tante risate, poi la sera ci
raggiungevano ed entravano a godersi lo
spettacolo gratis. "Siamo quelli che abbiamo
spinto la Balorda." "Passate".
Mio padre, amava la Balorda, e zingarone
com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di
colori sgargianti. Mia madre, la maestrinacattolica-di buona famiglia ogni volta che lui le
cambiava colore: "non sposeremo mai le nostre
figlie!" lamentava col pianto in gola. "Hai
ragione Milietta… domani le cambio colore". E
l'indomani quando "Milietta" si affacciava in
cortile, ecco la Balorda ridipinta… d'argento!
"Non sposeremo mai le nostre figlie!"
bisbigliava rassegnata:
Cos’è?… m’ha stretto la mano?… Trattengo il
fiato. Giro appena la lampada del comiodino.
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No, mi è solo parso… Ma forse… Che debbo
mai aspettarmi, in che spero? Ha 88 anni, è in
coma profondo da oltre 20 giorni.
Fuori è ancora buio. Guardo l’ora. E’ passato
poco tempo e mi pare un’eternità.
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Finisce la guerra. Bombardamenti non ne
avevamo avuti. Qualche bomba sulla fabbrica di
aerei: la Macchi, alla periferia di Varese, a
Masnago. Masnago… Ricordo una notte che si
stava tornando a casa dopo lo spettacolo e
veniamo fermati, sia noi che tutti quelli che
passavano per quella strada dopo di noi, da un
gruppo di fascisti e S.S. Ci hanno fatto entrare
in un cortile, (era quello dove abitava uno dei
nostri dilettanti, chiamato "Luigino-cassa-da
morto”, perchè suo padre le fabbricava) dove
siamo stati bloccati per ore. Solo intorno alle 7
ci hanno lasciati andare. Non è stato per niente
drammatico, per noi giovani. Dopo poco la
serietà degli adulti l’abbiamo cancellata. L'aria,
era di festa. La mamma del Luigino-cassa-damorto, ci aveva offerto qualcosa da mangiare. Si
parlava, si rideva nonostante i tedeschi e i
fascisti con i loro mitra, giù nel cortile. “E’
arrivata altra gente… stanno fermando tutti.”
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Cominciamo ad avere sonno, si parla e si ride di
meno, qualcuno s’è addormenato.
Sarebbe, questa strana notte, finita in tragedia se
col mattino fosse arrivata
la notizia del
fallimento di una missione tedesca. Ci avrebbero
fucilati tutti. L'abbiamo saputo qualche giorno
dopo, da Lunardi, un prestigiatore fantastico
amico di mio padre, che bazzicava in ambienti
fascisti.
L'abbiamo scampata.
Altre volte, capitava che ci fermassero dei
partigiani. Non dicevano "siamo partigiani" ma
erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci
dà un passaggio?" Ci strigevamo e li facevamo
salire e via che si riprendeva a cantare. Più
avanti, a volte capitava d'incontrare un picchetto
di fascisti che ci fermava, non chiedevano i
documenti. Ci conoscevano. Avevamo un
permesso speciale per girare con il coprifuoco.
"Buona sera signor Rame. Com'è andata?"
Il cuore si fermava per un attimo. "Benissimo!
Grazie." "Buona notte” "Buona notte”. Ce ne
andavamo riprendendo a cantare col fiato che si
strozzava in gola.
“Come va?” “Bene, dorme…” Non mi veniva di
dire COMA.
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Dario mi dà un bacio. “Va a dormire, ci sto io.”
“Non ho sonno…” Come se ne va mi metto a
piangere. Che momento orribile. Appoggio la
testa. Poi mi rimetto dritta. Non voglio
addortmentarmi.
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"E' ora che Franca incominci a recitare, ormai è
grande”. Avevo 3 anni." E’ mia madre che parla.
Me la ricordo mentre mi insegnava la parte:
"bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot-a
mot, parola per parola. Aveva deciso (era
sempre lei che prendeva le decisioni importanti
in famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva interpretato
da mia sorella Pia in "La passione del Signore"
atto V, Orto dei Getzemani. "Pentiti Giuda
traditore che per trenta monete d'argento hai
venduto il tuo Signore! Pentiti! Pentiti!” recitava
Pia e io dovevo ripetere gridando subito dopo,
la stessa battuta: “Pentiti! Pentiti! Giuda
traditore che per trenta monete d'argento ha
venduto il suo Signore!”
Non era una gran parte, non ci devo aver messo
molto ad impararla. "Ripeti!" e ancora e ancora
"ripeti" diceva la mamma paziente mentre
pelava le patate per il minestrone. "Ripeti!"
Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima.
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Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo
abito bianco da angelo, con due grandi ali
bianche e oro appoggiate sulle spalle. Seppur
credente non andava mai in chiesa ma aveva il
famoso cugino prete. Lei, lo sapeva benissimo
che gli angeli erano vestiti così! Mio padre,
ormai entrato nel gioco, mi fabbricò una
coroncina di lampadine con una pila infilata
nelle mutandine, e me la mise in testa.
E' ora d'andare in scena e tutti: "Ma che
bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La mia
mamma faceva andare la coda e io, lì pronta con
le mie ali e le lampadine in testa, a ripetere la
battuta. Non mi avevano fatto fare nessuna
prova. Sapevo solo che ad un certo punto avrei
dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in
scena ed ad un segnale della mia mamma
sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentitipentiti…".
Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così
non si poteva immaginare fu che il personaggio
di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso,
un uomo che avevo sempre visto calmo,
sorridente,
che mi raccontava storie
bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti,
al quale volevo molto bene e vedermelo lì,
proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera
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in testa… gli occhi che lanciavano saette tra un
minaccioso tuonar e lampeggiar nel cielo… che
disperato gridava: "Possano i corvi divorarmi le
budella, le aquile strapparmi gli occhi!" e altri
animali che non ricordo "mi divorino un
pezzetto alla
volta ad incominciare dalla
lingua", mi fece un terribile effetto. Mamma mia
che spavento! Cosa stava capitando?! Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma quello
che mi buttò completamente fuori, fu il vedere
mia sorella, solitamente rispettosa ed educata,
che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di
tutti i colori! Una sfuriata in piena regola che
trascinava il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera. "Ma cosa sta
capitando? Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il
groppo che mi sentivo in gola stava per
scoppiare. Mia madre dalla quinta mi faceva
gesti più che perentori, le sue labbra ripetevano
“pentiti pentiti”. Giuro che avrei potuto dire la
mia battuta, ma non me la sentivo proprio di
rincarare la dose. No, io no, allo zio Tommaso
non dico proprio un bel niente! Non so cosa gli
sia capitato, poverino. Forse è impazzito.
A piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero gli angeli, seppur spaventatina,
gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e
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gridava più che mai, proprio fuori di testa. Dio
che paura! Senza dire una parola mi sono
arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato,
tempestandogli la faccia di baci. Insomma
cercavo, con i mezzi che avevo a disposizione,
di calmarlo e piangevo nel silenzio che era
calato in palcoscenico.
Pia era ammutolita. In quinta mia madre faceva
segnali che non prospettavano niente di buono.
Lo zio-Giuda si blocca per non più di cinque
secondi, giuro. E poi con voce profonda (intanto
con la mano solleticava la mia e con gli occhi
mi rideva
per tranquillizzarmi) dice
rivolgendosi al cielo: “Dio, sei grande! A questo
orrendo peccatore mandi il conforto... un
piccolo angelo… mi tendi la mano… No, no,
non me lo merito!” e , dal momento che lo
spettacolo doveva pur terminare, taglia corto
“M'impicco! Dov’è l’albero più alto?
M’impicco!!” Deve usare un po' di forza per
liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere
di lasciarlo andare ad impiccarsi. Cosa vuol dire
impiccarsi? Non lo sapevo ma ero certa fosse
una cosa brutta. "L'albero
più alto… dov'è
l'albero più alto… Lasciami andare angiolino…
Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di
scena. Mia sorella (l'unica volta nella sua vita,
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credo) non sapendo più che fare, camminando
anche lei sulle punte, immediatamente lo segue.
Grande applauso.
Tutti mi chiamano dalla quinta con grandi
cenni. Non so se la paura d'essere sgridata o il
"senso del dovere" che maledizione da che sono
nata è lì, a infastidirmi la coscienza, fatto si è
che dopo un attimo di silenzio, raddrizzandomi
la coroncina di lampadine che nel trambusta
stava per cadermi, con voce chiara e mesta, quel
tanto che serve dico “S'impicca! Non s'è
pentito… Giuda traditore che per trenta monete
d'argento ha venduto il suo Signore… Non s'è
pentito!" e via che esco.
Ce l'avevo fatta: l'avevo detta tutta! Non so se
mi abbiano detto qualcosa… so solo che da
allora in poi, "La passione del Signore" ha
sempre avuto due angiolini, con il più piccolo
che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di
Dio.
E tutti giù a piangere.
“Signora, vada a dormire, è mattina.” E’
l’infermiera del turno di giorno. Mi corico
vestita. “Mi raccomando, mi chiami se…”
E’ ora di pranzo. Tutta la famiglia riunita.
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La mia testa è divisa in due pensieri fissi: lo
spettacolo alle 15 al Teatro Odeon, mia madre in
agonia.
So che andiamo a pochi. Lo sento.
L’infermiera
arriva
da
laggiù.
Senza
complimenti mi chiede: “Ha un fulard?”
Domanda bizzarra. Non capisco. Mi fa un gesto
veloce che dal mento va alla testa. Mi occorre
qualche secondo per afferrare il significato della
sua richiesta.
Corro da mia madre.
Nulla è cabiato.
Me la guardo per un po’. Da anni mi son
sempre detta: Lei deve morire con la sua mano
nella mia. Ma ora, sprofondata in questo sonno
senza coscienza, non servo a nulla. Mi strazio e
basta. Un lunghissimo bacio. Ho finito le
lacrime.
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“I vestiti…. Datemi i vestiti.” Dico a fatica. Sul
pianerottolo m’infilo i pantaloni, il golf. Arriva
l’ascensore. “Vuoi proprio andare a lavorare?”
“Sì Dario, tornerò in tempo.”
Teatro Odeon. Camerino. Mi trucco, mi vesto.
Silenzio assoluto intorno a me. Vado in scena.
Faccio fatica a non scoppiare a piangere a quel
grande applauso che mi accoglie. La gente non
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sa nulla, ma io sì.
Strofino con forza i denti sul labbro inferiore,
ripetutamente. Il groppo sparisce. “Tutta casa,
letto e chiesa”.
Monologo comico.
Le risate arrivano, gli applausi anche.
Tutto normale.
Guardo in quinta di quando in quando.
Solitamente mio fratello Enrico, è lì.
Non lo vedo.
Intervallo.
Non chiedo.
Nessuno parla.
Secondo tempo.
Vado avanti a macchina. Giro la chiavetta della
professione. Mio fratello non spunta. Tiro fino in
fondo. Come si chiude il sipario, mi sento male.
Mi portano in camerino. La gente, felice, batte le
mani. Ma chi ce la fa ad uscire a ringraziare? Per
oggi ho già dato. Chiudono il sipario di ferro.
Gli applausi continuano. Il pubblico non capisce
cosa stia succedendo. Perché non esce? Arriva
un gram silenzio a un tratto. Mi sono rispresa.
Sento Roberto Anselmino, il direttore di scena
che parla: “Scusate ma Franca non può uscire.
E’ morta sua madre.” L’ho saputo così.
Quando all’uscita, mi sono trovata più di mille
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persone che mi aspettavano. Non sapevo che
dire. Erano tutti lì, in un silenzio che non
dimenticherò mai. Passavo tra loro, chi mi
accarezzava un braccio, chi si scostava. I denti
incollati al mio labbro mi facevano male. Avevo
voglia di abbracciarli tutti re lasciarmi andare.
Spesso, tornando a quel momento mi dispiace
molto di non averlo fatto.
E’ il 4 ottobre, 1988. San FRANCESCO.
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Medico per il certificato di morte. Telefonate.
Gente. Amici. E io che parlo, parlo ad alta voce.
Ma proprio alta. Non so perché.
La notte, il giorno.
Al funerale ho continuato il tragitto nella mia
vita passata con la mia famiglia. E’ un bel modo
per passare il tempo. Per non pensare, per averla
ancora con me.
"Gli spazzacamini della valle d'Aosta”. 1934.
Avevo 5 anni. Com'è che succedeva? Come
arrivavo la prima volta in scena con un
personaggio protagonista che non avevo mai
provato né interpretato? Non me lo ricordo, ma
so con certezza di non aver mai provato prima
di interpretare un nuovo personaggio. La parte
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come sempre, finché non ho imparato a leggere,
me la insegnava la mia mamma, la imparavo
velocissimamente, era come se la sapessi già.
Anzi, la sapevo già. Quante volte mi ero
addormentata nella cassa dei costumi, o nella
bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi
altro posto dove si potesse stare rannicchiati, al
caldo, mentre i miei recitavano una sera dopo
l'altra?
“Gli spazzacamini della Valle D’Aosta" un
drammone. Gino, (io, ) il protagonista, figlio di
una bella ma povera incintata e poi abbandonata
dal “contino” ricco rampollo di nobil famiglia…
che l’ama perdutamente ma che il padre
costringe ad abbandonare. Quindi, straziato dal
dolore, sparisce, come solo i nobil sanno farlo.
Miseria nera in casa della addolorata incintata.
L’unica soluzione è “affidare” in cambio di
poche lire, NONOSTANTE LA TENERA età il
piccolo Gino ad un "mercante di carne umana"!,
un delinquente che specula sui bambini che gli
vengono quasi venduti, mandandoli spesso a
morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e
denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di
camini. E quando, la mia mamma che per
fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio
nonno sennò chissà come avrebbe mai fatto a
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tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia
morto nella cappa del camino via che
impazzisce.
Ma il suo Gino, per fortuna della povera sfigata,
quel giorno lì era ammalato, quindi sostituito nel
lavoro da un generoso compagno, certo Carletto,
che, fatalità, muore al suo posto. (Comè che la
generosità viene raramente premiata?). Nel
frattempo il contaccio schiatta, ed il contino,
vale a dire il mio papà, in quanto sempre
innamorato della povera sfigata, decide di
riparare al malfatto e proprio quel giorno…
guarda tu i casi della vita, finalmente dopo
peripezie varie, riesce a trovare il figlioletto,
denutrito e lacero.
Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la
povera-ma-onesta, ma alla fine tutto finisce in
gloria tra lacrime e singhiozzi e applausi.
5 atti, con comica finale per non mandare a casa
la gente con il magone.
Il nostro era un teatro realmente e totalmente
"all'improvviso" che si basava su trame semplici
e stringate, TEATRO POPOLARE appunto,
nella
tradizione
della
COMMEDIA
DELL'ARTE, ancge se io non lo sapevo,
completamente opposto al teatro letterario e
naturalista messo in scena dalle illustri
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compagnie che agivano nelle grandi città,
imitato in tutto il suo negativo dalle piccole
compagnie, che agivano in provincia. Il successo
di cui godevamo stava tutto in questa differenza.
Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più
famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni
ottocenteschi, alle comiche finali. (Il tutto senza
aver mai studiato una parte a memoria su di un
copione meno che per le commedie di autori
moderni a quei tempi: Niccodemi, Giacosa,
Rosso di San Secondo, Ibsen, in quel caso si
studiava e si provava).
Non esistevano copioni di testi teatrali veri e
propri, ma una specie di canovacci e per molti
testi non esisteva nemmeno il canovaccio.
Ce li avevamo nella testa da sempre.
Come si lavorava? Arrivavamo ad esempio in
una piazza nel giorno in cui in paese si
festeggiava
la
santa
patrona,
ebbene,
debuttavamo con la storia di quella santa sulla
quale mio padre e mio zio avevano giorni prima
letto e ascoltato dalla gente, vita morte e
miracoli. Riunivano la compagnia, raccontavano
a sommi capi l'intreccio, distribuivano i ruoli e
se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e
via che si debuttava.
Senza prove.
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Se si confronta con i 90 o addirittura i 180
giorni di prova delle compagnie di oggi…
Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i teatri
erano sempre pieni. E quando in un paese
avevamo fatto tutto il nostro repertorio,
(repplicato 6 sere la Giulietta, 6 la Passione del
Signore, Il povero fornaretto di Venezia e non
mi ricordo più quali altri drammoni di successo)
mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo,
ci riunivano e ce lo raccontavano. Esattamente
come la santa patrona. Sulle quinte laterali, in
bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il
susseguirsi degli avvenimenti.
Per “Una causa celebreo, ovvero La collana
della morta" tragica storia di fratelli gemelli,
brevi accenni.
Scena prima: ragazza incontra padre,
sconosciuto, partito povero, anni fa, torna ricco
sfondato. Dimostrare freddezza e repulsione.
Ricordare madre morta.
Scena seconda: uomo innocente e disperato
languisce carcere (il fratello gemello)
terribile errore giudiziario. Accennare assassinio
corriere a Lione. Accennare moglie morta e
figlia abbandonata al paese. Saranno ancora
vive?
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Solo nel V atto tutto si risolve.
Buono, libertà e onore
cattivo smascherato da collana rubata: taglio
testa.
Gaudio e felicità.
Ricordarsi madre morta.
Comica finale.
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Non c'è personaggio nel repertorio della mia
famiglia che a secondo dell'età non abbia
interpretato. Neonati, 8 giorni in braccio alla mia
mamma che mi presentava all’affezzionato
pubblico tutta orgogliosa, in la Genoveffa di
Brabante, bambini o bambine, ragazzini,
ragazzotti,
signorine,
giovanotti,
suore,
cortigiane, regine, principesse, contesse,
prostitute.
Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco
ne La Genoveffa di Brabante. Giuro.
La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere. Ero
cresciuta e la Genoveffa (che dio la maledica!
Quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io.
Giovane e bella moglie del re alla guerra, sola
nella raggia viene insidiata da Golo, un primo
ministro della situazione, che lei respinge
furente e offesa. La giovane regina decide di
inviare una missiva al marito per avvertirlo del
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tradimento del suo braccio destro, tramite il
cuciniero Dracco: l'unico che a corte le sia
rimasto fedele. "Torna o mio diletto, torna! Che
quel maialone del Golo vuole fare con me,
proprio quella cosa là!" Golo, che è sempre lì a
origliare, scopre tutto e zak!, pugnala il
poveraccio e manda a dire al re che il bimbo che
aspettava con tanta gioia, non ha proprio nulla di
regale, ma è un plebeo schifoso, figlio del
cuciniero Dracco. Il re ci casca, fuori dalla
grazia di dio "un cuciniero no!"ordina il taglio
della testa della la fedifraga e anche del
bambino nato nel frattempo. (TRANQUILLI
CHE POI TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE
IN GLORIA) Stiamo preparandoci per andare
in scena, ma era uno di quesgli spettacoli
domenicali in cui la compagnia si divide in due,
e ci rendiamo conto che ci manca l’attore che
avrebbe dovuto
interpretare il ruolo del
cuciniero. D'accordo, sono due parole che si
possono anche tagliare, ma fisicamente deve
proprio essere in scena, altrimenti Golo, come fa
ad ammazzarlo? Ci ragioniamo sopra un attimo.
Bene. Ci siamo. Facciamo
così. Seguitemi
bene. Al momento cruciale, io Genoveffa, vado
alla quinta di destra. Il perfido Golo mi spia
dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori
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scena con il cuciniere che non c'è, fingo di
consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco di
scena da quella parte. Velocissimi mi mettono
sulle spalle un mantellaccio con capuccio, che
mi copre dalla testa ai piedi. Rientro in scena
ronculando con la missiva bene in evidenza in
mano, faccio qualche passo come se ora io
parlassi a Genoveffa voltando le spalle al perfido
Golo, che immediatamente si precipita su di mecuciniero "Muori, spione di un cuciniero!” e via
che mi pugnala. Cado morta. Golo con uno
sghignazzo sinistro mi trascina fuori scena a
sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono
entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la
parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro
velocissima a destra. Rientro in scena e vedo
Golo che pulisce il pugnale assassino nel
mantellaccio che indossavo fino ad un secondo
prima. "L'avete ucciso! Assassino!!" Ansimo un
pò, per via della corsa, ma sono perfettamente
in parte e nessuno si accorge di niente.
Sto sorridendo, mentre il prete finisce la messa.
Hai vissuto 88 anni, mamma. Ho cercato di darti
il meglio che ho potuto. Dedizione.
Tempo.
Amore.
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Tanto.
Sono serena.
Ciao cara.
Buon riposo.
Ricordi
Ecco Simone De Beauvoir.
Non mi é mai stata completamente simpatica. A
volte m'é capitato di giudicare qualche sua
scelta, egoista. Il suo evidente essere una
intellettuale aristocratica m'e l'ha
sempre
allontanata. In casa di Sartre a Parigi, dopo un
girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata
davanti: borsa della spesa in mano, fazzoletto in
testa .Ha lanciato un "pas fumée" a Sartre e si é
ritirata in cucina. Dario ed io ci siamo guardati
interdetti, "e questa chi é?". Sartre, come un
bambino scoperto a rubare la marmellata,
spegne la sigaretta o il sigaro, non ricordo,
"Simon…", ha mormorato. Ah, era lei! Dario
meno, ma io ci sono rimasta un po' male. Forse
credevo che il fatto di essere una donna mi desse
il diritto ad un saluto. Sono passati tanti anni da
quel giorno.
Ora, dopo l’approfondimento, il ragionare sul
personaggio Simon me la fa pensare in modo
diverso, maturo: una donna, un intellettuale di
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ran valore, con le sue stavaganze, il suo egoismo
che finalmente capisco e ammiro.
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L'impegno l"ho preso, ma da almeno
un'ora, me ne sto a guardare fuori dalla
finestra con il cervello completamente
vuoto, come se per tutti questi anni, e
sono tanti, non avessi vissuto, lavorato,
incontrato gente parlato, riso, pianto fatto
all’amore. Niente. Non mi viene niente.
Ho la testa con pensieri confusi che
fanno a botte, suoni, rumori, parole,
facce… e fra tanto disordine, non riesco
a trovare la parola giusta che mi dia
modo di iniziare con un minimo di
coerenza a raccontare la mia vita.
Ho gran dubbio che alla fine non sia poi così
interessante. Da cosa parto? Da dove?
Vediamo, e se parlassi alle mie nipotine?
“Care bimbe, la vostra nonna è nata… eccetere
eccetera...”
Per l'amor del cielo. Sono certa che arrivata
alla prima elementare, spengo il computer e
non ci penso più.
Non mi viene propio niente.
Forse
potrei partire dalla prima grande
emozione
che non ho mai dimenticato.
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Veramente sono due le grandi emozioni della
mia vita. Ma che dico, due… cento mille… ma
queste due sono le più grandi.
La prima: "Dario, sono in cinta".
1951.
Inutile spendere parole per raccontare le
difficolta in cui ci siamo trovati, mi sono trovata.
Immaturi, impreparati in tutti i sensi.
Spaventati. I miei 22 anni sono 15 anni di una
ragazza di oggi. Non in condizione di fare un
figlio, senza contare mia madre, cattolica
fervente e praticante.
Inutile spendere parole.
Ho abortito.
30.000 lire più la paura, e qualcosa addoso e
negli occhi, che per mesi non m'ha lasciato.
Di quell'ora passata in una specie di
ambulatorio, non certo atrezzato per un
intervento chirurgico, ricordo il freddo, il buio
che c'era fuori, era notte, l'indifferenza e la
tensione del medico e dell'infermiera: “Non gridi
per favore, altrimente non la opero.” C'era paura
in quella stanza, la loro e la mia.
1951, in quegli anni (dobbiamo arrivare al 75
per guadagnarci il diritti di scegliere se avere un
figlio o no) per l'aborto si finiva in carcere.
Oltre a "quella" paura per me c'era il terrore per
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l'intervento che affrontavo senza saperne
assolutamente nulla.
Niente altro, che mi
sarebbe stato fatto senza anestesia. Per me, e
tutto solo per me, c'era il peso di quello che
stavo facendo.
Pensavo a mia madre, e
desideravo morire.
“Se ha paura se ne vada.”
Un pezzo di ghiaccio, l’infermiera. Eppure era
una donna.
Non ho gridato. Credo di aver pianto, ma non
me lo ricordo. Sicuramente ho pianto dopo,
quando Dario che stava ad aspettarmi sotto al
portone, m'ha abbraciata. Stavamo male tutti e
due, in più io mi sentivo così colpevole d'essere
certa che non avrei più osato guardare negli
occhi mia madre. 2000 anni di pregiudizi erano
il pane quotidiano che molta gente ha mangiato.
Io, con mia madre onestamente cattolica
osservante, ne ho fatto indigestione.
Per Dario era diverso. Portava anche lui parte
del peso, ma aveva un’altra cultura, altre vedute
(parlare di Brera architettura, lotte operaie; blu
di metilene ecc.)
Ho incontrato altre volte quel medico. Ci si
guardava senza salutarci. Era famosissimo nel
giro del teatro. Ha fatto pure obiezione di
coscienza, dopo la legalizzazione dell'aborto, pur
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continuando a svuotare uteri a tariffa sempre più
alte.
"Sono in cinta!".
Il punto esclamativo sta a sottolineare il
cambiamento dei miei sentimenti, della mia
situazione, nel dare questa notizia a Dario, mio
marito.
Siamo nel luglio del 1954. Mi sono sposata il 24
giugno. Tutto è regolare. Sono, in regola. Il
giorno dopo “la prima notte” legale che io e
Dario avevamo consumato già due anni prima,
telefonai appena sveglia alla mia mamma. Mi
saluta festosa. Mi viene un nodo alla gola. Ero
uscita di casa... avevo una casa mia… insomma
m'é venuto il magone. "Che succede?” C'era
apprensione, preoccupazione, imbarazzo e non
so che altro nella sua voce “Non ti ha trovato….
in ordine?" Cara dolce mamma, pulita, ingenua,
tenera, così sicura di quanto mi avevi insegnato
da non essere mai stata nemmeno sfiorata dal
dubbio che tua figlia, che se ne stava per mesi in
turné, potesse avere rapporti "stretti" con il
ragazzo con cui "filava" e col quale lavorava. Al
"magone" s'é sostituito l'imbarazzo d'aver tradito
la sua fiducia.
Non lo vedevi di buon occhio quel matrimonio,
mamma: “E’ un attore, uno spiantato, non fara
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mai niente nella vita. Stai lontana dagli attori.
Prendono in giro le ragazze, si divertono e poi le
piantano." E dietro a quel “si divertono” si
nascondevano nefandezze innominabili.
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A 20 anni, seguendo l'esempio di mia sorella
Pia e mio fratello Enrico, lascio la nostra
compagnia e inizio la mia carriera nel mondo
"ufficiale" dello spettacolo. Si possono
immaginare le difficoltà di una simile scelta in
quel periodo del dopoguerra, siamo negli anni
50 e quindi alterno momenti neri a buone
scritture nelle compagnie di varietà più
famose. E' proprio in una di queste compagnie
che conosco il Dario Fo, anche lui alle prime
armi, che s'innamora subito di questa "sventola
dolcissima", (così mi chiamava) e si prende
una cotta da imbesuimento (così dice lui).
"7 giorni a Milano", ditta: le tre sorelle Nava e
Franco Parenti.
M'é piombata addosso, é propio il caso di dirlo
senza che la cercassi, ne sollecitassi nulla, per
averla. Parlo di lei, della notorietà. Di questo
mio mestiere non me ne é importato mai
niente. Si stenta a crederlo, ma é così. Non
l’ho scelto. Lo faccio seriamente, grata al
pubblico che mi sta ad ascoltare, ma senza
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trasporto alcuno. E’ il mio lavoro. OK. Non
ho mai mosso un dito per avere di più, anzi,
tutto quello che negli anni ho ricevuto, di cui
ho beneficiato, l'ho avuto, "nonostante me".
Ora che ci penso bene, e mi sconcerto, non
posso nascondermi di non aver mai desiderato
qualcosa in particolare. Non ricordo di aver
mai detto, ne pensato "se potessi avere"
"vorrei" "per avere quella cosa farei... "
E non perché avessi tutto, chi mai ha tutto?
Qualcosa certo l'ho desiderato, che so, che non
mi si ammalasse nessuno in famiglia, che mia
madre non morisse mai, che i miei figli
stessero bene... ma insomma, tutte cose,
normali. Del resto: pellicce, vestiti, gioielli,
parti, partone, niente. Forse perché mi
arrivava tutto da solo. Forse perché non mi
restava il tempo di desiderarle. Beh questo
può valere per quando ho iniziato a
guadagnare, ma prima? Era così anche prima?
Sì.
Era così.
Forse mi ci vuole uno
psicanalista.
Dicevo che m'é piombata
addosso la"notorieta" una certa sera a Cesena.
Compagnia Franco Parenti e le tre sorelle
Nava. Io dicevo una battuta:"Il Coriolano é in
cinque atti", ma ero lunga, bionda, con i seni
rotondi, e mi si vedeva. Alla fine dello
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spettacolo, si presenta in camerino un tipo
mongherlino, modesto in tutti i sensi,
assulutamente anonimo, anche bruttino,
smilzo, con macchina fotografica. "Sono un
giornalista… posso farle una foto? Posso dire
che un produttore americano la lancerà come
la Rita Haiwort italiana?" “Ma certo!” Questo
è pazzo, pensa. Invece dopo due giorni esce
sul Resto del Carlino una mia foto con un
bellissimo abito di scena bianco ricamato in
oro: facevo la mia figura. La didascalia
“Franca Rame…” Incredibile, una foto
neanche tanto grande e via che di colpo mi
trovo giornalisti intorno, interviste, e
addirittura una copertina sulla Settimana
Incom! Il fotografp-giornalista era nienye
popodimeno Sergio Zavoli. Che bizzarra che è
la vita, no?
Con Franco Parenti e Giustino Durano Dario
scrive il "Dito nell'occhio" testo di satira
politica e sociale che fece grande scalpore e
per i contenuti e per lo stile di treatro ben
diverso dagli steriotipi del teatro così detto
"leggero" di quegli anni. Debuttano in estate al
Piccolo
Tearo
di
Milano
direttore
amministrativo Paolo Grassi, artistco, Giorgio
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Streler. Roba da niente. e gira per una
stagione intiera tutta Italia, esaltato da una
critica intelligente che condivideva le il
contenuto politico e boicottato da da una
destra retriva-sorda e muta davanti al nuovo, al
diverso,
allinconsueto
(TROVARE
ARTICOLI GIORNALI). Addirittura fuori
dalle chiese stava in bella mostra tra gli
"spettacolo sconsigliati".
Lo spettacolo ha un grandissimo successo.
Dopo la stagione estiva, si riforma la
compagnia per il giro invernale. Io ho un gran
magone, perché Parenti non mi vuole in
compagnia. Lo capisco anche se nessuno
esplicitamente me lo dice. Ma ad un certo
punto Dario, con molto imbarazzo e
malinconia, nel bar di una piazzetta vicino a
casa mia, me lo comunica. In contemporanea
mi chiede di sposarlo.
Lui dice di no, nega, ma io sostengo,
conoscendolo, che mi ha chiesto di sposarlo
per pareggiare il dolore che sapeva che mi
avrebbe procurato l'essere scartata.
Alla fine, senza chiedere, ebbi la scrittura, ma
in seguito ad una buffoneria della vita. Dario
scrive un monologo, fatto su misuta per me.
“Attila e la puttana”. Le attrici scritturate
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vennero messe alla prova. Non funzionavano.
Parenti, più per educazione nei riguardi di
Dario che per stima nei miei confronti, mi
propose una lettura del pezzo. Iniziai a
leggerlo, poi senza accorgermene arrivai al
finale andando a soggetto. Franco mi ascoltava
in silenzio, senza reazione alcuna. Di gesso.
Volevo morire. Mi batteva il cuore? Ma
certamente!
All’ultima parola scoppia un applauso. Non ci
credevo. Mi volto all’indietro a controllare se
fosse successo qualcosa alle mie spalle. “E’
proprio per te l’applauso. La parte è tua,
brava”
Il più contento di tutti era Dario. Quanta roba
ha scritto per me da allora?
VEDERE DATE, I SANI DA LEGARE.
(TROVARE TESTO INSERIRE).
1954- 24 giugno.
Ci sposiamo.
In
sant'Ambrogio! Dario metterà il fatto di essersi
sposato in chiesa addirittura ne "gli arcangeli
non giocano al flipper" 1959:"sposato in chiesa
per accontentare
madre di lei molto credente".
Il mio matrimonio è l’unico che non mi abbia
annoiato.
E’ stato bellissimo.
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La notte prima l'ho passata sveglia non per
l'emozione, ma perché stavamo nel lettone della
mia mamma in cinque. Io e quattro amiche
venute da Varese per farmi festa.
E a chiaccherare, a ricordare, a ridere. E' stata
una bellissima notte. La mattina è arrivato il
Felice, padre di Dario, con una macchinona
lunga da qui a là, presa a nolo, scendo le scale
della casa della mia mamma e lì, tutti gli
inquilini del palazzo a buttarmi manciate di
riso... a farmi gli auguri, a strigermi la mano...
e io... giù a piangere. Mi dispiaccio un po’ di
essere tanto emotiva.
Arriviamo in chiesa.
Sulla stampa avevano da giorni annunciato le
nostre nozze, quindi, folla, fotografi oltre ai
parenti e agli amici. E un'amica, che forse non
mi era tanto amica, mi allunga, proprio un
secondo prima che entrassi in chiesa, davanti a
tutti un magnifico buchè: gigli, simbolo di
purezza. Facevo l'amore con Dario da due
anni, senza nasconderlo altri che al mia madre,
e questi gigli li avrei mangiati volentieri.
Non ho potuto.
Pranzo con gli invitati all'Hotel Milan,
offriamo i confetti, e poi ce la svignamo e
andiamo a pranzo col papà Fo.
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La "prima sera", io sono in televisione, non
ricordo più con che spettacolo, Dario al
Piccolo con "I SANI da legare".
Sono andata ad abitare nella casa dei genitori
di Dario. (controllare archivio, c'è una foto
simpatica "la sposa d'italia")
1954 -giugno. Dario debutta al Piccolo Teatro
sempre con Parenti e Durano con un altro testo
scritto da loro: "I sani da legare". L'indomani
mattina, telefono a mia madre per salutarla... e
non so com'è, m'è venuto un gran magone. Mi
sono emozionata. Era veramente fatta. Ero
uscita di casa. E la mia mamma, e qui si può
leggere tutto il suo candore: "Che c'è? Non ti ha
trovato in ordine?".
Un quarto d’ora dopo il matrimonio inizio a
vomitare. Che è? Sono in cinta. Ma che bellezza.
L'impatto con la vita marito-casa-famiglia è
stato un gioco. Mi cimentavo con la cucina, ma
non avendo mai avuto niente del genere come
mia diretta e totale responsabilità, avevo qualche
problema. Primo tra tutti, le dosi. Far da
mangiare per due. C'erano sempre tali quantità
di cibo bastanti per una caserma. Ricordo una
sera a cena Eugenio Tacchini, amico di Dario
d'infanzia che si mangiò almeno sette piatti di
minestrone. Io ero un pò preoccupata. "Basta,
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Eugenio, starai male. "No, no. E' tanto buono"
Poi però al cinema Orfeo, dove mi aveva
accompagnato a vedere "Roma città aperta"
durante la scena delle torture è svenuto.
"Accendete la luce-grido-c'è un ragazzo che sta
male". Arriva la polizia, lo portano fuori, nella
hall lui si riprende... Si guarda intorno, vede i
poliziotti, e ancora sotto lo shok del film, grida:
"non sono stato io! Sono innocente!" Divento
rossa per l’imbarazzo. Eugenio frastornato corre
in bagno e vomita totto il mio minestrone.
I poliziotti ci caricano sulla gip e ci portano al
Piccolo dove Dario mi stava aspettando.
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Gli ossibuchi mi venivano bene. La prima volta
che li ho fatti, stando col contatto telefonico con
mia madre, Dario non finiva più di dirmi-che
buoni che buoni ossibuchi. Ha invitato gli amici
di Brera, Emilio Tadini, Alik Cavaliere e altri.
Rtavamo in tanti. Tantissimi.
Ero un pò preocupata. Un pranzo da sola,
conospiti, non l'avevo mai sperimentato. "Farò
gli ossibuchi col risotto". Ho fatto la mia bella
figura. E Dario-ma che buoni -ma che buoni! E
tutti con l’eco: ma che buoni -ma che buoni!
Per almeno tre settimane non si mangiava altro.
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E il povero Dario sempre a dire ma che buoni.
Poi, al ventesimo giorno credo si sia finalmente
ammutolito.
Ora, li mangiamo non più di tre volte all'anno. E
ancora Dario “ma che buoni che buoni”. Gli fa
eco Jacopo e poi scoppiano a ridere.
Da giovane ero molto permalosa… ma in quel
caso, ridevo anch’io.
Come ho detto un quarto dopo le nozze resto
incinta.
Jacopo (un nome che mi piace proprio come
quasi tutte le cose che fanno quei due lì) è nato il
31 marzo del 55 a Roma. Esattamente nove
mesi e sei giorni dal 24 giugno dell'anno prima.
Gravidanza terribile. Ho vomitato sempre. Mi
disturbavano gli odori, perfino i colori. Mai più
potuto mangiare
ne vedere un piatto di
spaghetti. La sera del trenta, stavo nel camerino
del Teatro Quattro Fontane dove Dario recitava.
Chiedevo a sua madre, la mamma Fo, "come
sono le doglie? Cosa si sente? Come si capisce
che è ora?" E lei, "quando senti una mano che ti
strappa le viscere... "e un'amica, anche lei
anziana: "No Pina, non ti ricordi più. Quando
senti…"
Nulla che mi tranquillizzasse. Anzi!
Mi ritiro un pò prima di Dario. Ormai ci
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dovremmo essere... Preparo la valigia, roba per
me, vestaglia camicie ecc. e roba per il bambino.
(A quei tempi non si sapeva prima se fosse
maschio o femmina. Ti dovevi fidare delle
anziane: la pancia è così, allora è maschio. No,
per me è femmina, non vedi come è messa? E
via di 'sto passo. Comunque sempre "bambino"
si diceva. Se poi era femmina...
Ero un po’ nervosa. Arriva Dario. Baci baci.
Poi si infila a letto e si mette a leggere "il
Mondo".
Ho odiato molto quel giornale per la sua
grandezza. Ogni volta che D. voltava pagina mi
faceva un gran vento. E io sternutivo. "Dario,
mi sento strana... " "Dormi Nanina". Dopo un
pò: "Dario..."-"Dormi Nanina"… e via a girar
pagine. "Dario credo che mi si siano rotte le
acque… è come facessi pipì ma non mi
scappa…" "Dormi Nanina…" "Ma Dario!!!" Di
corsa un taxi. Ora siamo agitati tutti e due.
Clinica Salus.
Mi avevano promesso che per il parto mi
avrebbero dato l'etere. In sala parto grido etere!
etere!
La levatrice mi dà una carezza:"sì cara, sì, suo
marito è fuori. "Etere!!"
Niente di niente! Maledizione. Le doglie
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stringono i tempi… uno spasmo appresso
all’altro. Sento un gran male. “Etere” grido a
squarciagola.
Il fatto è che la signora in questione era veneta e
pensava che nel momento supremo io chiamassi
mio marito: Ettore! Ettore! Me l’ha detto dopo.
Poi finalmente è arrivato il medico:
“mascherina” ordina. Oh! Finalmente l’etere.
