Introduzione a Java 2 Micro Edition Francesca Martelli f.martel@di

Introduzione a
Java 2 Micro Edition
Dr. Francesca Martelli
[email protected]
http://www.di.unipi.it/~f.martel/
Stanza: 382 DB
Tel: 050 2212 754
1
Cosa sappiamo e cosa faremo






Conoscenza di java?
Conoscenza di HTML?
Java 2 MicroEdition
Introduzione alla programmazione J2ME
J2ME Wireless Toolkit
Il linguaggio XHTML
2
Cosa Serve (1)

Documentazione J2ME





MIDP 2.0, CLDC 1.1
http://java.sun.com/javame/reference/apis.jsp
Qualsiasi tutorial che trovate su internet
Queste slide che troverete sulla mia home page
Libri (opzionali):


James Keogh, J2ME: The Complete Reference, McGrawHill
R. Riggs, A. Taivalsaari, J. Van Peursem, J. Huopaniemi,
M. Patel, A. Uotila, Programming Wireless Devices with
the Java 2 Platform, Micro Edition, Second Edition,
Addison Wesley
3
L’Architettura Java



Compilatore Java: trasforma il linguaggio di
programmazione Java in un insieme di bytecode
Java
Java Virtual Machine (JVM): interpreta il bytecodes
Java per eseguire il programma Java
Vantaggi di Java:




Portabilità: “write once, run anywhere”
Sicurezza: scaricando applicazioni da un ambiente
potenzialmente inaffidabile, le chiamate di sistema
vengono controllate dalla Java Native Interface (JNI)
possibilità di sfruttare le applicazioni in locale, residenti e
funzionanti anche off-line
interfacciamento con le piattaforme web che lavorano con
JAVA (Servlet o JSP) è immediato
4
Le versioni di Java
5
Java 2

Java 1.2 diventa semplicemente Java 2, anche se le versioni
di JDK e JRE rimangono 1.2. La piattaforma Java viene
divisa in 3 edizioni:




Java 2 Standard Edition (J2SE): per lo sviluppo di applicazioni
convenzionali da desktop
Java 2 Enterprise Edition (J2EE): sovrainsieme di J2SE, rivolto
alla programmazione di impresa, con particolare enfasi sullo sviluppo
dal lato server, tramite l’uso di Enterprise JavaBeans, applicazioni
web (servlets e JavaServer Pages), CORBA, e XML
Java 2 Micro Edition (J2ME): sottoinsieme di J2SE, orientato ai
dispositivi portatili che non possono supportare un’implementazione
totale di J2SE
Nonostante la sovrapposizione, questa divisione agevola
l’evolvere di Java in differenti direzioni mantenendo intatto lo
spirito del linguaggio
6
Java 2 Micro Edition



La mancanza di uniformità delle configurazioni
hardware fra i vari piccoli dispositivi ha posto una
grossa sfida per la comunità Java
J2ME è nato per superare questo limite, ed è uno
standard che serve molti dispositivi a capacità
limitate (telefoni cellulari, PDA e dispositivi plug-in),
che hanno configurazioni hardware non standard
La JCP ha usato un duplice approccio:

La definizione di due CONFIGURAZIONI:



Una per i dispositivi portatili
Una per i dispositivi plug-in
La definizione di PROFILI, per ogni categoria di
dispositivo
7
Configurazioni

Una configurazione definisce l’ambiente base di
esecuzione:



Il punto chiave è che ogni configurazione è specifica
per una famiglia di dispositivi con capacità simili
Ad oggi, sono definite 2 configurazioni, entrambe
prevedono connettività alla rete, fissa o wireless:



Limitata JVM, nucleo di classi derivate da J2SE
Connected Device Configuration (CDC): box TV, sistemi di
navigazione per auto,...
Connected Limited Device Configuration
(CLDC):cellulari,PDA
Non c’è netta linea di confine fra le due configurazioni:

CDC è un sovrainsieme del CLDC, con in più alcune classi di
J2SE e altre nuove
8
Profili


