11 - stato delle comunicazioni ottiche

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STATO DELLE COMUNICAZIONI OTTICHE
Fino ad ora, per quanto riguarda le comunicazioni ottiche, ci siamo limitati a descrivere le proprietà
fondamentali della fibra ottica e le tecniche di progettazione di un collegamento in fibra ottica di
tipo punto-punto.
Abbiamo visto che i flussi che vengono trasmessi in fibra ottica sono di tipo SDH mentre la
multiplazione e la cross-connessione sono di tipo elettronico (DXC): il massimo livello di crossconnessione è l’ STM-1, mentre il massimo throughput di un DXC è di 100-200 Gbit/sec.
Con l’introduzione, negli anni ’90, degli amplificatori ottici in fibra, si evitò la conversione del
segnale da ottico ad elettrico per la sua amplificazione! Ciò favorì il superamento dei limiti di
lunghezza imposti dall’attenuazione (si arrivò a lunghezze di tratta di centinaia e anche di migliaia
di Km senza che il segnale ottico fosse convertito in elettrico per amplificarlo: osserviamo che si
arriva ad un limite oltre il quale bisogna convertire il segnale in elettrico e amplificarlo perché una
cascata di EDFA introduce rumore ottico (ASE) per cui si arriva al punto in cui il SNR ottico è
troppo basso) e si introdusse la possibilità di amplificazione a “larga banda” (1530-1560nm) grazie
agli amplificatori EDFA: notare che questi 30 nm di differenza portano a bande di diverse centinaia
di GHz!
Contemporaneamente lo sviluppo delle tlc è stato ed è così veloce che la richiesta di capacità
raddoppia ogni due anni e mezzo:per cui è necessario incrementare la capacità sulle fibre installate
ed incrementare il throughput dei nodi di rete.
Le tecniche per aumentare le capacità di trasmissione sono molteplici.
Per esempio si voglia trasmettere un flusso di 10 Gbit/sec su una tratta di oltre 100 Km. in fibra
G.652 che è quella standard che presenta il minimo di attenuazione in III finestra e il minimo di
dispersione in II finestra.
Supponiamo di avere a disposizione sistemi di trasmissione a 2.5 Gbit/sec: una soluzione è di
utilizzare 4 cavi in fibra ottica a 2.5 Gbit/sec; l’altra soluzione potrebbe essere quella di utilizzare
tecniche a divisione di tempo e quindi aumentare la bit rate disponibile. Questo causa una
diminuzione della lunghezza di tratta senza rigeneratori e quindi si è obbligati ad introdurre oltre
agli EDFA anche i rigeneratori che sono molto costosi, poiché sono apparati che devono garantire la
conversione del segnale da ottico ad elettrico e viceversa, l’ amplificazione e la rigenerazione del
segnale e la sua temporizzazione. Altra soluzione è quella di utilizzare un sistema WDM cioè un
sistema di multiplazione a divisione di lunghezza d’onda. Cioè se ho a disposizione quattro
collegamenti a 2.5 Gbit/sec facendo in modo che ognuno emetta ad una particolare lunghezza
d’onda nell’ambito della terza finestra. Inviando queste quattro lunghezze d’onda diverse in un
circuito accoppiatore ottico è possibile trasmetterle sulla stessa fibra ottica, dove quindi
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viaggeranno 4 flussi a 2.5 Gbit/sec a 4 lunghezze d’onda diverse. In ricezione si avrà uno “Splitter
ottico” che fa da demultiplatore, cioè riesce a separare le diverse lunghezze d’onda e le invia su
quattro canali differenti. In questa maniera si risparmia sia sulla fibra (ne usiamo1 anziché 4) sia sui
rigeneratori (inviando 4 flussi a 2.5 Gbit /sec la lunghezza di tratta è elevata).
Fino ad ora abbiamo parlato di una fibra ottica: ma, ovviamente, per avere collegamenti
bidirezionali abbiamo bisogno di due fibre ottiche, una per ogni direzione.
Le fibre ottiche sono utilizzate nelle telecomunicazioni nelle bande 1550nm (terza finestra, minimo
assoluto dell’attenuazione) e 1300nm (seconda finestra): la banda trasmissiva nelle due finestre è di
circa 25000GHz.