Oddio soffoco! Via sta roba! Che male che
male… spinga, forza, spinga. Urlo. Sento un uhe
uhe... "Brava signora. 3 chilogrammi e 9.
"Ho fregato la Clara”. La Clara era una brava
ragazza moglie di mio cognato Fulvio, molto
quotata in famiglia, e quando dico famiglia
intendo mia suocera, in quanto professoressa di
lettere, non attrice, quindi sicuramente migliore
di "quella lì che non solo fa l'attrice, ma mi ha
anche portato via “el me testun”.
Sì, all'inizio mia suocera era solo mia suocera.
Non aveva simpatia per me e devo dire che
faceva l'impossibile per farmelo capire. Mi
addolorava molto non essere amata da lei. Ma si
sa, agli inizi qualsiasi cosa tu intraprenda trovi
difficoltà, figuriamoci il rapporto con la mamma
di lui.
Ci ho messo un po di anni ma a poco a poco,
conoscendomi meglio da suocera Fo, è diventata
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per me la mamma Fo. Mi ha amata
profondamente, come profondamente io ho
amato lei.
La frase che mi diceva con orgoglio era "io l'ho
messo al mondo, tu l'hai fatto". Ma pensa te! Ce
ne vuole èh !!
Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla
clinica con il nostro fantolino in fasce e ci
"accasiamo" ospiti di un fotografo di cui non
ricordo il nome, che aveva una splendida casa in
via Parioni. Davvero splendido appartamento.
L'unico difetto, non indifferente per una coppia
con un bambino di 8 giorni, che questa
principesca dimora, era completamente priva di
mobili, (se li era portati via il padre dopo una lite
per soldi). Due brande, uno scatolone di cartone
per comodino, un tavolo in cucina, qualche
sedia, forse, e un telefono con un fili
chilometrico che il nostro amico si portava
sempre appresso.
Non volendo umiliare la sua generosità (forse
era ubriaco quando ce l'ha proposto, non so) ci
siamo sistemati alla bellemeglio.
Pesa, borotalco, vestitini, bavaglini, fasce,
bacinella per il bagnetto, che non potevo fargli
perché l’acqua era fredda… (sì, la riscaldavo,
ma era un gran casino). Il bambino ha pianto per
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8 giorni di fila.
Per quanto spirito di adattamento avessimo, non
riuscivamo proprio a comunicarlo a questi 4
chili urlanti, che non sapevano niente della vita,
e dei disagi che a volte regala. Come fare a
cavarcela e per le scomodità e per la mia
inesperienza?
Il bimbo piangeva, io piangevo. Dario
camminava in su e giù per sta casa proncipesca
cercando una siluzione possibile.
Al nono giorno, pronta a buttarmi dalla finestra
col bambino, il talco e la bacinella, decidiamo di
tornare in clinica. Ci predono a braccia aperte
sistemandoci in una bellissima camera,
confinante con la sala parto.
Abbiao dormito tutti e tre per almeno un giorno:
era come se fossimo tornati a casa.
Non evevo latte. Ecco perché Jacopo piangeva.
Era affamato.
Ci siamo fermati per tre mesi. Proprio come
fosimo inun albergo.
Dario come vedeva in corridoi un padre in
apprensione per la nascita del suo bimbo si
avvicinava e s'informava. "Sa, è un parto
cesareo…" E Dario: "Non si preoccupi anche
Franca ha avuto il cesareo… è una sciocchezza,
vedrà" E quello si consolava.
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E un altro “E’ messo di piedi!" "Non si
preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi…
è andato tutto benissimo… il ginecologo è
straordinario… tranquillo, andrà tutto bene". E’
restatosenza parole solo quando si è trovato
davanti un padre preoccupato per il parto
gemellare della moglie.
Non poteva dire: anche Franca…
Quanti padri e quante madri abbiamo
rinfrancato? Qualcuna ci viene ancora a trovare
con il figlio nato proprio in quei giorni. Che
benissimo! Nel frattempo abbiamo comperato
una casa in via Nomentana, l'abbiamo arredata e
finalmente ci siamo andati ad abitare.
Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il primo
"Lo svitato".
Il soggetto era di Dario.
L'aveva letto a Zavattini che ne fu entusiasta.
Regia di Carlo Lizzani. Dario era troppo
inesperto per aver voce in capitolo con gli
sceneggiatori che gli avevano messo al fianco.
"Sei autore in cerca del personaggio" li definì
Nello Santi, produttore del film.
Ne è uscito un film sbagliato con qua e là
momenti da cineteca. Avremmo dovuto avevre i
mezzi e la forza di ritiralo, rigirare quello che ci
sembrava sbagliato e riproporlo. Ma non ci
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abbiamo nemmeno provato.
Forse non
l'abbiamo nemmeno pensato.
Clamoroso
insuccesso.
(troppo avanti _Ricordarsi TATI) Credo che sia
il film che abbia incassato meno negli ultimo 50
anni. Dopo “Lo Svitato” Dario alterna al lavoro
di attore quello di sceneggiatore, e viene
addirittura scritturato fisso alla Ponti de
Laurentis come gags-man a 2 milioni al mese.
La cifra era astronomica, per quel tempo. Lavora
con sceneggiatori del calibro di Age e Scarpelli,
Tullio Pinelli (sceneggiatore di Fellini) Antonio
Pietrangeli. (indicare films. Titolo)
Io interpreto partacce in films tutti lacrime, core,
cosce e zinne. Sono quasi sempre in manifesto
come "partecipazione straordinari",
mi
pagavano bene, ma quei films di straordinario
non avevano null'altro che il materiale umano
col quale venivo, grazie a loro, in contatto.
TINA
PICA-GIUDA.
POI
VENGO
SCRITTURATA DAL TEATRO ARLECChino
FRANCA a Roma, per interpretare un testo di
Feiduau che sembrava scritto per me:"non
andartene in giro tutta nuda"Dario scrive per i
fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla
un atto unico"gli imbianchini non hanno
ricordi". A quel punto gli propongo di ritornare
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a Milano e farci una compagnia nostra.
Ci proponiamo a Paolo Grassi allora direttore
del Piccolo teatro che ci regala fiducia, amicizia
dandoci il teatro per ben tre mesi. Debuttiamo
così, in un caldo infernale, tutti soli, (sì, c'erano
altri attori da noi scritturati, ma la responsabilità
della compagnia era solo nostra) con "Ladri,
manichini donne nuda".
Scritto diretto e
interpretato da Dario, sue erano anche le scene e
i costumi. Io facevo l'attrice ma mi occupavo di
un sacco di cose;Mio fratello Enrico era il nostro
amministratore-attore se necessario. Ha guidato
la nostra compagnia con grande abilità,
riuscendo a farci stare in pieda anche senza
alcun aiuto ministeriale ne dell'ETI(ente teatrale
italiano che avrebbe dovuto appoggiare più che
mai la nosytra compagnia in quanto recitava
opere di autore ITALIANO. Ma sia noi che
EDUARDO De FilippO abbiamo avuto grazie
alle nostre scelte politiche , vita grama con tutte
le forza statali e parastatali).
1958:"Comica finale" quattro atti unici scritti da
Dario, su canovacci della mia famiglia. Dario
aveva sentito queste storie mentre io le
raccontavo a Jacopo per farlo addormentare. Ma
de gli atti, che gli ho passato "bocca a bocca", il
migliore
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era "un morto da vendere" che aveva
completamente scritto, ambientandolo nell'800
come gli altri. Il migliore. Non si pensi che
accecata dall'amore io possa dare a Dario meriti
che non ha. Non l'ho mai fattao. D'altro canto
basta leggersi le "comica finale pubblicato da
Einaudi per vederlo.
RICORDARSI DIFFICOLTà FINANFIARIE.
STABILE TORINO;EPISODIO "CANNAS
L'AMORE è PIù FORTE
Siamo al teatro Gerolamo di Milano. Andiamo
avanti con grande fatica. Il teatro è conosciuto
come teatro delle marionette. Se il mio cuore
aveva un fremito al ricordo della mia famiglia,
questo fremito non poteva riempirci il teatro. La
prima fu un disastro. Abituati ai palcosceninci
grandi, il trovarci senza prova alcuna in uno
spazio grande come il bagno di casa mia, ci ha
messi in grande difficoltà. Devo riconoscere,
che come unica volta nella storia della nostra
compagnia, la critica ufficiale presente allo
spettacolo non ha menzionato i 3OOO incidenti
che si sono susseguiti nelle tre ore. Proprio in
quel teatro, quasi sempre vuoto ci è arrivata
inaspettata la possibilità di debuttare in un
grande teatro:il teatro Odeo.
Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non giocano al
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flipper" teatro Odeon di Milano. Mille posti.
Grande successo di critica e di pubblico. Tutte
le sere "il Bossino" che in realtà si chiamava
Bossi direttore del teatro, non appena lo
spettacolo iniziava si metteva in quainta con un
foglio sistemato sulla fronte, con scritto in
grande l'incasso della serata.
Il copione di
questo spettacolo ci fu sequestrato per le troppe
battute a soggetto che abbiamo aggiunto, non
autorizzati. Abbiamo collezionato "rapporti al
questore di ogni città dove si lavorava, per un
totale di 280, tanti, quanti furono le repliche
dello spettacolo.
questura"
Abbiamo girato tutta l'Italia facendo esaurito
ovunque. DATI STATISTICI E INCASSI
NUMERO
SPETTACOLI
DENUNCIA
POLIZIA PER CENSURA.
inpiù di una
occasione rischiamo di non poter andare in
scena.
1960-61 -"Avevav due pistole con gli occhi
bianchi e neri".
opera che tratta
della
connivenza tra fascismo e borghesia, tra
malavita organizzata e potere. L'intervento della
censura
è
pesantissimo,
ci
massacrò
letteralmente Decidemmo di andare in scena
egualmente senza tenere in conto alcuno i tagli.
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Ci fu un braccio di ferro piuttosto teso tra noi e il
prefetto di Milano che ci minacciò di arresto
immediato, ma alla fine, preoccupato dello
scandalo che ne sarebbe venutoo, il ministero
tolse i tagli. il testoE' con questo spettacolo che
mi conquisto agli occhi di mio marito, un ruolo
diverso da quello di sempre. Per la prima volta
non accetto il testo a scatola chiusa certa del
successo di sempre. Qualcosa non mi convince.
Lo comunico a Dario. Si è discusso mica male.
Mio figlio aveva sei anni e ancora se lo ricorda.
Credo sia stata la prima discussione accesa alla
quale asssistesse. Non ci aveva mai visti così,
era un pò spaventato. "Dimmi cos'è che non
funziona!Dimmelo!"e io:"non lo so". "più forte
il Dario:"dimmelo!" "Non lo so, ma c'è qualcosa
che non va. "(Quante volte negli anni futuri s'è
ripetuta questa scena?) Jacopo piange senza
gridare, e anch'io scppio a piangere gridando
come un bambino disperato. Era la prima volta
che vedevo Dario fuori dalla grazia di Dio.
"Ora, lo rileggo tutto.
.
cercherò di
individuare... di capire... poi ti dirò...". Leggo e
prendo appunti. Dario, per tutto il tempo ma
guarda serio. In piedi. Mi stavo innervosendo.
Dopo due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei
qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e
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poi:"forse hai ragione, ma prima preferisco
provarlo col pubblico. "
Debutto: successo di stima. Il giorno dopo D.
mi dà il copione:"fai i tagli che proponevi".
1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in
amore".
Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di stato
approdiamo alla televisione sulla
neonata
seconda rete, (1962 PRIMAVERA) con sei
puntate tutte nostre:"Chi l'ha visto?". Subito
dopo dalla direzione Rai ci viene proposto di
condurre "Canzonissima"il grande concorso
canoro abbinato alla lotteria di capodanno la
trasmissione di maggior interesse popolare
dell'ente. D. scrive i testi che prima dell'inizio
della trasmissione ricevono il benestare della
direzione nella persona del dott.
Pugliese
direttore generale(?). Ma già alla prima puntata
la stampa reazionaria si scatena criticando
ferocemente la più che delicata critica politico
sociale contenuta neitesti. Di puntata in puntata
gli attacchi, le polemiche sulla stampa non si
contano. L'indice di ascolto è altissimo (anche
se al processo, uno dei tanti che c'è stato la
direzione Rai tentava di sminuirci. dicendo che
nessuno ci vedeva. TAXISTI RICORDARSI)
l'Italia era divisa in due:chi ci ama, e chi ci odia,
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ma tutti lì, davanti al televisore il sabato sera.
Ad ogni trasmissione ci vengono imposti tagli e
censure sempre più pesanti. (FIORI SENO.
GAMBA SINISTRA)fino a che all'ottava
puntata decidiamo di abbandonare la
trasmissione. La famosa "Canzonissima", il
FANTASTICO DI OGGI, va in obda senza
presentatori.
(RICORDARSI WALTER
CHIARI E BRAMIERI)e quando l'annunciatrice
all'inizio della trasmissione dice:d. FO e F.
Rame si sono tritirati, una quantità incredibile di
telespettatori si rovescia nelle strade di Milano,
tutti quanti diretti al palazzo della fiera dove si
teneva
la
trasmissione.
Quando
usciamo(eravamo stati su consiglio dei nostri
legali nei camerini nostri fino alla fine della
trasmissione) ci troviamo davanti una folla di
gionalisti, fotografi e migliaia di persone. In
molti erano venuti per dimostrarci la loro calda e
commossa solidarietà.
Questa fu la prima e credo l'unica volta nella
storia della Rai che due "attori" rifiutarono di
"abbioccarsi" d'innanzi alle imposizioni ai tagli,
all'arroganza del "padrone"ai soprusi.
SALA DI CESENATICO 29 LUGLIO 1992 ...
e speriamo bene!
1) LIBERA ASSOCIAZIONE DI IDEE scaletta
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avvenimenti da arricchire e tagliare
Buona seraaaa! Da quando non partecipo ad un
festival dell'Unità...pardon.... del PCI... Oddio ho
sbagliato ancora... Beh, insomma, ci siamo
capiti. Vediamo un po'... cos'era?... il 67... 68?...
25 anni fa! (Cambia tono) Me ne sono fatta un
sacco di festival dell'Unità... c'era sempre Pajetta
per il comizio di chiusura, e io che gli offrivo
un cestino vietnamita. Tutti gli anni col cestino
vietnamita!... a parte che sono sicura che il
cestino fosse sempre quello.
Mi facevo il mio stand... vendevo di tutto, una
volta libri... l'altra prodotti russi... Una volta
perfino scarpe, ho venduto al Festival... scarpe
per bambini. Era il 1966.
Ero andata in una ditta vicino a Como... ed il
Festival era per la sezione di Cernobbio, il paese
dove abitavo con mia madre, Dario, e i miei
figli. Sì, ho detto "miei figli". Tre.
Personalmente ne ho confezionato uno solo...
Jacopo, ma ho tirato su altre due bambine; Gaia
figlia di mia sorella divisa dal marito e Enrica,
figlia di mio fratello diviso dalla moglie... In 'sta
ditta di scarpe, mi hanno fatto una gran festa...:
"Oh signora, che onore! Me la ricordo in
Canzonissima... "Tutti si ricordano di
Canzonissima. Come mio suocero della guerra
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15-18, s'è preso anche una medaglia d'oro, e...
un ginocchio d'argento. "Brava, brava com'era
brava! Anche suo marito, bravo, bravissimo!"
"Grazie... grazie... Avrei bisogno di comperare...
delle scarpe non troppo costose...per... una...
festa benefica..." "Che festa benefica è?" "Ma...
per dei bambini..." Se avessi detto: Festival
dell'Unità, mi avrebbero aizzato contro i cani.
"Le do tutto il campionario... a mille lire... "
1000 lire?! In negozio le avrebbero pagate
almeno 20.000: scarpe magnifiche! Io le ho
vendevo a 10.000 e chi le comperava, faceva un
affare. Scarpe, tortini dolci, "pesca" dopo aver
girato casa per casa a chiedere roba vecchia da
buttare... vasetti di fiori... Le solite cose,
insomma. Abbiamo lavorato come belve per tre
giorni. Ero contenta come una Pasqua...
avevamo incassato un sacco. Contavo i soldi con
i compagni...più di tre milioni! Poi ho scoperto
che tutto il nostro attivo più "un debito" che ci
siamo dovuti accollare tutti noi iscritti, erano
serviti per pagare una cantante che il segretario
della sezione aveva ingaggiato a una cifra
astronomica senza dire niente a nessuno.
"Ma come, qui ci siamo fatti un mazzo così per
tirare su quattro lire e tu le vai a buttare, tutto
per tuo conto... per di più ti indebiti anche... per
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una che viene a cantare... di cui a nessuno frega
niente... e tutto per sfiducia nelle nostre forze! E
tutto per scopiazzare quei megalomani dei
compagni delle città che sono loro che
sostengono il mercato del disco facendo cantare
i cantanti ai festival... per di più li strapagano...
in una sera si beccano cifre che un operaio non
vede in due anni. (Cambia tono) Un po' di
demagogia. (riprende a gridare) Tutto da solo
decidi!! Bel centralismo democratico! Sai cosa
sei? Uno stronzo! E io straccio la tessera!" E
tutti che gridavano "Sì sei uno stronzo!!
Stracciamo la tessera stracciamo la tessera!"
Alla fine per evitare un esodo in massa, ho
dovuto far da pacere e perdonare il Rocca... si
chiamava così il segretario della sezione...
Rocca... ma che però ha dovuto fare l'autocritica,
seduta stante, davanti a tutti... Poi, abbiamo
brindato alla pace e hann fatto bere anche me
notoriamente astemia... stanchi morti e un po'
ciucchi, abbiamo cantato Bandiera rossa e
l'Internazionale ... e ci veniva da piangere. A
quei tempi ci si commuoveva facile. La sezione
di Cernobbio... Ci venivano anche i miei figli...
si organizzavano serate... dibattiti... litigate...
Jacopo e le bambine erano i più giovani iscritti
alla F.G.C.I della Lombardia. Avevano 11 anni e
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facevano la prima media.
(JACOPO CERCA DI PRECISARE, non mi
ricordo bene) Erano molto attivi... passavano
tutte le loro ore libere dalla scuola, a fare
inchieste. In una zona bianca come il comasco...
la brianza, ad esempio, con carta e penna o
registratore fermavano le donne del paese e
candidi chiedevano:"Cosa ne pensa signora della
pillola? Lei la prende?" Immaginatevi le
reazioni! Oppure tornavano a casa e: "Da oggi,
tutto quello che è americano...( si era durante la
guerra nel Vietnam in questa casa non entrerà!"
A conti fatti si poteva mangiare solo pane riso
spaghetti. Via la Coca-cola, via questo via
quello. Ogni cibo confezionato veniva scrutato
con grande diffidenza e doveva essere solo
Made in Italy, massimo roba Svizzera.
Jacopo, s'è preso anche uno schiaffo da un
insegnante... c'era uno sciopero degli studenti a
livello nazionale... loro tre, gli unici, stavano
davanti ai cancelli della scuola e cercavano di
convincere i compagni a scioperare, il professore
di ginnastica li tira per un braccio, li spintona e
cerca di farli entrare in classe... loro fanno
resistenza e via che vola un ceffone sulla faccia
del "mio bambino"!! Quel che è successo dopo
non ve lo posso neanche descrivere. Sono venuti
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tutti i professori, preside compreso, a casa nostra
a chiedere pietà per il malcapitato. Avevano
saputo che stavamo organizzando la " marcia
sulla scuola" di Cernobbio, anche con i miei
compagni della sezione Garibaldi... di Milano, la
più battagliera della città. Abbiamo perdonato,
ma abbiamo preteso un cartello affisso davanti
alla scuola dove il professore chiedeva scusa ai
ragazzi malmenati e dove si ribadiva il diritto
costituzionale di sciopero anche del cittadino al
di sotto dei 14 anni. Mi ricordo che per le
elezioni del... (non mi ricordo la data) mia
mamma, 80 anni era a Montecatini, mi telefona
e mi fa: "Devo tornare a votare..." "Mamma, non
preoccuparti... " dico senza neanche un briciolo
di vergogna "stai lì tranquilla... gli anziani
possono votare anche dopo..." Che stesse pure a
bersi le acque. Sapevo che se fosse tornata in
tempo avrebbe votato D.C.! La sera in sezione
preoccupata ne parlo con i compagni, ben decisa
a non fare avere un voto in più alla Dc. e sbotto
solenne: "Compagni!, se mia mamma torna,
facciamo un seggio finto qui, in sezione, le
diamo una scheda di quelle per la propaganda.. e
la faccio votare qui." Silenzio di tomba! Pausa.
Il il segretario Rocca, con la sua faccia onesta e
pulita paonazza di indignazione, fa per parlare e
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un compagno gli grida: "Zitto tu, che hai speso i
soldi per la cantante che ancora stiamo pagando
i debiti!" Ricade il silenzio di tomba... Tutto il
direttivo... che erano poi in tre... quasi in coro
fa:"Pensiamoci su..." poi uno intona "Avanti o
popolo alla riscossa..." gli facciamo coro,
commossi da tanto ardire! Poi, per fortuna mia
madre se ne è dimenticata... Mi sono iscritta al
Pci... alla fine degli anni 50... Ho debuttato a
otto giorni, ne il figlio della "Genoveffa di
Brabante", in braccio alla mia mamma. Non
parlavo tanto quella sera lì...Via via che
crescevo, ho interpretato tutti i ruoli possibili ed
immaginabili maschili e femminili. Andavo a
scuola, e lavoravo la sera... Quante volte mi
sono addormentata nelle casse dei costumi? Poi
è arrivata la guerra. A Varese dove avevamo
sede fissa... i bombardamenti non si sentivano...
Sì, qualche volta buttavan qualche bomba sulla
fabbrica d'aerei, la Macchi... ma non la
beccavano mai. Si recitava a Varese e nei paesi
intorno. Si circolava con un permesso speciale
per le ore del coprifuoco, ci spostavamo con una
corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del
comportamento bizzarro che aveva, che più che
al suo cattivo carattere andava attribuito agli
anni. In certi paesi, nei quali ad una certa ora del
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giorno si passava, nei turnichè particolarmente
ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci
aspettavano... ci spingevano ridendo come matti,
poi la sera ci raggiungevano ed entravano a
godersi lo spettacolo gratis. "Siamo quelli che
abbiamo spinto la "Balorda." "Passate". Non era
bello girare di notte... durante la guerra ma noi
ragazzi, non ce ne accorgevamo... si cantava, si
rideva... evitando di guardare fuori dai
finestrini... Non si vedeva una luce! Una notte
un gruppo di tedeschi e camicie nere ci hanno
tenuti bloccati sino all'alba. Se quell'alba avesse
portato la notizia di una missione tedesca andata
male ci avrebbero fucilati tutti. L'abbiamo
saputo qualche giorno dopo. Altre volte,capitava
che ci fermassero dei partigiani. Non dicevano
"siamo partigiani" ma erano in borghese con i
mitra! "Signor Rame - facevano a mio padre - ci
dà un passaggio?" Li facevamo salire. Più avanti
capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci
fermavano. Un'occhiata al lasciapassare "Buona
sera signor Rame... com'è andata la
serata?""Benissimo!" "Buona notte."... "Buona
notte" e via che ce ne andavamo... senza un
goccio di sangue in faccia a cantare con più
forza di prima. Anche i partigiani cantavano.
Gridavano più di tutti! Dicevo che mi ero iscritta
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al PCI alla fine degli anni 50. Mi ricordo che il
giorno dell'iscrizione ero molto emozionata. Ci
sarebbero voluti due compagni a presentarmi,
ma ero conosciuta... quindi se ne è fatto a meno.
Ho fatto il mio primo colloquio politico con
Tortorella... me lo ricordo dietro alla scrivania...
molto compreso nel suo ruolo... un po'
imbarazzato.. ma serio... fin troppo. Quanti anni
sono passati... quanti salti all'indietro abbiamo
fatto! Quanta "roba" è crollata, muri... fede,
ideali,
ideologie...
speranze...illusioni...(
Ricordarsi manifestazione blocco giro d'Italia.
"Siamo con te Dario").
Nei primi anni del settanta... non mi sono più
riconosciuta nel PCI. vedevo che teoria e pratica
se ne andavano per strade diverse... che quello
che mi capitava intorno, non corrispondeva a
quanto stava scritto dietro la mia tessera...
allora, come tanti, me ne sono uscita. (1)
ACCENNARE
PERIODO
STORICO,
MANIFESTAZIONI,
SALTO A parlar di DONNE.
Non è una storia mia... è mia (indica il pubblico)
è tua e sua ... tante storie messe insieme... ecc.
1) IL SODALIZIO INFAME!
"Come hai dormito..." mi fa..."Bene...." "Scendi
a fare colazione?" ..."No, non subito...(si
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schiarirsi la voce)Ti devo parlare.... Stiamo
calmi però... Siediti... sopratutto non alziamo la
voce... c'è gente in casa e non vorrei...."
Lui si siede sul letto passandosi una mano sulla
fronte. Ogni qualvolta si affronta (naturalmente
sono sempre io che parto) questo argomento e
lui "sa qual'è", in un secondo è madido di
sudore... ma proprio bagnato fradicio. Mai vista
una cosa così repentina. Come girare un
interruttore. Gli prende un'emozione che gli
parte... dal profondo... diciamo... della
coscienza... sono tutti i suoi sensi di colpa, che
gli affiorano insieme. BUM!: ecco l'effetto
sauna".
"Caro, vorrei che te ne andassi...."
"Perché?!" Gli manca il fiato.
"Non reggo più la vita che stiamo facendo. Non
ce la faccio più a stare con te... Negli ultimi 20
anni sei sempre stato innamorato. Sempre di
un'altra... e mai la stessa. E d'estate di più. Ed
ora siamo in pieno luglio!Non ce la faccio più a
vederti dalla mattina alla sera guardare l'orologio
per controllare se "è l'ora buona" per
telefonare... alla fidanzata di turno... Con questa,
dalle 11 alle 11 e mezza, non ti tiene più
nessuno... e poi anche dalle due alle tre... la
sera... dalle 7 alle 8. Non sopporto più il tuo
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evidenziare, senza volerlo per carità, ogni tuo
rapporto con l'altro sesso con movimenti
telefonici... senza misura... e sopratutto senza
tenere conto che ci sono anch'io al mono, e al
tuo fianco, per di più. Anche se sei innamorato
pazzo... ed è legittimo... anzi, beato te!, mi
disturbi troppo... le scuse che tiri fuori per uscire
a telefonare... mi fanno imbestialire perché sono
un oltraggio alla mia intelligenza... : riprendo,
"vado dal parrucchiere"-"ma è lunedì...""Ah
sì?..." - pausa - "Ti andrebbe di mangiare del
pesce ?"-"Ho già fatto il lesso...""Ma m'è venuta
voglia di un bel pesce... vado a comprarlo... così
mi
sgranchisco
anche
un
po'..."-"Sta
diluviando...""L'acqua fa bene... fa diventare più
alti"-"Guarda che a 66 anni...non si cresce più...
( al pubblico) Una toccatina alla tasca posteriore
dei pantaloni per essere certi che l'agendina nera
dell'amore sia lì... anche la tesserina della Sip...
sì, c'è... bene... "Torno subito... Vuoi qualcosa
cara?..." e tornava quasi subito... con pesce per
30 persone, non è stato mai capace a regolarsi
con la spesa... e con 24 rose rosa del "nostro"
colore... e un bigliettino "Ti amo cara tanto
tanto." Il bello è che è vero. E' vero! Lui mi ama.
Tanto tanto. qualche volta mi viene da pensare:
"Chissà cosa succederebbe se mi odiasse. Mi
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strapperebbe i denti ad uno ad uno senza
anestesia... gli occhi... le unghie. Ho sofferto
molto in questi ultimi 20 anni. Lui non se ne
rende conto. Lui, non capisce. "Tu hai il fuoco di
Sant'Antonio nello stomaco per non dire nel ..."
"Vedi caro"... io sono molto più creativa. Mi
muovo meglio... voglio dire... mi sono "sempre"
mossa, quando mi muovevo... meglio di te. Ora
sono immobile - qui ho dato giù un po' con la
voce, bassa intensa, sofferta... ma attenti,
soffrivo davvero - come una casa popolare senza
nemmeno un inquilino: un palazzone orribile
pieno di stanze vuote... pronto per l'autocrollo"
Come mi sia uscita una frase così, di luglio...
con quasi 40 gradi, non lo saprò mai. Non lo
saprò mai!
Ci devo far sopra una canzone... Non ci sono
mai canzoni sulla disperazione di una donna
"vecchia" abbandonata dal marito o "col marito
coglione"...(inventare qualche strofa) o che parli
della menopausa...
(Consigli sulla menopausa, proseguire,pillole
cerotti. Continuare insomma.)
No, solo canzone d'amore... o di sesso. (Citarne
qualcuna ridicola la devo trovare perché non
ascolto più la musica. Perché non ascolto più la
musica?)
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(al pubblico) Non ho capito che mestiere faccia
la "turnante"... Non so chi sia... E' che il diavolo
fa le pentole e non i coperchi. Sono andata a
trovarlo, stava fuori Italia per lavoro, dopo sua,
più che insistente richiesta via fax, 11 fogli, per
convincermi a raggiungerlo... (che, visti gli
avvenimenti del proseguo, mai capirò il perché.)
" Vieni ti prego, ti voglio vedere stare con te
amore vienivienivieni.. ecc. Vado. Tutto bene,
sembravamo persino felici...Qualche tensione
trattenuta tra le mie budelle quelle due o 5
volte, (un ossessione? a quell'età lì, capita) che
spariva per telefonare... tanto da procurarmi una
fibrillazione acuta, due medici nella notte,
elettrocardiogramma, per fortuna niente di grave
tolto le occhiaie il giorno dopo.
Per il resto, tutto bene, come ho detto,
sembravamo felici.
Come al solito, le cose più noiose le faccio io,
(forse m'ha fatto venire per quello): prenotare gli
aerei, fare le valigie, pagare il conto... e col
conto, mi ammollano 5 fogli con la trascrizione
elettronica delle telefonate. Do una guardata ai
5 fogli 5 e mi siedo... Sono molto emotiva... Sto
per svenire.
Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che le
telefona, ma non vi nascondo che fa una certa
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impressione vedere nero su bianco, per pagine e
pagine ore 23 e 5 numero telefonico mio.... ore
23 e 8 numero telefonico della ragazza... ore 10
e 15 il mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la
precedenza... eh... sono la moglie. e via così per
telefonate e telefonate... ore 5, e 27 numero della
ragazza... Meno male che non ha chiamato me,
alle 5 e 20 che lo ammazzavo. Perché la chiama
alle 5 e 27?!! Poi ore 4 e 50... ma che cazzo di
lavoro fa?... Poi di colpo nessuna telefonata al
numero amato: per tre giorni solo telefonate a
me e tante, come sempre. Ecco, l'aveva
raggiunto.
Come in un film a doppia velocità mi sono
rivista tutta la mia vita e la sua, dell'ultimo
periodo attraverso quelle telefonate. Tutta la
nostra vita. Sono stata seduta una ventina di
minuti. Mi girava tutto. Mi sentivo svenire.
Come quella volta che eravamo al mare... In
quel periodo lui stava "assolutamente" solo con
me... Eravamo sposati da poco... No, non
ridete... per almeno 20 anni mio marito m'è stato
fedelissimo.
Forse. E' negli ultimi 20 anni che... Vi stavo
dicendo del mare... io stavo a riva con mio figlio
che aveva come un 5 anni... mio marito faceva il
bagno, appena appena un cento metri più in là,
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SALA
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con la mia migliore amica... un'amica vera. Ne
esistono sapete. Beh... ad un certo punto, non so
per quale effetto ottico... li ho visto avvinghiati.
Forse stavo avendo una visione negativa
mandatami dal diavolo o dal Signore per
mettermi alla prova... Non so...
Sono svenuta. Veramente: svenuta!
Mi sono rispresa con le urla strazianti del mio
bambino "mamma mamma... aiuto la mamma
muore" e stavo proprio morendo in quanto ero
caduta in avanti con la testa in acqua... che per
quanto bassa sia, sull' Adriatico, bastava per
affogarmi: mi stavo auto-affogando per amore.
Io voglio molto bene mio marito... anzi... lo
amo... Il disastro sta tutto qui: Che lo amo
ancora dopo 40 anni.
Mio figlio dice: "guarda che non è più quello
che hai conosciuto... sono passati molti anni...
Anche tu sei cambiata... anche tu non sei più
quella che lui ha conosciuto. Tu sei innamorata
di una persona che non esiste più. Tu sei
innamorata di un ricordo." "No, io sono
innamorata di lui!" Lui, lo conoscete tutti... lui è
veramente extra, delicato, spiritoso, ironico, di
una intelligenza superiore... canta, dipinge,
scia... le ha tutte... eclettico... geniale, anzi è un
genio riconosciuto... Per bene... Non si può dire
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che sia bello... ma ha un gran fascino... Ma
oggi... in questa mattinata dove sono decisa a
dire "basta", penso che forse ha ragione mio
figlio: sono innamorata di un ricordo Guardo
mio marito... e di colpo lo vedo com'è... non
come l'ho "sempre" visto... come è realmente.
Di colpo vedo le sue gambette corte... Beh, le ha
sempre avute corte, non è che gli si siano
accorciate con l'età... è che quando era snello...
non si notavano tanto... le sue braccia... che
impazzivo quando mi abbracciava... Ma erano
quelle cose lì? Due braccettine senza tono
muscolare...
da
imprenditor-intellettual...
stomaco e ventre prominenete... un po' ... (si
esprime con un gesto) pettorali che.. insomma,
un po' giù... Gli occhi così intensi, neri come il
carbon... che quando si perdevano nei miei, mi
facevano tremare... svenire... ora li vedo
sbiaditi... quattro capelli in testa... la faccia
stanca... le guance... che se gira la testa di
colpo... vola via. Ciò nonostante c'è una parte di
me... che anche in questo momento, sente una
grande tenerezza per lui.
Maledizione, ma perché s'invecchia?
Dovrebbe farsi la plastica - penso... dovrebbe
farla.
Io l'ho fatta... mi sono tirata via di colpo quei
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dieci anni che m'intristivano... è stato quando lui
si era fidanzato ufficialmente con... Quando ho
avuto la certezza che mio marito faceva sul serio
con una ragazza di 37 anni... più giovane di lui,
che se ne andava in giro, che si faceva vedere
che frequentava gli amici comuni che" attenti a
non fare gaffe, che stassera arriva la moglie" ho
fatto il giro delle farmacie di Milano... non che
meditassi chissà che... ero come in trance... una
bustina per volta, e Veronal e Veramon e
Gibalgina e Optalido... Le comperavo così...
senza determinazione... Non si sa mai. Sempre
meglio essere pronti all'occorrenza... Per tre
giorni ho girato farmacie. Poi sono andata da lui
e gli ho detto che partivo. "Dove vai?..." "Non
so...." "Ma perché te ne vai... io ti amo... tu conti
più di tutti al mondo..." "Sì. Ciao"
Salita in macchina di colpo non mi è venuto in
mente neanche un posto dove mi sarebbe
piaciuto andare. Li ho fatti passare tutti. Ho
pensato anche all'estero vado a Parigi... Londra...
Bruxelles... Dopo un'ora di riflessioni e giri
turistici col cervello, prendo tempo e vado in
ufficio. E' sabato pomeriggio. Non c'è nessuno
ne deve venire nessuno. Sì, nel mio ufficio: 360
metro quadrati, 11 stanze. Beh, a parte questo
fatto, vado nel mio ufficio.
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Imprevisto! C'è mio nipote e un nostro
collaboratore: Walter. "Che fate qui?" "Nulla...
avevamo da chiudere una storia... stavamo
andandocene. E tu che fai?" "ho da fare..." Loro
se ne vanno. Mi sono guardata intorno...
Pensavo a lui, che sicuramente aveva già
telefonoato alla ragazza del momento: si
chiamava Maria, o Stella, o... non mi ricordo
più...:"è partita puoi venire".
Tolgo dalla borsetta tutto quello che ho,libretti
degli assegni, chiavi di casa, della cassaforte.
Non mi viene da scrivere niente. A chi dovrei
chiedere perdono? E perché? A mio figlio
forse... Ma no, sta crescendo, ha la sua vita... io
non servo più nemmeno a lui.
Forse ero un po' depressa (ride). Sentivo che già
non esistevo più, che ero già morta. Senza
interessi per niente e nessuno. Brutta storia.
Casermona popolare di trecento appartamenti
con nessuno dentro.
Ho tolto dal cartoncino...tutte le mie pastiglie...
ne ho fatto un bel mucchietto davanti a me.
Ho preso una scodella, l'ho riempita d'acqua ne
ho messe tre o quattro in bocca e giù a bere.
Su un foglietto ho annotato: 3 e giù a bere, più
3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove... Devo dire
che si fa una gran fatica... ti si impasta la
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bocca... non riesci a deglutire... ti viene voglia di
smettere... ancora 5... Ma cosa sto facendo?!
ancora tre... e 5... Credo di essere arrivata a
50...Da un pò non segnavo nulla sul foglietto...
Chissà perché mi era venuta questa idea del
segnare... forse per potermi regolare quando
stendermi.
Ora mi mi gira la testa... mi vado a stendere...
continuerò a prenderle da stesa... Arrivo al
divano... mi gira tutto... bevo un po' d'acqua
ancora... poi la scodella mi cade... e non ci sono
più... "Che bellezza è finalmente finita... adesso
sì, che dormo!!" credo sia stato l'ultimo
pensiero.
Invece no.
Sento che mi sollevano di peso, mi costringono a
camminare... mi parlano, gridano, io mi lascio
andare non reagisco, non voglio reagire "deve
camminare non fermarti! Falla camminare!" ma
chi parla?...Chiama il marito... telefona
all'ambulanza..."Quante ne hai prese parla!" E' la
voce di mia sorella... "Pensa a tuo figlio,
maledizione quante ne hai prese?" chi è
questo...mio marito... Ci sono proprio tutti. Tutti
uniti.
Una festa di famiglia.
"Sbrighiamoci... ha 21 pulsazioni... portiamola
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via"
Chi
ha
parlato...
gli
infermieri
dell'autoambulanza. M'infilano in un lenzuolo
per trasportarmi... mi sento urlare... e non so
proprio forse la rabbia mi faceva uscire il fiato o
forse l'ho sognato "voglio morire!!! Lasciatemi
maledetti voglio morire!!!" Per un anno intiero
non sono andata nel mio ufficio. Morivo di
vergogna. Non capita tutti i giorni di essere
trasportata per le scale avvolta in un lenzuola
perché la barella non passa, tra gli sguardi degli
inquilini allibiti "una signora così per
bene!...pensa te!..." finire al Pronto soccorso
seguita da una decina di parenti mariti sorelle e
la gente che ti guarda e i medici gentili che ti
fanno iniezioni da ogni parte, una flebo nel
braccio... ti fanno bere un 700 litri d'acqua con
dentro non so che... "vomiti signora coraggio" e
tu che tiri su l'anima e tutti sono contenti e non ti
trattengono perché sei persona conosciuta sì,
capiscono....ma certo lo scandalo, i giornali... si
figuri... e via che torni a casa e dormi per un 5
giorni e quando ti svegli sei così debole che non
capisci se è bene che ti sia andata bene, e se ti è
andata bene veramente.