Un profilo estende una configurazione,
aggiungendo classi per specifici usi dei
dispositivi, omesse nella configurazione di
base (per esempio, classi per l’interfaccia
utente)
Il Mobile Information Device Profile (MIDP) è
basato su CLDC



Classi per la memorizzazione locale,
una user interface,
funzionalità per il networking
9
Profili (2)

Altri profili sono:







Personal Digital Assistant Profile (PDAP): estende CLDC per sfruttare le
maggiori capacità dei PDA rispetto ai semplici dispositivi MIDP, (migliori
display e maggiore memoria
Foundation Profile: aggiunge classi J2SE al CDC, ma non per l’interfaccia
utente; è la base per costruire altri profili
Personal Profile (con configurazione CDC): ridefinisce PersonalJava come
profilo J2ME; estende il Foundation Profile per implementare una user
interface sofisticata
Personal Basis Profile: simile al Personal Profile (con configurazione CDC
e Foundation Profile), ma implementa user interface più semplice
Game Profile (con configurazione CDC): contiene le classi specifiche per
sviluppare giochi
...J2ME è in evoluzione...
In una configurazione possono coesistere più profili
10
Connected Limited Device Configuration

Per capire MIDP bisogna prima conoscere la
configurazione CLDC 1.1, definita nel JSR-139


Per dispositivi “things that you hold in your hand”,
caratterizzati da connettività wireless, banda ridotta,
accesso discontinuo, batterie limitate e bassa
potenza di calcolo e memoria





http://java.sun.com/javame/reference/apis/jsr139/
Da 128KB a 512KB di memoria non-volatile (codice)
32KB di memoria volatile (runtime)
Processori a 16-bit (o 32-bit)
Possono non avere interfaccia utente
I dispositivi CLDC usano la KJava Virtual Machine
(KVM), versione molto ridotta della JVM
11
CLDC: Requisiti (1)



No floating point: tipi e costanti floating-point, le classi di
J2SE che trattano con valori floating-point non sono
supportati (computazione pesante); i metodi che ritornano
valori floating point sono rimossi; con opportune librerie è
possibile utilizzare il calcolo in virgola mobile
No object finalization: il metodo finalize è rimosso da
java.lang.Object, per semplificare il compito del garbage
collector, che semplicemente recupera tutti gli oggetti non
referenziati (così si evita il “risorgere” degli oggetti);
Errori a runtime: eccezioni sottoclassi di java.lang.Error
lanciate dalla virtual machine. Solo 3 classi di errori:


java.lang.Error, java.lang.OutOfMemoryError,
java.lang.VirtualMachineError
Ogni altra situazione di errore è trattata in modo dipendente
dall’implementazione della KVM, tipicamente la terminazione
12
CLDC: Requisiti (2)








Interfaccia Nativa Java (JNI) non supportata: non è possibile
chiamare funzioni native del sistema operativo ospitante
No reflection: non si possono usare le classi Reflection per ottenere
informazioni sulla JVM in esecuzione
No object serialization
No gruppi di thread: la VM non supporta la classe ThreadGroup quindi
non si possono lanciare (o fermare) più thread insieme
Le classi “ereditate” da J2SE devono essere un sottoinsieme delle classi di
J2SE 1.3. I metodi possono essere omessi, ma nessun nuovo metodo public
può essere aggiunto, per ovvie ragioni di compatibilità
Le classi definite dal CLDC e i suoi profili stanno nel package o nei
sottopackage di javax.microedition, per identificare facilmente le
specifiche classi del CLDC
Supporto minimo per internazionalizzazioni: il CLDC fornisce un
supporto di base per convertire le codifiche dei caratteri da/per Unicode.
Tuttavia, non ha capacità di “localizzazione”, per la visualizzazione di
data, ora, valuta, ecc.
13
Connected Device Configuration