Fino ad oggi i vari flussi numerici si sono suddivisi la banda mediante multiplazione TDM nel
dominio elettronico raggiungendo la capacità massima di 40Gbit/sec (anno 2003), capacità che
possono essere aumentate con tecniche nel dominio ottico
- Optical Time Division Multiplexing(OTDM) ancora a livello sperimentale con la quale la
massima capacità raggiunta in laboratorio è di 40x10Gbit/sec (2001)
- Wavelength Division Multiplexing (WDM) che è tecnologia a livello commerciale con la quale la
massima capacità ottenuta in laboratorio è pari a 132x20Gbit/sec (2001).
Nella figura seguente è schematizzato un sistema WDM: abbiamo diversi trasmettitori ottici che
emettono a lunghezza d’onda diverse e le inviano tutte ad un accoppiatore ottico che è un
dispositivo che permette l’accoppiamento di questi diversi flussi ma introduce attenuazione per cui
è necessario inserire un amplificatore EDFA; lungo la linea abbiamo diversi di questi amplificatori
EDFA che compensano l’attenuazione introdotta dal tratto di fibra precedente.
In ricezione si ha un ulteriore amplificatore ottico che compensa l’attenuazione introdotta dagli
splitter ottici per effettuare l’operazione di demultiplazione che serve a riottenere i vari flussi a
lunghezze d’onda diverse. Oltre ai canali dati vi è la presenza dei canali di supervisione che
servono a gestire opportunamente i vari flussi luminosi.
Torniamo ora indietro e riepiloghiamo con il seguente schema le caratteristiche delle fibre standard.
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Avevamo detto che le fibre ottiche possono essere schematizzate con una funzione di trasferimento
per cui si può pensare che funzionano come un dispositivo lineare: ma quello che accade in realtà è
che quando l’intensità del flusso luminoso supera un certo valore, la fibra comincia a lavorare
come un dispositivo non lineare.
Gli effetti ottici non lineari più rilevanti per le telecomunicazioni sono:
- Diffusione Brillouin Stimolata
E’ dovuta all’interazione tra il segnale ottico e le vibrazioni elastiche del reticolo della silice della
fibra. Questa interazione produce un’onda retrodiffusa amplificata a spese del segnale, che
impedisce la propagazione di segnali in fibra di elevata purezza spettrale con potenza >10mW (cioè
posso aumentare la potenza in ingresso nella fibra fino ad un certo punto oltre il quale la potenza in
uscita non aumenta più, a causa di questo effetto di non linearità).
Tale effetto può essere soppresso con opportune tecniche di modulazione del flusso luminoso
emesso dalla sorgente (dithering).
- Effetti legati alla non linearità dell’indice di rifrazione (effetto Kerr)
L’indice di rifrazione varia in funzione dell’intensità del flusso luminoso secondo la legge:
n(I)=n0+n2I(t)
Nel caso in cui l’intensità del flusso luminoso è piccola (cioè inferiore a 10 mW) si ha che n non
dipende dall’intensità I(t).
A causa di tale effetto Kerr si ha una modulazione di fase auto-indotta (SPM) che produce un
allargamento dello spettro del segnale indotto dal segnale stesso. Si ha anche una modulazione di
fase incrociata (XPM) che produce un allargamento dello spettro del segnale indotto dalla presenza
di altri segnali modulati.
Un’ ulteriore conseguenza dell’effetto Kerr è il Four-WaveMixing che è un fenomeno di
intermodulazione che si verifica quando si hanno diverse lunghezze d’onda vicine per cui in uscita
si creano ulteriori lunghezze d’onda combinazioni lineari delle precedenti: vengono così introdotte
delle distorsioni che devono essere necessariamente eliminate.
Il fenomeno del Four-WaveMixing viene esaltato per due motivi:
1) Se il coefficiente di dispersione è basso;
2) Se la spaziatura tra le lunghezze d’onda è costante;
Per questo motivo sono state introdotte le fibre G.655: essendo la dispersione in terza finestra
diversa da zero, il FWM è trascurabile!
L’ITU-T ha emesso uno standard in cui vengono specificate le lunghezze d’onda da utilizzare per
trasmettere con sistema WDM.
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Tale raccomandazione fissa una griglia in cui è evidenziata una lunghezza d’onda centrale (1552,52
nm) che corrisponde ad una
frequenza di 193,1 THz e poi ci
sono due lunghezze d’onda
distanziate dalla centrale di 100
GHz; via via anche le altre
saranno distanziate di 100 GHz;
inoltre c’è un canale di
supervisione posto alla lunghezza
d’onda di 1510±10 nm. Quindi
dobbiamo scegliere le lunghezze
d’onda che vanno da 1528,77 nm
a 1560,61 nm, distanziate di 100
GHz; ovviamente non siamo
costretti a sceglierle tutte!