Riprendi a vivere la tua bella vita di merda... un
po' imbarazzata... senza il coraggio di guardare
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la gente negli occhi.. e tutti che ti trattano come
una che è matta... e non come una che ha
bisogno d'amore.
Ho sempre avuto un morboso bisogno d'amore.
Da piccola, avevo un 5, 6 anni e per attirare
l'attenzione dei miei, ho rovesciato qualche
goccia d'inchiostro rosso nel mio vasino della
pipì. La mia mamma, sconvolta... mio dio, s'è
sviluppata a sei anni!... No, no.. forse è un fatto
renale, chiama il dottore, chiama il dottore, tutti
gridavano, piangevano... e quando, felice di
tanta attenzione ho tirato fuori la bottiglietta
d'inchiosto rosso, hanno capito... m'è arrivato un
ceffone dalla mia mamma, che ogni volta che
sento l'odore dell'inchiostro, mi tocco una
guancia.
Meno male che hanno inventato le biro!
"La prossima volta mi andrà meglio." Ho avuto
addosso per anni la voglia di ammazzarmi...
specialmente quando scoprivo un nuovo amore
di mio marito. Maledicevo la mia debolezza...la
mia incapacità di reazione, di prendere su, come
si dice, e andarmene. Stavo lì come una
lumacona... senza forza ne idee... a crogiolarmi
nelle mie disperazioni invece di... che so,
andarmene... ammazzarlo... bruciarlo...
Cos'è?... non mi verrete a dire che voi mai... mai
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neanche una volta avete pensato o tentato di
ammazzarvi.
E allora ho fatto il liftingh.
Il liftingh l'ha fatto, a parte le attrici, anche
quelle che minacciano querele se qualcuno dice
che hanno fatto la plastica, anche Mastroianni...
Manfredi... lo so di certo... l'han fatta un sacco di
uomini politici... anche in America. Ieri sera
guardavo De Mita in televisione... e l'ho trovato,
nonostante le preoccupazioni... ringiovanito...
per me l'ha fatta anche lui.
Dovrebbero passarlo come servizio sociale, il
lifthing... sì, con la mutua... sai quanta gente
triste tornerebbe a ridere?
Conosco un medico che li fa a rate... che una,
ora che ha finito di pagarlo è già tutta ricrollata e
deve ricominciare da capo. Tira su sederi, toglie
le "borse" (accenna gli occhi) la pappagorgia... ti
tira su... ti tira via tanta di quella pelle in più da
ricoprirci una poltrona. Ti ringiovanisce anche le
mani, se vuoi... tutta... che se incontri la tua
mamma, ti porta a fare la prima comunione.
No, caro figlio mio, io lo amo il tuo papà, altro
che storie... "amo lui"... lo amo così com'è. Che
m'importa se è invecchiato... anch'io sono
invecchiata... Lui è i miei ricordi, la mia vita...
Sono i sentimenti che contano... In quel famoso
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fax di 11 pagine m'ha scritto: "non lasciarmi, le
altre non contano, conti solo tu, dobbiamo stare
insieme, è con te che sono stato al mondo." Ho
pianto. E' quello che mi dà, che conta... Sì è
vero... lavoro tanto per lui... quando è a casa mi
sembra di avere intorno un bambino
spastico...:"e dov'è questo? e dov'è quello? Mi
dai la gomma grazie, vorrei un paio di calze...
farei il bagno ma solo tu sai dov'è il costume..."
Certo, è un segreto di famiglia!
Sempre svagato... distrattissimo. Solo quando
deve organizzarsi le storie con le sue ragazze,
diventa attento, memorizza tutto, pare uno della
CIA.
�Gentile, generoso, intelligente... ma devo dire
che in questi ultimi dieci anni è diventato un po'
più pesante dei primi trenta... Se penso che da
quarantanni sto sempre con lo stesso uomo mi
sento prendere da un'ondata d'ira omicida. Ma
perché?!
Colpa
della
mia
mamma...
dell'educazione che mi ha dato... Del CATTIVO
ESEMPIO che m'ha dato: fedele a suo marito
come una suora di clausura! (cambia tono) Non
che io sia stata fedele a mio marito come una
suora... Per la carità!
Ho avuto eccome le mie storie, ma non
abbastanza... e per fortuna che le ho avute!,
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altrimenti adesso starei tutto il giorno a sputarmi
in faccia.
Però diciamo che vivevo malissimo i miei
tradimenti... le mie "trasgressioni".
Sensi di colpa da perdere sonno, appetito, pianti
disperati in segretitudine... singhiozzi tra le
braccia di lui, del tradente... "oddio cosa sto
facendo?!..." singhiozzi tra le braccia di lui, del
tradito: "Oddio che ho fatto!" "Micina amore
tesoro perché piangi?!"-"...non so... così... per
niente... sono una sciocca"-"Calmati amore...
non piangere micino mio... Mi ami?"
Mi usciva tra i singhiozzi un urlo strozzato.
"Tanto!!!" "Non gridare così... ti sente tutto il
palazzo" Come soffrivo!
L'ho tradito, ma lui ha sempre occupato il primo
posto nella mia vita. Il primo! E non l'ho mai
fatto soffrire!
(Cambia tono) Sì, dovrebbe proprio farsi la
plastica... non tanto... una tiratina... No, non per
me... io lo amo così com'è... ma per le ragazze...
anche per non essere scambiato per il padre. Se
pensate che sono cattiva non vi sbagliate...
Lasciatemi almeno essere cattiva. Lui va pazzo
per le ragazze... C'è chi va pazzo dei bomboloni,
lui... E' questo l'argomento del mio bloccarlo in
camera questa mattina. Le ragazze. E lui lo sa e
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suda. Mi spiace farlo stare male... ma.... non
posso più rimandare. (Prende il fiato) Devo
assolutamente parlare. (riprende il fiato)
Definire... (C.S.) Finire. Se no, scoppio.
"Ma via!... dopo 40 anni di matrimonio stai
ancora a rompere perché lui... Ma lascialo
tranquillo... lascia che si sfoghi... tanto lui ti
ama! Non se ne andrà mai da te!"
Chi è che parla? Tutti quelli che conosco.
E' quel "non se ne andrà mai" che ora m'ha
messo in crisi. Un po' di tempo fa ho chiesto al
mio medico: "quando, gli uomini smettono di
fare all'amore?" "Hai voglia, ragazza, (sono 40
anni che mi chiama "ragazza": tu hai due età,
quella anagrafica e quella biologica, cara
"ragazza"...) hai voglia! Gli uomini fanno
l'amore fino a 80 anni!" E' orgoglioso.
"Fino a 80 anni???!!! Dunque, lui ne ha 66 e io
dovrei andare avanti ancora per 14 anni così?
No."
"Tu hai il fuoco di sant' Antonio nello stomaco...
per non dire nel ...." Non mi piace mai essere
volgare in momenti così... anzi, mi disturbano
molto quelle donne che perdono il controllo... il
senso della misura, che danno fuori, che
spaccano oggetti in casa. Per la verità, quando
lui ha detto dopo che io gli ho detto del fuoco di
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Sant'Antonio: "No, guarda che ti sbagli..io..." e
si stava avviando alla porta per andarsene... ho
sentito nello stomaco una cosa proprio brutta.
L'istinto omicida che ognuno di noi ha in fondo
all'anima... Ma sì, che ce l'avete anche voi! Dai...
Proprio mai avete pensato in un momento di
disperazione estrema... di esasperazione
estrema, "adesso l'ammazzo"? Non importa chi:
il marito, il padre, la madre, il professore, uno
stronzo in un momento "no" che vi sbava
addosso un complimento troppo pesante... o il
capo ufficio... o una ingiustizia... No, no... zitti,
zitte!, non dite niente. Ora, mentireste. E se
invece non mentite, e siete presi da una
improvvisa ondata di sincerità, mi mettete paura.
Stiamo calmi. Non vorrei che qualcuno si
alzasse e si mettesse ad urlare: "Sì!!!!!
l'ammazzo!!!" e via che salta addosso al vicino,
alla vicina di poltrona e lo o la strozza, qui in
mezzo a tutti. Zitti, calmi e fermi. Continuiamo a
mentire per ora, l'ammazzere alla prima
occasione.
E mi raccomando, non reprimetevi, fate le cose
per bene.
Rimandiamo: lo farete questa sera a casa vostra.
"E' meglio che ti sieda immediatamente o entro
cinque minuti hai la casa distrutta.... rompo tutto
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il rompibile, vetri compresi e forse rompo anche
te."
Non ho alzato la voce. Ci conosciamo da
quarant'anni. Capisce che non sto scherzando.
Lui torna a sedersi sul letto... si passa la mano
sulla faccia sempre più sudata... poi si stende...
asciugandosi il sudore...
"Ti stavo dicendo che vorrei che te ne andassi. Il
nostro, ormai è un sodalizio infame... è ora di
romperlo. "
"Oh, esagerata... perché infame... Io sto bene con
te..."
"Io no, io non sto bene con te. Sai come mi sento
"con te"? Agli arresti domiciliari... da più di
vent'anni.
Sono un detenuto in attesa di giudizio...
la
sentenza che sto aspettando? Condanna a
morte." Lui fa un sospiro proprio di quelli che
straziano... pardon, che mi straziavano. E sì...
non era la prima volta che dicevo una cosa
così... Non che l'abbia ripetuta tante volte... ma
qualche volta sì... Di solito a 'sto punto, mi
commuovevo talmente per quello che stavo
dicendo... che non riuscivo a trattenere le
lacrime... lui sospirava... allungava una mano...
"ma io ti amo!..." e io giù a caragnare senza
ritegno... "sì...condannata a morte sono!" Mi
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usciva costruita così la frase...non "sono
condannata a morte" ma "condannata a morte
sono!" Chissà perché... mi veniva di dirlo alla
meridionale. (piange) "condannata a morte
sogno... voglio dire... sono..." arrancando già col
corpaccione qualche millimetro verso di lui...,
pronta ad essere afferrata tra le braccia
incantatrici... "Amore ma perché dici così... lo
sai che ti amo... lo sai che conti solo tu... lo sai
che
le
altre
sono
solo..."-"No,
no...lasciami...lasciami...Voglio morire!..." ma
ero con la testa sulla sua spalla e singhiozzavo
rilassata...
"Micina
mia...
bambinona..."
"Amore... non farmi più soffrire...Ti amo
tanto..." "Anch'io ti amo..." E via che tutto
ricominciava da capo. No, non finiva con una
scopata... pardon, volevo dire... non facevamo
l'amore... Io e mio marito l'amore non lo
facciamo da 20 anni, per l'esattezza da 22 anni.
Perché? Non lo so. Non saprei proprio spiegare
come ci si sia arrivati... fatto è che ad un certo
punto non ci siamo più interessati sessualmente.
Veramente non so chi abbia incominciato... A
pensarci bene... forse lui. Il fatto è che era
scoppiata la "rivoluzione". Sì... sto parlando del
68. Mamma mia è stato veramente un
Sessantotto per me! Una gran confusione di
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pensieri idee ideologie falsi ideali...
e le
manifestazioni e la polizia e le botte e ragazzi
che morivano e le occupazioni e le canzoni... e i
ragazzi che morivano e gli operai che venivano
licenziati e il blocco dei cancelli alla Fiat all'Alfa
e l'amore libero e la liberazione sessuale e i
ragazzi che morivano... e le ragazze di 16 anni
col bidet fatto e le mutande in mano pronte come
il Nescafé... e le galere e la polizia e le ragazze...
e le manifestazioni e le occupazioni e i ragazzi
pronti come il Nescafè... e le manifestazioni e
le... e ragazzi che morivano... Scusate, mi sono
fatta prendere un po' la mano... è che mi è
difficile tenere il filo del discorso... Dove
eravamo... A sì... che io e lui non facevamo più
l'amore... Beh, ora che importanza ha stabilire
chi dei due s'è stancato dell'altro o se ci siamo
stancati tutti e due... o se uno ha sofferto perché
l'altro s'è stancato... Non serve a nulla... Fatto stà
che: basta.
Abbiamo chiuso col sesso. Tra di noi. L'abbiamo
fatto con altri "sesso" e tutta la pazzia sta proprio
qui. Aver accettato che l'"amore" tra noi fosse
finito... quell'"AMORE"... e continuare a vivere
insieme. Finisce sempre che uno dei due paga un
po' di più dell'altro. Purtroppo sono stata io a
pagare... e con gli interessi! Attenzione, non è
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che mi stia piangendo addosso. E' che per una
donna è diverso. Lo è veramente. Non abbiamo
per niente, i seni prominenti e i fianchi larghi.
Veramente ci sono sempre più ragazze con il
fisico da ragazzo... se ne vedono sempre meno
con i fianchi larghi... Chissà perché...Chissà da
che dipende questo cambiamento di razza...
forse è genetico. Non so. Dunque dicevo che 'sto
fatto di fare l'amore con altri...
�Seppur umano il bisogno di avere distrazioni,
più che comprensibile... ma negli ultimi 20 anni
gli è scoppiata come una pazzia. A poco per
volta, sempre più intrepido, deciso... spavaldo:
innamorato di un'altra, poi un'altra ecc. poi
un'altra, ecc. ma sempre con me. "Non ti lascerò
mai amore... Tu per me sei tutto... come mia
madre!" Non mi ha mai lasciata. Forse una volta
era sul punto di farlo... ma poi... Dunque dicevo
che 'sto fatto di fare l'amore con altri... 'sta
stronzata della coppia aperta è stata proprio una
stronzata. Chi arriva alla coppia aperta senza
soffrire vuol dire che non ama più... o che è stato
educato in una certa maniera in una famiglia
speciale. Io non conosco nessuno, dico nessuno,
che abbia vissuto questa esperienza senza
morirci dentro. Non sto facendo la tragica. Ho
detto "morirci". E' un fatto culturale da centinaia
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di anni... forse un duemila... di una certa
educazione... ma vedo che anche quelli che
hanno 20 anni, non ci vivono bene dentro a 'sta
storia... soffrono come cani sgozzati. Solo uno
dei due, naturalmente. Fingendo oltre tutto di
stare benissimo... poi si trovano con 4000
pastiglie di Veronal nello stomaco e hai voglia a
fare lavande gastriche, che poi si sta malissimo.
Si sta malissimo.
� 1) BIOGRAFIA FRANCA-TENTATIVO
Sto male di salute,ma mi sembra di stare molto
bene d'umore, mentre invece mio figlio dice che
tutte le malattie che io sono riuscita(un vero
primato!) ad accumulare negli anni (che vanno
dall'onicofagia-mangiarsi
le
unghie,tricotillomania-strapparsi
capelli,attorciliarli
stretti al dito anulare e infine nasconderli sotto ai
mobili.Quando uno è in ansia,si strappa i capelli
,se sola,si mangia le unghie in presenza di
altri.)E me l'ha dimostrato enumerandomi tutto
quello che ho avuto negli ultimi due mesi a
Boston."Oh,ma come sono felice,rilassata!"Un
bubbone della grandezza di un mandarino nel
seno sinistro,proprio sopra a quello che
chiamiamo cuore,dolore ai reni con perdita di
sangue,lastre,calcoli frantumati,tracce anche in
vescica,dolori muscolari alle gambe,crampi
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durante il sonno,gamba sinistra,dopo immobilità
di qualche ora,non rehhe e duole."Cos'è,il
lazzaretto tutto di un colpo?"NO,è che il tuo
fisico si fifende come può.lanciandoti
campanelle d'allarme da una situazione che tu
vivi male.Fai l'elenco di tutte le malattie che hai
avuto negli ultimi anni,gli interventi,malattie
inimmaginabili ma ben tangibili che vanno da
una congiuntivite che ti scoppia oggi,inizio di
una commedia che non ti piace e che ti sparisce
il giorno dopo l'ultimo spettacolo.Tu come un
pappagallo ripeti"sto bene"e sei pure
convinta,invece"credi" di star bene,ma nel tuo
subconscio stai malissimo?Tutta la colpa è del
subconscio.Froid ha detto un sacco di cose
relativammente importanti,cose che anche altri
avevano detto,l'unica sua* scoperta essenziale
per la vita dell'uomo per la sua mente è 'sta
storia del subconscio.'Sta storia del subconscio
deve essere vera.Mi viene in mente una tipa di
Torino che lavora all'Einaudi,si
chiama
Emilia,l'ho conosciuta tanto tempo fa,mi
raccontava della sua vita,nel dibattersi nei
problemi col marito da cui si era separata,i
figli,la suocere,l'amante del marito,la moglie del
marito.Tutti questi problemi le procuravano
fenomeni fisici stregoneschi,reazioni sul suo
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corpo che nessun medico aveva mai registrato su
alcun paziente.Che so,le lenti a contatto che si
gonfiavano a dismisura fino a scoppiare,oppure
che si bucherellavano tutte. Robe mai viste,tanto
che
l'assicurazione
si
rifiutava
di
rimborsargliele.Mio figlio ha certamente
ragione. "Tu devi sbatterti,riuscire a scavare,a
ricordare,a
scoprire
cosa
hai
dentro
realmente,quale fatto vicino o lontano ti ha
portato a questo malessere. Devi andare indietro,
indietro mamma."Mi sono presa un registratore
e via a parlare a ruota libera.Come premo il tasto
per la registrazione,non mi viene in mente
niente.Cerco di ralassarmi.Vediamo..il primo
trauma..per me è stato un trauma e grosso.anche
se poi,ora,30 anni dopo,mi rendo conto di aver
guardato i fatti con ecessiva enfasi.HO
scambiato una storia del tutto naturale per una
mancanza d'amore.L'ho vissuta malissimo.Ho
cercato di parlarne con lui,ma subito mi sono
interrotta, imbarazzata dal suo imbarazzo.
Impreparata,incolta sul sesso:è la prima cosa che
ricordo in questa incursione nella mia vita. Il
mio rapporto con l'altro sesso è statoo per
moltissimi anni un rapporto "al servizio";mai
avuto stimoli sessuali,la voglia di fare all'amore
mi veniva se ci si abbracciava e baciava...ma
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scivolavo nel rapporto senza un grande desiderio
di sesso..ero portata ad assecondare il suo di
desiderio.Del sesso,non sapevo nulla.quello che
facevamo,era venuto da solo,l'avevamo scoperto
insieme.autodidatti.Ora,per fortuna è diverso.I
giovani sanno tutto.prima ancora di avicinar si
ad una donna.Mio figlio aveva un 13 anni e già
se ne stava con un libro di anatomia in
mano.(IMENE,vedevo
soltanto
un
orecchio).L'orgasmo,l'ho raggiunto molto dopo
che praticavo il sesso.Prima fingevo.
Non me ne sono mai fatta un problema.
PENSIERI:LA COPPIA
1) Riuscirò fino alla morte a tenere per me che
tu sei solo un uomo?Io cerco di capire tutto... i
tuoi bisogni... mi sforzo di non dare maggior
significato alle "cose" di quanto in realtà non
abbiano..di leggerle per quello che sono: SESSO
E GRATIFICAZIONE ma non mi posso
impedire di soffrireper queste nostre due vite
così unite e così irreversibilmente staccate. Due
vite tronche,che vivono solo se congiunte ma si
logorano e muoiono nella congiunzione.E' molto
che sono morta.E' il saperti distratto da altro che
mi ha tolto la vita.Senza di te non posso vivere,
ma quanto pago questo mio vitale bisogno.Sono
riuscita a superare tutto ciò che ho subito.Mi
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credevo armai forte.ma il dolore torna ogni volta
come trentaanni fa.Sto vivendo un disperata e
allo stesso tempo afettuosa solitudine.Gironzolo
per questo mondo come un ombra; pensieri bui
mi schiacciano. Brontola la mia anima,il mio
cuore,i miei sentimenti ti si rivoltano contro,il
mio orgoglio di essere donna? Umiliato. E il non
sentirmi "nessuno". Non mi accontenta essere
"prima" nella tua vita..è nel mio sesso a ridere
che ti voglio tenere.Ti guardo davanti ad una
ragazza qualsiasi,trasformato,ti rappresenti,ti dai
un gra daffare,senza misura ne controllo.Ed io
sono condannata da me stessa a starti a
guardare,come tu,per tua scelta sei condannato a
vivere con me.Che fare?
�Mogli dipendente comunale che trova i soldi
in tasca al marito e li butta dalla finestra.
Inserire il discorso del grande mondo, o no?
Il grosso della vita sta fuori.
Perché la gente lascia fare ai nostri sgovernanti?
Perché accettiamo tutto?
Chi sono i critici presenti allo spettacolo 'sta
sera?
C'è Raboni del Corriere? NO?... Lo sapevo. La
differenza tra uomo e donna la vedi anche da
qui.
"indelicati" Borsellino o un altro è morto, saltato
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per aria:
" come si sente signora? Sta male?"
Perché la signora non tira un calcio nei
coglioni? perché non gli salta addosso e lo
strangola ficcandogli le dita negli occhi?
Ognuno di noi vive nel seminterrato della sua
anima.
La televisione!!
Casalinghe che si spogliano (Colpogrosso) come
si muovono che livelli di volgarità riescono a
raggiungere. Non si fermano più!
Il responsabile ultimo della situazione tragica
dove siamo arrivati, non è Andreotti, ma sono le
nostre insicurezze.
Serpente a sonagli.
Ridurre una persona a poltiglia
Perché la gente è così debole che uno può
manipolarla come vuole? Perché? Papuasia:
leggere origini e costumi. Rapportso sessuale
libero. I bambini sono nel grembo della donna e
si nutrono di sperma. Ma che trovata!! Che
civiltà.
Il maschio sceglie la femmina per la vita. Il
matrimonbio tra un maschio e una femmina è
indissolubile. Protezione militare, non sessuale.
Cucitura sesso bambine, riaperto a 20 anni.
LA CHIACCHERATA O IL PROCESSO
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1) T'ho umiliata? Quante volte? Qual'è l'ultima
volta? E il rispetto? Dove lo metti? E noi come
siamo? Come siamo? Migliorate col tempo?
Peggiorate. La vera differenza tra un uomo e una
donna, credo, consista in questo: le donne
conservano un po' più dell'uomo, il senso
dell'onestà, (non tutte) della giustizia,
dell'integrità. Siamo soggetti morali, (non tutte!)
e a volte purtroppo solo moraliste.
All'uomo è stata inculcato, sempre con quella
prima fatale poppata, il piacere per la lotta, la
lotta con qualsiasi mezzo per ottenere,
raggiungere, impossessarsi del POTERE. Il
POTERE è comando, è forza, denaro.
FASCINO. BELLEZZA. Tutte "QUALITA' ",
privilegi, che ti derivano dal potere. IL POTERE
ti procura tutto ciò che il POTERE PUO'
PROCURARE. Con il potere che ti balla
intorno anche tu ne vorresti un po'? No? Essere
donne
continua ad essere difficile, e nel
cammino della vita (è con rammarico, che sono
costretta a riconoscerlo) ti senti con un fatto che
sicuramente, dopo il turbamento che ti procura,
ti lascia amarezza e sconvolgimento addosso,
cioè, la scoperta, che le tue difficoltà di vita, di
sentimenti, le tue insicurezze, dipendono sì da
come è strutturata la società, dagli uomini, da
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quello che ci si aspetta da te, ecc. ecc. ma
dipendono anche da altri essere come te, anime
del tuo stesso sesso. Sì, amarezza e
sconvolgimento. La donna è troppo spesso, la
maggior nemica della donna. Nel lavoro e nella
vita. Giovani o vecchie che siano. Interrogate,
provate ad interrogare. Quasi tutte, fottute da
un'altra. Sì, c'entra anche lei, ma vero è che
l'amore l'uomo lo fa quasi sempre con una
donna. O giovane come te, o molto molto più
giovane di lui. E tu stai a guardare. Si fa per
dire. Naturalmente storie di questo tipo si
verificano quando il lui, è un vero LUI. Se è
giovane va benissimo, ma andrà ancor più bene,
se il LUI in discussione è senza giovinezza, è
adulto, è vecchino, è vecchio. L'impegno, per la
giovane in questione, sarà minimo.
In tutti i sensi. Intendiamoci, può, anzi dovrebbe
essere pesantissimo, ma buone prospettive, vuoi
di vita, vuoi sociali, artistiche possono
allegerirlo assai, come peso.E tu stai a
gurardare. Hai una conoscenza della storia... di
quello che passa, del senso di quello che sta
accadendo. TU SAI GIA' TUTTO. PERCHE' E'
IL RIPETERSI, del ripetersi, del ripetersi.
Aspetti... inutilmente. Cosa aspetti?
Che succeda quello che tu non vorresti. L'unico
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pensiero che ti deve dare un minimo di... sì, che
anche tu sei stata giovane, e anche la giovane di
oggi, con fortuna, o senza fortuna, (a volte non
basta sposare uno scrittore importante per
scrivere un buon romanzo, vedi MORAVIA; o
darsi ad un pittore, sempre importante, per
dipingere un bel quadro ecc. ecc. Come a dire
che se hai doti, certo con l'uomo di potere, puoi
correre nella carriere, ma se non hai nella testa le
cose giuste... dove corri?
Ti sembra di correre, ma non appena ti fermerai
per riprendere fiato, voltandoti indietro, scoprirai
di aver perso per strada qualcosa che sarebbe
stato più importante tenere, e ben stretto.)
La giovane che oggi ti mette pesantemente
davanti alla tua età, alla tua realtà, diventerà
vecchia, esattamente come sei tu ora. E questo
uomo, che tu presuntuosamente hai creduto tuo,
guardalo: che non si vede per quello che è
realmente, abbarbicato ciecamente alle sue
illusioni.
�DALL'AUTOBIOGRAFIA DI FRANCA
RAME di prossima pubblicazione: "Il nostro era
un
teatro
realmente
e
totalmente
"all'improvviso" che si basava su trame semplici
e stringate, Teatro Popolare appunto, nella
tradizione
della
Commedia
dell'arte,
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completamente opposto al teatro letterario e
naturalista messo in scena dalle grandi e illustri
compagnie che agivano nelle grandi città e
imitato in tutto il suo negativo dalle piccole
compagnie, come la nostra, che agiva no in
provincia. Il nostro successo stava tutto in questa
differenza. Il nostro repertorio era vastissimo:
dalle più famose tragedie di Shakespeare ai
drammmoni ottocenteschi, alle commedie di
autori moderni a quei tempi (Niccodemi,
Giacos, Rosso di San Secondo, alle comiche
finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a
memoria su di un copione. Nella mia fimiglia
non esistevano copioni di testi teatrali veri e
propri, ma una specie di cannovacci e per molti
testi non esisteva nemmeno il cannovacccio. Ce
li avevamo nella testa da sempre. Eravamo
bravi? Non lo so. So solo che i teatri erano
sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si
riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a
novembre. O se c'era il funerale di un
personaggio importante del paese: il prefetto, il
sindaco, il dottore, il prete il farmacista. E
quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro
repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6 la
passione, "Il povero fornaretto di Venezia " e
non mi ricordo più quali altri drammoni avessere
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successo) mio padre o mio zio, si leggevano un
romanzo, ci riunivano e ci raccontavano a
sommi capi l'intreccio, distribuivano i ruoli, se i
costumi adatti non c'erano, si rimediavano, e
via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle
quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta
dei punti chiave,
il susseguirsi degli
avvenimenti.
�BIOGRAFIA
PER
ENCICLOPEDIA
TRECCANI SALA
DI CESENATICO 20 SETTEM. 1992
Franca Rame debutta in teatro a otto giorni, tra
le braccia di sua madre, nel ruolo della figlia
della Genoveffa del Brabante. La sua è ultima ed
una delle più importanti famiglie di attori
girovaghi.
Rappresentano,
nell'Italia
settentrionale, un repertorio assai vasto.
Stralci dell'autobiografia di Franca Rame di
prossima pubblicazione:
"La mia famiglia è di origine lombarda, nasce
agli inizi del 600, con marionette e burattini,
(conoscevano entrambi le tecniche assai diverse
tra loro). Ho debuttato ad 8 giorni in braccio alla
mia mamma. Nella mia famiglia era un fatto
naturale: appena nasceva un figlio lo si metteva
in palcoscenico. L'Accademia di arte
drammatica, l'ho fatta lì, con loro (con mio
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padre, suo fratello le rispettive mogli, i figli,
gli scritturati).
�M'è cascato sulla testa il ciclone "fica"
Ad ogni grande emozione mi si scarioca
l'orologio.
�Su ogni individuo vengono commessi degli
omicidi, ai quali siamo impreparati.
Molta gente é già morta pur continuando a
parlare e ridere.
Io ne conosco. Specialmente donne.
Strepitiamo per le scortesie, le volgarità, le
ingiustizie che subiamo, ma non ci accorgiamo
di quello che facciamo subire agli altri. Cerco
sempre di riflettere prima di muovermi, non mi
basta più contare fino a dieci... a volte conto fino
a cento, perché so con certezza che 'gli altri'
sono molto importanti. Tutti. L'errore di base
nella vita di molti (di noi donne, specialmente) è
di non saperci difendersi dai sentimenti, dal farci
travolgere, dallo 'sbatterci dentro tutto', in quello
che si ritiene essenziale per vivere: "l'amore".
L'amore ci vuole, ma a dosi ragionevoli,
controllabili. Dovrebbe essere proibito dalla
legge, farsi mangiare, dall'amore... anche se è
bello, perdersi, nell'amore. Ebbene sì, sono
romantica. L'ho capito tardi. Ora, l'averlo
capito... la saggezza faticosamente acquisita
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negli anni, mi serve pochissimo. La metto a
disposizione. Ho intenzione di aprire una scuola
per mogli. Io me ne intendo. Ho vissuto
momenti d'infelicità profonda, totale. So cosa
significhi il "non voler più vivere, (contributo
non indifferente l'ho ricevuto dal dolore fisico
continuo per anni e anni, vedi braccio). Mi sono
molto criticata per questo. Ora è "passato". E' lì,
nei ricordi.
�Non che pensassi di Dario chissà che, ma, ad
un certo punto della nostra vita, nelle storie di
"ragazze", (per la verità, sempre disponibili e
pronte come il Nescafè) non nascondo che
trovarlo uguale nella banalità di tanti "maschi",
m'ha deluso. Anche se mi sono più volte chiesta:
"ma perché dovrebbe essere diverso? Forse
perché lo è stato per 25 anni, diverso? Cosa
pretendi, che "teoria e pratica" vadano per tutta
la vita insieme? Anche i santi cadono in
tentazione." E così ho capito che il sesso, (per
gli uomini al primo posto culturalmente e
ideologicamente) il desiderio di "fare sesso"
nell'uomo permane per tutto l'arco di una vita
(ci sono novantenni neanche tanto arzilli che
davanti ad un bel sedere non resistono ad
allungare le mani). C'è chi per il sesso, da via di
testa, va in galera, stupri... violenze su minori,
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incesti, famiglie che saltano... figli di qua e di là.
Se Dario, che non ha mai violentato nessuno,
(anzi, deve stare attento a non essere lui,
violentato) non ha fatto figli fuori casa, (almeno
che io sappia) e che non ha nemmeno 9O anni,
sente il bisogno d'avere storie con ragazze varie,
non mi tormenta più.
Non mi secco se va a farsi tagliare i capelli, o
dal dentista... Sono bisogni del corpo... e (non
voglio essere né volgare, né banale) sicuramente
anche del cuore... bisogno di sentirsi qualcuno
intorno con cui fare "birichinate" (chiamiamole
così.
Forse, (non ne ho mai parlato con lui) credo
contribuisca anche l'angoscia del sentirsi
invecchiare. Sì. E' giusto così. Anche se un
tempo, ho voluto morire.E sì, ci sono passata
anch'io. E poi tutto, poco per volta, ti è chiaro.
Ti è chiaro che hai sbagliato. Tu. T'è parso di
non essere più essenziale per il tuo "lui" di non
'contare' tanto, da voler sbattere via la vita. E'
pazzesco che in momenti così, non ti salti agli
occhi nulla che ti interessi. Non esiste più
nessuno. Ti senti più niente. Perché? Chi c'è
passato, mi capisce. E poi, eccomi qua, calma.
La donna invecchiando (e ragazze, succede a
tutte d'invecchiare) si acquieta... (è vero che
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qualcuna in menopausa dà via di testa, ma è
abbastanza insolito). Il segreto è camminare
dignitosamente con i propri anni, rispettarsi.
Non rincorrere le illusioni... non perdere mai il
senso del ridicolo... e anche "comprendere".
Molte cose se ne vanno. Quello che rimane,
prepotente è il bisogno d'amore da parte di tutti
quelli a cui vuoi bene: i figli... l'attenzione di chi
ti sta vicino, bisogno di carezze, di dormire
abbracciati, di svegliarsi la mattina e dirsi
"ciao". Di tenersi per mano, di ridere insieme o
di stare in silenzio, insieme, di lavorare insieme.
E tutto questo ce l'ho. E giuro, non è poco!
Rimpianti? Certo. Struggenti? Un po', ma chi
non ce li ha? Se guardo indietro e do una
sguardata a questo mare di anni di vita... con
Dario... se penso alle tante persone che ho
conosciuto... a mio figlio, a Gaia ed Enrica... i
loro figli... al piacere di essere nonna di Mattea...
mi sento nello stomaco un qualcosa che mi fa
venire il magone dall'emozione.
Quante cose ho fatto! Quanta simpatia ho sentito
intorno a me e, sì, anche rispetto e amore,
l'amore di Dario e di tanta gente. Ho avuto
molto. Si può ritentare... in un altra vita. Ci stai
Dario?
�E così... s'è infiltrata tra i giovani il concetto
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"amore libero"... nei giovani... e anche ... in
quelli meno giovani.
Tra gli animali, il leone ad esempio, sceglie la
femmina per la "vita", il loro matrimonio, pur
non essendo celebrato in chiesa è indissolubile.
Ma c'è assoluta libertà nel rapporto sessuale...
per tutti e due... Quella del maschio per la
femmina, la "sua" femmina, è una protezione
militare, cioè difesa della vita, non sessuale.
Quanti di voi vorrebbero essere un leone?... una
leonessa? (ruggito) Fuori la verità! (ruggito).
Questo per gli animali...
In molti popoli primitivi, l'amore libero è
praticato da sempre. Il rapporto sessuale libero!
Come vorreste essere un primitivo, lo sento!
Il più creativo in fatto d'amore libero fra tutti, è
il popolo della Papuasia.
Creatività... senza offesa... che non può che
essere femminile... Non so se ancora oggi... ma
in Papuasia l'hanno inventata bella per fare sesso
libero, e lì la donna è padrona e il maschio in
soggezione, c'è addirittura la convinzione, che
i bambini siano nel grembo della donna dalla sua
nascita, voglio dire della donna, ma per
crescere... e di conseguenza, nascere, devono
essere nutriti... con sperma.
Vi immaginate la scena? Ogni volta che la
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donna... la DONNA!, ha voglia di fare l'amore
urla:" il bambino ha fame!! Il bambino ha
fame!!" e via... tutti gli uomini della tribù che
corrono a nutrirlo... "Adesso basta... ha mangiato
abbastanza! Via, andate via!" La cosa più bella,
che "il figlio" quando nasce non è figlio tuo e
tuo o tuo, non c'è paternità individuale, ma
collettiva: il figlio è di tutti!
Se Dio fosse stato della Papuasia il paradiso
terrestre l'Eva avesse impostato il suo rapporto
con Adamo come le donne della Papuasia,
pensa te che sconvolgimento! La storia del
mondo sarebbe cambiata, così gli usi... i
costumi... Che civiltà.
�Mao-TZE _TUNG
Con "Le-nin le- nin le-nin...ah. . le-nin ah....
Stalin. l'amore a quei tempi si faceva così. Ma
sì che lo conoscete mio marito.... è quel tipi non
tanto alto...quattro capelli in testa... ventre
prominente...beh diciamo che gli batte sui
testicolo... le guance gli arrivano qui... denti
appena rifatti... disturbi alla prostata...Beh,
questo non si vede...ma si sà. Ecco sì...propio
quello lì.
1 IL SODALIZIO INFAME!
�Sto uscendo da un periodo di almeno 20 anni
di coma profondo. Sì, avete capito bene. Coma
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profondo - in piedi.- Si può? Si può.
Guardatevi intorno. C'è un sacco di gente che ha
'sta malattia, il "coma profondo in piedi"...
Non li vedete? Nessuno di voi è in coma?
(Come a rispondere ad una domanda del
pubblico) Com'è il coma profondo in piedi?
Io ho sempre camminato, parlato, mangiato,
dormito - ma in coma - e profondo Che so...parli
con la gente, ma non ci sei - non ti accorgi se c'è
il sole o piove - e se c'è il sole, non te ne
importa niente. Somatizzi tutto quello che ti
succede intorno, senza accorgertene... Stai male
da morire ma nessuno lo vede. Sorridi, ma solo
con la bocca, così: (esegue) meccanicamente.
Non c'è nulla che ti emozioni o emozionerà,
nulla che ti squota, che ti interessi, né i figli, il
lavoro, le vacanze, il successo, l'amore.
Niente. Il tempo passa e niente cambia. Non c'è
niente, che ti spinga a fare niente.
Cammini, mangi, parli, dormi, ma non ci sei.
Dormi sul tuo letto sospesa senza manco
toccarlo... tutta tesa.
Quando dormi pensi alla morte senza accorgerti
di pensarci. Una mattina ti svegli e di colpo ti
rendi conto che sì, oggi, lo farai.
Ma andiamo con ordine.
"Come hai dormito..." mi fa..."Bene.... " "Scendi
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a fare colazione?"... "No, non subito... (si
schiarirsi la voce) Ti devo parlare.... Stiamo
calmi però..."
"Lui" si siede sul letto passandosi una mano
sulla fronte.
Ogni qualvolta si affronta questo argomento e
lui "sa qual'è", in un secondo è madido di
sudore... ma proprio bagnato fradicio. Mai vista
una cosa così repentina. Come girare un
interruttore. Gli prende un'emozione che gli
parte... dal profondo... diciamo della coscienza...
sono tutti i suoi sensi di colpa, che gli affiorano
insieme: BUM! ecco l'effetto "sauna"!
"Caro, vorrei che te ne andassi.... "
"Perché?!" Gli manca il fiato.
" Non mi va più di stare con te... Non reggo più
la vita che stiamo facendo. Negli ultimi 20 anni
sei sempre stato innamorato. Sempre di
un'altra... e mai la stessa. E d'estate di più. Ed
ora siamo in pieno luglio!
Non sopporto "più" il tuo evidenziare, senza
volerlo per carità, ogni rapporto con l'altro sesso
con irrazionali movimenti telefonici... senza
misura... e sopratutto senza tenere conto che ho
occhi ed orecchie. Va bene che stiamo insieme,
ma non stiamo più insieme... da 20 anni.
(al pubblico) Io e mio marito non facciamo più
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l'amore... (A marito) Non mi disturba più il tuo
credere di essere innamorato pazzo... perché so
benissimo che non sei innamorato di questa o di
quella, ma che sei innamorato dei vent'anni che
non hai più. Mi disturbano troppo... le scuse che
tiri fuori per uscire a telefonare... mi fanno
imbestialire perché sono un oltraggio alla mia
intelligenza...: "vado dal parrucchiere" - "ma è
lunedì..." "Ah sì?..." - pausa - "Ti andrebbe di
mangiare del pesce ?"-"Ho gli ossibuchi
pronti..."-"Ma m'è venuta voglia di un bel
pesce... vado a comprarlo... così mi sgranchisco
anche un po'..."-"Sta diluviando ..." "L'acqua fa
bene... fa diventare più alti"-"Guarda che a 68
anni...non si cresce più..." (al pubblico) Non mi
sta già più ascoltando...Una toccatina alla tasca
posteriore dei pantaloni per essere certi che
l'agendina nera con i numeri dell'amore sia lì...
anche la tesserina della Sip... sì, c'è... bene...