Per dispositivi “things that you plug into a wall”, cioè collegati
in rete, possibilmente always on, ad alta banda e con buona
potenza di calcolo e memoria
I dispositivi CDC usano un’architettura a 32-bit,
Hanno almeno 2MB di memoria disponibile
Implementano la JVM di J2SE con tutte le sue funzionalità,
incluso il debugging a basso livello e le interfacce native, o
meglio, una nuova virtual machine chiamata Compact VM,
sviluppata appositamente
Dispositivi CDC:





Box TV digitali
Apparecchi per la domotica
Sistemi di navigazione
Terminali del pagamento fai-da-te
...
14
Struttura a livelli dell’Architettura J2ME

Livello
Configurazione:


La JVM interagisce
con il sistema
operativo
Lo strato
configurazione
gestisce le
interazioni tra il
profilo e la JVM
15
Struttura a livelli dell’Architettura J2ME

Livello Profilo:

Insieme minimo di
APIs
16
Struttura a livelli dell’Architettura J2ME

Livello MIDP:


APIs per le connessioni di
rete, memorizzazione e
interfaccia utente
Interazione con l’utente
tramite la visualizzazione di
comandi, sostanzialmente di
tre tipi:



Richiesta di elaborazione
Richiesta di connessione alla
rete
Visualizzazione di un’altra
schermata
17
Struttura a livelli dell’Architettura J2ME

Applicazioni e classi
“original equipment
manufacturer” (OEM):


Le classi sono usate da MIDP
per usi specifici del
dispositivo (spedire/ricevere
un messaggio), o accedere a
dati
Le applicazioni sono
programmi forniti dal
produttore, come un address
book
18
Le applicazioni per MIDP




Sono dette MIDlet e devo essere realizzate
per funzionare su qualsiasi dispositivo senza
alcuna modifica
Ciò è particolarmente difficile soprattutto per
le interfacce utente
I dispositivi hanno schermi di varie
dimensioni, a toni di grigio ed a colori
Inoltre i dispositivi di input sono molteplici:
tastiere numeriche ed alfa-numeriche, soft
key, mini joystick ed anche touch screen
19
Applicazioni multi-device

Data la grande varietà di dispositivi, ci sono
due modi per creare applicazioni multi-device


astrazione: specificare una UI astratta,
relegando alla MIDP di crearla in concreto (ad
esempio invece di dire “visualizza la parola
'Avanti' sullo schermo sopra il soft key”, si dice
“dammi il comando 'Avanti' da qualche parte in
questa UI”
scoperta: l'applicazione “scopre” le
caratteristiche del dispositivo a run-time e adatta
la UI “al volo” (per esempio si scoprono le
dimensioni dello schermo e si scala l'applicazione)
20
Applicazioni multi-device (2)

L'API MIDP supporta entrambi i sistemi



l'astrazione è il metodo preferito poiché permette
di scrivere meno codice e delega tutto alla MIDP
in alcuni casi (ad esempio i videogame) è invece
necessario un approccio di tipo “scoperta” per
conoscere con certezza le caratteristiche del
dispositivo ed adattare il comportamento in modo
adeguato
L'API MIDP è progettata in modo tale da
permettere facilmente anche il mix di queste
due tecniche nella stessa applicazione
21
MIDlet e MIDlet Suite (1)


Comunemente, MIDlets correlate sono raggruppate in
una MIDlet suite (package), e verranno considerate
come un gruppo unico in fase di installazione/disinstallazione
Vantaggio: i membri di una MIDlet suite condividono




Le risorse dell’ambiente ospitante
Le classi Java istanziate
La VM
Svantaggio: condividere espone ad errori causati da
accessi concorrenti nella lettura/scrittura dei dati


Rischio ridotto dalle primitive di sincronizzazione per
l’accesso ai dati volatili e persistenti
Se la MIDlet usa multi-threading, è responsabile per il
coordinamento degli accessi ai dati
22
MIDlet e MIDlet Suite (2)