Ovviamente questa raccomandazione serve a costruire degli apparati “standard” che emettono delle
lunghezze d’onda prestabilite.
Un sistema DWDM può essere schematizzato come segue:
Gli apparati Client che possono essere sistemi PDH, SDH, SONET , pacchetti IP, celle ATM…
riescono a modulare opportunamente tutti questi tributari differenti e danno in uscita un segnale
ottico con una certa lunghezza d’onda.
Il transponder permette di avere in uscita una delle lunghezze d’onda stabilita dall’ITU-T.
Poiché stiamo schematizzando un sistema DWDM misto ci saranno anche apparati client capaci di
generare lunghezze d’onda già corrispondenti allo standard dell’ITU-T senza passare da un
transponder.
In ogni caso poi tutte le lunghezze d’onda vanno in ingresso ad un Multiplex (Demultiplex); il
flusso aggregato in uscita al multiplex entra in un amplificatore (Booster) che da la potenza
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necessaria per trasmettere il segnale in fibra; poi abbiamo gli amplificatori di linea, che compensano
le attenuazioni introdotte dai tratti di fibra precedenti, fino ad arrivare al pre-amplificatore in
ricezione necessario a compensare l’attenuazione che sarà introdotta dallo splitter ottico.
Quindi abbiamo uno schema in ricezione duale al precedente.
Poi ci sono i vari oscillatori del canale di supervisione ottico.
Abbiamo quindi utilizzato una coppia di fibre per trasmettere un flusso di varie lunghezze d’onda in
due direzioni opposte.
Analizziamo ora brevemente lo schema trasmissivo di un transponder.
Nel lato client arriva il segnale ad una certa lunghezza d’onda e si dirige verso il fotorivelatore che
converte il segnale da ottico ad elettrico; viene estratto il segnale numerico ed anche il sincronismo
e quindi si ha un circuito di elaborazione e rigenerazione del segnale numerico. Quindi il segnale
viene inviato al trasmettitore e in uscita nel lato mux si ha una lunghezza d’onda standard.
Il discorso vale allo stesso modo per il percorso che va dal Demux al ricevitore!
Nello schema generale di un sistema DWDM misto precedentemente trattato abbiamo considerato il
caso in cui il SNR ottico risulta accettabile.
La schema tipico di un collegamento DWDM è invece il seguente.
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La particolarità di questo schema è la presenza dei rigeneratori resa necessaria dal rumore ASE
introdotto dagli OLA (amplificatori ottici).
Abbiamo quindi un demultiplatore, un convertitore ottico-elettrico, un amplificatore rigeneratore
elettronico per ogni lunghezza d’onda e successivamente un convertitore elettro-ottico e un
multiplatore ottico per poter ritrasmettere il flusso. Il rigeneratore è un apparato complesso e quindi
costoso, quindi in fase di progetto bisogna cercare di ridurre il più possibile il numero di questi
rigeneratori.
Rigenerazione 3R
I rigeneratori svolgono principalmente tre funzioni:
1 - Ri-amplificazione: effettuano un’amplificazione del segnale a livello elettrico;
2 - Ri-costruzione: rigenerazione del segnale digitale stesso a causa del rumore ASE;
3 - Ri-sincronizzazione: viene prelevata la sincronizzazione del segnale;
Nel dominio ottico può essere effettuata esclusivamente la Ri-amplificazione (EDFA); la necessità
di effettuare rigenerazioni di tipo 2R e 3R all’interno della rete comporta:
- necessità di conoscere il rate del segnale (estrattore di sincronismo)
- necessità di conoscere la tecnica di modulazione del segnale
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Osserviamo che servono tanti rigeneratori quanti sono i flussi ottici inviati nella fibra. Tali
rigeneratori sono preceduti da un Mux e seguiti da un Demux!
Abbiamo già detto che lo scopo di inviare più lunghezze d’onda all’interno di una fibra è proprio
quello di aumentarne la capacità.
Il grafico che segue mette in relazione le capacità delle fibre con il numero di lunghezze d’onda
inviate all’interno della fibra.