"Torno subito... Vuoi qualcosa cara?..." e
tornava quasi subito... con pesce per 30
persone... non s'è mai saputo regolare con la
spesa ... e 24 rose rosa del "nostro" colore... e un
bigliettino "Ti amo cara, tanto tanto!!" Il bello è
che è vero. E' vero! Lui mi ama. Tanto tanto.
Qualche volta mi viene da pensare: "Chissà cosa
succederebbe se mi odiasse. Mi trapanerebbe i
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denti me li strapperebbe ad uno ad uno senza
anestesia... le unghie.
Al marito: "Tu hai il fuoco di Sant'Antonio nel
..."
Mi sono intelrrotta. Non mi piace mai essere
volgare in momenti così... anzi, mi disturbano
molto quelle donne che perdono il controllo... il
senso della misura, che danno fuori, che
spaccano oggetti in casa. Per la verità, quando
lui ha detto dopo che io gli ho detto del fuoco di
Sant'Antonio: "No, guarda che ti sbagli... io..." e
si stava avviando alla porta per andarsene... ho
sentito nello stomaco una cosa proprio brutta.
L'istinto omicida che ognuno di noi ha in fondo
all'anima... Ma sì, che ce l'avete anche voi!
Dai... Proprio mai avete pensato in un momento
di disperazione estrema... di esasperazione
estrema,
"adesso l'ammazzo"? Non importa
chi: il marito, il padre, la madre, il professore,
uno stronzo in un momento "no" che vi sbava
addosso un complimento troppo pesante... o il
capo ufficio... o una ingiustizia... No, no... zitti,
zitte!, non dite niente. Ora, mentireste. E se
invece non mentite, e siete presi da una
improvvisa ondata di sincerità, mi mettete
paura. Stiamo calmi. Non vorrei che qualcuno
si alzasse e si mettesse ad urlare: "Sì!!!!!
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l'ammazzo!!!" e via che salta addosso al vicino,
alla vicina di poltrona e lo o la strozza, qui in
mezzo a tutti.
Zitti,
calmi e fermi.
Continuiamo a mentire per ora, rimandiamo: lo
farete questa sera a casa vostra.
"E' meglio che ti sieda immediatamente o entro
cinque minuti hai la casa distrutta.... rompo tutto
il rompibile, vetri compresi e forse rompo anche
te." Non ho alzato la voce. Ci conosciamo da
quarant 'anni. Capisce che non sto scherzando.
Lui torna a sedersi sul letto... si passa la mano
sulla faccia sempre più sudata... poi rassegnato
si stende... "Ti stavo dicendo che vorrei che te ne
andassi.
Il nostro, ormai è un sodalizio
infame... è ora di romperlo." "Oh, esagerata...
perché infame... Io sto bene con te..."
"Io no, io non sto bene con te. Sai come mi
sento "con te"? Agli arresti domiciliari... da più
di vent'anni.
Un condannato a morte in attesa di essere
graziato. " Lui fa un sospiro proprio di quelli che
straziano... pardon, che mi straziavano. E sì...
non era la prima volta che dicevo "adesso basta".
Non che l'abbia ripetuta tante volte... ma qualche
volta sì... Di solito a 'sto punto,
mi
commuovevo talmente per quello che stavo
dicendo... che non riuscivo a trattenere le
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lacrime... lui sospirava... allungava una mano...
"ma io ti amo!..." e io giù a caragnare senza
ritegno... "sì...condannata a morte sono!" Mi
usciva costruita così la frase...non "sono
condannata a morte" ma "condannata a morte
sono!" Chissà perché... mi veniva di dirlo alla
meridionale.
(piange) "condannata a morte
sogno... voglio dire... sono..." strisciando
lentamente verso di lui millimetro dopo
millimetro..., pronta ad essere afferrata tra le
braccia incantatrici... "Amore ma perché dici
così... lo sai che ti amo... lo sai che conti solo
tu... lo sai che le altre sono solo..." - "No,
no...lasciami... lasciami... Voglio morire!..." ma
ero già con la testa sulla sua spalla e
singhiozzavo
rilassata...
"Micina
mia...
bambinona..." "Amore... non farmi più
soffrire...Ti amo tanto..." "Anch'io ti amo..." E
via che tutto ricominciava da capo. No, non
finiva con una scopata... Come state pensando.
Pardon, volevo dire... non facevamo l'amore...
Io e mio marito l'amore non lo facciamo da 20
anni, per l'esattezza da 22 anni. Perché? Non lo
so. Non saprei proprio spiegare come ci si sia
arrivati... fatto è che ad un certo punto non ci
siamo più interessati sessualmente. Veramente
non so chi abbia incominciato... A pensarci
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bene... forse lui. Il fatto è che era scoppiata la
"rivoluzione".
Sì... sto parlando del 68.
Mamma mia è stato veramente un Sessantotto
per me! Una gran confusione di pensieri idee
ideologie falsi ideali... e le manifestazioni e la
polizia e le botte e ragazzi che morivano e le
occupazioni e le canzoni... e i ragazzi che
morivano e gli operai che venivano licenziati e il
blocco dei cancelli alla Fiat all'Alfa e l'amore
libero e la liberazione sessuale e i ragazzi che
morivano... e il Vietnam e le ragazze di 16 anni
col bidet fatto e le mutande in mano pronte come
il Nescafé... e le galere e la polizia e le ragazze...
e le manifestazioni e le occupazioni e i ragazzi
pronti come il Nescafè... e le manifestazioni e
le... e ragazzi che morivano... Scusate, mi sono
fatta prendere un po' la mano... è che mi è
difficile tenere il filo del discorso... Dove
eravamo... A sì... che io e lui non facevamo più
l'amore... Beh, ora che importanza ha stabilire
chi dei due s'è stancato dell'altro o se ci siamo
stancati tutti e due... o se uno ha sofferto perché
l'altro s'è stancato... Non serve a nulla... Fatto stà
che: basta. Abbiamo sublimato il rapporto.
Abbiamo chiuso col sesso.
Tra di noi.
L'abbiamo fatto con altri "sesso". Tutta la pazzia
sta proprio qui. Aver accettato che "l'amore" tra
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noi fosse finito... quell'"AMORE"... e continuare
a vivere insieme. Finisce sempre che uno dei
due paga un po' di più dell'altro. Purtroppo
sono stata io a pagare... e con gli interessi!
Attenzione, non è che mi stia piangendo
addosso. E' che per una donna è diverso. Lo è
veramente. Non abbiamo per niente, i seni
prominenti e i fianchi larghi. Veramente ci sono
sempre più ragazze con il fisico da ragazzo... se
ne vedono sempre meno con i fianchi larghi...
Chissà perché...Chissà da che dipende questo
cambiamento di razza... forse è genetico. Non
so. Dunque dicevo che 'sto fatto di fare l'amore
con altri...
"Vedi caro"... io sono molto più creativa. Mi
muovo meglio... voglio dire... mi sono "sempre"
mossa, quando mi muovevo... meglio di te.
(QUI E' SALTATO UN PEZZO) Ora sono
immobile - qui ho dato giù un po' con la voce,
bassa intensa, sofferta... ma attenti, soffrivo
davvero - immobile come un palazzone
orribile... pieno di stanze vuote... pronto per
"l'autocrollo"Come mi sia uscita una frase così,
di luglio... con quasi 40 gradi e il 95% d'umidità,
non lo saprò mai.
Ci devo far sopra una
canzone... "Disperazione di una donna che sta
invecchiando" "Qui... nel palazzo vuoto del mio
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cuore... ieri...
ho avuto... una caldana...
tremenda... la prima!Oggi...
anche oggi... ancora caldana.. ancora caldana...
una caldana tremenda... è finita.... è finita...è
finita!Ero un fiore così... rosa verde e lillàe poi...
e poi... ho scoperto che
vecchia e sola son.. perché... perché...ho un
marito coglion!"E' tutto da mettere in
discussione, si fa presto a dire marito coglione...
(insero codina- menopausa- pipistrelli, Consigli
sulla menopausa, proseguire, pillole cerotti.
Continuare insomma.) Il diavolo fa le pentole e
non i coperchi.
Sono andata a trovarlo, stava fuori Italia per
lavoro, dopo sua, più che insistente richiesta
"via fax",
11 fogli,
per convincermi a
raggiungerlo... (che, visti gli avvenimenti del
proseguo, mai ne capirò il perché.) che finiva
con " Vieni ti prego, ti voglio vedere stare con
te amore vienivienivieni." ecc. Vado. Tutto
bene, sembravamo persino felici.
Come al solito, le cose più noiose le faccio io,
(forse m'ha fatto venire per quello): prenotare gli
aerei, fare le valigie, pagare il conto... e col
conto, mi ammollano 5 fogli con la trascrizione
elettronica delle telefonate. Do una guardata ai 5
fogli 5 e mi siedo... Sono molto emotiva... Sto
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per svenire.
Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che le
telefona, ma non vi nascondo che fa una certa
impressione vedere nero su bianco, per pagine e
pagine ore 23 e 5 numero telefonico mio.... ore
23 e 8 numero telefonico della ragazza... ore 10
e 15 il mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la
precedenza... eh... sono la moglie. e via così per
telefonate e telefonate... ore 5, e 27 numero
della ragazza... Meno male che non ha chiamato
me, alle 5 e 20 che lo ammazzavo. Perché la
chiama alle 5 e 27?!! Poi ore 4 e 50... ma che
cazzo di lavoro fa?... Poi di colpo nessuna
telefonata al numero amato: per tre giorni solo
telefonate a me e tante, come sempre.
Ecco, l'aveva raggiunto.
Come in un film a doppia velocità mi sono
rivista tutta la mia vita e la sua dell'ultimo
periodo attraverso quelle telefonate. E anche
tutta la nostra vita.
Sono stata seduta una
ventina di minuti. Mi girava tutto. Mi sentivo
svenire.
Come quella volta che eravamo al
mare... In quel periodo lui stava "assolutamente"
"solo" con me... Eravamo sposati da poco... No,
non ridete... per almeno 20 anni mio marito m'è
stato fedelissimo.
Forse.
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��intelligente... ma devo dire che in questi
ultimi dieci anni è diventato un po' più pesante
dei primi trenta... Non si può dire che sia bello...
ma ha un gran fascino... Ma oggi... in questa
mattinata dove sono decisa a dire "basta", penso
che forse ha ragione mio figlio: sono innamorata
di un ricordo.
Guardo mio marito... e di colpo lo vedo com'è...
non come l'ho "sempre" visto... come è
realmente.
LA CHIACCHERATA
arrivo
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La mia idea sarebbe quella di farvi una
chiaccherata un pò scherzosa su quello che sta
succedendo oggi in Italia sugli scandali, le
ruberie, gli arresti in massa come se mi trovassi
a sconfinare in un terreno che non è il mio. E
perchè? Perche sono una donna, per carità, lo so,
i tempi son cambiati, non siam più all'epoca in
cui si gridava alle donne che si azzardavano a
chiacchierare di politica: vai a far la calza. Lo so
che c'è stato il '68. L'emancipazione femminile
ci siamo liberate... in tutti i sensi...Specie in
quello sessuale, diciamo perfino: cazzo! Ma
sotto, sotto, a noi femmine quando si tratta di
andare sul politico siamo bloccate..Ci rigurgita il
complesso del gineceo..Discorsi di politica
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anche se scherzosi non sono discorsi da donna.
No, non sto esagerando!
Fin quando se ne parlotta così in famiglia o in
treno, tanto per passare il tempo.."e va beh,
passi." Ma appena una donna sale su una
pedana, o un palco, dietro un microfono allora
senti subito mugugnare: "Ma che vuole quella?
Adesso ci tocca sorbirci anche sta FemminaPoliticizzata. Chi l'ha messa su? Di chi è
l'amica?"
E questo, non dite no... E' un classico....In ogni
occasione spunta il tormentone: "Con chi va a
letto Quella? Con chi se la fa?" Se una monta
un gradino c'è sempre dietro il maschio che
regge, spinge!! E questo vale tanto che tu
femmina vada a mostrarti in teatro, appari sullo
schermo, nel mondo della finanza o nella
politica.
Ho sentito io un compagno del vecchio PCI,
mentre parlava la Jotti commentare: " Si, si, è
brava, preparata...E' pure una simpatica signora,
fine, ci ha pure dei bei collettini di pizzo, ma io
avrei voluto vedere se non ci avesse avuto di
dietro il Palmiro...se arrivava al posto di
presidente della Camera...
"Ma cosa dici?" gli son saltata addosso
io.."Quando l'hanno eletta suo marito era morto
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da almeno dieci anni!" "Si," fa lui "ma vuoi
mettere essere la vedova di un Togliatti?
Scherziamo? Palmiro è un morto sacro dall'onda
lunga!"
Beh, ad ogni modo. Vada come vada, io ci provo
lo stesso.
Come dicevo, vi parlerò di ladroneria e politica.
Quasi trent'anni fa con Dario abbiamo allestito
uno spettacolo che aveva per titolo: SETTIMO
RUBA UN PO' MENO....Più attuale di così!!
Allora aveva il suono di una battuta a sfottò
IPERBOLICA. Con tutto che, alcuni storici, se
pur sottovoce assicurano si rubacchiasse già
allora! Forse con un pò più di discrezione.
Ad ogni modo in quel tempo noi, come si fa
sempre nel TEATRO DI SATIRA, andavamo
giù un pò pesante. Si spingeva fino
all'impossibile con la fantasia! Avavamo
addirittura inventato che nel Cimitero Comunale
di Milano si commerciava in cadaveri..si
vendevano loculi sottobanco e si speculava sulle
tombe..Nel nostro gioco al paradosso avevamo
inventato che, grazie a una delibera infame, si
stava sgomberando una vasta area del Cimitero
di Musocco per farne un bel parco e così far
crescere anzi triplicare il valore dei terreni
circostanti.
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Ebbene oggi, l'avrete letto su tutti i giornalei,
l'hanno fatto davvero CI HANNO COPIATO..CI
HANNO SPUDORATAMENTE RUBATO
L'IDEA....E SENZA PAGARCI I DIRITTI DI
AUTORE! E sono andati pure oltre! Hanno
imposto tangenti con tanto di pizzo su cadaveri
per conceder loro il diritto di sepoltura, hanno
piazzato tangenti sui funerali, tangenti sulle
tombe singole e comulative, hanno riciclato
vecchie lastre tombali rivendendole per
nuove...Hanno organizzato perfino il reciclaggio
delle nuove corone mortuarie..Non era ancora
finito il servizio funebre che appositi addetti
facevano sparire corbelle di gigli, cuscini di
rose, corone rimpinzate di garofani e velocissimi
trasportavano il tutto agli appositi negozi di
arredi funebri...Perchè fossero rivendute ancora
belle fresche per il prossimo cadavere in
transito. Spesso, le medesime decorazioni
floreali sono state smontate e rimontate in altro
???????? per adornare addobbi di matrimoni e
battesimi. Credo che al massimo dei grottesco si
sia arrivati nel momento in cui ???del Don
Carlos alla Scala ci fu una grande richiesta di
fiori confezionati a mazzi di varie misure da
lanciare alla fine dell'opera. La richiesta fu
esorbitante e improvvisa ma i procacciatori di
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plausi floreali non si persero d'animo, montarono
corbelle e corone giunte fresche di ritorno dai
vari funerali.....
Così nel grande tripudio del finale Verdiano,
nella esclusionissima prima dei VIP, si sono
visti piovere dai palchi e da tutto il loggione una
quantità incredibile di mazzi, mazzolini e
mazzoloni mortuari... addosso ai tenori, alla
soprano ai baritoni..che inchinandosi li
raccoglievano e li rigettavano festanti sulle teste
dei signori e delle signore plaudenti in platea.
Certamente i morti a Musocco e al Monumentale
nelle loro tombe strapagate, quella notte si son
fatti delle risate proprio da morire!
A proposito di teatri e di prime ho saputo oggi
con gran piacere che in settimana verranno
ripresi i lavori per portare a termine il nuovo
Grande Piccolo di Milano..Era ora! Siamo in
ritardo di due anni! Avrete sicuramente letto
delle ruberie che ci sono state...Il progetto
iniziale era di qualche miliardo... senenson gia
spesi tre volte tanto. Ad un certo punto si sono
accorti che sotto ci passava la metropolitana così
ogni volta che transitava un convoglio del
Metrò, di sopra..per il fracasso e i sobbalzi
bisognava smettere di recitare...accennare una
piccola danza tanto per mimettizzare...e via da
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capo. Per attutire il tutto al posto delle solite
traversine rigide hanno piazzato duemila
traversine di gomma...Così adesso quando ci
passa sopra il Metrò..i viaggiatori accusano
vibrazioni da ballo di S. Vito HOP, HOP! E
anche li si son fatti la cresta: Prezzi maggiorati,
Tangenti. Ad ogni modo è certo che entro la fine
dell'anno prossimo ci sarà l'inaugurazione...e per
il debutto è stabilito che si andrà in scena con:
"IL BALLO DEI LADRI" di ?????A proposito
di tutti questi scandali, dobbiamo confessare,
anzi denunciare che noi del teatro satirico
abbiamo più di una responsabilità; siamo
colpevoli se non altro di una certa
incoscienza..Noi si sale sul palcoscenico, e, pur
di strappare qualche risata in più esprimiamo
giudizi o sollecitazioni paradossali senza badare
a quello che possiamo causare. Nella nostra
superficialità ??? in battute spregiudicate
dicendoci: "Tanto è tutto solo per ridere mica ci
prenderanno sul serio!" E no, invece spesso ci
prendono proprio sul serio...manco recitassimo il
Vangelo!
Tanto per fare un esempio quattro anni fa, con
Dario, mettemmo su uno spettacolo agile da
recitare quasi improvvisato... a base di
provocazioni dirette sul pubblico. Debuttammo,
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mi ricordo, al Festival Nazionale dell'Unità di
Bologna. C'era ancora il vecchio P.C.I...e c'era
ancora Natta come segretario. Cominciammo
con una specie di elogio assurdo e sperticato in
favore del partito socialista....e lo slogan che
tirammo fuori era questo! Il P.S.I. guadagna voti
ad ogni elezione perchè è più simpatico...ed è
più simpatico perchè è ??? I suoi dirigenti sono
spacciati, si danno un sacco di botte e rubano a
man bassa. Per di più sono veramente vicini alla
gente, sanno tutto dei loro problemi più privati
??? ben dire che conoscono le tasche dei
cittadini come fossero le loro. Poi ancora,
bisogna ammettere che sono ??? non cercano di
nascondere la mano come, fanno i democristiani
quando vengono sorpresi a rubare "No, non è
vero. Ma che s'è messo in testa? Giuro che non
ho toccato una lira. Ho giurato sulla Santa salma
di Forlani."Al contrario tu sorprendi un
socialista con le mani nel sacco..."Ehi ma tu
rubi!" E lui "Si rubo! E allora!? Che ci hai da
dire?" Sono veramente degli impuniti e e
impunibili.Invece VOI COMUNISTI, con sta
storia delle mani pulite storica propagata
strombazzata su tutti i manifesti in tutti i
dibattiti, siete negativi. Guarda qua: "Noi
abbiamo le mani pulite!" Beh, mi dispiace, è
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proprio per questo che non date affidamento.
Perchè la gente pensa: "Quei socialisti
rubano...questo vuol dire che ci sanno fare, sono
spregiudicati, ma anche attivi, creativi..è gente
che sa rischiare....e alla fine riesce pure a cascare
sempre in piedi... a non farsi sbattere in galera.
Ebbene se ci sanno fare per loro ci sapranno fare
anche per me quindi, io li voto!Invece quando la
gente pensa a Voi Comunisti...così?? per ???
perfino modesti...Esclama: Ma chi si fida di
quelli..una razza di moralisti romantici. A parte
che mi viene il sospetto che non rubano solo
perchè non sono cpaci...e hanno paura....E' gente
inaffidabile che non potrà mai andare al
governo..Figurati cosa ce ne facciamo di un
governo di??..moralisti e pulitini. GENTE DI
GRINTA CI VUOLE!!
E poi aggiungevamo: spudoratamente al??? a
quei compagni attoniti del P.C.I. Vlete divenire
simpatici anche voi, avere successo? E allora:
rubate! Imparate a rubare, e a truffare dentro e
fuori delle Istituzioni, ricattate gli imprenditori,
sgraffignate sugli appalti, sui progetti, imponete
il pizzo sulle costruzioni, sulle sovvenzioni
ministeriali, sugli asili nido e sugli
orfanotrofi...MANGIATE! Il vostro nuovo
slogan deve essere: "Appropiazione indebita
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continuata e senza pietà. Basta con le mani
pulite!"
"MANI
ZOZZE
E
ARRAFFATUTTO!"Un attimo di perplessità e
poi è scoppiato un grande applauso. Festoso e
compiaciuto.
Noi, avevamo scherzato, era logico.... ma era
logico solo per noi. Infatti è passato qualche
anno.....i comunisti si sono tolti la falce e il
martello di dosso..... si sono fatti chiamare con
un altro nome meno segnativo, e: ALLEGRIA!
Li avete visti!? Giù a rubare anche loro come
socialisti e democristiani di gran mestiere! E
tutto perchè noi li avevamo provocati, incitati
per gioco!
D'accordo......d'accordo. Non è soltanto a causa
del nostro incitamento, che si sono buttati, all'??
Siamo ben consci che il fatto di essersi buttati
via di dosso quel simbolo austero della falce d
martello...così pregno di valori: "Lotta di classe,
solidarietà"
Il mito glorioso del sacrificio e dell'onestà con
tutti i trionfalismi della ?? proletaria.....
E come facevi a rubare tranquillo? Anche i
vecchi socialisti....fin quando con il simbolo del
libro aperto????? se pur in piccolo avevano la
falce e il martello???? E qual'è stato il vero,
straordinario cambiamento portato da Craxi nel
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partito socialista? Quello, davvero rivoluzionario
di togliere la falce e martello dal simbolo e
piazzarci un garofano.....un fiore culinario.
Coi chiodi di garofano si fanno stracotti, la
ribollita, ogni tipo di cacciagione insomma un
fiore simbolo del buon appetito e della grande
abbuffata così me li ha spinti e incitati fino alla
furfanteria più smodata e inarrestabile. Fino allo
sbragamento totale! Fino alla perdita di ogni
ritegno.
Li
ha
messi
allo
scoperto
completo.....tanto da trasformarsi in una specie
di tirasegno per giudici fanatici della giustizia ad
ogni costo. E il paradosso è che questa
operazione da ammazzasette si chiamerà proprio
"mani pulite" per me l'hanno fatto apposta per
sfottere i compagni del vecchio P.C.I.! Vi
vantavate delle mani pulite? E allora eccovele!
In galera i vostri dirigenti...più intraprendenti e
moderni.
�INTERVISTA GENTe
siamo siatemati alla bellemeglio. Il bambino ha
pianto per quattro giorni di fila. Per quanto
spirito di adattamento avessimo noi,
non
riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo
appena nato che non sapeva niente della vita.
Comunque faticavamo anche noi a cavarcela e
per le scomodità e per la mia totale inesperienza
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"Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al seno, lui
ciucciava un po' e poi di nuovo "uhèèè
uuuhèèèè!""Oddio, forse è ammalato!" Al
quinto giorno decidiamo di tornare in clinica e
stabilirci lì. Il nostro ritorno è stato festeggiato
dal personale con brindisi e abbracci.
S'è
scoperto subito la causa degli uhè del bambino:
io avevo poco latte e lui aveva fame.
Dopo aver nutrito il fantolino,
ci hanno
sistemati in una bellissima camera vicinissima
alla sala parto.
Ci siamo addormentati
immediatamente tutti e tre ed abbiamo dormito
per almeno giorno intiero, finalmente rilassati.
Ci siamo insriti molto bene in questa nostra
insolita vita, abitavamo lì e cercavamo casa.
Come vedevamo in carridoio davanti alla porta
della sala parto un padre in angosciosa attesa
Dario subito s'informava: "Sa è un parto
cesareo!" E Dario: "non si preoccupi, anche
Franca ha avuto un cesareo... Vero Franca?" e io
"Sì, sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si
calmava. E un altro: è messo di piedi"... "Non
si preoccupi, anche nostro figlio è nato di
piedi... e tutto è andato benissimo.
Vero
Franca?" Solo quando un padre era preoccupato
perché la moglie stava partorendo 2 gemelli
siamo rimasti senza parole. Tutti sapevano che
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avevamo un figlio solo.
Ci siamo stati tre mesi in quella clinica. Quanti
padri e quante madri abbiamo rinfrancato.
Qualcuno ci viene ancora a trovare con i figlio
nato proprio in quei giorni. Che benissimo!
Finalmente abbiamo trovato una casa in via
Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti. Una casa
piccola con un terrazzo enorme. Nel palazzo
vicino al nostro vivevano Roberto Rossellini ed
Ingrid Bergam al tempo della loro "colpevole"
passione. Avevamo sempre amici fotografi che
ci scongiuravano di poter stare nel nostro
terrazzo per poter riprendere i due
importantissimi innamorati.
�ed ero sempre la vamp del cast, la padrona di
un night, qualche volta sola, qualche volta con
un amante delinquente.
Indossavo grepier,
calze nere o abiti talmente stretti che spesso me
li cucivano lettaralmente addosso al mattino e
me li scucivano la sera. Non potevo fare la
pipì, non potevo sedermi ed in più mi sentivo
frustata dalla testa ai piedi.
Ho avuto in quegli anni, due grandi occasioni
cinematografiche. Michelangeli Antognoni e
Luchino Visconti. Per "Cronaca di un amore"
Antognoni aveva scelto me. Io, allora, avevo
un grande complesso (complesso che in parte,
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nonostante varie operazioni ho ancora oggi): ero
strabica - strabica,
timida e insicura.
Nascondevo i miei occhi sotto a degli occhialini
lunghi, stretti e scuri. "Lo so che sei strabica,
ma per farti fare il film, devo vedere i tuoi
occhi. Su... coraggio, togliti gli occhiali". Me
lo ha chiesto almeno tre volte, paziente e
gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte la
interpretò Lucia Bosé.
Visconti si era intestardito su di me, per un
ruolo in "senso". Io stavo in tournée con Dario
a Trieste. Telefonate sopra telefonate. E mi
spiaceva lasciare la compagnia, Dario e mi
sentivo come sempre insicura. "Sì, scendo,
faccio il provino poi magari mi dicono di no... "
- "No, ti prende a scatola chiusa gli abbiamo
portato tutte le bionde d'Italia, non gliene va
bene nessuna. Se vuoi ti mandiamo il contratto.
" Niente non me la sono sentita, qualcosa mi ha
bloccato.
Il ruolo è andato a Marcella Mariani bruna,
fragile, ex miss Italia, completamente diversa
da me. Visconti aveva cambiato tipo.
Il giorno della prima del film a Bruxelles,
Marcella Mariani è partita in aereo per quella
città. Se io avessi interpretato quel personaggio
quasi sicuramente sarei stata al suo posto.
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L'aereo è precipitato. Tutti morti. Ecco cosa
mi aveva bloccato. Il mio sesto senso mi aveva
salvato la vita, come è capitato altre volte. Da
quel giorno, se qualcosa mi salta nel lavoro od
altro, penso che così doveva essere, il negativo
diventa positivo "doveva andare così".
Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal Teatro
Arlecchino a Roma, per interpretare un testo di
Feydeau che sembrava scritto per me: "Non
andartene in giro tutta nuda". Dario scrive per i
fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla,
un atto unico "Gli imbianchini non hanno
ricordi" Ci prende gusto e ne scrive altri. A
quel punto gli propongo di ritornare a Milano e
farci una compagnia nostra.
Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore del
Piccolo
�Nella sua vita c'è stato un altro grande
incidente vuole raccontare di Genova?
Dovevo tenere all'Italsider il mio spettacolo
"Tutta casa letto e chiesa". Arrivai in città la
sera prima. Prima di entrare in albergo avevo
visto nell'altro lato della strada, una farmaci
aperta. Volevo lavarmi i capelli e così avvertii i
compagni che mi seguivano sempre, allora,
Piero e Roberto: "Vado in farmacia.
Torno
subito" - "Aspetta ti accompagnamo" dissero
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loro. Dall'episodio di Milano non sono mai
uscita sola.
"Ma no, vado da sola, torno
subito. La farmacia illuminata e splendente. Io
finalemnte libera mi sentivo felice, compravo
saponette, detergenti, oltre allo shampoo; mi
pareva di essere in vacanza.
Con le mie
compere in mano uscii dalla farmacia e... mi
svegliai al Pronto soccorso dell'Ospedale San
Martino. Più tardi seppi che ero stata travolta
da un auto guidata da un uomo angosciato e
fuori di sé perché era appena tornato dallo stesso
ospedale, il San Martino, in cui avevano
ricoverato la figlia anche lei vittima di un
incidente d'auto. Che jella!
Ho passato la prima notte, sulla barella del
pronto soccorso. Non c'erano posti letto. Ma
tanto io non capivo nulla.
Ricordo assai
vagamente la corsa dell'autombulanza, e un
gran dolore al braccio sinistro ,
omero
fratturato, lamentavo un bruciore al gomito, più
avanti a tutto l'avambraccio, poi alla mano. Mi
hanno detto che era "causalgia" cioé dolore
urente, bruciante. Poi a poco a poco (in due
giorni) ho perso sensibilità alle dita, alla mano
tutta, al braccio.
Insomma paralisi.
Un
ematoma (toltomi due mesi dopo dal Prof.
Morelli, una montagna di abilità e umanità che
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opera all'ospedale di Legnano) strozzava i tre
nervi, ulnare, radiale e mediano. Dopo tre
giorni dal ricovero mi ingessarono. Tre ore
d'intervento assai difficile, eseguito dal Prof.
Roncalli.
Sono stata a piangere 24 ore su 24 per mesi e
mesi: antidoilorifici potenti e in dosi massicce
minacciavano
di
fare
di
me
una
tossicodipendente. Più di una volta ho pensato
al suicidio. Mi hanno salvato l'amore dei miei
in particolare Dario Iacopo mia sorella, gli
amici... Mi salvò il lavoro. Infatti dopo otto
mesi d'immobilità decisi di riprendere. Ora, ho
imparato a conviviere col dolore, mi sono quasi
abituata. Sono passati 14 anni.
IL SUO RAPPORTO CON LA RAI
Al di fuori del nostro teatro , per la RAI ho fatto
per pochissimo "La professione della signora
Warren" di Shaw con la regia di Albertazzi e
qualche
altra
partecipazione
.
.
Ora mi piacerebbe poter dare in TV lo
spettacolo di quest' anno "L' eroina " e "La
donna grassa" Molte madri ci hanno portato i
loro figli , mi hanno ringraziata dicendomi: "Ha
fatto più effetto a mio figlio il suo spettacolo
che cento discorsi nostri" Per la donna grassa ho
avuto degli incontri magnifici con donne che si
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identificavano col personaggio e ne ricevevano
forza oltre che gran divertimento. Sono più che
consapevole dell' importanza della televisione.
Il contatto diretto col pubblico in teatro è
insostituibile,
ma in teatro
raggiungi al
massimo centomila persone in un anno mentre
invece in televisione mal che vada , in una sera
ti vedono almeno due milioni di persone . due
volte ho provato sulla mia pelle il potere del
mezzo televisivo : la prima é stata con
Celentano, la seconda é una trasmissione della
Carrà dove dissi che mi separavo da Dario
mentre in ascolto c' erano 12/15mila persone:
sono cifre che fanno paura. Non bastano dieci
vite per una teatrante per arrivare ad un così
numeroso pubblico. Quella volta, della Carrà,
non avevo assolutamente programmato di dire
che stavo lasciando Dario. Lei intervistandomi
scherzava dicendo: " Ma è vero che Dario ... . .
ma è vero che Dario... . ?" alludendo alle
numerose ragazze che sempre gli girano intorno.
Lei scherzava, ma io , al quarto "ma è vero
che" non ho potuto fare a meno di rispondere: "
Sì, è vero, ma è anche vero che l'ho lasciato. "
Ho avuto subito la sensazione del clamore che
avrebbe suscitato la mia dichiarazione. Fuori
dallo studio c'era una giornalista, che stravolta
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mi ha chiesto:" Ma è vero?!" E' scoppiato il
finimondo! Giornalisti mi davano la caccia
persino dall'estero.
Ho dovuto cambiare
albergo. Poi trovavo gente, separata anche tre
volte, che mi diceva: " Ma tu non puoi!". Che
assurdità! Perché mai io non avrei dovuto
potere?
E'
PENTITA
DI
AVER
FATTO
QUELL'ANNUNCIO IN DIRETTA?
No, non mi sono pentita, ero depressa, avevo
voglia di verità. La Carrà poi, è stata molto
simpatica: subito dopo la trasmissione esplosiva,
mi ha regalato un servizio per la pìrima
colazione con una sola tazzina e tanti auguri.
Poi quando Dario ed io siamo tornati insieme
(praticamente quasi subito) mi ha inviato anche
l'altra. Gentile e spiritosa. L'unica cosa di cui
mi sono pentita è l'aver sofferto tanto.
Ora, a distanza di anni, mi sono resa conto che
la storia forse non era tanto importante come mi
era sembrata, tantè che è finita in nulla. Ma è
difficile essere sempre lucide e razionali. A
volte ci riesco. Altre, no. Mi sono fatta una
grande esperienza in fatto di matrimonio,
convivenza, ragazze che vogliono tuo marito a
tutti i costi, pronte come il NESCAFE', col bidè
già fatto... . Potrei aprire una scuola per mogli;
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mi piacerebbe poter tenere le mie lezioni in una
trasmissione televisiva. Chissà quante donne
verrebbero a scuola! L'omportante è capire
l'uomo con cui stiamo, l'uomo che amiamo,
l'uomo al quale teniamo. Capire che tipo di
rapporto c'è tra noi.
Importante?
Indispensabile? In questo caso occorre
riflessione profonda.
Decidere la strada da
prendere che non deve essere quella delle
scenate e delle tragedie. Se c'è casino in casa
pensa che liberazione andare dalla nuova
fidanzata fresca, giovane e sempre allegra.
Dobbiamo capire anche che il nostro
commpagno sta invecchiando, come noi del
resto, (anche se noi donne siamo più coscienti
degli anni che passano, accettiamo la maturità,
la vecchiaia, per cultura in modo diverso, con
maggiore consapevolezza, dignità) avere quindi
comprensione per i suoi "ultimi colpi". Fa
malinconia? Ci credo e mi dispiace, ma è così.
Anche questo è amore a 18 carati. Invece se il
rapporto non vale granché... ebbene, lasciatelo
andare e che vada a morì ammazzato. Si fa per
dire.
Sto
ovviamente
semplificando.
L'interrogativo è perché ragazze di 20 anni si
mettano con uno che ne ha trenta quaranta più di
loro. Naturalmente è sempre uno importante: il
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grande pittore chirurgo attore cantante regista
scrittore ecc. Non si conoscono storie d'amori
travolgenti tra una ventenne ed un pensionato
dell'Imps. Sì, è vero, il pensionato è molto
meno affascinante. Comunque, se un rapporto è
importante, ed il rapporto mio con Dariop lo è,
è inutile mettersi in mezzo, si diventa solo
strumento di divertimento e di piacere
dell'uomo. Un'altra volta al suo servizio. Punto
e basta.
�PARLIAMO DI ALCATRAZ
L'anno scorso ad Alcatraz c'è stato un ragazzo
particolrarmente difficile,
non parlava,
sembrava che nemmeno sentisse, non stava ritto
in piedi doveva essere addirittura imboccato,
accudito da quattro persono che si alternavano
nelle 24 ore. (Se non sapete come sono fatti i
santi,
dovreste conoscere queste assistenti
sociali) Per tutto l'anno Adamo, questo è il suo
nome, stava in un istituto, istituto che chiude in
agosto!!L'Usl non sapeva dove portarlo. Per un
mese Jacopo l'ha ospitato. Aveva
messo
materassi alle pareti e a terra, gli si portava il
pranzo in camera, , insomma si cercava di stargli
vicino ed è stato per me un momento di
profonda emozione quando ho capito che
riconosceva la mia voce. Questo è il lavoro di
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mio figlio, lavoro che porta avanti con gioia e
fatica, senza mettersi fiori all'occhiello.
Ogni tanto penso che avrebbe potuto scegliersi
un'altra strada, che so, disegnare (è un bravo
disegnatore satirico) o scrivere ( scrive
benissimo) insomma fare un lavoro più vicino al
nostro, faticare di meno e forse avere maggiori
gratificazioni, ma lui è felice così. E noi con
lui.
***fino al '68, alla decisione, presa con Dario
di lasciare il teatro tradizionale e di mettere a
disposizione il nostro lavoro per sollecitare una
presa di coscienza.
La simpatia per la classe operaia non bastava
più. La lezione ci veniva direttamente dalle
straordinarie lotte operaie, dal nuovo impulso
che tutti i giovani stavano dando nelle scuole
alla lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia
sociale, le spinte per un nuovo rapporto con le
classi sfruttate, per creare una nuova cultura.
Dovevamo smettere di fare gli intellettuali che,
comodamente sistemati dentro e sopra i propri
privilegi di casta, si degnano, bontà loro, di
trattare anche i problemi degli sfruttati.
Dovevamo deciderci a metterci interamente al
loro servizio: diventare i giullari degli sfruttati?
Questo voleva dire andare a recitare in strutture
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che fossero gestite da loro, dalla classe operaia.
Ecco perché subito pensammo alle case del
popolo. Facemmo teatro nelle case del popolo,
nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una
capanna di via Colletta a Milano, alla famosa
palazzina Liberty, sempre a Milano, che
ristrutturammo completamente e che poi ci fu
tolta.
�Sono stati anni di lotte dure, manifestazioni,
sindacato,
licenziamenti,
Vietnam (vedi
biografia), feste dell'Unita, e i garofani rossi
del P.C.I. ad ogni prima, e Togliatti quando è
venuto al Teatro Eliseo 1962 e l'amicizia con
Amendola e sua moglie, e le migliaia di
compagni che si conoscevano, e gli spettacoli
per le fabbriche in occupazione... e ... e...(pezzo
manoscritto dietro la pagina numero 5 inserto 1
Cinzia)
�Ma il mio partito era lì, immobile, senza
niente vedere, capace solo di sbraitare contro i
gruppi che loro chiamavano gruppazzi... di
chiedere che "si facesse luce" ad ogni atto
criminale sul quale la luce già brillava a
denunziare con evidenza il colpevole... in coda
su tutto, arrancante ed elefantiaco... pieno di
case del popolo svuotate di ogni ideologia...
senza più una biblioteca... dove importante era
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"incassare" fare soldi.
� Il tutto con la persuasione che è inutile
sollecitare lo sviluppo di una cultura proletaria,
giacché non esiste né può esistere. "Esiste una
sola cultura, - dicono quelli " che sanno ", - al
di sopra delle classi. La cultura è una, così come
è una la una e uno è il sole che splendono
indifferentemente per tutti quelli che se ne
vogliono e se ne sanno servire.
Facemmo teatro nelle case del popolo, nelle
piazze, nei bocciodromi, poi in una capanna di
via Colletta a Milano, alla famosa palazzina
Liberty, sempre a Milano, che ristrutturammo
completamente e che poi ci fu tolta.