I dati non possono essere condivisi tra MIDlets che
non appartengono alla stessa MIDlet suite, perché il
nome della MIDlet suite è usato per identificare i dati
associati alla suite.
Una MIDlet di una diversa MIDlet suite è considerata
una sorgente non attendibile
Una MIDlet suite è installata, eseguita e rimossa
dall’Application Manager (AM) che gira sul dispositivo,
fornito dal produttore.
L’AM è responsabile degli accessi alle classi della JVM
e CLDC da parte delle MIDlets.
L’AM inoltre mette il file Java ARchive (JAR) e il file
Java Application Descriptor (JAD) a disposizione dei
23
membri della MIDlet suite
JAD & JAR

Le MIDlet Suite sono distribuite dalla coppia di file
JAD & JAR:



JAD, Java Application Description: contiene tutte le
informazioni che descrivono le applicazioni, i requisiti per
l'installazione, le proprietà e gli eventuali parametri per
l'esecuzione, permessi richiesti sulle API
JAR, Java ARchive: contiene le classi dell'applicazione, le
eventuali librerie di terze parti, risorse (file di testo,
immagini, suoni, dati binari) necessari all'esecuzione
dell'applicazione
La coppia è generata automaticamente dal tool di
sviluppo
24
JAR File

Svolge lo stesso ruolo che ha in J2SE, con alcune
differenze:



deve contenere l'indispensabile per l'esecuzione
dell'applicazione: il dispositivo potrebbe non essere in
grado di salvare l'archivio e il costo di trasferimento
potrebbe essere troppo oneroso
non è possibile caricare classi e risorse da JAR file diverso
da quello di avvio
Specificità dei dispositivi:


i terminali possono avere una limitazione sulla dimensione
massima del JAR (ad esempio: 64K)
alcuni terminali richiedono esplicitamente che il file JAR
sia compresso
25
JAR File

Tutti i file necessari per implementare una MIDlet
suite devono essere contenuti nell’archivio JAR, e
sono:






Classi delle MIDlet
Immagini grafiche (se richieste)
Il file Manifesto
Il Manifest file contiene una lista degli attributi e
relative definizioni usate dall’AMS per installare i file
contenuti nel JAR nel dispositivo
Gli attributi sono nove, di cui tre opzionali; non
includere i sei obbligatori nel manifest file induce
l’AM a interrompere l’installazione del JAR file.
Il manifest file è un semplice documento di testo
26
Attributi del Manifest File
27
Esempio di Manifest File
MIDlet-Name: Mia MIDlet
MIDlet-Version: 2.0
MIDlet-Vendor: MiaSocietà
MIDlet-1: MiaMIDlet,
/images/MiaMIDlet.png, Mia.MiaMIDlet
MicroEdition-Profile: MIDP-2.0
MicroEdition-Configuration: CLDC-1.0
 L’ordine di comparsa degli attributi non è
importante
 Ogni coppia deve terminare con un ritorno carrello
28
JAD File





Contiene le informazioni sull'applicazione, mostrate all'utente
prima che si proceda con il download e l'installazione del
software
Il JAD file fornisce all’application manager maggiori
informazioni sul contenuto del JAR file, per decidere se la
MIDlet suite può essere implementata sul dispositivo
(configurazione, profilo...) e se il bytecode proviene da un
dominio autorizzato ad utilizzare certe funzionalità
Può essere un modo per passare parametri a una MIDlet
senza modificare il JAR file (il web service, ad esempio,
potrebbe inserire dinamicamente delle informazioni nel JAD)
Il JAD file è simile al manifest file come coppie attributovalore
Cinque attributi sono obbligatori: MIDlet-Name, MIDletVersion, MIDlet-Vendor, MIDlet-n e MIDlet-Jar-URL
29
Attributi del JAD File
30
Esempio file JAD
MIDlet-Version: 1.0.2
MIDlet-Vendor: Francesca Martelli
MIDlet-Jar-URL: http://www.di.unipi.it/~fmartel/labjavame.jar
MicroEdition-Configuration: CLDC-1.1
MicroEdition-Profile: MIDP-2.0
MIDlet-1: Demo1, /image/img1.png ,
it.unipi.di.fmartel.labjavame.HelloWorld
MIDlet-Jar-Size: 10819
MIDlet-Name: HelloWorld

