-Iniziamo col parlare del Pollino, questi monti sono straordinari a livello internazionale a cominciare dall’inimmaginabile variabilità sotto l’aspetto fisico, naturalistico ed umano. Le cime più alte sono formate da rocce calcaree dolomitiche. In mezzo ad esse ci sono i piani di pollino disegnati dalle ultime glaciazioni perenni. Ai piedi di queste cime il mar Ionio e le piane di Sibari e di Metaponto. Qua e la pezzettini di vulcani sottomarini che ci testimoniano il lento e continuo rinnovamento della crosta terrestre. La gran parte di queste superfici è ancora ricoperta da fitti boschi, le città degli animali selvatici. Intorno a mezzo milione di anni fa vivevano in questi posti elefanti ed ippopotami. Infatti nel museo di storia naturale di Rotonda sono visibili diversi resti fossili tra cui uno scheletro quasi completo di Elephas Antiquus Italicus. -La flora del Pollino é composta da oltre 60 tipi di alberi, tantissimi arbusti e innumerevoli erbe: dalla macchia mediterranea alle praterie di alta quota; dalle piante di leccio ai Pini Loricati. Per le popolazioni dell’area del Parco del Pollino il legno del loricato era considerato di grande pregio: lavori di carpenteria e per mobilio leggero, costruire infissi per porte e finestre, le casse armoniche di strumenti musicali locali quali liuti e mandolini, costruire bauli, scrigni, cassetti per riporre biancheria, indumenti, documenti di valore, costruire imbarcazioni. -In dialetto il Pino Loricato si dice “a pioca” che significa la luce. I pastori che negli ultimi decenni pascolavano gli animali su questi monti hanno ferito vistosamente i tronchi di alcuni pini loricati per estrarre dei pezzi che venivano suddivisi in “deghe” (simili a grandi stuzzicadenti) utilizzate per illuminare l’unica stanza per il tempo strettamente necessario per apparecchiare le misere tavole. Questi pezzi di tronco non erano barattabili ne vendibili, si potevano solo donare perche la luce non si vende!parlando con quei pastori si può cogliere il profondo senso di venerazione di quelle “pioche”, questo per vari motivi, non ultimo il fatto che per molti la luce rappresenta Dio. Il suo nome significa letteralmente pelle bianca per il caratteristico colore bianco argenteo che assume il tronco secco. Il nome loricato lo si deve alla corteccia che negli esemplari ultra centenari ricorda la corazza dei guerrieri romani (la lorica). Esistono 2 varietà: il Pinus leucodermis e il Pinus heldreichii, l'unico carattere che permette di distinguere le 2 varietà é la corteccia dei rami giovani che nel leucodermis si mantiene per molti anni liscia, lucente, di color cenere chiaro e nell'heldrichii tende a scurirsi precocemente, già al secondo anno. In Europa è presente nei Balcani mentre in Italia è presente solo nell’areale del Pollino. La competizione con il faggio ha spinto il pino loricato a ritirarsi tra i costoni rocciosi dove cresce contorto e tormentato dai venti gelidi. Il suo seme germina lentamente ma riesce a germogliare anche in un pugno di terra sedimentato nell’incavo delle rocce, poi sfida l’eternità vivendo anche più di 1000 anni. Le condizioni ambientali fanno assumere al pino le forme più strane disponendo i rami a bandiera per resistere ai forti venti. Invecchiando perde lentamente la corteccia scoprendo il tronco argenteo che la forte resinosità protegge per molti anni dall’attacco degli insetti. Per concludere, la corteccia si presenta molto spessa, da grigia a rosso-marrone, si fessura in ampie scaglie dando l’aspetto della lorica che indossavano gli antichi romani da questo il nome loricato. La foglia, aghiforme, lunga da 4 a 1 cm, con guaina persistente, riunite in mazzetti di 2, di colore verde. L’infiorescenza femminile matura in maggio-giugno, a forma di cono, rossastra, all’estremità del rametto che da’ origine agli strobili meglio conosciuti come pigne. L’infiorescenza maschile si presenta in gruppi abbastanza densi di colore inizialmente giallognolo e poi tendente al marrone produce grandi quantità di polline poiché l’impollinazione è anemofila(cioè affidata al vento) e le probabilità di posarsi sull’infiorescenza femminile sono piuttosto basse. Gli strobili, meglio conosciuti come pigne, hanno forma ovaleconica a grappoli di 2-4 su piccoli peduncoli, sono lunghi 7-9 cm e larghi 2-3 cm. Sono bluastri in età giovanile e diventano marroni con la maturità durante il secondo anno, contengono dei semi alati lunghi circa 6-7 mm con un’ampia ala lunga 25 mm e vengono dispersi dal vento.