I sistemi ottici, inizialmente, erano ad una sola lunghezza d’onda (TDM ad 1 lunghezza d’onda) e la
capacità era di 2,5 Gbit/sec (sistemi SDH); aumentando le lunghezze d’onda aumenta notevolmente
la capacità: per esempio con 4 lunghezze d’onda si arriva a capacità di 10 Gbit/sec, fino a capacità
di 256 Gbit/sec ottenute con 256 lunghezze d’onda partendo da un sistema TDM a 2,5 Gbit/sec.
Oggi si sono sviluppati dei sistemi TDM a capacità maggiori. Per esempio con un sistema TDM a
10 Gbit/sec con “sole” 32 lunghezze d’onda si arriva a capacità dell’ordine dei 320 Gbit/sec contro
gli 80 Gbit al secondo che si raggiungevano con un sistema TDM a 2,5 Gbit/sec.
Oggi siamo arrivati a capacità che superano i 5 Tbit/sec (per fibra) e con lo sviluppo esponenziale
della tecnologia si prevedono ampi miglioramenti!
Progettazione di un collegamento WDM
Lo scopo è quello di collegare con fibra ottica due località poste ad una certa distanza.
Dobbiamo analizzare quali sono i parametri da modificare opportunamente per avere la qualità di
servizio richiesta dagli utenti.
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Bisogna tenere conto che i sistemi WDM sono soggetti sia ad effetti lineari che ad effetti non
lineari.
Gli effetti lineari sono l'attenuazione, la dispersione cromatica, la dispersione di polarizzazione
(PMD), l’accumulo del rumore (rumore ASE) generato dagli amplificatori ottici inseriti in linea.
Gli effetti non lineari sono la retrodiffusione stimolata di Brillouin(SBS), la diffusione stimolata di
Raman(SRS), l’auto-modulazione di fase (SPM), la modulazione di fase incrociata (XPM), la
miscelazione a quattro onde (FWM).
La procedura di progetto si basa sul rispetto di tre vincoli:
1 - garantire un rapporto segnale rumore ottico al ricevitore sempre superiore ad un valore minimo
specificato dal costruttore;
2 - garantire che la dispersione cromatica totale e la dispersione di polarizzazione totale
accumulata sia inferiore al valore massimo tollerato dai ricevitori;
3 - mantenere, con una certa tolleranza, le distorsioni e l'interferenza introdotte dalle non linearità
al di sotto dei valori dichiarati dal costruttore.
Il rispetto dei tre vincoli deve essere verificato per il massimo ritmo binario che si prevede di
utilizzare su quel collegamento (ad esempio 10 Gbit/s).
Ammettiamo di avere un collegamento punto-punto in cui alle estremità abbiamo il terminale che
effettua la multiplazione DWDM (D sta per dense, cioè abbiamo diverse lunghezze d’onda vicine
l’una all’altra).
I vari flussi luminosi in uscita dal multiplex vengono inviati al Booster che amplifica il segnale in
modo da poter essere inviato adeguatamente in linea.
Nella tratta possiamo inserire gli amplificatori o i rigeneratori, oppure, nel caso in cui il segnale è ad
un livello sufficientemente elevato, dei ponticelli di fibra ottica.
Definiamo OTS (sezione di trasmissione ottica) la distanza che c’è tra due amplificatori di linea,
mentre definiamo sezione di rigenerazione RS la distanza che c’è tra due rigeneratori o tra un
rigeneratore ed un multiplex.
Per progetti di collegamenti a lunghe distanze si può rendere necessario suddividere il collegamento
in tanti siti, ognuno dei quali può presentare amplificatori, rigeneratori o ponticelli, a seconda delle
esigenze.
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La procedura di progetto si compone di tre fasi distinte:
1 - Identificazione dell’attenuazione di tratta
2 - Accorpamento delle tratte e introduzione del margine di esercizio
3 - Collocazione dei rigeneratori e verifica delle configurazioni
Calcolo dell’attenuazione
Lj [km] lunghezza della tratta j-esima;
αf [dB/km] attenuazione introdotta dalla fibra ottica;
αg [dB/km] attenuazione equivalente introdotta dai giunti;
Ac [dB] attenuazione introdotta dal singolo connettore;
nj numero di connettori utilizzati per l’attestazione delle fibre della tratta j-esima e per eventuali
transiti in centrale.