Attenzione!



i valori degli attributi MIDlet-Name, MIDlet-Version e MIDlet-Vendor nel
JAD file devono essere identici a quelli nel manifest. Se così non è, il JAR
file non viene installato
l'indicazione della dimensione del file JAR deve essere esatta, altrimenti
alcuni dispositivi non caricano l'archivio
E' consigliabile che l'URL del JAR sia assoluto
31
Rilascio delle MIDlet suite

Il rilascio dell'applicazione per l'installazione su
dispositivo può avvenire in tre modalità principali:



Over-The-Air: l'applicazione è resa disponibile su un
server WAP o WEB pubblico, attraverso il quale il
terminale J2ME può scaricarla e procedere con
l'installazione
PC-based: si procede all'installazione attraverso software
dedicato fornito dal produttore del dispositivo
OBEX: il terminale J2ME riceve il file jar attraverso
trasferimento OBEX (Push o FTP a seconda delle
funzionalità del terminale e del PC di appoggio) e
provvedere all'installazione in maniera autonoma
32
Processo di sviluppo di un MIDlet
33
MIDlet




Scrivere una MIDlet è simile a creare
un’applicazione J2SE (applet), solo che è
meno “robusta”
Il nome deve essere conforme alla
convenzione di nominazione delle classi Java
Deve estendere la classe
javax.microedition.midlet.MIDlet
È un’interfaccia tra i comandi dell’applicazione
e l’ambiente run-time, controllato
dall’application manager
34
Struttura della MIDlet

L’AM gestisce il ciclo di vita della MIDlet chiamando i metodi
startApp(), pauseApp(), and destroyApp(), dichiarati
abstract nella classe MIDlet:





startApp(): comandi per l’inizio dell’esecuzione
pauseApp(): comandi per la sospensione dell’applicazione; per
ripartire si richiama il metodo startApp
destroyApp(): comandi per la terminazione
I metodi startApp() e pauseApp() sono public e non hanno
né valore di ritorno, né parametri
Il metodo destroyApp() è pubblico e non ritorna valore, ma
ha un parametro booleano settato a true se la terminazione
della MIDlet è incondizionata, e false se la MIDlet può
lanciare una MIDletStateChangeException, per dire all’AM
che non vuole essere distrutta in quel momento
35
Ciclo di vita di una MIDlet
36
MIDlet skeleton
import javax.microedition.midlet.*;
public class MyMIDlet extends MIDlet {
//costruttore
public MyMIDlet() { }
//metodi base:
public void startApp() { }
public void pauseApp() { }
public void destroyApp(boolean unconditional)
{ }
}
37
Inizializzazione e avvio

Una MIDlet è un’applicazione event-based.



L'inizializzazione della MIDlet deve avvenire nel costruttore:




Tutte le routine eseguite nella MIDlet sono invocate in risposta a un
evento riportato dall’AM.
L’evento iniziale occorre quando la MIDlet è lanciata e l’AM invoca il
metodo startApp()
creazione dell'interfaccia grafica
allocazione delle strutture dati principali
lettura parametri di piattaforma
Il metodo startApp() può essere invocato più volte: esso,
dunque, non inizializza alcun oggetto ma si occupa di:


visualizzare l'interfaccia grafica: tipicamente schermata di dati e
invito all’utente a scegliere fra una o più opzioni
avviare eventuali Thread
38
Sospensione



Il metodo pauseApp() è invocato al
sopraggiungere di una chiamata o altro evento per il
quale è richiesto di sospendere l'applicazione
Sospendere non significa andare in background!
L'applicazione deve congelare il proprio stato (così
da riprendere l'esecuzione alla successiva
invocazione di startApp()), fermare i thread e
chiudere eventuali connessioni di rete. Per sicurezza
meglio salvare qualche dato sulla flash del
dispositivo! :-(
39
Interazione con l'Application Manager