�Bene, se penso a quei momenti - lì - io oggi beh - non mi sembra possibile averli vissuti.
Oggi - che il coma è finito - Io quella là? Io
volevo morire. Che scema!
Non sono stata normale per anni. Zitta. Non
parlavo più. Zitta - anche se parlavo - seria
anche se ridevo. Senza amore per niente. Per
nessuno. Solo quel trascinarmi nelle cose senza
entusiasmo. Senza esserci - fino "al fondo" di
qualche mese fa.
Per giorni sono stata a pensare al modo migliore
per uccidermi. All'estero senza documenti.
Pastiglie; Macchina-benzina; Overdose-eroina;
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vene tagliate-bagno; Fon-bagno. Niente mi
andava bene. Volevo morire ma non trovavo
nessun mezzo che mi soddisfacesse.
Sfinita, dopo sette films visti in cinque ore, mi
sono presa un libro dei 20 che mi ero portata
appresso con un titolo assai lontano da quello
che mi sentivo addosso: La coppia amorosa. La
sfida delle relazioni umane.
Le prime venticinque pagine le ho lette senza
fare attenzione ad una sola parola. Come? Torna
da capo. Rileggere. Pagina 50 e 100. E: E' finito.
Da capo, subito. Ma chi è questo? Che ha scritto
ancora? Comprare. Leggere. Rileggere.
Sbagliato. Tutto sbagliato. Ho sbagliato tutto.
Da capo. Ricominciare da capo.
Chi sono? Come mi chiamo? Nome, cognome,
coniugata. Figli uno. Cosa faccio? Da dove
vengo dove voglio andare. Ricominciare.
A.E.I.U.O.
A.B.C.D.E.F.G...MAM...MA...mamma...papà..s
cuola. Chiesa. Dio. Comunismo. Sole. Terra.
Vento. Mare. Amore. IO. IO. TE. Io e Te. IO e
NOI. NOI. NOI. A.E.I.O.U. IO. IO. NOI.
AMORE. Nome. Cognome. Sesso. IO
RACCONTACI IL TUO PRIMO INCONTRO
CON DARIO.
Le nostre strade s'incontrano ad un certo punto
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delle nostre vite, ma partono da punti assai
diversi.
Io nasco da una famiglia d'attori girovaghi, ed
ho debuttato ad otto giorni, ne il figlio della
"Genoveffa di Brabante", in braccio alla mia
mammma. Via via che crescevo, ho interpretato
tutti i ruoli possibili ed immaginabili maschili e
femminili, finche, dopo i vent'anni ho lasciato
la mia famiglia per seguire mia sorella Pia che
abitava a Milano in quel tempo ed era prima
attrice giovane con Renzo Ricci. Il mio desiderio
era di riuscire a mia volta entrare in una
compagnia primaria. Un gran salto! Dario
invece, studiava architettura al politecnico, e
per passione raccontava favole grottesche agli
amici, racconta oggi, racconta domani, s'è
trovato scritturato nella compagnia di rivista,
"Franco Parenti sorelle Nava". Nella stessa
compagnia c'ero io. Il capocomico era di Carlo
Mezzadri, l'allora marito di mia sorella Pia, che
per strada ha lasciato il mestiere d'attrice per
aprire una sartoria teatrale. Oggi Pia è una
affermatissima creatrice ed esecutrice
di
costumi teatrali. E' arrivata fino a Las Vega con
le sue creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto
un libro sulla nostra famiglia, gioca a poker,
ama il tennis seguendolo sul teleschermo, la
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musica classica, legge molto,
è curiosa,
dimostra un vent'anni in meno di quelli che ha,
ma quello che più conta, è che è generosa,
spiritosa, caustica, insomma è il personaggio
più divertente, poliedrico che io abbia intorno.
Ci vogliamo molto bene. Abitiamo nella stessa
casa, ci capita anche di litigare a volte, ma ci
siamo l'una per l'altra, sempre.
E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui
s'innamora subito di "questa sventola
dolcissima", così mi chiamava. Si prende un
imbesuimento di terzo grado. S'innamora subito,
ma se lo tiene per se. Anzi non mi guarda per
niente e se mi guarda non mi vede: come fossi
trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe lunghe,
capelli biondi eccetera eccetara... piena di
ragazzi che mi giravano intorno e lui , 'sto
spillungone anche bruttino, (ora è bellissimo!)
niente. Non faceva una piega! Non mi guardi? Ti
castigo! Una sera, si provava lo spettacolo al
cinema Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho
messo contro il muro, e gli ho dato un gran
bacio, ma proprio un bacio bacio! E mi sono
scoperta innamorata pazza. Il "da ridere" è che
tutto è successo per scommessa. Siamo andati
avanti per due anni tra baci e litigi.... classico
degli innamorati, fino al giorno che ci siamo
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sposati: 24 giugno 1954 in Sant Ambrogio!
Dario, metterà una battuta, per il fatto di essersi
sposato in chiesa (lui, quasi ateo-marxista)
addirittura nello spettacolo "Gli arcangeli non
giocano al flipper" : "Sposato in chiesa per
accontentare madre di lei molto credente."
�Dopo la clamorosa rottura per Canzonissima,
la TV ci era proibita, ma c'era sempre il teatro.
Nel '63 ci fu il nostro spettacolo su Colombo
"Isabella, tre caravelle e un cacciaballe", che
quest'anno verrà presentato per le Colombiadi,
in spagnolo a Valencia, con la regia di Arturo
Corso e anche trasmesso dalla II rete in ottobre.
L'anno dopo "Settimo ruba un po' meno" e via
via, ogni anno uno spettacolo nuovo, di
successo, fino al '68, alla decisione, presa con
Dario di lasciare il teatro tradizionale e di
mettere a disposizione il nostro lavoro per
sollecitare una presa di coscienza.
�Non ne parlo volentieri. Sono passati quasi 20
anni, ma mi basta un niente per ritrovarmici
dentro di colpo. Nessuna donna che abbia subito
violenza sessuale,
potrà mai staccarsi
completamente da quel momento orribile.
Sono stata caricata su di un furgoncino da tre
individui e poi scaricata stravolta e sanguinante
vicino alla metropolitana di via Dante. Non ho
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detto a nessuno quello che mi era realmente
accaduto. Nemmeno a mio marito. L'umiliazione
della violenza sessuale,
lo sfregio,
era
sopratutto per lui e per mio figlio. No, me ne
sono stata zitta: più dignitose "le botte". Mi sono
tenuta tutto dentro, ma ho sbagliato. Il non
averne parlato con nessuno , l'essermi tenuta
tutto dentro (anche se tutti avevano intuito
quello che realmente mi era successo) mi teneva
in una continua tensione. Un caro amico, il
professor MACACCARO, che mi era stato
molto vicino con gli avvocati in quei giorni così
pesanti, mi ha consigliato un' analista donna,
ma io non me la sono senita. Dopo tre anni ho
deciso di scrivere quanto mi era successo...
Senza una parola ho passato i fogli a Dario. Li
ha letti. Senza una parola mi ha abbracciato.
Finalmente ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo,
si era sciolto. Poi, in appoggio alla campagna
che si stava facendo in quegli anni per
l'approvazione di una legge contro la violenza
sessuale, ho deciso di portare quanto avevo
scritto in teatro. Andai di colpo in scena, senza
provarlo (non riuscivo) e senza che nessuno
della compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne
eravamo al corrente. All'ultimo momento,
invece di recitare "il risveglio" annunciai un
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brano nuovo." Ho trovato questa testimonianza
su di un giornale e ve la recito" Da quella sera
ho replicato "lo stupro" (questo è il titolo del
brano) almeno duemila volte. E via, anche il
secondo nodo si stava sciogliendo. Mio figlio
dice: "sei andata in analisi davanti a migliaia di
persone." Poi l'ho recitato anche in Fantastico,
quello di Celentano. E' andata così. Gli atti di
violenza sessuale contro ragazze erano all'ordine
del giorno. Processi, stupri, violenze fisiche e
morali contro le donne. Sono sempre più
impegnata in questo campo. Propongo il brano a
Celentano. Accetta. Ci sono resistenze da parte
della prima rete, ma lui ha un contratto di ferro.
e alle 20, 30 finalmente mi comunicano che
prenderò parte alla trasmissione.. La voce è
circolata in sala stampa. Due giornaliste
vengono in delegazione e mi chiedono una
conferenza stampa dopo la trasmissione. Va
bene. Eseguo il brano, precisando come sempre
che è una testimonianza di una donna che ho
trovato su di un giornale. Sono molto tesa. I
fotografi non stanno fermi un attimo. Per
riuscire ad arrivare alla fine mi devo concentrare
completamente. Ci sono dentro in pieno. Soffro
come allora. Rabbia, umiliazione, terrore. Un
brutto momento. Alla conferenza stampa
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qualcuno accenna al fatto che quella storia era la
mia.( a suo tempo ci fu gran chiasso e solidarietà
sui giornali) Ho negato molto decisa ma
egualmente qualcuno privo di sentimenti e di
rispetto me l'ha attribuita sui giornali del giorno
dopo. Per me è stato duro. Fin che la gente non
sapeva, diciamo, magari qualcuno lo intuiva
ma con me non ne parlavano, io potevo portare
quell'esperienza in teatro, ma da quando si è
saputo ho deciso di non farlo più. Non avrei
potuto, a parte che sarebbe stato anche di
cattivo gusto.
Sala 8 - 8 - 93
Non è per riprendere vecchi discorsi, ne per
recriminare, ma alla tua lettera devo una
risposta, per tutti e due. Parto dicendoti subito
che non sono in guerra con te. Sono calma e
tranquilla, come sai dormo addirittura senza
sonnifero, ed erano anni che non succedeva.
Ma come ti dissi in una telefonata il giorno del
mio compleanno (che per almeno una decina
d'anni ho passato da sola - la prima volta è stato
per la storia con Maria, la maestra di ginnastica
che stava ad Alcatraz) la situazione da
marremotata com'è non può più, col passar del
tempo ristabilirsi tranquilla, come è sempre
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successo. "Tra un po' le passa.". Non più, alle
stesse condizioni.
Per pochi minuti mi occorre la tua attenzione.
Fai uno sforzo, ma concedimela tutta. Vorrei
che per una volta le mie parole non ti
passassero davanti agli occhi, come sempre è
capitato in passato, ma che ti entrassero nel
cervello.
Il contenuto della tua lettera, come tu stesso
dici, è identico al contenuto di altre, ripeti le
stesse cose che mi dici da anni, e senza offesa,
ritengo le tue, lacrime da coccodrillo. Io, con
questa mia, cercherò di fare un passo avanti,
nell'ultimo tentativo di raggiungere un
accordo.
Tu: "Non ho mai smesso di volerti bene, anzi di
amarti come la persona più cara importante
insostituibile che io abbia mai conosciuto"...
"sei l'unica donna che conti per me". Beh... per
troppe volte mi hai cancellata completamente,
(e non sto drammatizzando, ti assicuro) per
crederci.
Il fatto che tu ti sia dato da fare nel lavoro per
aiutarmi, non è così importante per me, dal
momento che m'hai tolto l'essenza del rapporto
tra di noi, cioè l'amore. Non parlo di quello
fisico, anche se è importatnte. E non mi
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giudicare ingrata.
Per le tue storie d'amore chiedi il perdono, vuoi
l'assoluzione.
Ti perdono, ma non posso cancellare 25 anni di
solitudine e morte. (Non l'hai mai provato,
quindi non puoi sapere fin dove può arrivare la
disperazione. Meglio sarebbe stato morire
quando ci ho provato. A tanto sono arrivata, ma
tu non ne hai tenuto conto: non sono per te
importante come dici, credimi). Peggio per me
se non sono stata capace di risolvere la mia vita
per il meglio. Non ti posso rimproverare perché
hai smesso d'amarmi.
Mi chiedi di aiutarti.Volentieri, ma a me, chi
mi aiuta?
Chiedi di aiurtarti a diventare migliore, sereno
e disteso. Devi trovarla dentro di te la serenità,
a 'sto punto io non ci posso fare più niente.
Non ti chiedo di rinunciare alle tue storie, (hai
detto a Ja. che senza ragazze muori) ma se vuoi
continuare a stare con me devi viverle con
misura, per Dio, senza conseguente perdita di
testa e cadute verticali, condite di intollerabili
meschinità, perdita di stile, e il tutto sulle mie
spalle.
E c'è dell'altro: il non tenere conto che faccio
questo lavoro da una vita, (64 anni) il farmi
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osservazioni (e nota bene, solo quando siamo
in pubblico. Il culmine l'hai raggiunto con il
Ruzzante) come ad una principiante, m'è
diventato insopportabile. Non che io disdegni i
tuoi suggerimenti, le tue indicazioni per
arroganza, no, è che esigo siano intelligenti:
non mi puoi spiegare il significato di una
battuta traducendomela dal dialetto. E' una
vita che preparo la traduzione dei tuoi testa
per noi e per Einaudi e per Giunti. Sei
ancora lì, dopo 40 anni di lavoro insieme a
non aver capito che io, se non so la parte,
non parlo. Non sarebbe ora di smetterla di
fare il "regista" con me e non mettermi
sempre in inbarazzo?
Io ti porto rispetto e quindi lo pretendo per me.
Questo è il punto a cui è arrivata la nostra
situazione.
Perché continui a vivere e a lavorare con te,
occorre che tarriviamo ad un accordo e
rispettarlo.
Se non ho la garanzia di non trovarmi mai più
in queste tristissime situazioni, donne, lavoro,
non ci sto. Se non te la senti di darmi la
certezza di poter invecchiare con un po' di
serenità, lascia perdere.
Non ci dividiamo (una separazione alla nostra
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età... c'è anche il senso del ridicolo... C'è anche
Jacopo al quale non intendo dare più
malinconie e dolori) continueremo a vivere
insieme come fanno tanti altri disperati. Sì,
anche noi, separati in casa! Siamo tanto
moderni! Se anni fa mi avessero fatto vedere il
film di questa nostra vita, non ci avrei proprio
creduto. Pazienza.
Non ho rancore alcuno nei tuoi confronti, sono
andata oltre...
Sappiami dire, tenendo presente che così
com'è, la storia, non m'interessa davvero più.
LA
SINISTRA
ARTISTI
(!!!)
E
INTELLETTUALE OGGI
Marcare la grande irriducibile differenza di
pochissimi, mi riferisco ai “celebri”
e il
disimpegno qualunquista di tanti “amici” di un
tempo…
cantanti
autori,
intellettuali,
giornalisti… tutti compagni, che conquistata un
po’ di fama e soldi magari tanti tanti, cantando e
piangendo con convinzione sulle disgrazie degli
“oppressi” hanno blindato la loro vita, “non
sento, non vedo” e da lì guardano il mondo e si
proteggono avvolti nel muro di Berlino dalle sue
pulsioni.
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quando nasce saccorso rosso? 1970
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manca mia regia Carolina bruxelles
quando va in scena a Londra L’anarchico?
non riesco a leggere il dischetto di Cesenatico
cenacolo brera
DATI BIOGRAFICI DI FRANCA RAME E
DARIO FO
Dario Fo autore delle sue opere ne è anche
regista, scenografo e costumista, a volte
compositore delle musiche (tralasceremo quindi
ogni volta di sottolinearlo).
Franca Rame, oltre a essere l'interprete
protagonista, ha seguito e collaborato alla
scrittura di molte delle opere di Dario Fo andate
in scena nei 47 anni della loro vita teatrale; si è
fatta anche carico della direzione organizzativa e
amministrativa della Compagnia Fo-Rame.
FRANCA RAME
Franca Rame nasce il 18 luglio 1029 a
Parabiago, un paese in provincia di Milano, per
caso: la sua famiglia recitava lì. Il padre
Domenico, la madre Emilia, i figli Enrico, Lina,
Pia, Franca, gli zii e cugini, con aggiunta di
attori e attrici scritturati, costituivano una
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compagnia che girava per i paesi e le cittadine
della Lombardia e del Piemonte. La famiglia
Rame aveva tradizioni teatrali antichissime, fin
dal 1600; erano attori, burattinai e marionettisti a
seconda delle occasioni.
Con l'avvento del cinema passano al "teatro di
persona", arricchito con tutti gli "effetti speciali"
del teatro con pupazzi.
Girano di paese in paese raccogliendo grande
simpatia e consensi.
Ancora oggi, nonostante il personale successo
teatrale e televisivo, se capita Franca in uno di
quei paesi, la gente dice: "E' la figlia di
Domenico Rame". Nella miglior tradizione della
Commedia dell'Arte, recitano, improvvisando,
utilizzando un repertorio di situazioni e dialoghi
tragici e comici.
Spesso capitava che debuttassero in una nuova
cittadina o paese mettendo in scena, dopo aver
fatto inchiesta-ricerca tra la popolazione, la
storia della vita del Santo o della Santa Patrona
del luogo. Tutto a soggetto, cioè recitando
‘all’improvviso’.
I testi degli spettacoli andavano dal teatro
biblico a Shakespeare, da Cechov a Pirandello,
da Nicodemi ai grandi romanzi storici a sfondo
sociale dell'800 spesso legati al pensiero
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socialista
e
anticlericale.
Così
erano
rappresentate, ad esempio, le vite di Giordano
Bruno, Arnaldo da Brescia e Galileo Galilei.
Domenico Rame era oltre che primo attore, il
regista e l’organizzatore, il fratello Tommaso, di
fede socialista, l’antagonista e il poeta della
compagnia. Fin da allora, spesso gli incassi delle
serate venivano date in sostegno alle lotte
operaie (fabbriche in occupazione), o per
costruire asili o per altri scopi benefico-sociali.
Che Franca abbia nel suo DNA le scelte
ideologiche della sua famiglia?
Di questa attività esiste tutt'ora una
documentazione accuratissima nell'archivio FoRame: questi documenti furono conservati da
Tommaso e dalla madre di Franca, Emilia
Baldini, figlia di un ingegnere del Comune di
Bobbio.
Emilia, giovanissima maestra, si era innamorata
di Domenico che si stava esibendo a Bobbio con
le sue marionette e burattini e, nonostante
l'opposizione severa della famiglia, lo sposa.
Insieme girano per tutta la provincia lombarda.
Ma l’interesse del pubblico per quel genere di
rappresentazione stava visibilmente calando: è
allora che Domenico e Tommaso decidono di
passare al teatro “di persona”, dando vita ad una
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compagnia recitante.
Emilia s’improvvisa per amore del marito, non
solo prima attrice ma anche costumista e
amministratrice. È lei che insegna le parti ‘bocca
a bocca’ (a memoria) come si dice in gergo, ai
quattro bambini piccolissimi, nati dal
matrimonio, che non sanno ancora leggere;
insomma la signora Emilia è la "reggitore" della
compagnia.
In quell'ambiente Franca Rame ha fatto il suo
apprendistato, ha sempre sentito il palcoscenico
come casa propria "perché - dice - ci sono nata:
ho debuttato a otto giorni in braccio a mia
madre... non parlavo tanto quella sera lì!"
(interpretava il figlio neonato di Genoveffa di
Brabante).
In seguito, nella stagione1950-51 Franca Rame,
seguendo la sorella Pia, lascia la famiglia e viene
scritturata dalla compagnia primaria di prosa
Tino Scotti (impresario era Carlo Mezzadri,
marito di Pia) per lo spettacolo "Ghe pensi mi"
di Marcello Marchesi - Teatro Olimpia di
Milano.
DARIO FO
Dario Fo nasce il 24 marzo 1926 a San Giano,
un paesino del Lago Maggiore in provincia di
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Varese. Completano i suoi dati anagrafici il
padre Felice, di fede socialista, capostazione e
attore in una compagnia amatoriale; la madre
Pina Rota, donna di grande fantasia e talento
(negli anni '70 pubblicherà un libro sulla della
Lomellina, della sua famiglia e delle sue origini:
“Il paese delle rane,” edito da Einaudi); il
fratello Fulvio e la sorella Bianca, oltre a un
nonno materno agricoltore in Lomellina, presso
il quale il piccolo Dario andrà a passare i primi
periodi di vacanza.
Il nonno agricoltore girava vendendo verdura
con un grande carro trainato da un cavallo e, per
attirare i clienti, raccontava favole grottesche
nelle quali inseriva la cronaca dei fatti avvenuti
nel paese e nelle zone limitrofe. Questa sua
attività di fabulatore satirico-grottesco gli aveva
valso il soprannome di "Bristìn" (seme di
peperone). Così Dario apprende, seduto sul
grande carro al fianco del nonno, i rudimenti del
ritmo narrativo.
L'infanzia di Fo si svolge fra i traslochi di paese
in pese, al seguito dei trasferimenti che la
Direzione delle Ferrovie impone al padre.
Luoghi diversi, ma un medesimo ambiente
culturale, dove il ragazzo cresce alla scuola della
narratività non ufficiale, appassionandosi,
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ascoltatore infaticabile dei maestri soffiatori di
vetro e dei pescatori del lago che nelle osterie,
nel porto e nelle piazze del paese raccontavano
favole paradossali e grottesche, alla tradizione
orale dei "fabulatori", dove già affiorava una
pungente satira politica.
Nel 1940 è a Milano (pendolare da Luino) per
studiare all'Accademia di Brera.
Durante la guerra, alla fine del conflitto, Dario,
richiamato sotto le armi nella Repubblica di
Salò, riesce a fuggire e trascorre gli ultimi mesi
prima della liberazione nascosto in uno
sgabuzzino di un sottotetto. I genitori
partecipano alla Resistenza: il padre,
organizzando la fuga in Svizzera, via treno, di
ricercati ebrei e prigionieri inglesi disertori; la
madre curando i partigiani e i “gappisti” feriti.
Dopo la liberazione Dario riprende gli studi
all'Accademia di Brera a Milano, sempre
facendo il pendolare dal Lago Maggiore e
frequenta contemporaneamente la facoltà
d’architettura del Politecnico.
Negli anni 1945-51 si dedica alla scenografia e
alla decorazione teatrale. Comincia ad
improvvisare monologhi.
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Si trasferisce con la famiglia a Milano. Mamma
Fo, per aiutare il marito a far proseguire gli studi
ai tre figli, si ingegna a fare la camiciaia.
Per i giovani Fo è un periodo di furibonde
letture, in cui Gramsci e Marx si alternano con i
romanzieri americani,con le prime traduzioni di
Brecht, Majakovskij, Lorca.
In quel dopoguerra esplode una vera e propria
rivoluzione teatrale, soprattutto grazie alla
nascita dei "Piccoli Teatri" che sviluppano
fortemente l'idea di "scena nazional popolare".
Fo è coinvolto da quell'effervescenza e si
dimostra un insaziabile spettatore teatrale,
costretto il più delle volte, per motivi economici,
ad assistere in piedi alle rappresentazioni.
Mamma Fo è una donna molto aperta, cosicché
si ritrovano a casa loro gli amici dei tre figli, tra
cui: Emilio Tadini, Alik Cavalieri, Bobo Piccoli,
Vittorini, Ennio Morlotti, Treccani, Franco e
Guido Crepax, alcuni di questi già famosi a quel
tempo.
Durante gli studi d’Architettura, Dario lavora
come decoratore e aiuto architetto, nello studio
Ciuti, e continua a intrattenere gli amici con
racconti fantastici che si rifanno a quelli dei
fabulatori popolari ascoltati nelle osterie sul
lago.
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Nell'estate del 1950 Dario si presenta a Franco
Parenti che si appassiona per la storia di Caino e
Abele, una satira dove Caino, poer nano, è un
tontolone tutt'altro che cattivo, solo che, poer
nano, ogni volta che cerca di imitare lo
splendido Abele con i riccioli d'oro e gli occhi
azzurri, gli va malissimo: subisce disastri uno
dietro l'altro finché, esce di testa, uccide lo
splendido Abele.
Franco Parenti entusiasta invita Fo a far parte
della sua compagnia.
Dario inizia così a recitare nella rivista estiva
diretta da Parenti e, in questa occasione, si
verifica il primo "incontro" di Dario Fo con
Franca Rame, ma non di persona, bensì ritratta
in una foto esposta nella casa della sorella di lei,
Pia.
Nel frattempo continua a lavorare come aiuto
architetto. E' già il tempo della corruzione
edilizia, Fo, disgustato dall'ambiente, decide di
abbandonare gli studi di progettazione e i
cantieri.
CRONOLOGIA
Stagione teatrale 1951-52 - Teatro Odeon Milano
Franca Rame e Dario Fo si incontrano
casualmente: entrambi vengono scritturati da
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Carlo Mezzadri, impresario della Compagnia
Nava-Parenti, per lo spettacolo “Sette giorni a
Milano” di Spiller e Carosso.
La tecnica di corteggiamento di Dario verso
Franca è anomala: finge di ignorarla
completamente. Dopo qualche settimana, lei lo
blocca dietro le quinte e gli dà un gran bacio
sulla bocca. Si fidanzano.
Franca nello spettacolo copre il ruolo di
“bellissima” subrettona recitante (c’erano anche
quelle ‘mute’). La differenza tra subrettine e
subrettone era che quest’ultime non avevano
l’obbligo di mettersi in ‘puntino’ (due fiori a
coprire i capezzoli e un minuscolo slip simile
all’attuale tanga).
Dario nello spettacolo esegue il monologo “il
pòer nano” Ottiene un discreto successo, viene
invitato dalla Rai a partecipare alla trasmissione
radiofonica "Chiccirichì" con Franco Parenti.
Raggiunge una certa notorietà recitando i suoi
monologhi per diciotto puntate in chiave satirica
su protagonisti legati alla tradizione popolare
della Bibbia e di opere liriche. Questo suo nuovo
linguaggio sovverte i rapporti della retorica
narrativa "ufficiale". E' l'inizio di un lavoro che
più tardi sarà sviluppato in "Mistero Buffo" con
rivisitazioni della storia e intromissioni nella
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leggenda popolare. Questo è il periodo in cui
realizza in grottesco le storie di Caino e Abele,
Sansone e Dalila, Abramo e Isacco, Giulietta e
Romeo, Mosè, Otello, Rigoletto, Amleto, Giulio
Cesare, Davide, Nerone e altri.
Le esibizioni di Fo vengono fermate, per
intervento censorio, alla diciottesima puntata,
finalmente i dirigenti si erano accorti della satira
sociale e politica che scaturiva da queste pur
candide storie.
1952 Roma. Franca interpreta il film
“Papaveri e Papere” di Marcello Marchesi
con Walter Chiari, oltre a una decina di altre
pellicole, cosiddette di “cassetta”.
Stagione teatrale ‘52-53
Teatro
Oden
Milano
Fo in “Coccoricò”, spettacolo satirico con
Giustino Durano, Viky Enderson ed altri. Indi
tournée.
Stagione teatrale ‘52-53 Teatro Nuovo, Milano.
“I fanatici” di Marchesi e Mez, musiche di
Kramer.
Franca Rame è scritturata da Remigio Paone in
una grande compagnia di rivista:“BILLI E
RIVA”. Tournée
Stagione teatrale ‘53-‘54
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6 giugno ‘53 Piccolo Teatro della città di
Milano: "Il Dito nell'occhio",
Fo con Franco Parenti, Giustino Durano e con la
collaborazione di Jacques Lecoq il famoso
maestro di pantomima, scrive, dirige e interpreta
"Il Dito nell'occhio"; sue sono anche le scene e i
costumi. È la prima vera rivista satirica del
dopoguerra cui partecipa anche Franca Rame.
Approvazioni e polemiche da parte della critica.
Difficoltà di reperire teatri dove rappresentare lo
spettacolo. Drastica censura governativa e
clericale: i fedeli venivano invitati a non
assistere alla rappresentazione, con cartelli
affissi sulle porte delle Chiese. Prassi che
perseguiterà per molti anni la compagnia FoRame.
Stagione teatrale ‘54-55 –
12 giugno al Piccolo Teatro di Milano: “I Sani
da legare” Dario, con Parenti e Durano, scrive,
dirige e interpreta anche questo spettacolo con le
stesse difficoltà sopraindicate. (Franca sposatasi
con Dario nel 54 non partecipa allo spettacolo
causa attesa figlio!)
“Il dito…” e i “Sani da…” sono le prime vere
riviste satiriche del dopoguerra. Un trionfo di
pubblico. Pesanti reazioni della Democrazia
cristiana e della destra.
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Il 24 giugno Franca e Dario si sposano a Milano
nella basilica di Sant' Ambrogio (l’essersi
sposato in chiesa il fatto straordinario per lui,
ateo, l’ha inserito addirittura in una commedia
“Gli arcangeli non giocano al flipper” 1959
“…sposato in chiesa per accontentare madre di
lei molto credente”
5
Dario e Franca si trasferiscono, attirati dalla
possibilità di lavorare nel cinema, a Roma. Dario
lavora come sceneggiatore (gag-man) con Age,
Scarpelli, Scola, Pinelli, per la Ponti-De
Laurentis e altre produzioni.
4140 Il 31 marzo 1955 a Roma nasce il figlio Jacopo.
1955 Fo scrive il soggetto cinematografico de
“Lo svitato” (molto apprrezzato da Cesare
Zavattini) che interpreterà con Franca Rame,
per la regia di Carlo Lizzani. Per la stesura della
sceneggiatura Dario viene “circondato” da
professionisti: Lizzani, Augusto Frassinetti,
Massimo Mida, Fulvio Fo, Bruno Vailati.
marzo 1956 Esce il film: clamoroso insuccesso!
Commento del produttore Nello Santi: sei autori
in cerca del personaggio.
56 28 giugno – Dario, Franca, Franco Parenti,
trasmissione radiofonica (12 puntate)“Non si
vivie di solo pane” , regia Giulio Scarnicci,
musiche Fiorenzo Carpi
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Franca è al Teatro Stabile di Bolzano in “Re
Lear” col grande attore Memo Benassi
Franca Rame è al teatro Arlecchino di Roma in
“Non andartene in giro tutta nuda” di. Feydeau.
1957
Dopo la disastra esperienza
cinematografica, chiudono col cinema, Dario e
Franca tornano a Milano e fondano la loro
compagnia, “COMPAGNIA FO-RAME” di cui
Fo è autore, attore, regista, scenografo e
costumista. Da questo momento Franca sarà la
principale collaboratrice e interprete dei testi di
Fo e inoltre si accollerà il compito di
organizzatrice dell’impresa. Pia si occuperà
della realizzazione dei costumi, Enrico
dell’organizzazione: tutto in famiglia come ai
bei tempi della FAMIGLIA RAME .
Stagione teatrale ‘57-58
Il 28 aprile al Piccolo Teatro della città di
Milano: “Ladri, manichini e donne nude”,
quattro atti unici: L'uomo nudo, l'uomo in frack Non tutti i ladri vengono per nuocere - Gli
imbianchini non hanno ricordi - I cadaveri si
spediscono e le donne si spogliano.
Le quattro storie si avvalgono del classico gioco
dell’equivoco, scambi di persone, scale infinite
che attraversano la scena e gags clownesche.
Tournée di 10 mesi per tutta l'Italia.
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Stagione teatrale ‘58-59
il 12 dicembre 58 in collaborazione con il Teatro
Stabile di Torino "Comica finale", quattro atti
unici: Quando sarai povero sarai re - La
Marcolfa - Un morto da vendere - I tre bravi.
Brevi storie comiche, simili per struttura a quelle
che la famiglia di Franca recitava alla fine degli
spettacoli (Comiche finali). Dario Fo e Franca
Rame terminato il contratto con lo Stabile
rilevano scene e costumi e portano lo spettacolo
in tournée con la loro compagnia per altri 8
mesi.
Ripresa anche di “Ladri, manichini e donne
nude”.
Stagione teatrale ‘59-60
7 settembre al Teatro Odeon di Milano: “Gli
arcangeli non giocano a flipper”.
Arriva finalmente il successo a livello nazionale.
Lo spettacolo è in testa agli incassi teatrali
italiani. La coppia Fo con questo spettacolo ha
totalizzato 290 denunce per non aver rispettato i
tagli
di
censura.
Mraviglia:
nessuna
conseguenza!
1960 - Durante la toernée Fo scrive “La storia
vera di Pietro D'angera, che alla crociata non
c'era”, mai messo in scena da lui, ma realizzato
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più tardi da altre compagnie con notevole
successo.
Stagione teatrale ‘60-61
2 settembre Teatro Odeon di Milano: “Aveva
due pistole con gli occhi bianchi e neri”. Storia
ispirata dal famoso caso “Bruneri e Canella” lo
smemorato di Collegno.
1961 Primo debutto all'estero di una sua
opera: “Ladri, manichini e donne nude”
all'Arena Teatern di Stoccolma a Sofia in
Polonia.
Stagione Teatrale‘61-62
8 settembre Teatro Odeon di Milano: “Chi ruba
un piede è fortunato in amore”.
1962 10 maggio Milano, RAI 2° canale
televisivo: “Chi l'ha visto?” rivista con Fo-Rame
e altri.
11 ottobre ‘62 RAI
Primo canale
“Canzonissima”
Dario scrive i testi, dirige con Vito Molinari e
presenta con Franca Rame la popolarissima
trasmissione legata alla lotteria nazionale.
Gli sketches di Fo-Rame diventano un caso
nazionale, scatenando violente polemiche. È la
prima volta che si trattano in televisione
problemi legati alla vita reale come le malattie
professionali dell’intera famiglia di una
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casellante, i muratori che muoiono, precipitando
dalle impalcature ecc...
Per la prima volta in televisione si odono
pronuniciare parole come “mafia”,”morti
bianche”, “serrata” e “sciopero”.
Il successo popolare è incredibile. La direzione
della Rai, sotto la pressione dei politici più
reazionari, inizia a dimostrare un certo
nervosismo preoccupato e, nonostante i testi
siano già stati approvati dal direttore generale
dott. Puglesi, iniziano a piovere tagli su tagli.
In particolare, uno sketch sulla mafia nel quale
una donna siciliana racconta in modo
apparentemente paradossale ad un giornalista il
susseguirsi di ammazzamenti di sindacalisti,
contadini ecc., genera un finimondo. Malagodi,
senatore liberale, interviene alla commissione di
vigilanza sulla televisione del Parlamento
italiano, protestando perché: “Si insulta l'onore
del popolo siciliano sostenendo l'esistenza di
un'organizzazione criminale chiamata mafia!”.
La coppia Fo, Rame riceve anche minacce di
morte scritte col sangue e la tipica bara di legno
in miniatura. La famiglia Fo (il figlio di sette
anni compreso) viene messa sotto scorta dalla
polizia.
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Inizia un braccio di ferro con la Rai sulla
censura: poche ore prima che l’ottava puntata
vada in onda, la direzione Rai comunica il taglio
di tre skechs. Dario e Franca ricordando che
erano già stati approvati dal Dott. Puglesi.
Propongono come soluzione la sosta di una
settimana, (adducendo come pretesto la forzata
sospensione causa malattia di Fo), per avere il
tempo di rimpiazzare i brani censurati. Durante
quest’incontro con due alti dirigenti vengono
velatamente minacciati di denuncia per danni e
anche di probabile arresto. Con molta tensione,
con i loro avvocati attendono la decisione RAI
che arriva a 15 minuti dall’inizio della
trasmissione. O si va in onda con i tagli o niente.
Decidono per il”NIENTE”.
Un’annunciatrice
a
inizio
trasmissione
comunicherà il loro ritiro. All’uscita del Palazzo
della Fiera, migliaia sono le persone che li
attendono. Manifestazioni e attestati di
solidarietà sono espressi in migliaia di
telegrammi, lettere ecc. La Rai tenta, ma non
riesce a sostituire Fo e Rame perché tutti gli
attori italiani e stranieri come Ive Montan
e……………, seguendo le indicazioni della SAI
(Sindacato-attori), rifiutano di prendere il loro
posto.
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Cinque saranno i processi a loro carico, una
assoluzione, e quattro condanne con richiesta di
danni per miliardi che i Fo non pagano.
Per 16 anni saranno totalmente esclusi sia dai
programmi Rai-TV che dalle campagne
pubblicitarie. Per 16 anni il nome Fo-Rame non
è mai stato pronunciato. Ricordiamo che Radio e
televisione a quei tempi monopolio esclusivo
dello Stato democristiano.
1963 Helsinki, Finlandia compagnia del Lilla
Theater “Chi ruba πun piede e' fortunato in
amore” messo in scena con la regia di Fo.
Stagione Teatrale ‘63 - 64
6 settembre Teatro Odeon Milano: "Isabella, tre
caravelle e un cacciaballe"
In quest’opera si racconta la "scoperta"
dell'America, evitando i soliti schemi
agiografici, seguendo al contrario ricerche
storiche più spregiudicate e documente. Si tratta
dell'inizio di un grosso lavoro di studio-inchiesta
sulla storia e sui "dogmi" della cultura
dominante.
Lo
spettacolo,
fortemente
demistificatore della "storia scolastica" e della
retorica militarista e patriottica, viene duramente
contestato da destra; Dario e Franca vengono
aggrediti all'uscita del teatro Valle a Roma da un
gruppo di fascisti, in altre città è ormai di norma
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la telefonata che annuncia una bomba in teatro
(come azione di disturbo), e solo la presenza di
gruppi di operai, studenti e militanti del Partito
Comunista garantisce che le rappresentazioni
continuino.
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Stagione Teatrale ‘64-65
4 ottobre Teatro Odeon Milano: "Settimo: ruba
un po'meno!"
Scritto per Franca con tanto di dedica nel
frontespizio che ne è la protagonista nel ruolo di
una becchina un po' stramba che per un
equivoco paradossale sogna di poter vestire i
panni una prostituta.
E' uno spettacolo fortemente provocatorio e
carico di una satira graffiante che anticipa, con
una denuncia minuziosa, la corruzione italiana,
trent'anni prima della rivoluzione di "Mani
Pulite".
Stagione Teatrale ‘65-66
10 settembre Teatro Odeon di Milano: “La colpa
è sempre del diavolo” commedia ambientata
nella Milano medioevale dei Visconti con scene
troculente di ammazzamenti contrappuntate da
Sabba, con diavoli, nani diabolici e streghe.
‘66-67 Fo realizza due regie con compagnie
autonome: il 25 gennaio ‘66 “Gli amici della
battoniera” di Marcel Achard (riadattamento di
Fo) al Teatro Municipale di Modena con che
compagnia? e nel ‘66 "Ci ragiono e canto",
spettacolo di canzoni sulla tradizione popolare,
in collaborazione con il Nuovo Canzoniere
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Italiano, su materiali raccolti e curati da Gianni
Bosio, rielaborati da Fo e da Giovanna Marini.
Stagione teatrale 67-68
15 settembre Teatro Manzoni-Milano: "La
signora e' da buttare!” Commedia musicale
ambientata in un grande circo equestre dove
si racconta la storia degli stati uniti, con
guerre, stragi di mafia e ammazzamenti di
presidenti,
giocato da clown, acrobati,
domatori, donne cannone, danzato e cantato
con il sostegno di una orchestra in scena.
1968 Dopo
l'invasione
russa
della
Cecoslovacchia Dario Fo rifiuta di concedere
l'autorizzazione a rappresentare i suoi testi in
quel Paese.
Blocca inoltre la messa in scena di questa e altre
sue opere teatrali in Unione Sovietica per le
manipolazioni censorie inaccettabili proposte dai
dirigenti culturali russi.
1968 Teatro
Odeon
Milano
ENZO
JANNACCI: 22 CANZONI Regia e testi di
Dario ed Enzo.