Me margine di esercizio
Valori tipici di questi parametri sono i seguenti:
αf = 0,25 dB/km; (se siamo in terza finestra)
αg = 0.02 dB/km;
Ac = 0.6 dB;
nj = 2
Me = 3 dB
Calcolati tutti i valori di attenuazione, sappiamo che il guadagno dell’amplificatore da inserire deve
avere un guadagno pari all’attenuazione della tratta precedente (amplificatori di linea).
Questi amplificatori di linea introducono il rumore ASE che si va sommando lungo la linea.
La densità spettrale di potenza del rumore ASE dipende dal prodotto Fhν(g-1).
Si suppone che in un ampio intervallo di frequenza questa d.s.p. sia costante e quindi la potenza è
l’area racchiusa in un intervallo di frequenza ∆ν che è quell’intervallo del filtro di ricezione che mi
permette di misurare questa potenza stessa. Quindi la potenza è il prodotto tra la d.s.p. del rumore
ASE per l’ intervallo ∆ν della banda passante del filtro ottico. Per cui il rapporto SNR ottico dovuto
al rumore introdotto dagli amplificatori intermedi è dato dalla formula in figura:
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Il vincolo da rispettare è che OSNR ≥ OSNRmin.
Dispersione cromatica e sua compensazione
Sia Lkm [km] la lunghezza della Sezione ottica di rigenerazione (RS) e D(λi) [ps/nm•km] il
coefficiente di dispersione cromatica della fibra ottica in esame, alla lunghezza d’onda λi. Sia
[Dispmin, Dispmax] [ps/nm] l’intervallo di valori di dispersione cromatica residua accettati dal
ricevitore:
Vincolo da rispettare per ciascuna RS e λi: Dmin < Lkm·D(λi) < Dmax
In condizioni di mancato rispetto del vincolo è possibile utilizzare i moduli di compensazione detti
DCM (Dispersion Compensation Module) costituiti da spezzoni di fibra ottica opportunamente
drogata (con pendenza della curva di dispersione opposta alla fibra di trasmissione) . Tipicamente
sono inseriti tra i due stadi degli amplificatori ottici di linea (OLA).
Equalizzazione dell’ OSNR
Con i sistemi DWDM si deve inserire un numero elevato di lunghezze d’onda in fibra: questo
significa che l’amplificatore EDFA deve avere un guadagno costante in un intervallo di lunghezze
d’onda piuttosto esteso; in realtà tali amplificatori non hanno un guadagno costante in terza finestra
e si rende necessario quindi inserire degli equalizzatori che permettono di realizzare un guadagno
pressocchè costante, come indicato in figura:
E’ possibile utilizzare amplificatori in fibra di banda molto larga, che quindi non occupano soltanto
la banda C (1500 nm) ma anche la banda L (1620 nm): l’insieme delle due bande mi da la
possibilità di inserire un numero elevato di lunghezze d’onda diverse per poter essere multiplate con
multiplazione DWDM.
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Analizziamo le seguenti tabelle che confrontano le prestazioni delle fibre G.652 e G.653:
Lo stato dell’arte della tecnologia DWDM in Telecom Italia
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I sistemi di prima generazione
I primi sistemi DWDM sono stati introdotti in rete di trasporto nazionale nel 1999 con lo scopo di
sopperire alla mancanza di fibre ottiche su alcune direttrici importanti, favorendo quindi lo sviluppo
della rete SDH.
Prestazioni trasmissive:
– su fibra G.652: 16 x 2,5 Gbit/s con spaziatura a 100 GHz
– su fibra G.653: 12x2,5 Gbit/s con spaziatura a 50 GHz. Il FWM è il principale fattore limitante!
I nuovi sistemi ad alta capacità
Introdotti nel 2003 con lo scopo di incrementare la capacità di trasporto e garantire allo stesso
tempo lo sviluppo di una Rete di Trasporto Ottico flessibile e “client independent”.
Prestazioni trasmissive:
– su fibra G.652: 40 x 10 Gbit/s in banda C
– su fibra G.655: 40 x 10 Gbit/s in banda C
– su fibra G.653: 40 x 10 Gbit/s in banda L
– pompa Ramanper le tratte “ultra long haul”
Prestazioni innovative ed evoluzione verso la “Optical Transport network”:
- gestione dell’OCh (Optical Channel)
- elementi di flessibilità (Add-drop lineare e ad anello)
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