L'applicazione notifica all'Application Manager
eventuali variazioni nel suo stato, attraverso i
metodi definiti nella classe MIDlet:


notifyPaused(): l'applicazione ha rilasciato le
risorse ed è in stand-by
resumeRequest(): l'applicazione chiede
all'Application Manager di essere riavviata
40
Chiusura di una applicazione

Il ciclo di vita di una MIDlet è gestito
dall'Application Manager: per questo motivo,
l'applicazione non conclude la sua esecuzione
con il classico
System.exit(EXIT_CODE)
bensì notificando all'Application Manager che
tutte le risorse sono state deallocate e
l'applicazione è pronta per essere terminata:
notifyDestroyed()
41
J2ME Software Development Kits
Gratis: Sun Java Wireless Toolkit
(http://java.sun.com/javame/downloads/index.jsp)
 Third-party:





Borland JBuilder Mobile Set,
Sun One Studio 4 (ex Forte for Java)
WebGain VisualCafe Enterprise Suite.
Bisogna scaricare 3 software da java.sun.com:
Java Development Kit (1.3 o successivo)
http://java.sun.com/j2se/downloads.html
 Connected Limited Device Configuration (CLDC)
http://java.sun.com/products/cldc/
 Mobile Information Device Profile (MIDP)
http://java.sun.com/products/midp/


Gli ultimi due software sono già inclusi nel WTK
42
Creare un MIDlet con J2ME Wireless
Toolkit


Aprire la Ktoolbar
Cliccare su New Project e specificare:



Nome del progetto
Nome del MIDlet iniziale
Nella schermata successiva, specificare le
metainformazioni sul JAR file:

Da notare il tab MIDlets per aggiungere ulteriori
MIDlet nello stesso JAR
43
Creazione del progetto (2)

Nella cartella apps, apriamo la cartella
HelloWorldProject





bin: contiene il file JAR e il relativo descrittore
res: cartella generica di risorse, tipo le immagini
src: cartella di lavoro
project.properties è il descrittore
Alla prima compilazione verrà creata la
cartella classes
44
Contenitori


Il contenitore principale è il Display Manager
implementato nella classe
javax.microedition.lcdui.Display
Ad un Display è associato un oggetto
Displayable che è un contenitore di oggetti
grafici
45
HelloWorld.java
import javax.microedition.midlet.*;
import javax.microedition.lcdui.*;
public class HelloWorld extends MIDlet{
Display display;
Form form;
public void startApp(){
//ottengo il display
display=Display.getDisplay(this);
//creo il contenitore
form=new Form("Hello World Program");
//creo il componente
StringItem sItem=new StringItem(null,"Hello World!");
//aggiungo il componente al contenitore
form.append(sItem);
//imposto come displayable corrente
display.setCurrent(form);
}
public void pauseApp(){}
public void destroyApp(boolean unconditional){
notifyDestroyed();
}
46
}
Lanciamo il nostro primo progetto!




Torniamo su Ktoolbar e clicchiamo su Build
Se non ci sono errori, clicchiamo su Run che
caricherà l'applicazione sull'emulatore
selezionato
La prima schermata sull'emulatore, è la lista
delle MIDlet presenti nel progetto
Selezionando la MIDlet e premendo il tasto
Launch vediamo l'esecuzione vera e propria
della MIDlet HelloWorld
47
Qualche consiglio pratico


Sviluppare applicazioni per piccoli dispositivi è una
bella sfida: bisogna “rivedere” l’approccio, con qualche
accorgimento per fronteggiare il problema delle risorse
Differenze tra i dispositivi tradizionali e piccoli:




Alimentazione: i primi sono continuamente alimentati, i
secondi si affidano a batterie
Connessione di rete: i dispositivi mobili sono connessi via
radio o infrarossi, la qualità varia con la distanza dal
ricevitore e la potenza del segnale generato dal dispositivo
Inconsistenza nella connessione di rete, tipicamente
richiede all’utente di sincronizzare spesso dati e applicazioni
con un computer o un server
Programmi e dati sono memorizzati nella memoria del
dispositivo e vengono persi se cade l’alimentazione, quindi
devono essere ricaricati nel dispositivo: dati memorizzati
48
offline, piuttosto che sulla memoria primaria del dispositivo
Qualche consiglio pratico (2)