1968 - Sulla spinta degli avvenimenti politici di
quegli anni, Dario e Franca sciolgono la loro
compagnia e fondano l'Associazione Nuova
Scena, composta da oltre trenta giovani tra
tecnici, attrici e attori; un Collettivo Teatrale
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indipendente, articolato in tre gruppi, che gira
l'Italia recitando soprattutto di fronte ad un
pubblico popolare e operaio, in locali alternativi
al circuito teatrale ufficiale, come Case del
popolo, Palazzetti dello sport, cinema,
bocciodromi, piazze ecc. Per riuscire
nell'impresa vengono ideati palcoscenici
smontabili su progetto di Dario.
Stagione teatrale ‘68-‘69
Nuova Scena debutta nella Casa del popolo di
Sant Egidio, (Cesena) con “Grande pantomima
per pupazzi piccoli, grandi e medi”. Lo
spettacolo verrà portato anche alla Camera del
lavoro di Milano e in tournée.
Stagione teatrale ‘69-70
Franca Rame rappresenta alla Camera del lavoro
di Genova e in varie località, due nuove
commedie di Fo: “L'operaio conosce 300 parole,
il padrone 1000, per questo lui è il padrone" e
due atti unici "Legami pure, tanto spacco tutto lo
stesso!" e "Il funerale del padrone". A causa
delle critiche che questi spettacoli muovono allo
Stalinismo e alle posizioni socialdemocratiche
del Pci, la tournée viene pesantemente sabotata
dal
vertice
del
Partito.
Decine
di
rappresentazioni vengono annullate. E' un
momento molto duro, a Franca viene negata La
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Camera del lavoro di Milano con il debutto già
annunciato, trova ospitalità al “Circo Medini”,
un vero circo equestre con tigri, leoni ed
elefanti, per fortuna chiusi nelle gabbie attorno
al circo. Dopo un primo sbandamento, grazie
alla mobilitazione di compagni della base del Pci
e della sinistra extraparlamentare, gli spettacoli
continuano con enorme successo. Franca Rame
riconsegna a Enrico Berlinguer, segretario del
Pci, la sua tessera del partito (Dario non si è mai
iscritto).
Stagione teatrale ‘69-70 –
Autunno “Mistero buffo”. Letture in case del
Popolo e Università prima del debutto vero e
proprio che sarà a La Spezia il primo ottobre
1969 al teatro Ariston
Quest’opera è una vera e propria lezione di
storia della letteratura, che parte dalla
contestazione delle antologie scolastiche
soffermandosi in particolare su Rosa fresca e
aulentissima, uno dei primi testi poetici
presentato e commentato da dotti soloni delle
università come opera di trovatori eruditi. Nella
lezione-spettacolo si sottolinea in particolare la
preoccupazione alle volte spasmodica di
presentare questi contrasti i mascherando e
censurando ogni gioco scurrile o allusione di
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satire politica che immancbilmente affiorano
dalle giullarate.
Dario Fo tenta di ricostruire il linguaggio e la
ritmica dei giullari medioevali e recita i loro
monologhi rendendoli però accessibili al grande
pubblico.
Il successo è incredibile: si repplica addirittura
nelle arene e nei palazzetti dello sport con
migliaia di spettatori. È lo spettacolo che più di
ogni altro lo renderà famoso nel mondo. (Oltre
5000 repliche).
Nel secondo anno di attività a Milano, Nuova
Scena non trova spazi teatrali dove agire, affitta
una vecchia fabbrica in disuso tramutandola in
un centro teatrale, che diventerà sede stabile
della compagnia “il Capannone di Via Colletta”:
uno spazio gestito dallo stesso collettivo e da un
numerosissimo gruppo di associati, lavoratori e
studenti, che offrono un importante apporto
creativo e organizzativo.
DATA Per divergenze politiche Dario e Franca
lasciano l'Associazione 'Nuova Scena'. Nasce il
Collettivo Teatrale LA COMUNE diretta da
Dario Fo e Franca Rame.
Stagione teatrale 70-71 Capannone
di
via
Colletta Milano: (27 ottobre) “Vorrei morire
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anche stasera se dovessi sapere che non è servito
a niente” Spettacolo composto da testimonianze
dei protagonisti della resistenza italiana e
palestinese.
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Stagione teatrale 1970-71
11 dicembre Capannone di via Colletta "Morte
accidentale di un anarchico"
Dopo la strage alla Banca Nazionale
dell'Agricoltura di Milano, Dario scrive e mette
in scena un altro dei suoi testi più famosi, sulla
strage di Stato. Tournée.
data Capannone di via Colletta "Tutti uniti, tutti
insieme! Ma, scusa, quello non è il padrone?!"
sulla nascita del Partito Comunista Italiano nel
1921.interpretato da Franca. Tournée.
Stagione teatrale 71-72
14 febbtaio Capannone di via Colletta “Fedayn”
Franca Rame, con l’appoggio del Fronte
Popolare democratico, porta in Italia dieci
autentici Fedayn (palestinesi combattenti) da lei
stessa scelti visitando i campi militari in Libano.
Su testimonianze dirette dei combattenti
trasformati in attori, e con la conoscenza della
tragedia palestinese, Dario scrive il testo dello
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spettacolo, del quale curetà anche la regia;
monologhi, musiche, canti e danze della
tradizione palestinese che narrano la storia del
conflitto con Israele e la nascita di una presa di
coscienza nazionale di quei popoli, dopo la
grande sconfitta subita qualche anno prima.
Conduce lo spettacolo Franca.
Gli incassi vengono devoluti alla Resistenza
palestinese.
Stagione teatrale‘71-72
18 novembre Capannone di via Colletta:
"Ordine! Per dio.ooo.ooo.ooo" con Franca e
altri, testo e regia di Dario. Tournée
(Rielaborazione aggiornata di “Legami pure, che
tanto ecc.) Nello stesso periodo Dario gira
l’Italia con
“Mistero buffo N. 2”.
A causa della grande crisi economica molte
fabbriche vengono chiuse. In difesa del posto di
lavoro gli operai scioperano e occupano le
fabbriche. In sostegno a queste lotte, il
Collettivo la Comune, farà centinaia di spettacoli
(dal 71 all’85) devolvendo l’intero incasso agli
operai.
1972 DATA Il Collettivo teatrale LA COMUNE
è costretto a lasciare il Capannone di via
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Colletta: il contratto è scaduto e non viene loro
rinnovato dal proprietario dello stabile.
Dario e Franca con i loro compagni non si
scoraggiano. Affittano il cinema Rossini
nell’estrema
periferia
milanese
dove
rappresentano:
Stagione teatrale
………… dicembre Cinema Rossini: "Pum
pum! Chi é? La polizia!" (sempre sulla strage di
Stato) con Dario Fo e altri attori.
Il Collettivo Teatrale è soggetto a varie azioni
repressive da parte della polizia e a pesanti
tentativi di censura. Il manifesto dello spettacolo
che raffigura viene denunciato per oltraggio alla
polizia dal Giudi ce Viola.
9 MARZO73
Un gruppo di fascisti sequestra, sevizia e
violenta Franca Rame.
Con questo gesto infame si vuole punire
l’attività politica di Franca e Dario e soprattutto
il lavoro che Franca porta avanti dal '70 nelle
carceri. Grande indignazione e solidarietà in
tutta Italia.
24 maggio "BASTA CON I FASCISTI"
Dopo due mesi di inattività, Franca torna in
scena e rappresenta alla Casa del popolo di
Milano il recital, che si avvale di monologhi
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scritti in collaborarazione con Dario, con
proiezioni e filmati sul fascismo e la sua
violenza a cura di Lanfranco Binni. Lo
spettacolo racconta e documenta l’effettiva
presenza culturale e politica del fascismo nello
Stato Italiano e il ruolo di manovalanza
criminale svolto dalle sue frange armate
estremiste al servizio dei corpi speciali dei
Polizia dello Stato. È gestendo quei gruppi che
lo Stato realizza vere e proprie spedizioni
punitive e attentati con sequenze di stragi con
migliaia di vittime fra la popolazione
1973 Parigi: Théâtre National Populaire, Salle
Gemier-Trocadero “Mistero buffo” DATA
DATA ‘73-74 "Ci ragiono e canto n.3" scritto
da Fo per il cantastorie siciliano
Ciccio
Busacca.
DATA 1973 Dopo aver invano cercato una sede
permanente, La Comune occupa un edificio
fatiscente abbandonato nel centro di Milano, la
Palazzina Liberty (ex mercato della verdura).
che ristruttura con l’aiuto del quartiere, degli
studenti e degli operai di Milano e dintorni,
Solo a Milano, raccoglierà in un anno più di
80.000 abbonati. (Ricordiamo che il Piccolo
Teatro di Milano, con due miliardi di
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sovvenzione, ne riusciva a raccogliere al
massimo 15.000).
Da questo momento Arturo Corso, che già
era stato attore e assistente in passato,
coprirà il ruolo di collaboratore alle regie
delle opere di Dario in Italia e all’estero.
DATA 1973 Palazzina Liberty
"Guerra di Popolo in Cile" spettacolo sulla
resistenza cilena
a pochi giorni dalla morte del presidente del
Cile, Allende va in scena il nuovo spettacolo di
Dario con Franca e attori e cantanti del
Collettivo la Comune. Gli incassi sono devoluti
alla resistenza cilena. (Tournée)
Durante la tournée a Sassari Fo viene arrestato
per essersi opposto, con tutto il suo collettivo e
i compagni organizzatori, all'ingresso in teatro
della polizia che cercava provocatoriamente di
bloccare 1o spettacolo.
‘74-75
3 ottobre Palazzina Liberty:
"Non si paga! Non si paga!"
Durante un’assemblea aperta al pubblico un
gruppo di operai, masci e femmine invitano La
Comune a considerare l’assurdo della situazione
che vede le lotte sindacali condotte per
migliorare la condizione economica dei salariati,
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vanificata in modo grottesco dagli immediati
rialzi dei prezzi in tutti i supermercati. Da qui,
parte l’indagine sul problema e la scrittura del
testo “non si paga…” dove viene raccontata
l’azione di spesa proletaria messa in atto da un
intero quartiere popolare della città di Milano.
Un anno dopo si verificano numerosi assalti ai
supermercati di Milano. Molte donne vengono
arrestate. Il PM. durante il processo chiede
l’incriminazione di Dario come ispiratore
all’evento.Tournée.
Nell'arco della stagione vanno in scena
spettacoli, manifestazioni, concerti, in solidarietà
con fabbriche occupate e situazioni di lotta in
generale. Spettacoli anche in appoggio alla
campagna per il Referendum sul divorzio.
Negli spazi del seminterrato della Palazzina,
molti immigrati hanno finalmente trovato una
sede dove riunirsi per discutere dei loro
problemi. Sul palcoscenico rappresentano
spettacoli con danze e canti provenienti dalla
loro tradizione e ritualità.
5 giugno ‘75
Palazzina Liberty “FANFANI
RAPITO" scritto da Fo in 4 giorni in appoggio
alla campagna “REFERENDUM per la
legalizzazione dell’aborto”. Tutti sono andati in
scena con il copione in mano:non c’era stato il
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tempo di imìpararlo a memoria, ne di
provarrlo.Tournée.
Il Collettivo La Comune realizza un viaggio di
un mese nella Repubblica Popolare Cinese.
Finalmente un po’ di vacanza!
1975 data Su indicazione di un gruppo di
intellettuali svedesi, Fo viene proposto per il
Premio Nobel .
2 marzo 76 Palazzina Liberty "La marijuana
della mamma è la più bella"
Sul fenomeno della droga che inizia a dilagare
anche in Italia. Tournée
1976-77
Dopo 16 anni di ostracismo, su
invito del Dott. Massimo Fichera, direttore 2°
rete Rai, La Comune torna in televisione con “IL
TEATRO DI DARIO FO”:
“Mistero buffo”, "SETTIMO RUBA UN PO'
MENO!", "CI RAGIONO E CANTO",
"ISABELLA, TRE CARAVELLE E UN
CACCIABALLE", "LA SIGNORA È DA
BUTTARE", "PARLIAMO DI DONNE" (21
ore di trasmissione).
Franca Rame vince la Maschera con lauro d'oro
del Premio IDI, come migliore attrice televisiva
per la trasmissione "Parliamo di donne".
DaTAT ‘77-78 Palazzina Liberty: “Mistero
buffo” 3° edizione. Tournée.
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DATA novembre Palazzina Liberty: “Tutta casa,
letto e chiesa”
Opera in chiave grottesca-comico-drammatica
sulla condizione della donna. Unica interprete
Franca Rame che per la prima volta firma il testo
con Fo. Questo spettacolo verrà in Italia e
all’estero: oltre 3000 repliche.
In questi anni Fo si afferma come autore italiano
più rappresentato al mondo: i suoi testi sono
recitati in oltre 50 paesi e tradotti in più di 30
lingue.
‘79 DATA Berlino, Festival Internazionale
“Mistero buffo” e “Tutta casa, letto e chiesa”.
Scrive "La tragedia di Aldo Moro" sul sequestro
e l'assassinio del dirigente democristiano ad
opera delle Brigate Rosse (mai rappresentato). Il
testo è condotto sulla chiave del "Filotete" di
Sofocle.
DATA ‘79 Teatro alla Scala di Milano:
"L'histoire du soldat" Igor Stravinsky.
Fo “rilegge” e dirige trenta allievi delle varie
scuole di teatro di Milano, prima tra tutte la
scuola “Paolo Grassi” del Piccolo. L’opera si
realizza su un grande palcoscenico e debutta
nelle più importanti città d’Italia nei teatri lirici e
nei palazzetti dello sport davanti a migliaia di
spettatori.
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DATA "Storia della tigre e altre storie"
Rielaborando un canovaccio di un racconto
popolare cinese sulla lunga marcia, ascoltato
durante il viaggio nella regione di Shangai,
scrive e rappresenta questo nuovo testo.
1980 Franca e Dario con il figlio Jacopo
fondano la Libera Università d’Alcatraz, un
centro culturale e d’agriturismo. Il centro ha
sede sulle colline tra Gubbio e Perugia.
Acquistando a poco a poco, tre milioni e
settecentomila metri quadrati di boschi (che
sarebbero dovuti esser tagliati) e uliveti, i Fo
impediscono la distruzione di una valle
meravigliosa. Intraprendono poi, il restauro
d’undici antiche case coloniche e torri
abbandonate. Alcatraz raccoglie l'adesione di
numerosi artisti e gruppi culturali, tra questi
Sergio Angese, Stefano Benni, Dacia Maraini,
Milo Manara, Andrea Pazienza, Elena Cranco,
che tengono corsi di teatro, fumetto, danza,
scrittura, tecniche psicofisiche, psicologia e
artigianato. Alcatraz ospita inoltre attività
didattiche e ricreative per ragazzi, emarginati,
portatori di handicap.
Le attività del centro sono: ippoterapia, comico
terapia, equitazione, passeggiate nei boschi,
piscina e scuola di nuoto. A tutto questo si
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aggiungono le coltivazioni naturali, un ristorante
ecologico, e un laboratorio per la preparazione
di conserve biologiche. Il centro ha fino ad oggi
ospitato più di trentamila persone ed è diretto da
Jacopo Fo.
A marzo Dario e Franca recitano in Svezia:
Stockholms Stadsteater con “Mistero buffo” e
“Tutta casa letto e chiesa”
Il 20 maggio vengono invitati al Festival del
Teatro Italiano di New York. Il Dipartimento di
Stato rifiuta loro il visto d'ingresso negli USA. Il
29 maggio, un nutrito gruppo d’artisti e
intellettuali
americani
organizza
una
manifestazione contro il provvedimento. Tra gli
altri, partecipano Arthur Miller, Norman Mailer,
Martin Scorsese, Ellen Stewart, Sol Yurick, Eve
Merriam ed altri.
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Sempre in maggio Fo riceve dal Berliner
Ensemble (Germania dell'Est) l'invito a
realizzare uno spettacolo nel prestigioso teatro di
Bertolt Brecht, per la primavera '81. Dario Fo
prepara una rielaborazione de "L'OPERA DA
TRE SOLDI" di Brecht che sarà bocciata a
causa del contenuto politico: la principale
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oppositrice era la figlia di Brecht, (il muro di
Berlino non era ancora caduto).
La stessa rielaborazione è servita per realizzare
la messa in scena un anno dopo per il Teatro
Stabile di Torino.
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Dicembre Parigi: Théatre de L'Est Parisien
“Mistero buffo” e "Tutta casa letto e chiesa"
dicembre tournée di Franca in germania:
Francoforte Volksschoschschule di, Deutsches
Schauspielhaus di Bochum ed Amburgo, con
"Tutta casa letto e chiesa".
RAI 2 (20 puntate) “Buonasera con Franca
Rame” di e con Fo 1981 - Gli Accademici dell'Università di
Danimarca assegnano a Dario Fo il Premio
Sonning (Il Nobel danese), premio che Dario
dedicherà a Franca.
DATA ‘81 Teatro Odeon Milano: “Tutta casa
letto…” nuova edizione, e tournée.
Franca scrive “Lo stupro” e “Una madre”
(problema torture detenuti politici) due
monologhi che saranno inseriti in vari spettacoli.
1981-82 Teatro-cinema Cristallo Milano:
"Clacson, trombette e pernacchi", una commedia
tragicomica sul terrorismo.
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1981 RAI 2° rete “La professione della
signora Warren” - di G. B.Shaw con Franca,
regia di Giorgio Albertazzi.
1982 Teatro Stabile di Torino: "L'opera dello
sghignazzo" (debutto al “Fabbricone” di Prato il
2 12 81) un libero adattamento di Fo da "The
Beggar's Opera" di John Gay, da cui lo stesso
Brecht aveva tratto la sua “Opera da tre soldi”.
Fo ne cura anche la regia.
Più tardi, per sollevare le sorti finanziarie della
compagnia, Dario accantona lo spettacolo che
aveva in scena con Franca e subentra nell’ Opera
dello sghignazzo interpretando il personaggio di
Micium.Infatti da quel momento i teatri sono
sempre esauriti.
Il 25 2 81 debutta al Teatro Apollo di Firenze,
indi aTeatro Cinema Cristallo Milano: "IL
FABULAZZO OSCENO". Un insieme di testi
di varie epoche e culture che trattano di
situazioni provocatorie su i temi della sessualità
e dellerotismo. Testi di origine greco-arcaiaca
provenzale e italiana medievali.
Franca partecipa allo spettacolo alternando i
brani: “Io Ulrike grido.”-"LO STUPRO"-."Una
MADRE".
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10 maggio, Londra: Riverside Studios: "Tutta
casa letto e chiesa". Grande successo di critica e
pubblico.
Al National Theater Yvonne Bryceland
interpreta la stessa opera col titolo inglese
"Female Parts".
Estella Parson N.Y. CON Orgasmo adulto
ESCAPES FROM THE ZOO (TITOLO usato in
AMERICA, Francia, Belgio, Olanda, Sveza,
Danimarca, di Tutta casa…)
DATA Stoccolma la compagnia del famoso
Pistol Theater mette in scena in prima assoluta
un nuovo testo di Dario: "Coppia aperta” con la
regia e traduzione d’Anna e Carlo Barsotti.
Grande successo in Svezia!
83-84 (30 11 83 debutto teatro Sloveno
trieste,indi Teatro Nuovo Milano: “Coppia
aperta”. Solo un anno dopo spinti dal grande
successo ottenuto dallo spettacolo a Stoccolma,
Dario e Franca lo allestiscono con Nicola de
Buono (in un secondo tempo con Giorgio
Biavati) nella parte del marito. L’opera è vietata
dalla Commissione ministeriale di censura ai
minori di 18 anni. Il provvedimento sarà in
seguito ritirato per le proteste suscitate sia dalla
stampa che dal pubblico. Grandissimo successo
e centinaia di repliche. Tournée.
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‘83
Dal 26 aprile al 15 maggio Londra, Riverside
Studios “Mistero Buffo”
20 Maggio, 83 Festival Québécois du Jeune
Théâtre (Canada), "Tutta casa letto e chiesa".
9 5 ‘84
Habana Cuba: Franca in “Tutta casa
letto e chiesa” e 2Mistero buffo” al Festival de
teatro latino-americano.
8 11 maggio Buonesaires-Argentina: Teatro
Municipal General San Martin: “Tutta casa letto
e chiesa” e “Mistero buffo”.
Le destre cattolico-fasciste inscenano gazzarre
dentro e fuori il teatro allo scopo di bloccare gli
spettacoli. Essi sono palesemente sorretti e
protetti dalla Polizia? Fra gli aggressori ci sono
elementi del famoso gruppo clerico-nazista
“Cristo Re”. Essi consegnano a un ragazzino una
bomba lacrimogena di tipo militare con l’ordine
di lanciarla in teatro. Il ragazzino esegue e la
bomba esplode sul palcoscenico a pochi passi da
Dario che si ritrova letteralmente accecato dal
fumo. Grande spavento e conseguente panico
degli oltre mille spettatori. Reazioni e solidarità
governativa e sopratutto popolare, comprese le
mamme della piazza di Maggio.
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Bogotà Colombia, DATI E 17 5 84 Teatro Colon
Invitati da… "Tutta casa, letto e chiesa" e
"Mistero buffo".
E L’ALTRA CITTA?
Agosto DATA Edimburgo-Scozia Fringe
Festival “Mistero buffo” e "Tutta casa…."
DATA Tampere Finlandia: Festival del teatro di
Dario Fo e Franca Rame. “Mistero buffo” e
Franca "Tutta casa letto e chiesa".
In tutta la città sono rappresentate varie
opere dei due autori.
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DATA Invitati da Joseph Papp al Public Theater
di New York si vedono rifiutare il visto
d’ingresso negli USA per la seconda volta.
DATA Fo scrive "Patapunfete!" un testo per
clown, messo in scena da Ronald e Alfred
Colombaioni per i quali cura anche la regia;
durante l'estate: "Quasi per caso una donna:
Elisabetta" "Dio li fa poi li accoppa" e
"Lisistrata romana" testi che per ora finiscono
‘nel cassetto’.
Dal 21 al 23 Agosto Londra, Riverside Studios:
Seminario "La storia della Maschera".
‘84-85 Teatro Ciak Milano: "Quasi per caso una
Donna: Elisabetta".
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Grazie alla più alta media di spettatori registrata
nella stagione, Dario e Franca sono premiati con
il ''Biglietto d'Oro" dell'AGIS a Taormina.
DATA Maggio-Giugno Germania: International
Theater Festival di Monaco con “Mistero buffo”
E “Tutta casa, letto e chiesa”.
22 Maggio, 85 Genova: Il Teatro della
Tosse di mette in scena "La vera storia di Piero
d'Angera che alla crociata non c'era" con la regia
di Tonino Conte, scene e costumi di Lele
Luzzati.
15 gennaio ‘84 Broadway al Belasco Theater: il
produttore americano Alexander Cohen mette in
scena “Morte accindentale di un anarchico" con
l'adattamento di Richard Nelsan. Il Dipartimento
di Stato concede a Fo-Rame (per assistere al
debutto) SU INTERVENTO DI REAGAN ALLORA PRESIDENTE DEGLI STATI
UNITI, il visto d'ingresso negli USA per sei
giorni, con il divieto assoluto di lasciare la città.
Lo spettacolo a causa di tagli politici deciso
dall’addattatore ha uno strepitoso insuccesso!
‘85-86 -(18 10 85) Biennale di 'Venezia-Palazzo
del Cinema- con la collaborazione del Teatro
Ateneo dell'Università di Roma scrive e mette
in scena (preparando lo spettacolo alla Libera
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Università
d’Alkatraz)
"HELLEQUIN,
HARLEKIN, ARLECCHINO”
Scrive "Diario di eva" per Franca, non ancora
rappresentato.
1985 sett. - Danimarca: Franca Rame è invitata
a Copenhagen dal Sindacato degli attori,
GALLA AFTEN Mødrehjælpen af 1983 terrà
uno Stage sui monologhi.
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10 - 6 è -85 Germania tournée di Franca a nomi
altri teatri Tubingen, Heidelberg, Stuttgart e
Francoforte: Theater Am Turm con “Coppia
aperta”
1986 TUTTA CASA, LETTO E CHIESA
regia di Franca Rame in Belgio e Danimarca
‘86, dal 9 maggio al 20 giugno (PER Più DI UN
MESE) - USA. Finalmente è concesso il visto di
ingresso in USA. Invitati dalla "Harward
University" recitano “Mistero Buffo” e “Tutta
casa, letto e chiesa” all'American Repertory
Theater di Cambridge, alla Yale Repertory
Theater dell'Università di New Haven, al
Kennedy Center di Washington, al Theater of
Nations di Baltimora, al Joyce Theater di New
York, tengono seminari alla New York
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University e vari incontri, lezioni e stages sul
loro teatro.
Franca Rame tiene una lezione-spettacolo al
Wheaton College di Norton-Massachusset.
9 agosto - A Fo viene dato il Premio Eduardo
da Taormina Arte.
14 agosto - Edimburgo: Franca Rame, al Free
Festival con Coppia aperta…".
A questo Festival sono presenti varie compagnie
con i testi di Fo-Rame tradotti in lingua inglese:
Yorick Theatre Co., Catwalk Theatre
Productions,
Fo-Rame
Theatre
Proiect,
Warehouse Theatre, The Drama Departement,
Borderline Theatre.
86-87 - 10 10 86 Teatro Nuovo di Milano:
"Parti femminili", due atti unici dei due autori.
“Una giornata qualunque” e “Coppia aperta…".
2° edizione.
Nella stessa stagione debutta a Trieste, indi a
Milano (11 2 97) al Teatro Ciak "Il ratto della
Francesca" con Franca e altri interpreti. Tournée
13 dicembre - Pagani (Napoli). Dalla
Associazione M. Torre viene dato a Dario Fo il
"V Premio Nazionale contro la violenza e la
camorra".
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Febbraio, (14 3 87) Amsterdam Olanda, Teatro
dell'Opera De Nederlandse: "Il Barbiere di
Siviglia" di G. Rossini. Regia Dario Fo
Lo stesso allestimento
sarà ripreso
dal
Teatro Petruzzelli di Bari, (16 2 88) ed molti
altri Paesi.
Aprile - Dario e Franca sono a Cambridge (Usa)
per la regia de "Gli arcangeli non giocano a
flipper" all'American Repertory Theatre.
(Debutto 5 6 87
Giugno - A New York, il 18 5 87 viene loro
assegnato
l'Obie
Prize,
importantissimo
riconoscimento della Of Brodwui DATI
Luglio San Francisco, COPPIA APERTA
Festival internazionale. Franca tiene un
seminario sul teatro ad oltre cento, tra attrici,
attori, mimi, acrobati, prestigiatori, provenienti
da ogni parte dell’America anche per uno
scambio di esperienze.
Iló Coppia aperta” al Teatro “Sala Umberto”
DATA dopo un mese di repliche Franca ricerve
il “Premio ETI-Sala Umberto” per la sua attività
artistica”
18 settembre ‘87-Dario Fo rappresenta al
Festival dell'Unità, davanti ad oltre 10.000
persone, “LA RAVA E LA FAVA” (che più
tardi cambierà il titolo in “La parte del leone” un
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monologo comico-tragico sulla situazione
politica italiana).
DATA ripresa in tournée di "PARTI
FEMMINILI"
DATA RAI TV 2° Franca partecipa al film di
Gianni Serra "Una lepre con la faccia da
bambina", sul disastro ecologico di Seveso.
Nel frattempo Fo scrive i testi per le otto puntate
di "Trasmissione Forzata", per RAI 3, alle quali
partecipa come regista, costumista, scenografo e
attore con Franca ed altri interpreti. Sono
passati altri undici anni dall'ultimo impegno con
la RAI TV.
Viene loro assegnato il premio "AGRO
DOLCE" a Campione D'Italia.
Nel giugno '88 Franca Rame gira a Torino per
RAI 2 "PARTI FEMMINILI".
88-89 - Franca Rame continua la sua tournée
italiana e all’estero con "PARTI FEMMINILI".
Fo interpreta, per la regia di Stefano Benni, il
film "Musica per vecchi animali".
marzo Teatro dell'Opera di Amsterdam ripresa
del "BARBIERE DI SIVIGLIA"
1989 - LETTERA DALLA CINA di Dario Fo,
letta da Franca, all'Arco della Pace di Milano e
in altre città italiane, durante le manifestazioni
per la strage di Piazza Tien An Men.
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18 al 22 maggio San Paolo e 15 16 maggio Rio
de Janeiro, Brasile: “Mistero buffo” e "PARTI
FEMMINILI" invitati da 'Italia Viva'.
Nelle due città viene rappresentato anche 5
maggio 89“Il "BARBIERE DI SIVIGLIA"
allestito dal Teatro Petruzzelli di Bari.
Dario e Franca si esibiscono davanti a un
pubblico che già conosce i loro testi messi in
scena da numerose compagnie brasiliane
ottenendo un caloroso successo. dario
89-90 Fo scrive due testi: "IL BRACCATO",
sul tema della mafia, che non mette in scen e
"IL PAPA E LA STREGA"
TEATRO NUOVO, MILANO: "IL PAPA E LA
STREGA" novembre- data esatta sul tema della
droga e dell'antiproibizionismo, che interpreta
con Franca.
giugno ‘90 Grazie alla più alta media di
spettatori registrata nella stagione, Dario Fo
Franca Rame ottengono ancora una volta il
''Biglietto d'Oro" dell'AGIS.
1990 aprile-giugno - RISCRITTURA PARIGI:
su invito di Antoine Vitez, direttore artistico
della Comédie Française, Fo mette in scena il 9
6 90 "IL MEDICO PER FORZA" e "IL
MEDICO VOLANTE" di Molière. E' un vero
trionfo di critica e di pubblico, del quale Vitez,
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che tanto si era battuto per avere Fo ad
inaugurare il ciclo su Molière, purtroppo non
può godere. Vitéz, infatti, è scomparso
prematuramente alla fine di aprile. Fo è il primo
regista italiano chiamato a realizzare una messa
in scena alla Comédie Française. Assiste allo
spettacolo anche il Presidente Mitterand, che
invia una lettera di elogio a Dario Fo.
maggio - Fo riceve dal Berliner Ensemble
l'invito a realizzare uno spettacolo nel
prestigioso teatro di Bertolt Brecht per la
primavera '91. Il progetto non andrà in porto.
luglio, Franca Rame gira per la TV Svizzera,
COPPIA APERTA.
‘90-91 - Teatro Nuovo di Milano: "ZITTI!
STIAMO PRECIPITANDO!"
Una vicenda comico-grottesca, che ha per tema
centrale l'AIDS. Lo spettacolo, interpretato da
Dario, Franca e altri attori, viene rappresentato
nei principali teatri italiani. In tante città si
alterna con "Mistero Buffo", sempre molto
richiesto.
Nel corso degli anni in "Mistero Buffo", grazie
alla sua impostazione aperta, vengono inseriti
temi di attualità che di volta in volta attirano
l'interesse di Fo e del pubblico.
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‘91 aprile, 3- 4/maggio 91 Palma de Maiorca
Auditorium e Siviglia Teatro Lope de Vega
(Spagna) - Dario e Franca rappresentano
'MISTERO BUFFO' al XI Festival de Teatre
Internacional
qual’è la data giusta?!!maggio, Fo e Rame
vengono invitati a partecipare all'Expò di
Siviglia dove tengono un dibattito a scrittori
giornalisti teatranti nell'ottobre '92.DARIO
con una nuova produzione sul quinto centenario
della scoperta dell'America.
maggio, Amsterdam il 'BARBIERE DI
SIVIGLIA' di viene ripreso dalla Televisione
Olandese.
10 ottobre - Mosca: Dario e Franca al Festival
del Teatro Italiano organizzato dall'Associazione
degli Scrittori dell'URSS e dall'ETI (Ente
teatrale
Italiano).
Al
Teatro
Taganka
rappresentano 'Mistero Buffo'cui prende parte
anche Franca.
1992 aprile - aprile Valencia: Centro Dramatico.
Per la 'celebrazione' dei 500 anni della 'scoperta'
dell’America Dario con Arturo Corso riallestirà
"ISABELLA, TRE CARAVELLE E UN
CACCIABALLE”
‘91-92 DATA E DOVE Dario Fo debutta con il
monologo
"JOHAN
PADAN
A
LA
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DESCOVERTA DE LE AMERICHE". Si tratta
del frutto di una ricerca sulla vita di alcuni
naufraghi europei nei primi anni del 1500.
Attraverso
testimonianze
dell'epoca,
Fo
racconta, in una lingua antica inventata, della
resistenza
degli
indiani
del
Missisipi
all'invasione
europea.
Queste
lotte
cinquecentesche
saranno
all'origine
dell'invincibile difesa dei Seminole, i nativi
americani che non si arresero mai. Si tratta della
scoperta di un'epopea censurata dai libri di
storia.
data settembre, Teatro Nuovo di Milano
"PARLIAMO DI DONNE; due atti unici: 26 11
91 'L'EROINA' e 'GRASSA E BELLO", in
scritto con Franca che ne è anche l'interprete
principale. Ne “L’EROINA” si tocca la tragedia
di una madre che ha tre figli tossicodipendenti di
cui due morti per overdose e AIDS. Per salvare
la terza figlia e procurarle la droga, la madre si
prostituisce: “Di tossicodipendenza si può
guarire, di AIDS si muore!”. In “GRASSA È
BELLO” nel quale Franca recita ingrassata a
dismisura da una tuta di gommapiuma, si parla
della femminilità, dell'essere sexi, della
magrezza, delle diete, dell'amore e della vita.
Come spesso accade a Franca alcune serate
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vengono annullate perché alcuni proprietari di
sale ne ritirano la disponibilità in seguito a una
campagna-stampa bigotta.
giugno - Parigi all’Operà 11 6 42 (Palais
Garnier )Fo curà un nuovo allestimento del
"BARBIERE DI SIVIGLIA"
ottobre Amsterdam: Teatro dell'Opera ripresa de
"Il Barbiere di Siviglia" di G. Rossini.
Parigi, alla Comédie Française: ripresa de "IL
MEDICO PER FORZA" e "IL MEDICO
VOLANTE" di Molière.
1992-93 - a che teatro? "SETTIMO: RUBA
UN PO' MENO! N.2" di Fo-Rame.
Nello stesso anno in cui scoppia il caso
“tangentopoli”, un atto unico in cui Franca
racconta, senza tanto fantasticare nell'assurdo
perché non ce n'è bisogno, i particolari delle
'ladrerie' dei politici italiani.
luglio '93 - Al Festival dei Due Mondi di
Spoleto, Teatro………… lettura di "DARIO FO
INCONTRA RUZZANTE" con Franca Rame
Marina De Juli e ……………
‘93-94 - data Teatro Nuovo Milano: "MAMMA!
I SANCULOTTI!"
Una commedia sul filo del teatro comico, nella
quale si racconta la storia di un giudice che
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svolge un'inchiesta su tangenti, onorevoli
corrotti, e infiniti imbrogli pubblici e privati, in
una danza grottesca recitata, mimata e cantata.
Aprile - Franca: ripresa di "SETTIMO: RUBA
UN PO' MENO N. 2". Tournée.
4 agosto ‘94 Cesenatico offre a Franca e
Dario la cittadinanza onoraria. Da un aereo
che volteggia sopra la città vengono lanciati
volantini da organizzazioni di estrema destra,
insultanti il Comune che premia i due attori.
1994 - Teatro di Porta Romana, Milano: UN
PALCOSCENICO PER LE DONNE
Franca Rame, con la collaborazione di Walter
Valeri, organizza una rassegna teatrale al
femminile con giovani e sconosciute attriciautrici. Nel mese di agosto questa rassegna sarà
rappresentata al Teatro di Cesenatico con
grande successo.
94 agosto - Pesaro Teatro Rossini,
"L'ITALIANA
IN
ALGERI"
di
G.
Rossini.Opera Festival.
Maggio
- Franca in collaborazione con il
Comune di Cervia organizza uno stage per attrici
e attori italiani e stranieri: turchi, inglesi,
americani, danesi.
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5148
5166
ottobre
Franca Rame debutta a Milano con
"SESSO? GRAZIE, TANTO PER GRADIRE!"
di F. Rame, Jacopo e Dario Fo tratto dal libro
"LO ZEN E L'ARTE DI SCOPARE DI
JACOPO FO" (oltre 300.000 copie vendute).
Monologo grottesco ed ironico nel quale Franca
Rame partendo dalle sue prime esperienze
sessuali dimostra come si venga cresciuti
nell'ignoranza e nell'idea che la sessualità,
soprattutto per le donne, sia una cosa indecente.
In un primo tempo, la censura ministeriale vieta
lo spettacolo ai minori di 18 anni. Grande
mobilitazione di stampa e ricorso legale. Dopo
due mesi la censura viene tolta e lo spettacolo
definito: "Intriso di profondo amore materno e
perciò consigliato ai minori”.
Dicembre - allestimento di grande successo e
vasta eco internazionale al Teatro dell’OPERA
di Amsterdam de "L'ITALIANA IN ALGERI"
di Rossini.
Della stessa edizione la Televisione Nazionale
olandese ne cura la ripresa televisiva.
��
data Nel Gennaio 95 Dario Fo debutta a Firenze
TEATRO?con
"DARIO
FO
RECITA
RUZZANTE" monologo satirico e implicito
omaggio a Angelo Beolco.
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Elaborazione tratta dalla lettura già presentata al
Festival di Spoleto, arricchita da nuovi brani
appositamente scritti. Lo spettacolo riceve un
unanime consenso da parte di tutta la critica
italiana e uno straordinario afflusso di pubblico.
Dicembre, Toronto (Canada), Franca Rame in
“Sesso? Grazie, tanto per gradire” con un
entusiastico successo.
1995
Cervia
(Romagna)
Fondazione
CerviaAmbiente conferisce a Franca una
menzione speciale:………alto valore culturale
della sua opera artistica ……… portando nelle
sue opere teatrali la profondità dell’esistenza
umana...autrice e attrice di grande sensibilità e
raffinatezza……di grande impegno civile.……
le sue azioni a favore della pace e solidarietà con
le popolazioni di Serajevo, per i potatori di
handicap, per i disoccupati, nonche le sue lotte
contro ogni dittatura e forma di censura”
1995 - Walter Valeri, Direttore sezione estero,
sta preparando una tournée della compagnia FoRame in Francia, Inghilterra, Germania, Stati
Uniti. Si prevedono repliche di "JOHAN
PADAN A LA SCOPERTA DE LE
AMERICHE" e "SESSO? GRAZIE, TANTO
PER GRADIRE", seminari nelle più importanti
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5202
5220
università e con i più grandi nomi del teatro
americano.
Ma il 17 luglio Dario Fo è colpito da ischemia
cerebrale e perde l'80% della vista. Tutto viene
sospeso. Per tener fede agli impegni
presi
con il personale tecnico e amministrativo,
Franca Rame, in autunno riprende la tournée
italiana con "SESSO? GRAZIE, TANTO PER
GRADIRE", mentre Dario si cura e si riposa. Le
sue condizioni di salute sono buone e migliorano
giorno dopo giorno.
1996 - Finalmente Dario riprende, in parte, la
sua attività: tiene lezioni in scuole di teatro,
Università, partecipa ad una serata speciale a
Venezia al Teatro Goldoni con ARLECCHINO.
luglio Per il Festival di Benevento scrive la
“BIBBIA DEI VILLANI". Lo spettacolo andrà
in scena in settembre.
1996 TEATRO E DATA PRECISA IL
BARBIERE DI SIVIGLIA - di G. Rossini
Israele. Riallestimento di Arturo Corso.