Mantenere l’applicazione semplice:




Pianificare l’applicazione dividendola in oggetti con dati e
metodi associati
Pianificare l’applicazione dividendola in piccoli pezzi
Limitare l’applicazione alle minime funzionalità richieste,
mettendo ogni componente funzionale in una MIDlet (se
possibile), e impacchettare le varie MIDlet nella stessa
MIDlet suite. Questo facilita l’AM del dispositivo nel
gestire meglio le MIDlets e le risorse che usano
Mantenere l’applicazione piccola


La dimensione di un’applicazione J2ME è un punto critico per
svilupparla efficientemente.
Rimuovere tutte le componenti non necessarie (tipo i suoni)
49
Qualche consiglio pratico (3)

Limitare l’uso della memoria

Gestione globale della memoria: riduce la memoria totale
necessaria all’applicazione


Per ridurre il fabbisogno evitare di usare i tipi oggetto; meglio i
tipi scalari. In ogni caso, usare sempre il tipo di dato minimo per
memorizzare un certo dato (per i flag, meglio i boolean che gli
int...)
Gestione della memoria in un picco temporale:
minimizzare la quantità di memoria usata negli istanti di
maggior uso del dispositivo. Dipende dal garbage
collector, per facilitarlo:




Allocare un oggetto subito prima di usarlo
Settare tutte le referenze agli oggetti a null quando non servono
più all’applicazione
Riusare gli oggetti piuttosto che crearne di nuovi
Ridurre la probabilità di eccezione, rilasciando tutte le risorse
50
subito dopo il loro uso
Qualche consiglio pratico (4)

Computazioni pesanti sui Server

L’applicazione deve fare il minimo calcolo possibile, ma se
è necessaria una computazione pesante l’alternativa è
costruire l’applicazione di tipo


client-server: il calcolo pesante lo fa il server che poi invia i
risultati al client
web-services: tre livelli




Livello client (presentazione): è dove l’utente interagisce facendo la
richiesta
Livello della logica del servizio: è dove viene chiamato il software
appropriato
Livello del processamento
Esempio: corriere insicuro di un indirizzo, interroga il
database della sua azienda
51
Qualche consiglio pratico (5)

Gestire l’uso della connessione alla rete

Fare trasmissioni brevi, trasferendo il minimo indispensabile
per completare un compito


Considerare l’uso della tecnologia store-forwarding e un
server-side agent che gira su un server che raccoglie la
richiesta dal dispositivo mobile, va a prendere l’informazione
da una data sorgente, la tiene memorizzata finché il
dispositivo mobile non ne fa richiesta, e quindi viene
forwardata


Es: e-mail, invece di scaricare i messaggi, visualizzare prima i campi
“Da”, “Oggetto”,... per poi decidere quale leggere, quale cancellare
Esempio: corriere che non sa la strada per raggiungere un indirizzo,
e vuole interrogare il sistema di tracking
Prevedere sempre un meccanismo per ripristinare una
connessione caduta

Per esempio, tenere a disposizione le informazioni chiave sulla
richiesta, in modo da ritrasmetterle automaticamente
52
Qualche consiglio pratico (6)

Fare un’interfaccia utente semplice

Grande varietà di forme e configurazioni hardware fra i
piccoli dispositivi, impossibile fare un’interfaccia standard
per tutti. Nel realizzare la propria user interface:






Dove possibile, sfruttare l’interfaccia utente fornita dal dispositivo,
piuttosto che disegnarla ex-novo
Se creata, considerare i meccanismi di input disponibili (icone vs
testo)
Controllare le disponibilità dei caratteri della tastiera
Limitare la quantità di input da parte dell’utente, in modo da
semplificare la selezione dal menu (regola del pollice)
Non concatenare le stringhe (al limite usare
StringBuffer)
Evitare il più possibile le sincronizzazioni
53