‘96-97 maggio - Dario e Franca sono a
Copenhagen al Folketeatret
terranno una
lezione aperta a studenti delle varie scuole
teatrali e al pubblico.
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SALA
In oltre Franca terrà uno stage per attrici
professioniste danesi, e rappresenterà “Sesso
grazie…”. Nello stesso evento, periodo al
Nationalmuseet una mostra di disegni, costumi
e pupazzi.
1997 TEATRO E DATI Opera IL
BARBIERE DI SIVIGLIA - di G. Rossini Sveziain scena da Carlo Barsotti)
5238
data Nell’autunno, Dario e Franca rimettono in
scena Mistero Buffo e Sesso, fondendo i due
spettacoli e portandoli in tournée in Italia sia in
grandi teatri che in Palazzetti dello sport con
grande presenza di pubblico (sino a 1O.000
persone).
Per evitare che Dario si affatichi troppo,
l’attività della compagnia si mantiene ridotta.
Durante questa tournée, con Franca, scrive “IL
DIAVOLO CON LE ZINNE”, uno spettacolo
comico-grottesco che per la ricchezza e la
varietà del linguaggio, le trovate teatrali, i canti
e i balli, si può considerare una vera e propria
“opera”. Grande successo.
Possiamo assicurare che Dario è guarito, ha
avuto anche un grande recupero della vista tanto
che proprio oggi (15 maggio 97) riceve in
18/09/2012
196
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5274
regalo da Franca felice una macchina
per
scrivere computerizzata (si rifiuta di usare il
computer). Anche tutti noi siamo molto felici!
‘97-98 7 agosto, Teatro Vittorio Emanuele,
Messina. - Per il Festival di Taormina e
prodotto da C.T.F.R., GIGA e Taormina Arte, va
in scena “IL DIAVOLO CON LE ZINNE” con
Franca Rame e Giorgio Albertazzi.
Lo spettacolo viene ripreso a settembre e portato
in tournée in molte città con grandissimo
successo.
9 ottobre 1997 DARIO FO RICEVE IL
PREMIO NOBEL!
Marzo 1998: dove? Va in scena il nuovo
spettacolo di Dario Fo, “Marino libero, Marino
innocente”, accompagnato da un’importante
campagna civile per la liberazione di Bompressi,
Pietrostefani e Sofri.
10 Aprile 1998 Teatro Ciak - Milano: “FAME
E RABBIA: CENTO ANNI FA A MILANO” di
Fo-Rame.
Il ricavato della serata è stato devoluto a
sostegno dell’Associazione “il pane quotidiano
(Associazione che distribuisce gratuitamente
oltre 200.000 pasti all’anno).
Questo testo ricorda la strage A COLPI DI
CANNONE, perpetrata dal generale Bava
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5292
Beccaris, cento anni fa, CONTRO I CITTADINI
INERMI che scioperavano e manifestavano per
il “rincaro del pane” che veniva a costare un
terzo della paga giornaliera.
7 aprile 1998 Il Ministero della cultura e della
comunicazione della Repubblica Francese
conferisce a DARIO FO la NOMINA a
COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS
ET DES LETTRES.ÔÔ
22 aprile 1998: viene conferita a Dario Fo e
Franca Rame la cittadinanza onoraria del
Comune di Pieve Emanuele.
Ottobre 1998: viene conferita a Dario Fo e
Franca Rame la cittadinanza onoraria del
Comune di Riolo Terme.
25 ottobre 1998: Il comitato scientifico del
Centro Pio Manzù conferisce a Dario Fo la
medaglia d’oro
Dicembre 1998: viene conferita a Dario Fo la
cittadinanza onoraria del Comune di Sartirana
Lomellina
10 dicembre 1998: FRANCA RAME riceve in
Spagna il PREMIO LEON FELIPE per I
DIRITTI UMANI con la seguente motivazione:
Franca Rame, vittima della crudeltà del potere
oscurantista e corrotto, per la sua incessante ed
estrema difesa dei diseredati e degli oppressi,
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5310
5328
delle cause molto nobili degli uomini e delle
donne con la sua trascendentale opera artistica
ed etica gioiosamente integrata da Dario Fo.
22.12.98: la Provincia di Milano consegna a
Franca Rame la medaglia d’oro di Riconoscenza
della citta’ “...per la sua attività di attrice legata
all’impegno politico, alla passione civile, per le
sue innumerevoli iniziative nelle carceri, contro
la droga e contro ogni forma di
discriminazione.”
13.02.1999 –Viene intitolata a Dario Fo il
Teatro Comunale di Camponogara.
MOSTRA GENOVA
Nel aprile del 1999 il Comune di Genova
consegna il più alto riconoscimento della Città,
il “Grifo d’oro”, a Dario Fo che “con Franca
Rame ha saputo unire teatro e arte del
raccontare, impegno sociale, comicità e scrittura,
poesia e canzone, scandagliando, reinventando e
rivoluzionando per ritrovare sempre occasioni di
scambio e di dibattito, per ricostruire un gesto
scenico originale e personalissimo che ricerca
contemporaneamente
felicità
e
libertà,
comunicazione diretta e ribellione contro ogni
ottusità o preconcetto ideale e artistico”
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199
SALA
25 Aprile 1999: in occasione della
manifestazione “Bambini al Museo”, Dario Fo
tiene alla Pinacoteca di Brera una lezione sul
dipinto di Tintoretto “Il ritrovamento del copro
di san Marco”.
Nell’aprile del 1999 viene pubblicato
dall’editore Panini il libro “La vera storia di
Ravenna”
5346
27 Maggio 1999 In occasione della fine dei
restauiri all’affresco L’ultima Cena di Leonardo
da Vinci, Dario Fo tiene a Brera una lezione sul
Cenacolo alla presenza del Ministro dei Beni
Culturali Giovanna Melandri.
Luglio data 1999 Spoleto Al “Festival dei due
mondi” “Lu santo jullare Françesco”.ÔÔ
01.09.99 – Il sindaco di Mondaino (FO)
consegna a Dario Fo la cittadinanza onoraria.
08.09.99 - Dario Fo riceve a Mantova il premio
“Arlecchino d’oro”.
16.09.99 - Franca Rame riceve a Siracusa il
“Premio Vittorini” per il suo impegno nel teatro
e nel sociale.
30.10.99 - Viene consegnata a Franca Rame e a
Dario
Fo
la
“Honorary
fellowship”
dall’Università inglese di Wolverhampton per
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“il loro contributo al teatro internazionale, per
l’universalità e l’umanità della loro arte insieme
all’impegno democratico e politico che li ha
contraddistinti”
4.11.99 – La città di Ravenna conferisce a Dario
Fo la cittadinanza onoraria per meriti artistici
12.12.99 - Dario Fo e Franca Rame organizzano
insieme ai comitati dei famigliari delle vittime
delle stragi “Il treno della memoria”: viaggio
itinerante con arazzi e sagome che ricordano le
vittime della strategia della tensione, disegnati
da Dario Fo e da studenti di varie accademie
italiane. La manifestazione tocca le città colpite
duramente dalle stragi di Stato: Brescia, Milano,
Bologna, Firenze e Roma. Al termine della
manifestazione Franca Rame e Dario Fo,
accompagnati da una delegazione dei famigliari
delle vittime, vengono ricevuti dal Presidente
della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Fra gennaio e ottobre 2000 diverse città italiane
ospitano la mostra degli arazzi per ricordare le
“stragi di Stato”
21.01.2000 –Viene intitolato a Franca Rame e
Dario Fo il teatro comunale di Sinnai in
Sardegna.
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29.01.2000 – Il Comune di Palermo assegna a
Franca Rame e Dario Fo la cittadinanza
onoraria.
12/03/2000 - In occasione della manifestazione
“Babimbini al Museo” Dario Fo tiene a Bologna
una lezione sul pittore ferrarese Francesco del
Cossa e sul suo dipinto “Madonna con Bambino
fra i Santi Petronio e Giovanni Evangelista”
detto anche Pala dei Mercanti.
8 aprile 2000 Nella rassegna BIG Torino
Biennale
Arte
Emergenza
la
Central
Experimental Theatre Company di Pechino,
partecipa con “Morte accidentale di un
anarchico”
manca mia regia Carolina bruxelles
5400
8.maggio 2000 Dario Fo vince tre Premi
Molière,
prestigioso
riconoscimento
assegnatogli a Parigi per l’opera “Morte
accidentale di un anarchico” (miglior autore,
migliore commedia e migliore traduzione in
francese ad opera di Valeria Tasca).
24.6.2000 Franca Rame riceve a Cesenatico una
Laura Honoris Causa della Harvard University
di Cambridge, USA per i suoi meriti artistici,
teatrali e per il suo impegno sociale.
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5418
28.6.2000 Delphi, Grecia. Dario e Franca sono
invitati a presenziare a un importante convegno
internazionale dal titolo “Da Aristofane a Dario
Fo”.
data e dove giugno.2000 Franca e Dario
ricevono il premio speciale “Salvatori dell’arte Pasquale Rotondi” per “… aver sceneggiato
rappresentazioni pittoriche mimandone i
contenuti e le forme, contribuendo così alla loro
divulgazione come nel caso della Lezione sul
Cenacolo di Leonardo da Vinci”.
17.7.2000 Franca e Dario ricevono a Pesaro, il
prestigioso Premio Flaiano alla “Carriera”
27.08.2000 Franca Rame e Dario Fo ricevono a
Locri “Pinax d’oro” per il riconoscimento del
Nobel e l’arte teatrale.
12-22.9.2000 Breve tourné negli USA di Franca
e Dario. RECUPERARE I DATI
23 e 24 Ottobre 2000 Dario Fo tiene a Padova e
a Venezia due lezioni sulla Commedia dell’Arte.
5436
Il 27 ottobre 2000 Dario Fo tiene a Firenze, nella
Sala del Cinquecento di Palazzo Vecchio, una
lezione sugli “Autori contemporanei di Dante
Alighieri”.
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REGIE DI DARIO FO E FRANCA RAME
1962 GLI AMICI DELLA BATTONIERA Teatro Ridotto di Venezia
1963 CHI
RUBA
UN
PIEDE
E'
FORTUNATO IN AMORE - Lilla Theater
Helsinki
1967 LA
PASSEGGIATA
DELLA
DOMENICA - di Achard Teatro Durini di
Milano traduzione e riduzione.
1968 ENZO JANNACCI: 22 CANZONI
Teatro Odeon Milano
1978 LA STORIA DI UN SOLDATO da
HISTOIRE DU SOLDAT - di I. Strawinskij
Teatro alla Scala di Milano
1981 L'OPERA DELLO SGHIGNAZZO rielab. da J. Gay Teatro Stabile di Torino
1986 TUTTA CASA, LETTO E CHIESA
regia di Franca Rame in Belgio e Danimarca
1987 IL BARBIERE DI SIVIGLIA - di G.
Rossini De Nederlandse Opera - Amsterdam
1987 GLI ARCANGELI NON GIOCANO A
FLIPPER regia Dario Fo e Franca Rame
American Repertory Theater - Cambridge USA
1988 IL BARBIERE DI SIVIGLIA - di G.
Rossini Teatro Petruzzelli di Bari
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5472
1989 IL BARBIERE DI SIVIGLIA - di G.
Rossini Tournée del T. Petruzzelli e San Paolo e
Rio de Janeiro
1990 IL MEDICO PER FORZA / IL
MEDICO VOLANTE - di Molière Comedie
Française - Parigi
1990 IL BARBIERE DI SIVIGLIA - di G.
Rossini De Nederlandse Opera - Amsterdam
(Ripresa)
1991 IL MEDICO PER FORZA / IL
MEDICO VOLANTE - di Molière Comedie
Française - Parigi
1992 ISABELLA, TRE CARAVELLE E UN
CACCIABALLE Centro Dramatico Nacional Valencia
1992 IL BARBIERE DI SIVIGLIA - di G.
Rossini De Nederlandse Opera - Amsterdam
(Riprese TV)
1992 IL BARBIERE DI SIVIGLIA - di G.
Rossini Opera Garnier - Parigi
1994 L'ITALIANA IN ALGERI - G. Rossini
Rossini Opera Festival Pesaro
1994 IL BARBIERE DI SIVIGLIA - di G.
Rossini De Nederlandse Opera - Amsterdam
1996 IL BARBIERE DI SIVIGLIA - di G.
Rossini Israele (Riallestimento di Arturo Corso)
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5490
1997 Opera IL BARBIERE DI SIVIGLIA - di
G. Rossini - Svezia (rimesso in scena da Carlo
Barsotti)
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206
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FILMS E TRASMISSIONI TELEVISIVE
5508
1952
PAPAVERI E PAPERE di Marcello
marchesi - film con Franca Rame -Walter
Chiari
1956
MONETINE DA 5 LIRE - RAI - D.
Fo -commedia
1956
Scrive il soggetto cinematografico
"Lo Svitato" che interpreterà con Franca
Rame, per la regia di Carlo Lizzani.
1961
CHI L'HA VISTO? -RAI 2 - 6
PUNTATE
1962
CANZONISSIMA 13 PUNTATE RAI 1Fo, scrive i testi, dirige e presenta con
Franca Rame 'Canzonissima', una
delle
trasmissioni televisive più popolari. A causa del
contenuto
politico di alcuni sketches,
la trasmissione viene censurata. Dario Fo
e Franca Rame abbandonano la trasmissione
per protesta. Per questa
scelta
subiranno
cinque processi e per 15 anni saranno
completamente
esclusi dalla televisione.
1976
IL FANFANI RAPITO -Film.
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207
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5526
5544
1977
IL TEATRO DI DARIO FO -RAI 27 commedie con Dario Fo e Franca Rame
1978
BUONASERA CON FRANCA
RAME -RAI 2- 20 puntate
1978
PARLIAMO DI DONNE -2 puntate
con Franca Rame
1981
LA
PROFESSIONE
DELLA
SIGNORA WARREN - F. RAME - Regia di G.
Albertazzi
1988
TRASMISSIONE FORZATA -RAI
3- con Dario Fo e Franca Rame
1989
UNA LEPRE CON LA FACCIA
DA BAMBINA con Franca Rame, regia di G.
Serra
1989
UNA GIORNATA QUALUNQUE
E COPPIA APERTA - RAI 2 CON Franca
Rame
1989
PROMESSI SPOSI -D. Fo
1989
MUSICA PER VECCHI ANIMALI
- D. FO, Film di Stefano Benni
1990
COPPIA APERTA con Franca
Rame - TV Svizzera Italiana
1991
SETTIMO RUBA UN PO' MENO RAI 21991
MISTERO BUFFO -RAI 2 con
Dario Fo e Franca Rame
1993
RUZZANTE RAI 2
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208
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1998
MARINO LIBERO! MARINO E’
INNOCENTE! con Dario Fo e Franca Rame
1999
LEONARDO E IL CENACOLO
con Dario Fo
NAZIONI
IN
CUI
SONO
STATE
RAPPRESENTATE LE OPERE DI DARIO FO
E FRANCA RAME
5562
ARGENTINA
GRECIA
PORTORICO
AUSTRALIA
GROENLANDIA
PORTOGALLO
AUSTRIA
INDIA
ROMANIA
BELGIO Fiammingo
INGHILTERRA
SCOZIA
BELGIO Francese
IRLANDA
SINGAPORE
BRASILE
ISLANDA
SPAGNA
BULGARIA
ISRAELE
SUD AFRICA
CANADA Francese
JUGOSLAVIA
SVEZIA
CANADA Inglese
KENIA
SVIZZERA Francese
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209
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5580
CECOSLOVACCHIA
LUSSEMBURGO
SVIZZERA Italiana
CILE
MALTA
SVIZZERA Tedesca
CINA
MESSICO
TURCHIA
COLOMBIA
MONTECARLO
UNGHERIA
COREA DEL SUD
NORVEGIA
UNIONE SOVIETICA
DANIMARCA
NUOVA
GUINEA
URUGUAY
ESTONIA
NUOVA ZELANDA
USA
FINLANDIA
OLANDA
VENEZUELA
FRANCIA
POLONIA
ZIMBAWE
GERMANIA
PARAGUAY
GIAPPONE
PERU'
CITTA' IN CUI SONO STATE ALLESTITE
MOSTRE RELATIVE AL TEATRO DI
DARIO FO E FRANCA RAME
5598
ITALIA: Riccione, Palermo, Pesaro, Forlì,
Milano, Bergamo, Cesena, Venezia, Cesenatico
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210
SALA
5616
(“Pupazzi
con
rabbia
e
sentimento,
1998),Genova (“Pupazzi con rabbia e
sentimento”, 1999), Milano (“Federico Fellini e
Dario Fo. Disegni geniali” ,1999. Galleria
Mazzotta. Mostra degli arazzi per 30 anni di
stragi di Stato, 2000, (Società Umanitaria),
Mantova (“Mostra dei Tarocchi di Dario Fo”,
1999), Ravenna (“La vera storia di Ravenna”,
1999.) Galleria Poggi, Roma (“Pupazzi con
rabbia e sentimento”, 1999.) Università “La
Sapienza”, Cagliari (“Mostra iconografica: la
vita e l’arte di Dario Fo e Franca Rame”, 2000.)
Univerità degli Studi, Ferrara (“Pupazzi con
rabbia e sentimento”, 2000, Castello di Ferrara.)
SPAGNA: Barcellona, Madrid.
DANIMARCA: Copenhagen.
FINLANDIA: Elsinkij
OLANDA: Amsterdam
FRANCIA: Charles le ville (Parigi)
Alle mostre sono esposti: Dipinti, Maschere,
Burattini, Pupazzi, Costumi, Arazzi, Bozzetti di
scena, Macchine sceniche, Appunti di regia,
Fotografie dei vari spettacoli e scenografia.
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211
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PUBBLICAZIONI
5634
Einaudi vol I: “Gli arcangeli non giocano a
flipper”-”Aveva due pistole con gli occhi
bianchi e neri”- “Chi ruba un piede è fortunato
in amore” 1997 Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol II: “Isabella, tre caravelle e un
cacciaballe” - “Settimo ruba un po’ meno” - “La
colpa è sempre del diavolo” 1983 Torino
Collana: Struzzi
Einaudi vol III: “Grande pantomima con
bandiere e pupazzi piccoli e medi” “L’operaio
conosce trecento parole, il padrone mille, per
questo lui è il padrone” “Legami pure che tanto
io spacco tutto lo stesso” 1997 Torino Collana:
Struzzi
Einaudi vol IV: “Vorrei morire anche stasera se
dovessi pensare che non è servito a niente”
“Tutti uniti! Tutti insieme! Ma scusa quello non
è il padrone?” “Fedayn” 1997 Torino Collana:
Struzzi
Einaudi vol V: “Mistero buffo” “Ci ragiono e
canto” 1997 Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol VI: “La Marcolfa” “Gli imbianchini
non hanno ricordi” “I tre bravi” “Non tutti i ladri
vengono per nuocere” “Un morto da vendere” “I
cadaveri si spediscono e le donne si spogliano”
18/09/2012
212
SALA
5652
5670
“L’uomo nudo e l’uomo in frak” “Canzoni e
ballate” 1997 Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol VII: “Morte accidentale di un
anarchico” La signora è da buttare” 1997 Torino
Collana: Struzzi
Einaudi vol VIII: “Venticinque monologhi per
una donna di Dario Fo e Franca Rame” 1997
Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol IX: “Coppia aperta, quasi
spalancata” di Dario Fo e Franca Rame e altre
quattordici commedie 1997 Torino Collana:
Struzzi
Einaudi vol X: “Il Papa e la Strega” e altre
commedie 1997 Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol XI: “Storia vera di Pietro d’Angera,
che alla crociata non c’era” “L’opera dello
sghignazzo” “Quasi per caso una donna:
Elisabetta” 1997 Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol XII: “Non si paga! Non si paga!”
“La marijuana della mamma è la più bella” “Dio
li fa e poi li accoppa” “Il braccato” “Zitti!
Stiamo precipitando!” “Mamma! I sanculotti!”
1998 Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol XIII: “L’eroina” “Grasso è bello!”
“Sesso? Grazie, tanto per gradire” 1998 Torino
Collana: Struzzi
18/09/2012
213
SALA
5688
Einaudi: “Mistero Buffo” 1997 Torino Collana:
tascabile Stile libero (con video)
Einaudi: “Manuale minimo dell’attore” 1997
Torino Collana: tascabile Stile libero
Einaudi: “Marino libero! Marino è innocente!”
1998 Torino Collana: tascabile Stile libero
Einaudi: “Il diavolo con le zinne” 1998 Torino
Collana: Collezione di teatro
Einaudi: “La signora è da buttare” 1977 Torino
Collana: Collezione di teatro
Einaudi: “Morte accidentale di un anarchico”
1982 Torino Collana: Nuovi Coralli
Einaudi: “Lu Santo Jullàre Françesco” 1999
Torino Collana: Stile libero (Cofanetto videolibro)
Einaudi: “Gli arcangeli non giocano a flipper”
“Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri”
“Chi ruba un piede è fortunato in amore”
“Isabella, tre caravelle e un cacciaballe”
“Setttimo: ruba un po’ meno” “La colpa è
sempre del diavolo” 1966 Torino
Ed Kaos: “Parliamo di donne” 1992 Milano
Ed Kaos: “Fabulazzo” 1997 Milano
Ed Panini: “La vera storia di Ravenna” 1999
Modena
Ed Il Girasole: “La fine del mondo” 1990
Valverde (CT)
18/09/2012
214
SALA
5706
5724
Ed Garzanti: “Teatro comico di Dario Fo” 1962
Milano
Ed Giunti: “Johan Padan alla descoverta de le
Americhe” 1992 Prato
Ed Garzanti: “Non tutti i ladri vengono per
nuocere” 1971 Milano
Ed La Comune: “Parti femminili” “Una giornata
qualunque” “Una coppia aperta” 1987 Milano
Ed La Comune: “Il ratto della Francesca” 1986
Milano
Ed La Comune: “Fabulazzo osceno” 1982 Sesto
San Giovanni (MI)
Ed La Comune: “Storia vera di Piero d’Angera,
che alla crociata non c’era” 1981 Milano
Ed La Comune: “Storia della tigre e altre storie”
1980 Milano
Ed La Comune: “L’opera dello sghignazzo”
1982 Milano
Ed La Comune: “Clacson, trombette e
pernacchi” 1981 Milano
Ed La Comune: “Titta casa, letto e chiesa” 1981
Milano
Ed La Comune: “Non si paga! Non si paga!”
1974 Milano
Ed Bertani (La Comune): “Tutta casa, letto e
chiesa” 1978 Verona
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Ed Bertani (La Comune): “La marijuana della
mamma è la più bella” 1976 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Non basta una
bandiera, dietro ci vuole un popolo e davanti ci
vuole un partito” 1973 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Morte accidentale di
un anarchico” 1972 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Il Fanfani rapito”
1975 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Ma scusa, quello non
è il padrone?” 1972 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Pum, pum! chi è? La
polizia!” 1973 Verona
Ed Bertani (La Comune): “La Giullarata” 1975
Verona
Ed Bertani (La Comune): “Ci ragiono e canto 1”
1972 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Ci ragiono e canto 2”
1972 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Ci ragiono e canto 3”
1973 Verona
Ed Bertani: “Ballate e canzoni” 1974 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Mistero Buffo” 1977
Verona
Ed Bertani (La Comune): “Mistero Buffo” 1973
Verona
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5778
Ed Sapere (La Comune): “Morte e resurrezione
di un pupazzo” 1971 Varese-Milano
Ed Mondadori: “Gli imbianchini non hanno
ricordi” 1977 Milano
Ed Nuova Scena: “L’operaio conosce trecento
parole, il padrone mille, per questo lui è il
padrone” 1969 Cremona
Ed Mazzotta: Il teatro politico di Dario Fo
“Mistero Buffo” “Isabella, tre caravelle e un
cacciaballe” Franca Rame: da “Isabella” a
“Parliamo di donne” “La sigla televisiva” 1977
Milano
Ed Mazzotta: Il teatro politico di Dario Fo
“Compagni senza censura: “Mistero Buffo”
“Legami pure che tanto io spacco tutto lo stesso”
“L’operaio conosce trecento parole, il padrone
mille, per questo lui è il padrone” “Isabella, tre
caravelle e un cacciaballe” “Pum! Pum! Chi è?
La polizia” 1° Volume 1977 Milano
Ed Mazzotta: Il teatro politico di Dario Fo
“Compagni senza censura: “Tutti uniti! Tutti
insieme! Ma scusa quello non è il padrone?”
“Vorrei morire anche stasera se dovessi pensare
che non è servito a niente” “Morte accidentale di
un anarchico” “Fedayn” 2° volume 1977 Milano
Ed Ridotto (Mensile di teatro): “Quasi per caso
una donna: Elisabetta” 1984 Roma
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Ed Ridotto (Mensile di teatro): “Dio li fa e poi li
accoppa” 1986 Roma
Sipario (Mensile di teatro): “Settimo: ruba un
po’ meno 2” 1992 Milano
Fra gennaio e maggio 2000 diverse città italiane
ospitano la mostra degli arazzi per ricordare le
“stragi di Stato”
5796
Ma la donna avrà compiuto per intero la sua
“missione” quando riuscirà a riprendersi il posto
che le spetta: il governo totale del Paese, la
conquista della dignità e del rispetto per tutte.
E perché mai ciò dovrebbe accadere? Perché
noi, picchiamocelo bene in testa donne, a
martellate, siamo esseri superiori.
Sì avete capito bene. Superiori!
Chiediamo agli uomini le “pari opportunuta”,
senza renderci conto che dovremmo essere noi a
doverle concedere a loro.
Non sono impazzita ne mi sono montata la testa.
Noi siamo in grado di far “miracoli”, e non è il
miracolo di arrivare a fine mese. Ma un grande
vero miracolo.
Gli uomini possono essere i più potenti del
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mondo,
muovere
eserciti,
bombardare,
massacrare migliai di innocenti, torturare, ma
solo noi, noi donne, abbiamo la possibiltà di
fare qualcosa a cui loro, con tutta la loro boria,
non potranno mai arrivare: CREARE UNA
VITA.
E se non è un miracolo questo…
Il movimento femminista ha il grandissimo
merito di aver sconfitto l’oscurantismo padrone
(il termine esatto sarebbe imperante, ma mi fa
schifo) del nostro Paese che ci voleva ad occhi
bassi “onorate” di essere sfruttate, picchiate a
sangue dal buon padre, dal buon marito,
violentate in famiglia e fuori, relegate,
sottomesse, silenziose.
Abbiamo vinto battaglie straordinarie, (scusate
questi due termini insopportabili, ma non me ne
vengono altri) assai costose per l’impegno
assoluto, il sacrificio e la totale dedizione,
ALTRA STESURA CHE HO SCARTATO.
Alcatraz 8 agosto 2004
Una luna esagerata. Settembre. Da fuori viene
un’aria ancora tiepida. Guardo il cielo e le sue
stelle. Tante e non mi danno nulla. Il giorno è
lontano. Non ho sonno. Gli occhi mi bruciano,
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ma non ho sonno. Sono rientrata da poco. Ho
recitato un po’ distratta, col pensiero in questra
cameretta. Mi appoggio meglio alla poltrona. Ho
posato in grembo il detergente per il trucco. I
clinex. Inizio a struccarmi con sospiri lunghi. Di
quelli che ti sconquassano l’anima. Non avrei
voluto mai vivere questo momento.
La guardo. Lei è lì che sta faticando per morire.
Un rantolo costante da giorni ci segue in ogni
stanza.
La sua mano che tengo più che posso nella mia,
è tiepida, se non fosse per quel respiro strozzato
che le esce e le labbra spaccate per l’arsura
potrebbe sembrare una bellissima anziana
signora addormentata.
Sì, mamma, ora te le inumidisco. Da una tazza
prendo la garza intinta nell’acqua, delicatamente
gliela passo sulle labbra. Sulle gengive. Qualche
goccia sulla lingua. Mi sembra che ne succhi un
po. Chissà.
Sono qui, mamma. Sono qui, dammi la mano.
La casa dorme. Anche l’infermiera della notte,
riposa.
In questi lunghi solitari silenziosi momenti il
pensiero fa salti qua e là nella nostra vita.
La mia famiglia.
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Non ho conosciuto nessun nonno e da piccola
invidiavo le bambine che li avevano.
Cerco di immaginare mia madre tra i suoi. Il
padre ingegnere del comune di Bobbio, o forse
solo geometra, la madre casalinga. Undici figli:
sette femmine quattro maschi. Poveri come
l’acqua, dignitosi, di una certa classe sociale, ma
troppe bocche da sfamare e da far studiare.
Maschi e femmine non potevano mai uscire tutti
insieme: mancavano le scarpe.
L’Emilia, la mia mamma, a 17 anni diventa
maestra. Per quei tempi era già tanto. La
mandano a insegnare in una scuola sperduta in
montagna. Viene ospitata da un giovane cugino
prete. Il povero pretino si innamora
perdutamente di lei. Per quanto cercasse aiuto
nel Signore un bel momento, bruttissimo per la
giovane cattolica, fervente e praticante Emilia, le
palesa il suo perdimento. Tenta pure di baciarla.
Vola un ceffone sul faccino pallido
dell’impunito e quasi soffocando per
l’indignazione, l’integerrima maestrina, se ne
torna a casa che era già scuro. E c’era pure la
neve.
Questo avvenimento è rimasto nella testa di mia
madre, indelebile. Fotografia mai ingiallita.
Credo sia stato l’unico momento “vergognoso”
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come lei lo definisce, della sua vita. “Ma
mamma, quel povero pretino, in quel paesino
sperduto in momtagna… potevi anche darglielo
un bacino…” le dicevo ridendo. “Mai. Si
vergogni!” Chissà da quanto è morto.
“All’inferno, sarà certamente all’inferno!” A 85
anni, e non era la prima volta a Cesenatico,
chiede di confessarsi. Dario, in bicicletta va a
chiamare il prete. Lo vedevamo tutte le estati,
sempre a confessare mammà. Aperto,
intelligente, un buon cristiano. Li lasciavamo
soli. Parlottavano per una mezz’oretta. Lei,
seduta, compunta, seria, con gli occhi bassi
come se provasse vergogna. Lui la rincuorava
con la bocca piena di biscotti. Li spiavo dalla
finestra sciogliendomi di tenerezza.
Quando usciva gli chiedevo: “Ha vistio che
peccati tremendi ha fatto la mia mamma? E’
sempre quello eh… il povero pretino… e il
ceffone…” Lui se ne andava ridendo intascando
l’offerta per la chiesa. In bicicletta.
Di mio padre si innamora poco dopo la storia del
pretino.
Me la immagino. La vedo giovane, bellissima. E
quando dico bellissima voglio proprio dire
"bellissima" senza un ombra di aiuto. (Nessuno
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di noi, quattro figli, pur assomigliandole, s'è
avvicinato a tanto).
Arriva il principe azzurro.
Mio padre Domenico Rame: "marionettista
girovago" con il suo carro, il fratello Tommaso,
la sorella Stella, il padre Pio, grande estimatore
di Garibaldi tanto da portare una barba come la
sua. L'unico ritratto in nostro possesso lo
raffigura vestito e somigliante all'eroe! A quel
tempo, in un paesotto come Bobbio, l’arrivo
delle marionette era certamente un evento.
Si conoscono a carnevale ad un gran ballo, le
sette sorelle Baldini con costumi d’epoca cuciti
da loro stesse, folgoravano, sotto lo sguardo
attento di tutta la famiglia i maschi presenti.
Lui… il mio papà … “Era bellissimo! Aveva un
costume azzurro… M’ha invitato a ballare sette
volte. E mi stringeva anche!” cinguettava mia
madre illuminata dal ricordo.
Fulminati.
Lui, finita la stagione in quel di Bobbio, se ne
va. Lei sicuramente piangeva.
Dopo un anno di lettere d’amore il Domenico
torna. Si sposano con grande scandalo della
famiglia e del paese. E sì, perché tutte le altre
sorelle erano fidanzate con professori, giudici,
impiegati di banca. Lei no: il marionettista, col
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suo carro e senza fissa dimora. Altro che
scandalo.
Bellissima, giovane, innamorata, cerca con tutte
le sue forze di adeguarsi alla nuova vita, tanto
diversa da quella che aveva condotto sino a quel
giorno.
Aiuta la famiglia come può.
Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a
cucire vestiti, e rinnnova tutto il vestiario delle
pupazzi di legno.
E’ molto orgogliosa di quello che fa. Più avanti,
dirà qualche battuta.
Con l'avvento del cinema (1920) i due fratelli
intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà
presto messo in crisi, schiacciato da questo
nuovo magico mezzo di spettacolo. Decidono un
cambiamento radicale (con grande dolore del
nonno Pio): “Entreremo in scena noi, al posto
delle marionette, reciteremo noi i nostri
spettacoli". Così mio padre con l’Emilia, la zia
Stella, lo zio Tommaso con la moglie Maria, si
sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie
sculture, tre delle quali sono esposte al Museo
della Scala di Milano. Debuttano nel teatro di"
persona", recitano loro stessi
i testi, i
personaggi che avevano fino allora interpretato
muovendo e doppiando le marionette, e lei, la
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mia mamma, diventa la prima attrice della
compagnia. Un'attrice che di giorno tirava su i
figli, li aiutava a studiare, si occupava della casa,
e come una più che provetta casalinga (a tutti
gli effetti) teneva l'amministrazione
della
compagnia come fosse quella di un normale
menage familiare. E alla sera, via!… e Giulietta
e Tosca, e la Suora Bianca, e la Fantina dei
Miserabili, tutti ruoli che via via, abbiamo
interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e
Lucia. Mi vedo a percorrere l'apprendistato dei
teatranti interpretando tutti i ruoli che crescendo
erano adatti alla mia età, maschili o femminili
che fossero. Il vantaggio della compagnia di
mio padre rispetto alle altre compagnie di giro,
(così si chiamavano le piccole compagnie di
provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i
trucchi scenici del teatro magico delle
marionette, nel "teatro di persona": montagne
che si spaccano in quattro a vista, palazzi che
crollano, un treno che appare piccolissimo
lassù, nella montagna e che man mano che
scende s'ingrandisce fino ad entrare in scena con
il muso della locomotiva a grandezza quasi
naturale. Mari in tempesta, nubi che solcano
minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che
vola, scene in tulle in proscenio, che illuminate a
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dovere ti facevano vedere come il paradiso.
Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico
teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva
ancora, dentro la scenotecnica delle marionette.
Soltanto che in quel teatro tutto era stato
miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una
operazione da Gulliver alla rovescia: da minuto
che era, ingrandire ogni oggetto, aggeggio,
marchingegno fino a renderlo simile alla realtà.
In questa nuova veste la compagnia di mio padre
realizza un successo insperato. Si lavora tutte le
sere, 363 giorni l’anno. Si riposava solo il
venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se
c'era il funerale di un defunto importante del
paese: il prefetto, il podestà, il dottore, il prete il
farmacista. La domenica, la compagnia si
divideva in due e si faceva doppio spettacolo,
pomeriggio se sera.
Mio padre, il capo, con il ruolo di primo attore,
manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo
dell'antagonista o del comico-brillante a secondo
dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia;
le mogli, i figli, gli attori scritturati, i dilettanti,
gli amici componevano la nostra compagnia.
Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord
Italia su di una corriera che chiamavamo
"Balorda" a causa del comportamento bizzarro
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che aveva, che più che al suo cattivo carattere
andava attribuito agli anni. In certi paesi nei
quali ad una certa ora del giorno si passava, nei
turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre
dei ragazzi che ci aspettavano. Ci spingevano fra
tante risate, poi la sera ci raggiungevano ed
entravano a godersi lo spettacolo gratis. "Siamo
quelli che abbiamo spinto." "Passate".
Mio padre, amava la Balorda, e zingarone
com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di
colori sgargianti. Mia madre, la maestrinacattolica-di buonafamiglia ogni volta che lui le
cambiava colore: "non sposeremo mai le nostre
figlie!" lamentava col pianto in gola. "Hai
ragione Milietta… domani le cambio colore". E
l'indomani quando "Emilietta" si affacciava in
cortile, ecco la Balorda ridipinta… d'argento!
Si ritirava bisbigliando ormai rassegnata: "Non
sposeremo mai le nostre figlie!"
Cos’è?… m’ha stretto la mano?… Trattengo il
fiato. Giro appena la lampada del comiodino.
No, mi è solo parso… Ma forse… Che debbo
mai aspettarmi, in che spero? Ha 88 anni, è in
coma profondo da oltre 20 giorni.
Fuori è ancora buio. Guardo l’ora. E’ passato
poco tempo. Com’è che la mente ti porta
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davanti agli occhi storie di una vita in un
attimo?
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Finisce la guerra. Bombardamenti non ne
avevamo avuti. Qualche bomba sulla fabbrica di
aerei: la Macchi, alla periferia di Varese, a
Masnago. Masnago… Ricordo una notte che
stava tornando a casa dopo lo spettacolo e
veniamo fermati, sia noi che tutti quelli che
passavano per quella strada dopo di noi, da un
gruppo di fascisti e S.S. Ci hanno fatto entrare
in un cortile, (era quello dove abitava uno dei
nostri dilettanti, chiamato "Luigino-cassa-da
morto”, perchè suo padre le fabbricava) dove
siamo stati per ore bloccati. Solo all'alba ci
hanno lasciati andare. Non è stato per niente
drammatico, per noi giovani. Dopo poco la
serietà degli adulti l’abbiamo buttata dietro le
spalle. L'aria, era di festa. La mamma del
Luigino-cassa-da-morto, ci aveva offerto
qualcosa da mangiare. Si parlava, si rideva,
nonostante i tedeschi e i fascisti con i loro mitra,
giù nel cortile. “E’ arrivata altra gente… stanno
fermando tutti.” Cominciamo ad avere sonno, si
parla e si ride di meno. Si sà, i giovani trovano
sempre la maniera di di superare le tensioni.
Sarebbe però questa strana notte finita in
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tragedia se quell'alba avesse portato la notizia di
una missione tedesca andata male. Ci avrebbero
fucilati tutti. L'abbiamo saputo qualche giorno
dopo.
L'abbiamo scampata.
Altre volte, capitava che ci fermassero dei
partigiani. Non dicevano "siamo partigiani" ma
erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci
dà un passaggio?" Ci strigevamo e li facevamo
salire e via che si riprendeva a cantare. Più
avanti, a volte capitava d'incontrare un picchetto
di fascisti che ci fermavano, non chiedevano i
documenti. Ci conoscevano. Avevamo un
permesso speciale per il coprifuoco. "Buona sera
signor Rame. Com'è andata?" "Benissimo!"
"Buona notte”. Ce ne andavamo riprendendo a
cantare col fiato che si strozzava in gola.
“Come va?” “Bene, dorme…” Non mi veniva di
dire COMA. Dario mi dà un bacio. “Va a
dormire, ci sto io.” “Non ho sonno…” Come se
ne va mi mettevo a piangere. Che momento
orribile. Appoggio la testa. Poi mi rimetto dritta.
Ho paura di addormentarmi.
"E' ora che Franca incominci a recitare, ormai è
grande”. Avevo 3 anni." E’ mia madre che parla.
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Me la ricordo mentre mi insegnava la parte:
"bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot-a
mot, parola per parola. Aveva deciso (era
sempre lei che prendeva le decisioni importanti
in famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva interpretato
da mia sorella Pia in "La passione del Signore"
atto V, orto dei Getzemani. "Pentiti Giuda
traditore che per trenta monete d'argento hai
venduto il tuo Signore! Pentiti! Pentiti!” recitava
Pia e io dovevo ripetere gridando subito dopo la
stessa battuta: “Pentiti! Pentiti! Giuda traditore
che per trenta monete d'argento ha venduto il
suo Signore!”
Non era una gran parte, non ci devo aver messo
molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora
"ripeti" diceva la mamma, paziente mentre
pelava le patate per il minestrone. "Ripeti!"
Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima.
Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo
abito bianco da angelo, con due grandi ali
bianche e oro appoggiate sulle spalle. Seppur
credente non andava mai in chiesa ma aveva il
famoso cugino prete. Lei, lo sapeva benissimo
che gli angeli erano vestiti così! Mio padre,
ormai entrato nel gioco, mi fabbricò una
coroncina di lampadine con una pila infilata
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nelle mutandine, e me la mise in testa.
E' ora d'andare in scena e tutti: "Ma che
bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La mia
mamma faceva andare la coda e io, lì pronta con
le mie ali e le lampadine in testa. Non mi
avevano fatto fare nessuna prova. Sapevo solo
che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia
sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale
della mia mamma sistemata in quinta avrei
dovuto gridare "pentiti-pentiti…". Il guaio,
l'imprevisto che più imprevisto di così non si
poteva immaginare fu che il personaggio di
Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un
uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente,
che mi raccontava storie
bellissime, mi
regalava un sacco di divertimenti, al quale
volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
vicino, con una parruccaccia nera in testa… gli
occhi che lanciavano saette tra un minaccioso
tuonar e lampeggiar, che disperato gridava:
"possano i corvi divorarmi le budella, le aquile
strapparmi gli occhi!" e altri animali che non
ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad
incominciare dalla lingua", mi fece un terribile
effetto. Mamma mia che spavento! Cosa stava
capitando?! Ero stravolta, me lo ricordo
benissimo. Ma quello che mi buttò
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completamente fuori, fu il vedere mia sorella,
solitamente rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i colori!
Una sfuriata in piena regola che trascinava il
nostro povero zio in una disperazione sempre
più nera. "Ma cosa sta capitando? Perchè lo zio
Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in
gola stava per scoppiare. Mia madre dalla quinta
mi faceva gesti più che perentori, le sue labbra
ripetevano pentiti pentiti. Giuro che avrei potuto
parlare, ma non me la sentivo proprio di
rincarare la dose. No, io no, allo zio Tommaso
non dico proprio un bel niente! Non so cosa gli
sia capitato, poverino. Forse è impazzito. Anzi.
A piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero gli angeli, seppur spaventatina,
gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e
gridava più che mai, proprio fuori di testa. Dio
che paura! Senza dire una parola mi sono
arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato,
tempestandogli la faccia di baci. Insomma
cercavo, con i mezzi che avevo a disposizione,
di calmarlo e piangevo nel silenzio che era
calato in palcoscenico. Pia era
ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali
che non prospettavano niente di buono. Lo zioGiuda si blocca per non più di cinque secondi, lo
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giuro. E poi con voce profonda (intanto con la
mano solleticava la mia e con gli occhi mi
rideva per tranquillizzarmi) dice: “Dio, sei
grande! A questo orrendo peccatore mandi il
conforto... un piccolo angelo… mi tendi la
mano… No, no, non me lo merito!” e , dal
momento che lo spettacolo doveva pur
terminare, taglia corto “M'impicco! Dov’è
l’albero più alto? M’impicco!!” Deve usare un
po' di forza per liberarsi da me che proprio non
ne voglio sapere di lasciarlo andare ad
impiccarsi. Cosa vuol dire impiccarsi? Non lo
sapevo ma ero certa fosse una cosa brutta.
"L'albero più alto… dov'è l'albero più alto…
Lasciami andare angiolino… Lasciami.." e con
un urlo agghiacciante esce di scena. Mia sorella
(l'unica volta nella sua vita, credo) non sapendo
più che fare, camminando anche lei sulle punte,
immediatamente lo segue. Grande applauso.
Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni.
Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso
del dovere" che maledizione da che sono nata è
lì, a infastidirmi la coscienza, fatto si è che dopo
un attimo di silenzio,
raddrizzandomi la
coroncina di lampadine che nel trambusta stava
per cadermi, con voce chiara e mesta, quel tanto
che serve dico “S'impicca! Non s'è pentito…
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Giuda traditore che per trenta monete d'argento
ha venduto il suo Signore… Non s'è pentito!" e
via che esco.
Ce l'avevo fatta: l'avevo detta tutta!
Da allora in poi, "La passione del Signore" ha
sempre avuto due angiolini, con il più piccolo
che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di
Dio.
E tutti giù a piangere.
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“Signora, vada a dormire, è mattina.” E’
l’infermiera del turno di giorno. Mi corico
vestita. “Mi raccomando, mi chiami se…”
E’ ora di pranzo. Tutta la famiglia riunita.
La mia testa è divisa in due pensieri fissi: lo
spettacolo all 15 al Teatro Odeon, mia madre in
agonia.
So che andiamo a pochi. Lo sento.
L’infermiera
arriva
da
laggiù.
Senza
complimenti mi chiede: “Ha un fulard?”
Domanda bizzarra. Non capisco. Mi fa un gesto
veloce che dal mento va alla testa. Mi occorre
qualche secondo per afferrare il senso della sua
richiesta.
Corro da mia madre.
Nulla è cabiato. Me la guardo per un po’. Da
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anni mi son sempre detta: Lei deve morire con
la sua mano nella mia. Ma ora, sprofondata in
questo sonno senza coscienza, non servo a nulla.
Mi strazio e basta. Ci siamo quasi. Un lungo
bacio. Ho finito le lacrime.
“I vestiti…. Datemi i vestiti.” Dico a fatica. Mi
vesto sul pianerottolo, mentre viene chiamato
l’ascensore. “Vuoi proprio andare a lavorare?”
“Sì Dario, tornerò in tempo.”
Arrivo a teatro, mi trucco, mi vesto. Silenzio
assoluto intorno a me. Vado in scena. Faccio
fatica a non scoppiare a piangere a quel grande
applauso che mi accoglie.
Via che vado. “Tutta casa, letto e chiesa”.
Monologo comico. Le risate arrivano, gli
applausi anche. Tutto normale. Guardo in quinta
di quando in quando. Solitamente mio fratello
Enrico, è lì. Non c’è. Intervallo. Non chiedo.
Nessuno parla. Secondo tempo. Vado avanti a
macchina. Giro la chiavetta della professione.
Mio fratello non si vede. Tiro fino in fondo.
Come si chiude il sipario, mi sento male. Mi
portano in camerino. La gente batte le mani. Ma
chi ce la fa ad uscire a ringraziare? Chiudono il
sipario di ferro. Gli applausi continuano. La
gente non sa e non capisce cosa stia succedendo.
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Arriva ungram silenzio a un tratto. Mi sono
rispresa. Sento Roberto Anselmino, il direttore
di scena che parla: “Scusate ma Franca non può
uscire. E’ morta sua madre. L’ho saputo così.
Quando sono uscita davanti all’ingresso degli
attori, c’era tutto il pubblico, più di mille
persone ad aspettarmi. Tutte lì, in un silenzio
che non dimenticherò mai.
E’ il 4 ottobre. San FRANCESCO.
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Medico per il certificato di morte. Telefonate.
Gente. Amici. E io che parlo, parlo ad alta voce.
Ma proprio alta. Non so perché.
La notte, il giorno del funerale ho continuato il
tragitto nella mia vita con la mia famiglia. Era
un modo come un altro per averla ancora con
me.
PREFAZIONE LIBRO
V Alcatraz
Prefazione a
SETTE UNIVERSI DI PASSIONE.
Turbata, corro indietro velocemente lungo la mia
vita: rabbia, paura angoscia, commozione,
furore, amore, solitudine, felicità piccole e
grandi... inaspettate, attese, così i dolori, ma in
questa gamma di sentimenti, sensazioni, quello
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che sto provando ora,
capitando?
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non c'e. Che mi sta
Una voce maschile educata al telefono, mi
propone con grande gentilezza la prefazione a
un libro. Ne parla entusiasta.
Sto attraversando un momento nero. Non ne ho
voglia alcuna. E’ una vita che per amore o
educazione leggo testi di altri. Non so come
uscirne. “Grazie… ma non posso prometterle
niente, mi mandi pure le bozze… le farò avere
una risposta.”
Riattacco certa di un mio prossimo educatissimo
“No spiacente, ma proprio...”
Quando m’arriva il testo, lo sbatto nella borsona
che mi accompagna sempre.
Mi trovo da Jacopo, mio figlio.
Un verde intorno pazzesco col quale non ho filig
alcuno. La mattina mi sveglio e devo fare molti
sforzi per superare la voglia di tirarmi il lenzuola
sulla faccia e non muovermi più.
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Estate bizzarra. Tempo mutevole. Ora piovere.
Magnifico! Il cielo scuro, di mattina presto è in
sintonia con il mio umore.
Che fare? Mi ritorna in mente il libro. Di
malavoglia lo prendo.
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"Sette universi di passione" di Aida Stoppa.
Universi di passione! Ha detto niente questa.
Dio, come mi sento antipatica, negativa..
Il titolo non mi sollecita.
Senza interesse leggo il sommario:
Ipazia e la rete d’oro.
Teodora e i potere.
Teresa e il castello interiore. Emily e la
solitudine.
Isadora e lo spirito della danza.
Frida e la passione dell’immagine.
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Scorro quanto dovrebbe finire in
controcopertina.
Mi blocco. Oddio,
ci risiamo. La solita
"menata" femminista social-politica, scritta dalla
solita intellettuale per altre intellettuali, quasi
tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello loro
sfoggiar "cultura", usanti un linguaggio da casta
per "quella" casta, senza la minima
preoccupazione di essere capite (mi riferisco
agli anni 70) da chi avevala necessità urgente di
“capire”. Tutte protese a correre sgomitando per
essere lì, pronte a “brancarsi" il posto di
comando. Contare. Dirigere. Liderscippare.
Vestite di finta umiltà e sorellanza. E in nome
della sorellanza alla prima occasione
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confermavano quello che da anni andavo
constatando e dicendo frutto di storie e storie e
storie di donne di ogni età, cioè: “la peggior
nemica della donna è proprio la donna”.
Fra queste sette donne mi scelgo il nome che mi
suona meglio. Teresa. Pagina…
E chi sarà mai sta Teresa con il suo castello
interiore?
Parto a leggere indifferente e diffidente. Oh
bella, guarda chi si vede: Teresa d’Avila. Mi era
stato proprosta anni fa dal prof. Marotti, docente
di storia del teatro alla Sapienza di Roma, di
portare questo fantastico personaggio in scena.
Me l’ero studiato bene. Letto libri su libri. Poi
non se ne è fatto niente.
Mi fa effetto ritrovarmela sotto gli occhi dopo
tanto tempo.
Qualche pagina e poi smetto, mi dico.
E invece no, qualche pagina e ci sono dentro.
M'ha coinvolto la chiave di scrittura. Sono
biografie ma l’autrice interpreta il personaggio
in prima persona, entra nella sua vita. Lo scalda,
lo fa splendere.
Con chiarezza colta, in quanto conoscenza, né
facile né semplicistica.
Ti fa rivivere la vita, le scelte, le fatiche, la
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crescita, il dolore, la presa di coscienza, la
creatività, la modestia, il peso del valore di un
personaggio-donna.
Passioni, amori da sconquasso, insicurezze,
dubbi, certezze, dignità e dignità e dignità e
scelte e scelte e dignità e scelte e dolore e
dolore, e dignità e amore amore… per una
donna, un uomo… per Dio.
Il “personaggio” è lì, davanti ai tuoi occhi. Ti
entra nel cuore, nella testa. Lo vedi, lo senti,
tutto, asciutto e pieno.
Come ha fatto Aida ad entrarci dentro con tanta
leggerezza, meticolosità, delicatezza, umiltà,
forza e, fragilità? Pure poetica quel tanto che
non disturba.
E’ una magnifica scrittura, priva di
elucubrazioni intellettualistiche, come può
apparire ad un primo momento, senza fronzoli,
compiacimeti, con una grande sintesi. Non una
parola in più.
Di ogni donna che interpreta, ti offre le più
remote sensazioni, scopri che è entrata in
ognuna di esse scandagliandole nel profondo.
La storia di queste donne è conosciuta, ma la
fotografia dell’anima e del cervello che ti regala
la signorina Stoppa, non l’avevo mai trovata da
nessun altra parte. Limite mio, certamente.
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Storie di donne.
Sette donne importanti, passate in questo mondo
in tempi diversi:
La “favola”di Ipazia di Alessandria, dove i fatti
e personaggi si vestono di fantasia.
Siamo nell’anno 370 di Cristo.
Ipazia, la “donna” dai tratti umani con la
passione per la filosofia e la scienza, “la cultura
della ragione e della libertà di pensiero”.
“La brama di dominio, l’invidia per la mia fama,
lo sdegno per aver spezzato, donna, il riserbo e il
silenzio, scatenarono (…) i nemici contro di
me. (…) Mi strapparono dal carro, lacerarono le
mie vesti, trascinarono per i capelli il mio corpo
ignudo (…) irruppero nel tempio e qui fecero
strazio di me (…) davanti all’altare del mite
Gesù.” (…) “Il mio assassinio è stato il prezzo
pagato dall’amore per il sapere e dalla libertà di
pensiero ai mostri dell’odio e dell’intolleranza.”
Tutto chiaro?
Teodora di Bisanzio che da “postribola” e strega
si fa “piissima Augusta”, “femminista ante
litteram”, illuminata ispiratrice di leggi, in tempi
bui, a favore delle donne schiacciate.
Teresa d’Avila: i pensieri della giovinezza.
“Avvertivo in me prepotente il bisogno d’amare
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e di essere amata” “Amavo l’amore e dell’amore
il clima fantastico, avventuroso” e poi, più
avanti nella vita: “Lentamente ma tenacemente
l’idea di consacrarmi a Dio si insinuò e
consolidò nel mio cuore: Dio, l’invisibile
evidente.” Teresa sfida i rigori dell’Inquisizione,
sorretta dalla fede incrollabile; offre la sua
esistenza fondando monasteri, riconducendo la
regola alla primitiva purezza. E siamo intorno
1540!
Teresa, una rara e vera cristiana, fra i molti
cattolici che ho conosciuto.
Emily Dickinson, la voce più alta della poesia
americana del ‘900, sopravvive alla soltudine,
all’“immane dolore del dio perduto” rifugiandosi
nella poesia. “La mia vita fu una storia tutta
interiore, scarsa di eventi esterni e fatti concreti,
ricca di intimi segreti, oscuri palpiti, enigmi
visioni rivelazioni folgoranti.”
Emily, Emily…
“La solitudine che m’imposi fu il silenzio che la
resistenza del reale opponeva alla mia esigenza
di assoluto. Sarei stata sola senza la mia
solitudine.” “… la mia vita precipitava giù da un
angoscioso parapetto. Se non avessi visto il sole,
avrei potuto accettare l’ombra. Ma la notte rende
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più deserto il deserto.” “Mio unico, vero,
immortale amore fu la poesia.”
Vi basta?
Isadora Duncan, sacerdotessa della danza, libera
espressione del corpo e dell’anima. Isadora che
rifiuta le nozze col ricchissimo Singer e sposa
Esenin, “raffinatissimo barbaro”, poeta “di fuoco
e di tenebre”, Isadora che danza al Bolscjoi l’
“internazionale”, davanti a Lenin, avvolta nella
bandiera rossa, e suscita il delirio.
Mamma mia che storia! Peccato non essere stata
lei.
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Apollonie Sabatier. ‘800. “Parigi dona a chi vi
dimora una magica linfa, lo scintillio della vita
(…) ogni evento si accende di gaiezza e di
languore, sensi preziosi e segreti, gioie
improvvise e rare, vizi delizie e seduzioni
proibite, brama di assidersi sul trono di miraggio
e realtà d’amore.”
Affascinata dalla passione epistolare di un
adoratore misterioso che si rivela dopo cinque
anni…
Baudelaire, come se niente fosse:
“fisionomia tenebrosa, enigmatica, lo sguardo
febbrile dei grandi occhi lucenti (…) Lo sguardo
è lo strumento del mondo interiore: affascina,
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seduce, fulmina, nel momento stesso in cui si
esprime.”
Apollonie brucia sull’altare dell’amore una notte
di passione e ne decreta la fine: “Egli voleva
amarmi, non avermi”.
Osservo la scultura di Clésinger che la ritrae.
C’è proprio tutta lei, la sua personalità, in tanta
dura bellezza.
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Frida Kahlo: “Messico d’oro, d’argento e di
rame!”, nasce nel 1907. Di luglio. Vita segnata
da eventi implacabili, come un terribile incidente
che la costringe in carrozzina e l’affligge “…
con ben 33 interventi, cocaina e morfina contro
il dolore: un calvario che durò per tutta la vita”.
Trova salvezza nella sua pittura che consegna
all’umanità come diario intimo: sentimento,
dolore, testimonianza.
E poi l’impegno politico: “con la mia arte
volevo essere d’aiuto alla diffusione dell’idea
socialista. Tra le mie nature morte c’erano
“nature vive”, inserivo bandiere, colombe della
pace e messaggi politici”. A differenza di
Apollonie non ama Parigi “… era falsa e
artificiosa, un gioco di apparenze, un pianeta
“altro”; mi sottraevo più che potev o alle
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merdose feste borghesi. I surrealisti erano
troppo intellettuali e teorici, posatori parolai e
lunatici”.
Ama forsennatamente tutto: dolore e vita.
Del tradimento di suo marito Diego con la
sorella dice: “… ero pietra, sangue e sudore
mortale. (…) L’ira, lo sdegno, la gelosia,
l’orgoglio, il disgusto, il disprezzo, lo strazio
ruppero gli argini: Tu, Diego assassino! Tu,
Giuda! Tu, con quella coda, quel pendaglio, quel
cazzo ballerino che ti trovi davanti!…”
Nessun commento.
“Amai, amai, amai… Ma solo Diego era il nome
dell’amore”. E ancora: “Non ho mai dipinto
sogni. Ho dipinto la mia realtà.”
E ancora: “Fino all’ultimo amai la vita e
desiderai la morte. Nulla è peggiore del nulla.
“Viva la vida” e insieme addio a questo
fottutissimo mondo dove spero di non tornare
mai più.
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Leggere, conoscere, approfondire, passare il
tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà, persistenza, lucidità, intelligenza,
sapere. Donne che sono riuscite ad emergere
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dallo sterminato femminile sommerso in un
mondo al maschile, che sono riuscite a reagire,
combattere, rifiutare, mi costringe dopo aver
letto sino all’utima parola
a
ragionarmi
addosso.
Il mio "dentro" s'é messo in movimento e non
riesco a bloccarlo.
Mi sento come se queste signore abbiano
espresso pensieri miei, situazioni mie;
insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi
sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste
da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono
confusa.
Confusa,
a
disagio,
turbata,
scombussolata. Meravigliata. Di colpo mi sento
come se non avessi mai pensato.
Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato.
Mi sento addosso il peso di non essermi mai
sentita in lizza con nessuno,
non perché
mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero
certa di non avere i numeri, le capacità per
poter gareggiare. Mi sembra di essere passata
tra le cose senza emozione. Sono certa di non
aver mai voluto con forza, qualcosa per me.
M’hai messo addosso il terremoto cara Aida.
Penso e ripenso…
Oh tu guarda… non piove più. Vado a far due
passi. Ma sì… sorrido.
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Che dirre ancora? Leggetelo, donne e uomini.
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caselle della vicenda umana sette figure
femminili di grande spessore psicologico,
sociale, artistico; sette personalità, come si dice,
“forti” che, fuori della deriva esistenziale, hanno
costruito in proprio la loro vita, rispondendo
solo alla singolarità della carica interiore,
imperativa ed appagante. Donne la cui forza
risalta nell’essere riuscite, tutte, a realizzare
integralmente se stesse.
Mi viene una frase che se la leggessi scritta da
qualche parte la giudicherei “letteraria”
fastidiosa anche un po’ fasulla. Ma me la sento
proporio addosso: già arresa, prima di essere
vinta.
Mi vergogno a un tratto.
Mi sento come se in questa mia frenetica vita
non avessi vissuto. Mi sento inutile, banale,
vuota. Vedo un libro rilegato con nelle pagine
bianche solo il numero in calce. I giorni della
mia vita :27.375 , 75 anni.
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Quanti!
"Tu fai questo, tu questo e tu questa e tu... e via
che il giorno dopo si andava in scena e se
mancava un costume, un abito, la mamma con
qualche aiuto lo cuciva.
Pensieri su un libro letto
Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro
indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia,
paura angoscia, commozione, meraviglia, furore,
amore, solitudine, felicita piccole e grandi...
inaspettate, inaudite, così i dolori, ma in questa
gamma di sentimenti, sensazioni, quello che sto
provando ora, non c'e.
Rossella (tra le moltissime donne incontrate è
un'amica che non ho perso per strada) m'ha
regalato un libro "Le lettere del mio nome" di
Grazia Livi, "é importante, leggilo".
Il titolo cosi ermetico non mi sollecita.
Leggo in contro-copertina la presentazione
dell'editore: "Il tema appasionato di questo
romanzo-saggio é il divenire della donna". Mi
blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata"
femminista social-politica, scritta dalla solita
intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte
saccenti, esibenti, compiaciute dello sfoggiar
"cultura", usanti un linguaggio da casta per
"quella" casta, senza la minima preoccupazione
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di essere capite da chi aveva (sto parlando degli
anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di
"liberarsi") la necessità urgente di capire, protese
a correre una più dell'altra per essere lì, pronte
a
brancarsi" il primo posto, dirigere,
liderscippare, un po' arroganti o troppo
offensivamente
accondiscendenti,
che
gridavano "siamo sorelle" e in nome della
sorellanza alla prima occasione ti fregavano.
Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte
donne troppo simili all'uomo nel loro modo di
essere, parlo delle intellettuali, che esprimevano
comportamenti che ho sempre rifiutato.
Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche
pagina e poi smetto, mi dico. E invece no,
qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi
é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente,
ma i nomi non me li ricordo, di molti non li ho
mai saputi.
M'ha tirato dentro la chiarezza, né facile né
semplicistica, seppur colta con cui ti racconta la
vita, le scelte, le fatiche, la crescita di un
personaggio-donna come te lo ripropone tutto,
secca e piena, leggera, meticolosa, delicata, mai
invadente, umile, poetica quel tanto che non
disturba. E’ una magnifica scrittura, priva di
elucubrazioni intellettualistiche, priva di
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fronzoli, con una gran sintesi.
Di ogni donna di cui parla, ti presenta le più
remote sensazioni. Ogni personaggio è da lei
scandagliato nel profondo, c'è tutto quello che
hanno detto gli altri e quello che ne hanno
scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le
certezze e molto altro che ora non mi riesce di
esprimere.
Poche pagine e te ne dà l'essenza.
Ecco Simone De Beauvoir.
Non mi é mai stata completamente simpatica. A
volte m'é capitato di giudicare qualche sua
scelta, egoista. Il suo evidente essere una
intellettuale aristocratica m'e l'ha
sempre
allontanata. In casa di Sartre a Parigi, dopo un
girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata
davanti: borsa della spesa in mano, fazzoletto in
testa .Ha lanciato un "pas fumée" a Sartre e si é
ritirata in cucina. Dario ed io ci siamo guardati
interdetti, "e questa chi é?". Sartre, come un
bambino scoperto a rubare la marmellata,
spegne la sigaretta o il sigaro, non ricordo,
"Simon…", ha mormorato. Ah, era lei! Dario
meno, ma io ci sono rimasta un po' male. Forse
credevo che il fatto di essere una donna mi desse
il diritto ad un saluto. Ma ora, la Simon, del
ragionato-Livi é una donna che finalmente
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capisco e ammiro. Altre biografie di donne.
Leggere, conoscere, approfondire, passare il
tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà persistenza, lucidità, intelligenza,
sapere. Donne che sono riuscite ad emergere
dallo sterminato femminile sommerso, in un
modo al maschile, mi costringe ad interrompere
la lettura e a ragionarmi addosso.
Il mio "dentro" s'é messo in movimento e non
riesco a bloccarlo.
Mi sento come se queste signore abbiano
espresso pensieri miei, situazioni mie;
insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi
sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste
da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono
confusa.
Confusa,
a
disagio,
turbata,
scombussolata. Di colpo mi sento come se non
avessi mai pensato.
Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato.
Mi sento addosso il peso di non essermi mai
sentita in lizza con nessuno,
non perché
mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero
certa di non avere i numeri, le capacità per
poter gareggiare. Mi sembra di essere passata
tra le cose senza emozione. Sono certa di non
aver mai voluto con forza, qualcosa per me.
Mi viene una frase che se la leggessi scritta da
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qualche parte la giudicherei “letteraria” anche un
po’ fasulla. Ma me la sento proporio addosso:
già arresa, prima di essere vinta.
Mi vergogno a un tratto.
Mi sento come se in questa mia frenetica vita
non avessi vissuto. Mi sento inutile, banale,
vuota. Vedo un libro rilegato con nelle pagine
bianche solo il numero in calce. I giorni della
mia vita :27.375 , 75 anni.
Quanti!
Appresso, non mi sento nessun bagaglio.
Possibile?
A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia
Livi.
Possibile? E' così.
Sento
l'esigenza
di
esprimermi,
di
puntualizzarmi, di cercarmi. Oh mio dio, cos'è,
sto cercando me stessa?… Il mio io?…
Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri
spettacoli... No, non cerco “me stessa” Mi urge
però qualcosa di concreto. Devo fissare qualche
punto.
Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il
cervello completamente vuoto, come se per tutti
questi numerosi anni,
non avessi vissuto,
lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto
all'amore, pianto. Niente. Non mi viene niente.
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Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni,
rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non
riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto
che mi dia modo di iniziare con un minimo di
coerenza. Forse potrei partire dalla prima grande
emozione che ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita; sono
arrivati i "liberatori". Li avevamo visti sui
camions il pomeriggio, intorno per Varese.
Erano arrivati anche nella mia strada. Ci
buttavano cioccolato e sigarette. Arrossisco al
pensiero di essermi buttata con gli altri per
tentare di raccogliere qualcosa. La sera, nel
cortile di casa mia, gran festa. Un giradischi, e
ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra
buia del primo piano: casa mia. Più che vederla,
l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando.
Conosco i suoi pensieri, il suo tormento: mio
fratello deportato in campo di concentramento in
Germania, non dà notizie da oltre due anni. In
un attimo le sono vicina vergognandomi della
mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi
dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un
gradino della scala di casa nostra , perché le
gambe non la reggono. Si stringe addosso il
figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto
centinaia di chilometri a piedi. Quel gridare
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intenso che esprimeva gioia,
l'ho sentito
identico molto anni dopo (1973) in circostanza
ben diversa, per dolore e drammaticità. Ancora
seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata
all'indietro, grida senza controllo, come allora,
dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che
dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina
era morta.
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Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo (che
non ho terminato) di Varese, con i fascisti che
entrano in classe. In silenzio ci guardano a una a
una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio
nome, e mi portano nello studio del preside. Non
so di che colore fosse la mia faccia, ma avevo
paura che tutti potessero sentire il battito del mio
cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa
triste."Villa triste era una villetta all'inizio della
strada che portava alla mia scuola, dove, era
risaputo, venivano interrogati e torturati i
partigiani. Ma io non non c'entravo niente con
quelli, non avevo fatto niente. "Stai tranquilla,
mi dicevo, stai tranquilla". Poi di colpo, alla
prima domanda ho capito tutto. E il cuore a
battere più forte. "Forse muoio"."Conosci Enrico
Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so".
Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei
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quindici anni: il primo."Non lo vedo da un po'",
sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche
giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa
mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo?
"Allora?".
Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo
lasciati da un sacco di tempo." Lì, nello studio
del preside mi hanno frugato in tasca . La mia
aria innocente li aveva convinti. Poi mi hanno
lasciata andare. Non ricordo altro. Mi sono
ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo
e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una
disgraziata. Se lo venisse a sapere tuo padre ti
ammazza e farebbe bene. E con il cuore mi
accarezzavo il biglietto piegato in quattro che
avevo stracciato prima di passare davanti a "villa
triste", dopo essermelo imparato a memoria due
giorni prima andando a scuola e aver riferito il
contenuto a chi di dovere. Incoscienza, più che
coscienza politica.
184 I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai
letto un giornale. E questo che c'entra? Nulla.
Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che
disordinatamente affiorano nel mio cervello
vuoto,
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Non ho mai letto i giornali. Lo dico con
meraviglia. Possibile? In casa mia c'erano, la
mia era una famiglia socialista quando esserlo
costava qualche cosa. Si pagava, senza ricevere
nulla in cambio: con quella tessera in tasca
allora carriera o posti di comando, non ne
ricevevi.
I giornali c'erano, li toccavo quando li
raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva
letti per buttarli. (Incredibile quanto mio marito
assomigli a mio padre: anche lui, dopo averli
letti, li butta a terra!) Li raccoglievo ma sono
sicura di non averne mai aperto uno fino ad un
certo giorno, cioè quando sono andata a sbattere
con la mia bicicletta addosso ad una Topolino
(in realtà gli ho sfiorato un parafango). La
reazione del "guidante" è stata terribile e
immediata da fuori di testa. "Ecco chi rovina
l'Italia!""No, guardi io.."-"Silenzio! Voi giovani
che delegate. Delegate e non leggete i giornali!".
Allibita, senza parole. E’ pazzo?
Ma da quel giorno dei giornali leggo tutto, dalle
inserzioni agli annunci mortuari. Grazie isterico
signore della Topolino. Grazie.
Allora, sovvenzioni ministeriali -regionaliprovinciali o comunali, non ce ne erano, quindi
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giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare
eccome.
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L'unico posto, luogo dove io mi senta a mio
agio è il palcoscenico. No, non per via: ama la
polvere del palcoscenico. No. Sono allergica
alla polvere, alle banalità, alla rettorica. Sto bene
in palcoscenico perchè è casa mia. In qualsiasi
città mi trovi, quando mi trovo lì, sono a casa.
Entrando nella hall di un teatro, non m'è mai
capitato di dovere chiedere "scusi, dov'è il
palcoscenico?"Conosco automaticamente la
strada, dove sono i camerini, il gabinetto."Ma ci
sei già stata qui?""No, è la prima volta""Non ti
credo""Sì, forse ci sono già stata" taglio corto.
Sto bene nei camerini, anche se squallidi. No,
non li addobbo con sete colorate. L'ho fatto
qualche volta cent’anni fa, senza accorgermi
andavo dietro all'onda, voglio dire alle usanze
degli attori... Poi ho scoperto che non mi ci
trovavo con QUEGLI addobbi intorno, non
sentivo il bisogno di ricostruirmi il "salotto"di
casa mia, anche se il camerino era un cesso. E
DIO sa quanti "cessi" trovano nei teatri e nei
cinema di casa nostra. L'unica cosa alla quale
non rinuncio è la luce. "Lino!! (è il tecnico delle
luci) La luce"! Lino arriva e mi piazza certi 5OO
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da accecare. Io ci sto bene. Riscaldano anche.
La luce e il mio baule. Mi piacce il mio baule. E'
un classico baule armadio d'attori, verde fuori a
fiorellini dentro. Ci sono i cassetti e nei cassetti
di tutto: golf, libri, fogli, macchina da scrivere,
pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere. Il
primo baule della mia vita l'ho comperato a rate
nel 51, non appena arrivava in compagnia
primaria. Dentro non c'era quasi niente, ma quel
sacramento, che si apre all'impiedi dividendosi
in due e diventa un armadio, con tanto di
targhetta in metallo con il mio nome, mi dava
una gran sicurezza. Per la verità era una
sicurezza del tutto speciale: la sicurezza di avere
anch'io il
baule come tutti gli altri. Credo che quella sia
stata l'unica sicurezza di quegli anni e per molti
anni dopo. Credo anche di essere la persona più
insicura
che io conosca.
Il mio baule, il camerino, il palcoscenico: sono
una signora!
Non mi considero un'attrice. Sono "anche "
un'attrice. In casa mia ho imparato tutto quello
che può servire per poter fare questo lavoro:
attrice, elettricista, fonico, costumista, trovarobe,
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direttore di scena, servo di scena, piazzare le
luci, suggerire, sarta, vendere i biglietti,
truccare, pettinare, ballare, cantare (sono un po'
troppo timida, seppur molto intonata! Me l'ha
detto Giovanna Marini, e se lo dice lei...).
Organizzare una tirnée, l'amministratore, fare un
borderò, (ora è però diventato difficilissimo). I
miei avevano addirittura una propria tipografia
dove si stampavano i manifestini, insomma i
volantini di adesso. Avevamo centinaia di scene
belissime, dipinte da un pittore della Scala,
Lualdi che veniva a passare le sue vacanze da
noi, ogni tanto, le rinfrescavamo tutti insieme.
Ogni giorno cambiavamo piazza, (dico piazza
per dire "paese”, non recitavamo in piazza ma in
locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi ogni
giorno si dovevano montare scene e luci. Anche
i nostri costumi erano belli. Figuriamoci! Mio
padre, tramite l'amico Lualdi, li comperava in
blocco dal Teatro della Scala. E se per un nuovo
testo mancava qualche costume, ce lo facevamo
in quattro e quattrotto.
Doppio rileggere e buttare
v FRANCA
Mia madre, maestra
diciottenne, figlia dell'ingegnere del comune
dove risiedeva(Bobbio) e di una casalinga si era
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innamorata
di
questo
"girovago
marionettista"che un giorno era passato di lì, e
con grande scandalo dalla famiglia-(povera
come l'acqua, ma di una classe sociale superiore
a quella di mio padre)e del paese se l'era
sposato.Mia madre, era bellissima e quando dico
bellissima voglio proprio dire"bellissima"senza
artificio alcuno. Nessuno di noi, quattro figli,
pur assomigliandole, s'è avvicinato a
tanto;Bellissima, giovane, innamorata, aiuta
Domenico (il marito)e Tommaso (fratello del
marito e Stella, (sorella del marito)in tutto quello
che può. Cerca con tutte le sue forze di
adeguarsi alla nuova vita, tanto diversa da
quella che aveva condotto sino a quel giorno.
Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a
vestirle.Poi, più avanti, dirà qualche battuta.Con
l'avvento del cinema (1920)) i due fratelli
intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà
presto messo in crisi, subissato, da questo nuovo
fantastico mezzo di spettacolo. Decidono un
cambiamento radicale(con grande dolore del
nonno Pio, un amate di Garibaldi, l'unico ritratto
in nostro possesso lo raffigura vestito e
somigliante all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al
posto delle marionette, reciteremo noi inostri
spettacoli"Così mio padre
con la propria
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famiglia aggiunta alla famiglia di mio zio
Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di legno,
vere e proprie sculture, tre delle quali sono
esposte al Museo del teatro della Scala di
Milano.E quando inizieranno a recitare di"
persona", a portare loro stessi in palcoscenico i
testi, i personaggi che avevano fino allora
interpretato muovendo e doppiando pupazzi di
legno, lei, la mia mamma , diventa la prima
attrice della compagnia.Un'attrice che di giorno
tirava su i figli, li faceva studiare, si occupava
della casa, e come una più che provetta
casalinga(
a
tutti
gli
effetti)teneva
l'amministrazione della compagnia come fosse
quella di un normale menage familiare, si
occupava dei costumi, aveva imparato pure a
cucire, e alla sera, via!, E Giulietta e Tosca, e la
Suora Bianca, e la Fantina dei Miserabili, tutti
ruoli che via via, abbiamo interpretato anche noi
figlie e le cugine Ines e Lucia.Percorro così
l'apprendistato dei teatranti interpretando via via
che cresco, tutti i ruoli maschili e femminili
adatti alla mia età.Il vantaggio della compagnia
di mio padre rispetto alle altre compagnie di
giro, (così si chiamavano le piccole compagnie
di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i
trucchi scenici del teatro magico delle
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marionette, nel "teatro di persona"":montagne
che si spaccano in quattro a vista, palazzi che
crollano, un treno che appariva piccolissimo
lassù nella montagna e che man mano che
scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena
con il muso della locomotiva a grandezza
naturale.Mari in tempesta, nubi che solcavano
minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che
volava.scene in tulle in proscenio, che illuminate
a dovere ti facevano vedere come era il
paradiso.Insomma tutti gli espedienti tecnici
dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che
viveva ancora, dentro la scenotecnica delle
marionette.soltanto che in quel teatro tutto era
stato miniaturizzato, si trattava adesso di
eseguire una operazione da Gulliver alla
rovescia:da minuto che era ingrandire ogni
oggetto, aggeggio, marchingegno fino a renderlo
identico alla realtà.In questa nuova veste"il
teatro di persona" la compagnia di mio padre
realizza un successo insperato.Si lavora come
sempre a tempo pieno.Mio padre , il capo, con il
ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio
Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del comicobrillante a secondo dei testi e di drammaturgopoeta di compagnia;le mogli, i figli, gli attori
scritturati;i dilettanti gli amici componevano la
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nostra compagnia.Giravamo cittadine, paesotti e
paesini del nord Italia su di una corriera che
chiamavamo
"Balorda"
a
causa
del
comportamento bizzarro che aveva, che più che
al suo cattivo carattere andava attribuito agli
anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del
giorno si passava, nei turnichè particolarmente
ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci
aspettavano.Ci spingevano fra tante risate, poi la
sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo
spettacolo gratis."Siamo quelli che abbiamo
spinto." "Passate".Mio padre, amava la Balorda ,
e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela
rilucente di colori sgargianti. Mia madre, ogni
volta che lui le cambiava colore:"non sposeremo
mai le nostre figlie !" "Hai ragione
Milietta..domani le cambio colore"E l'indomani
quando "Emilietta" si affacciava in cortile, ecco
la Balorda ridipinta:d'argento!"Non sposeremo
mai le nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la
guerra. Bombardamenti non ne avevamo avuti.
Qualche bomba sulla fabbrica di aerei:la
Macchi, lontana dal centro, alla periferia di
Varese, a Masnago.Ricordo a proposito di
questo paese, una sera che si tornava a casa dopo
lo spettacolo veniamo fermati, sia noi che tutti
quelli che passavano per quella strada dopo di
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noi, da un gruppo di fascisti e S.S.Ci hanno fatto
entrare in un cortile, (era quello dove abitava
uno dei nostri dilettanti, chiamato"Luigino cassa
da morto, perchè suo padre le fabbricava) dove
siamo stati per ore bloccati.Solo all'alba ci
hanno lasciati andare.Non è stato per niente
drammatico.L'aria, nonostante i tedeschi era di
festa
a
causa
della
inconsuetudine
dell'avvenimento.Si sà, i giovani trovano sempre
la maniera di di superare le tensioni. Sarebbe
però, tanta allegria finita in tragedia se quell'alba
avesse portato la notizia di una missione tedesca
andata male.Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo
saputo qualche giorno dopo.Per fortuna
l'abbiamo scampata.Altre volte, capitava che ci
fermassero dei partigiani.Non dicevano "siamo
partigiani" ma erano in borghese con i mitra
"Signor Rame, ci dà un passaggio?" Li facevamo
salire. Più avanti capitava d'incontrare picchetti
fascisti
che
ci
fermavano.
Ci
conoscevano.Avevamo un permesso speciale per
il coprifuoco."Buona sera signor Rame, .Com'è
andata?"-"Benissimo!"-"Buona notte. 5046
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